20 aprile 2013

Cambiare i trattati?



Esistono ormai molte analisi che spiegano come i Trattati che costituiscono l'UE rappresentino la negazione di alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Fra molti altri, si possono vedere alcuni articoli sul sito “Appello al popolo” (qui e qui), e anche il recente libro di un grande costituzionalista come Gianni Ferrara.
Di fronte alle argomentazioni sostenute nei testi citati, argomentazioni che credo difficilmente aggirabili, la linea di difesa di chi dice di voler salvare i principi di civiltà sociale contenuti nella nostra Costituzione, ma non accetta la parola d'ordine dell'uscita unilaterale dall'UE, è quella del “cambiare i Trattati”. Questa parola d'ordine può essere declinata in molti modi, e ovviamente si sposa molto bene con gli slogan sul “più Europa” e sulla “Europa dei popoli” che abbiamo già criticato in vari luoghi. 
Cerchiamo adesso di capire perché non abbia nessun senso la proposta di “cambiare i Trattati”. Si tratta, nella sostanza se non nella forma, della proposta di scrivere e far adottare una Costituzione europea che sia ispirata a principi del tutto opposti a quelli dei Trattati. Si noti che, se anche non esiste una Costituzione europea, i vari Trattati ne fanno benissimo le veci, e si possono in pratica considerare l'essenza di ciò che è oggi l'UE.

La prima osservazione critica è che per cambiare i Trattati occorre l'unanimità degli Stati membri. La proposta di cambiare i Trattati in senso favorevole ai diritti dei lavoratori e dei ceti subalterni richiede cioè che si formino e si mantengano, per un periodo di tempo sufficiente, maggioranze politiche che condividano questi obiettivi, in tutti e 27 i paesi UE. Basta che un paese si opponga, e la proposta è bloccata. 
Questa difficoltà “tecnica”, d'altro canto, è solo un aspetto della difficoltà politica e culturale di fondo.
L'obiezione fondamentale alla proposta di “cambiare i Trattati” sta nel fatto che non esiste una soggettività politica continentale in grado di imporre il cambiamento nel senso dei valori auspicati. Come abbiamo già avuto modo di dire, non esiste un popolo europeo. Chi elaborerebbe le proposte? Quali forze politiche se ne farebbero carico? Chi condurrebbe le trattative e sottoscriverebbe gli inevitabili compromessi? 
Possiamo pure immaginare di realizzare, superando tutte le difficoltà tecniche e politiche, quella che sarebbe, nelle attuali circostanze, la cosa migliore: un'Assemblea Costituente Europea eletta a suffragio proporzionale. Davvero è possibile pensare che da una cosa del genere nascerebbe una Costituzione attenta ai valori di giustizia sociale, emancipazione, armonia con l'ambiente? E' quasi sicuro che le forze che in modi diversi si ispirano a questi valori sarebbero divise e i loro discorsi sarebbero una cacofonia di proposte slegate fra loro. Una unità popolare a livello continentale si crea con un lungo lavoro di scambi, di incontri, con lotte collettive, con l'adozione di una lingua comune. Come abbiamo rilevato più volte, l'indifferenza dei popoli europei al dramma del popolo greco mostra con chiarezza come si sia lontanissimi da una vera unità popolare europea. E si noti che non si tratta qui solo della mancanza di empatia e di spirito di ribellione contro l'ingiustizia. La solidarietà col popolo greco risponderebbe agli stessi interessi materiali dei popoli europei, perché è chiarissimo che quello svolto in Grecia è solo un esperimento che verrà poi replicato in tutti i paesi del Sud Europa, e non solo.
Una Assemblea Costituente Europea non farebbe allora che ribadire le distanze e le incomprensioni fra i ceti popolari europei. D'altra parte, le posizioni dei ceti dominanti sarebbero espresse in modo molto più unitario e risulterebbero alla fine vincenti. I ceti dominanti, come abbiamo più volte detto, sono gli unici in grado di agire a livello europeo perché sono unificati da lingua, cultura e valori (anche se parzialmente divisi, come è ovvio, da interessi materiali). Dopotutto, se esistono i Trattati, e quindi l'UE, è appunto perché li hanno fatti i ceti dominanti. 
Anche a livello nazionale l'adozione di una Costituzione non è certo un affare di tutti i giorni. Le Costituzioni nascono in momenti molto particolari, in risposta a grandi movimenti sociali e ideali, o a grandi crisi. La nostra Costituzione è nata perché il rifiuto del nazifascismo ha portato all'unità su alcuni principi di fondo la grande maggioranza del popolo italiano e le principali foze politiche che tale maggioranza esprimevano. 
Oggi la crisi economica, che è la crisi della forma "neoliberista" e "globalizzata" che ha assunto il capitalismo negli ultimi trent'anni, non produce solidarietà a livello continentale, ma divisioni e contrapposizioni. L'unità dei popoli europei non c'è e non si vede quando possa sorgere, nel breve e medio periodo. Di conseguenza, non c'è nessuna possibilità di “cambiare i Trattati” in senso favorevole ai ceti popolari. L'unica opzione realistica per salvare quel che resta di civiltà sociale nel nostro paese è l'abbandono unilaterale dell'UE.
 

di Marino Badiale 

19 aprile 2013

No all’economia delle banche: in Francia arriva la moneta locale


La moneta locale, o complementare, è fatta per essere convertita in beni, che hanno un valore “reale”. A Nantes, potrebbe favorire lavoratori e banche.
 .
MONETACHE COS’È LA MONETA LOCALE - Una moneta locale o complementare all’euro? Non è una nuova proposta del MoVimento Cinque Stelle, né uno dei soliti voli pindarici della Lega Nord (anche se, in occasione della campagna elettorale per le Regionali, Roberto Maroni ha proposto di introdurre in Lombardia una valuta locale da affiancare alla moneta unica). Si tratta di un progetto che sta per realizzarsi in Francia, in particolare a Nantes, in Bretagna. Portato avanti fin dal 2006, è un esempio di collaborazione tra l’allora sindaco della città, Jean-Marc Ayrault, attuale primo ministro socialista francese, e due professori della Bocconi di Milano, Massimo Amato e Luca Fantacci. Un terzetto abbastanza curioso, che dimostra come, in realtà, l’idea di una moneta locale non sia, di per sé, né “di destra” né “di sinistra”: è una scelta che deve essere presa dalla comunità interessata, e che può rivelarsi utile per incrementare gli scambi locali, favorendo la cosiddetta economia locale.
 .
8118230-digital-visualization-of-an-broken-euro-coinUNA MONETA DIVERSA - Lo scopo primario della nuova moneta sarebbe quello di risolvere la questione dei debiti della pubblica amministrazione con le imprese. Anche per questo il suo utilizzo sarebbe limitato a coinvolgere i lavoratori, le imprese e i servizi pubblici: si tratta di una camera di compensazione, che serve a contabilizzare gli scambi di acquisti e vendite che le imprese compiono tra loro in un’unica contabilità chiusa, cosicché una vendita corrisponde a un credito e un acquisto a un debito (in modo multilaterale: ovvero, con la possibilità di risarcire un “debito” contratto con un’impresa acquisendo un credito con un’altra impresa). Lo scopo è far tornare periodicamente i conti a zero, arrivando a non avere più crediti né debiti. Cosa c’è di interessante in questo modo di concepire la moneta? Che questa non considera il denaro una riserva di valore, ma conta solo il valore di scambio. In altre parole, il denaro necessita di essere convertito in beni, e l’idea stessa di risparmio verrebbe riferita non più alla moneta in sé, quanto ai beni materiali, che hanno un valore “reale”.
 .
Jean-Marc-AyraultVANTAGGI RECIPROCI? -Non si tratta di una novità assoluta. La Svizzera, nel 1934, è stato il primo Paese a crearne una, il Wir. Attualmente gli Stati Uniti ne presentano un centinaio, e sia la Germania che la Spagna, Paesi che, nel bene e nel male, rappresentano due simboli della crisi finanziaria europea, ne hanno adottata una propria in determinate località. In questi casi, la moneta complementare ha avuto risultati per lo più positivi sulle economie delle varie comunità.
La novità di Nantes è che sono coinvolte non solo le imprese, ma gli stessi lavoratori. Questi avranno la possibilità, dietro accordo con le imprese, di essere pagati in moneta locale in una certa percentuale. Questa ha un rapporto di cambio 1 a 1 con l’euro ma non può essere convertita, avendo lo scopo di rimanere “chiusa” nella camera di compensazione. Essendo una moneta elettronica, secondo Amato, evita anche il rischio di evasione fiscale.
Soprattutto, si tratta di un sistema che va a vantaggio non solo delle imprese e dei lavoratori, che potrebbero andare incontro a tutte queste facilitazioni di pagamento e guadagno, ma delle banche stesse. Basti pensare che sarà proprio una banca pubblica comunale a gestire la nuova moneta, in modo da risolvere il problema del ritardo nei pagamenti dalle pubbliche amministrazioni alle imprese. Inoltre, la camera di compensaazione che si strutturerebbe non gestisce tutto il credito delle imprese,  ma finanzia solo la parte del capitale circolante, quello che si utilizza in un periodo che va da 1 fino a 4 mesi al massimo. Dunque le banche continuerebbero a occuparsi di tutto il capitale rimanente, con il vantaggio di avere a che fare con aziende meno indebitate, e dunque più affidabili. Meno rischio significa meno riserve bancarie, e quindi risparmio. In sostanza, secondo il prof. Amato, questa moneta locale propone una soluzione alternativa, non appellandosi a una rottura “traumatica” con il sistema bancario nazionale ed europeo, ma ad una sorta di collaborazione basata sull’indipendenza e sulla collaborazione reciproca. Vedremo, quando partirà, se veramente contribuirà a migliorare le condizioni delle imprese e dei lavoratori.
di Eleonora Cosmelli 

18 aprile 2013

Il bunker patologico del proprio interesse





  
C'è un’unica e sicura dirimente oggi per capire i significati e le intenzioni degli esponenti politici, sia quando sono ambigui, sia quando appaiono chiari e schierati dalla parte dei cittadini: la loro dipendenza dai cosiddetti “poteri forti”, dall’alta finanza, e dall’Europa che ne è serva. Così, per esempio, può essere apparso onesto e perfino simpatico il “saggio” un po’ cretino Valerio Onida quando ha ammesso di star lì, insieme agli altri “saggi”, per occupare la scena vuota; ma è ridiventato subito quello che è, un succube dell’alta finanza, uno che odia l’Italia e gli italiani, non appena ha indicato come suo prediletto per la Presidenza della Repubblica, Giuliano Amato. Come avrebbe potuto essere diversamente, del resto, visto che era stato scelto dal massimo odiatore degli italiani, Giorgio Napolitano?

  Sembra quasi incredibile il punto di degrado etico cui giunge una classe politica quando si trasforma, come oggi quella italiana, in un piccolo gruppo di persone chiuse nel bunker della conservazione e difesa di se stesse. Nulla più esiste ai loro occhi salvo questo: la propria sussistenza, il proprio interesse; e per difenderli  escogitano mezzi che non hanno nessun riscontro con la realtà, così che tutta la nazione che in apparenza essi continuano a rappresentare, si configura come un paese agli ultimi termini, lebbroso, marcio, putrefatto, consegnato davanti ai propri cittadini e davanti al mondo ai crimini di coloro che lo governano. Questa è, infatti, la legge della natura umana, cui nessun individuo e nessuna società può sfuggire: superato il livello di guardia posto dalla consapevolezza del rapporto con gli altri, con le norme che lo regolano, non sussiste più nessuna “etica” perché la percezione dell’altro serve esclusivamente per usarlo, ucciderlo per il proprio interesse, la propria salvezza.

  Il quadro offerto in questi giorni dai responsabili dei Partiti, dalle massime cariche dello Stato, dal Governo in carica, è appunto quello dell’assoluta devastazione di ogni pur minima coscienza etica, della rottura di ogni legame con il proprio popolo che, infatti, tace annientato e si suicida (quattro suicidi negli ultimi due giorni indotti dal governo). La pseudo logica che sostiene quanto dicono e fanno i politici è appunto uno dei sintomi più vistosi della patologia mentale che li guida. Si sono aggrappati alla battaglia per i pochi posti di potere rimasti in lizza come lupi affamati agli ultimi brandelli di carne pendenti dalla vittima: non pensano ad altro, non vogliono altro. Se n’è avuta una specie di controprova nell’esaltazione offerta dal partito di Berlusconi all’unico sciacallo che si è sempre vantato della sua natura di sciacallo e che lo fa gongolare di ogni distruzione sociale che provoca. Pannella si è esibito al suo meglio, sparando con la solita violenza che non teme smentite le più grosse menzogne sull’enorme consenso alle sue idee, un consenso che non gli ha dato alle ultime elezioni neanche il minimo dei voti per entrare in Parlamento. Ci si domanda: perché proprio il Pdl vuole servirsi di Pannella e dei Radicali? Ammesso che possano portargli qualche voto, sicuramente gliene faranno perdere molti fra i suoi abituali elettori, non soltanto fra quelli cattolici, ma anche fra quelli che, forniti di buon senso, sanno bene che dietro ai Radicali ci sono sempre stati i “poteri forti”, l’alta finanza mondialista ed europea che se ne serve come strumento ottimale per quella disgregazione delle società e delle nazioni indispensabile al primato dei banchieri. Ma, bisogna ripeterlo: i politici hanno ormai perso qualsiasi sensibilità etica e l’unico Potere in cui vedono la possibilità di sostegno è quello dell’alta finanza che guida tutto e tutti, nel mondo e in Europa. È una guida alla distruzione: i banchieri non sono soltanto privi di etica, ma anche forniti di scarsissima intelligenza. Possiamo sperare soltanto che ci sia data la possibilità di liberarcene con le prossime elezioni.

di Ida Magli 

20 aprile 2013

Cambiare i trattati?



Esistono ormai molte analisi che spiegano come i Trattati che costituiscono l'UE rappresentino la negazione di alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Fra molti altri, si possono vedere alcuni articoli sul sito “Appello al popolo” (qui e qui), e anche il recente libro di un grande costituzionalista come Gianni Ferrara.
Di fronte alle argomentazioni sostenute nei testi citati, argomentazioni che credo difficilmente aggirabili, la linea di difesa di chi dice di voler salvare i principi di civiltà sociale contenuti nella nostra Costituzione, ma non accetta la parola d'ordine dell'uscita unilaterale dall'UE, è quella del “cambiare i Trattati”. Questa parola d'ordine può essere declinata in molti modi, e ovviamente si sposa molto bene con gli slogan sul “più Europa” e sulla “Europa dei popoli” che abbiamo già criticato in vari luoghi. 
Cerchiamo adesso di capire perché non abbia nessun senso la proposta di “cambiare i Trattati”. Si tratta, nella sostanza se non nella forma, della proposta di scrivere e far adottare una Costituzione europea che sia ispirata a principi del tutto opposti a quelli dei Trattati. Si noti che, se anche non esiste una Costituzione europea, i vari Trattati ne fanno benissimo le veci, e si possono in pratica considerare l'essenza di ciò che è oggi l'UE.

La prima osservazione critica è che per cambiare i Trattati occorre l'unanimità degli Stati membri. La proposta di cambiare i Trattati in senso favorevole ai diritti dei lavoratori e dei ceti subalterni richiede cioè che si formino e si mantengano, per un periodo di tempo sufficiente, maggioranze politiche che condividano questi obiettivi, in tutti e 27 i paesi UE. Basta che un paese si opponga, e la proposta è bloccata. 
Questa difficoltà “tecnica”, d'altro canto, è solo un aspetto della difficoltà politica e culturale di fondo.
L'obiezione fondamentale alla proposta di “cambiare i Trattati” sta nel fatto che non esiste una soggettività politica continentale in grado di imporre il cambiamento nel senso dei valori auspicati. Come abbiamo già avuto modo di dire, non esiste un popolo europeo. Chi elaborerebbe le proposte? Quali forze politiche se ne farebbero carico? Chi condurrebbe le trattative e sottoscriverebbe gli inevitabili compromessi? 
Possiamo pure immaginare di realizzare, superando tutte le difficoltà tecniche e politiche, quella che sarebbe, nelle attuali circostanze, la cosa migliore: un'Assemblea Costituente Europea eletta a suffragio proporzionale. Davvero è possibile pensare che da una cosa del genere nascerebbe una Costituzione attenta ai valori di giustizia sociale, emancipazione, armonia con l'ambiente? E' quasi sicuro che le forze che in modi diversi si ispirano a questi valori sarebbero divise e i loro discorsi sarebbero una cacofonia di proposte slegate fra loro. Una unità popolare a livello continentale si crea con un lungo lavoro di scambi, di incontri, con lotte collettive, con l'adozione di una lingua comune. Come abbiamo rilevato più volte, l'indifferenza dei popoli europei al dramma del popolo greco mostra con chiarezza come si sia lontanissimi da una vera unità popolare europea. E si noti che non si tratta qui solo della mancanza di empatia e di spirito di ribellione contro l'ingiustizia. La solidarietà col popolo greco risponderebbe agli stessi interessi materiali dei popoli europei, perché è chiarissimo che quello svolto in Grecia è solo un esperimento che verrà poi replicato in tutti i paesi del Sud Europa, e non solo.
Una Assemblea Costituente Europea non farebbe allora che ribadire le distanze e le incomprensioni fra i ceti popolari europei. D'altra parte, le posizioni dei ceti dominanti sarebbero espresse in modo molto più unitario e risulterebbero alla fine vincenti. I ceti dominanti, come abbiamo più volte detto, sono gli unici in grado di agire a livello europeo perché sono unificati da lingua, cultura e valori (anche se parzialmente divisi, come è ovvio, da interessi materiali). Dopotutto, se esistono i Trattati, e quindi l'UE, è appunto perché li hanno fatti i ceti dominanti. 
Anche a livello nazionale l'adozione di una Costituzione non è certo un affare di tutti i giorni. Le Costituzioni nascono in momenti molto particolari, in risposta a grandi movimenti sociali e ideali, o a grandi crisi. La nostra Costituzione è nata perché il rifiuto del nazifascismo ha portato all'unità su alcuni principi di fondo la grande maggioranza del popolo italiano e le principali foze politiche che tale maggioranza esprimevano. 
Oggi la crisi economica, che è la crisi della forma "neoliberista" e "globalizzata" che ha assunto il capitalismo negli ultimi trent'anni, non produce solidarietà a livello continentale, ma divisioni e contrapposizioni. L'unità dei popoli europei non c'è e non si vede quando possa sorgere, nel breve e medio periodo. Di conseguenza, non c'è nessuna possibilità di “cambiare i Trattati” in senso favorevole ai ceti popolari. L'unica opzione realistica per salvare quel che resta di civiltà sociale nel nostro paese è l'abbandono unilaterale dell'UE.
 

di Marino Badiale 

19 aprile 2013

No all’economia delle banche: in Francia arriva la moneta locale


La moneta locale, o complementare, è fatta per essere convertita in beni, che hanno un valore “reale”. A Nantes, potrebbe favorire lavoratori e banche.
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MONETACHE COS’È LA MONETA LOCALE - Una moneta locale o complementare all’euro? Non è una nuova proposta del MoVimento Cinque Stelle, né uno dei soliti voli pindarici della Lega Nord (anche se, in occasione della campagna elettorale per le Regionali, Roberto Maroni ha proposto di introdurre in Lombardia una valuta locale da affiancare alla moneta unica). Si tratta di un progetto che sta per realizzarsi in Francia, in particolare a Nantes, in Bretagna. Portato avanti fin dal 2006, è un esempio di collaborazione tra l’allora sindaco della città, Jean-Marc Ayrault, attuale primo ministro socialista francese, e due professori della Bocconi di Milano, Massimo Amato e Luca Fantacci. Un terzetto abbastanza curioso, che dimostra come, in realtà, l’idea di una moneta locale non sia, di per sé, né “di destra” né “di sinistra”: è una scelta che deve essere presa dalla comunità interessata, e che può rivelarsi utile per incrementare gli scambi locali, favorendo la cosiddetta economia locale.
 .
8118230-digital-visualization-of-an-broken-euro-coinUNA MONETA DIVERSA - Lo scopo primario della nuova moneta sarebbe quello di risolvere la questione dei debiti della pubblica amministrazione con le imprese. Anche per questo il suo utilizzo sarebbe limitato a coinvolgere i lavoratori, le imprese e i servizi pubblici: si tratta di una camera di compensazione, che serve a contabilizzare gli scambi di acquisti e vendite che le imprese compiono tra loro in un’unica contabilità chiusa, cosicché una vendita corrisponde a un credito e un acquisto a un debito (in modo multilaterale: ovvero, con la possibilità di risarcire un “debito” contratto con un’impresa acquisendo un credito con un’altra impresa). Lo scopo è far tornare periodicamente i conti a zero, arrivando a non avere più crediti né debiti. Cosa c’è di interessante in questo modo di concepire la moneta? Che questa non considera il denaro una riserva di valore, ma conta solo il valore di scambio. In altre parole, il denaro necessita di essere convertito in beni, e l’idea stessa di risparmio verrebbe riferita non più alla moneta in sé, quanto ai beni materiali, che hanno un valore “reale”.
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Jean-Marc-AyraultVANTAGGI RECIPROCI? -Non si tratta di una novità assoluta. La Svizzera, nel 1934, è stato il primo Paese a crearne una, il Wir. Attualmente gli Stati Uniti ne presentano un centinaio, e sia la Germania che la Spagna, Paesi che, nel bene e nel male, rappresentano due simboli della crisi finanziaria europea, ne hanno adottata una propria in determinate località. In questi casi, la moneta complementare ha avuto risultati per lo più positivi sulle economie delle varie comunità.
La novità di Nantes è che sono coinvolte non solo le imprese, ma gli stessi lavoratori. Questi avranno la possibilità, dietro accordo con le imprese, di essere pagati in moneta locale in una certa percentuale. Questa ha un rapporto di cambio 1 a 1 con l’euro ma non può essere convertita, avendo lo scopo di rimanere “chiusa” nella camera di compensazione. Essendo una moneta elettronica, secondo Amato, evita anche il rischio di evasione fiscale.
Soprattutto, si tratta di un sistema che va a vantaggio non solo delle imprese e dei lavoratori, che potrebbero andare incontro a tutte queste facilitazioni di pagamento e guadagno, ma delle banche stesse. Basti pensare che sarà proprio una banca pubblica comunale a gestire la nuova moneta, in modo da risolvere il problema del ritardo nei pagamenti dalle pubbliche amministrazioni alle imprese. Inoltre, la camera di compensaazione che si strutturerebbe non gestisce tutto il credito delle imprese,  ma finanzia solo la parte del capitale circolante, quello che si utilizza in un periodo che va da 1 fino a 4 mesi al massimo. Dunque le banche continuerebbero a occuparsi di tutto il capitale rimanente, con il vantaggio di avere a che fare con aziende meno indebitate, e dunque più affidabili. Meno rischio significa meno riserve bancarie, e quindi risparmio. In sostanza, secondo il prof. Amato, questa moneta locale propone una soluzione alternativa, non appellandosi a una rottura “traumatica” con il sistema bancario nazionale ed europeo, ma ad una sorta di collaborazione basata sull’indipendenza e sulla collaborazione reciproca. Vedremo, quando partirà, se veramente contribuirà a migliorare le condizioni delle imprese e dei lavoratori.
di Eleonora Cosmelli 

18 aprile 2013

Il bunker patologico del proprio interesse





  
C'è un’unica e sicura dirimente oggi per capire i significati e le intenzioni degli esponenti politici, sia quando sono ambigui, sia quando appaiono chiari e schierati dalla parte dei cittadini: la loro dipendenza dai cosiddetti “poteri forti”, dall’alta finanza, e dall’Europa che ne è serva. Così, per esempio, può essere apparso onesto e perfino simpatico il “saggio” un po’ cretino Valerio Onida quando ha ammesso di star lì, insieme agli altri “saggi”, per occupare la scena vuota; ma è ridiventato subito quello che è, un succube dell’alta finanza, uno che odia l’Italia e gli italiani, non appena ha indicato come suo prediletto per la Presidenza della Repubblica, Giuliano Amato. Come avrebbe potuto essere diversamente, del resto, visto che era stato scelto dal massimo odiatore degli italiani, Giorgio Napolitano?

  Sembra quasi incredibile il punto di degrado etico cui giunge una classe politica quando si trasforma, come oggi quella italiana, in un piccolo gruppo di persone chiuse nel bunker della conservazione e difesa di se stesse. Nulla più esiste ai loro occhi salvo questo: la propria sussistenza, il proprio interesse; e per difenderli  escogitano mezzi che non hanno nessun riscontro con la realtà, così che tutta la nazione che in apparenza essi continuano a rappresentare, si configura come un paese agli ultimi termini, lebbroso, marcio, putrefatto, consegnato davanti ai propri cittadini e davanti al mondo ai crimini di coloro che lo governano. Questa è, infatti, la legge della natura umana, cui nessun individuo e nessuna società può sfuggire: superato il livello di guardia posto dalla consapevolezza del rapporto con gli altri, con le norme che lo regolano, non sussiste più nessuna “etica” perché la percezione dell’altro serve esclusivamente per usarlo, ucciderlo per il proprio interesse, la propria salvezza.

  Il quadro offerto in questi giorni dai responsabili dei Partiti, dalle massime cariche dello Stato, dal Governo in carica, è appunto quello dell’assoluta devastazione di ogni pur minima coscienza etica, della rottura di ogni legame con il proprio popolo che, infatti, tace annientato e si suicida (quattro suicidi negli ultimi due giorni indotti dal governo). La pseudo logica che sostiene quanto dicono e fanno i politici è appunto uno dei sintomi più vistosi della patologia mentale che li guida. Si sono aggrappati alla battaglia per i pochi posti di potere rimasti in lizza come lupi affamati agli ultimi brandelli di carne pendenti dalla vittima: non pensano ad altro, non vogliono altro. Se n’è avuta una specie di controprova nell’esaltazione offerta dal partito di Berlusconi all’unico sciacallo che si è sempre vantato della sua natura di sciacallo e che lo fa gongolare di ogni distruzione sociale che provoca. Pannella si è esibito al suo meglio, sparando con la solita violenza che non teme smentite le più grosse menzogne sull’enorme consenso alle sue idee, un consenso che non gli ha dato alle ultime elezioni neanche il minimo dei voti per entrare in Parlamento. Ci si domanda: perché proprio il Pdl vuole servirsi di Pannella e dei Radicali? Ammesso che possano portargli qualche voto, sicuramente gliene faranno perdere molti fra i suoi abituali elettori, non soltanto fra quelli cattolici, ma anche fra quelli che, forniti di buon senso, sanno bene che dietro ai Radicali ci sono sempre stati i “poteri forti”, l’alta finanza mondialista ed europea che se ne serve come strumento ottimale per quella disgregazione delle società e delle nazioni indispensabile al primato dei banchieri. Ma, bisogna ripeterlo: i politici hanno ormai perso qualsiasi sensibilità etica e l’unico Potere in cui vedono la possibilità di sostegno è quello dell’alta finanza che guida tutto e tutti, nel mondo e in Europa. È una guida alla distruzione: i banchieri non sono soltanto privi di etica, ma anche forniti di scarsissima intelligenza. Possiamo sperare soltanto che ci sia data la possibilità di liberarcene con le prossime elezioni.

di Ida Magli