21 aprile 2013

Cresce il sostegno alla legge Glass-Steagall negli Stati Uniti mentre l'economia è in caduta libera



 Il 25 marzo il disegno di legge presentato dalla congressista Marcy Kaptur per il ripristino della separazione bancaria come nella legge Glass-Steagall (HR 129) è stato firmato da altri sei congressisti, portando il totale dei firmatari a 46. Tra i sei nuovi firmatari c'è Marcia Fudge, che presiede il Black Caucus al Congresso, Keith Ellison, co-presidente del Congressional Progressive Caucus, e John Dingell, un autorevole leader del Partito Democratico, il cui padre fu tra i firmatari della legge Glass-Steagall sotto Roosevelt.
Grazie alla spinta organizzativa del movimento di LaRouche (LPAC), sono state presentate mozioni che chiedono al Congresso di approvare la legge HR 129 in 13 parlamenti degli stati (Alabama, Hawaii, Kentucky, Maine, Maryland, Mississippi, Montana, Pennsylvania, Rhode Island, South Dakota, Virginia, Washington e West Virginia). Nel South Dakota, la mozione in questo senso è stata approvata sia alla Camera che al Senato il 28 febbraio, e nel Maine il Senato ha approvato la mozione il 4 aprile. Si prospettano mozioni simili in numerosi altri stati.
Oltre alle mozioni, numerose figure istituzionali si sono espresse a favore della legge Glass-Steagall. Una di loro è l'ex direttore del bilancio nell'amministrazione Reagan ed ex congressista David Stockman, che sulla prima pagina del New York Times Sunday Review mette in guardia da un altro collasso finanziario in arrivo per via del "denaro caldo e instabile" che è aumentato da quando "sono state completamente smantellate le tutele stabilite dalla legge Glass-Steagall".
Per superare la crisi, scrive, occorre "mettere fine alla cartolarizzazione che ha trasformato l'economia in una gigantesca bisca dagli anni Settanta. Questo significa lasciare a se stesse le banche di Wall Street affinché competano a proprio rischio, senza concedere loro prestiti della Federal Reserve o assicurazioni sui depositi. Le banche ordinarie potranno raccogliere depositi o concedere prestiti commerciali, ma verranno escluse dal trading, dalla sottoscrizione di obbligazioni e dalla gestione finanziaria in tutte le sue forme".
È una descrizione alquanto accurata della legge Glass-Steagall, anche se Stockman non la cita per nome, forse per evitare la matita rossa e blu dei redattori del New York Times. Il giorno prima, durante una popolare trasmissione radiofonica, Stockman si era detto a favore della legge Glass-Steagall "al posto della stupida legge Dodd-Frank".
Con un'altra iniziativa mirante a ripulire il sistema bancario, il sindacato nazionale degli agricoltori (National Farmers Union) ha ribadito il proprio sostegno alla legge Glass-Steagall nella sua dichiarazione annuale, pubblicata il 5 marzo. Il NFU sostiene la separazione bancaria almeno dal 2010. Ma questa settimana ha chiesto anche di "indagare con vigore e muovere azioni penali contro le attività criminali nei nostri istituti finanziari".
Il presidente del sindacato nello stato dell'Indiana, James Benham, ha dato un vivace resoconto delle sue iniziative a favore della legge HR 129 nel corso di una conferenza tenuta dallo Schiller Institute nei pressi di Washington il 23 marzo. Come ha sottolineato, gli agricoltori costituiscono un settore dell'economia nazionale particolarmente colpito dalla speculazione finanziaria e dalla crescente cartellizzazione.
Dagli esordi di questo paese, si afferma nella dichiarazione, "la politica pubblica ha favorito un sistema bancario decentralizzato, per evitare gli abusi che sarebbero derivati da una struttura finanziaria altamente concentrata. Siamo preoccupati di fronte ai trend recenti che hanno accelerato la perdita di banche locali indipendenti aumentando il ruolo delle grosse banche anche nel settore agricolo. Questo ha ridotto gli investimenti nelle comunità".
Disgraziatamente la comprensione dell'economia reale manifestata dal NFU non è arrivata alla Commissione Agricoltura al Congresso, che il 20 marzo ha approvato sei disegni di legge che aumentano il sostegno dei contribuenti ai derivati e creano nuove scappatoie commerciali consentendo alle banche di eludere gli standard di gestione del rischio.  
by  (MoviSol) 

20 aprile 2013

Cambiare i trattati?



Esistono ormai molte analisi che spiegano come i Trattati che costituiscono l'UE rappresentino la negazione di alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Fra molti altri, si possono vedere alcuni articoli sul sito “Appello al popolo” (qui e qui), e anche il recente libro di un grande costituzionalista come Gianni Ferrara.
Di fronte alle argomentazioni sostenute nei testi citati, argomentazioni che credo difficilmente aggirabili, la linea di difesa di chi dice di voler salvare i principi di civiltà sociale contenuti nella nostra Costituzione, ma non accetta la parola d'ordine dell'uscita unilaterale dall'UE, è quella del “cambiare i Trattati”. Questa parola d'ordine può essere declinata in molti modi, e ovviamente si sposa molto bene con gli slogan sul “più Europa” e sulla “Europa dei popoli” che abbiamo già criticato in vari luoghi. 
Cerchiamo adesso di capire perché non abbia nessun senso la proposta di “cambiare i Trattati”. Si tratta, nella sostanza se non nella forma, della proposta di scrivere e far adottare una Costituzione europea che sia ispirata a principi del tutto opposti a quelli dei Trattati. Si noti che, se anche non esiste una Costituzione europea, i vari Trattati ne fanno benissimo le veci, e si possono in pratica considerare l'essenza di ciò che è oggi l'UE.

La prima osservazione critica è che per cambiare i Trattati occorre l'unanimità degli Stati membri. La proposta di cambiare i Trattati in senso favorevole ai diritti dei lavoratori e dei ceti subalterni richiede cioè che si formino e si mantengano, per un periodo di tempo sufficiente, maggioranze politiche che condividano questi obiettivi, in tutti e 27 i paesi UE. Basta che un paese si opponga, e la proposta è bloccata. 
Questa difficoltà “tecnica”, d'altro canto, è solo un aspetto della difficoltà politica e culturale di fondo.
L'obiezione fondamentale alla proposta di “cambiare i Trattati” sta nel fatto che non esiste una soggettività politica continentale in grado di imporre il cambiamento nel senso dei valori auspicati. Come abbiamo già avuto modo di dire, non esiste un popolo europeo. Chi elaborerebbe le proposte? Quali forze politiche se ne farebbero carico? Chi condurrebbe le trattative e sottoscriverebbe gli inevitabili compromessi? 
Possiamo pure immaginare di realizzare, superando tutte le difficoltà tecniche e politiche, quella che sarebbe, nelle attuali circostanze, la cosa migliore: un'Assemblea Costituente Europea eletta a suffragio proporzionale. Davvero è possibile pensare che da una cosa del genere nascerebbe una Costituzione attenta ai valori di giustizia sociale, emancipazione, armonia con l'ambiente? E' quasi sicuro che le forze che in modi diversi si ispirano a questi valori sarebbero divise e i loro discorsi sarebbero una cacofonia di proposte slegate fra loro. Una unità popolare a livello continentale si crea con un lungo lavoro di scambi, di incontri, con lotte collettive, con l'adozione di una lingua comune. Come abbiamo rilevato più volte, l'indifferenza dei popoli europei al dramma del popolo greco mostra con chiarezza come si sia lontanissimi da una vera unità popolare europea. E si noti che non si tratta qui solo della mancanza di empatia e di spirito di ribellione contro l'ingiustizia. La solidarietà col popolo greco risponderebbe agli stessi interessi materiali dei popoli europei, perché è chiarissimo che quello svolto in Grecia è solo un esperimento che verrà poi replicato in tutti i paesi del Sud Europa, e non solo.
Una Assemblea Costituente Europea non farebbe allora che ribadire le distanze e le incomprensioni fra i ceti popolari europei. D'altra parte, le posizioni dei ceti dominanti sarebbero espresse in modo molto più unitario e risulterebbero alla fine vincenti. I ceti dominanti, come abbiamo più volte detto, sono gli unici in grado di agire a livello europeo perché sono unificati da lingua, cultura e valori (anche se parzialmente divisi, come è ovvio, da interessi materiali). Dopotutto, se esistono i Trattati, e quindi l'UE, è appunto perché li hanno fatti i ceti dominanti. 
Anche a livello nazionale l'adozione di una Costituzione non è certo un affare di tutti i giorni. Le Costituzioni nascono in momenti molto particolari, in risposta a grandi movimenti sociali e ideali, o a grandi crisi. La nostra Costituzione è nata perché il rifiuto del nazifascismo ha portato all'unità su alcuni principi di fondo la grande maggioranza del popolo italiano e le principali foze politiche che tale maggioranza esprimevano. 
Oggi la crisi economica, che è la crisi della forma "neoliberista" e "globalizzata" che ha assunto il capitalismo negli ultimi trent'anni, non produce solidarietà a livello continentale, ma divisioni e contrapposizioni. L'unità dei popoli europei non c'è e non si vede quando possa sorgere, nel breve e medio periodo. Di conseguenza, non c'è nessuna possibilità di “cambiare i Trattati” in senso favorevole ai ceti popolari. L'unica opzione realistica per salvare quel che resta di civiltà sociale nel nostro paese è l'abbandono unilaterale dell'UE.
 

di Marino Badiale 

19 aprile 2013

No all’economia delle banche: in Francia arriva la moneta locale


La moneta locale, o complementare, è fatta per essere convertita in beni, che hanno un valore “reale”. A Nantes, potrebbe favorire lavoratori e banche.
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MONETACHE COS’È LA MONETA LOCALE - Una moneta locale o complementare all’euro? Non è una nuova proposta del MoVimento Cinque Stelle, né uno dei soliti voli pindarici della Lega Nord (anche se, in occasione della campagna elettorale per le Regionali, Roberto Maroni ha proposto di introdurre in Lombardia una valuta locale da affiancare alla moneta unica). Si tratta di un progetto che sta per realizzarsi in Francia, in particolare a Nantes, in Bretagna. Portato avanti fin dal 2006, è un esempio di collaborazione tra l’allora sindaco della città, Jean-Marc Ayrault, attuale primo ministro socialista francese, e due professori della Bocconi di Milano, Massimo Amato e Luca Fantacci. Un terzetto abbastanza curioso, che dimostra come, in realtà, l’idea di una moneta locale non sia, di per sé, né “di destra” né “di sinistra”: è una scelta che deve essere presa dalla comunità interessata, e che può rivelarsi utile per incrementare gli scambi locali, favorendo la cosiddetta economia locale.
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8118230-digital-visualization-of-an-broken-euro-coinUNA MONETA DIVERSA - Lo scopo primario della nuova moneta sarebbe quello di risolvere la questione dei debiti della pubblica amministrazione con le imprese. Anche per questo il suo utilizzo sarebbe limitato a coinvolgere i lavoratori, le imprese e i servizi pubblici: si tratta di una camera di compensazione, che serve a contabilizzare gli scambi di acquisti e vendite che le imprese compiono tra loro in un’unica contabilità chiusa, cosicché una vendita corrisponde a un credito e un acquisto a un debito (in modo multilaterale: ovvero, con la possibilità di risarcire un “debito” contratto con un’impresa acquisendo un credito con un’altra impresa). Lo scopo è far tornare periodicamente i conti a zero, arrivando a non avere più crediti né debiti. Cosa c’è di interessante in questo modo di concepire la moneta? Che questa non considera il denaro una riserva di valore, ma conta solo il valore di scambio. In altre parole, il denaro necessita di essere convertito in beni, e l’idea stessa di risparmio verrebbe riferita non più alla moneta in sé, quanto ai beni materiali, che hanno un valore “reale”.
 .
Jean-Marc-AyraultVANTAGGI RECIPROCI? -Non si tratta di una novità assoluta. La Svizzera, nel 1934, è stato il primo Paese a crearne una, il Wir. Attualmente gli Stati Uniti ne presentano un centinaio, e sia la Germania che la Spagna, Paesi che, nel bene e nel male, rappresentano due simboli della crisi finanziaria europea, ne hanno adottata una propria in determinate località. In questi casi, la moneta complementare ha avuto risultati per lo più positivi sulle economie delle varie comunità.
La novità di Nantes è che sono coinvolte non solo le imprese, ma gli stessi lavoratori. Questi avranno la possibilità, dietro accordo con le imprese, di essere pagati in moneta locale in una certa percentuale. Questa ha un rapporto di cambio 1 a 1 con l’euro ma non può essere convertita, avendo lo scopo di rimanere “chiusa” nella camera di compensazione. Essendo una moneta elettronica, secondo Amato, evita anche il rischio di evasione fiscale.
Soprattutto, si tratta di un sistema che va a vantaggio non solo delle imprese e dei lavoratori, che potrebbero andare incontro a tutte queste facilitazioni di pagamento e guadagno, ma delle banche stesse. Basti pensare che sarà proprio una banca pubblica comunale a gestire la nuova moneta, in modo da risolvere il problema del ritardo nei pagamenti dalle pubbliche amministrazioni alle imprese. Inoltre, la camera di compensaazione che si strutturerebbe non gestisce tutto il credito delle imprese,  ma finanzia solo la parte del capitale circolante, quello che si utilizza in un periodo che va da 1 fino a 4 mesi al massimo. Dunque le banche continuerebbero a occuparsi di tutto il capitale rimanente, con il vantaggio di avere a che fare con aziende meno indebitate, e dunque più affidabili. Meno rischio significa meno riserve bancarie, e quindi risparmio. In sostanza, secondo il prof. Amato, questa moneta locale propone una soluzione alternativa, non appellandosi a una rottura “traumatica” con il sistema bancario nazionale ed europeo, ma ad una sorta di collaborazione basata sull’indipendenza e sulla collaborazione reciproca. Vedremo, quando partirà, se veramente contribuirà a migliorare le condizioni delle imprese e dei lavoratori.
di Eleonora Cosmelli 

21 aprile 2013

Cresce il sostegno alla legge Glass-Steagall negli Stati Uniti mentre l'economia è in caduta libera



 Il 25 marzo il disegno di legge presentato dalla congressista Marcy Kaptur per il ripristino della separazione bancaria come nella legge Glass-Steagall (HR 129) è stato firmato da altri sei congressisti, portando il totale dei firmatari a 46. Tra i sei nuovi firmatari c'è Marcia Fudge, che presiede il Black Caucus al Congresso, Keith Ellison, co-presidente del Congressional Progressive Caucus, e John Dingell, un autorevole leader del Partito Democratico, il cui padre fu tra i firmatari della legge Glass-Steagall sotto Roosevelt.
Grazie alla spinta organizzativa del movimento di LaRouche (LPAC), sono state presentate mozioni che chiedono al Congresso di approvare la legge HR 129 in 13 parlamenti degli stati (Alabama, Hawaii, Kentucky, Maine, Maryland, Mississippi, Montana, Pennsylvania, Rhode Island, South Dakota, Virginia, Washington e West Virginia). Nel South Dakota, la mozione in questo senso è stata approvata sia alla Camera che al Senato il 28 febbraio, e nel Maine il Senato ha approvato la mozione il 4 aprile. Si prospettano mozioni simili in numerosi altri stati.
Oltre alle mozioni, numerose figure istituzionali si sono espresse a favore della legge Glass-Steagall. Una di loro è l'ex direttore del bilancio nell'amministrazione Reagan ed ex congressista David Stockman, che sulla prima pagina del New York Times Sunday Review mette in guardia da un altro collasso finanziario in arrivo per via del "denaro caldo e instabile" che è aumentato da quando "sono state completamente smantellate le tutele stabilite dalla legge Glass-Steagall".
Per superare la crisi, scrive, occorre "mettere fine alla cartolarizzazione che ha trasformato l'economia in una gigantesca bisca dagli anni Settanta. Questo significa lasciare a se stesse le banche di Wall Street affinché competano a proprio rischio, senza concedere loro prestiti della Federal Reserve o assicurazioni sui depositi. Le banche ordinarie potranno raccogliere depositi o concedere prestiti commerciali, ma verranno escluse dal trading, dalla sottoscrizione di obbligazioni e dalla gestione finanziaria in tutte le sue forme".
È una descrizione alquanto accurata della legge Glass-Steagall, anche se Stockman non la cita per nome, forse per evitare la matita rossa e blu dei redattori del New York Times. Il giorno prima, durante una popolare trasmissione radiofonica, Stockman si era detto a favore della legge Glass-Steagall "al posto della stupida legge Dodd-Frank".
Con un'altra iniziativa mirante a ripulire il sistema bancario, il sindacato nazionale degli agricoltori (National Farmers Union) ha ribadito il proprio sostegno alla legge Glass-Steagall nella sua dichiarazione annuale, pubblicata il 5 marzo. Il NFU sostiene la separazione bancaria almeno dal 2010. Ma questa settimana ha chiesto anche di "indagare con vigore e muovere azioni penali contro le attività criminali nei nostri istituti finanziari".
Il presidente del sindacato nello stato dell'Indiana, James Benham, ha dato un vivace resoconto delle sue iniziative a favore della legge HR 129 nel corso di una conferenza tenuta dallo Schiller Institute nei pressi di Washington il 23 marzo. Come ha sottolineato, gli agricoltori costituiscono un settore dell'economia nazionale particolarmente colpito dalla speculazione finanziaria e dalla crescente cartellizzazione.
Dagli esordi di questo paese, si afferma nella dichiarazione, "la politica pubblica ha favorito un sistema bancario decentralizzato, per evitare gli abusi che sarebbero derivati da una struttura finanziaria altamente concentrata. Siamo preoccupati di fronte ai trend recenti che hanno accelerato la perdita di banche locali indipendenti aumentando il ruolo delle grosse banche anche nel settore agricolo. Questo ha ridotto gli investimenti nelle comunità".
Disgraziatamente la comprensione dell'economia reale manifestata dal NFU non è arrivata alla Commissione Agricoltura al Congresso, che il 20 marzo ha approvato sei disegni di legge che aumentano il sostegno dei contribuenti ai derivati e creano nuove scappatoie commerciali consentendo alle banche di eludere gli standard di gestione del rischio.  
by  (MoviSol) 

20 aprile 2013

Cambiare i trattati?



Esistono ormai molte analisi che spiegano come i Trattati che costituiscono l'UE rappresentino la negazione di alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Fra molti altri, si possono vedere alcuni articoli sul sito “Appello al popolo” (qui e qui), e anche il recente libro di un grande costituzionalista come Gianni Ferrara.
Di fronte alle argomentazioni sostenute nei testi citati, argomentazioni che credo difficilmente aggirabili, la linea di difesa di chi dice di voler salvare i principi di civiltà sociale contenuti nella nostra Costituzione, ma non accetta la parola d'ordine dell'uscita unilaterale dall'UE, è quella del “cambiare i Trattati”. Questa parola d'ordine può essere declinata in molti modi, e ovviamente si sposa molto bene con gli slogan sul “più Europa” e sulla “Europa dei popoli” che abbiamo già criticato in vari luoghi. 
Cerchiamo adesso di capire perché non abbia nessun senso la proposta di “cambiare i Trattati”. Si tratta, nella sostanza se non nella forma, della proposta di scrivere e far adottare una Costituzione europea che sia ispirata a principi del tutto opposti a quelli dei Trattati. Si noti che, se anche non esiste una Costituzione europea, i vari Trattati ne fanno benissimo le veci, e si possono in pratica considerare l'essenza di ciò che è oggi l'UE.

La prima osservazione critica è che per cambiare i Trattati occorre l'unanimità degli Stati membri. La proposta di cambiare i Trattati in senso favorevole ai diritti dei lavoratori e dei ceti subalterni richiede cioè che si formino e si mantengano, per un periodo di tempo sufficiente, maggioranze politiche che condividano questi obiettivi, in tutti e 27 i paesi UE. Basta che un paese si opponga, e la proposta è bloccata. 
Questa difficoltà “tecnica”, d'altro canto, è solo un aspetto della difficoltà politica e culturale di fondo.
L'obiezione fondamentale alla proposta di “cambiare i Trattati” sta nel fatto che non esiste una soggettività politica continentale in grado di imporre il cambiamento nel senso dei valori auspicati. Come abbiamo già avuto modo di dire, non esiste un popolo europeo. Chi elaborerebbe le proposte? Quali forze politiche se ne farebbero carico? Chi condurrebbe le trattative e sottoscriverebbe gli inevitabili compromessi? 
Possiamo pure immaginare di realizzare, superando tutte le difficoltà tecniche e politiche, quella che sarebbe, nelle attuali circostanze, la cosa migliore: un'Assemblea Costituente Europea eletta a suffragio proporzionale. Davvero è possibile pensare che da una cosa del genere nascerebbe una Costituzione attenta ai valori di giustizia sociale, emancipazione, armonia con l'ambiente? E' quasi sicuro che le forze che in modi diversi si ispirano a questi valori sarebbero divise e i loro discorsi sarebbero una cacofonia di proposte slegate fra loro. Una unità popolare a livello continentale si crea con un lungo lavoro di scambi, di incontri, con lotte collettive, con l'adozione di una lingua comune. Come abbiamo rilevato più volte, l'indifferenza dei popoli europei al dramma del popolo greco mostra con chiarezza come si sia lontanissimi da una vera unità popolare europea. E si noti che non si tratta qui solo della mancanza di empatia e di spirito di ribellione contro l'ingiustizia. La solidarietà col popolo greco risponderebbe agli stessi interessi materiali dei popoli europei, perché è chiarissimo che quello svolto in Grecia è solo un esperimento che verrà poi replicato in tutti i paesi del Sud Europa, e non solo.
Una Assemblea Costituente Europea non farebbe allora che ribadire le distanze e le incomprensioni fra i ceti popolari europei. D'altra parte, le posizioni dei ceti dominanti sarebbero espresse in modo molto più unitario e risulterebbero alla fine vincenti. I ceti dominanti, come abbiamo più volte detto, sono gli unici in grado di agire a livello europeo perché sono unificati da lingua, cultura e valori (anche se parzialmente divisi, come è ovvio, da interessi materiali). Dopotutto, se esistono i Trattati, e quindi l'UE, è appunto perché li hanno fatti i ceti dominanti. 
Anche a livello nazionale l'adozione di una Costituzione non è certo un affare di tutti i giorni. Le Costituzioni nascono in momenti molto particolari, in risposta a grandi movimenti sociali e ideali, o a grandi crisi. La nostra Costituzione è nata perché il rifiuto del nazifascismo ha portato all'unità su alcuni principi di fondo la grande maggioranza del popolo italiano e le principali foze politiche che tale maggioranza esprimevano. 
Oggi la crisi economica, che è la crisi della forma "neoliberista" e "globalizzata" che ha assunto il capitalismo negli ultimi trent'anni, non produce solidarietà a livello continentale, ma divisioni e contrapposizioni. L'unità dei popoli europei non c'è e non si vede quando possa sorgere, nel breve e medio periodo. Di conseguenza, non c'è nessuna possibilità di “cambiare i Trattati” in senso favorevole ai ceti popolari. L'unica opzione realistica per salvare quel che resta di civiltà sociale nel nostro paese è l'abbandono unilaterale dell'UE.
 

di Marino Badiale 

19 aprile 2013

No all’economia delle banche: in Francia arriva la moneta locale


La moneta locale, o complementare, è fatta per essere convertita in beni, che hanno un valore “reale”. A Nantes, potrebbe favorire lavoratori e banche.
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MONETACHE COS’È LA MONETA LOCALE - Una moneta locale o complementare all’euro? Non è una nuova proposta del MoVimento Cinque Stelle, né uno dei soliti voli pindarici della Lega Nord (anche se, in occasione della campagna elettorale per le Regionali, Roberto Maroni ha proposto di introdurre in Lombardia una valuta locale da affiancare alla moneta unica). Si tratta di un progetto che sta per realizzarsi in Francia, in particolare a Nantes, in Bretagna. Portato avanti fin dal 2006, è un esempio di collaborazione tra l’allora sindaco della città, Jean-Marc Ayrault, attuale primo ministro socialista francese, e due professori della Bocconi di Milano, Massimo Amato e Luca Fantacci. Un terzetto abbastanza curioso, che dimostra come, in realtà, l’idea di una moneta locale non sia, di per sé, né “di destra” né “di sinistra”: è una scelta che deve essere presa dalla comunità interessata, e che può rivelarsi utile per incrementare gli scambi locali, favorendo la cosiddetta economia locale.
 .
8118230-digital-visualization-of-an-broken-euro-coinUNA MONETA DIVERSA - Lo scopo primario della nuova moneta sarebbe quello di risolvere la questione dei debiti della pubblica amministrazione con le imprese. Anche per questo il suo utilizzo sarebbe limitato a coinvolgere i lavoratori, le imprese e i servizi pubblici: si tratta di una camera di compensazione, che serve a contabilizzare gli scambi di acquisti e vendite che le imprese compiono tra loro in un’unica contabilità chiusa, cosicché una vendita corrisponde a un credito e un acquisto a un debito (in modo multilaterale: ovvero, con la possibilità di risarcire un “debito” contratto con un’impresa acquisendo un credito con un’altra impresa). Lo scopo è far tornare periodicamente i conti a zero, arrivando a non avere più crediti né debiti. Cosa c’è di interessante in questo modo di concepire la moneta? Che questa non considera il denaro una riserva di valore, ma conta solo il valore di scambio. In altre parole, il denaro necessita di essere convertito in beni, e l’idea stessa di risparmio verrebbe riferita non più alla moneta in sé, quanto ai beni materiali, che hanno un valore “reale”.
 .
Jean-Marc-AyraultVANTAGGI RECIPROCI? -Non si tratta di una novità assoluta. La Svizzera, nel 1934, è stato il primo Paese a crearne una, il Wir. Attualmente gli Stati Uniti ne presentano un centinaio, e sia la Germania che la Spagna, Paesi che, nel bene e nel male, rappresentano due simboli della crisi finanziaria europea, ne hanno adottata una propria in determinate località. In questi casi, la moneta complementare ha avuto risultati per lo più positivi sulle economie delle varie comunità.
La novità di Nantes è che sono coinvolte non solo le imprese, ma gli stessi lavoratori. Questi avranno la possibilità, dietro accordo con le imprese, di essere pagati in moneta locale in una certa percentuale. Questa ha un rapporto di cambio 1 a 1 con l’euro ma non può essere convertita, avendo lo scopo di rimanere “chiusa” nella camera di compensazione. Essendo una moneta elettronica, secondo Amato, evita anche il rischio di evasione fiscale.
Soprattutto, si tratta di un sistema che va a vantaggio non solo delle imprese e dei lavoratori, che potrebbero andare incontro a tutte queste facilitazioni di pagamento e guadagno, ma delle banche stesse. Basti pensare che sarà proprio una banca pubblica comunale a gestire la nuova moneta, in modo da risolvere il problema del ritardo nei pagamenti dalle pubbliche amministrazioni alle imprese. Inoltre, la camera di compensaazione che si strutturerebbe non gestisce tutto il credito delle imprese,  ma finanzia solo la parte del capitale circolante, quello che si utilizza in un periodo che va da 1 fino a 4 mesi al massimo. Dunque le banche continuerebbero a occuparsi di tutto il capitale rimanente, con il vantaggio di avere a che fare con aziende meno indebitate, e dunque più affidabili. Meno rischio significa meno riserve bancarie, e quindi risparmio. In sostanza, secondo il prof. Amato, questa moneta locale propone una soluzione alternativa, non appellandosi a una rottura “traumatica” con il sistema bancario nazionale ed europeo, ma ad una sorta di collaborazione basata sull’indipendenza e sulla collaborazione reciproca. Vedremo, quando partirà, se veramente contribuirà a migliorare le condizioni delle imprese e dei lavoratori.
di Eleonora Cosmelli