09 gennaio 2008

Il caos globale



Nell'intervista mandata in onda il 27 dicembre dalla National Public Radio, l'ex presidente della Federal Reserve USA sir Alan Greenspan ha ammesso candidamente che il sistema finanziario e monetario mondiale è spacciato. “La previsione che debbo fare”, ha affermato il primo regista delle bolle finanziarie degli ultimi vent'anni, “è che ad un certo punto si verificherà l'imprevisto, che ci metterà a tappeto ... Le probabilità di questo sviluppo stanno aumentando, mi pare, perché siamo entrati in zone vulnerabili”. Egli ha detto inoltre: “Siamo giunti ad una svolta e i miglioramenti straordinari verificatisi nell'economia mondiale negli ultimi quindici anni sono transitori, e stanno per cambiare ... Dunque, ritengo che si vada verso un ribaltamento di tutto questo processo”.
In effetti, le parole di Greenspan non descrivono le dimensioni del crac finanziario in corso, per il quale non esistono soluzioni di ordine “monetario”, come Lyndon LaRouche spiegò già in una webcast a Washington il 25 luglio scorso. Ai vertici dell'oligarchia finanziaria della City di Londra ci si rende conto che il crac irreversibile sta accelerando. Negli ultimi mesi sono andati in fumo attivi bancari per circa 1500 mila miliardi di dollari e un volume analogo è andato in fumo nei mercati borsistici. La crisi che colpisce nel primo trimestre del 2008, e che coinvolge il settore assicurativo e quello dei titoli derivati, sarà di dimensioni ben più drammatiche della crisi dei mutui USA del 2007, che al confronto sembrerà poca cosa.
Soltanto in questo contesto possono essere inquadrate e comprese l'ondata di assassinii politici, l'esplosione di scontri etnici e religiosi e la diffusione globale del caos. Nessuno di questi fenomeni può essere considerato un avvenimento locale o regionale. Sono tutti parte di un'unica strategia mirante ad un unico obiettivo globale: distruggere gli stati nazionali, lanciare la guerra asimmetrica mondiale, protratta per più generazioni, e consolidare il controllo sui giacimenti delle materie prime del pianeta nelle mani dei cartelli privati anglo-olandesi.
Jacques Attali, ex consigliere del presidente Mitterrand, ha recentemente riconosciuto il nesso tra la realtà finanziaria e l'esplosione del caos in un commento apparso il 3 gennaio sul settimanale finanziario francese L'Express: “Che l'assassinio di un leader dell'opposizione in un paese del Sud [Pakistan - ndr] scombussoli così gravemente i mercati finanziari asiatici, e con essi quelli del mondo intero, rivela la fragilità estrema del pianeta ... Il mondo intero sembra correre verso il precipizio. Come se si preparasse una collisione tra due treni a piena velocità”.
La paternità del caos globale non è da attribuirsi agli “anglo-americani” ma piuttosto ad un Impero Britannico “invisibile” ed all'estesa oligarchia anglo-olandese che esso serve. Qualche lettore potrà dubitare che Londra sia ancora il centro dell'impero, capace di scatenare il caos, ma da un punto di vista storico, i contorni di un impero britannico “invisibile” non sfuggono tanto facilmente.
Primo, praticamente tutti i centri finanziari offshore che dominano il sistema finanziario deregolamentato e globalizzato si trovano nelle colonie britanniche o olandesi. Secondo, da decenni gli inglesi dominano l'industria privata dei mercenari, imprese che operano in coordinazione con i grandi cartelli britannici delle materie prime che già posseggono gran parte dei diritti minerari in Africa, Australia e America Latina. Terzo, il Commonwealth delle Nazioni, presieduto dalla regina Elisabetta II, è composto da 53 paesi che rappresentano un quinto delle terre emerse ed una notevole percentuale delle risorse strategiche e della popolazione del globo.
Questo apparato è stato messo in moto per fomentare il caos e provocare i conflitti. Poiché il sistema finanziario globale non può essere “riformato” ed è certo che Londra non si sottometterà mai volontariamente ad una riorganizzazione fallimentare che consenta alle nazioni di ripristinare il proprio controllo sovrano sul credito e sulla moneta, essa non potrà che giocare l'unica carta che le resta, il caos globale.

La mano dell'impero dietro il caos globale

Le tessere principali che compongono il quadro del caos globale britannico:
* Pakistan: l'assassinio di Benazir Bhutto ha fatto precipitare il paese e l'intera regione nel caos. Mentre l'amministrazione Bush ha esibito in Pakistan la stessa incompetenza e cretineria sfoggiata nell'invasione e occupazione dell'Iraq, l'Inghilterra è riuscita a pervenire passo dopo passo al suo obiettivo strategico: frammentazione del Pakistan e creazione di un'entità separatista, “terra di nessuno”, sul confine con l'Afghanistan, che serve come fonte di instabilità a lungo termine, di guerra asimmetrica e di operazioni economiche di mercato nero, in particolare per i traffici di oppio della “Mezzaluna d'oro”.
Inoltre è assodato che parlamentari britannici hanno finanziato i separatisti fondamentalisti Beluci in Pakistan, che dall'Afghanistan sono stati espulsi agenti dell'MI6 britannico che guidavano e finanziavano i Talibani e che la polizia britannica in Iraq ha preparato l'invasione e poi le condizioni per frammentare l'Irak in tre parti: meridionale, centrale e regione curda.
* Thailandia: in un articolo del 19 dicembre, il settimanale finanziario britannico The Economist aveva messo in guardia l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio, che egli sarà il “Benazir Bhutto della Thailandia” se si azzarda a rimettere piede nel suo paese dopo le elezioni del 23 dicembre. Dopo l'assassinio della Bhutto, Thaksin ha dichiarato di temere per la propria incolumità. Inoltre la monarchia thailandese rischia una crisi di successione visto il peggiorare delle condizioni di salute del vecchio re. Il caos potrebbe facilmente diffondersi dalla Thailandia in tutta l'Asia Sudorientale.
* Malesia: Un gruppo minoritario della destra (Gruppo di azione dei diritti Hindu) si è andato affermando nel paese, che a Nord confina con la Thailandia. Ora l'arresto del suo leader, P. Uthayakumar, potrebbe sfociare in una destabilizzazione del paese. L'organizzazione vanterebbe collegamenti con i terroristi Tigri Tamil, il movimento separatista del Sri Lanka responsabile di un recente attentato dinamitardo nel paese costato la vita a diverse persone.
* Kenya: lo scoppio di violenze nel paese africano a seguito di elezioni contestate ha provocato la morte di 300 persone e lo spostamento di 250 mila rifugiati. La mano britannica in questa destabilizzazione, che minaccia di trasformarsi in un genocidio, è palese. In effetti, né il presidente Mwai Kibaki, né il leader dell'opposizione Raila Odinga possono in alcun modo sperare di mettere la situazione sotto controllo perché sono ambedue manipolati dalla Camera dei Lord. Il principale burattinaio è Lord Steel of Aikwood, esponente del partito liberal-democratico che è in contatto con Kibaki da 25 anni, ma che ha anche aiutato Odinga a creare il Partito Liberal-democratico del Kenya diventandone il presidente. Steel è stato socio di affari di Tony Buckingham, il fondatore di una delle più note imprese private di mercenari, la Executive Outcome. Egli figura inoltre nel consiglio di amministrazione della Royal Africa Society, organismo personalmente patrocinato da Elisabetta II e finanziato dalle grandi imprese minerarie come Anglo America, Rio Tinto e DeBeers. La società è presieduta da lord Holme of Cheltenham, collega di Steel, che siede nel board della Rio Tinto ed è membro del Privy Council, il consiglio della corona.
Fonte: movisol

Farloccolandia: mutui, perizie & company

Farlocco è un termine dialettale tipico nel Nord Italia utilizzato per individuare un'operazione fasulla o peggio ancora falsa, frutto generalmente di un imbroglio o una truffa. Farloccolandia è il nomignolo che mi sento di dare al nostro paese sulla base del comportamento del suo sistema bancario e parabancario. Sembra infatti che a distanza di qualche anno si stia riproponendo lo Schema Parmalat nella sua piena onnipotenza. In che consisteva lo Schema Parmalat, per chi non lo sapesse ancora? Molto semplice: quando una banca si rendeva conto che il prestito effettuato alla nota azienda di Collecchio era ormai inesigibile o inescutibile, allora si inventava una emissione obbligazionaria cartolarizzando il credito vantato alla Parmalat e si offrivano le fenomenali tranche obbligazionarie al pensionato babbaleo di turno. In questo modo si trasferiva il rischio di insolvenza (tipico dell'attività bancaria) sulle tasche dei suoi ignari correntisti o investitori.

Nonostante i drammatici appelli delle associazioni di consumatori all'interno di qualche talk show e le promesse farlocche della politica per un sistema bancario più serio ed onesto, lo Schema Parmalat è stato rispolverato e messo alacremente in catena di montaggio. Proprio come hanno fatto con i debiti della Parmalat adesso stanno facendo altrettanto con i mutui: infatti, le banche intuendo con largo anticipo i primi segnali di indigenza economica e di insolvenza finanziaria piuttosto diffusi nelle famiglie italiane, hanno provveduto a trasferire i mutui recentemente erogati negli ultimi anni dentro la pancia di qualche cosiddetto fondo di investimento immobiliare. Questi fenomenali fondi sono stati successivamente offerti a risparmiatori, fondi pensione o addirittura altri fondi di fondi, con la garanzia che si trattassero di investimenti a capitale protetto in virtù delle ipoteche che gravavano sugli immobili sottostanti ogni richiesta di mutuo.

Questa operazione è nota con il nome di cartolarizzazione, anche se per i risvolti indiretti che ha ed avrà sui vostri portafogli, sarebbe opportuno chiamarla sodomizzazione. Ancora una volta quindi, il sistema bancario scarica il suo rischio e le sue nefandezze sulle tasche di povere persone oneste inconsapevoli di quello che stanno per sottoscrivere. Quello che fa tuttavia terribilmente ribollire il sangue è sapere che la maggior parte degli istituti di credito continua a proporre ancora interventi integrali (quindi mutui al 100 %) per l'acquisto di immobili, nonostante quanto accaduto la scorsa estate e nonostante il mercato immobiliare sia visto profondamente in crisi per i prossimi anni. Ma allora per quale ragione si persevera a finanziare l'acquisto della prima casa a persone già in difficoltà ed indigenza economica, sapendo che stiamo andando incontro ad una voragine finanziaria che si trasformerà presto in una deflazione stile 1929 ?

Il profitto indiscriminato è la risposta a questa domanda. Adesso si riesce a percepire addirittura la volontà (quasi politica) a finanziare per il 100 % solo i più morti di fame (extracomunitari senza denaro in tasca, precari a singhiozzo, ragazze madri in aspettativa) perchè solo a loro si possono proporre le condizioni di indebitamento fuori dalla media di mercato (e quindi più remunerative per la banca che le concede). Eh sì, perchè vi è una sostanziosa differenza tra un mutuo erogato all'EURIBOR + 2 punti di spread ed uno erogato con appena mezzo punto di ricarico ! Di questi mutui e del loro periodico rimborso le banche non si preoccupano più di tanto, in quanto non appena hanno incassato finanziariamente le prime sei rate, questi fenomenali banchieri prendono il mutuo, lo cartolarizzano e lo piazzano sul mercato del risparmio gestito !

Addirittura esistono casi sempre più frequenti in cui l'importo del mutuo è calcolato sommando il costo dell'immobile con gli oneri di rogito e le prime sei rate del mutuo stesso ! Della serie: oltre al prestito, ti anticipo anche le prime sei rate, in questo modo sono sicuro che potrò cartolarizzare il mutuo senza grane o lungaggini in quanto il mutuo risulterà essere intestato ad un buon pagatore ! Sempre parlando di farlocchi, è doveroso sottolineare di quanto siano sempre più spesso gonfiate le perizie degli immobili oggetto di compravendita, le quali devono rappresentare un valore di mercato significativamente congruo per giustificare in taluni casi interventi addirittura superiori al 100 %. La fantasia a questo punto diventa il vero unico limite, infatti mi sono stati rappresentati comportamenti molto discutibili da parte di qualche circuito di franchising immobiliare che riesce misteriosamente a far lievitare persino l'imponibile della dichiarazione dei redditi del richiedente il mutuo, pur di far deliberare il finanziamento nel pieno rispetto del rapporto di congruità tra il peso della rata ed il reddito mensile effettivamente percepito.

Per questo motivo il crash che colpirà le principali economie sarà devastante, forse con un potere di detonazione addirittura superiore al passato 1929, in quanto grazie all'operato farlocco del sistema bancario adesso abbiamo fondi di investimento e fondi pensione che hanno nella loro pancia tutti questi mutui farlocchi destinati ad essere non pagati nel lungo termine con una garanzia immobiliare legata al valore di presumibile realizzo pesantemente contraffatta. In buona sostanza sono a rischio proprio investimenti che dovrebbero garantire il capitale protetto, ma per ovvie ragioni di architettura finanziaria non possono più esserlo. Ecco perchè la scorsa estate abbiamo visto fondi monetari perdere il 4 % in una settimana, rendimenti assolutamente incompatibili dal punti di vista tecnico, in quanto un fondo di liquidità non può per definizione essere soggetto ad una contrazione di valore di tale entità. Se però alcuni fondi immobiliari nati dalla cartolarizzazione forzata di mutui ad intervento integrale vengono spacciati per fondi monetari, grazie alla compiacenza delle agenzie di rating, allora tutto diventa possibile. Anche una sommossa popolare od un colpo di stato.

Eugenio Benetazzo

07 gennaio 2008

La privatizzazione finale dello Stato


Può suonare paradossale, ma è una seria e certa realtà giuridica: lo Stato italiano non è la Repubblica italiana voluta dalla Costituzione del 1948. È in radicale antitesi e contrapposizione con la Costituzione e con i fondamenti della medesima. Forse più di quanto lo sarebbe un ordinamento di tipo fascista. Perché in Italia siamo alla proprietà privata dello Stato e dei poteri politici.
L’articolo 1 della Costituzione afferma «L’Italia è una repubblica democratica. La sovranità appartiene al popolo». Al contrario, nello Stato italiano la sovranità economica, la sovranità monetaria, appartiene interamente ai privati. Ai finanzieri privati proprietari di Banca d’Italia. Sì, la Banca d’Italia non è degli Italiani, non è dello Stato: è di finanzieri privati.
La sovranità economica sull’Italia appartiene anche alla Banca Centrale Europea, che, in base al Trattato di Maastricht, è un’istituzione autocratica sopranazionale, esente da ogni controllo democratico e persino giudiziario, gestita da un direttorio nominato dal sistema delle banche private. I suoi direttori sono esonerati da ogni responsabilità e decidono nel segreto. Una vera e propria potenza straniera, alla quale i paesi dell’Eurozona sono sottomessi..
Chi ha il controllo della moneta e del credito, ha il controllo della politica, e incassa il signoraggio sulla produzione della moneta e del credito – per l’Italia, si tratta di circa 800 miliardi di Euro l’anno. Chi ha il potere di fissare il tasso di interesse, di dare e togliere liquidità al mercato, ha perciò stesso il potere di dare e togliere forza all’economia, di far saltare i bilanci delle aziende private e degli Stati. Di costringere questi ultimi ad aumentare le tasse. Di ricattare parlamenti, governi, società. Come sta avvenendo. Come è sempre avvenuto, ad esempio, in America Latina. Bene: questo potere è in mano a privati, che lo esercitano in totale esenzione da ogni responsabilità e sorveglianza. Dicono che ciò sia bene, perché lo esercitano meglio dei politici, che sono corrotti e demagogici. Sì, meglio – ma per se stessi, non per la gente. Non per quelli che non riescono più a pagare il mutuo, e che perdono la casa, mandata all’asta dai banchieri, che la ricomprano attraverso loro società-schermo. Non per le imprese che chiudono o falliscono. Non per i contribuenti, non per i risparmiatori regolarmente truffati ad opera di banchieri privati (che poi forse ritroviamo azionisti di Banca d’Italia, da Parmalat a Enron a Cirio a Halliburton ai credit derivatives).
Veniamo alla Banca d’Italia. Fino al 12 Dicembre 2006, essa era un ente di diritti pubblico con uno statuto emanato per legge dello Stato, e questo statuto, al suo articolo 3, stabiliva che la proprietà della Banca d’Italia doveva essere per la maggioranza in mano pubblica aveva la struttura legale di una società di capitali privati, di una s.p.a., ma una norma – l’art. 3 – stabiliva che la maggioranza del capitale dovesse essere in mano pubblica e che nessuna cessione di quote potesse avvenire, se non a soggetti pubblici. In realtà, questa norma era sempre stata violata: la grande maggioranza delle quote della Banca d’Italia era in mano ai finanzieri privati (banchieri e assicuratori), e quando Prodi eseguì le privatizzazioni delle tre banche di Stato (BNL, CREDIT e Banca Commerciale) proprietarie di quote di Banca d’Italia, non trattenne quelle quote allo Stato, ma le cedette ai privati. Operazione contraria all’articolo 3, o perlomeno elusiva, a cui nessuno di oppose, a suo tempo. Berlusconi, verso la fine della scorsa legislatura, sollevò la questione della proprietà della Banca d’Italia, che doveva essere pubblica, e propose un piano per renderla tale. Ma il mondo bancario, e per esso Mario Draghi, nuovo governatore di Banca d’Italia, pose un secco veto: la Banca d’Italia deve restare privata. Un altro esponente del mondo e degli interessi bancari, Romano Prodi della Banca Goldman Sachs, andato al governo assieme al suo collega della Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa, si mise subito all’opera: se la legge è violata perché la proprietà della Banca d’Italia è al 95% privata anziché in maggioranza pubblica, non bisogna – sarebbe un sacrilegio – mettere la proprietà in regola con la legge, bensì, al contrario, mettere la legge in regola con la proprietà. Così si è fatto col decreto del 12 dicembre 2006, firmato da Napolitano, Prodi, Padoa Schioppa. Già! Prodi e Padoa Schioppa è ovvio che lo firmino – sono fiduciari dei banchieri. Ma che lo firmi Napolitano, un vecchio comunista, uno che era comunista nel 1948, quando essere comunisti significava essere stalinisti, intransigenti fautori della proprietà collettiva dei mezzi di produzione – che lo firmi Napolitano, è davvero il colmo! Dov’è il suo comunismo? Dov’è la difesa della Costituzione, per la quale doveva dare, se necessario, la vita? Dov’è la difesa del supremo principio della sovranità popolare? E del lavoro come fondamento della Repubblica, del lavoro che invece viene sacrificato all’usura? Napolitano doveva semplicemente rifiutarsi di firmare per far salvi principi essenziali della Costituzione che giurò di difendere.
In realtà, chi conosce i “comunisti” (non la base ingenua e idealista, ma i capi freddi e lucidi – non i Rubashov, cioè, ma i Gletkin del romanzo di Arthur Köstler, Buio a Mezzogiorno), sa che essi non sono comunisti, non gli importa nulla di socialità etc. – i capi “comunisti”, da Stalin in poi, hanno come scopo la conquista e la gestione del potere fini a se stesse. Non hanno un’identità ideologica: per questo fine, essi si servono di tutto, di ogni idea, di ogni uomo, dello Stato, dei principi, come di un puro mezzo, strumenti sostituibili. Sono tecnici della manipolazione sociale. Tutto il resto, per loro, è puerile romanticismo. Va bene per il popolino. Paris vaut bien une messe.
E i partiti della sinistra? Ebbene, si è visto anche nella vicenda Consorte: i partiti della sinistra seguono i finanzieri e si occupano di allineare la società agli interessi dei banchieri.

Marco Della Luna

09 gennaio 2008

Il caos globale



Nell'intervista mandata in onda il 27 dicembre dalla National Public Radio, l'ex presidente della Federal Reserve USA sir Alan Greenspan ha ammesso candidamente che il sistema finanziario e monetario mondiale è spacciato. “La previsione che debbo fare”, ha affermato il primo regista delle bolle finanziarie degli ultimi vent'anni, “è che ad un certo punto si verificherà l'imprevisto, che ci metterà a tappeto ... Le probabilità di questo sviluppo stanno aumentando, mi pare, perché siamo entrati in zone vulnerabili”. Egli ha detto inoltre: “Siamo giunti ad una svolta e i miglioramenti straordinari verificatisi nell'economia mondiale negli ultimi quindici anni sono transitori, e stanno per cambiare ... Dunque, ritengo che si vada verso un ribaltamento di tutto questo processo”.
In effetti, le parole di Greenspan non descrivono le dimensioni del crac finanziario in corso, per il quale non esistono soluzioni di ordine “monetario”, come Lyndon LaRouche spiegò già in una webcast a Washington il 25 luglio scorso. Ai vertici dell'oligarchia finanziaria della City di Londra ci si rende conto che il crac irreversibile sta accelerando. Negli ultimi mesi sono andati in fumo attivi bancari per circa 1500 mila miliardi di dollari e un volume analogo è andato in fumo nei mercati borsistici. La crisi che colpisce nel primo trimestre del 2008, e che coinvolge il settore assicurativo e quello dei titoli derivati, sarà di dimensioni ben più drammatiche della crisi dei mutui USA del 2007, che al confronto sembrerà poca cosa.
Soltanto in questo contesto possono essere inquadrate e comprese l'ondata di assassinii politici, l'esplosione di scontri etnici e religiosi e la diffusione globale del caos. Nessuno di questi fenomeni può essere considerato un avvenimento locale o regionale. Sono tutti parte di un'unica strategia mirante ad un unico obiettivo globale: distruggere gli stati nazionali, lanciare la guerra asimmetrica mondiale, protratta per più generazioni, e consolidare il controllo sui giacimenti delle materie prime del pianeta nelle mani dei cartelli privati anglo-olandesi.
Jacques Attali, ex consigliere del presidente Mitterrand, ha recentemente riconosciuto il nesso tra la realtà finanziaria e l'esplosione del caos in un commento apparso il 3 gennaio sul settimanale finanziario francese L'Express: “Che l'assassinio di un leader dell'opposizione in un paese del Sud [Pakistan - ndr] scombussoli così gravemente i mercati finanziari asiatici, e con essi quelli del mondo intero, rivela la fragilità estrema del pianeta ... Il mondo intero sembra correre verso il precipizio. Come se si preparasse una collisione tra due treni a piena velocità”.
La paternità del caos globale non è da attribuirsi agli “anglo-americani” ma piuttosto ad un Impero Britannico “invisibile” ed all'estesa oligarchia anglo-olandese che esso serve. Qualche lettore potrà dubitare che Londra sia ancora il centro dell'impero, capace di scatenare il caos, ma da un punto di vista storico, i contorni di un impero britannico “invisibile” non sfuggono tanto facilmente.
Primo, praticamente tutti i centri finanziari offshore che dominano il sistema finanziario deregolamentato e globalizzato si trovano nelle colonie britanniche o olandesi. Secondo, da decenni gli inglesi dominano l'industria privata dei mercenari, imprese che operano in coordinazione con i grandi cartelli britannici delle materie prime che già posseggono gran parte dei diritti minerari in Africa, Australia e America Latina. Terzo, il Commonwealth delle Nazioni, presieduto dalla regina Elisabetta II, è composto da 53 paesi che rappresentano un quinto delle terre emerse ed una notevole percentuale delle risorse strategiche e della popolazione del globo.
Questo apparato è stato messo in moto per fomentare il caos e provocare i conflitti. Poiché il sistema finanziario globale non può essere “riformato” ed è certo che Londra non si sottometterà mai volontariamente ad una riorganizzazione fallimentare che consenta alle nazioni di ripristinare il proprio controllo sovrano sul credito e sulla moneta, essa non potrà che giocare l'unica carta che le resta, il caos globale.

La mano dell'impero dietro il caos globale

Le tessere principali che compongono il quadro del caos globale britannico:
* Pakistan: l'assassinio di Benazir Bhutto ha fatto precipitare il paese e l'intera regione nel caos. Mentre l'amministrazione Bush ha esibito in Pakistan la stessa incompetenza e cretineria sfoggiata nell'invasione e occupazione dell'Iraq, l'Inghilterra è riuscita a pervenire passo dopo passo al suo obiettivo strategico: frammentazione del Pakistan e creazione di un'entità separatista, “terra di nessuno”, sul confine con l'Afghanistan, che serve come fonte di instabilità a lungo termine, di guerra asimmetrica e di operazioni economiche di mercato nero, in particolare per i traffici di oppio della “Mezzaluna d'oro”.
Inoltre è assodato che parlamentari britannici hanno finanziato i separatisti fondamentalisti Beluci in Pakistan, che dall'Afghanistan sono stati espulsi agenti dell'MI6 britannico che guidavano e finanziavano i Talibani e che la polizia britannica in Iraq ha preparato l'invasione e poi le condizioni per frammentare l'Irak in tre parti: meridionale, centrale e regione curda.
* Thailandia: in un articolo del 19 dicembre, il settimanale finanziario britannico The Economist aveva messo in guardia l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio, che egli sarà il “Benazir Bhutto della Thailandia” se si azzarda a rimettere piede nel suo paese dopo le elezioni del 23 dicembre. Dopo l'assassinio della Bhutto, Thaksin ha dichiarato di temere per la propria incolumità. Inoltre la monarchia thailandese rischia una crisi di successione visto il peggiorare delle condizioni di salute del vecchio re. Il caos potrebbe facilmente diffondersi dalla Thailandia in tutta l'Asia Sudorientale.
* Malesia: Un gruppo minoritario della destra (Gruppo di azione dei diritti Hindu) si è andato affermando nel paese, che a Nord confina con la Thailandia. Ora l'arresto del suo leader, P. Uthayakumar, potrebbe sfociare in una destabilizzazione del paese. L'organizzazione vanterebbe collegamenti con i terroristi Tigri Tamil, il movimento separatista del Sri Lanka responsabile di un recente attentato dinamitardo nel paese costato la vita a diverse persone.
* Kenya: lo scoppio di violenze nel paese africano a seguito di elezioni contestate ha provocato la morte di 300 persone e lo spostamento di 250 mila rifugiati. La mano britannica in questa destabilizzazione, che minaccia di trasformarsi in un genocidio, è palese. In effetti, né il presidente Mwai Kibaki, né il leader dell'opposizione Raila Odinga possono in alcun modo sperare di mettere la situazione sotto controllo perché sono ambedue manipolati dalla Camera dei Lord. Il principale burattinaio è Lord Steel of Aikwood, esponente del partito liberal-democratico che è in contatto con Kibaki da 25 anni, ma che ha anche aiutato Odinga a creare il Partito Liberal-democratico del Kenya diventandone il presidente. Steel è stato socio di affari di Tony Buckingham, il fondatore di una delle più note imprese private di mercenari, la Executive Outcome. Egli figura inoltre nel consiglio di amministrazione della Royal Africa Society, organismo personalmente patrocinato da Elisabetta II e finanziato dalle grandi imprese minerarie come Anglo America, Rio Tinto e DeBeers. La società è presieduta da lord Holme of Cheltenham, collega di Steel, che siede nel board della Rio Tinto ed è membro del Privy Council, il consiglio della corona.
Fonte: movisol

Farloccolandia: mutui, perizie & company

Farlocco è un termine dialettale tipico nel Nord Italia utilizzato per individuare un'operazione fasulla o peggio ancora falsa, frutto generalmente di un imbroglio o una truffa. Farloccolandia è il nomignolo che mi sento di dare al nostro paese sulla base del comportamento del suo sistema bancario e parabancario. Sembra infatti che a distanza di qualche anno si stia riproponendo lo Schema Parmalat nella sua piena onnipotenza. In che consisteva lo Schema Parmalat, per chi non lo sapesse ancora? Molto semplice: quando una banca si rendeva conto che il prestito effettuato alla nota azienda di Collecchio era ormai inesigibile o inescutibile, allora si inventava una emissione obbligazionaria cartolarizzando il credito vantato alla Parmalat e si offrivano le fenomenali tranche obbligazionarie al pensionato babbaleo di turno. In questo modo si trasferiva il rischio di insolvenza (tipico dell'attività bancaria) sulle tasche dei suoi ignari correntisti o investitori.

Nonostante i drammatici appelli delle associazioni di consumatori all'interno di qualche talk show e le promesse farlocche della politica per un sistema bancario più serio ed onesto, lo Schema Parmalat è stato rispolverato e messo alacremente in catena di montaggio. Proprio come hanno fatto con i debiti della Parmalat adesso stanno facendo altrettanto con i mutui: infatti, le banche intuendo con largo anticipo i primi segnali di indigenza economica e di insolvenza finanziaria piuttosto diffusi nelle famiglie italiane, hanno provveduto a trasferire i mutui recentemente erogati negli ultimi anni dentro la pancia di qualche cosiddetto fondo di investimento immobiliare. Questi fenomenali fondi sono stati successivamente offerti a risparmiatori, fondi pensione o addirittura altri fondi di fondi, con la garanzia che si trattassero di investimenti a capitale protetto in virtù delle ipoteche che gravavano sugli immobili sottostanti ogni richiesta di mutuo.

Questa operazione è nota con il nome di cartolarizzazione, anche se per i risvolti indiretti che ha ed avrà sui vostri portafogli, sarebbe opportuno chiamarla sodomizzazione. Ancora una volta quindi, il sistema bancario scarica il suo rischio e le sue nefandezze sulle tasche di povere persone oneste inconsapevoli di quello che stanno per sottoscrivere. Quello che fa tuttavia terribilmente ribollire il sangue è sapere che la maggior parte degli istituti di credito continua a proporre ancora interventi integrali (quindi mutui al 100 %) per l'acquisto di immobili, nonostante quanto accaduto la scorsa estate e nonostante il mercato immobiliare sia visto profondamente in crisi per i prossimi anni. Ma allora per quale ragione si persevera a finanziare l'acquisto della prima casa a persone già in difficoltà ed indigenza economica, sapendo che stiamo andando incontro ad una voragine finanziaria che si trasformerà presto in una deflazione stile 1929 ?

Il profitto indiscriminato è la risposta a questa domanda. Adesso si riesce a percepire addirittura la volontà (quasi politica) a finanziare per il 100 % solo i più morti di fame (extracomunitari senza denaro in tasca, precari a singhiozzo, ragazze madri in aspettativa) perchè solo a loro si possono proporre le condizioni di indebitamento fuori dalla media di mercato (e quindi più remunerative per la banca che le concede). Eh sì, perchè vi è una sostanziosa differenza tra un mutuo erogato all'EURIBOR + 2 punti di spread ed uno erogato con appena mezzo punto di ricarico ! Di questi mutui e del loro periodico rimborso le banche non si preoccupano più di tanto, in quanto non appena hanno incassato finanziariamente le prime sei rate, questi fenomenali banchieri prendono il mutuo, lo cartolarizzano e lo piazzano sul mercato del risparmio gestito !

Addirittura esistono casi sempre più frequenti in cui l'importo del mutuo è calcolato sommando il costo dell'immobile con gli oneri di rogito e le prime sei rate del mutuo stesso ! Della serie: oltre al prestito, ti anticipo anche le prime sei rate, in questo modo sono sicuro che potrò cartolarizzare il mutuo senza grane o lungaggini in quanto il mutuo risulterà essere intestato ad un buon pagatore ! Sempre parlando di farlocchi, è doveroso sottolineare di quanto siano sempre più spesso gonfiate le perizie degli immobili oggetto di compravendita, le quali devono rappresentare un valore di mercato significativamente congruo per giustificare in taluni casi interventi addirittura superiori al 100 %. La fantasia a questo punto diventa il vero unico limite, infatti mi sono stati rappresentati comportamenti molto discutibili da parte di qualche circuito di franchising immobiliare che riesce misteriosamente a far lievitare persino l'imponibile della dichiarazione dei redditi del richiedente il mutuo, pur di far deliberare il finanziamento nel pieno rispetto del rapporto di congruità tra il peso della rata ed il reddito mensile effettivamente percepito.

Per questo motivo il crash che colpirà le principali economie sarà devastante, forse con un potere di detonazione addirittura superiore al passato 1929, in quanto grazie all'operato farlocco del sistema bancario adesso abbiamo fondi di investimento e fondi pensione che hanno nella loro pancia tutti questi mutui farlocchi destinati ad essere non pagati nel lungo termine con una garanzia immobiliare legata al valore di presumibile realizzo pesantemente contraffatta. In buona sostanza sono a rischio proprio investimenti che dovrebbero garantire il capitale protetto, ma per ovvie ragioni di architettura finanziaria non possono più esserlo. Ecco perchè la scorsa estate abbiamo visto fondi monetari perdere il 4 % in una settimana, rendimenti assolutamente incompatibili dal punti di vista tecnico, in quanto un fondo di liquidità non può per definizione essere soggetto ad una contrazione di valore di tale entità. Se però alcuni fondi immobiliari nati dalla cartolarizzazione forzata di mutui ad intervento integrale vengono spacciati per fondi monetari, grazie alla compiacenza delle agenzie di rating, allora tutto diventa possibile. Anche una sommossa popolare od un colpo di stato.

Eugenio Benetazzo

07 gennaio 2008

La privatizzazione finale dello Stato


Può suonare paradossale, ma è una seria e certa realtà giuridica: lo Stato italiano non è la Repubblica italiana voluta dalla Costituzione del 1948. È in radicale antitesi e contrapposizione con la Costituzione e con i fondamenti della medesima. Forse più di quanto lo sarebbe un ordinamento di tipo fascista. Perché in Italia siamo alla proprietà privata dello Stato e dei poteri politici.
L’articolo 1 della Costituzione afferma «L’Italia è una repubblica democratica. La sovranità appartiene al popolo». Al contrario, nello Stato italiano la sovranità economica, la sovranità monetaria, appartiene interamente ai privati. Ai finanzieri privati proprietari di Banca d’Italia. Sì, la Banca d’Italia non è degli Italiani, non è dello Stato: è di finanzieri privati.
La sovranità economica sull’Italia appartiene anche alla Banca Centrale Europea, che, in base al Trattato di Maastricht, è un’istituzione autocratica sopranazionale, esente da ogni controllo democratico e persino giudiziario, gestita da un direttorio nominato dal sistema delle banche private. I suoi direttori sono esonerati da ogni responsabilità e decidono nel segreto. Una vera e propria potenza straniera, alla quale i paesi dell’Eurozona sono sottomessi..
Chi ha il controllo della moneta e del credito, ha il controllo della politica, e incassa il signoraggio sulla produzione della moneta e del credito – per l’Italia, si tratta di circa 800 miliardi di Euro l’anno. Chi ha il potere di fissare il tasso di interesse, di dare e togliere liquidità al mercato, ha perciò stesso il potere di dare e togliere forza all’economia, di far saltare i bilanci delle aziende private e degli Stati. Di costringere questi ultimi ad aumentare le tasse. Di ricattare parlamenti, governi, società. Come sta avvenendo. Come è sempre avvenuto, ad esempio, in America Latina. Bene: questo potere è in mano a privati, che lo esercitano in totale esenzione da ogni responsabilità e sorveglianza. Dicono che ciò sia bene, perché lo esercitano meglio dei politici, che sono corrotti e demagogici. Sì, meglio – ma per se stessi, non per la gente. Non per quelli che non riescono più a pagare il mutuo, e che perdono la casa, mandata all’asta dai banchieri, che la ricomprano attraverso loro società-schermo. Non per le imprese che chiudono o falliscono. Non per i contribuenti, non per i risparmiatori regolarmente truffati ad opera di banchieri privati (che poi forse ritroviamo azionisti di Banca d’Italia, da Parmalat a Enron a Cirio a Halliburton ai credit derivatives).
Veniamo alla Banca d’Italia. Fino al 12 Dicembre 2006, essa era un ente di diritti pubblico con uno statuto emanato per legge dello Stato, e questo statuto, al suo articolo 3, stabiliva che la proprietà della Banca d’Italia doveva essere per la maggioranza in mano pubblica aveva la struttura legale di una società di capitali privati, di una s.p.a., ma una norma – l’art. 3 – stabiliva che la maggioranza del capitale dovesse essere in mano pubblica e che nessuna cessione di quote potesse avvenire, se non a soggetti pubblici. In realtà, questa norma era sempre stata violata: la grande maggioranza delle quote della Banca d’Italia era in mano ai finanzieri privati (banchieri e assicuratori), e quando Prodi eseguì le privatizzazioni delle tre banche di Stato (BNL, CREDIT e Banca Commerciale) proprietarie di quote di Banca d’Italia, non trattenne quelle quote allo Stato, ma le cedette ai privati. Operazione contraria all’articolo 3, o perlomeno elusiva, a cui nessuno di oppose, a suo tempo. Berlusconi, verso la fine della scorsa legislatura, sollevò la questione della proprietà della Banca d’Italia, che doveva essere pubblica, e propose un piano per renderla tale. Ma il mondo bancario, e per esso Mario Draghi, nuovo governatore di Banca d’Italia, pose un secco veto: la Banca d’Italia deve restare privata. Un altro esponente del mondo e degli interessi bancari, Romano Prodi della Banca Goldman Sachs, andato al governo assieme al suo collega della Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa, si mise subito all’opera: se la legge è violata perché la proprietà della Banca d’Italia è al 95% privata anziché in maggioranza pubblica, non bisogna – sarebbe un sacrilegio – mettere la proprietà in regola con la legge, bensì, al contrario, mettere la legge in regola con la proprietà. Così si è fatto col decreto del 12 dicembre 2006, firmato da Napolitano, Prodi, Padoa Schioppa. Già! Prodi e Padoa Schioppa è ovvio che lo firmino – sono fiduciari dei banchieri. Ma che lo firmi Napolitano, un vecchio comunista, uno che era comunista nel 1948, quando essere comunisti significava essere stalinisti, intransigenti fautori della proprietà collettiva dei mezzi di produzione – che lo firmi Napolitano, è davvero il colmo! Dov’è il suo comunismo? Dov’è la difesa della Costituzione, per la quale doveva dare, se necessario, la vita? Dov’è la difesa del supremo principio della sovranità popolare? E del lavoro come fondamento della Repubblica, del lavoro che invece viene sacrificato all’usura? Napolitano doveva semplicemente rifiutarsi di firmare per far salvi principi essenziali della Costituzione che giurò di difendere.
In realtà, chi conosce i “comunisti” (non la base ingenua e idealista, ma i capi freddi e lucidi – non i Rubashov, cioè, ma i Gletkin del romanzo di Arthur Köstler, Buio a Mezzogiorno), sa che essi non sono comunisti, non gli importa nulla di socialità etc. – i capi “comunisti”, da Stalin in poi, hanno come scopo la conquista e la gestione del potere fini a se stesse. Non hanno un’identità ideologica: per questo fine, essi si servono di tutto, di ogni idea, di ogni uomo, dello Stato, dei principi, come di un puro mezzo, strumenti sostituibili. Sono tecnici della manipolazione sociale. Tutto il resto, per loro, è puerile romanticismo. Va bene per il popolino. Paris vaut bien une messe.
E i partiti della sinistra? Ebbene, si è visto anche nella vicenda Consorte: i partiti della sinistra seguono i finanzieri e si occupano di allineare la società agli interessi dei banchieri.

Marco Della Luna