18 luglio 2010

Esiste ancora la «seduzione»?

Esiste ancora quella cosa chiamata «seduzione»?

La risposta che viene subito alla mente, immediata, è un secco e inappellabile: «No, non più; forse un tempo, ma oggi no».

Ma che cosa vuol dire, esattamente, sedurre qualcuno?

Sia «seduttore» che «seduzione» derivano - rispettivamente come nome d’agente e come nome d’azione - dal latino «seducěre», composto di «se-» e «ducěre»: dunque, significa, letteralmente, condurre a sé, attrarre verso di sé. La seduzione è l’arte di attrarre gli altri a sé; e il seduttore è colui, o naturalmente colei, che possiede in modo eminente una tale arte.
Per comprendere quanto l’etimologia della parola sia qualcosa di più di una semplice metafora, ma scaturisca dalla vera e propria realtà dei fatti, bisogna tener presente che ciascuno di noi possiede, e di conseguenza emana, una fitta rete di energie psichiche le quali, di per sé, non sono mai neutre, ma sono, necessariamente, o positive o negative.

Il seduttore, pertanto, è colui che, dotato di una rete energetica particolarmente intensa, ne è pienamente consapevole e la sfrutta a proprio vantaggio, per colpire ed attirare a sé le altre persone: In questo senso, la seduzione sessuale è solo un aspetto particolare, per quanto notevole, di un dato più generale: il seduttore attrae consapevolmente un po’ tutti coloro con i quali entra in contatto; fra di essi, poi, egli sceglie quali “prede” fare proprie.

Eccoci arrivati ad una scoperta interessante: l’energia liberata dal seduttore viene rivolta indiscriminatamente verso l’esterno e chiunque può subirne il fascino, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalle convinzioni morali e così via; anche se poi, ovviamente, il seduttore sceglie, di volta in volta, su quale individuo focalizzare la propria attenzione. Potremmo quindi paragonare il seduttore a un pescatore che se ne vada a pesca con i candelotti di dinamite: per catturare un pesce, è dispostissimo a farne fuori alcune decine: questo non è un problema che lo riguardi o che susciti in lui qualche sorta di scrupolo.

Il minimo che si possa dire è che la seduzione è, da un lato, un immenso dispendio di energie vitali e, dall’altro, che esorbita, per sua natura, dalla sfera etica, in quanto colpisce alla cieca chiunque venga a trovarsi sulla strada del seduttore.

Attenzione: non tutte le persone dotate di alte frequenze energetiche sono delle seduttrici; per esserlo, bisogna che vi sia la consapevolezza di tale potere sul prossimo e, in secondo luogo, la ferma volontà di sfruttarlo al massimo grado, indifferenti alle conseguenze. Chi possiede un alto grado di potere attrattivo, ma ne fa un uso moderato oppure lo rivolge a dei fini disinteressati, ad esempio per aiutare il prossimo ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé, non appartiene alla categoria dei seduttori, ma a quella delle persone affascinanti. Fascino e seduzione sono due cose ben diverse: il primo attrae, ma rispettando la personalità altrui e lasciandone impregiudicata la libertà del volere; la seconda mira deliberatamente ad assoggettare ed è, quindi, un esercizio (e, in genere, un abuso) di potere, né più né meno.

Di solito, il seduttore si giustifica - ammesso che ne senta il bisogno, per lo più allorché deve difendersi dai rimproveri delle sue vittime - affermando che la seduzione esiste perché esistono le persone desiderose di lasciarsi sedurre; il che ha certamente un fondamento di verità, ma è un argomento estremamente ipocrita, come lo è quello dei produttori televisivi i quali si difendono dall’accusa di produrre troppi programmi-spazzatura, dicendo che il pubblico, in fondo, è proprio quelli che vuole. Ipocrita, perché resta il fatto che l’esistenza di una domanda alienata non assolve dalle proprie responsabilità coloro i quali, con astuzia e con frode, sfruttano tale debolezza dell’animo umano per acquisire dei vantaggi personali, di qualsivoglia natura essi siano.

Potremmo riassumere quanto sopra, quindi, dicendo che la seduzione è l’arte di attrarre gli altri verso di sé, in maniera irresponsabile e abusando della loro debolezza, al fine di manipolarli e di sottometterli.

Che, poi, la maggior parte dei seduttori sessuali rifiuterebbero una tale definizione, mostrandosene anzi sdegnati e riparandosi dietro il comodo alibi dell’amore, non significa altro se non la loro incapacità di assumersi le proprie responsabilità e di chiamare le cose con il loro nome. Il seduttore abituale, quindi, è un vile e un ipocrita, oltre che un amorale.

Bisogna d’altra parte distinguere fra la seduzione come gioco e la seduzione come professione (per modo di dire, si capisce).
di Francesco Lamendola

16 luglio 2010

Terrorismo del deficit e guerra economica



Le banche di Wall Street sono state salvate dal fallimento da governi che stanno fallendo a loro volta. Ma le banche non stanno ricambiando il favore perché stanno partecipando ad una guerra di classe, insistendo sul fatto che il ceto medio già tartassato possa essere tartassato ulteriormente per far quadrare i bilanci del governo già sovrasollecitati. Tutti i favori stanno andando verso Wall Street mentre Main Street, la gente comune, scivola nella schiavitù del debito. A Wall Street bisogna far pagare la sua parte, ma in che modo?

Il disegno di legge di riforma finanziaria approvato il 25 giugno potrebbe aver ritagliato un qualche genere di protezione per i consumatori ma per Goldman Sachs e la lobby dei derivati il disegno di legge è stata una vittoria netta, lasciando intatto il business delle scommesse di Wall Street. In un articolo pubblicato il 25 giugno su Newsweek dal titolo “La riforma finanziaria rafforza le banche più grandi”, Michael Hirsch scriveva che il disegno di legge “consacra di fatto l’élite finanziaria esistente. Con il disegno di legge è più probabile che diventeranno anche i futuri colossi del sistema bancario”.



Il governo federale e la Federal Reserve hanno anticipato letteralmente migliaia di miliardi di dollari per salvare i grandi giocatori di Wall Street, al punto di mettere a repentaglio la valutazione del credito del governo stesso. Ma Wall Street non ha dovuto pagare nulla per il risanamento. Sono stati lasciati a pagare il conto gli stati e i cittadini. Il 17 giugno, Time ha pubblicato un articolo di David von Drehle dal titolo “All’interno della gravissima situazione degli Stati” nel quale si scrive che la maggior parte degli stati sono ora alla prese con continui deficit nei bilanci che non si vedevano dagli anni Trenta. A differenza delle banche di Wall Street, che possono prendere a prestito dai fondi federali al tasso incredibilmente basso dello 0,2% e reinvestire quei soldi nella speculazione, gli stati non hanno accesso alle linee di credito. Devono prendere denaro a prestito tramite l’emissione di obbligazioni e numerosi stati sono così vicini al fallimento che la valutazione dei loro titoli sta crollando. A peggiorare le cose, agli stati non è legalmente consentito di essere insolventi. A differenza del governo federale, che può indebitarsi all’infinito, gli stati devono far quadrare i loro bilanci e non possono emettere valuta propria. Questo li mette sullo stesso piano della Grecia e di altri paesi europei pieni di debiti, ai quali è vietato, secondo le normative dell’Unione Europea, emettere valuta propria o prendere a prestito denaro dalle proprie banche centrali.

Gli Stati, naturalmente, non hanno una propria banca di proprietà pubblica, con un’eccezione – il Nord Dakota. Il Nord Dakota è inoltre l’unico stato che può sfoggiare un avanzo di bilancio, e il livello più basso di disoccupazione e di morosità nei mutui immobiliari. Come osserva von Drehle, “E’ una cosa meravigliosa essere il Nord Dakota”.

La gran parte degli stati è alle prese con gravi e croniche insolvenze, il che li colloca nella stessa trappola del debito della Grecia: sono stati obbligati a licenzare i dipendenti, vendere i beni pubblici e cercare dei modi per riscuotere altre imposte da una popolazione già sovratassata. E la loro situazione è destinata a peggiorare, dato che il pacchetto di incentivi del governo federale verrà presto tagliato, insieme agli aiuti agli stati.

Il governo federale non sta solamente lasciando all’asciutto gli stati ma minaccia di imporre addirittura altre tasse ai cittadini che ormai si trovano in seria difficoltà. Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve e attuale consigliere economico alla Casa Bianca, ha detto in aprile che il Congresso deve tenere in considerazione l’IVA – una tassa imposta ai vari livelli di produzione sui beni di consumo. Attualmente un’IVA al 17,5% viene imposta in Gran Bretagna, mentre è stato proposto un suo innalzamento al 20%, mentre alcuni paesi dell’Unione Europea hanno già un’IVA al 25%. In Europa, perlomeno i cittadini ricevono qualcosa in cambio dei loro soldi, tra cui un’assistenza sanitaria finanziata dalla federazione ma questo non avverrà così facilmente negli Stati Uniti dove addirittura l’aggettivo “pubblico” per l’assistenza sanitaria non compare più nel programma. L’IVA colpisce in particolare i ceti medi e bassi, dato che questi spendono la maggior parte delle loro entrate in beni di consumo. I ricchi, d’altro canto, investono buona parte dei loro soldi in attività speculative, che al momento non vengono tassate.

Ciclo econonomico o guerra di classe?

Ismael Hossein-Zadehi , che insegna economia alla Drake University nello Iowa, definisce l’intera crisi economica una guerra di classe. Quello che è stato descritto come debito pubblico è iniziato come debito privato di speculatori finanziari che l’hanno scaricato sulla gente. I governi che hanno salvato questi speculatori insolventi sono diventati a loro volta insolventi ma le banche che sono state tratte in salvo, piuttosto che tendere una mano in cambio, hanno preteso la loro fetta di torta, con pagamento per intero. I responsabili stanno dando la colpa alle vittime e insistono sulla “responsabilità fiscale”. I banchieri di Wall Street stanno dettando i termini della restituzione dei debiti che loro stessi avevano contratto.

“Responsabilità fiscale” significa un taglio alla spesa, un fattore che è intrinsicamente deflazionistico nel corso di una recessione, come abbiamo visto nelle disastrose politiche del presidente Herbert Hoover del periodo depressionario. Non furono solamente i repubblicani a sbagliare. Nel 1937, il presidente Franklin Roosevelt tagliò anch’egli la spesa pubblica, riportando l’economia di nuovo in recessione. I tagli alla spesa provocano la riduzione delle entrate fiscali, che hanno come risultato ulteriori tagli alla spesa. Contrariamente a quanto ci è stato detto finora, i governi nazionali non sono come le famiglie. Non devono far quadrare i loro bilanci e “vivere dei propri mezzi” perché essi hanno gli strumenti per aumentare l’offerta monetaria. Non solo hanno gli strumenti ma devono partecipare alla spesa pubblica quando l’economia privata si sta riducendo, per continuare a far girare l’economia. Praticamente oggi tutto il denaro ha origine sotto forma di credito creato dalle banche o di debito. E oggi l’offerta monetariasi sta riducendo ad un ritmo che non si vedeva dagli anni Trenta perché la crisi bancaria ha reso sempre più difficile ottenere credito.

Tuttavia, invece di “rigonfiare” l’economia collassata i governi nazionali stanno insistendo sulla responsabilità fiscale, e la responsabilità viene messa tutta sugli stati, sul lavoro e sulle classi produttive. Buona parte degli speculatori finanziari che hanno provocato il crollo la farà franca. Non solo non pagano nessuna imposta sugli acquisti e le vendite dei loro “prodotti finanziari” ma pagano anche pochissimo come imposte sul reddito. Goldman Sachs ha pagato un’aliquota effettiva di appena l’1% nel 2008. Il professor Hossein-Zadehi scrive:

“Sta diventando sempre più evidente che la maggioranza dei lavoratori in tutto il mondo ha di fronte un nemico comune: un’oligarchia finanziaria improduttiva che, come un parassita, succhia il sangue economico dei lavoratori, semplicemente operando e/o scommettendo su richieste di proprietà... la vera domanda è quando i lavoratori e le altre vittime dell’ingiusto peso del debito capiranno la gravità di questa situazione e si ribelleranno per liberarsi dalle catene del debito e della depressione”.

I lavoratori non si ribellano perché hanno subito la propaganda di credere che l’”austerità fiscale” è un qualcosa che è necessario intraprendere per salvare i loro figli da un destino ancora peggiore. In realtà quello che è necessario che avvenga in un crollo deflazionistico è spendere più soldi nel sistema, e non ritirarli per pagare il debito federale. Il denaro deve andare nell’economia reale – nelle fabbriche, nelle aziende agricole, nelle imprese, nel mercato immobiliare, nei trasporti, nei sistemi di energia sostenibile, nell’assistenza sanitaria, nell’istruzione. Invece il denaro degli incentivi è stato depredato per risanare i bilanci tossi degli scommettitori finanziari che hanno spinto l’economia in una pericolosa discesa in picchiata.

Pareggiare i conti

Mentre il Congresso va incontro alle esigenze delle banche, gli stati si devono arrangiare da soli. Da dove devono venire i soldi per riuscire nell’impossibile impresa di far quadrare i loro bilanci? Il salasso di una classe di lavoratori già anemica con l’IVA è più probabile che uccida il paziente piuttosto che guarirlo. “A differenza dei paesi dell’Unione Europea, dove l’IVA è la più grande fonte di entrate fiscali”, fa notare il professor Randall G. Holcombe, “gli stati degli Stati Uniti impongono già l’IVA di base con le loro imposte sulle vendite”. Un raddoppiamento non solo ridurrebbe la quantità di denaro che gli stati sarebbero in grado di riscuotere ma ostacolerebbe seriamente il ruolo dell’IVA come generatore di denaro. Entro il 2030, dice il professor Holcombe, questo effetto compenserebbe qualunque aumento nelle entrate del governo provenienti dall’IVA.

Una soluzione più praticabile e giusta sarebbe quella di approfittare dell’unico grande mercato rimasto sul pianeta che oggi non è soggetto a tasse – i “prodotti finanziari” che rappresentano le scorte di magazzino del robusto settore finanziario. Un’imposta sulle transazioni finanziarie nelle operazioni speculative a volte viene chiamata “Tobin tax”, dal nome dell’uomo che per primo la propose, l’economista premio Nobel James Tobin. Il potenziale di una Tobin tax è enorme. La Banca per i Regolamenti Internazioni ha fatto sapere che nel 2008 le operazioni totali sui derivati assommavano a 1,14 milioni di miliardi di dollari. Questa cifrà probabilmente era sottostimata, dato che le operazioni over-the-counter non venivano riportate e la loro dimensione è sconosciuta. Un’imposta di appena l’1% su un milione di miliardi di dollari di operazioni genererebbe 10.000 miliardi di dollari all’anno di fondi pubblici. E questo solamente per i derivati. Ci sono anche le azioni, le obbligazioni e le altre operazioni finanziarie da mettere nel frullatore, e più di metà di queste operazioni avvengono negli Stati Uniti.

Una Tobin tax non genererebbe queste enormi somme ogni anno, perché affosserebbe le operazioni computerizzate ad alta fraquenza che ora compongono il 70% degli acquisti sul mercato azionario. Ma si tratterebbe di una fine meritevole. L’improvvisa discesa di mille punti nel Dow Industrial Average del 6 maggio ho fatto vedere al mondo come sia vulnerabile il mercato azionario alla manipolazione da parte di questi sofisticati scommettitori dei mercati. L’intero business del trading ad alta frequenza deve essere fermato, per proteggere i legittimi investitori che stanno utilizzando il mercato azionario secondo il fine per il quale era stato concepito: aumentare il capitale delle imprese. Come ha osservato Mark Cuban in un articolo del 9 maggio intitolato “In quale business si è ficcata Wall Street?”:

“La creazione del capitale per farne business deve essere meno dell’uno per cento sul volume di Wall Street in qualsiasi momento… la mia opinione è che è importante che questo paese tenga Wall Street lontana dal business di creazione del capitale per farne altro business. Che venga fatto con l’utilizzo di imposte sulle operazioni di compravendita, o con la modifica della struttura fiscale sui guadagni in conto capitale in modo che non ci siano tasse sui guadagni in conto capitale sui pacchetti di azioni (di aziende pubbliche o private) detenuti per più di 5 anni, e nessuna imposta sui dividendi pagati agli azionisti che hanno tenuto le azioni in azienda per più di 5 anni. C’è bisogno di farlo, c’è bisogno di far pensare i grossi scommettitori di Wall Street a dei modi per utilizzare i loro capitali per aiutare a far nascere e crescere le imprese. E’ questo il modo in cui si potranno creare posti di lavoro. E’ questo che sarà l’elemento che accelererà l’economia mondiale. Non arriverà dai trader che cercano di entrare illegalmente nel sistema finanziario per guadagnare pochi spiccioli ad ogni operazione”.

Oltre a proteggere i legittimi risparmiatori e gli investitori esentando coloro che detengono azioni per più di 5 anni, questi potrebbero anche essere esentati da una Tobin tax se il totale complessivo degli acquisti di azioni è al di sotto del milione di dollari l’anno. Tutto ciò trasformerebbe letteralmente questa tassa in una tassa per milionari – e davvero irrisoria, a solamente l’1% per operazione.

Nel corso del summit dei G20 a Toronto dello scorso fine settimana, è stato esaminata e appoggiata da Francia e Germania l’eventualità di una tassa sulle transazioni finanziarie ma alla quale si sono opposte Stati Uniti e Canada, anche se non è stato deciso nulla di vincolante. Ad ogni modo, gli stati non devono aspettare il governo federale o il G20 per agire perché potrebbero imporre loro stessi una Tobin tax. Si potrebbe obiettare che gli speculatori di Wall Street riscuoterebbero le loro entrate e andrebbero da un’altra parte, ma le grandi banche e gli intermediari hanno filiali in tutte le grandi città di ogni stato. Difficilmente farebbero le tende e lascerebbero i loro lucrosi centri di business. Né si può sostenere che dovremmo andare incontro ai pirati che stanno saccheggiando i nostri mercati azionari perché ci stanno pagando una bella bustarella, perché non stanno nemmeno facendo quello. Oggi le operazioni finanziarie non generano entrate fiscali.

Due candidati del partito dei verdi per il ruolo di governatore, Laura Wells in California e Rich Whitney in Illinois, hanno inserito una Tobin tax imposta dallo stato nelle loro piattaforme. Entrambi stanno facendo una campagna per avere banche di proprietà pubblica nei loro stati, sul modello della Banca del Nord Dakota. Le persone di tutto il mondo fanno affidamento sugli Stati Uniti per il loro coraggio e l’innovazione, e California e Illinois sono due degli stati maggiormente colpiti. Se questi stati riuscissero a ribaltare le loro economie potrebbero stabilire un modello per una sovranità economica a livello globale.

Ellen Brown

15 luglio 2010

Il denaro è diventato senza valore

Lyndon LaRouche ha aperto la sua conferenza del 26 giugno, trasmessa su internet, con una precisa descrizione dell'attuale crisi economico-finanziaria, che sta minacciando la regione transatlantica con un collasso totale e imminente. Il problema, ha sottolineato, è il fare affidamento sul denaro, nel momento in cui il denaro "è diventato quasi senza valore".

Solo una piccola parte del denaro circolante è veramente legato alla produzione, al commercio e al consumo fisico della popolazione e dell'industria, "paragonato al quantitativo di denaro rifinanziato e moltiplicato a ritmi celeri mentre le industrie e i comuni chiudono, e il Congresso americano … ha appena condannato 2 milioni di persone a perdere l'assegno di disoccupazione".

Abbiamo raggiunto il punto, ha proseguito LaRouche, in cui "l'idea di contare un'economia in termini di denaro è piuttosto stupida!" Mentre i redditi legati ai beni e ai servizi essenziali per la popolazione, negli stati e nelle città, si riducono rapidamente, circolano centinaia di trilioni di dollari di scommesse speculative. LaRouche ha paragonato la situazione ad una persona che entra nella bisca con pochi dollari in tasca e vuole fare una puntata di trilioni di dollari. La speculazione finanziaria, ha detto, è come un gigantesco gioco del Monopoli, con denaro finto, denaro per gioco che comunemente si chiama derivati finanziari.

"Per cui, non si riesce più a misurare le prestazioni di un'economia nazionale in termini di denaro… Non si può più dire: 'Ho studiato il denaro. All'Università ho studiato il denaro e ho imparato tutte queste regole sulla sua circolazione'. Oggi solo uno stupido parla di denaro in quel modo." Il denaro finto, quello del Monopoli, ha spiegato LaRouche, può e deve essere cancellato, e "l'unico modo per farlo, sia negli Stati Uniti che in Europa, è con una riforma alla Glass-Steagall".

Sotto una regola Glass-Steagall, ogni cosiddetto attivo che non corrisponda a valore reale "è essenzialmente destinato a sparire". Ma poiché si tratta di "semplici soldi del Monopoli", o anche meno, perché sono elettronici, possono essere spazzati via senza danneggiare l'economia.

LaRouche ha ripetutamente detto che una riforma Glass-Steagall è urgente, "sia per gli Stati Uniti che per l'Europa. Altre parti del mondo possono adottarla. Anzi, l'India o la Cina sono in una situazione addirittura migliore".

Di fronte al crollo della più grande bolla di tutta la storia umana, in termini di tassi relativi pro capite, se "continuano le attuali leggi e l'attuale comportamento… per la fine dell'estate non ci saranno economie nella comunità transatlantica".

Solo se avviene una tale riorganizzazione dei sistemi bancari e finanziari, gli stati possono procedere ad emettere credito per ricostruire l'economia fisica. Sul tema di come determinare i necessari investimenti nelle infrastrutture, LaRouche ha ripetutamente fatto riferimento ai concetti che sta sviluppando negli scritti sull'"economia segreta" pubblicati su EIR Online. Devono essere fatte nuove considerazioni, e perciò devo eseguire il mio compito di economista fisico e definire i principii dell'economia fisica entro i quali operiamo… non solo questa ripresa, ma ciò che dev'essere fatto su scala globale in questo secolo. E lo scopo… è un programma di volano scientifico che è designato a risolvere i problemi… e trasportare gli esseri umani, in sicurezza, dalla Luna all'orbita di Marte e atterrare sulla superficie" del pianeta rosso. "I problemi sono grandi, ma sono inerentemente risolvibili, anche se non abbiamo ancora scoperto molte delle soluzioni richieste".

by Movisol

18 luglio 2010

Esiste ancora la «seduzione»?

Esiste ancora quella cosa chiamata «seduzione»?

La risposta che viene subito alla mente, immediata, è un secco e inappellabile: «No, non più; forse un tempo, ma oggi no».

Ma che cosa vuol dire, esattamente, sedurre qualcuno?

Sia «seduttore» che «seduzione» derivano - rispettivamente come nome d’agente e come nome d’azione - dal latino «seducěre», composto di «se-» e «ducěre»: dunque, significa, letteralmente, condurre a sé, attrarre verso di sé. La seduzione è l’arte di attrarre gli altri a sé; e il seduttore è colui, o naturalmente colei, che possiede in modo eminente una tale arte.
Per comprendere quanto l’etimologia della parola sia qualcosa di più di una semplice metafora, ma scaturisca dalla vera e propria realtà dei fatti, bisogna tener presente che ciascuno di noi possiede, e di conseguenza emana, una fitta rete di energie psichiche le quali, di per sé, non sono mai neutre, ma sono, necessariamente, o positive o negative.

Il seduttore, pertanto, è colui che, dotato di una rete energetica particolarmente intensa, ne è pienamente consapevole e la sfrutta a proprio vantaggio, per colpire ed attirare a sé le altre persone: In questo senso, la seduzione sessuale è solo un aspetto particolare, per quanto notevole, di un dato più generale: il seduttore attrae consapevolmente un po’ tutti coloro con i quali entra in contatto; fra di essi, poi, egli sceglie quali “prede” fare proprie.

Eccoci arrivati ad una scoperta interessante: l’energia liberata dal seduttore viene rivolta indiscriminatamente verso l’esterno e chiunque può subirne il fascino, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalle convinzioni morali e così via; anche se poi, ovviamente, il seduttore sceglie, di volta in volta, su quale individuo focalizzare la propria attenzione. Potremmo quindi paragonare il seduttore a un pescatore che se ne vada a pesca con i candelotti di dinamite: per catturare un pesce, è dispostissimo a farne fuori alcune decine: questo non è un problema che lo riguardi o che susciti in lui qualche sorta di scrupolo.

Il minimo che si possa dire è che la seduzione è, da un lato, un immenso dispendio di energie vitali e, dall’altro, che esorbita, per sua natura, dalla sfera etica, in quanto colpisce alla cieca chiunque venga a trovarsi sulla strada del seduttore.

Attenzione: non tutte le persone dotate di alte frequenze energetiche sono delle seduttrici; per esserlo, bisogna che vi sia la consapevolezza di tale potere sul prossimo e, in secondo luogo, la ferma volontà di sfruttarlo al massimo grado, indifferenti alle conseguenze. Chi possiede un alto grado di potere attrattivo, ma ne fa un uso moderato oppure lo rivolge a dei fini disinteressati, ad esempio per aiutare il prossimo ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé, non appartiene alla categoria dei seduttori, ma a quella delle persone affascinanti. Fascino e seduzione sono due cose ben diverse: il primo attrae, ma rispettando la personalità altrui e lasciandone impregiudicata la libertà del volere; la seconda mira deliberatamente ad assoggettare ed è, quindi, un esercizio (e, in genere, un abuso) di potere, né più né meno.

Di solito, il seduttore si giustifica - ammesso che ne senta il bisogno, per lo più allorché deve difendersi dai rimproveri delle sue vittime - affermando che la seduzione esiste perché esistono le persone desiderose di lasciarsi sedurre; il che ha certamente un fondamento di verità, ma è un argomento estremamente ipocrita, come lo è quello dei produttori televisivi i quali si difendono dall’accusa di produrre troppi programmi-spazzatura, dicendo che il pubblico, in fondo, è proprio quelli che vuole. Ipocrita, perché resta il fatto che l’esistenza di una domanda alienata non assolve dalle proprie responsabilità coloro i quali, con astuzia e con frode, sfruttano tale debolezza dell’animo umano per acquisire dei vantaggi personali, di qualsivoglia natura essi siano.

Potremmo riassumere quanto sopra, quindi, dicendo che la seduzione è l’arte di attrarre gli altri verso di sé, in maniera irresponsabile e abusando della loro debolezza, al fine di manipolarli e di sottometterli.

Che, poi, la maggior parte dei seduttori sessuali rifiuterebbero una tale definizione, mostrandosene anzi sdegnati e riparandosi dietro il comodo alibi dell’amore, non significa altro se non la loro incapacità di assumersi le proprie responsabilità e di chiamare le cose con il loro nome. Il seduttore abituale, quindi, è un vile e un ipocrita, oltre che un amorale.

Bisogna d’altra parte distinguere fra la seduzione come gioco e la seduzione come professione (per modo di dire, si capisce).
di Francesco Lamendola

16 luglio 2010

Terrorismo del deficit e guerra economica



Le banche di Wall Street sono state salvate dal fallimento da governi che stanno fallendo a loro volta. Ma le banche non stanno ricambiando il favore perché stanno partecipando ad una guerra di classe, insistendo sul fatto che il ceto medio già tartassato possa essere tartassato ulteriormente per far quadrare i bilanci del governo già sovrasollecitati. Tutti i favori stanno andando verso Wall Street mentre Main Street, la gente comune, scivola nella schiavitù del debito. A Wall Street bisogna far pagare la sua parte, ma in che modo?

Il disegno di legge di riforma finanziaria approvato il 25 giugno potrebbe aver ritagliato un qualche genere di protezione per i consumatori ma per Goldman Sachs e la lobby dei derivati il disegno di legge è stata una vittoria netta, lasciando intatto il business delle scommesse di Wall Street. In un articolo pubblicato il 25 giugno su Newsweek dal titolo “La riforma finanziaria rafforza le banche più grandi”, Michael Hirsch scriveva che il disegno di legge “consacra di fatto l’élite finanziaria esistente. Con il disegno di legge è più probabile che diventeranno anche i futuri colossi del sistema bancario”.



Il governo federale e la Federal Reserve hanno anticipato letteralmente migliaia di miliardi di dollari per salvare i grandi giocatori di Wall Street, al punto di mettere a repentaglio la valutazione del credito del governo stesso. Ma Wall Street non ha dovuto pagare nulla per il risanamento. Sono stati lasciati a pagare il conto gli stati e i cittadini. Il 17 giugno, Time ha pubblicato un articolo di David von Drehle dal titolo “All’interno della gravissima situazione degli Stati” nel quale si scrive che la maggior parte degli stati sono ora alla prese con continui deficit nei bilanci che non si vedevano dagli anni Trenta. A differenza delle banche di Wall Street, che possono prendere a prestito dai fondi federali al tasso incredibilmente basso dello 0,2% e reinvestire quei soldi nella speculazione, gli stati non hanno accesso alle linee di credito. Devono prendere denaro a prestito tramite l’emissione di obbligazioni e numerosi stati sono così vicini al fallimento che la valutazione dei loro titoli sta crollando. A peggiorare le cose, agli stati non è legalmente consentito di essere insolventi. A differenza del governo federale, che può indebitarsi all’infinito, gli stati devono far quadrare i loro bilanci e non possono emettere valuta propria. Questo li mette sullo stesso piano della Grecia e di altri paesi europei pieni di debiti, ai quali è vietato, secondo le normative dell’Unione Europea, emettere valuta propria o prendere a prestito denaro dalle proprie banche centrali.

Gli Stati, naturalmente, non hanno una propria banca di proprietà pubblica, con un’eccezione – il Nord Dakota. Il Nord Dakota è inoltre l’unico stato che può sfoggiare un avanzo di bilancio, e il livello più basso di disoccupazione e di morosità nei mutui immobiliari. Come osserva von Drehle, “E’ una cosa meravigliosa essere il Nord Dakota”.

La gran parte degli stati è alle prese con gravi e croniche insolvenze, il che li colloca nella stessa trappola del debito della Grecia: sono stati obbligati a licenzare i dipendenti, vendere i beni pubblici e cercare dei modi per riscuotere altre imposte da una popolazione già sovratassata. E la loro situazione è destinata a peggiorare, dato che il pacchetto di incentivi del governo federale verrà presto tagliato, insieme agli aiuti agli stati.

Il governo federale non sta solamente lasciando all’asciutto gli stati ma minaccia di imporre addirittura altre tasse ai cittadini che ormai si trovano in seria difficoltà. Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve e attuale consigliere economico alla Casa Bianca, ha detto in aprile che il Congresso deve tenere in considerazione l’IVA – una tassa imposta ai vari livelli di produzione sui beni di consumo. Attualmente un’IVA al 17,5% viene imposta in Gran Bretagna, mentre è stato proposto un suo innalzamento al 20%, mentre alcuni paesi dell’Unione Europea hanno già un’IVA al 25%. In Europa, perlomeno i cittadini ricevono qualcosa in cambio dei loro soldi, tra cui un’assistenza sanitaria finanziata dalla federazione ma questo non avverrà così facilmente negli Stati Uniti dove addirittura l’aggettivo “pubblico” per l’assistenza sanitaria non compare più nel programma. L’IVA colpisce in particolare i ceti medi e bassi, dato che questi spendono la maggior parte delle loro entrate in beni di consumo. I ricchi, d’altro canto, investono buona parte dei loro soldi in attività speculative, che al momento non vengono tassate.

Ciclo econonomico o guerra di classe?

Ismael Hossein-Zadehi , che insegna economia alla Drake University nello Iowa, definisce l’intera crisi economica una guerra di classe. Quello che è stato descritto come debito pubblico è iniziato come debito privato di speculatori finanziari che l’hanno scaricato sulla gente. I governi che hanno salvato questi speculatori insolventi sono diventati a loro volta insolventi ma le banche che sono state tratte in salvo, piuttosto che tendere una mano in cambio, hanno preteso la loro fetta di torta, con pagamento per intero. I responsabili stanno dando la colpa alle vittime e insistono sulla “responsabilità fiscale”. I banchieri di Wall Street stanno dettando i termini della restituzione dei debiti che loro stessi avevano contratto.

“Responsabilità fiscale” significa un taglio alla spesa, un fattore che è intrinsicamente deflazionistico nel corso di una recessione, come abbiamo visto nelle disastrose politiche del presidente Herbert Hoover del periodo depressionario. Non furono solamente i repubblicani a sbagliare. Nel 1937, il presidente Franklin Roosevelt tagliò anch’egli la spesa pubblica, riportando l’economia di nuovo in recessione. I tagli alla spesa provocano la riduzione delle entrate fiscali, che hanno come risultato ulteriori tagli alla spesa. Contrariamente a quanto ci è stato detto finora, i governi nazionali non sono come le famiglie. Non devono far quadrare i loro bilanci e “vivere dei propri mezzi” perché essi hanno gli strumenti per aumentare l’offerta monetaria. Non solo hanno gli strumenti ma devono partecipare alla spesa pubblica quando l’economia privata si sta riducendo, per continuare a far girare l’economia. Praticamente oggi tutto il denaro ha origine sotto forma di credito creato dalle banche o di debito. E oggi l’offerta monetariasi sta riducendo ad un ritmo che non si vedeva dagli anni Trenta perché la crisi bancaria ha reso sempre più difficile ottenere credito.

Tuttavia, invece di “rigonfiare” l’economia collassata i governi nazionali stanno insistendo sulla responsabilità fiscale, e la responsabilità viene messa tutta sugli stati, sul lavoro e sulle classi produttive. Buona parte degli speculatori finanziari che hanno provocato il crollo la farà franca. Non solo non pagano nessuna imposta sugli acquisti e le vendite dei loro “prodotti finanziari” ma pagano anche pochissimo come imposte sul reddito. Goldman Sachs ha pagato un’aliquota effettiva di appena l’1% nel 2008. Il professor Hossein-Zadehi scrive:

“Sta diventando sempre più evidente che la maggioranza dei lavoratori in tutto il mondo ha di fronte un nemico comune: un’oligarchia finanziaria improduttiva che, come un parassita, succhia il sangue economico dei lavoratori, semplicemente operando e/o scommettendo su richieste di proprietà... la vera domanda è quando i lavoratori e le altre vittime dell’ingiusto peso del debito capiranno la gravità di questa situazione e si ribelleranno per liberarsi dalle catene del debito e della depressione”.

I lavoratori non si ribellano perché hanno subito la propaganda di credere che l’”austerità fiscale” è un qualcosa che è necessario intraprendere per salvare i loro figli da un destino ancora peggiore. In realtà quello che è necessario che avvenga in un crollo deflazionistico è spendere più soldi nel sistema, e non ritirarli per pagare il debito federale. Il denaro deve andare nell’economia reale – nelle fabbriche, nelle aziende agricole, nelle imprese, nel mercato immobiliare, nei trasporti, nei sistemi di energia sostenibile, nell’assistenza sanitaria, nell’istruzione. Invece il denaro degli incentivi è stato depredato per risanare i bilanci tossi degli scommettitori finanziari che hanno spinto l’economia in una pericolosa discesa in picchiata.

Pareggiare i conti

Mentre il Congresso va incontro alle esigenze delle banche, gli stati si devono arrangiare da soli. Da dove devono venire i soldi per riuscire nell’impossibile impresa di far quadrare i loro bilanci? Il salasso di una classe di lavoratori già anemica con l’IVA è più probabile che uccida il paziente piuttosto che guarirlo. “A differenza dei paesi dell’Unione Europea, dove l’IVA è la più grande fonte di entrate fiscali”, fa notare il professor Randall G. Holcombe, “gli stati degli Stati Uniti impongono già l’IVA di base con le loro imposte sulle vendite”. Un raddoppiamento non solo ridurrebbe la quantità di denaro che gli stati sarebbero in grado di riscuotere ma ostacolerebbe seriamente il ruolo dell’IVA come generatore di denaro. Entro il 2030, dice il professor Holcombe, questo effetto compenserebbe qualunque aumento nelle entrate del governo provenienti dall’IVA.

Una soluzione più praticabile e giusta sarebbe quella di approfittare dell’unico grande mercato rimasto sul pianeta che oggi non è soggetto a tasse – i “prodotti finanziari” che rappresentano le scorte di magazzino del robusto settore finanziario. Un’imposta sulle transazioni finanziarie nelle operazioni speculative a volte viene chiamata “Tobin tax”, dal nome dell’uomo che per primo la propose, l’economista premio Nobel James Tobin. Il potenziale di una Tobin tax è enorme. La Banca per i Regolamenti Internazioni ha fatto sapere che nel 2008 le operazioni totali sui derivati assommavano a 1,14 milioni di miliardi di dollari. Questa cifrà probabilmente era sottostimata, dato che le operazioni over-the-counter non venivano riportate e la loro dimensione è sconosciuta. Un’imposta di appena l’1% su un milione di miliardi di dollari di operazioni genererebbe 10.000 miliardi di dollari all’anno di fondi pubblici. E questo solamente per i derivati. Ci sono anche le azioni, le obbligazioni e le altre operazioni finanziarie da mettere nel frullatore, e più di metà di queste operazioni avvengono negli Stati Uniti.

Una Tobin tax non genererebbe queste enormi somme ogni anno, perché affosserebbe le operazioni computerizzate ad alta fraquenza che ora compongono il 70% degli acquisti sul mercato azionario. Ma si tratterebbe di una fine meritevole. L’improvvisa discesa di mille punti nel Dow Industrial Average del 6 maggio ho fatto vedere al mondo come sia vulnerabile il mercato azionario alla manipolazione da parte di questi sofisticati scommettitori dei mercati. L’intero business del trading ad alta frequenza deve essere fermato, per proteggere i legittimi investitori che stanno utilizzando il mercato azionario secondo il fine per il quale era stato concepito: aumentare il capitale delle imprese. Come ha osservato Mark Cuban in un articolo del 9 maggio intitolato “In quale business si è ficcata Wall Street?”:

“La creazione del capitale per farne business deve essere meno dell’uno per cento sul volume di Wall Street in qualsiasi momento… la mia opinione è che è importante che questo paese tenga Wall Street lontana dal business di creazione del capitale per farne altro business. Che venga fatto con l’utilizzo di imposte sulle operazioni di compravendita, o con la modifica della struttura fiscale sui guadagni in conto capitale in modo che non ci siano tasse sui guadagni in conto capitale sui pacchetti di azioni (di aziende pubbliche o private) detenuti per più di 5 anni, e nessuna imposta sui dividendi pagati agli azionisti che hanno tenuto le azioni in azienda per più di 5 anni. C’è bisogno di farlo, c’è bisogno di far pensare i grossi scommettitori di Wall Street a dei modi per utilizzare i loro capitali per aiutare a far nascere e crescere le imprese. E’ questo il modo in cui si potranno creare posti di lavoro. E’ questo che sarà l’elemento che accelererà l’economia mondiale. Non arriverà dai trader che cercano di entrare illegalmente nel sistema finanziario per guadagnare pochi spiccioli ad ogni operazione”.

Oltre a proteggere i legittimi risparmiatori e gli investitori esentando coloro che detengono azioni per più di 5 anni, questi potrebbero anche essere esentati da una Tobin tax se il totale complessivo degli acquisti di azioni è al di sotto del milione di dollari l’anno. Tutto ciò trasformerebbe letteralmente questa tassa in una tassa per milionari – e davvero irrisoria, a solamente l’1% per operazione.

Nel corso del summit dei G20 a Toronto dello scorso fine settimana, è stato esaminata e appoggiata da Francia e Germania l’eventualità di una tassa sulle transazioni finanziarie ma alla quale si sono opposte Stati Uniti e Canada, anche se non è stato deciso nulla di vincolante. Ad ogni modo, gli stati non devono aspettare il governo federale o il G20 per agire perché potrebbero imporre loro stessi una Tobin tax. Si potrebbe obiettare che gli speculatori di Wall Street riscuoterebbero le loro entrate e andrebbero da un’altra parte, ma le grandi banche e gli intermediari hanno filiali in tutte le grandi città di ogni stato. Difficilmente farebbero le tende e lascerebbero i loro lucrosi centri di business. Né si può sostenere che dovremmo andare incontro ai pirati che stanno saccheggiando i nostri mercati azionari perché ci stanno pagando una bella bustarella, perché non stanno nemmeno facendo quello. Oggi le operazioni finanziarie non generano entrate fiscali.

Due candidati del partito dei verdi per il ruolo di governatore, Laura Wells in California e Rich Whitney in Illinois, hanno inserito una Tobin tax imposta dallo stato nelle loro piattaforme. Entrambi stanno facendo una campagna per avere banche di proprietà pubblica nei loro stati, sul modello della Banca del Nord Dakota. Le persone di tutto il mondo fanno affidamento sugli Stati Uniti per il loro coraggio e l’innovazione, e California e Illinois sono due degli stati maggiormente colpiti. Se questi stati riuscissero a ribaltare le loro economie potrebbero stabilire un modello per una sovranità economica a livello globale.

Ellen Brown

15 luglio 2010

Il denaro è diventato senza valore

Lyndon LaRouche ha aperto la sua conferenza del 26 giugno, trasmessa su internet, con una precisa descrizione dell'attuale crisi economico-finanziaria, che sta minacciando la regione transatlantica con un collasso totale e imminente. Il problema, ha sottolineato, è il fare affidamento sul denaro, nel momento in cui il denaro "è diventato quasi senza valore".

Solo una piccola parte del denaro circolante è veramente legato alla produzione, al commercio e al consumo fisico della popolazione e dell'industria, "paragonato al quantitativo di denaro rifinanziato e moltiplicato a ritmi celeri mentre le industrie e i comuni chiudono, e il Congresso americano … ha appena condannato 2 milioni di persone a perdere l'assegno di disoccupazione".

Abbiamo raggiunto il punto, ha proseguito LaRouche, in cui "l'idea di contare un'economia in termini di denaro è piuttosto stupida!" Mentre i redditi legati ai beni e ai servizi essenziali per la popolazione, negli stati e nelle città, si riducono rapidamente, circolano centinaia di trilioni di dollari di scommesse speculative. LaRouche ha paragonato la situazione ad una persona che entra nella bisca con pochi dollari in tasca e vuole fare una puntata di trilioni di dollari. La speculazione finanziaria, ha detto, è come un gigantesco gioco del Monopoli, con denaro finto, denaro per gioco che comunemente si chiama derivati finanziari.

"Per cui, non si riesce più a misurare le prestazioni di un'economia nazionale in termini di denaro… Non si può più dire: 'Ho studiato il denaro. All'Università ho studiato il denaro e ho imparato tutte queste regole sulla sua circolazione'. Oggi solo uno stupido parla di denaro in quel modo." Il denaro finto, quello del Monopoli, ha spiegato LaRouche, può e deve essere cancellato, e "l'unico modo per farlo, sia negli Stati Uniti che in Europa, è con una riforma alla Glass-Steagall".

Sotto una regola Glass-Steagall, ogni cosiddetto attivo che non corrisponda a valore reale "è essenzialmente destinato a sparire". Ma poiché si tratta di "semplici soldi del Monopoli", o anche meno, perché sono elettronici, possono essere spazzati via senza danneggiare l'economia.

LaRouche ha ripetutamente detto che una riforma Glass-Steagall è urgente, "sia per gli Stati Uniti che per l'Europa. Altre parti del mondo possono adottarla. Anzi, l'India o la Cina sono in una situazione addirittura migliore".

Di fronte al crollo della più grande bolla di tutta la storia umana, in termini di tassi relativi pro capite, se "continuano le attuali leggi e l'attuale comportamento… per la fine dell'estate non ci saranno economie nella comunità transatlantica".

Solo se avviene una tale riorganizzazione dei sistemi bancari e finanziari, gli stati possono procedere ad emettere credito per ricostruire l'economia fisica. Sul tema di come determinare i necessari investimenti nelle infrastrutture, LaRouche ha ripetutamente fatto riferimento ai concetti che sta sviluppando negli scritti sull'"economia segreta" pubblicati su EIR Online. Devono essere fatte nuove considerazioni, e perciò devo eseguire il mio compito di economista fisico e definire i principii dell'economia fisica entro i quali operiamo… non solo questa ripresa, ma ciò che dev'essere fatto su scala globale in questo secolo. E lo scopo… è un programma di volano scientifico che è designato a risolvere i problemi… e trasportare gli esseri umani, in sicurezza, dalla Luna all'orbita di Marte e atterrare sulla superficie" del pianeta rosso. "I problemi sono grandi, ma sono inerentemente risolvibili, anche se non abbiamo ancora scoperto molte delle soluzioni richieste".

by Movisol