27 giugno 2010

Corruzione e burocrazia, nemici dell’economia



E’ assai singolare la disputa in corso tra economisti keynesiani e antikeynesiani sulla manovra di finanza pubblica. I primi pensano che sia necessario lasciare inalterata la spesa pubblica perché questa, stimolando l’economia, contribuisce alla crescita (più correttamente alla domanda aggregata, di beni e servizi). Essi sostengono che siano, addirittura, necessari stimoli monetari - stampare moneta ovvero prendere denaro in prestito dalle banche centrali - non essendo ancora comprovata l’uscita dalla crisi e ritenendo, quindi, più importante garantire lo stimolo alla economia privata, alla piena occupazione e agli acquisti, che provvedere alla riduzione del deficit statale. I secondi rilevano che, al contrario, tagliando la spesa appena usciti dalla crisi, in un momento di crescita economica - seppur debole - come quello attuale, l’effetto recessivo sarebbe nullo o, perlomeno, molto molto basso. Inoltre, le correzioni dei conti pubblici basate sulla riduzione della spesa, e non sull’aumento delle tasse, possono incidere più energicamente sul deficit e sul debito pubblico. Sono scuole di pensiero legittime, entrambe con importanti ricerche e studi ed esempi storici volti a supportare le proprie tesi. Intanto, l’Europa nel suo complesso ha scelto la seconda strada. Tutti i governi hanno puntato a misure di contenimento dei deficit di bilancio e di rientro in parametri più consoni del rapporto debito/PIL. L’Italia ha puntato su un contenimento della spesa pubblica e sul recupero dell’evasione fiscale, non nascondendo che la manovra avrà comunque un effetto recessivo immediato - su un Prodotto Interno Lordo previsto comunque in crescita - almeno per il prossimo biennio. Chiunque può proporre le proprie soluzioni ai problemi di bilancio italiani con piena legittimità. Non esistono, a priori, ricette giuste o sbagliate, se sono proposte nell’interesse comune. Certo è che, finite le dispute macroeconomiche, che comunque nel giro di quattro-cinque anni ci mostreranno chi aveva ragione e chi torto, bisogna inquadrare ogni intervento sui conti pubblici italiani in un ambito più particolare, che gli altri paesi europei non devono fronteggiare. La spesa pubblica italiana ha l’aggravante di essere appesantita da costi impropri, che sulle altre economie europee non pesano. Quasi duemila reati l’anno tra corruzione e abuso d’ufficio, con un trend crescente negli ultimi anni, comportano un costo complessivo valutato, dalla Corte dei Conti e dal Servizio Anticorruzione e Trasparenza del ministero della pubblica amministrazione e dell’innovazione, tra i 50 e i 60 miliardi di euro l’anno (3,3-4 punti percentuali di PIL ovvero quasi il doppio della cifra che viene investita ogni anno in diritti sociali, politiche sociali e famiglia). Sei milioni di aziende costrette ad affrontare un costo medio di 12.000 mila euro per impresa (secondo le stime delle associazioni di categoria) per i famosi “lacci e laccioli” della burocrazia, fanno un totale di 72 miliardi (4,8 punti percentuali di PIL ovvero una cifra che copre quasi il costo dell’intero sistema pensionistico). A questi costi va aggiunto l’onere delle mancate liberalizzazioni - ma anche quello delle liberalizzazioni e privatizzazioni fatte male - che danno un valore stimato (forse per difetto dalle associazioni favorevoli al libero mercato) in 40 miliardi (2,6 punti percentuali di PIL ovvero una somma molto vicina al costo dell’intero sistema di istruzione scolastico). Queste sono spese che non gravano sul bilancio dello Stato, ma direttamente sui bilanci delle famiglie italiane (maggiori costi per gas, energia elettrica, smaltimento rifiuti, ferrovie, trasporto aereo, trasporto locale, telefonia, credito, commercio). Tali, continuano ad essere i grandi dilemmi del nostro paese che affronta i propri problemi strutturali di bilancio con una manovra che ha un impatto massimo pari a 25 miliardi, quando avrebbe a disposizione, come abbiamo visto, almeno altri 160-170 miliardi se recuperasse la propria efficienza. Ecco, allora, che anche le più giuste ed oneste tesi macroeconomiche saltano per aria quando l’economia si scontra con i flagelli della corruzione e della burocrazia.

di Alessandro L. Salvaneschi

26 giugno 2010

Golfo del Messico: un'esplosione nucleare controllata per impedire che la macchia raggiunga l'Atlantico

(MoviSol) - Lo statunitense Centro Nazionale per la Ricerca sull'Atmosfera ha elaborato alcune mappe della distribuzione nel Golfo del Messico della macchia di greggio perso dal pozzo della British Petroleum (BP), macchia che nel corso dell'ultimo mese ha raggiunto le coste occidentali della Florida.

Il centro di ricerca prevede che tra poco più di due settimane il petrolio, una volta raggiunto l'estremo meridionale di quella penisola e sospinto dalle correnti oceaniche che la lambiscono, potrà inquinare anche l'Atlantico, addensandosi lungo una fascia di circa 100 miglia al largo delle coste della Georgia, delle due Caroline e della Virginia, ma anche raggiungendo, una settimana più tardi, l'Atlantico settentrionale.

Da tempo alcuni geologi marini e altri specialisti stanno valutando le condizioni fisiche del pozzo petrolifero, degli strati del fondale e di altri fattori rilevanti rispetto all'impiego di esplosivi di profondità, anche nucleari, per interrompere definitivamente l'efflusso di petrolio.

Le valutazioni di uno tra i principali esperti americani di esplosivi nucleari ad uso civile cominciano ad essere di dominio pubblico.

Tuttavia, finora alla Casa Bianca hanno invece prevalso il paradigma ecologista e i pareri di consiglieri come Carol Browner, lo "zar" di Obama per le questioni legate all'energia e al cosiddetto "cambiamento climatico", cui si è associato anche l'ammiraglio Thad Allen, a capo del Comando Unificato degli Stati Uniti, il quale ha dichiarato alla vigilia della prima visita del Presidente in Louisiana che l'uso degli esplosivi è un tema "periferico rispetto alle cose di cui siamo chiamati a discutere in questo momento".

"Avremmo dovuto demolire quel pozzo con gli esplosivi, più di un mese fa", ha dichiarato ai primi di giugno al Daily Beast Christopher Brown, ex ufficiale della flotta dei sottomarini nucleari. "E siamo ancora qui a portare la croce mentre la BP passa di piano in piano per raccogliere il suo greggio e per proteggere i suoi capitali… sarebbe meglio, e di gran lunga, se il nostro Presidente alzasse la cornetta del telefono rosso per chiamare Vladimir Putin, in modo da ricevere una lezione di ninjapolitik, piuttosto che lasciare alla BP l'incombenza di piani inefficaci da essa stessa avanzati…"

Il risvolto politico più importante di questa faccenda è che la determinazione del Presidente Obama a non offendere Wall Street e l'Impero Britannico, di cui la BP è un braccio economico, mette ulteriormente in pericolo l'istituzione stessa degli Stati Uniti d'America.

La sua inettitudine anche di fronte a questo problema va ad aggiungersi ai "capi d'imputazione" utili alla procedura di impeachment che Lyndon LaRouche pretende da tempo.

25 giugno 2010

La Commissione UE opta per il fascismo fiscale

(MoviSol) - In un incontro con i leader sindacali europei l'11 giugno, il Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso ha di fatto minacciato i paesi membri dell'UE di colpi di stato militari e di fascismo se non riuscissero ad applicare le misure di austerità massiccia richieste per salvare le banche.

Le minacce di Barroso sono state riassunte da John Monks, segretario generale dello European Trade Union Congress (ETUC), in un'intervista all'EU Observer il 14 giugno. "Ho avuto una discussione con Barroso lo scorso venerdì", ha detto Monks, "su che cosa si può fare per la Grecia, la Spagna, il Portogallo e il resto, e il suo messaggio è stato brusco: 'Guarda, se non applicano questi pacchetti d'austerità, quei paesi potrebbero virtualmente sparire nella forma democratica in cui li conosciamo. Non hanno scelta, prendere o lasciare'… Ci ha sbigottiti con una visione apocalittica delle democrazie europee al collasso a causa dell'indebitamento".

Monks stesso sostiene, al contrario, che proprio le misure di austerità condurranno a tale situazione. "Stiamo tornando", ha detto, "agli anni '30, quando, con la Grande Depressione, alla fine ci ritrovammo le dittature militari. Non sto dicendo che ci siamo già, ma è potenzialmente molto grave, non solo economicamente ma anche politicamente".

Helga Zepp LaRouche ha stigmatizzato gli argomenti di Barroso: "E' vero esattamente l'opposto [di quanto afferma il Presidente della Commissione UE]: se i governi europei continueranno a capitolare al diktat dell'UE e espandere il debito statale in modo inflazionistico solo per salvare o nazionalizzare banche scassate, mentre contemporaneamente tagliano brutalmente i livelli di vita degli strati della popolazione poveri o meno abbienti, allora la minaccia di un'apocalisse è reale". La signora Zepp LaRouche ha fatto riferimento alla scadenza del 1 luglio, quando scadono 442 miliardi di finanziamenti a un anno della BCE alle banche europee, o alla data in cui la Grecia chiederà un nuovo salvataggio o la Spagna si farà avanti per il suo pacchetto di salvataggio, come possibili punti traumatici che potrebbero far collassare il sistema. Come dimostra il ruolo storico svolto da Lord Cockfield, le politiche molto "europee" che vengono seguite supinamente dall'Europa continentale hanno origine negli ambienti imperialistici londinesi.

Questo fatto è stato reso palese ancora una volta al vertice UE di Bruxelles del 17 giugno, quando la Commissione Europea, nella persona del Commissario alle Finanze Olli Rehn, ha richiesto programmi di austerità ancora più distruttivi da parte dei governi europei, ammettendo che ogni tornata di tagli peggiora la situazione. Lyndon LaRouche ha commentato che la politica di Rehn è "semplice iperinflazione automatica". Gli obbiettivi di deficit imposti dalla Commissione appena due mesi fa vengono oggi dichiarati inadeguati. "Se continueranno con questa politica, il prossimo mese non ci sarà nessuno", ha sentenziato LaRouche.

Nel frattempo, il Primo ministro britannico David Cameron ha confermato che Londra sta dietro la "dittatura economica" dell'Eurozona, anche se la Gran Bretagna non entrerà nella moneta unica. Ad una conferenza stampa ai margini del vertice, ha affermato: "Chiariamo questa cosa: la Gran Bretagna non è d'accordo e non acconsentirà che vengano trasferiti ulteriori poteri da Westminster a Bruxelles; non siamo membri dell'euro. Noi presenteremo sempre il nostro bilancio prima al Parlamento. Ma se gli stati membri dell'euro ora ritengono che, a causa della situazione critica in cui si trovano, debbano stipulare nuovi accordi di governance [cioè un supergoverno fascista dell'UE], dovranno procedere con questo piano".

Il commento di LaRouche è stato: "Che bello, che carino… se i popoli dell'Europa continentale vogliono essere schiavi, lo diventeranno".

27 giugno 2010

Corruzione e burocrazia, nemici dell’economia



E’ assai singolare la disputa in corso tra economisti keynesiani e antikeynesiani sulla manovra di finanza pubblica. I primi pensano che sia necessario lasciare inalterata la spesa pubblica perché questa, stimolando l’economia, contribuisce alla crescita (più correttamente alla domanda aggregata, di beni e servizi). Essi sostengono che siano, addirittura, necessari stimoli monetari - stampare moneta ovvero prendere denaro in prestito dalle banche centrali - non essendo ancora comprovata l’uscita dalla crisi e ritenendo, quindi, più importante garantire lo stimolo alla economia privata, alla piena occupazione e agli acquisti, che provvedere alla riduzione del deficit statale. I secondi rilevano che, al contrario, tagliando la spesa appena usciti dalla crisi, in un momento di crescita economica - seppur debole - come quello attuale, l’effetto recessivo sarebbe nullo o, perlomeno, molto molto basso. Inoltre, le correzioni dei conti pubblici basate sulla riduzione della spesa, e non sull’aumento delle tasse, possono incidere più energicamente sul deficit e sul debito pubblico. Sono scuole di pensiero legittime, entrambe con importanti ricerche e studi ed esempi storici volti a supportare le proprie tesi. Intanto, l’Europa nel suo complesso ha scelto la seconda strada. Tutti i governi hanno puntato a misure di contenimento dei deficit di bilancio e di rientro in parametri più consoni del rapporto debito/PIL. L’Italia ha puntato su un contenimento della spesa pubblica e sul recupero dell’evasione fiscale, non nascondendo che la manovra avrà comunque un effetto recessivo immediato - su un Prodotto Interno Lordo previsto comunque in crescita - almeno per il prossimo biennio. Chiunque può proporre le proprie soluzioni ai problemi di bilancio italiani con piena legittimità. Non esistono, a priori, ricette giuste o sbagliate, se sono proposte nell’interesse comune. Certo è che, finite le dispute macroeconomiche, che comunque nel giro di quattro-cinque anni ci mostreranno chi aveva ragione e chi torto, bisogna inquadrare ogni intervento sui conti pubblici italiani in un ambito più particolare, che gli altri paesi europei non devono fronteggiare. La spesa pubblica italiana ha l’aggravante di essere appesantita da costi impropri, che sulle altre economie europee non pesano. Quasi duemila reati l’anno tra corruzione e abuso d’ufficio, con un trend crescente negli ultimi anni, comportano un costo complessivo valutato, dalla Corte dei Conti e dal Servizio Anticorruzione e Trasparenza del ministero della pubblica amministrazione e dell’innovazione, tra i 50 e i 60 miliardi di euro l’anno (3,3-4 punti percentuali di PIL ovvero quasi il doppio della cifra che viene investita ogni anno in diritti sociali, politiche sociali e famiglia). Sei milioni di aziende costrette ad affrontare un costo medio di 12.000 mila euro per impresa (secondo le stime delle associazioni di categoria) per i famosi “lacci e laccioli” della burocrazia, fanno un totale di 72 miliardi (4,8 punti percentuali di PIL ovvero una cifra che copre quasi il costo dell’intero sistema pensionistico). A questi costi va aggiunto l’onere delle mancate liberalizzazioni - ma anche quello delle liberalizzazioni e privatizzazioni fatte male - che danno un valore stimato (forse per difetto dalle associazioni favorevoli al libero mercato) in 40 miliardi (2,6 punti percentuali di PIL ovvero una somma molto vicina al costo dell’intero sistema di istruzione scolastico). Queste sono spese che non gravano sul bilancio dello Stato, ma direttamente sui bilanci delle famiglie italiane (maggiori costi per gas, energia elettrica, smaltimento rifiuti, ferrovie, trasporto aereo, trasporto locale, telefonia, credito, commercio). Tali, continuano ad essere i grandi dilemmi del nostro paese che affronta i propri problemi strutturali di bilancio con una manovra che ha un impatto massimo pari a 25 miliardi, quando avrebbe a disposizione, come abbiamo visto, almeno altri 160-170 miliardi se recuperasse la propria efficienza. Ecco, allora, che anche le più giuste ed oneste tesi macroeconomiche saltano per aria quando l’economia si scontra con i flagelli della corruzione e della burocrazia.

di Alessandro L. Salvaneschi

26 giugno 2010

Golfo del Messico: un'esplosione nucleare controllata per impedire che la macchia raggiunga l'Atlantico

(MoviSol) - Lo statunitense Centro Nazionale per la Ricerca sull'Atmosfera ha elaborato alcune mappe della distribuzione nel Golfo del Messico della macchia di greggio perso dal pozzo della British Petroleum (BP), macchia che nel corso dell'ultimo mese ha raggiunto le coste occidentali della Florida.

Il centro di ricerca prevede che tra poco più di due settimane il petrolio, una volta raggiunto l'estremo meridionale di quella penisola e sospinto dalle correnti oceaniche che la lambiscono, potrà inquinare anche l'Atlantico, addensandosi lungo una fascia di circa 100 miglia al largo delle coste della Georgia, delle due Caroline e della Virginia, ma anche raggiungendo, una settimana più tardi, l'Atlantico settentrionale.

Da tempo alcuni geologi marini e altri specialisti stanno valutando le condizioni fisiche del pozzo petrolifero, degli strati del fondale e di altri fattori rilevanti rispetto all'impiego di esplosivi di profondità, anche nucleari, per interrompere definitivamente l'efflusso di petrolio.

Le valutazioni di uno tra i principali esperti americani di esplosivi nucleari ad uso civile cominciano ad essere di dominio pubblico.

Tuttavia, finora alla Casa Bianca hanno invece prevalso il paradigma ecologista e i pareri di consiglieri come Carol Browner, lo "zar" di Obama per le questioni legate all'energia e al cosiddetto "cambiamento climatico", cui si è associato anche l'ammiraglio Thad Allen, a capo del Comando Unificato degli Stati Uniti, il quale ha dichiarato alla vigilia della prima visita del Presidente in Louisiana che l'uso degli esplosivi è un tema "periferico rispetto alle cose di cui siamo chiamati a discutere in questo momento".

"Avremmo dovuto demolire quel pozzo con gli esplosivi, più di un mese fa", ha dichiarato ai primi di giugno al Daily Beast Christopher Brown, ex ufficiale della flotta dei sottomarini nucleari. "E siamo ancora qui a portare la croce mentre la BP passa di piano in piano per raccogliere il suo greggio e per proteggere i suoi capitali… sarebbe meglio, e di gran lunga, se il nostro Presidente alzasse la cornetta del telefono rosso per chiamare Vladimir Putin, in modo da ricevere una lezione di ninjapolitik, piuttosto che lasciare alla BP l'incombenza di piani inefficaci da essa stessa avanzati…"

Il risvolto politico più importante di questa faccenda è che la determinazione del Presidente Obama a non offendere Wall Street e l'Impero Britannico, di cui la BP è un braccio economico, mette ulteriormente in pericolo l'istituzione stessa degli Stati Uniti d'America.

La sua inettitudine anche di fronte a questo problema va ad aggiungersi ai "capi d'imputazione" utili alla procedura di impeachment che Lyndon LaRouche pretende da tempo.

25 giugno 2010

La Commissione UE opta per il fascismo fiscale

(MoviSol) - In un incontro con i leader sindacali europei l'11 giugno, il Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso ha di fatto minacciato i paesi membri dell'UE di colpi di stato militari e di fascismo se non riuscissero ad applicare le misure di austerità massiccia richieste per salvare le banche.

Le minacce di Barroso sono state riassunte da John Monks, segretario generale dello European Trade Union Congress (ETUC), in un'intervista all'EU Observer il 14 giugno. "Ho avuto una discussione con Barroso lo scorso venerdì", ha detto Monks, "su che cosa si può fare per la Grecia, la Spagna, il Portogallo e il resto, e il suo messaggio è stato brusco: 'Guarda, se non applicano questi pacchetti d'austerità, quei paesi potrebbero virtualmente sparire nella forma democratica in cui li conosciamo. Non hanno scelta, prendere o lasciare'… Ci ha sbigottiti con una visione apocalittica delle democrazie europee al collasso a causa dell'indebitamento".

Monks stesso sostiene, al contrario, che proprio le misure di austerità condurranno a tale situazione. "Stiamo tornando", ha detto, "agli anni '30, quando, con la Grande Depressione, alla fine ci ritrovammo le dittature militari. Non sto dicendo che ci siamo già, ma è potenzialmente molto grave, non solo economicamente ma anche politicamente".

Helga Zepp LaRouche ha stigmatizzato gli argomenti di Barroso: "E' vero esattamente l'opposto [di quanto afferma il Presidente della Commissione UE]: se i governi europei continueranno a capitolare al diktat dell'UE e espandere il debito statale in modo inflazionistico solo per salvare o nazionalizzare banche scassate, mentre contemporaneamente tagliano brutalmente i livelli di vita degli strati della popolazione poveri o meno abbienti, allora la minaccia di un'apocalisse è reale". La signora Zepp LaRouche ha fatto riferimento alla scadenza del 1 luglio, quando scadono 442 miliardi di finanziamenti a un anno della BCE alle banche europee, o alla data in cui la Grecia chiederà un nuovo salvataggio o la Spagna si farà avanti per il suo pacchetto di salvataggio, come possibili punti traumatici che potrebbero far collassare il sistema. Come dimostra il ruolo storico svolto da Lord Cockfield, le politiche molto "europee" che vengono seguite supinamente dall'Europa continentale hanno origine negli ambienti imperialistici londinesi.

Questo fatto è stato reso palese ancora una volta al vertice UE di Bruxelles del 17 giugno, quando la Commissione Europea, nella persona del Commissario alle Finanze Olli Rehn, ha richiesto programmi di austerità ancora più distruttivi da parte dei governi europei, ammettendo che ogni tornata di tagli peggiora la situazione. Lyndon LaRouche ha commentato che la politica di Rehn è "semplice iperinflazione automatica". Gli obbiettivi di deficit imposti dalla Commissione appena due mesi fa vengono oggi dichiarati inadeguati. "Se continueranno con questa politica, il prossimo mese non ci sarà nessuno", ha sentenziato LaRouche.

Nel frattempo, il Primo ministro britannico David Cameron ha confermato che Londra sta dietro la "dittatura economica" dell'Eurozona, anche se la Gran Bretagna non entrerà nella moneta unica. Ad una conferenza stampa ai margini del vertice, ha affermato: "Chiariamo questa cosa: la Gran Bretagna non è d'accordo e non acconsentirà che vengano trasferiti ulteriori poteri da Westminster a Bruxelles; non siamo membri dell'euro. Noi presenteremo sempre il nostro bilancio prima al Parlamento. Ma se gli stati membri dell'euro ora ritengono che, a causa della situazione critica in cui si trovano, debbano stipulare nuovi accordi di governance [cioè un supergoverno fascista dell'UE], dovranno procedere con questo piano".

Il commento di LaRouche è stato: "Che bello, che carino… se i popoli dell'Europa continentale vogliono essere schiavi, lo diventeranno".