31 maggio 2009

Perchè gli economisti dovrebbero imparare l'aritmetica?



L’ultima moda nei circoli della politica di Washington DC riguarda la creazione di “un regolatore di rischio sistematico” per far sì che il paese non debba più trovarsi in situazioni di crisi come quella attuale. Questa spinta è una parte dell’operazione di copertura su come le cose sono andate realmente e non ha veramente nulla a che vedere con i reali fattori, le reali cause che hanno portato il paese al collasso economico e finanziario.

Il punto chiave che tutti devono tenere ben presente è che la storia del collasso non è una storia difficile e/o complessa. Non abbiamo di certo bisogno di grandi menti che analizzino enormi quantità di dati o creino verosimili simulazioni al computer per scoprire quale sia il vero problema che sta alla base dell’economia. Abbiamo solo bisogno di persone che abbiano imparato i principi dell’aritmetica che molti di noi hanno appreso in terza elementare.

Se le persone ai vertici della FED, del Tesoro, o che occupano altre posizioni, avessero veramente appreso i principi aritmetici, e fossero veramente preparati per il loro compito, avrebbero facilmente potuto prevenire la crescita smisurata della bolla immobiliare. Avrebbero potuto prevedere l’eccessivo accrescimento della bolla fino al collasso, con le inevitabili conseguenze per l’economia americana e mondiale.

Ripetiamo dunque i fatti di base: i prezzi delle case hanno iniziato a divergere in maniera consistente dal trend degli ultimi 100 anni negli anni 90, quando il benessere creato dalla bolla azionaria ha iniziato ad esercitare una fortissima pressione sui prezzi degli immobili. Dopo aver seguito l’inflazione negli ultimi 100 anni, i prezzi delle case avevano sostanzialmente superato i tassi di inflazione.

Non c’erano spiegazioni neppure remotamente plausibili per la crescita del prezzo delle abitazioni, né in base alla disponibilità, né tantomeno in base alla domanda. La crescita dei salari fu buona, ma non straordinaria soprattutto negli ultimi anni 90. Nella decade corrente, i salari sono leggermente diminuiti dopo essersi allineati con l’inflazione. Dal punto di vista delle disponibilità, tra il 2001 e il 2006 sono state costruite quantità di case da record, segno questo dell’assenza di sostanziali impedimenti nella costruzione.

Come altro segno di chiaro avvicinamento alla bolla, tenendo conto dell’inflazione gli affitti non aumentavano, indicando che non c’era una mancanza degna di nota di case a far alzare di molto i prezzi. Nel 2006, momento di picco, i prezzi delle case, tenendo conto dell’inflazione, erano aumentati di più del 70 %, producendo più di 8 trilioni di dollari nella bolla sul valore delle case. Era assolutamente prevedibile che la perdita di così tanto denaro (110 mila dollari per ciascun proprietario di un immobile) avrebbe portato a una recessione così severa e creato soprattutto la crisi finanziaria a cui ora stiamo assistendo.

In condizioni normali le case danno un buon rapporto di indebitamento, con pagamenti che non superano il 20 per cento. Negli anni della bolla, era cosa comune per i compratori di immobili prendere in prestito l’intera somma per pagare l’acquisto e anche una minima percentuale supplementare. Ogni economista o finanziere degno di questo nome avrebbe capito che quando la bolla sarebbe scoppiata ci sarebbe stato l’inferno nell’economia finanziaria.

In breve, le prove erano a disposizione di tutti coloro che avessero guardato con un po’ di attenzione tutta la situazione. Non c’è bisogno di super-geni per risolvere questo mistero. C’è solo bisogno di un economista che sappia usare i principi dell’aritmetica. Ma la politica di Washington ci dice che questo disastro avrebbe potuto essere evitato solo se avessimo avuto un “regolatore di rischio sistematico”.

Ok, ora facciamo un esperimento a livello ideale. Supponiamo che nel 2002 avessimo avuto questo fantomatico “regolatore di rischio sistematico”. Questa persona sarebbe mai andata da Alan Greenspan per dirgli che ci si stava avviando verso la bolla e che l’economia avrebbe subito una crisi dura come quella odierna?

Ricordate, prima della crisi Greenspan era noto come “il Maestro” [in italiano nel testo N.d.r.]. Politici, giornalisti ed economisti mettevano sempre in pratica tutte le perle di saggezza che uscivano dalla sua bocca. Infatti, quando nel 2005 disse di volersi ritirare, molti dei leader mondiali dell’economia e banchieri si riunirono a Jackson Hole, nel Wyoming, per dibattere sul fatto che Alan Greenspan fosse il migliore banchiere centrale di tutti i tempi.

Alan Greenspan affermò che non c’era alcuna bolla; tutto era a posto. Il nostro regolatore di rischio sistematico avrebbe mai potuto affermare che Greenspan era un pazzo e che l’intero sistema economico era un castello di carte vicino al collasso?

Tutti coloro che credono che la presenza di un regolatore di rischio sistematico avrebbe potuto cavarsela meglio di Alan Greenspan, non conoscono il modo di agire di Washington. Il governo è composto da persone che prima di tutto, e soprattutto, vogliono fare carriera.

E il modo migliore per fare carriera a Washington è andare dietro a chi ha già detto qualcosa. Se tutto ciò non era ovvio prima del collasso, ora certamente lo è.

Quante persone all’interno del governo hanno perso il loro lavoro per non aver saputo prevedere la crisi? Quante altre invece hanno ottenuto una promozione? Infatti, i personaggi più rilevanti in campo economico nella squadra di Obama, tutti, senza eccezione, non sono riusciti a prevedere la bolla. Alcuni potrebbero pensare che si tratti di un requisito per lavorare.

Questa mancanza di responsabilità tra economisti e analisti finanziari è il problema vero e proprio che deve essere preso in considerazione. Fino a che non si costringerà questi signori ad assumersi le proprie responsabilità, come invece succede per i custodi o i lavapiatti, non ci sarà mai alcun incentivo a uscire dal mucchio e far notare disastri in agguato come la bolla immobiliare.

La realtà è che noi già abbiamo un regolatore di rischio sistematico. Si chiama Federal Reserve Board. Lo hanno spento del tutto. Faremmo meglio a prevenire un’altra crisi facendo assumere al nostro attuale regolatore di rischio la responsabilità del suo fallimento (licenziando persone) piuttosto che facendo finta di avere un qualche buco nella nostra struttura regolatrice e creare una burocrazia persino peggiore di questa.

E naturalmente dovremmo insegnare l’aritmetica ai nostri economisti.

Dean Baker è co-direttore del Center for Economic and Policy Research (CEPR). È autore di Plunder and Blunder: The Rise and Fall of the Bubble Economy.

30 maggio 2009

Onorevoli, ma quanto ci costano i politici ?


onorevoli politici




IL rimborso spese per il parrucchiere delle onorevoli senatrici è stato l'ultimo a finire nel calderone delle astute sconvenienze da cancellare. Certo, pesa "solo" per 81 mila euro l'anno. Certo, non indecente come i filmini porno del marito del ministro dell'Interno britannico messi a carico del bilancio. Certo, non come gli specchi inseriti in nota spese dal deputato inglese Richard Younger Ross, ma anche a Roma, che figura. Tanto che anche a Palazzo Madama, giusto pochi giorni fa, se ne sono accorti e allora il presidente Renato Schifani ha invitato a cancellare quella voce in bilancio. D'ora in poi, sottinteso, vadano a farsi belle a loro spese.



Non è ben chiaro invece se i senatori e gli "ex" che passeranno a miglior vita in questo 2009 potranno godere ancora del rimborso spese funerarie che nel 2008 ha pesato un po' troppo sui conti del Palazzo, 134.290 euro. La voce è inserita "per memoria", e in fondo non sarà un problema loro ma di chi dovrà far quadrare i conti.

Conti stracciati, conti allegri, conti che non quadrano ma chi se ne frega, nel nostro Paese. Altro che Inghilterra indignata per pochi spiccioli di note spese. Qui lo scandalo è codificato, è a norma di legge, è tanto palese da non destare, appunto, scandalo.
Benefit, rimborsi a go-go, voli, treni, navi, Telepass e corsi di lingua e buvette e ristorante a 8 euro. Non è più tempo da viaggi in Tanzania della commissione Lavoro di Montecitorio per "studiare il sistema pensionistico del paese dell'Africa orientale", ricordo appannato di qualche anno fa. Come pure l'onorevole Lorenzo Cesa non proporrebbe più l'indennità per ricongiungimento familiare, come si azzardò a ipotizzare quando, nella rovente estate 2007, il suo partito venne segnato dallo scandalo del deputato Cosimo Mele, la prostituta in albergo, l'uso (sospetto) di cocaina. Adesso ci si accontenta di piccole cose, ma è il pensiero quello che conta. L'ultimo lo hanno avuto i tre questori della Camera guidati da Francesco Colucci (Pdl) ed è planato ieri mattina sulla casella postale dei 630 deputati sotto forma di lettera-invito a "usufruire di un corso di 15 ore di lezioni individuali di informatica da 1,5 ore cadauno" che si svolgeranno a Montecitorio. Costo risibile da 235 euro a testa, il resto lo mette la Camera, ovvio. Quisquilie, appunto. Sarebbe bello invece sapere anche qui da noi come il deputato utilizza i 4.003 euro mensili che il Parlamento gli mette in saccoccia ogni mese come "rimborso spese di soggiorno". Certo, magari anche l'elettore italiano vorrebbe sapere almeno dove risiede il suo onorevole di riferimento, quando trascorre quei tre giorni nella Capitale. Per esempio se lo utilizza tutto, il suo budget da diaria extra stipendio. O che ne fa di quell'altro da 4.190 euro al mese che gli viene erogato proprio a titolo di "rimborso spese". Qualcuno non vorrà mica sospettare che una parte di quei soldi o addirittura tutti finiscano nel conto in banca dell'onorevole? Sospettosi o malpensanti. Qui la nota spese è bandita, il piè di lista è sconosciuto. Le Camere pagano anzitempo, pagano sulla fiducia, pagano a forfait. Non c'è nulla da scoprire. Altro che dimissioni dello Speaker del parlamento inglese.

Che ridere, il milione di sterline per colpa del quale Westminster sta precipitando nello scandalo, col suo carico di rimborsi gonfiati dai deputati. Che ridere, perché Montecitorio e Palazzo Madama, in questo 2009, distribuiranno ai nostri 630 deputati e 322 senatori rimborsi spese destinati sulla carta a viaggi, diaria e segreterie per qualcosa come 96 milioni di euro, parenti molto vicini di 100 milioni. E il tutto, va da sé, senza chiedere lo straccio di una prova documentale che attesti se davvero saranno utilizzati per gli scopi "istituzionali". Sono 72 milioni di euro alla Camera e 24 milioni al Senato. E va da sé, che quegli 8.190 euro mensili ai deputati e 8.678 mila euro ai senatori sono solo, appunto, rimborsi. Nulla a che fare con le indennità da 5.500 euro, lo stipendio in senso stretto.

"Uno scandalo come quello britannico da noi è impensabile - racconta un grande conoscitore del Palazzo come Gabriele Albonetti, deputato questore già da due legislature - Al di là dell'eticità del comportamento di deputati e senatori, la questione è tecnica. Da noi, non esiste la nota spesa, la Camera e il Senato affidano una somma, diciamo così, sulla fiducia. Sarà poi l'onorevole a gestirla a suo piacimento". Nulla da spiegare e nulla da giustificare. Né gli alberghi, né i ristoranti, né le segreterie, né - chiamiamoli così - gli "extra" molto extra. Come non sono da rendicontare gli oltre 4 mila euro al mese (4.678 al Senato) erogati a ciascun onorevole per i cosiddetti portaborse. Col risultato ormai arcinoto che buona parte degli assistenti sono sottopagati o pagati in nero. Ieri il Consiglio dei presidenza del Senato, prossimamente quello della Camera, ammetteranno l'ingresso dal primo luglio solo per i portaborse dotati di badge, rilasciato dietro esibizione di regolare contratto. Ma molti dei ragazzi, in questi giorni, ti raccontano come alcuni dei loro onorevoli siano pronti a far sottoscrivere loro un contratto da addetto alle pulizie del gruppo parlamentare, che ne possa comunque consentire l'ingresso quotidiano a Palazzo e continuare come sempre. Come sempre in nero.

Un po' di pulizia, va detto, la si sta pure facendo. Al Senato hanno cancellato i 730 mila euro sborsati, tra l'altro, per garantire un ufficio ai senatori rimasti privi di scrivania. O i 690 mila euro che sono parte della voce "rimborsi spese telefoniche". Ha fatto pure scalpore scoprire in questi giorni che i 1.058 "ex" senatori per fortuna ancora in vita costano però 1 milione 726 mila euro per viaggi in treni, aereo o per passaggi autostradali, al netto, ovvio, del vitalizio. Platea di beneficiari ridotta ora a 291 in uno slancio di austerity. Rigorismo che ancora non ha scalfito l'Asis, l'assistenza sanitaria garantita ai senatori e ai deputati e ai loro familiari. Basta pagare 25 euro al mese per ciascun figlio o consorte, ma anche - magia del Parlamento - per il convivente, e ogni cura è assicurata. Gratis. Perché la coppia di fatto che le Camere non hanno mai voluto riconoscere, lì dentro esistono, eccome, da tempo. Per l'esattezza dal 1985, quando è stata approvata la legge 687. Qualche sprovveduto Don Chisciotte, di tanto in tanto, prova pure a divertirsi e ad agitare le acque. In questa legislatura la dipietrista Silvana Mura, con un ddl che prevede tra l'altro la riforma del sistema dei rimborsi, da erogare solo dopo l'esibizione delle spese effettive. "Ma, per usare un eufemismo - racconta - non ha suscitato grandi entusiasmi tra i colleghi".

Fuori dai confini, qualche italiano finora ha potuto fare il furbo nell'Europarlamento. Tratta Bruxelles-Roma (o Milano) rimborsata forfaittariamente per la business class in base al chilometraggio. Quando invece era notorio che molti dei nostri 78 (come tanti altri) viaggiavano in low-cost. E lì, via con la cresta. Da luglio però, col nuovo Parlamento, si cambia registro: rimborso solo dei biglietti effettivamente acquistati. Il rimborso spese per lo staff viaggia sui 17 mila euro mensili. Non sarà per sfiducia, ma il tesoretto lì non lo fanno transitare dalla busta paga dell'onorevole. È a disposizione e le somme le paga direttamente il Parlamento agli assistenti che dimostrano con contatti e contributi di prestare servizio per il deputato. Rigore e trasparenza che i portaborse italiani sono costretti per ora solo a sognare.

di CARMELO LOPAPA

29 maggio 2009

Il tesoro della casta

tesoro

Trasparenza addio, sulle sovvenzioni di privati e aziende ai partiti cala di nuovo l`ombra. Ai tempi di Tangentopoli il reato di illecito finanziamento travolse la prima Repubblica? Bene, adesso il finanziamento è diventato lecito ma invisibile, praticamente occulto: sotto i 50 mila euro resta nascosto a norma di legge. È l`arma segreta di un esercito di uomini con la ventiquattr`ore che cinge d`assedio i palazzi del potere: si chiamano lobbisti, e bussano alle porte dei politici, ungendo ingranaggi dove più gli conviene. Quanto pesi veramente la loro opera di "seduzione" sulle decisioni dei Parlamento è cosa ardua da capire. Le liste tenute dalle Camere non sono soltanto difficili da consultare, ma nascondono la reale entità del fenomeno. Spulciando i bilanci 2007 delle formazioni politiche rappresentate in Parlamento, infatti, "I: espresso" ha individuato una ``zona grigia", formata dai fondi dei quali i tesorieri di partito non sono tenuti a render nota la provenienza. Qui si scopre che ben il 27 per cento dei contributi privati ai principali partiti italiani è perlopiù di origine ignota. Un limbo da 15 milioni di euro, insomma. Appena due, invece, i milioni di curo in finanziamenti "trasparenti" nello stesso anno. Se poi pensi che nel 2008 (che è stata annata di campagne elettorali) le cifre "alla luce del sole" sono quadruplicate, vien da chiedersi quanto sia cresciuta in proporzione la zona d`ombra. Come funzioni il lobbismo sommerso celo spiega Franco Bonato, ex tesoriere di Rifondazione: «L`intento di celare la provenienza dei fondi diviene evidente quando si constata la facilità con cui il limite fissato per legge può essere aggirato. Se io, imprenditore, decido di dare 50 mila euro a un partito, ma preferisco che iI mio contributo resti segreto, mi basterà versarne 49.999. Se ho intenzione di versarne più di 50 mila, e voglio sempre restare anonimo, mi basterà ripartire la somma fra i componenti della mia famiglia. Così io ne verserò una quota, mia moglie un`altra, mio figlio un`altra ancora e così via. Sono stratagenuni di uso comune per chi non vuole farsi notare", conclude. Tutto grazie allo scorso governo Berlusconi. Agli inizi del 2006, poche righe inserite di soppiatto nel famoso Milleproroghe, a m& di sandwich fra una disposizione sull`8 per mille e un contributo a "Genova capitale europea della cultura 2004", sono andate a innalzare la soglia di trasparenza dei fondi privati, al di sotto della quale è impossibile sapere chi-dà-quanto-a-chi. La cifra è schizzata dai circa 6.600 euro fissati nel lontano 1981 ai 50 mila di oggi. Venti volte tanto. Pure fra i banchi dell`opposizione se n`erano accorti in pochi: fra questi Pierluigi Castagnetti, allora deputato della Margherita, ora Pd. «Permettere che si elargiscano anonimamente cento milioni di vecchie lire», ribadisce oggi, «vuol dire che qui non si parla più di "finanziamento", ma di semplice corruzione politica—. Per i partiti come per i singoli parlamentari. Lo stesso accadeva nel medesimo periodo per il finanziamento privato a deputati e senatori, con una modifica voluta dai parlamentari della Casa delle libertà, e infilata con altrettanta destrezza in un testo di legge sul voto domiciliare. In questo caso la soglia è salita dai 6.500 curo a 20 mila e con una differenza non da poco: mentre la zona grigia dei partiti è calcolabile a partire dai loro bilanci, quella dei parlamentari no. Il grigio, da noi, non è fatto solo di soldi che vanno da privati e lobbisti a partiti o singoli parlamentari. Fioccano i versamenti che per varie ragioni viaggiano da partito a garrito o da politico a partito. Le liste della Camera sono piene di rappresentanti che finanziano la propria formazione. Come gli oltre 4 milioni di curo arrivati ai Ds dai propri deputati e senatori nel 2007, i circa 713 mila curo dei leghisti o i 281 mila curo dell`Idv, ma succede anche con An e Margherita, ed era tradizione consolidata fra quelli di Rifondazione. Se l`autofinanziamento attraverso i propri politici può avere un senso, però, qualche perplessità la suscitano i casi in cui è il gruppo parlamentare a rimpinguare le casse del suo partito coi finanziamenti pubblici che riceve da Camera e Senato. Soldi che in teoria servirebbero esclusivamente alle spese di gestione degli uffici, ma che si traducono in un ulteriore finanziamento pubblico indiretto. Vedi i 97 mila curo del gruppo alla Camera di An, ma vedi anche il mezzo milione di curo che nel 2007 i gruppi leghisti hanno girato a via Bellerio. Se a tutto ciò aggiungi il fatto che, grazie a un vecchio cavillo tornato "utile" ai tempi di Internet, le liste dei finanziamenti privati non possono essere pubblicate ori line, è evidente che in Italia lobbisti e lobbizzati godono di una comoda cortina di fumo. Che fa diventare sempre più opachi i rapporti fra il potere economico e quello politico. Prendiamo Forza Italia. Il confronto fra i contributi sopra i 50 mila curo ricevuti negli ultimi due anni fa riflettere: nel 2007, quando era all`opposizione, è stata corteggiata dai lobbisti con 310 mila curo. Che però un anno dopo, conquistato palazzo Chigi, sono lievitati a quasi 2 milioni e mezzo. Tanti soldi, tanti favori da ricambiare? Una delle più folte pattuglie di sostenitori del Cavaliere sono i costruttori. A scendere in campo addirittura l`Associazione nazionale costruttori edili, con 50 mila euro che certo non staranno rendendo la vita più difficile al Piano Casa di Berlusconi. Insieme all`Ance i grandi costruttori privati. quelli che sugli appalti pubblici fanno la loro fortuna, a cominciare dall`Astaldi. passando per la Pizzarotti di Parma, per finire con il gruppo Gavio. Proprio Marcellino Gavio è il maggior finanziatore forzista, con 650 mila curo in 13 assegni da 50 mila l`uno. Gavio è azionista dell`Impregilo, società capofila per la costruzione del ponte sullo Stretto: è notizia di qualche settimana fa che, dopo lo stop imposto da Prodi, la grande opera ripartirà presto. Ma l`imprenditore alessandrino è anche uno dei signori delle autostrade italiane, visto che gestisce chilometri e chilometri di asfalto, soprattutto al Nord (una su tutte la Torino-Milano). Non gli dispiacerà se dal primo maggio il ministro delle Altero tata i pedaggi. Non solo cemento. Il partito berlusconiano si nutre anche di acciaio, coi 300 mila euro dell`imprenditore cremonese Gio- dalle cliniche, La Nuova Sanità srl di Bari, e Multimedica Holding spa di Milano. Che per un partito andare al potere sia come un battesimo, con tanto di regali degli invitati, lo ha capito bene Raffaele Lombardo, padre-padrone dell`Mpa, che da quando è diventato governatore della Sicilia e alleato di governo della destra ha fatto l`en plein. Nel 2007 nessun contributo di peso, un anno dopo 665 mila euro. Primo fan del medico siciliano è Maurizio Zamparini, presidente del Palermo calcio, con due versamenti da 100 mila euro l`uno. E si capisce: i suoi interessi nell`isola sono molteplici, visto che nel capoluogo sta per costruire un grosso centro commerciale, e in più vorrebbe gestire il progetto di un nuovo stadio. Va di magra, invece, a chi esce dalla stanza dei bottoni. E successo a Lamberto Dini, che quando risultava decisivo per le sorti del governo Prodi aveva ricevuto dall`imprenditore Davide Cincotti 295 mila euro. E ora che è intruppato nel Pdl gli tocca accontentarsi delle briciole (appena 100 mila). Idem per i Ds senesi. Quando il centrosinistra guidava il Paese, Giuseppe Mussari (capo del Monte Paschi) donava loro 162.500 euro, cifra che poi nel 2008 si è ridotta a meno della metà. A volte lobbista e politico sono anime gemelle, altre una strana coppia. Come l`antiberlusconiano ante litteram, Antonio Di Pietro, che ha intascato 50 mila euro da Sei Tv, una società televisiva milanese. Dalla visura camerale salta fuori che la proprietaria è tale Tiziana Grilli, moglie di Raimondo Lagostena Bassi, reuccio delle tv locali grazie al circuito Odeon. Lagostena però è uomo che fa affari col Cavaliere (visto che mandava in onda la defunta Tv delle libertà della Brambilla ), ed è anche editore di Telepadania (non a caso ha foraggiato anche la Lega con 60 mila euro). Allora con Di Pietro che t`azzecca? Curioso pure il finanziamento di 60 mila euro alla campagna elettorale di Gianni Alemanno da parte della Snai, società di scommesse. Anche se in fondo al sindaco di Roma l`azzardo non dispiace, visto che da tempo preme per un casinò nella capitale. Ancora, c`è lo strano caso dell`onorevole Sergio De Gregorio, che invece di finanziare la propria televisione (Italiani nel mondo reti televisive", società che gestisce una tv satellitare e web) riceve dalla stessa quasi 75 mila euro. Infine c`è il finanziamento al partito che diventa "lessico famigliare". Stiamo parlando dell`Udc di Pier Ferdinando Casini, che lo scorso anno ha potuto contare su 2.2 10.000 euro (seconda sola a Forza Italia), l`80 per cento dei quali proviene da un`unica fonte: l`immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone. Un bel po` di soldi, ma spezzettati in 18 tranche da 100 mila, perché così il suocero ci ha anche risparmiato su. Esiste infatti una norma studiata ad hoc perché i partiti calamitino soldi dai privati: chi dona fino a 103 mila euro può scaricare dalle tasse il 19 per cento dell`importo, molto di più rispetto a un`associazione qualsiasi.

di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli

31 maggio 2009

Perchè gli economisti dovrebbero imparare l'aritmetica?



L’ultima moda nei circoli della politica di Washington DC riguarda la creazione di “un regolatore di rischio sistematico” per far sì che il paese non debba più trovarsi in situazioni di crisi come quella attuale. Questa spinta è una parte dell’operazione di copertura su come le cose sono andate realmente e non ha veramente nulla a che vedere con i reali fattori, le reali cause che hanno portato il paese al collasso economico e finanziario.

Il punto chiave che tutti devono tenere ben presente è che la storia del collasso non è una storia difficile e/o complessa. Non abbiamo di certo bisogno di grandi menti che analizzino enormi quantità di dati o creino verosimili simulazioni al computer per scoprire quale sia il vero problema che sta alla base dell’economia. Abbiamo solo bisogno di persone che abbiano imparato i principi dell’aritmetica che molti di noi hanno appreso in terza elementare.

Se le persone ai vertici della FED, del Tesoro, o che occupano altre posizioni, avessero veramente appreso i principi aritmetici, e fossero veramente preparati per il loro compito, avrebbero facilmente potuto prevenire la crescita smisurata della bolla immobiliare. Avrebbero potuto prevedere l’eccessivo accrescimento della bolla fino al collasso, con le inevitabili conseguenze per l’economia americana e mondiale.

Ripetiamo dunque i fatti di base: i prezzi delle case hanno iniziato a divergere in maniera consistente dal trend degli ultimi 100 anni negli anni 90, quando il benessere creato dalla bolla azionaria ha iniziato ad esercitare una fortissima pressione sui prezzi degli immobili. Dopo aver seguito l’inflazione negli ultimi 100 anni, i prezzi delle case avevano sostanzialmente superato i tassi di inflazione.

Non c’erano spiegazioni neppure remotamente plausibili per la crescita del prezzo delle abitazioni, né in base alla disponibilità, né tantomeno in base alla domanda. La crescita dei salari fu buona, ma non straordinaria soprattutto negli ultimi anni 90. Nella decade corrente, i salari sono leggermente diminuiti dopo essersi allineati con l’inflazione. Dal punto di vista delle disponibilità, tra il 2001 e il 2006 sono state costruite quantità di case da record, segno questo dell’assenza di sostanziali impedimenti nella costruzione.

Come altro segno di chiaro avvicinamento alla bolla, tenendo conto dell’inflazione gli affitti non aumentavano, indicando che non c’era una mancanza degna di nota di case a far alzare di molto i prezzi. Nel 2006, momento di picco, i prezzi delle case, tenendo conto dell’inflazione, erano aumentati di più del 70 %, producendo più di 8 trilioni di dollari nella bolla sul valore delle case. Era assolutamente prevedibile che la perdita di così tanto denaro (110 mila dollari per ciascun proprietario di un immobile) avrebbe portato a una recessione così severa e creato soprattutto la crisi finanziaria a cui ora stiamo assistendo.

In condizioni normali le case danno un buon rapporto di indebitamento, con pagamenti che non superano il 20 per cento. Negli anni della bolla, era cosa comune per i compratori di immobili prendere in prestito l’intera somma per pagare l’acquisto e anche una minima percentuale supplementare. Ogni economista o finanziere degno di questo nome avrebbe capito che quando la bolla sarebbe scoppiata ci sarebbe stato l’inferno nell’economia finanziaria.

In breve, le prove erano a disposizione di tutti coloro che avessero guardato con un po’ di attenzione tutta la situazione. Non c’è bisogno di super-geni per risolvere questo mistero. C’è solo bisogno di un economista che sappia usare i principi dell’aritmetica. Ma la politica di Washington ci dice che questo disastro avrebbe potuto essere evitato solo se avessimo avuto un “regolatore di rischio sistematico”.

Ok, ora facciamo un esperimento a livello ideale. Supponiamo che nel 2002 avessimo avuto questo fantomatico “regolatore di rischio sistematico”. Questa persona sarebbe mai andata da Alan Greenspan per dirgli che ci si stava avviando verso la bolla e che l’economia avrebbe subito una crisi dura come quella odierna?

Ricordate, prima della crisi Greenspan era noto come “il Maestro” [in italiano nel testo N.d.r.]. Politici, giornalisti ed economisti mettevano sempre in pratica tutte le perle di saggezza che uscivano dalla sua bocca. Infatti, quando nel 2005 disse di volersi ritirare, molti dei leader mondiali dell’economia e banchieri si riunirono a Jackson Hole, nel Wyoming, per dibattere sul fatto che Alan Greenspan fosse il migliore banchiere centrale di tutti i tempi.

Alan Greenspan affermò che non c’era alcuna bolla; tutto era a posto. Il nostro regolatore di rischio sistematico avrebbe mai potuto affermare che Greenspan era un pazzo e che l’intero sistema economico era un castello di carte vicino al collasso?

Tutti coloro che credono che la presenza di un regolatore di rischio sistematico avrebbe potuto cavarsela meglio di Alan Greenspan, non conoscono il modo di agire di Washington. Il governo è composto da persone che prima di tutto, e soprattutto, vogliono fare carriera.

E il modo migliore per fare carriera a Washington è andare dietro a chi ha già detto qualcosa. Se tutto ciò non era ovvio prima del collasso, ora certamente lo è.

Quante persone all’interno del governo hanno perso il loro lavoro per non aver saputo prevedere la crisi? Quante altre invece hanno ottenuto una promozione? Infatti, i personaggi più rilevanti in campo economico nella squadra di Obama, tutti, senza eccezione, non sono riusciti a prevedere la bolla. Alcuni potrebbero pensare che si tratti di un requisito per lavorare.

Questa mancanza di responsabilità tra economisti e analisti finanziari è il problema vero e proprio che deve essere preso in considerazione. Fino a che non si costringerà questi signori ad assumersi le proprie responsabilità, come invece succede per i custodi o i lavapiatti, non ci sarà mai alcun incentivo a uscire dal mucchio e far notare disastri in agguato come la bolla immobiliare.

La realtà è che noi già abbiamo un regolatore di rischio sistematico. Si chiama Federal Reserve Board. Lo hanno spento del tutto. Faremmo meglio a prevenire un’altra crisi facendo assumere al nostro attuale regolatore di rischio la responsabilità del suo fallimento (licenziando persone) piuttosto che facendo finta di avere un qualche buco nella nostra struttura regolatrice e creare una burocrazia persino peggiore di questa.

E naturalmente dovremmo insegnare l’aritmetica ai nostri economisti.

Dean Baker è co-direttore del Center for Economic and Policy Research (CEPR). È autore di Plunder and Blunder: The Rise and Fall of the Bubble Economy.

30 maggio 2009

Onorevoli, ma quanto ci costano i politici ?


onorevoli politici




IL rimborso spese per il parrucchiere delle onorevoli senatrici è stato l'ultimo a finire nel calderone delle astute sconvenienze da cancellare. Certo, pesa "solo" per 81 mila euro l'anno. Certo, non indecente come i filmini porno del marito del ministro dell'Interno britannico messi a carico del bilancio. Certo, non come gli specchi inseriti in nota spese dal deputato inglese Richard Younger Ross, ma anche a Roma, che figura. Tanto che anche a Palazzo Madama, giusto pochi giorni fa, se ne sono accorti e allora il presidente Renato Schifani ha invitato a cancellare quella voce in bilancio. D'ora in poi, sottinteso, vadano a farsi belle a loro spese.



Non è ben chiaro invece se i senatori e gli "ex" che passeranno a miglior vita in questo 2009 potranno godere ancora del rimborso spese funerarie che nel 2008 ha pesato un po' troppo sui conti del Palazzo, 134.290 euro. La voce è inserita "per memoria", e in fondo non sarà un problema loro ma di chi dovrà far quadrare i conti.

Conti stracciati, conti allegri, conti che non quadrano ma chi se ne frega, nel nostro Paese. Altro che Inghilterra indignata per pochi spiccioli di note spese. Qui lo scandalo è codificato, è a norma di legge, è tanto palese da non destare, appunto, scandalo.
Benefit, rimborsi a go-go, voli, treni, navi, Telepass e corsi di lingua e buvette e ristorante a 8 euro. Non è più tempo da viaggi in Tanzania della commissione Lavoro di Montecitorio per "studiare il sistema pensionistico del paese dell'Africa orientale", ricordo appannato di qualche anno fa. Come pure l'onorevole Lorenzo Cesa non proporrebbe più l'indennità per ricongiungimento familiare, come si azzardò a ipotizzare quando, nella rovente estate 2007, il suo partito venne segnato dallo scandalo del deputato Cosimo Mele, la prostituta in albergo, l'uso (sospetto) di cocaina. Adesso ci si accontenta di piccole cose, ma è il pensiero quello che conta. L'ultimo lo hanno avuto i tre questori della Camera guidati da Francesco Colucci (Pdl) ed è planato ieri mattina sulla casella postale dei 630 deputati sotto forma di lettera-invito a "usufruire di un corso di 15 ore di lezioni individuali di informatica da 1,5 ore cadauno" che si svolgeranno a Montecitorio. Costo risibile da 235 euro a testa, il resto lo mette la Camera, ovvio. Quisquilie, appunto. Sarebbe bello invece sapere anche qui da noi come il deputato utilizza i 4.003 euro mensili che il Parlamento gli mette in saccoccia ogni mese come "rimborso spese di soggiorno". Certo, magari anche l'elettore italiano vorrebbe sapere almeno dove risiede il suo onorevole di riferimento, quando trascorre quei tre giorni nella Capitale. Per esempio se lo utilizza tutto, il suo budget da diaria extra stipendio. O che ne fa di quell'altro da 4.190 euro al mese che gli viene erogato proprio a titolo di "rimborso spese". Qualcuno non vorrà mica sospettare che una parte di quei soldi o addirittura tutti finiscano nel conto in banca dell'onorevole? Sospettosi o malpensanti. Qui la nota spese è bandita, il piè di lista è sconosciuto. Le Camere pagano anzitempo, pagano sulla fiducia, pagano a forfait. Non c'è nulla da scoprire. Altro che dimissioni dello Speaker del parlamento inglese.

Che ridere, il milione di sterline per colpa del quale Westminster sta precipitando nello scandalo, col suo carico di rimborsi gonfiati dai deputati. Che ridere, perché Montecitorio e Palazzo Madama, in questo 2009, distribuiranno ai nostri 630 deputati e 322 senatori rimborsi spese destinati sulla carta a viaggi, diaria e segreterie per qualcosa come 96 milioni di euro, parenti molto vicini di 100 milioni. E il tutto, va da sé, senza chiedere lo straccio di una prova documentale che attesti se davvero saranno utilizzati per gli scopi "istituzionali". Sono 72 milioni di euro alla Camera e 24 milioni al Senato. E va da sé, che quegli 8.190 euro mensili ai deputati e 8.678 mila euro ai senatori sono solo, appunto, rimborsi. Nulla a che fare con le indennità da 5.500 euro, lo stipendio in senso stretto.

"Uno scandalo come quello britannico da noi è impensabile - racconta un grande conoscitore del Palazzo come Gabriele Albonetti, deputato questore già da due legislature - Al di là dell'eticità del comportamento di deputati e senatori, la questione è tecnica. Da noi, non esiste la nota spesa, la Camera e il Senato affidano una somma, diciamo così, sulla fiducia. Sarà poi l'onorevole a gestirla a suo piacimento". Nulla da spiegare e nulla da giustificare. Né gli alberghi, né i ristoranti, né le segreterie, né - chiamiamoli così - gli "extra" molto extra. Come non sono da rendicontare gli oltre 4 mila euro al mese (4.678 al Senato) erogati a ciascun onorevole per i cosiddetti portaborse. Col risultato ormai arcinoto che buona parte degli assistenti sono sottopagati o pagati in nero. Ieri il Consiglio dei presidenza del Senato, prossimamente quello della Camera, ammetteranno l'ingresso dal primo luglio solo per i portaborse dotati di badge, rilasciato dietro esibizione di regolare contratto. Ma molti dei ragazzi, in questi giorni, ti raccontano come alcuni dei loro onorevoli siano pronti a far sottoscrivere loro un contratto da addetto alle pulizie del gruppo parlamentare, che ne possa comunque consentire l'ingresso quotidiano a Palazzo e continuare come sempre. Come sempre in nero.

Un po' di pulizia, va detto, la si sta pure facendo. Al Senato hanno cancellato i 730 mila euro sborsati, tra l'altro, per garantire un ufficio ai senatori rimasti privi di scrivania. O i 690 mila euro che sono parte della voce "rimborsi spese telefoniche". Ha fatto pure scalpore scoprire in questi giorni che i 1.058 "ex" senatori per fortuna ancora in vita costano però 1 milione 726 mila euro per viaggi in treni, aereo o per passaggi autostradali, al netto, ovvio, del vitalizio. Platea di beneficiari ridotta ora a 291 in uno slancio di austerity. Rigorismo che ancora non ha scalfito l'Asis, l'assistenza sanitaria garantita ai senatori e ai deputati e ai loro familiari. Basta pagare 25 euro al mese per ciascun figlio o consorte, ma anche - magia del Parlamento - per il convivente, e ogni cura è assicurata. Gratis. Perché la coppia di fatto che le Camere non hanno mai voluto riconoscere, lì dentro esistono, eccome, da tempo. Per l'esattezza dal 1985, quando è stata approvata la legge 687. Qualche sprovveduto Don Chisciotte, di tanto in tanto, prova pure a divertirsi e ad agitare le acque. In questa legislatura la dipietrista Silvana Mura, con un ddl che prevede tra l'altro la riforma del sistema dei rimborsi, da erogare solo dopo l'esibizione delle spese effettive. "Ma, per usare un eufemismo - racconta - non ha suscitato grandi entusiasmi tra i colleghi".

Fuori dai confini, qualche italiano finora ha potuto fare il furbo nell'Europarlamento. Tratta Bruxelles-Roma (o Milano) rimborsata forfaittariamente per la business class in base al chilometraggio. Quando invece era notorio che molti dei nostri 78 (come tanti altri) viaggiavano in low-cost. E lì, via con la cresta. Da luglio però, col nuovo Parlamento, si cambia registro: rimborso solo dei biglietti effettivamente acquistati. Il rimborso spese per lo staff viaggia sui 17 mila euro mensili. Non sarà per sfiducia, ma il tesoretto lì non lo fanno transitare dalla busta paga dell'onorevole. È a disposizione e le somme le paga direttamente il Parlamento agli assistenti che dimostrano con contatti e contributi di prestare servizio per il deputato. Rigore e trasparenza che i portaborse italiani sono costretti per ora solo a sognare.

di CARMELO LOPAPA

29 maggio 2009

Il tesoro della casta

tesoro

Trasparenza addio, sulle sovvenzioni di privati e aziende ai partiti cala di nuovo l`ombra. Ai tempi di Tangentopoli il reato di illecito finanziamento travolse la prima Repubblica? Bene, adesso il finanziamento è diventato lecito ma invisibile, praticamente occulto: sotto i 50 mila euro resta nascosto a norma di legge. È l`arma segreta di un esercito di uomini con la ventiquattr`ore che cinge d`assedio i palazzi del potere: si chiamano lobbisti, e bussano alle porte dei politici, ungendo ingranaggi dove più gli conviene. Quanto pesi veramente la loro opera di "seduzione" sulle decisioni dei Parlamento è cosa ardua da capire. Le liste tenute dalle Camere non sono soltanto difficili da consultare, ma nascondono la reale entità del fenomeno. Spulciando i bilanci 2007 delle formazioni politiche rappresentate in Parlamento, infatti, "I: espresso" ha individuato una ``zona grigia", formata dai fondi dei quali i tesorieri di partito non sono tenuti a render nota la provenienza. Qui si scopre che ben il 27 per cento dei contributi privati ai principali partiti italiani è perlopiù di origine ignota. Un limbo da 15 milioni di euro, insomma. Appena due, invece, i milioni di curo in finanziamenti "trasparenti" nello stesso anno. Se poi pensi che nel 2008 (che è stata annata di campagne elettorali) le cifre "alla luce del sole" sono quadruplicate, vien da chiedersi quanto sia cresciuta in proporzione la zona d`ombra. Come funzioni il lobbismo sommerso celo spiega Franco Bonato, ex tesoriere di Rifondazione: «L`intento di celare la provenienza dei fondi diviene evidente quando si constata la facilità con cui il limite fissato per legge può essere aggirato. Se io, imprenditore, decido di dare 50 mila euro a un partito, ma preferisco che iI mio contributo resti segreto, mi basterà versarne 49.999. Se ho intenzione di versarne più di 50 mila, e voglio sempre restare anonimo, mi basterà ripartire la somma fra i componenti della mia famiglia. Così io ne verserò una quota, mia moglie un`altra, mio figlio un`altra ancora e così via. Sono stratagenuni di uso comune per chi non vuole farsi notare", conclude. Tutto grazie allo scorso governo Berlusconi. Agli inizi del 2006, poche righe inserite di soppiatto nel famoso Milleproroghe, a m& di sandwich fra una disposizione sull`8 per mille e un contributo a "Genova capitale europea della cultura 2004", sono andate a innalzare la soglia di trasparenza dei fondi privati, al di sotto della quale è impossibile sapere chi-dà-quanto-a-chi. La cifra è schizzata dai circa 6.600 euro fissati nel lontano 1981 ai 50 mila di oggi. Venti volte tanto. Pure fra i banchi dell`opposizione se n`erano accorti in pochi: fra questi Pierluigi Castagnetti, allora deputato della Margherita, ora Pd. «Permettere che si elargiscano anonimamente cento milioni di vecchie lire», ribadisce oggi, «vuol dire che qui non si parla più di "finanziamento", ma di semplice corruzione politica—. Per i partiti come per i singoli parlamentari. Lo stesso accadeva nel medesimo periodo per il finanziamento privato a deputati e senatori, con una modifica voluta dai parlamentari della Casa delle libertà, e infilata con altrettanta destrezza in un testo di legge sul voto domiciliare. In questo caso la soglia è salita dai 6.500 curo a 20 mila e con una differenza non da poco: mentre la zona grigia dei partiti è calcolabile a partire dai loro bilanci, quella dei parlamentari no. Il grigio, da noi, non è fatto solo di soldi che vanno da privati e lobbisti a partiti o singoli parlamentari. Fioccano i versamenti che per varie ragioni viaggiano da partito a garrito o da politico a partito. Le liste della Camera sono piene di rappresentanti che finanziano la propria formazione. Come gli oltre 4 milioni di curo arrivati ai Ds dai propri deputati e senatori nel 2007, i circa 713 mila curo dei leghisti o i 281 mila curo dell`Idv, ma succede anche con An e Margherita, ed era tradizione consolidata fra quelli di Rifondazione. Se l`autofinanziamento attraverso i propri politici può avere un senso, però, qualche perplessità la suscitano i casi in cui è il gruppo parlamentare a rimpinguare le casse del suo partito coi finanziamenti pubblici che riceve da Camera e Senato. Soldi che in teoria servirebbero esclusivamente alle spese di gestione degli uffici, ma che si traducono in un ulteriore finanziamento pubblico indiretto. Vedi i 97 mila curo del gruppo alla Camera di An, ma vedi anche il mezzo milione di curo che nel 2007 i gruppi leghisti hanno girato a via Bellerio. Se a tutto ciò aggiungi il fatto che, grazie a un vecchio cavillo tornato "utile" ai tempi di Internet, le liste dei finanziamenti privati non possono essere pubblicate ori line, è evidente che in Italia lobbisti e lobbizzati godono di una comoda cortina di fumo. Che fa diventare sempre più opachi i rapporti fra il potere economico e quello politico. Prendiamo Forza Italia. Il confronto fra i contributi sopra i 50 mila curo ricevuti negli ultimi due anni fa riflettere: nel 2007, quando era all`opposizione, è stata corteggiata dai lobbisti con 310 mila curo. Che però un anno dopo, conquistato palazzo Chigi, sono lievitati a quasi 2 milioni e mezzo. Tanti soldi, tanti favori da ricambiare? Una delle più folte pattuglie di sostenitori del Cavaliere sono i costruttori. A scendere in campo addirittura l`Associazione nazionale costruttori edili, con 50 mila euro che certo non staranno rendendo la vita più difficile al Piano Casa di Berlusconi. Insieme all`Ance i grandi costruttori privati. quelli che sugli appalti pubblici fanno la loro fortuna, a cominciare dall`Astaldi. passando per la Pizzarotti di Parma, per finire con il gruppo Gavio. Proprio Marcellino Gavio è il maggior finanziatore forzista, con 650 mila curo in 13 assegni da 50 mila l`uno. Gavio è azionista dell`Impregilo, società capofila per la costruzione del ponte sullo Stretto: è notizia di qualche settimana fa che, dopo lo stop imposto da Prodi, la grande opera ripartirà presto. Ma l`imprenditore alessandrino è anche uno dei signori delle autostrade italiane, visto che gestisce chilometri e chilometri di asfalto, soprattutto al Nord (una su tutte la Torino-Milano). Non gli dispiacerà se dal primo maggio il ministro delle Altero tata i pedaggi. Non solo cemento. Il partito berlusconiano si nutre anche di acciaio, coi 300 mila euro dell`imprenditore cremonese Gio- dalle cliniche, La Nuova Sanità srl di Bari, e Multimedica Holding spa di Milano. Che per un partito andare al potere sia come un battesimo, con tanto di regali degli invitati, lo ha capito bene Raffaele Lombardo, padre-padrone dell`Mpa, che da quando è diventato governatore della Sicilia e alleato di governo della destra ha fatto l`en plein. Nel 2007 nessun contributo di peso, un anno dopo 665 mila euro. Primo fan del medico siciliano è Maurizio Zamparini, presidente del Palermo calcio, con due versamenti da 100 mila euro l`uno. E si capisce: i suoi interessi nell`isola sono molteplici, visto che nel capoluogo sta per costruire un grosso centro commerciale, e in più vorrebbe gestire il progetto di un nuovo stadio. Va di magra, invece, a chi esce dalla stanza dei bottoni. E successo a Lamberto Dini, che quando risultava decisivo per le sorti del governo Prodi aveva ricevuto dall`imprenditore Davide Cincotti 295 mila euro. E ora che è intruppato nel Pdl gli tocca accontentarsi delle briciole (appena 100 mila). Idem per i Ds senesi. Quando il centrosinistra guidava il Paese, Giuseppe Mussari (capo del Monte Paschi) donava loro 162.500 euro, cifra che poi nel 2008 si è ridotta a meno della metà. A volte lobbista e politico sono anime gemelle, altre una strana coppia. Come l`antiberlusconiano ante litteram, Antonio Di Pietro, che ha intascato 50 mila euro da Sei Tv, una società televisiva milanese. Dalla visura camerale salta fuori che la proprietaria è tale Tiziana Grilli, moglie di Raimondo Lagostena Bassi, reuccio delle tv locali grazie al circuito Odeon. Lagostena però è uomo che fa affari col Cavaliere (visto che mandava in onda la defunta Tv delle libertà della Brambilla ), ed è anche editore di Telepadania (non a caso ha foraggiato anche la Lega con 60 mila euro). Allora con Di Pietro che t`azzecca? Curioso pure il finanziamento di 60 mila euro alla campagna elettorale di Gianni Alemanno da parte della Snai, società di scommesse. Anche se in fondo al sindaco di Roma l`azzardo non dispiace, visto che da tempo preme per un casinò nella capitale. Ancora, c`è lo strano caso dell`onorevole Sergio De Gregorio, che invece di finanziare la propria televisione (Italiani nel mondo reti televisive", società che gestisce una tv satellitare e web) riceve dalla stessa quasi 75 mila euro. Infine c`è il finanziamento al partito che diventa "lessico famigliare". Stiamo parlando dell`Udc di Pier Ferdinando Casini, che lo scorso anno ha potuto contare su 2.2 10.000 euro (seconda sola a Forza Italia), l`80 per cento dei quali proviene da un`unica fonte: l`immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone. Un bel po` di soldi, ma spezzettati in 18 tranche da 100 mila, perché così il suocero ci ha anche risparmiato su. Esiste infatti una norma studiata ad hoc perché i partiti calamitino soldi dai privati: chi dona fino a 103 mila euro può scaricare dalle tasse il 19 per cento dell`importo, molto di più rispetto a un`associazione qualsiasi.

di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli