20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco

19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini

18 febbraio 2008

Kosovo: indipendenza e, nuovo problema


Kosovo ha dichiarato ufficialmente l'indipendenza durante la seduta speciale di Parlamento di Pristina. Mentre la comunità kosovara festeggia il "nuovo stato indipendente e democratico", gli osservatori stanno aspettando le reazioni da parte della Serbia, mentre il Cremlino affermando che crea un precedente pericoloso. Allo stesso tempo, l'Unione Europea annuncia la missione UE che prenderà il potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, e si trasformerà probabilmente in nuovo porto franco, o peggio, nell'Iraq dell'Europa.

Hashim Thaci, dinanzi al Parlamento di Pristina, ha annunciato la dichiarazione unilaterale dell'indipendenza dello Stato del Kosovo. "Il Kosovo si dichiara uno stato indipendente, sovrano e democratico". Queste sono state le parole solenni per annunciare la proclamazione di uno Stato di 2 milioni di persone, circondato dal territorio serbo e con un PIL pari ad 1/100 delle sue importazioni. Solennità e festeggiamenti che tuttavia non sono riusciti a mascherare la grande farsa che questa proclamazione d'indipendenza nasconde. Nelle strade di Pristina sfilano cortei e bandiere albanesi, simboli propagandistici dell'Uck, ma non si vede alcuna bandiera dello Stato del Kosovo. Quello della bandiera del Kosovo è un vero e proprio giallo, perché non solo è stata resa nota solo nelle ultime ore, ma non è stata neanche esposta ufficialmente. Una cosa di per sé molta strana, considerando la foga e la fretta con cui i media e lo stesso Parlamento di Pristina, sono giunti al fatidico giorno dell'Indipendenza: tutto sembrava pronto, ma non c'era nessuna bandiera del Kosovo tra la popolazione. È evidente dunque che questi festeggiamenti siano stati un po' improvvisati, nelle ultime ore, forse a dimostrare che sino all'ultimo minuto neanche i kosovari stessi credevano a questa indipendenza. Oppure che sia l'Europa che gli Stati Uniti volevano chiudere la questione nel più breve tempo possibile, ossia prima che la Presidenza del Consiglio di Presidenza dell'Onu passasse nelle mani della Russia.
Generale Fabio Mini
Quel che è più grave, tuttavia, è "questa libertà regalata", non è che l'inizio di una nuova odissea che vedrà questa volta l'Europa ai vertici del comando. Infatti, allo scoccare della mezzanotte di ieri l'Unione europea ha ufficialmente lanciato una missione di "transizione" che dovrebbe portare il Kosovo verso l'indipendenza totale, senza prendere tuttavia alcuna posizione sul riconoscimento dello Stato che i kosovari, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno dato vita. Nella totale discrezione gli Stati membri dell'Unione Europea hanno dato il via libera all'invio nella regione di 2 mila uomini, tra forze di polizia, personale giudiziario e doganale, ignorando gli avvertimenti del Governo di Belgrado, dello stesso Kremlino, che ha definito un'assoluta violazione del diritto internazionale. Nonostante tutto, infatti l'Ue sta coordinando, con il benestare delle autorità kosovare e delle Nazioni Unite, una missione in grande stile che prenderà il posto dell'Onu a tutti gli effetti, facendo perno sull'ufficio inaugurato proprio per questo scopo nell'aprile del 2006 all'interno del quale dovrebbe agire già un team di pianificazione. È stata definita Eulex, la missione costituita da un'entità politica che dovrà supervisionare il trasferimento dei poteri dalle Nazioni Unite alle autorità kosovare, da un'entità operativa che collaborerà con la polizia e l'amministrazione giudiziaria, e da un'entità permanente della Commissione Europea che dovrebbe guidare lo sviluppo economico del Kosovo per portarlo sino in Europa. Durante i quattro mesi in cui diventerà pienamente operativa, Eulex rileverà le funzione dell'ONU per stabilire un sistema legale per combattere la criminalità e rendere il Kosovo uno Stato. La missione europea avrà anche poteri militari, per cui potrà intervenire in maniera diretta, facendo ricorso alle stesse truppe della Nato e della Kfor. L'invio della missione è stato reso definitivo a poche ore dalla proclamazione da parte del Parlamento del Kosovo dell'indipendenza della provincia serba, al fine di evitare che venisse invalidata successivamente. L'Unione Europea prenderà così potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, per cui in realtà i kosovari cambieranno solo "forza occupante". Ci si chiede, a questo punto, perché la Comunità Internazionale abbia voluto accelerare a tal punto l'Indipendenza del Kosovo, e soprattutto perché lo ha fatto a tali condizioni, accettando l'intervento della Unione Europea.
Una ragionevole risposta, e un'interessante analisi dell'escalation in atto è quella del Generale Fabio Mini, comandante della Nato in Kosovo, nel corso della sua intervista al Corriere della Sera. Egli infatti afferma che un Kosovo indipendente andrà a creare semplicemente un nuovo porto franco all'interno dell'Europa, al servizio delle entità economiche che vi faranno confluire traffici finanziari occulti. Il Kosovo diventerà "una base per le nuove banche per il denaro dell'Est, perché Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili", creata da un manipolo di narco-trafficanti. Il Generale Mini ricorda infatti che l'attuale leader del Kosovo "è il mandante di almeno 28 assassinati del partito di Rugova. Uno che, come molti capi dell'Uck, non ha mai spiegato la fine di un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra". Condanna duramente la Comunità Internazionale che ha deciso di creare uno Stato collaborando proprio con i criminali che hanno contribuito a distruggerlo, con la diaspora criminale che negli anni scorsi era stata allontanata. Senza escludere il grave impatto dell'effetto domino, Mini afferma che "questa proclamazione fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati", creando nel cuore dell'Europa un altro Iraq.

Infatti, i veri giochi cominciano solo adesso, in quanto si dovrà attendere la reazione della Russia, che ha già minacciato contromisure economiche verso gli Stati che sosterranno questa indipendenza, nonché degli altri Stati Europei ed extra-europei. Non sappiamo fin quando l'Europa resterà a guardare mentre gli eurocrati e le forze statunitense porteranno al massimo della tensione, una situazione già al limite. Sin dalle prime ore della proclamazione dell'Indipendenza, tutti i movimenti secessionisti europei si sono risvegliati dal loro torpore, e primo tra tutti quello Basco, per poi essere seguito dalla Republika Srpska in Bosnia, dalla Vojvodina, e presto possiamo attenderci quelli dell'Ossezia, delle Fiandre, della Moldavia, di Cipro.
L'Europa sarà travolta da scandali e da tangentopoli, per fare terra bruciata intorno ai vecchi sistemi di potere, per fare posto ai nuovi, che spingeranno le loro mire espansionistiche verso le nuove "zone franche" d'Europa. Sotto questo punto di vista, non possiamo che confermare i timori del Generale Fabio Mini, della creazione di nuovi centri nevralgici per i traffici finanziari illegali, essendo saltati quelli che oggi erano al limite della legalità. Lo stato del Kosovo è diventato così il miraggio delle entità economiche europee e statunitense, ma non è il sogno di libertà dei kosovari che, con le loro stesse mani, si sono rinchiusi in un'altra schiavitù drogata dalla propaganda occidentale.
fonte: etleboro

20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco

19 febbraio 2008

NANOPARTICELLE, l'intervista da non diffondere



INTERVISTA AL DOTT. MONTANARI
La pericolosità delle nanoparticelle sta gradualmente assumendo importanza agli occhi dell'opinione pubblica. L'idea di essere circondati da piccole e pericolosissime particelle in grado di generare nel nostro corpo tumori o altri gravi danni non può che allarmare e farci sentire in un certo qual modo impotenti. Ci sono persone che tendono a negare qualsiasi presunto effetto negativo sulla nostra salute e intanto noi, consumatori, ci ritroviamo sempre più confusi e incapaci di fare utili per la nostra salute.

Per questa ragione abbiamo pensato di rivolgerci ad un importante rappresentante della comunità scientifica internazione ed esperto di nanoparticelle, il Dott. Montanari, con l'obiettivo di fare chiarezza sull'argomento e svelare opinioni.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti di nanopatologie, malattie legate alle micro e nanoparticelle, è direttore scientifico del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, un centro che si occupa di ricerca sull'inquinamento provocato da polveri inorganiche.
Purtroppo, come ha sottolineato il nostro interlocutore, sull'argomento la disinformazione è davvero diffusa; per tale ragione manteniamo l'impegno assunto con il Dott. Montanari e pubblichiamo il testo dell'intervista nella sua forma integrale.

Gentile Dott. Montanari, negli ultimi anni si comincia a sentir parlare con una certa insistenza di polveri sottili, micro e nano particelle ed effetti dannosi sulla salute. Mi pare tuttavia che persista una certa disinformazione al riguardo: ad esempio, si concede molta importanza al PM10, che lei invece giudica "una polvere grossolana", rispetto a particelle con dimensioni inferiori, meno "note" ma decisamente più nocive per l'organismo. Ritiene colpevoli i mezzi di informazione in questo senso?

Le polveri fini e finissime, intorno e al di sotto del micron, sono incomparabilmente più aggressive per la salute rispetto a quelle grossolane. La classificazione di grossolano per le PM10 non è certo mia, ma è quella corrente nei testi tecnici. Su questa diversa aggressività, molto diversa, nei fatti, tutta la scienza è d'accordo senza eccezione alcuna. La Comunità Europea ha in corso vari studi non sulla nocività di queste polveri, che è ormai notissima, ma sul meccanismo che queste seguono per essere nocive. Ad esempio, il progetto DIPNA ha a capo mia moglie, la Dott. ssa Antonietta Gatti, e coinvolge 11 centri di ricerca in 6 paesi europei per studiare il meccanismo d'ingresso delle nanopolveri nel nucleo della cellula.

Quanto ai mezzi d'informazione, fatte salve le poche, meritevoli eccezioni, lavorano solo per disinformare. Purtroppo alcuni media si valgono della collaborazione di personaggi spacciati come uomini di scienza che sono disposti a prostituirsi per quattro soldi, il che aggrava la situazione allestendo un alone di credibilità. Del resto, pensi a ciò che si faceva anni fa quando le multinazionali del tabacco affittavano "scienziati" per dimostrare che il fumo è innocuo, arrivando anche a dimostrare che serve a prevenire certe malattie come il Morbo di Parkinson. Tutto questo oggi suona grottesco, ma allora la discussione era apertissima.

I risultati delle sue ricerche - condotte insieme alla Dott. ssa Gatti - che proseguono ormai da diversi anni, hanno evidenziato come in numerosi alimenti siano presenti queste nanoparticelle, sinonimo di rischio per la salute. Può farci degli esempi?

Non voglio fare esempi di marche e di prodotti perché sono tutti legalmente considerati innocenti. La legge non tiene in alcun conto il micro e nanoparticolato che, dunque, può non solo inquinare senza problemi di sorta ma addirittura essere usato come additivo per alimenti. Cosa, quest'ultima, che viene regolarmente fatta, per esempio, ma non solo, in certi tipi di cioccolato o di gomma da masticare. Malauguratamente chi legifera è di solito indietro anni rispetto alla scienza e basta ricordare lo scempio dell'amianto bandito nel 1992 quando si conosceva da sempre la sua cancerogenicità. Anche in quel caso, media e scienziati a gettone fecero una solidissima barriera per avversare la messa fuori legge di quel terribile inquinante del cui uso sconsiderato paghiamo tuttora e pagheremo ancora per decenni le conseguenze tragiche.

A riguardo, Lei ha sempre tenuto a precisare che l'obiettivo non era colpire alcun marchio o prodotto, quanto piuttosto diffondere la consapevolezza che l'ambiente è purtroppo ricco di inquinanti. Tuttavia, credo che per alcune aziende questo aspetto potrebbe rappresentare un problema, almeno in termini di reputazione. Dopo tutto questo tempo, c'è stata qualche azienda che l'ha contattata perché interessata seriamente a contrastare il problema.

Due o tre aziende lo hanno fatto ma la cosa non ha avuto seguito. Del resto, chi glie lo fa fare? Finché tutto tace...

Secondo lei, se un'impresa consapevole di avere i propri prodotti inquinati da nanoparticelle cercasse di affrontare il problema, quali strade potrebbe percorrere? Quali precauzioni, cioè, potrebbe porre in essere per prevenire e contrastare tale inquinamento?

Si controllano le materie prime e tutte le fasi di produzione. Volendo, la cosa è ampiamente fattibile perché tecnicamente non è difficile, ma farlo è impegnativo e, dunque, fa "perdere tempo". Poi è inutile, perché i consumatori sono tenuti accuratamente nell'ignoranza e non c'è pericolo che boicottino un prodotto. È solo la cultura che può metterci una pezza.

Ha sempre affermato che sono presenti tre tipologie di inquinamento da nanoparticelle: ambientale (ovvero particelle presenti nell'ambiente), industriale (frutto del processo produttivo del prodotto), volontario (ovvero il caso in cui si aggiungano nanoparticelle volontariamente per "migliorare" l'appetibilità di un prodotto. In riferimento a quest'ultimo, avete svolto analisi in dettaglio? Sono presenti reali rischi per la salute? È quindi possibile individuare aziende che utilizzano questi metodi deliberatamente? Sarebbe perlomeno interessante comprendere se sono consapevoli dei rischi cui sottopongono i loro clienti, non trova?

Purtroppo queste indagini hanno un costo che per noi che ci autofinanziamo come possiamo è tutt'altro che irrilevante. Dunque, non riusciamo a fare analisi sistematiche. Alcune aziende, ma sono pochissime, dichiarano le aggiunte in etichetta, ma la stragrande maggioranza se ne guarda bene. Personalmente credo che siano tutte assolutamente consapevoli del problema, tanto che so per certo che alcuni pezzi grossi di certe industrie non darebbero mai i loro prodotti ai loro figli, ma, lei lo sa, gli affari sono affari.

Cosa prevede la legge, in italia e in Europa, per tali questioni? Ad esempio, consente le aggiunte citate nella domanda precedente?

La legge tace.

Se dovesse fare una classifica delle fonti di inquinamento antropiche relative alle nanoparticelle, quali sarebbero ai primi posti in termini di pericolosità per l'uomo?

Inceneritori, fonderie e traffico automobilistico, ma le fonti sono in realtà infinite.

In alcuni siti internet viene riportato che i filtri antiparticolato montati sulle auto sono in realtà uno "specchio per le allodole": trattengono le particelle PM10 quando l'auto viaggia a basse velocità (ad esempio in città), mentre "sbriciolano" queste particelle quando aumenta la velocità, liberando nell'ambiente una grande quantità di nano particelle dannose. Sulla base della sua esperienza, questa rappresentazione corrisponde alla realtà?

Non è un pettegolezzo: è esattamente quanto affermano i costruttori del prodotto. Se così fosse non le pare che anziché risolvere un problema si ottenga il solo risultato di delocalizzarlo, portando le fonti di inquinamento fuori dai grandi centri abitati, rischiando di contaminare a questo punto coltivazioni localizzate ovviamente fuori città? Quei filtri renderanno molto più aggressive le polveri diminuendone le dimensioni granulometriche e avranno anche la particolarità di aumentare i consumi di carburanti, con ciò aumentando la quantità d'inquinanti nell'ambiente.

Pensi che, per motivi geometrici elementari, con una particella da 10 micron di diametro se ne fa un milione da 0,1 micron. E ognuna di queste è infinitamente più aggressiva di quella grossolana di partenza. Il filtro fa questo. Chi, poi, usa particolari additivi per sminuzzare le polveri, introduce pure un inquinante nuovo. Per quanto riguarda l'inquinamento da nanoparticelle, questo è ormai omogeneo quasi ovunque e, dunque, città o campagna fa poca differenza.

In una sua intervista ha dichiarato che, analizzando le nanoparticelle presenti in un organismo, riuscite a risalire alle fonti dell'inquinamento. Tale aspetto dovrebbe rappresentare un campanello di allarme per alcune attività imprenditoriali, tipicamente produttrici di questi inquinanti e che espongono quindi i propri dipendenti a seri rischi per la salute? Se non sono previsti delle vigenti norme di sicurezza e igiene sul lavoro, dovrebbero forse preoccuparsene perlomeno quelle aziende che, nei loro bilanci sociali, dichiarano di prestare massima attenzione alle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, non crede?

C'è una norma del diritto che prescrive di non far del male a nessuno. " Neminem laedere", dicevano i Latini. Questo, esista o no un particolare articolo di legge. Già qualcuno ha pagato per aver inquinato l'ambiente, ma per essere efficaci e non solo vagamente episodici occorre che la magistratura cominci a porre attenzione al problema, se non altro perché un essere che distrugge l'ambiente in cui vive è destinato ad estinguersi e questo problema è ben maggiore di tante delle sciocchezze su cui qualcuno si trastulla.

Lei ha più volte ribadito che gli inceneritori non sono assolutamente efficaci nello smaltimento dei rifiuti e che sono importanti fonti di inquinamento anche per quanto riguarda le nanoparticelle emesse durante il processo di incenerimento, che vengono disperse nell'aria. In questo senso, possiamo quindi pensare che siano a rischio, ad esempio, le coltivazioni biologiche in un raggio più o meno ampio rispetto alla presenza di un inceneritore?

Ovviamente un ambiente sporco non può che generare prodotti sporchi. Ripeto, comunque, che le nanoparticelle si diffondono omogeneamente ovunque ed è la stessa European Environment Agency, l'ente comunitario che si occupa d'inquinamento, che ce lo fa notare. Le particelle grossolane, invece, cascano a terra in un raggio di pochi chilometri, inquinando sì terra, erba, frutta e verdura, ma in maniera meno insidiosa. Insomma, porre un limite di qualche chilometro tra inceneritore e coltivazione non ha particolare senso scientifico.

Considerato peso e diametro delle nanoparticelle, non credo assolutamente sia insensato pensare che possano viaggiare spostate dal vento per molti chilometri, vanificando gli sforzi di coloro che investono per fornire prodotti di elevata qualità ai consumatori. Pensi ai pollini che hanno una massa qualche milione di volte superiore alle nanoparticelle di cui io mi occupo: qualsiasi paleontologo sa che i pollini europei si trovano al Polo Sud. Pensi alla sabbia del Sahara, relativamente pesantissima, che varca gli oceani e si trova nelle piogge rosse che conosciamo tutti. Faccia lei i suoi calcoli.

Non le pare che la tendenza potrebbe diventare quella di delocalizzare le fonti di inquinamento verso zone che offrono meno controlli?

Mi viene da pensare ai paesi in via di sviluppo o al terzo mondo. Ad esempio, nella produzione di energia non vedo molto remota la possibilità che si comincino a costruire impianti di generazione, anche inquinanti, dove nessuno si preoccuperebbe degli impatti sulla salute umana. Al contempo, questa rischia a mio parere di diventare la soluzione anche per lo smaltimento dei rifiuti, che potrebbe quindi concretizzarsi con la costruzione di inceneritori in questi luoghi.

Ha mai pensato che il Terzo Mondo siamo noi? Ha mai meditato sul perché l'Italia sta diventando terra di conquista per chi fabbrica inceneritori e non riesce a rifilarli a nessuno tranne che a noi? Il Terzo Mondo è più nei cervelli che nei portafogli e quell'arma di legittima difesa che è la cultura da noi è bandita. Dunque, siamo culturalmente Terzo Mondo. Accenda la TV, apra un giornale o entri in un'aula universitaria e si faccia lei la sua idea.
Dario Muzzarini

18 febbraio 2008

Kosovo: indipendenza e, nuovo problema


Kosovo ha dichiarato ufficialmente l'indipendenza durante la seduta speciale di Parlamento di Pristina. Mentre la comunità kosovara festeggia il "nuovo stato indipendente e democratico", gli osservatori stanno aspettando le reazioni da parte della Serbia, mentre il Cremlino affermando che crea un precedente pericoloso. Allo stesso tempo, l'Unione Europea annuncia la missione UE che prenderà il potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, e si trasformerà probabilmente in nuovo porto franco, o peggio, nell'Iraq dell'Europa.

Hashim Thaci, dinanzi al Parlamento di Pristina, ha annunciato la dichiarazione unilaterale dell'indipendenza dello Stato del Kosovo. "Il Kosovo si dichiara uno stato indipendente, sovrano e democratico". Queste sono state le parole solenni per annunciare la proclamazione di uno Stato di 2 milioni di persone, circondato dal territorio serbo e con un PIL pari ad 1/100 delle sue importazioni. Solennità e festeggiamenti che tuttavia non sono riusciti a mascherare la grande farsa che questa proclamazione d'indipendenza nasconde. Nelle strade di Pristina sfilano cortei e bandiere albanesi, simboli propagandistici dell'Uck, ma non si vede alcuna bandiera dello Stato del Kosovo. Quello della bandiera del Kosovo è un vero e proprio giallo, perché non solo è stata resa nota solo nelle ultime ore, ma non è stata neanche esposta ufficialmente. Una cosa di per sé molta strana, considerando la foga e la fretta con cui i media e lo stesso Parlamento di Pristina, sono giunti al fatidico giorno dell'Indipendenza: tutto sembrava pronto, ma non c'era nessuna bandiera del Kosovo tra la popolazione. È evidente dunque che questi festeggiamenti siano stati un po' improvvisati, nelle ultime ore, forse a dimostrare che sino all'ultimo minuto neanche i kosovari stessi credevano a questa indipendenza. Oppure che sia l'Europa che gli Stati Uniti volevano chiudere la questione nel più breve tempo possibile, ossia prima che la Presidenza del Consiglio di Presidenza dell'Onu passasse nelle mani della Russia.
Generale Fabio Mini
Quel che è più grave, tuttavia, è "questa libertà regalata", non è che l'inizio di una nuova odissea che vedrà questa volta l'Europa ai vertici del comando. Infatti, allo scoccare della mezzanotte di ieri l'Unione europea ha ufficialmente lanciato una missione di "transizione" che dovrebbe portare il Kosovo verso l'indipendenza totale, senza prendere tuttavia alcuna posizione sul riconoscimento dello Stato che i kosovari, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno dato vita. Nella totale discrezione gli Stati membri dell'Unione Europea hanno dato il via libera all'invio nella regione di 2 mila uomini, tra forze di polizia, personale giudiziario e doganale, ignorando gli avvertimenti del Governo di Belgrado, dello stesso Kremlino, che ha definito un'assoluta violazione del diritto internazionale. Nonostante tutto, infatti l'Ue sta coordinando, con il benestare delle autorità kosovare e delle Nazioni Unite, una missione in grande stile che prenderà il posto dell'Onu a tutti gli effetti, facendo perno sull'ufficio inaugurato proprio per questo scopo nell'aprile del 2006 all'interno del quale dovrebbe agire già un team di pianificazione. È stata definita Eulex, la missione costituita da un'entità politica che dovrà supervisionare il trasferimento dei poteri dalle Nazioni Unite alle autorità kosovare, da un'entità operativa che collaborerà con la polizia e l'amministrazione giudiziaria, e da un'entità permanente della Commissione Europea che dovrebbe guidare lo sviluppo economico del Kosovo per portarlo sino in Europa. Durante i quattro mesi in cui diventerà pienamente operativa, Eulex rileverà le funzione dell'ONU per stabilire un sistema legale per combattere la criminalità e rendere il Kosovo uno Stato. La missione europea avrà anche poteri militari, per cui potrà intervenire in maniera diretta, facendo ricorso alle stesse truppe della Nato e della Kfor. L'invio della missione è stato reso definitivo a poche ore dalla proclamazione da parte del Parlamento del Kosovo dell'indipendenza della provincia serba, al fine di evitare che venisse invalidata successivamente. L'Unione Europea prenderà così potere all'interno del Kosovo, istituendo un protettorato del tutto simile a quello delle Nazioni Unite e dando solo l'illusione che si tratti di una vera indipendenza. Il Kosovo non sarà molto diverso da quello che è stato negli ultimi nove anni, per cui in realtà i kosovari cambieranno solo "forza occupante". Ci si chiede, a questo punto, perché la Comunità Internazionale abbia voluto accelerare a tal punto l'Indipendenza del Kosovo, e soprattutto perché lo ha fatto a tali condizioni, accettando l'intervento della Unione Europea.
Una ragionevole risposta, e un'interessante analisi dell'escalation in atto è quella del Generale Fabio Mini, comandante della Nato in Kosovo, nel corso della sua intervista al Corriere della Sera. Egli infatti afferma che un Kosovo indipendente andrà a creare semplicemente un nuovo porto franco all'interno dell'Europa, al servizio delle entità economiche che vi faranno confluire traffici finanziari occulti. Il Kosovo diventerà "una base per le nuove banche per il denaro dell'Est, perché Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili", creata da un manipolo di narco-trafficanti. Il Generale Mini ricorda infatti che l'attuale leader del Kosovo "è il mandante di almeno 28 assassinati del partito di Rugova. Uno che, come molti capi dell'Uck, non ha mai spiegato la fine di un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra". Condanna duramente la Comunità Internazionale che ha deciso di creare uno Stato collaborando proprio con i criminali che hanno contribuito a distruggerlo, con la diaspora criminale che negli anni scorsi era stata allontanata. Senza escludere il grave impatto dell'effetto domino, Mini afferma che "questa proclamazione fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati", creando nel cuore dell'Europa un altro Iraq.

Infatti, i veri giochi cominciano solo adesso, in quanto si dovrà attendere la reazione della Russia, che ha già minacciato contromisure economiche verso gli Stati che sosterranno questa indipendenza, nonché degli altri Stati Europei ed extra-europei. Non sappiamo fin quando l'Europa resterà a guardare mentre gli eurocrati e le forze statunitense porteranno al massimo della tensione, una situazione già al limite. Sin dalle prime ore della proclamazione dell'Indipendenza, tutti i movimenti secessionisti europei si sono risvegliati dal loro torpore, e primo tra tutti quello Basco, per poi essere seguito dalla Republika Srpska in Bosnia, dalla Vojvodina, e presto possiamo attenderci quelli dell'Ossezia, delle Fiandre, della Moldavia, di Cipro.
L'Europa sarà travolta da scandali e da tangentopoli, per fare terra bruciata intorno ai vecchi sistemi di potere, per fare posto ai nuovi, che spingeranno le loro mire espansionistiche verso le nuove "zone franche" d'Europa. Sotto questo punto di vista, non possiamo che confermare i timori del Generale Fabio Mini, della creazione di nuovi centri nevralgici per i traffici finanziari illegali, essendo saltati quelli che oggi erano al limite della legalità. Lo stato del Kosovo è diventato così il miraggio delle entità economiche europee e statunitense, ma non è il sogno di libertà dei kosovari che, con le loro stesse mani, si sono rinchiusi in un'altra schiavitù drogata dalla propaganda occidentale.
fonte: etleboro