04 marzo 2007

Chi deve occuparsi di politica?


Carlo gambescia approfondisce i temi che stanno allontanando la politica dal popolo sovrano. Sarà un bene? Ai posteri un giudizio.
Perché gli uomini che "hanno già avuto tanto dalla vita" devono occuparsi di politica?
Oggi il Corriere della Sera riporta tra virgolette uno sfogo di Prodi: “Sono stanco di questo andazzo, non è scritto da nessuna parte che debba stare al governo a tutti i costi, a queste condizioni non intendo continuare a metterci la faccia: dopotutto, ho avuto tanto dalla vita, non sono disposto ad espormi ulteriormente ad uno stillicidio di questo genere”.
“Ho avuto tanto dalla vita”. Anche Berlusconi, non è nuovo a queste espressioni. Quante volte nei momenti di crisi (politica), ha dichiarato di considerare la carica di Presidente del Consiglio una specie di ciliegina sulla torta? Tante.
Si dirà, Berlusconi e Prodi usano una brillante carriera professionale per ricattare i politici di professione, e costringerli a collaborare, minacciando di piantare tutto e dunque di rovinarli, perché, come tutti i politici di professione, e su questo l’imprenditore e il professore sono d’accordo, i parlamentari "sarebbero uomini senza arte né parte”.
Può essere. Ma di fondo, crediamo, siano in gioco due fattori.
In primo luogo, personaggi come Prodi e Berlusconi, sono estranei alla politica, intesa come lotta delle idee (non delle ideologie) e ferrea volontà di trasformazione della realtà. Prodi è un tecnocrate, messo a capo di una maggioranza molto politicizzata (si pensi alla sinistra radicale), Berlusconi è un imprenditore, che si è inventato una maggioranza, altrettanto politicizzata (si pensi ad An e alla Lega), cavalcando, quella che di solito viene definita “antipolitica”, mentre invece non è che la futura forma della politica (più partecipativa e “aggressiva”). Ma questa è un’altra storia.
Inoltre sia per Prodi che per Berlusconi l’economia viene prima della politica. Di qui la loro tendenza a inquadrare ogni problema in termini di rapporto costi-benefici per il sistema economico.
In secondo luogo, sono uomini “arrivati”. Che hanno avuto tutto dalla vita, come appunto asseriscono. E non possono più avere quella “voglia di realizzare” che invece distingue coloro che non si sono ancora affermati. In questo senso mirano più al galleggiamento politico che alle grandi riforme: agli onori e non agli oneri. Il governo Berlusconi ha brillato per il suo sostanziale immobilismo. E quello Prodi è sulla buona strada. Quando parliamo di grandi riforme intendiamo riforme strutturali, e non pure e semplici “liberalizzazioni” che colpiscono le categorie più deboli e lasciano integri i grandi monopoli, come quelle di Bersani. In realtà le grandi riforme, si chiamano così, perché sono tese al miglioramento sistematico della “qualità della vita” degli italiani. Come, ad esempio, nei settori dell’istruzione, della salute, della politica estera, della sostenibilità ecologica. Parliamo, perciò, di iniziative forti che richiedono tempo, impegno e voglia di fare.
Ora, che volete importi a Prodi e Berlusconi, due uomini spenti, che “hanno avuto tutto dalla vita”, affrontare questioni la cui soluzione impone addirittura uno spreco di energia politica ? Nulla.
Il lato tragico, anzi tragicomico della questione, è che la stessa sinistra, quella più politicizzata, ha già organizzato, pare per domenica, una manifestazione in favore di Prodi: un tecnocrate che si considera “arrivato” professionalmente quanto Berlusconi. Insomma, anche la sinistra radicale vuole che il professore bolognese resti. E, quel che è peggio, si è accanita contro Franco Turigliatto e Fernando Rossi: i quali, a detta di Diliberto non avrebbero ancora compreso l’importanza di impedire il ritorno di Berlusconi al potere.
Per noi invece Turigliatto e Rossi hanno capito tutto. E da un pezzo.

Nè di destra, né di sinistra.


Io sono così. Sarà, per la mia formazione tecnicista sarà, perché cerco di guardare a 360 gradi senza emozioni, sarà, per questo, che questa “democrazia” mi lascia indifferente.
Quando i mercanti affolleranno il tempio della democrazia (parlamento), allora la democrazia “degli interessi” prevarrà su tutto, anche sui cittadini o sudditi.
Questa sensazione non è solo la mia, ma anche di Massimo Fini che spiega in questo articolo:

Tutti e due gli schieramenti politici hanno cercato di dare alla manifestazione di Vicenza un connotato 'di sinistra'. La sinistra per mettere il suo marchio su una manifestazione che, a dispetto delle prefiche di sventura, si è svolta nel più pacifico dei modi. La destra per sottolineare le divisioni all'interno della sinistra, quella governativa che ha dato il suo benestare all'allargamento della base americana, e quella di piazza che è contraria.

Poichè a Vicenza c'ero anch'io, non come giornalista ma a capo del mio piccolo gruppo che si chiama 'Movimento Zero', che non è nè di destra nè di sinistra, ma oltre queste due categorie che, vecchie di due secoli, non considero più adeguate a comprendere le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo, che non sono nè economiche nè economiciste, vorrei dire la mia. Noi, con il nostro striscione ("Cittadini, non sudditi"), eravamo il primo gruppo dietro quello del Comitato organizzatore.

Davanti a noi i vicentini, soprattutto donne (donne, non ragazze) che tutto avevano fuorchè l'aria delle 'pasionarie' ma piuttosto quella delle casalinghe, bambini, anche in passeggino, e poi la cosiddetta 'gente comune', fra cui parecchi piccoli imprenditori, cui è difficile dare una precisa connotazione politica. Dietro di noi molti cani sciolti, quindi lo sterminato corteo dei 'No Tav' che sarebbe azzardato definire 'di sinistra'. Altri cani sciolti. Quindi i "centri sociali", la Cgil e rappresentanti dei partiti della sinistra, sia moderata che radicale. Molti striscioni di protesta avevano in effige sia il faccione di Prodi che quello di Berlusconi. E il significato più profondo e più vero della manifestazione di Vicenza è, a mio avviso, lo scollamento che si sta creando fra una parte consistente di cittadini e rappresentanti, di destra e di sinistra, da cui non si sentono più rappresentati. E il fatto che costoro cerchino ora di strumentalizzare, a proprio uso e consumo, la manifestazione non farà che approfondire questo solco. Noi cittadini siamo stanchi di essere considerati pura massa di manovra ad uso delle eterne diatribe fra le oligarchie di destra e di sinistra o interne all'una e all'altra. A Vicenza, sbiancando chi, come Amato, come Rutelli e come i Pierluigi Battista del Corriere della Sera, si era permesso di fare dei vergognosi e gravissimi collegamenti fra una manifestazione della gente comune e i neobrigatisti, ci siamo ripresi, pacificamente, quella voce cui abbiamo diritto.

Ma a qualcuno non va bene lo stesso. Il Giornale, in un editoriale a firma Mario Cervi, ci definisce 'melassa buonista'. Fateci capire. Se la manifestazione è violenta va, giustamente, condannata, se è pacifica viene invece disprezzata, come accadde per i 'girotondi'.

Ederle 2 comunque si farà. Perchè, come scriveva l'altro giorno il nostro Direttore, 'pacta sunt servanda'. Ed è vero. Ma tutti i patti internazionali contengono una clausola che recita 'rebus sic stantibus', se le cose restano immutate. E le cose dal 1949, quando fu firmato il Patto Atlantico, sono mutate. Eccome. L'alleanza sperequata con gli Stati Uniti (e quindi la presenza di loro basi militari in vari Paesi europei, fra cui l'Italia) era indispensabile fino a quando è esistita l'Unione Sovietica, perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico necessario per scoraggiare l' 'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. E gli Stati Uniti, giustamente dal loro punto di vista, hanno fatto pagare all'Europa questa loro protezione con una sudditanza militare, politica, economica e, alla fine, anche culturale. Questo pesante pedaggio, oggi, non ha più alcuna ragione d'essere. Inoltre, nel tempo, la Nato ha cambiato, surrettiziamente, la sua natura, trasformandosi da Patto difensivo in offensivo. L'esempio classico è quello della Jugoslavia. La Jugoslavia di Milosevic non minacciava alcun Paese dell'Alleanza Atlantica ma fu attaccata dalla Nato. Mi pare evidente che tutta la questione Nato vada rivista. Questo, naturalmente, non può farlo solo l'Italia (che si cuccherà, comunque, Ederle 2 anche se una buona parte della cittadinanza, di Vicenza e non solo di Vicenza, non la vuole), ma deve farlo l'Europa. E' 'bolso antiamericanismo' questo, come scrive sempre Mario Cervi sul Giornale? A me sembrano argomenti. In ogni caso l'antiamericanismo che sempre ci viene sbattuto in faccia, non è un reato. E' una posizione politica legittima. E forse non peggiore di certo filoamericanismo acritico che, pur di compiacere gli Stati Uniti, è disposto a calpestare sovranità e dignità nazionali.

23 febbraio 2007

Quale democrazia con questo sistema elettorale?



Se, molte persone si allonatanano dalla politica un motivo ci deve essere.
Lo analizza molto bene Antonella Randazzo in questo articolo sui sistemi elettorali attualmente in uso nel mondo.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con tono assai paternalistico, ci dice, in riferimento alla manifestazione di Vicenza, che le "manifestazioni (sono) legittime, ma sono le Istituzioni a decidere... E' nel riconoscimento della rappresentatività delle Istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare la sua misura".
Con queste parole il presidente ci fa capire che è inutile manifestare contro una decisione non favorevole alla cittadinanza, perché, tanto, i rappresentanti politici agiranno sempre sulla base di altri assunti, e non sulla base della sovranità popolare.
Ma la sovranità, anche se si eleggono rappresentanti, non rimane comunque del popolo? Non ci viene spiegato che la democrazia è il sistema politico in cui il popolo è sovrano? O è sovrano soltanto il giorno in cui va a votare?
Prendiamo l'esempio del titolare di un esercizio che decide di assumere un suo rappresentante. Dal momento in cui il rappresentante ha la fiducia del suo datore di lavoro, può ritenersi libero di agire come vuole o deve sempre avere come riferimento la volontà di colui che lo ha assunto? Ovviamente, ogni rappresentate deve dare conto a chi lo ha assunto per assolvere alla sua funzione. Perché questo non dovrebbe valere anche per i politici? I politici dovrebbero essere obbligati a rispettare l'interesse dei cittadini, altrimenti a servizio di chi sarebbero?
Anche Adolf Hitler è stato eletto regolarmente. Secondo il ragionamento di Napolitano, egli, essendo stato eletto, aveva il potere di fare quello che voleva, e il popolo tedesco era obbligato a subire passivamente tutte le decisioni del governo.
Le parole di Napolitano si fanno pericolose allorché egli giunge ad associare la violenza e il terrorismo alle legittime manifestazioni di dissenso popolare: "se si nega l'ancoraggio alle Istituzioni si può scivolare nella suggestione della violenza come matrice delle decisioni. E di lì, si può compiere il passo verso la degenerazione estrema del terrorismo".
Cosa c'entra la violenza e il terrorismo con la pretesa democratica della popolazione di vedere rispettata la sua volontà?
Il dissenso non deve essere demonizzato né criminalizzato, ciò avviene nelle dittature e non nelle democrazie.
Napolitano brandisce il pericolo "terrorismo" come una volta ai bambini si gridava all'"uomo nero". Ma i cittadini non sono bambini e chi protesta per decisioni che vanno contro gli interessi materiali e morali dei cittadini italiani non deve essere considerato un potenziale terrorista o un violento.
Le parole di Napolitano ci inducono ad un brusco risveglio: quello che ci costringe a capire che l'attuale sistema politico è stato costruito ad oc per sottrarre la sovranità al popolo, dandogli l'illusione di possederla.
L'attuale sistema politico elettorale è stato introdotto per la prima volta nel 1855, nelle colonie inglesi, come Australia e Nuova Zelanda, per dare ai popoli l'impressione di avere potere politico, ed evitare così che si sollevassero contro l'occupante. Il sistema elettorale di stampo anglosassone nacque, quindi, come un modo efficace per ingannare e dominare i popoli. Inizialmente, in Gran Bretagna, i proprietari terrieri avevano diritto a più voti, mentre i contadini e i loro domestici non ne avevano diritto. Col tempo il diritto di voto venne esteso a tutti i lavoratori e alle donne. Ma in realtà non cambiava granché, perché i due partiti che si contendevano il potere erano entrambi a servizio delle classi ricche. Lo stesso modello bipartitico veniva utilizzato dagli Stati Uniti. Col passar del tempo molti elettori anglo-sassoni si resero conto della truffa, e la quantità di coloro che si recavano alle urne diminuiva di anno in anno, fino a toccare i livelli bassissimi di oggi (30/40%).
Alla fine della Prima guerra mondiale, il modello politico elettorale era già in grave crisi. Moltissime persone si erano accorte che il sistema era facilmente manovrabile da parte di chi deteneva il potere economico-finanziario. La democrazia veniva concepita, alla luce dei princìpi socialisti e comunisti, come un modello che aveva come fine ultimo il benessere dell'intera popolazione, e non gli interessi del gruppo egemone. Gli storici Charles e Mary Beard, dopo la grande guerra, osservavano che nel sistema elettorale i partiti si erano "accampati" come un "esercito permanente".

Il sistema basato sui partiti e sulle periodiche elezioni veniva considerato a rischio anche perché i risultati potevano essere manipolati attraverso diverse strategie.
Ad esempio, una legge elettorale ben congegnata può limitare il numero di seggi assegnati ad un determinato partito. In Francia, nel 1958, il numero di seggi del Partito Comunista francese (Pcf) si ridusse da 150 (del 1956) a 10, in seguito alla nuova legge elettorale. Anche in Italia, negli stessi anni, le elezioni vennero manipolate in modo tale da impedire ai partiti di sinistra (che avevano la maggioranza di seggi), di andare al governo. Per estromettere i social-comunisti, le autorità statunitensi utilizzarono, in Italia e in Giappone, anche le mafie locali. In Giappone, durante l'occupazione americana vennero imprigionati o uccisi decine di migliaia di social-comunisti, e i partiti che potevano candidarsi erano soltanto quelli che ricevevano il via libera da Washington.
Lo stesso accadde nella Germania dell'ultimo dopoguerra, dove già Hitler aveva ucciso nei lager quasi tutti i militanti social-comunisti, proprio come gli americani avrebbero fatto in Giappone e in Grecia. Il sistema elettorale in Giappone veniva definito come "the ballot is the bullet" (la scheda elettorale è una pallottola), ad indicare cosa significasse per i cittadini giapponesi essere costretti a sottomettersi a quel sistema dopo una terribile guerra che aveva prodotto in loro il desiderio di cambiare in modo autenticamente democratico il sistema politico.
Il sistema elettorale diventò, paradossalmente, un modo per impedire ai popoli di raggiungere un'autentica democrazia spontaneamente, imponendo dall'alto una finta democrazia. La democrazia imposta dall'alto o portata con le armi è una tirannia mascherata, e le sue impalcature non potranno renderla vera. La vera democrazia è quella in cui il popolo è libero di prendere le decisioni migliori per il popolo stesso.
Negli ultimi decenni il sistema è diventato una sorta di "industria elettorale", con agenzie di spin doctors e la mobilitazione mediatica pubblicitaria e promozionale, come si trattasse di vendere un prodotto.
Il discorso di Napolitano non fa che confermare che questo sistema non permette ai cittadini di avere veri rappresentanti. Egli, in altre parole, sostiene che nel nostro paese, una volta che sono state chiuse le urne, le persone elette possono fare e decidere qualsiasi cosa, anche quello che la maggior parte della popolazione rifiuta. Le manifestazioni di dissenso popolare sarebbero dunque come un passatempo, dato che non possono incidere in alcun modo sulle decisioni del governo.
Il sistema che Napolitano sostiene ha le medesime caratteristiche ovunque. Proprio nel paese che ha creato questo sistema politico, la Gran Bretagna , il premier Tony Blair, nel 2003, trascinò il paese nella terribile guerra contro l'Iraq, che era avversata dalla stragrande maggioranza della popolazione. Blair era stato eletto, dunque, sulla base del pensiero di Napolitano, poteva decidere qualsiasi cosa.
Le autorità occidentali hanno esportato il sistema elettorale in molti paesi, compresi quelli più tirannici.
Le elezioni sono state organizzate anche in piena guerra, in Vietnam, come in Afghanistan e in Iraq. La gente votava con i fucili spianati addosso e sotto il controllo di chi qualche giorno prima aveva bombardato le loro case. In Vietnam le elezioni avvennero sotto il controllo delle stesse forze militari che arrestavano arbitrariamente, torturavano, uccidevano e deportavano nei campi di prigionia. Occorreva far vedere al mondo intero che era stata esportata la "democrazia".
Oggi le elezioni sono diventate veri e propri spettacoli, sotto la regia di apposite organizzazioni, che si occupano di tutto: dalla lista dei candidati, al metodo di votazione. Tali organizzazioni sono corredate da spin doctors, una sorta di nuovi maghi della produzione di consenso e fiducia. La manipolazione del voto avviene a partire dalla campagna elettorale, nella scelta dei temi da discutere, dei personaggi da candidare, nella costruzione della personalità dei candidati, ecc.
L'ambasciatore americano Paul Bremer, in Iraq, si occupò di fissare le regole del voto e creò una Suprema Commissione Elettorale, che aveva il compito di preparare la lista dei candidati, che però non era pubblica, cosicché le persone non potevano sapere chi veniva votato. L'obiettivo principale era quello di controllare rigidamente i candidati, curandosi di eliminare ogni opposizione, cioè tutti i candidati dei partiti che non appoggiavano l'occupazione americana.
Prima di essere sostituito, Bremer approvò alcune leggi che nessuna tornata elettorale può cambiare. Con queste leggi, i settori chiave dell'economia irachena rimangono nelle mani delle corporation americane. Tutti i governi iracheni saranno sottomessi in egual modo ai voleri di Wall Street.
Bremer sarà sostituito da John Negroponte, personaggio noto per le scorribande criminali che fece nel periodo 1981-1985, quando assoldò gli squadroni della morte che torturarono e uccisero migliaia di nicaraguensi.
Negroponte venne assistito da organizzazioni americane che vantano una vastissima esperienza di manipolazione delle elezioni. Si tratta dell’Istituto Democratico Nazionale per gli Affari Internazionali (NDI) e dell’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI), che collaborano con il National Endowment for Democracy e l’USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale), di cui si è valsa anche la CIA per attuare operazioni segrete all’estero. Ad esempio, quando preparò il fallito colpo di stato e il referendum in Venezuela contro il governo democratico di Hugo Chávez, oppure per manipolare le elezioni ucraine in modo da far vincere il candidato di Washington.
Mentre alle elezioni in cui venne eletto Chávez erano presenti numerose delegazioni e associazioni per controllare le operazioni di voto, in Iraq non era presente nemmeno un osservatore esterno. Nessuno ha controllato le schede, le operazioni di voto, l’integrità delle schede o lo spoglio. Gli unici osservatori ammessi erano gli esponenti dell’Istituto Democratico Nazionale, cioè gli stessi che avevano organizzato il teatrino elettorale. Nelle città devastate (Falluja, Ramadi, Samarra ecc.), in cui gli abitanti sono ad oggi in preda alla disperazione, quasi nessuno votò. I seggi furono chiusi o rimasero vuoti. Oltre l'80% degli iracheni all'estero non votarono, sconcertati per quello che stava accadendo al loro paese.
Chi crede che i popoli vessati ringrazino gli occupanti per aver organizzato le elezioni? Chi è disposto a credere che oggi in Iraq o in Afghanistan i cittadini credano che il teatrino elettorale migliori le loro condizioni?
La truffa elettorale è ormai chiara a molti, anche ai cittadini americani. Ormai tutti sanno che l'attuale presidente americano non è nemmeno stato eletto, né nel 2000, né nel 2004, e che entrambi i candidati presidenti vengono scelti e pagati dalla stessa élite. Eppure gli Stati Uniti si considerano una "democrazia". I loro presidenti, eletti regolarmente oppure no, agiscono a favore del potere economico-finanziario, che ha pagato le loro campagne elettorali. Sono a servizio di chi li ha fatti eleggere, e da moltissimi anni non considerano minimamente le proteste, sempre più imponenti, dei cittadini.
I presidenti americani sono tutti esponenti della classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono molto denaro, entrambi i candidati, dalle stesse imprese e dalle stesse banche. L'élite economico-finanziaria decide anche il futuro vincitore, che è colui che riceve somme di denaro più alte. Oggi il sistema politico americano punta sulla spettacolarizzazione della personalità dei candidati. Secondo Michel Chossudovsky, la democrazia è come un rito, celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato".Il sistema elettorale bipartitico svuota la democrazia di ciò che dovrebbe costituire la sua essenza: il potere politico del cittadino. Viene conservata l'apparenza della "democrazia", ma di fatto i cittadini hanno lo stesso potere politico che avrebbero in un sistema a partito unico, perché entrambi gli schieramenti obbediscono alla stessa élite.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone".
Le autorità occidentali fanno ampia propaganda dei valori di libertà e di rispetto dei diritti umani, mentre al contempo sostengono e armano governi che calpestano ogni diritto umano, per fornire alle corporation manodopera e materie prime a basso costo.
La democrazia occidentale sta diventando un modello fittizio, attraverso lo svuotamento della sovranità popolare e lo strapotere delle banche e delle corporation, che di fatto trattano i politici come loro dipendenti.
Cambiare si può, perché le risorse umane sono illimitate. Senza questo sistema iniquo non ci trasformeremo tutti in violenti o in terroristi, come Napolitano pensa, ma rimarremo persone dotate di civiltà e di capacità di autodeterminazione. Liberarsi da un sistema dominato dalla legge del più forte e dalla guerra non può che essere un atto di crescita.
Avremo sicuramente un sistema migliore quando saremo in grado di assumerci la responsabilità nelle questioni fondamentali della nostra esistenza. Come avverte Khalil Gibran: "Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto. Poiché come può un tiranno governare uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà?

04 marzo 2007

Chi deve occuparsi di politica?


Carlo gambescia approfondisce i temi che stanno allontanando la politica dal popolo sovrano. Sarà un bene? Ai posteri un giudizio.
Perché gli uomini che "hanno già avuto tanto dalla vita" devono occuparsi di politica?
Oggi il Corriere della Sera riporta tra virgolette uno sfogo di Prodi: “Sono stanco di questo andazzo, non è scritto da nessuna parte che debba stare al governo a tutti i costi, a queste condizioni non intendo continuare a metterci la faccia: dopotutto, ho avuto tanto dalla vita, non sono disposto ad espormi ulteriormente ad uno stillicidio di questo genere”.
“Ho avuto tanto dalla vita”. Anche Berlusconi, non è nuovo a queste espressioni. Quante volte nei momenti di crisi (politica), ha dichiarato di considerare la carica di Presidente del Consiglio una specie di ciliegina sulla torta? Tante.
Si dirà, Berlusconi e Prodi usano una brillante carriera professionale per ricattare i politici di professione, e costringerli a collaborare, minacciando di piantare tutto e dunque di rovinarli, perché, come tutti i politici di professione, e su questo l’imprenditore e il professore sono d’accordo, i parlamentari "sarebbero uomini senza arte né parte”.
Può essere. Ma di fondo, crediamo, siano in gioco due fattori.
In primo luogo, personaggi come Prodi e Berlusconi, sono estranei alla politica, intesa come lotta delle idee (non delle ideologie) e ferrea volontà di trasformazione della realtà. Prodi è un tecnocrate, messo a capo di una maggioranza molto politicizzata (si pensi alla sinistra radicale), Berlusconi è un imprenditore, che si è inventato una maggioranza, altrettanto politicizzata (si pensi ad An e alla Lega), cavalcando, quella che di solito viene definita “antipolitica”, mentre invece non è che la futura forma della politica (più partecipativa e “aggressiva”). Ma questa è un’altra storia.
Inoltre sia per Prodi che per Berlusconi l’economia viene prima della politica. Di qui la loro tendenza a inquadrare ogni problema in termini di rapporto costi-benefici per il sistema economico.
In secondo luogo, sono uomini “arrivati”. Che hanno avuto tutto dalla vita, come appunto asseriscono. E non possono più avere quella “voglia di realizzare” che invece distingue coloro che non si sono ancora affermati. In questo senso mirano più al galleggiamento politico che alle grandi riforme: agli onori e non agli oneri. Il governo Berlusconi ha brillato per il suo sostanziale immobilismo. E quello Prodi è sulla buona strada. Quando parliamo di grandi riforme intendiamo riforme strutturali, e non pure e semplici “liberalizzazioni” che colpiscono le categorie più deboli e lasciano integri i grandi monopoli, come quelle di Bersani. In realtà le grandi riforme, si chiamano così, perché sono tese al miglioramento sistematico della “qualità della vita” degli italiani. Come, ad esempio, nei settori dell’istruzione, della salute, della politica estera, della sostenibilità ecologica. Parliamo, perciò, di iniziative forti che richiedono tempo, impegno e voglia di fare.
Ora, che volete importi a Prodi e Berlusconi, due uomini spenti, che “hanno avuto tutto dalla vita”, affrontare questioni la cui soluzione impone addirittura uno spreco di energia politica ? Nulla.
Il lato tragico, anzi tragicomico della questione, è che la stessa sinistra, quella più politicizzata, ha già organizzato, pare per domenica, una manifestazione in favore di Prodi: un tecnocrate che si considera “arrivato” professionalmente quanto Berlusconi. Insomma, anche la sinistra radicale vuole che il professore bolognese resti. E, quel che è peggio, si è accanita contro Franco Turigliatto e Fernando Rossi: i quali, a detta di Diliberto non avrebbero ancora compreso l’importanza di impedire il ritorno di Berlusconi al potere.
Per noi invece Turigliatto e Rossi hanno capito tutto. E da un pezzo.

Nè di destra, né di sinistra.


Io sono così. Sarà, per la mia formazione tecnicista sarà, perché cerco di guardare a 360 gradi senza emozioni, sarà, per questo, che questa “democrazia” mi lascia indifferente.
Quando i mercanti affolleranno il tempio della democrazia (parlamento), allora la democrazia “degli interessi” prevarrà su tutto, anche sui cittadini o sudditi.
Questa sensazione non è solo la mia, ma anche di Massimo Fini che spiega in questo articolo:

Tutti e due gli schieramenti politici hanno cercato di dare alla manifestazione di Vicenza un connotato 'di sinistra'. La sinistra per mettere il suo marchio su una manifestazione che, a dispetto delle prefiche di sventura, si è svolta nel più pacifico dei modi. La destra per sottolineare le divisioni all'interno della sinistra, quella governativa che ha dato il suo benestare all'allargamento della base americana, e quella di piazza che è contraria.

Poichè a Vicenza c'ero anch'io, non come giornalista ma a capo del mio piccolo gruppo che si chiama 'Movimento Zero', che non è nè di destra nè di sinistra, ma oltre queste due categorie che, vecchie di due secoli, non considero più adeguate a comprendere le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo, che non sono nè economiche nè economiciste, vorrei dire la mia. Noi, con il nostro striscione ("Cittadini, non sudditi"), eravamo il primo gruppo dietro quello del Comitato organizzatore.

Davanti a noi i vicentini, soprattutto donne (donne, non ragazze) che tutto avevano fuorchè l'aria delle 'pasionarie' ma piuttosto quella delle casalinghe, bambini, anche in passeggino, e poi la cosiddetta 'gente comune', fra cui parecchi piccoli imprenditori, cui è difficile dare una precisa connotazione politica. Dietro di noi molti cani sciolti, quindi lo sterminato corteo dei 'No Tav' che sarebbe azzardato definire 'di sinistra'. Altri cani sciolti. Quindi i "centri sociali", la Cgil e rappresentanti dei partiti della sinistra, sia moderata che radicale. Molti striscioni di protesta avevano in effige sia il faccione di Prodi che quello di Berlusconi. E il significato più profondo e più vero della manifestazione di Vicenza è, a mio avviso, lo scollamento che si sta creando fra una parte consistente di cittadini e rappresentanti, di destra e di sinistra, da cui non si sentono più rappresentati. E il fatto che costoro cerchino ora di strumentalizzare, a proprio uso e consumo, la manifestazione non farà che approfondire questo solco. Noi cittadini siamo stanchi di essere considerati pura massa di manovra ad uso delle eterne diatribe fra le oligarchie di destra e di sinistra o interne all'una e all'altra. A Vicenza, sbiancando chi, come Amato, come Rutelli e come i Pierluigi Battista del Corriere della Sera, si era permesso di fare dei vergognosi e gravissimi collegamenti fra una manifestazione della gente comune e i neobrigatisti, ci siamo ripresi, pacificamente, quella voce cui abbiamo diritto.

Ma a qualcuno non va bene lo stesso. Il Giornale, in un editoriale a firma Mario Cervi, ci definisce 'melassa buonista'. Fateci capire. Se la manifestazione è violenta va, giustamente, condannata, se è pacifica viene invece disprezzata, come accadde per i 'girotondi'.

Ederle 2 comunque si farà. Perchè, come scriveva l'altro giorno il nostro Direttore, 'pacta sunt servanda'. Ed è vero. Ma tutti i patti internazionali contengono una clausola che recita 'rebus sic stantibus', se le cose restano immutate. E le cose dal 1949, quando fu firmato il Patto Atlantico, sono mutate. Eccome. L'alleanza sperequata con gli Stati Uniti (e quindi la presenza di loro basi militari in vari Paesi europei, fra cui l'Italia) era indispensabile fino a quando è esistita l'Unione Sovietica, perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico necessario per scoraggiare l' 'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. E gli Stati Uniti, giustamente dal loro punto di vista, hanno fatto pagare all'Europa questa loro protezione con una sudditanza militare, politica, economica e, alla fine, anche culturale. Questo pesante pedaggio, oggi, non ha più alcuna ragione d'essere. Inoltre, nel tempo, la Nato ha cambiato, surrettiziamente, la sua natura, trasformandosi da Patto difensivo in offensivo. L'esempio classico è quello della Jugoslavia. La Jugoslavia di Milosevic non minacciava alcun Paese dell'Alleanza Atlantica ma fu attaccata dalla Nato. Mi pare evidente che tutta la questione Nato vada rivista. Questo, naturalmente, non può farlo solo l'Italia (che si cuccherà, comunque, Ederle 2 anche se una buona parte della cittadinanza, di Vicenza e non solo di Vicenza, non la vuole), ma deve farlo l'Europa. E' 'bolso antiamericanismo' questo, come scrive sempre Mario Cervi sul Giornale? A me sembrano argomenti. In ogni caso l'antiamericanismo che sempre ci viene sbattuto in faccia, non è un reato. E' una posizione politica legittima. E forse non peggiore di certo filoamericanismo acritico che, pur di compiacere gli Stati Uniti, è disposto a calpestare sovranità e dignità nazionali.

23 febbraio 2007

Quale democrazia con questo sistema elettorale?



Se, molte persone si allonatanano dalla politica un motivo ci deve essere.
Lo analizza molto bene Antonella Randazzo in questo articolo sui sistemi elettorali attualmente in uso nel mondo.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con tono assai paternalistico, ci dice, in riferimento alla manifestazione di Vicenza, che le "manifestazioni (sono) legittime, ma sono le Istituzioni a decidere... E' nel riconoscimento della rappresentatività delle Istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare la sua misura".
Con queste parole il presidente ci fa capire che è inutile manifestare contro una decisione non favorevole alla cittadinanza, perché, tanto, i rappresentanti politici agiranno sempre sulla base di altri assunti, e non sulla base della sovranità popolare.
Ma la sovranità, anche se si eleggono rappresentanti, non rimane comunque del popolo? Non ci viene spiegato che la democrazia è il sistema politico in cui il popolo è sovrano? O è sovrano soltanto il giorno in cui va a votare?
Prendiamo l'esempio del titolare di un esercizio che decide di assumere un suo rappresentante. Dal momento in cui il rappresentante ha la fiducia del suo datore di lavoro, può ritenersi libero di agire come vuole o deve sempre avere come riferimento la volontà di colui che lo ha assunto? Ovviamente, ogni rappresentate deve dare conto a chi lo ha assunto per assolvere alla sua funzione. Perché questo non dovrebbe valere anche per i politici? I politici dovrebbero essere obbligati a rispettare l'interesse dei cittadini, altrimenti a servizio di chi sarebbero?
Anche Adolf Hitler è stato eletto regolarmente. Secondo il ragionamento di Napolitano, egli, essendo stato eletto, aveva il potere di fare quello che voleva, e il popolo tedesco era obbligato a subire passivamente tutte le decisioni del governo.
Le parole di Napolitano si fanno pericolose allorché egli giunge ad associare la violenza e il terrorismo alle legittime manifestazioni di dissenso popolare: "se si nega l'ancoraggio alle Istituzioni si può scivolare nella suggestione della violenza come matrice delle decisioni. E di lì, si può compiere il passo verso la degenerazione estrema del terrorismo".
Cosa c'entra la violenza e il terrorismo con la pretesa democratica della popolazione di vedere rispettata la sua volontà?
Il dissenso non deve essere demonizzato né criminalizzato, ciò avviene nelle dittature e non nelle democrazie.
Napolitano brandisce il pericolo "terrorismo" come una volta ai bambini si gridava all'"uomo nero". Ma i cittadini non sono bambini e chi protesta per decisioni che vanno contro gli interessi materiali e morali dei cittadini italiani non deve essere considerato un potenziale terrorista o un violento.
Le parole di Napolitano ci inducono ad un brusco risveglio: quello che ci costringe a capire che l'attuale sistema politico è stato costruito ad oc per sottrarre la sovranità al popolo, dandogli l'illusione di possederla.
L'attuale sistema politico elettorale è stato introdotto per la prima volta nel 1855, nelle colonie inglesi, come Australia e Nuova Zelanda, per dare ai popoli l'impressione di avere potere politico, ed evitare così che si sollevassero contro l'occupante. Il sistema elettorale di stampo anglosassone nacque, quindi, come un modo efficace per ingannare e dominare i popoli. Inizialmente, in Gran Bretagna, i proprietari terrieri avevano diritto a più voti, mentre i contadini e i loro domestici non ne avevano diritto. Col tempo il diritto di voto venne esteso a tutti i lavoratori e alle donne. Ma in realtà non cambiava granché, perché i due partiti che si contendevano il potere erano entrambi a servizio delle classi ricche. Lo stesso modello bipartitico veniva utilizzato dagli Stati Uniti. Col passar del tempo molti elettori anglo-sassoni si resero conto della truffa, e la quantità di coloro che si recavano alle urne diminuiva di anno in anno, fino a toccare i livelli bassissimi di oggi (30/40%).
Alla fine della Prima guerra mondiale, il modello politico elettorale era già in grave crisi. Moltissime persone si erano accorte che il sistema era facilmente manovrabile da parte di chi deteneva il potere economico-finanziario. La democrazia veniva concepita, alla luce dei princìpi socialisti e comunisti, come un modello che aveva come fine ultimo il benessere dell'intera popolazione, e non gli interessi del gruppo egemone. Gli storici Charles e Mary Beard, dopo la grande guerra, osservavano che nel sistema elettorale i partiti si erano "accampati" come un "esercito permanente".

Il sistema basato sui partiti e sulle periodiche elezioni veniva considerato a rischio anche perché i risultati potevano essere manipolati attraverso diverse strategie.
Ad esempio, una legge elettorale ben congegnata può limitare il numero di seggi assegnati ad un determinato partito. In Francia, nel 1958, il numero di seggi del Partito Comunista francese (Pcf) si ridusse da 150 (del 1956) a 10, in seguito alla nuova legge elettorale. Anche in Italia, negli stessi anni, le elezioni vennero manipolate in modo tale da impedire ai partiti di sinistra (che avevano la maggioranza di seggi), di andare al governo. Per estromettere i social-comunisti, le autorità statunitensi utilizzarono, in Italia e in Giappone, anche le mafie locali. In Giappone, durante l'occupazione americana vennero imprigionati o uccisi decine di migliaia di social-comunisti, e i partiti che potevano candidarsi erano soltanto quelli che ricevevano il via libera da Washington.
Lo stesso accadde nella Germania dell'ultimo dopoguerra, dove già Hitler aveva ucciso nei lager quasi tutti i militanti social-comunisti, proprio come gli americani avrebbero fatto in Giappone e in Grecia. Il sistema elettorale in Giappone veniva definito come "the ballot is the bullet" (la scheda elettorale è una pallottola), ad indicare cosa significasse per i cittadini giapponesi essere costretti a sottomettersi a quel sistema dopo una terribile guerra che aveva prodotto in loro il desiderio di cambiare in modo autenticamente democratico il sistema politico.
Il sistema elettorale diventò, paradossalmente, un modo per impedire ai popoli di raggiungere un'autentica democrazia spontaneamente, imponendo dall'alto una finta democrazia. La democrazia imposta dall'alto o portata con le armi è una tirannia mascherata, e le sue impalcature non potranno renderla vera. La vera democrazia è quella in cui il popolo è libero di prendere le decisioni migliori per il popolo stesso.
Negli ultimi decenni il sistema è diventato una sorta di "industria elettorale", con agenzie di spin doctors e la mobilitazione mediatica pubblicitaria e promozionale, come si trattasse di vendere un prodotto.
Il discorso di Napolitano non fa che confermare che questo sistema non permette ai cittadini di avere veri rappresentanti. Egli, in altre parole, sostiene che nel nostro paese, una volta che sono state chiuse le urne, le persone elette possono fare e decidere qualsiasi cosa, anche quello che la maggior parte della popolazione rifiuta. Le manifestazioni di dissenso popolare sarebbero dunque come un passatempo, dato che non possono incidere in alcun modo sulle decisioni del governo.
Il sistema che Napolitano sostiene ha le medesime caratteristiche ovunque. Proprio nel paese che ha creato questo sistema politico, la Gran Bretagna , il premier Tony Blair, nel 2003, trascinò il paese nella terribile guerra contro l'Iraq, che era avversata dalla stragrande maggioranza della popolazione. Blair era stato eletto, dunque, sulla base del pensiero di Napolitano, poteva decidere qualsiasi cosa.
Le autorità occidentali hanno esportato il sistema elettorale in molti paesi, compresi quelli più tirannici.
Le elezioni sono state organizzate anche in piena guerra, in Vietnam, come in Afghanistan e in Iraq. La gente votava con i fucili spianati addosso e sotto il controllo di chi qualche giorno prima aveva bombardato le loro case. In Vietnam le elezioni avvennero sotto il controllo delle stesse forze militari che arrestavano arbitrariamente, torturavano, uccidevano e deportavano nei campi di prigionia. Occorreva far vedere al mondo intero che era stata esportata la "democrazia".
Oggi le elezioni sono diventate veri e propri spettacoli, sotto la regia di apposite organizzazioni, che si occupano di tutto: dalla lista dei candidati, al metodo di votazione. Tali organizzazioni sono corredate da spin doctors, una sorta di nuovi maghi della produzione di consenso e fiducia. La manipolazione del voto avviene a partire dalla campagna elettorale, nella scelta dei temi da discutere, dei personaggi da candidare, nella costruzione della personalità dei candidati, ecc.
L'ambasciatore americano Paul Bremer, in Iraq, si occupò di fissare le regole del voto e creò una Suprema Commissione Elettorale, che aveva il compito di preparare la lista dei candidati, che però non era pubblica, cosicché le persone non potevano sapere chi veniva votato. L'obiettivo principale era quello di controllare rigidamente i candidati, curandosi di eliminare ogni opposizione, cioè tutti i candidati dei partiti che non appoggiavano l'occupazione americana.
Prima di essere sostituito, Bremer approvò alcune leggi che nessuna tornata elettorale può cambiare. Con queste leggi, i settori chiave dell'economia irachena rimangono nelle mani delle corporation americane. Tutti i governi iracheni saranno sottomessi in egual modo ai voleri di Wall Street.
Bremer sarà sostituito da John Negroponte, personaggio noto per le scorribande criminali che fece nel periodo 1981-1985, quando assoldò gli squadroni della morte che torturarono e uccisero migliaia di nicaraguensi.
Negroponte venne assistito da organizzazioni americane che vantano una vastissima esperienza di manipolazione delle elezioni. Si tratta dell’Istituto Democratico Nazionale per gli Affari Internazionali (NDI) e dell’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI), che collaborano con il National Endowment for Democracy e l’USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale), di cui si è valsa anche la CIA per attuare operazioni segrete all’estero. Ad esempio, quando preparò il fallito colpo di stato e il referendum in Venezuela contro il governo democratico di Hugo Chávez, oppure per manipolare le elezioni ucraine in modo da far vincere il candidato di Washington.
Mentre alle elezioni in cui venne eletto Chávez erano presenti numerose delegazioni e associazioni per controllare le operazioni di voto, in Iraq non era presente nemmeno un osservatore esterno. Nessuno ha controllato le schede, le operazioni di voto, l’integrità delle schede o lo spoglio. Gli unici osservatori ammessi erano gli esponenti dell’Istituto Democratico Nazionale, cioè gli stessi che avevano organizzato il teatrino elettorale. Nelle città devastate (Falluja, Ramadi, Samarra ecc.), in cui gli abitanti sono ad oggi in preda alla disperazione, quasi nessuno votò. I seggi furono chiusi o rimasero vuoti. Oltre l'80% degli iracheni all'estero non votarono, sconcertati per quello che stava accadendo al loro paese.
Chi crede che i popoli vessati ringrazino gli occupanti per aver organizzato le elezioni? Chi è disposto a credere che oggi in Iraq o in Afghanistan i cittadini credano che il teatrino elettorale migliori le loro condizioni?
La truffa elettorale è ormai chiara a molti, anche ai cittadini americani. Ormai tutti sanno che l'attuale presidente americano non è nemmeno stato eletto, né nel 2000, né nel 2004, e che entrambi i candidati presidenti vengono scelti e pagati dalla stessa élite. Eppure gli Stati Uniti si considerano una "democrazia". I loro presidenti, eletti regolarmente oppure no, agiscono a favore del potere economico-finanziario, che ha pagato le loro campagne elettorali. Sono a servizio di chi li ha fatti eleggere, e da moltissimi anni non considerano minimamente le proteste, sempre più imponenti, dei cittadini.
I presidenti americani sono tutti esponenti della classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono molto denaro, entrambi i candidati, dalle stesse imprese e dalle stesse banche. L'élite economico-finanziaria decide anche il futuro vincitore, che è colui che riceve somme di denaro più alte. Oggi il sistema politico americano punta sulla spettacolarizzazione della personalità dei candidati. Secondo Michel Chossudovsky, la democrazia è come un rito, celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato".Il sistema elettorale bipartitico svuota la democrazia di ciò che dovrebbe costituire la sua essenza: il potere politico del cittadino. Viene conservata l'apparenza della "democrazia", ma di fatto i cittadini hanno lo stesso potere politico che avrebbero in un sistema a partito unico, perché entrambi gli schieramenti obbediscono alla stessa élite.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone".
Le autorità occidentali fanno ampia propaganda dei valori di libertà e di rispetto dei diritti umani, mentre al contempo sostengono e armano governi che calpestano ogni diritto umano, per fornire alle corporation manodopera e materie prime a basso costo.
La democrazia occidentale sta diventando un modello fittizio, attraverso lo svuotamento della sovranità popolare e lo strapotere delle banche e delle corporation, che di fatto trattano i politici come loro dipendenti.
Cambiare si può, perché le risorse umane sono illimitate. Senza questo sistema iniquo non ci trasformeremo tutti in violenti o in terroristi, come Napolitano pensa, ma rimarremo persone dotate di civiltà e di capacità di autodeterminazione. Liberarsi da un sistema dominato dalla legge del più forte e dalla guerra non può che essere un atto di crescita.
Avremo sicuramente un sistema migliore quando saremo in grado di assumerci la responsabilità nelle questioni fondamentali della nostra esistenza. Come avverte Khalil Gibran: "Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto. Poiché come può un tiranno governare uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà?