19 settembre 2010

Crollano i redditi degli italiani ma i politici sono superpagati






Confindustria: Pil pro capite ai livelli del ´98, mentre per i parlamentari la crisi non c´è. Secondo il rapporto del Centro Studi gli onorevoli sono i più retribuiti in Europa

I politici italiani? «Una casta strapagata». A definirli così, per una volta, non sono né i grillini, né il popolo viola, né tantomeno il comune sentire. La sferzata arriva da Confindustria che la infila nel suo rapporto autunnale sull´economia italiana, non certo nei punti di forza del sistema Paese. Proprio lì, tra grafici e tabelle che misurano la febbre allo stato dei conti nazionali e soppesano le prospettive di uscita da una crisi che non passa, i ricercatori del Centro Studi di viale dell´Astronomia rifilano un giudizio netto: i parlamentari italiani sono i più pagati in Europa e meglio retribuiti pure degli americani, dei canadesi e dei neozelandesi. Anzi, «strapagati». Nonostante la crisi abbia portato i redditi degli italiani ai livelli di dodici anni fa.

Il confronto è tra le indennità degli onorevoli. Un eletto italiano ne percepisce una quattro volte più alta del collega norvegese, due volte quella di un inglese, il 50% in più del congressman alla corte di Obama. In tasca, insomma, a Montecitorio come a Palazzo Madama nessuno può lamentarsi. In qualche modo, si intuiva. Vederlo nero su bianco, fa impressione. Non solo, scrive l´associazione degli imprenditori nel rapporto dal titolo quanto mai appropriato: "Le sfide della politica economica". Con i suoi 950 membri complessivi, tra deputati e senatori, il Parlamento italiano è per numerosità secondo solo a quello inglese. Un esercito di tanti e «strapagati», appunto.

Il confronto, poi, diventa impietoso quando si accosta il livello di retribuzione degli eletti con il reddito pro-capite degli elettori. Mentre il primo segna livelli record, nel decennio «perso», come lo definisce Confindustria, 1997-2007, il benessere degli italiani «ha messo la retromarcia» e le retribuzioni sono rimbalzate al 1998, sotto del 5% rispetto alla media europea. L´indennità parlamentare, al contrario, è cresciuta in modo costante ed è il 500% del Pil pro-capite, ossia della ricchezza prodotta da ciascun cittadino: cinque volte tanto. «In Italia la relazione tra efficienza del sistema legale e remunerazione del potere legislativo appare inversa», sibilano gli industriali. In altri termini: soldi non sempre ben spesi, quelli destinati alla "casta", visto che solo il 37% degli italiani ha fiducia nelle leggi fatte dagli «strapagati», contro il 39% dei francesi, il 40% degli spagnoli, il 48% degli inglesi e il 58% dei tedeschi, primi anche in questo.

E la riduzione degli stipendi (10%) di parlamentari, ministri, sottosegretari e consiglieri locali, varata con la manovra di luglio ma in verità non del tutto ancora applicata, salutata dal ministro leghista Roberto Calderoli con un «Evviva», viene giudicata dagli uomini della Marcegaglia «solo un primo passo». In effetti, la sforbiciata fu minima. Appena mille euro così divisi: 500 sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati in pratica ai portaborse. Non si toccò l´indennità, ben più corposa. Una soluzione che mise a tacere proposte certo più ambiziose e pesanti per le onorevoli tasche. Come quella del presidente della Camera Fini che calcolava il taglio del 10% sui 21 mila euro, ovvero lo stipendio mensile reale percepito da ciascun parlamentare italiano. Un sacrificio richiesto, dunque, di circa 2.127 euro lordi al mese. L´idea non trovò sponde, come era logico attendersi. E si planò sui mille euro. Un taglio, commentò qualcuno, «pagato dai portaborse».

di Valentina Conte

Bernanke minaccia il mondo economico

Il Laboratoire Européen d'Anticipation Politique (LEAP), uno dei più famosi istituti d’oltralpe impegnato nello studio delle questioni finanziarie e politiche, dall’andamento dei mercati agli effetti delle scelte dei governi sul sistema economico globale, nel suo ultimo bollettino in francese, ha diffuso notizie allarmanti sulla situazione americana e su quella dei principali paesi sviluppati che rientrano nella sfera d’influenza occidentale. Annuncio subito che molte previsioni mi sembrano politicamente molto deboli proprio perché derivanti da una lettura economicistica degli eventi in corso. Secondo i ricercatori del Laep la crisi che ha colpito il mondo negli ultimi anni entrerà, nella primavera prossima, nella sua fase più acuta determinando uno smembramento del precedente ordine internazionale, cioè quello sorto dopo la seconda guerra mondiale ed avente quale centro regolatore Washington. Riporto qui alcuni passi da me tradotti che danno la misura di quanto potrebbe avvenire a breve al di là dell’atlantico, con tutte le inevitabili ripercussioni che si abbatteranno in quei contesti esteri legati agli Usa da rapporti di subordinazione decennali. Gli studiosi del Leap sono convinti che la metà del 2011 sarà il vero spartiacque tra il vecchio ed il nuovo modo di concepire il sistema mondiale, con gli Stati Uniti che saranno costretti a prendere coscienza dell'esaurimento della loro assoluta autorità e credibilità “planisferica”. Questi saranno forzati ad avviare iniziative di massima austerità (bisognerà tuttavia capire chi riuscirà a convincerli e come) per la prima volta da quando sono assurti al rango di principale superpotenza dell’ovest (ed in seguito alla caduta dell’Urss anche del resto del globo): “Il mondo dovrà affrontare ‘il grande crollo’ del sistema economico e finanziario mondiale fondato da oltre 60 anni sulla necessità assoluta per l'economia americana di non trovarsi mai lungamente in recessione. Ma, la prima metà del 2011 imporrà all'economia americana una cura di austerità senza precedenti che immergerà il pianeta in un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale”. Presagi da apocalisse che si accompagnano a gravi accuse contro la Fed e l’amministrazione Usa in quanto “la politica di rilancio dell’economia americana è fallita, il resto del mondo continua a finanziare in perdita i disavanzi US sperando che ad un certo momento questa scommessa sarà pagante ed avrà evitato un crollo del sistema globale, ovvero gli Stati Uniti monetizzeranno il loro debito e trasformeranno in valuta senza valore l'insieme dei dollari e buoni del Tesoro US posseduti dal resto del pianeta. Come ogni potenza con le spalle al muro, gli Stati Uniti ormai sono obbligati ad unire la minaccia alla pressione per potere ottenere quanto vogliono”. Ed i giudizi pesanti toccano anche personalità di spicco degli organi regolatori della finanza stellestrisce come il capo della Fed, Ben Bernanke, definito perfino un estorsore dopo i messaggi inviati ai suoi omologhi stranieri in occasione dei colloqui di fine agosto tra banche centrali a Jackson Hole: “Tenteremo di tutto per evitare un crollo economico e finanziario, continuerete a finanziare questo ‘tutto e non importa cos’altro’ altrimenti si lascia andare l'inflazione e si svaluta il dollaro mentre i buoni del tesoro US non varranno più un granché”. Quando un banchiere di tale calibro e ruolo si esprime come un volgare estorsore – dicono quelli del Leap - vuol dire che la situazione è davvero pericolosa. Ma l’Europa e le altre economie emergenti, soprattutto quella cinese, al momento la più vitale di tutto il pianeta, saranno disposte a piegarsi ai diktat americani col rischio vedersi accollare il peso dei guasti di tutto il sistema? L’amministrazione Obama sta cercando di fare proprio questo: far pagare ad altri l’insolvenza e il crollo dell’economia Us. Al momento le sue minacce fanno breccia nella vecchia e stanca Europa, ancora priva di una dimensione politica ed economica autonoma indispensabile ad opporre un minimo di reazione a detti ostili propositi, mentre funzionano decisamente meno con la Cina ed altre nazioni emergenti o riemergenti, le quali inseguono un decoupling da Washinton per diventare esse stesse locomotiva di un diverso treno economico. Finché però gli Usa avranno in mano la forza politica e militare bisognerà fare, in ogni caso, i conti con loro. State certi che venderanno cara la pelle. Questo scombinerà molte previsioni, comprese quelle del Leap.

18 settembre 2010

11 settembre: il bluff del Pentagono

Il Pentagono rilasciò nel maggio 2006 ai principali mass media, un filmato delle telecamere di sicurezza del ministero della Difesa Usa, che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza dell’aereo che colpì l’11 settembre del 2001 l’edificio.
Intenzione, dissipare i dubbi su quanto avvenne quel giorno. In realtà non si vede nulla, ovvero le immagini riprese da una telecamera di sorveglianza dell’edificio mostrano che qualcosa va verso l’edificio e poi vi è una forte esplosione, ma la sagoma non è certamente quella di un grosso Boeing 757-200. Nessuna prova quindi a sostegno della tesi Usa che sia stato un aereo commerciale dirottato a colpire il Pentagono. Nessuna parte dell’aereo è stata mai ritrovata o mostrata in pubblico, anche sei il capo progetto restauro del Pentagono, Lee Evy dichiarò che “vi erano considerevoli prove dell’aereo all’esterno dell’edificio”. Vigili del Fuoco, ufficiali della Difesa, nessuno di loro ha mai visto un solo pezzo di fusoliera, tranne Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa. Qualcosa però è esplosa nel colpire l’edificio, molto probabilmente un missile, sia per la dinamica dell’esplosione, sia per i danni provocati dall’impatto (basta osservare il buco nel quale è penetrato il sedicente apparecchio per accorgersi che è di appena 5-6 metri di larghezza, proseguendo poi la sua corsa attraverso altri 3 edifici del ministero, con un angolo di 45°, forando i palazzi da parte a parte e non sfondandoli come presumibilmente avrebbe fatto un grosso aereo passeggeri. Il testimone Steve Patterson dice di aver visto “un oggetto metallizzato passare… con un rumore simile a quello emesso da un caccia militare… per poi dirigersi verso il Pentagono”. Anche Tom Seibert, ingegnere che lavora al ministero della Difesa Usa afferma di aver sentito un rumore simile a quello di un missile e di avere poi udito una forte esplosione.
La tesi “ufficiale” Usa continua a sostenere che se tracce non sono state trovate è perché “l’aereo si sarebbe polverizzato, fuso e quindi pressoché sparito in un nube di calore”.
Così come ha dell’incredibile sostenere che il muso dell’aereo, fatto di materiale non certamente adatto da fungere come ariete, abbia sfondato vari muri perimetrali degli edifici. L’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un missile “cruise”, che possono essere lanciati da unità di superficie e sottomarine o aeree. Hanno un preciso sistema di guida che gli consente di riconoscere la rotta immagazzinata nel computer di bordo, confrontandola con il terreno sottostante. A conferma del fatto che l’esplosione sia dovuta ad un missile, la testimonianza di Pierre Henri Bunel, ex ufficiale francese d’artiglieria, proveniente dalla famosa accademia militare di Saint-Cyr, esperto in esplosivi, effetti delle granate d’artiglieria su cose e persone e lotta antincendio contro le fiamme generate dalle granate.
Le argomentazioni portate dall’ex ufficiale dell’Armée iniziano con una precisa distinzione tra i due tipi classici d’esplosione: la deflagrazione e la detonazione. Questo perché è proprio partendo da qui e osservando le foto dell’esplosione ed i suoi danni, che si può cominciare a parlare con una certa sicurezza di un missile.
Gli esplosivi provocano un onda d’urto notevolissima, con relativi danni collaterali, i deflagranti di molto inferiore o addirittura niente. Orbene il carburante di un aereo civile, il kerosene in caso d’incidente può solo deflagrare…Inoltre anche i colori dell’esplosione sono diversi, nel primo caso giallo pallido che diviene arancione e rosso a mano a mano che ci si allontana dal punto dell’esplosione. Nel secondo caso il fumo sarà particolarmente nero, denso, quasi grasso mescolato alle fiamme.
Altro particolare interessante, i primi mezzi dei pompieri intervenuti utilizzano camion con serbatoi pieni d’acqua e non di liquido specifico che serve per combattere gli incendi con idrocarburi. L’acqua viene utilizzata proprio in quegli incendi di tipo urbano che necessitano di un rapido raffreddamento dei caseggiati, per poter poi operare meglio da parte delle squadre di pompieri. Si vedono chiaramente le fiamme ed il fumo di un classico incendio urbano.
Non vi sono poi tracce dense di oli combusti sulle pareti esterne e nell’interno dell’edificio colpito.
Ma Henry Brunel si spinge oltre e arriva alla conclusione che i fori nei muri, sono senza ombra di dubbio stati provocati da cariche cave… Queste cariche sono state studiate per perforare le corazze dei mezzi blindati ed i numerosi strati delle fortificazioni in cemento. Esse, grazie al loro dardo infuocato riescono a trapassare diversi strati di muro in cemento armato e quindi non ha avuto difficoltà alcuna ad oltrepassare addirittura tre edifici del pentagono, poi una volta all’interno esplode la carica vera e propria.
Ma se non è stato l’aereo del volo 77 dell’American Airlines a colpire il Pentagono, dove è finito il vero aereo con tutti i suoi passeggeri?
La mattina dell’11 settembre 2001, quando alle 8,55 l’aereo della American Airlines sparisce dai radar della FAA - l’ente federale che controlla i voli civili negli Stati Uniti - e circa alle 9,37 il Pentagono viene colpito da un ordigno (aereo-elicottero-missile?). Subito viene associata alla sparizione dell’aereo della AA, all’attacco che ha subito la sede delle difesa Usa.
Le prime notizie, dicono che alle 8,55 l’aereo ha spendo il “trasponder” di bordo (sistema che permette di rilevare da terra attraverso il radar i dati dell’aereo, quota, matricola ecc, rendendosi praticamente invisibile. La cosa è strana perché lo spegnimento del trasponder non fa altro che attirare l’attenzione sull’aereo da parte del sistema di difesa americano che ha sede nel Colorado, il Norad - Nord America Aereospace Defense Command - (http://airforce.dnd.ca/athomedocs/athomelef.htm) in meno di due minuti la sparizione viene segnalata come minaccia e si levano in volo i caccia. In pratica i presunti dirottatori avrebbero commesso una madornale ingenuità, facendo subito scattare le misure d’intercettazione dell’Usaf. A quel punto solo i radar militari potevano seguire il volo dell’aereo “scomparso” avendo a disposizione un sistema di rilevamento che non necessita del trasponder, come quelli civili della FAA, detti secondari (solo in alcune zone anche la FFA possiede radar in grado di rilevare aerei privi di trasponder).
Quindi le notizie diramate da questo momento sono solo di fonte militare: perché spegnere il trasponder così presto e così lontano dall’ipotetico obiettivo? Per renderlo forse solo invisibile ai radar civili, ma visibilissimo a quelli militari? Si sa solo da fonte civile l’ora del decollo dall’aeroporto Dulles di Washington di un aereo della AA con destinazione Los Angeles.
Il pilota ha contattato la torre di controllo l’ultima volta alle 8,50, poi da quel momento si perde il controllo dell’aereo, che avrebbe percorso circa 1000 km, per poi tornare indietro e colpire il Pentagono… secondo le fonti “ufficiali militari”.
Da allora la guerra “americana” contro Afghanistan, Iraq e forse domani Iran si è dispiegata in tutta la sua forza, foraggiata dalle menzogna artatamente costruite dal governo statunitense e dalla vile complicità degli “alleati” europei.
di Federico Dal Cortivo

19 settembre 2010

Crollano i redditi degli italiani ma i politici sono superpagati






Confindustria: Pil pro capite ai livelli del ´98, mentre per i parlamentari la crisi non c´è. Secondo il rapporto del Centro Studi gli onorevoli sono i più retribuiti in Europa

I politici italiani? «Una casta strapagata». A definirli così, per una volta, non sono né i grillini, né il popolo viola, né tantomeno il comune sentire. La sferzata arriva da Confindustria che la infila nel suo rapporto autunnale sull´economia italiana, non certo nei punti di forza del sistema Paese. Proprio lì, tra grafici e tabelle che misurano la febbre allo stato dei conti nazionali e soppesano le prospettive di uscita da una crisi che non passa, i ricercatori del Centro Studi di viale dell´Astronomia rifilano un giudizio netto: i parlamentari italiani sono i più pagati in Europa e meglio retribuiti pure degli americani, dei canadesi e dei neozelandesi. Anzi, «strapagati». Nonostante la crisi abbia portato i redditi degli italiani ai livelli di dodici anni fa.

Il confronto è tra le indennità degli onorevoli. Un eletto italiano ne percepisce una quattro volte più alta del collega norvegese, due volte quella di un inglese, il 50% in più del congressman alla corte di Obama. In tasca, insomma, a Montecitorio come a Palazzo Madama nessuno può lamentarsi. In qualche modo, si intuiva. Vederlo nero su bianco, fa impressione. Non solo, scrive l´associazione degli imprenditori nel rapporto dal titolo quanto mai appropriato: "Le sfide della politica economica". Con i suoi 950 membri complessivi, tra deputati e senatori, il Parlamento italiano è per numerosità secondo solo a quello inglese. Un esercito di tanti e «strapagati», appunto.

Il confronto, poi, diventa impietoso quando si accosta il livello di retribuzione degli eletti con il reddito pro-capite degli elettori. Mentre il primo segna livelli record, nel decennio «perso», come lo definisce Confindustria, 1997-2007, il benessere degli italiani «ha messo la retromarcia» e le retribuzioni sono rimbalzate al 1998, sotto del 5% rispetto alla media europea. L´indennità parlamentare, al contrario, è cresciuta in modo costante ed è il 500% del Pil pro-capite, ossia della ricchezza prodotta da ciascun cittadino: cinque volte tanto. «In Italia la relazione tra efficienza del sistema legale e remunerazione del potere legislativo appare inversa», sibilano gli industriali. In altri termini: soldi non sempre ben spesi, quelli destinati alla "casta", visto che solo il 37% degli italiani ha fiducia nelle leggi fatte dagli «strapagati», contro il 39% dei francesi, il 40% degli spagnoli, il 48% degli inglesi e il 58% dei tedeschi, primi anche in questo.

E la riduzione degli stipendi (10%) di parlamentari, ministri, sottosegretari e consiglieri locali, varata con la manovra di luglio ma in verità non del tutto ancora applicata, salutata dal ministro leghista Roberto Calderoli con un «Evviva», viene giudicata dagli uomini della Marcegaglia «solo un primo passo». In effetti, la sforbiciata fu minima. Appena mille euro così divisi: 500 sulla diaria di soggiorno (oggi pari a 4.003,11 euro) e 500 sulla somma destinata al "rapporto eletto-elettore", quei 4.190 euro destinati in pratica ai portaborse. Non si toccò l´indennità, ben più corposa. Una soluzione che mise a tacere proposte certo più ambiziose e pesanti per le onorevoli tasche. Come quella del presidente della Camera Fini che calcolava il taglio del 10% sui 21 mila euro, ovvero lo stipendio mensile reale percepito da ciascun parlamentare italiano. Un sacrificio richiesto, dunque, di circa 2.127 euro lordi al mese. L´idea non trovò sponde, come era logico attendersi. E si planò sui mille euro. Un taglio, commentò qualcuno, «pagato dai portaborse».

di Valentina Conte

Bernanke minaccia il mondo economico

Il Laboratoire Européen d'Anticipation Politique (LEAP), uno dei più famosi istituti d’oltralpe impegnato nello studio delle questioni finanziarie e politiche, dall’andamento dei mercati agli effetti delle scelte dei governi sul sistema economico globale, nel suo ultimo bollettino in francese, ha diffuso notizie allarmanti sulla situazione americana e su quella dei principali paesi sviluppati che rientrano nella sfera d’influenza occidentale. Annuncio subito che molte previsioni mi sembrano politicamente molto deboli proprio perché derivanti da una lettura economicistica degli eventi in corso. Secondo i ricercatori del Laep la crisi che ha colpito il mondo negli ultimi anni entrerà, nella primavera prossima, nella sua fase più acuta determinando uno smembramento del precedente ordine internazionale, cioè quello sorto dopo la seconda guerra mondiale ed avente quale centro regolatore Washington. Riporto qui alcuni passi da me tradotti che danno la misura di quanto potrebbe avvenire a breve al di là dell’atlantico, con tutte le inevitabili ripercussioni che si abbatteranno in quei contesti esteri legati agli Usa da rapporti di subordinazione decennali. Gli studiosi del Leap sono convinti che la metà del 2011 sarà il vero spartiacque tra il vecchio ed il nuovo modo di concepire il sistema mondiale, con gli Stati Uniti che saranno costretti a prendere coscienza dell'esaurimento della loro assoluta autorità e credibilità “planisferica”. Questi saranno forzati ad avviare iniziative di massima austerità (bisognerà tuttavia capire chi riuscirà a convincerli e come) per la prima volta da quando sono assurti al rango di principale superpotenza dell’ovest (ed in seguito alla caduta dell’Urss anche del resto del globo): “Il mondo dovrà affrontare ‘il grande crollo’ del sistema economico e finanziario mondiale fondato da oltre 60 anni sulla necessità assoluta per l'economia americana di non trovarsi mai lungamente in recessione. Ma, la prima metà del 2011 imporrà all'economia americana una cura di austerità senza precedenti che immergerà il pianeta in un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale”. Presagi da apocalisse che si accompagnano a gravi accuse contro la Fed e l’amministrazione Usa in quanto “la politica di rilancio dell’economia americana è fallita, il resto del mondo continua a finanziare in perdita i disavanzi US sperando che ad un certo momento questa scommessa sarà pagante ed avrà evitato un crollo del sistema globale, ovvero gli Stati Uniti monetizzeranno il loro debito e trasformeranno in valuta senza valore l'insieme dei dollari e buoni del Tesoro US posseduti dal resto del pianeta. Come ogni potenza con le spalle al muro, gli Stati Uniti ormai sono obbligati ad unire la minaccia alla pressione per potere ottenere quanto vogliono”. Ed i giudizi pesanti toccano anche personalità di spicco degli organi regolatori della finanza stellestrisce come il capo della Fed, Ben Bernanke, definito perfino un estorsore dopo i messaggi inviati ai suoi omologhi stranieri in occasione dei colloqui di fine agosto tra banche centrali a Jackson Hole: “Tenteremo di tutto per evitare un crollo economico e finanziario, continuerete a finanziare questo ‘tutto e non importa cos’altro’ altrimenti si lascia andare l'inflazione e si svaluta il dollaro mentre i buoni del tesoro US non varranno più un granché”. Quando un banchiere di tale calibro e ruolo si esprime come un volgare estorsore – dicono quelli del Leap - vuol dire che la situazione è davvero pericolosa. Ma l’Europa e le altre economie emergenti, soprattutto quella cinese, al momento la più vitale di tutto il pianeta, saranno disposte a piegarsi ai diktat americani col rischio vedersi accollare il peso dei guasti di tutto il sistema? L’amministrazione Obama sta cercando di fare proprio questo: far pagare ad altri l’insolvenza e il crollo dell’economia Us. Al momento le sue minacce fanno breccia nella vecchia e stanca Europa, ancora priva di una dimensione politica ed economica autonoma indispensabile ad opporre un minimo di reazione a detti ostili propositi, mentre funzionano decisamente meno con la Cina ed altre nazioni emergenti o riemergenti, le quali inseguono un decoupling da Washinton per diventare esse stesse locomotiva di un diverso treno economico. Finché però gli Usa avranno in mano la forza politica e militare bisognerà fare, in ogni caso, i conti con loro. State certi che venderanno cara la pelle. Questo scombinerà molte previsioni, comprese quelle del Leap.

18 settembre 2010

11 settembre: il bluff del Pentagono

Il Pentagono rilasciò nel maggio 2006 ai principali mass media, un filmato delle telecamere di sicurezza del ministero della Difesa Usa, che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza dell’aereo che colpì l’11 settembre del 2001 l’edificio.
Intenzione, dissipare i dubbi su quanto avvenne quel giorno. In realtà non si vede nulla, ovvero le immagini riprese da una telecamera di sorveglianza dell’edificio mostrano che qualcosa va verso l’edificio e poi vi è una forte esplosione, ma la sagoma non è certamente quella di un grosso Boeing 757-200. Nessuna prova quindi a sostegno della tesi Usa che sia stato un aereo commerciale dirottato a colpire il Pentagono. Nessuna parte dell’aereo è stata mai ritrovata o mostrata in pubblico, anche sei il capo progetto restauro del Pentagono, Lee Evy dichiarò che “vi erano considerevoli prove dell’aereo all’esterno dell’edificio”. Vigili del Fuoco, ufficiali della Difesa, nessuno di loro ha mai visto un solo pezzo di fusoliera, tranne Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa. Qualcosa però è esplosa nel colpire l’edificio, molto probabilmente un missile, sia per la dinamica dell’esplosione, sia per i danni provocati dall’impatto (basta osservare il buco nel quale è penetrato il sedicente apparecchio per accorgersi che è di appena 5-6 metri di larghezza, proseguendo poi la sua corsa attraverso altri 3 edifici del ministero, con un angolo di 45°, forando i palazzi da parte a parte e non sfondandoli come presumibilmente avrebbe fatto un grosso aereo passeggeri. Il testimone Steve Patterson dice di aver visto “un oggetto metallizzato passare… con un rumore simile a quello emesso da un caccia militare… per poi dirigersi verso il Pentagono”. Anche Tom Seibert, ingegnere che lavora al ministero della Difesa Usa afferma di aver sentito un rumore simile a quello di un missile e di avere poi udito una forte esplosione.
La tesi “ufficiale” Usa continua a sostenere che se tracce non sono state trovate è perché “l’aereo si sarebbe polverizzato, fuso e quindi pressoché sparito in un nube di calore”.
Così come ha dell’incredibile sostenere che il muso dell’aereo, fatto di materiale non certamente adatto da fungere come ariete, abbia sfondato vari muri perimetrali degli edifici. L’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un missile “cruise”, che possono essere lanciati da unità di superficie e sottomarine o aeree. Hanno un preciso sistema di guida che gli consente di riconoscere la rotta immagazzinata nel computer di bordo, confrontandola con il terreno sottostante. A conferma del fatto che l’esplosione sia dovuta ad un missile, la testimonianza di Pierre Henri Bunel, ex ufficiale francese d’artiglieria, proveniente dalla famosa accademia militare di Saint-Cyr, esperto in esplosivi, effetti delle granate d’artiglieria su cose e persone e lotta antincendio contro le fiamme generate dalle granate.
Le argomentazioni portate dall’ex ufficiale dell’Armée iniziano con una precisa distinzione tra i due tipi classici d’esplosione: la deflagrazione e la detonazione. Questo perché è proprio partendo da qui e osservando le foto dell’esplosione ed i suoi danni, che si può cominciare a parlare con una certa sicurezza di un missile.
Gli esplosivi provocano un onda d’urto notevolissima, con relativi danni collaterali, i deflagranti di molto inferiore o addirittura niente. Orbene il carburante di un aereo civile, il kerosene in caso d’incidente può solo deflagrare…Inoltre anche i colori dell’esplosione sono diversi, nel primo caso giallo pallido che diviene arancione e rosso a mano a mano che ci si allontana dal punto dell’esplosione. Nel secondo caso il fumo sarà particolarmente nero, denso, quasi grasso mescolato alle fiamme.
Altro particolare interessante, i primi mezzi dei pompieri intervenuti utilizzano camion con serbatoi pieni d’acqua e non di liquido specifico che serve per combattere gli incendi con idrocarburi. L’acqua viene utilizzata proprio in quegli incendi di tipo urbano che necessitano di un rapido raffreddamento dei caseggiati, per poter poi operare meglio da parte delle squadre di pompieri. Si vedono chiaramente le fiamme ed il fumo di un classico incendio urbano.
Non vi sono poi tracce dense di oli combusti sulle pareti esterne e nell’interno dell’edificio colpito.
Ma Henry Brunel si spinge oltre e arriva alla conclusione che i fori nei muri, sono senza ombra di dubbio stati provocati da cariche cave… Queste cariche sono state studiate per perforare le corazze dei mezzi blindati ed i numerosi strati delle fortificazioni in cemento. Esse, grazie al loro dardo infuocato riescono a trapassare diversi strati di muro in cemento armato e quindi non ha avuto difficoltà alcuna ad oltrepassare addirittura tre edifici del pentagono, poi una volta all’interno esplode la carica vera e propria.
Ma se non è stato l’aereo del volo 77 dell’American Airlines a colpire il Pentagono, dove è finito il vero aereo con tutti i suoi passeggeri?
La mattina dell’11 settembre 2001, quando alle 8,55 l’aereo della American Airlines sparisce dai radar della FAA - l’ente federale che controlla i voli civili negli Stati Uniti - e circa alle 9,37 il Pentagono viene colpito da un ordigno (aereo-elicottero-missile?). Subito viene associata alla sparizione dell’aereo della AA, all’attacco che ha subito la sede delle difesa Usa.
Le prime notizie, dicono che alle 8,55 l’aereo ha spendo il “trasponder” di bordo (sistema che permette di rilevare da terra attraverso il radar i dati dell’aereo, quota, matricola ecc, rendendosi praticamente invisibile. La cosa è strana perché lo spegnimento del trasponder non fa altro che attirare l’attenzione sull’aereo da parte del sistema di difesa americano che ha sede nel Colorado, il Norad - Nord America Aereospace Defense Command - (http://airforce.dnd.ca/athomedocs/athomelef.htm) in meno di due minuti la sparizione viene segnalata come minaccia e si levano in volo i caccia. In pratica i presunti dirottatori avrebbero commesso una madornale ingenuità, facendo subito scattare le misure d’intercettazione dell’Usaf. A quel punto solo i radar militari potevano seguire il volo dell’aereo “scomparso” avendo a disposizione un sistema di rilevamento che non necessita del trasponder, come quelli civili della FAA, detti secondari (solo in alcune zone anche la FFA possiede radar in grado di rilevare aerei privi di trasponder).
Quindi le notizie diramate da questo momento sono solo di fonte militare: perché spegnere il trasponder così presto e così lontano dall’ipotetico obiettivo? Per renderlo forse solo invisibile ai radar civili, ma visibilissimo a quelli militari? Si sa solo da fonte civile l’ora del decollo dall’aeroporto Dulles di Washington di un aereo della AA con destinazione Los Angeles.
Il pilota ha contattato la torre di controllo l’ultima volta alle 8,50, poi da quel momento si perde il controllo dell’aereo, che avrebbe percorso circa 1000 km, per poi tornare indietro e colpire il Pentagono… secondo le fonti “ufficiali militari”.
Da allora la guerra “americana” contro Afghanistan, Iraq e forse domani Iran si è dispiegata in tutta la sua forza, foraggiata dalle menzogna artatamente costruite dal governo statunitense e dalla vile complicità degli “alleati” europei.
di Federico Dal Cortivo