26 novembre 2009

Daniel Estulin sulla sua inchiesta sul Club Bilderberg

club bilderberg
La copertina
Il libro, pubblicato fino ad oggi in Spagna, Portogallo, Bulgaria, Brasile, Olanda, Giappone, Usa, arriva anche in Italia: contiene foto degli incontri e vari documenti tra cui alcune lettere di invito alla riunione e liste dei partecipanti. E dal libro sarà realizzato anche un film a Hollywood: la Halcyon Company infatti, proprietaria dei diritti cinematografici della saga di Terminator, ha comprato i diritti del libro di Daniel Estulin e ha in programma di realizzare un film da 120milioni di dollari.

La riunione del Gruppo di quest'anno si è svolta in Grecia dal 14 al 17 maggio: il nostro paese era rappresentato da Tommaso Padoa-Schioppa, Mario Draghi, Romano Prodi, Franco Bernabè, John Elkann. E l'autore dell'inchiesta Daniel Estulin, in Italia per presentare l'ultima versione del suo libro, sceglie Affaritaliani.it per svelare i retroscena degli incontri del Club.

Nel suo libro ha scritto che l'obiettivo della riunione 2009 del Club è stato quello di trasformare l'Unione Europea in un governo multinazionale. Pensa che questo sarà davverò realizzato?
"E' stato approvato il trattato di Lisbona. Esiste di fatto una dittatura europea di un gruppo di persone le cui decisioni non sono appellabili da nessuno".

daniel estulin
Daniel Estulin


Esistono degli obiettivi del Club che sono stati realizzati nel corso degli anni?
"Si, esistono. Per esempio la guerra in Iraq, progettata a maggio del 2002 per febbraio-marzo del 2003; il prezzo del petrolio, salito da 20 a 100 dollari al barile dal 2002 al 2007 e ancora da 100 a 150 dollari al barile dal 2005 a metà 2008. Oppure l'implosione dei prezzi delle case nel 2006 o la guerra in Kosovo nel 1996".

Come è cambiata la funzione del Club nel corso degli anni?

"Dalla caduta del Comunismo il Club Bilderberg ha incluso personalità provenienti dai paesi del Patto di Varsavia mentre prima il Gruppo si basava sull'alleanza della Nato".


Le riunioni del Gruppo hanno una connotazione politica? Se si, a destra o a sinistra? Ed è cambiata nel corso degli anni?

"Il gruppo è formato da personalità che hanno una visione globale e di conseguenza imperialista, come se fossero costruttori di un impero. Un impero costruito alle spese delle varie repubbliche nazionali. Non ci sono connotazioni politiche, né di destra né di sinistra: è applicato il concetto di sinarchia internazionale (un ipotetico governo occulto planetario, o "governo ombra", che gestisce invisibilmente le trame della politica e dell'economia mondiale e che decide i destini dell'umanità, ndr)".

Quali sono i paesi che hanno maggiore influenza all'interno del Club?

"Ovviamente gli Stati Uniti: un terzo dei delegati proviene infatti da questo paese. A parte gli Usa, anche la Gran Bretagna e la Germania sono ben rappresentati. L'Italia ha una forte rappresentanza attraverso le antiche famiglie italiane, come gli Agnelli che sono oggi rappresentati da John Elkann".

Secondo lei qual è il ruolo dell'Italia nel Club? E' cambiato nel corso degli anni?

"L'Italia è l'epicentro del potere del Club attraverso la nobiltà veneziana. La regina di Inghilterra, il membro più influente del Gruppo, appartiene infatti per discendenza ai Marchesi d'Este di Venezia".

C'è qualcosa che avrebbe voluto scrivere nel libro e non ha fatto?

"Se si riferisce alla censura, no non c'è: ho scritto tutto quello che volevo nell'edizione inglese del libro. La versione italiana è la diretta traduzione di quella inglese. In Spagna invece il mio editore, Planeta, mi ha vietato di menzionare i reali di Spagna e il loro ruolo all'interno del Club. Sono stato lasciato invece più libero di parlare di altre cose. Ho seguito queste indicazioni anche se quando il libro è uscito ho pubblicamente criticato il ruolo della famiglia reale spagnola nel Club".

25 novembre 2009

L'impotenza del potere



Fin da quando Hobbes ha immaginato lo Stato come un mostro onnipotente, il Leviatano, il potere centrale di ogni Paese è stato considerato capace di risolvere tutti i problemi vecchi e nuovi della condizione umana. A prescindere dal grado di democrazia esistente, lo Stato è sempre intervenuto nell'economia, ha sempre deciso della guerra e della pace, dell'istruzione, della salute e di tanti altri aspetti della vita dei propri cittadini. Anzi, proprio questa onnipresenza dello Stato ha fatto nascere reazioni liberatorie, opposizioni più o meno violente all'invasione nella esistenza della persona. Ma il potere dello Stato non è onnipotente, non solo perché singoli individui criminali o associazioni di individui praticano sistematicamente la violazione delle leggi, ma anche per l'esistenza dei cosiddetti poteri occulti, che costringono lo Stato a fare delle scelte che favoriscono interessi provati di individui o di particolari categorie sociali.
Anche prescindendo dalla bontà o dall'intelligenza dei governanti e delle enormi macchine che li aiutano a prendere le decisioni, la volontà dello Stato, e addirittura quella delle comunità internazionali, è obbligata a fermarsi per l'eccessiva complessità dei problemi.
Alcuni esempi recenti confermano l'impotenza a decidere della comunità internazionale. Il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, organizzato dalla FAO a Roma dal 16 al 18 novembre di quest'anno, si è concluso con un nulla di deciso per "la mancanza di impegni concreti dai Paesi ricchi, che si assumono responsabilità e promettono risorse che non arriveranno mai". Oltretutto, al vertice erano assenti i potenti del G8, che, pur essendo consapevoli del problema della fame nel mondo, non possono fare di più, non solo per la impossibilità di risolvere la situazione. Infatti, il miliardo di affamati è il risultato del fenomeno inarrestabile della crescita della popolazione umana, attualmente di 7 miliardi di individui, che, secondo previsioni scientifiche, "entro il 2030 causerà una crisi globale".
Durante il vertice di Roma, il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, in previsione del vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici, ha dichiarato: "non può esserci sicurezza ambientale senza sicurezza alimentare". I problemi difficilmente risolvibili si intrecciano e si aggravano vicendevolmente, rendendo sempre più impotente la comunità internazionale a risolverli. Infatti, Obama, nel suo viaggio in Cina, per risolvere i gravi problemi del rapporto Cina-USA, ha anticipato, insieme al leader cinese "un ridimensionamento della Conferenza sul Clima che si apre tra tre settimane a Copenhagen". Nonostante le reazioni furiose di alcuni membri della Comunità Europea, i due principali inquinatori del mondo, Cina e USA, hanno preannunciato di non voler ridurre drasticamente le loro emissioni. In realtà, i due colossi industriali non possono rinunciare all'uso del carbone per la produzione dell'energia elettrica; infatti le centrali a carbone in USA e in Cina rappresentano dal 50 all'80% del totale. La Cina non ha petrolio e gli USA giacciono sul più vasto giacimento di carbone del mondo. Ma anche l'Europa ha dimostrato recentemente l'incapacità di saper esprimere la propria potenza politica nei confronti dei colossi americano e cinese; infatti, nell'elezione dei propri supremi rappresentanti nel congresso internazionale, l'Europa non ha potuto esprimere che due figure scialbe, e quindi di scarso peso politico. In questo caso, l'impotenza del potere è racchiusa nella sua stessa natura: l'unione forzata di nazioni con interessi contrastanti spinge al compromesso e alle scelte di basso profilo. Questo è il limite generale del potere organizzato nelle attuali forme della democrazia parlamentare.
di Romolo Gobbi

24 novembre 2009

Senza ideali molta ruberia


Francesco Alberoni scriveva giorni fa (il 20 ottobre) che «Persi gli ideali a cosa si rivolge la spinta umana? Solo al potere e al denaro». Sì: ma è utile approfondire. In primo luogo, non dobbiamo confondere ideali con ideologie. Sono cose diverse e anche nemiche. Intesi come obiettivi di valore gli ideali acquistano centralità, nella politica, con l’Illuminismo, non prima. La parola «ideologia» viene poi coniata da Destutt de Tracy nel 1796, e dunque in sul finire dell’Illuminismo, per dire «scienza delle idee»; un significato letterale che non ha attecchito e che è stato stravolto dal marxismo, per il quale l’ideologia diventa killeraggio, e cioè un pensiero che non-è-più-pensato, un ex pensiero dogmatico e fanatizzato che appunto ammazza il pensiero e le idee.

Una seconda precisazione verte sul rapporto tra ideali e democrazia. Che è un rapporto strettissimo ma soltanto moderno, recente. Aristotele distingueva tra governo dell’uno, dei pochi e dei molti, e poi tra il governare nell’interesse proprio o nell’interesse comune. E per Aristotele la democrazia era il governo dei molti, o dei poveri, nel proprio interesse, e quindi un cattivo governo. Ma, attenzione, l’interesse comune che caratterizzava i buoni regimi non era, per lui, posto da ideali e tantomeno dall’ideale della libertà individuale del cittadino. Hobbes lo precisava lapidariamente: «Ateniesi e Romani erano liberi, e cioè le loro città erano libere».

La grossa differenza è che il mondo antico su su fino al Rinascimento non si proiettava verso il futuro ma si poneva come un aumento, una crescita, delle origini. Alla stessa stregua non era «giovanilista»: l’autorità, la auctoritas, spettava alla saggezza degli anziani. Questa visione del mondo venne rovesciata dal Romanticismo «scoprendo la storia» come una dinamica innovativa che porterà man mano a configurare la democrazia liberale come l’ottimo governo sospinto e realizzato dai suoi ideali. Il retroterra di questo sviluppo era che per la prima volta nella storia gli «esclusi» dalla politica venivano effettivamente inclusi dal suffragio universale. Ma se questa inclusione «perde gli ideali», e con essa il senso del «dovere etico», allora il buon governo democratico va alla deriva.

Si è detto che la politica è la guerra con altri mezzi. Oramai sarei più incline a dire che la politica è il ladrocinio, la pappatoria, con altri mezzi. Omnia Romae cum pretio, tutto a Roma si può comprare, scriveva Giovenale. Invece oggi? Ci stupiamo che anche la sinistra venga travolta in questa frana. Ma perché? Le sue credenziali intellettuali risalgono all’immediato dopoguerra, a quando il Pci ereditò il grosso della cultura idealistica (Crociana o Gentiliana che fosse) che allora dominava in Italia. Marx «rovesciò» la filosofia idealistica di Hegel. Un secolo dopo i nostri idealisti rovesciarono, a loro volta, Croce e Gentile e si ritrovarono, senza alcuno sforzo, marxisti. Ma il Pci del Migliore era, di suo, spietato cinismo di potere nei vertici, e un partito di ideologia (non di ideale) nel suo apparato. E una volta usciti di scena gli idealisti marxisti, a loro sono subentrati, come nucleo dirigente del Pci, gli addestrati alle Frattocchie; addestrati, appunto, al killeraggio ideologico, e per ciò stesso largamente incapaci di ripensarsi e di pensare ex novo. Il che lascia il Pd (oggi di Bersani) come un gruppo di potere— con nobili eccezioni, si intende — altrettanto cinico e baro dei gruppi di potere al potere.

di Giovanni Sartori

26 novembre 2009

Daniel Estulin sulla sua inchiesta sul Club Bilderberg

club bilderberg
La copertina
Il libro, pubblicato fino ad oggi in Spagna, Portogallo, Bulgaria, Brasile, Olanda, Giappone, Usa, arriva anche in Italia: contiene foto degli incontri e vari documenti tra cui alcune lettere di invito alla riunione e liste dei partecipanti. E dal libro sarà realizzato anche un film a Hollywood: la Halcyon Company infatti, proprietaria dei diritti cinematografici della saga di Terminator, ha comprato i diritti del libro di Daniel Estulin e ha in programma di realizzare un film da 120milioni di dollari.

La riunione del Gruppo di quest'anno si è svolta in Grecia dal 14 al 17 maggio: il nostro paese era rappresentato da Tommaso Padoa-Schioppa, Mario Draghi, Romano Prodi, Franco Bernabè, John Elkann. E l'autore dell'inchiesta Daniel Estulin, in Italia per presentare l'ultima versione del suo libro, sceglie Affaritaliani.it per svelare i retroscena degli incontri del Club.

Nel suo libro ha scritto che l'obiettivo della riunione 2009 del Club è stato quello di trasformare l'Unione Europea in un governo multinazionale. Pensa che questo sarà davverò realizzato?
"E' stato approvato il trattato di Lisbona. Esiste di fatto una dittatura europea di un gruppo di persone le cui decisioni non sono appellabili da nessuno".

daniel estulin
Daniel Estulin


Esistono degli obiettivi del Club che sono stati realizzati nel corso degli anni?
"Si, esistono. Per esempio la guerra in Iraq, progettata a maggio del 2002 per febbraio-marzo del 2003; il prezzo del petrolio, salito da 20 a 100 dollari al barile dal 2002 al 2007 e ancora da 100 a 150 dollari al barile dal 2005 a metà 2008. Oppure l'implosione dei prezzi delle case nel 2006 o la guerra in Kosovo nel 1996".

Come è cambiata la funzione del Club nel corso degli anni?

"Dalla caduta del Comunismo il Club Bilderberg ha incluso personalità provenienti dai paesi del Patto di Varsavia mentre prima il Gruppo si basava sull'alleanza della Nato".


Le riunioni del Gruppo hanno una connotazione politica? Se si, a destra o a sinistra? Ed è cambiata nel corso degli anni?

"Il gruppo è formato da personalità che hanno una visione globale e di conseguenza imperialista, come se fossero costruttori di un impero. Un impero costruito alle spese delle varie repubbliche nazionali. Non ci sono connotazioni politiche, né di destra né di sinistra: è applicato il concetto di sinarchia internazionale (un ipotetico governo occulto planetario, o "governo ombra", che gestisce invisibilmente le trame della politica e dell'economia mondiale e che decide i destini dell'umanità, ndr)".

Quali sono i paesi che hanno maggiore influenza all'interno del Club?

"Ovviamente gli Stati Uniti: un terzo dei delegati proviene infatti da questo paese. A parte gli Usa, anche la Gran Bretagna e la Germania sono ben rappresentati. L'Italia ha una forte rappresentanza attraverso le antiche famiglie italiane, come gli Agnelli che sono oggi rappresentati da John Elkann".

Secondo lei qual è il ruolo dell'Italia nel Club? E' cambiato nel corso degli anni?

"L'Italia è l'epicentro del potere del Club attraverso la nobiltà veneziana. La regina di Inghilterra, il membro più influente del Gruppo, appartiene infatti per discendenza ai Marchesi d'Este di Venezia".

C'è qualcosa che avrebbe voluto scrivere nel libro e non ha fatto?

"Se si riferisce alla censura, no non c'è: ho scritto tutto quello che volevo nell'edizione inglese del libro. La versione italiana è la diretta traduzione di quella inglese. In Spagna invece il mio editore, Planeta, mi ha vietato di menzionare i reali di Spagna e il loro ruolo all'interno del Club. Sono stato lasciato invece più libero di parlare di altre cose. Ho seguito queste indicazioni anche se quando il libro è uscito ho pubblicamente criticato il ruolo della famiglia reale spagnola nel Club".

25 novembre 2009

L'impotenza del potere



Fin da quando Hobbes ha immaginato lo Stato come un mostro onnipotente, il Leviatano, il potere centrale di ogni Paese è stato considerato capace di risolvere tutti i problemi vecchi e nuovi della condizione umana. A prescindere dal grado di democrazia esistente, lo Stato è sempre intervenuto nell'economia, ha sempre deciso della guerra e della pace, dell'istruzione, della salute e di tanti altri aspetti della vita dei propri cittadini. Anzi, proprio questa onnipresenza dello Stato ha fatto nascere reazioni liberatorie, opposizioni più o meno violente all'invasione nella esistenza della persona. Ma il potere dello Stato non è onnipotente, non solo perché singoli individui criminali o associazioni di individui praticano sistematicamente la violazione delle leggi, ma anche per l'esistenza dei cosiddetti poteri occulti, che costringono lo Stato a fare delle scelte che favoriscono interessi provati di individui o di particolari categorie sociali.
Anche prescindendo dalla bontà o dall'intelligenza dei governanti e delle enormi macchine che li aiutano a prendere le decisioni, la volontà dello Stato, e addirittura quella delle comunità internazionali, è obbligata a fermarsi per l'eccessiva complessità dei problemi.
Alcuni esempi recenti confermano l'impotenza a decidere della comunità internazionale. Il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, organizzato dalla FAO a Roma dal 16 al 18 novembre di quest'anno, si è concluso con un nulla di deciso per "la mancanza di impegni concreti dai Paesi ricchi, che si assumono responsabilità e promettono risorse che non arriveranno mai". Oltretutto, al vertice erano assenti i potenti del G8, che, pur essendo consapevoli del problema della fame nel mondo, non possono fare di più, non solo per la impossibilità di risolvere la situazione. Infatti, il miliardo di affamati è il risultato del fenomeno inarrestabile della crescita della popolazione umana, attualmente di 7 miliardi di individui, che, secondo previsioni scientifiche, "entro il 2030 causerà una crisi globale".
Durante il vertice di Roma, il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, in previsione del vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici, ha dichiarato: "non può esserci sicurezza ambientale senza sicurezza alimentare". I problemi difficilmente risolvibili si intrecciano e si aggravano vicendevolmente, rendendo sempre più impotente la comunità internazionale a risolverli. Infatti, Obama, nel suo viaggio in Cina, per risolvere i gravi problemi del rapporto Cina-USA, ha anticipato, insieme al leader cinese "un ridimensionamento della Conferenza sul Clima che si apre tra tre settimane a Copenhagen". Nonostante le reazioni furiose di alcuni membri della Comunità Europea, i due principali inquinatori del mondo, Cina e USA, hanno preannunciato di non voler ridurre drasticamente le loro emissioni. In realtà, i due colossi industriali non possono rinunciare all'uso del carbone per la produzione dell'energia elettrica; infatti le centrali a carbone in USA e in Cina rappresentano dal 50 all'80% del totale. La Cina non ha petrolio e gli USA giacciono sul più vasto giacimento di carbone del mondo. Ma anche l'Europa ha dimostrato recentemente l'incapacità di saper esprimere la propria potenza politica nei confronti dei colossi americano e cinese; infatti, nell'elezione dei propri supremi rappresentanti nel congresso internazionale, l'Europa non ha potuto esprimere che due figure scialbe, e quindi di scarso peso politico. In questo caso, l'impotenza del potere è racchiusa nella sua stessa natura: l'unione forzata di nazioni con interessi contrastanti spinge al compromesso e alle scelte di basso profilo. Questo è il limite generale del potere organizzato nelle attuali forme della democrazia parlamentare.
di Romolo Gobbi

24 novembre 2009

Senza ideali molta ruberia


Francesco Alberoni scriveva giorni fa (il 20 ottobre) che «Persi gli ideali a cosa si rivolge la spinta umana? Solo al potere e al denaro». Sì: ma è utile approfondire. In primo luogo, non dobbiamo confondere ideali con ideologie. Sono cose diverse e anche nemiche. Intesi come obiettivi di valore gli ideali acquistano centralità, nella politica, con l’Illuminismo, non prima. La parola «ideologia» viene poi coniata da Destutt de Tracy nel 1796, e dunque in sul finire dell’Illuminismo, per dire «scienza delle idee»; un significato letterale che non ha attecchito e che è stato stravolto dal marxismo, per il quale l’ideologia diventa killeraggio, e cioè un pensiero che non-è-più-pensato, un ex pensiero dogmatico e fanatizzato che appunto ammazza il pensiero e le idee.

Una seconda precisazione verte sul rapporto tra ideali e democrazia. Che è un rapporto strettissimo ma soltanto moderno, recente. Aristotele distingueva tra governo dell’uno, dei pochi e dei molti, e poi tra il governare nell’interesse proprio o nell’interesse comune. E per Aristotele la democrazia era il governo dei molti, o dei poveri, nel proprio interesse, e quindi un cattivo governo. Ma, attenzione, l’interesse comune che caratterizzava i buoni regimi non era, per lui, posto da ideali e tantomeno dall’ideale della libertà individuale del cittadino. Hobbes lo precisava lapidariamente: «Ateniesi e Romani erano liberi, e cioè le loro città erano libere».

La grossa differenza è che il mondo antico su su fino al Rinascimento non si proiettava verso il futuro ma si poneva come un aumento, una crescita, delle origini. Alla stessa stregua non era «giovanilista»: l’autorità, la auctoritas, spettava alla saggezza degli anziani. Questa visione del mondo venne rovesciata dal Romanticismo «scoprendo la storia» come una dinamica innovativa che porterà man mano a configurare la democrazia liberale come l’ottimo governo sospinto e realizzato dai suoi ideali. Il retroterra di questo sviluppo era che per la prima volta nella storia gli «esclusi» dalla politica venivano effettivamente inclusi dal suffragio universale. Ma se questa inclusione «perde gli ideali», e con essa il senso del «dovere etico», allora il buon governo democratico va alla deriva.

Si è detto che la politica è la guerra con altri mezzi. Oramai sarei più incline a dire che la politica è il ladrocinio, la pappatoria, con altri mezzi. Omnia Romae cum pretio, tutto a Roma si può comprare, scriveva Giovenale. Invece oggi? Ci stupiamo che anche la sinistra venga travolta in questa frana. Ma perché? Le sue credenziali intellettuali risalgono all’immediato dopoguerra, a quando il Pci ereditò il grosso della cultura idealistica (Crociana o Gentiliana che fosse) che allora dominava in Italia. Marx «rovesciò» la filosofia idealistica di Hegel. Un secolo dopo i nostri idealisti rovesciarono, a loro volta, Croce e Gentile e si ritrovarono, senza alcuno sforzo, marxisti. Ma il Pci del Migliore era, di suo, spietato cinismo di potere nei vertici, e un partito di ideologia (non di ideale) nel suo apparato. E una volta usciti di scena gli idealisti marxisti, a loro sono subentrati, come nucleo dirigente del Pci, gli addestrati alle Frattocchie; addestrati, appunto, al killeraggio ideologico, e per ciò stesso largamente incapaci di ripensarsi e di pensare ex novo. Il che lascia il Pd (oggi di Bersani) come un gruppo di potere— con nobili eccezioni, si intende — altrettanto cinico e baro dei gruppi di potere al potere.

di Giovanni Sartori