30 ottobre 2010

L'economia del disastro globale







Decrescita o diverso modello di sviluppo? Le contraddizioni del capitalismo, i ritardi della sinistra sulla questione ambientale, l'assuefazione a considerarci tutti consumatori. E le lungimiranti analisi dell'economista Georgescu-Rogen che già negli anni '70 rifletteva su guerra, demografia, stili di vita

La crescita del prodotto è lo strumento perseguito per il superamento della crisi. Una politica criticata dall' ambientalismo più qualificato. Tu che ne pensi?

Credo che come valore principale si dovrebbe pensare non tanto alla crescita, quanto a un diverso modello di sviluppo economico, rispettoso della natura. Tuttavia diffido della parola "decrescita", mi pare sia un errore dei sostenitori di questa tesi, peraltro preparati, agguerriti, intelligenti ... Non si tratta di decrescita, ma di adottare stili di vita diversi. Se ciò fosse tecnicamente concepibile, bisognerebbe però vedere se l'umanità è disposta ad aderire a un modello di questo genere: e questo è un problema politico.

Già, la gente ha assunto la crescita ormai come norma di vita.

Certo. Bisogna però ricordare che, per tutta la prima fase del capitalismo, la crescita è stata provvidenziale; e lo è ancora nei paesi poveri. Il superamento delle condizioni di miseria del primo capitalismo, durato in pratica tutto l'800, è stato un fatto straordinario. Quanto poi alla capacità di crescita attuale va detto che non tutto il mondo ne è capace. Alcuni paesi - Cina, India, Brasile - lo sono, e ovviamente aggravano le condizioni ambientali. Ma nel resto del mondo, il capitalismo non è nemmeno più capace di crescita.
Infatti. C'è questo doppio problema. La crescita - a parte la sua ricaduta negativa sull'ecosistema - sembra non funzionare più...
Una delle ragioni per le quali non funziona più è che negli ultimi trent'anni le modalità della crescita capitalistica hanno generato disoccupazione e disuguaglianze: i ricchi sono diventati più ricchi, i poveri più poveri ... E questo ha provocato la crisi attuale: se i redditi da lavoro sono bassi, è bassa la domanda effettiva, l'economia non cresce e i capitali si spostano sulla finanza, con i risultati che abbiamo visto.

Il capitalismo non tiene più ?

Credo proprio che lo si possa dire: lo si vede. E al fondo credo ci sia una questione su cui era stato molto chiaro Marx, quando scrive, nelle ultime pagine del III libro del Capitale, che il «processo lavorativo è soltanto un processo tra l'uomo e la natura». Se ci si riflette, qualsiasi processo produttivo, per quanto complesso, mediato da macchine, ecc., alla fine è un rapporto tra uomo e natura.

Da tempo mi domando come sia possibile che grandi economisti, imprenditori, politici (a Davos, Cernobbio, Capri...) discutano del futuro del mondo senza nemmeno nominare l'ambiente.

Come se le merci che producono non fossero fatte di natura...

Un fatto che qualsiasi persona di buon senso dovrebbe considerare ... Nelle forme primitive di economia il rapporto tra uomo e natura attraverso il lavoro era immediato ed evidente; ma anche il lavoro moderno, tecnicamente più complesso, alla fine risulta essere un rapporto, seppure mediato, tra uomo e natura. Allora si può dire che tendenzialmente si genera un conflitto tra lo sviluppo materiale della produzione e la sua forma sociale; e che così come ci sono dei limiti al saggio di sfruttamento del lavoro, oltre il quale si danno crisi economiche, così esiste un limite al saggio di sfruttamento della natura, oltre il quale si danno crisi della stessa natura.

D'altronde questa sproporzione tra disponibilità di natura e uso della medesima è un fatto recente, che appartiene al capitalismo, ma è enormemente aumentata nel dopoguerra, con la società dei consumi.

Certamente. E su questo credo si debba riflettere partendo dal pensiero di Georgescu-Roegen, un grande economista poco noto; il quale ci ricorda che anche il processo produttivo è regolato dalle leggi della termodinamica, e che per la legge dell'entropia la materia è soggetta a una dissipazione irreversibile. Ciò significa che nel lungo periodo, ma non tanto lungo, la decrescita non sarà una scelta, ma un fatto di natura: la legge della termodinamica funziona per tutti. Da ciò Georgescu non trae però conclusioni catastrofiche. Sì domanda invece: si potrebbe fare qualcosa? La sua risposta è sì: e si articola in un programma bioeconomico minimale, formulato in otto punti. Il primo afferma che dovrebbe essere proibita non solo la guerra, ma anche la produzione di ogni strumento bellico. E non solo per ragioni morali, ma perché le forze produttive così liberate potrebbero essere impiegate al fine di consentire ai paesi sottosviluppati di raggiungere rapidamente gli standard di una vita buona. Perché un progetto di diverso sviluppo deve essere condiviso a livello universale, altrimenti non può funzionare. Inoltre - afferma Georgescu - la popolazione mondiale dovrebbe ridursi fino a renderne possibile la nutrizione mediante la sola agricoltura organica. Ma oggi la questione demografica non viene nemmeno posta ...

Anzi, si lamenta la denatalità, e quindi la caduta di consumi come carrozzelle, pannolini , ecc.

Ormai dell'umanità, di tutti noi, si parla non più come di lavoratori, ma solo come di consumatori. E anche a questo proposito bisogna tenere presente che anche quando (se mai giorno verrà) le energie rinnovabili saranno davvero convenienti e sicure, i risparmi che ne avremo saranno molto minori di quanto ci si promette. Ogni spreco di energia deve dunque essere evitato: mentre normalmente noi viviamo troppo al caldo d'inverno, troppo al freddo d'estate, spingiamo l'automobile a troppa velocità, usiamo troppe lampadine ... Il programma di Georgescu dice poi molto altro: dovremmo rinunciare ai troppi prodotti inutili; liberarci dalla moda di sostituire abiti, mobili, elettrodomestici, e quanto è ancora utile; i beni durevoli devono essere ancor più durevoli e perciò riparabili. L'ultimo punto è che dobbiamo liberarci dalla frenesia del fare, e capire che requisito importante per una buona vita è l'ozio. Ozio - aggiungo io - inteso come tempo libero liberato dall'ansia e impiegato in maniera intelligente. E su questo credo non si possa non convenire, per rinviare il momento del disordine e nel frattempo vivere una vita migliore. Però, domanda politica: siamo pronti, noi per primi, ma soprattutto i potenti della terra, a fare nostro il programma di Georgescu?

Questa era la domanda che ti volevo porre. Anche perché Georgescu-Roegen scriveva negli anni '70, quando ancora il consumo non si era ancora imposto come fattore primo di definizione della vita ..

Infatti. E la cosa interessante è che il programma di Georgescu richiama un famoso scritto di Keynes (del 1930): Le prospettive economiche per i nostri nipoti. Molti di questi punti lì c'erano già: guerra, problema demografico, stili di vita, tempo libero ... Due autori di grande statura che avevano precocemente colto il punto, insistendo sulla desiderabilità di altri stili di vita... Anche se Georgescu ragiona in maniera più direttamente funzionale alla difesa della natura. Rimane comunque la domanda: siamo pronti?

Nessuno è pronto, temo. Ma, passando a un altro argomento: le sinistre sono sempre state assenti riguardo al tema ambiente, e talora su posizioni nettamente ostili. In ciò contraddicendo la loro stessa funzione, perché per lo più sono i poveri a pagare inquinamento, alluvioni, desertificazioni, tossicità diffusa ... Eppoi perché, insomma, le sinistre sono nate contro il capitalismo: non toccherebbe a loro per prime occuparsi di un problema che proprio dal capitalismo deriva?

Questa tradizione non ambientalista delle sinistre è dipesa anche da uno scarso approfondimento di questi temi. Mentre curiosamente l' hanno fatto un paio di capitalisti illuminati. Io di solito diffido della definizione di "capitalisti illuminati", tuttavia due debbo ricordarli. Uno, il senatore Giovanni Agnelli, che nei primi anni trenta sosteneva la necessità di una riduzione dell'orario di lavoro, in dura polemica con un preoccupatissimo Luigi Einaudi. L'altro, Henry Ford con la sua politica di alti salari (che molto interessò Antonio Gramsci): i lavoratori devono essere ben pagati, affinché possano comperare le merci che essi stessi producono.

Un'iniziativa che in sintesi già prefigurava la società dei consumi...

Certamente. Ma la cosa interessante è che Kojève, il grande intellettuale studioso di Hegel, russo d'origine poi approdato in Francia, diceva che Ford era il Marx del XX secolo: per aver colto la contraddizione e il rischio di lavoratori che non potevano comperare ciò che essi stessi producevano. Un tema caro anche a Claudio Napoleoni, quando diceva che il lavoratore si trova davanti, come nemico, ciò che egli stesso ha prodotto. Ford non era mica un sant'uomo, era durissimo coi sindacati, ma da un punto di vista strettamente economico aveva colto il problema. D'altronde nemmeno Keynes voleva abbattere il capitalismo: voleva farlo funzionare meglio, anzi salvarlo, come dichiarava esplicitamente. Mentre molti parlavano di lui come di un bolscevico, a cominciare proprio da Einaudi. Ma per tornare alla tua domanda circa le sinistre di oggi, la mia risposta è in interrogativo: dove sono oggi le sinistre?

Queste tante piazze piene di gente, di giovani soprattutto, queste manifestazioni sempre più frequenti, molto spesso centrate proprio su problemi ecologici: acqua, nucleare, rifiuti, distruzione di parchi, cementificazione di litorali .... Non significa nulla tutto questo? Se ci pensi, questi tanti conflitti "minori", diciamo, sono tutti riconducibili alla radice capitalista. Un'analisi in qualche misura approfondita scopre che la radice è sempre l'impianto capitalistico. Queste sinistre, possibile che non se ne accorgano? Che non vedano che questa potrebbe essere una base da cui partire?

Tutto questo è però molto frammentato, manca la sintesi, quindi manca quella che potrebbe essere la base concettuale e ideale di un progetto di sinistra ... Certo, questo dovrebbe essere il compito della sinistra: portare a sintesi tutte le istanze nobili e progressiste ... Ma questa è una sensibilità che mi pare manchi alle sinistre ... L'unico che aveva provato a ragionare di queste cose, era stato Berlinguer con il suo discorso sull'austerità. Era un discorso molto alto, che toccava proprio i temi di cui abbiamo parlato; tanto alto che non era stato capito, e letto addirittura come un invito ai compagni a tirare la cinghia.


GIORGIO LUNGHINI
Carla Ravaioli

29 ottobre 2010

Così ci ingannano sui farmaci




Uno studio rivela come le aziende farmaceutiche riscrivano gli articoli scientifici per gonfiare le virtù di una medicina o nasconderne i danni collaterali. Ed è sulla base di questi "falsi" che spesso vengono fatte le ricette

Gli articoli scientifici che riportano studi clinici controllati riguardanti nuovi farmaci rappresentano la base per redigere articoli più divulgativi che influenzano le prescrizioni da parte dei medici che raramente leggono gli articoli originali. Le industrie colgono questa opportunità per rendere gli articoli il più possibile favorevoli al nuovo farmaco, facendoli revisionare - o addirittura scrivere completamente - da esperti che rimangono anonimi, sono i cosiddetti "scrittori fantasma". Molto spesso non si tratta di modificare i risultati, ma di presentarli in modo attraente, enfatizzando piccoli risultati e minimizzando l'eventuale presenza di effetti tossici.

Particolare attenzione viene riservata al riassunto del lavoro, perché in generale questo non è oggetto di molto interesse da parte dei valutatori, mentre rappresenta la parte dell'articolo che più frequentemente è letta e determina l'impressione finale da parte del lettore.

Questo modo di operare è evidentemente non-etico e non riguarda solo le industrie interessate, ma anche i ricercatori clinici che accettano di firmare lavori scientifici scritti da altri. Uno studio pubblicato su "Plos Medicine" analizza i documenti messi a disposizione da parte della Giustizia Federale degli Stati Uniti che riguardano in particolare parecchi articoli scritti per commentare gli effetti favorevoli della terapia ormonale in menopausa da parte di una ditta specializzata nella stesura di articoli scientifici a pagamento. I ghost writer cercavano di mitigare il rischio di tumore della mammella dovuto all'uso della terapia ormonale magnificando benefici cardiovascolari e prevenzione della demenza, della malattia di Parkinson (e persino delle rughe, senza ovviamente alcuna base scientifica).

Tutto ciò non può che nuocere all'appropriatezza delle terapie, ma serve invece a gonfiare le prescrizioni e i profitti. È importante che i medici siano critici nella lettura della documentazione che ricevono, controllando i dati se possibile sui lavori originali. Occorre anche che il Servizio Sanitario Nazionale dissemini informazioni oggettive per ridurre la sproporzione oggi esistente fra messaggi dell'industria farmaceutica e informazione indipendente.

Silvio Garattini, direttore Istituto Mario Negri di Milano

28 ottobre 2010

La crisi sistemica globale: primavera di austerità e gravi inceppamenti

the-casinomicsIl blog Informazione Scorretta (curato da Felice Capretta) ha pubblicato una parziale traduzione del Rapporto 47 del GEAB, il gruppo di analisti economici eterodossi che cerca di trarre previsioni dall'osservazione della Grande Crisi in atto. La volontà di stabilire date precise li espone a ovvie smentite (anche se sembrano spesso soltanto date rimandate). Tuttavia spesso colgono in anticipo importanti tendenze. Anche non cedendo al fascino divinatorio di un testo che ci dica a che punto saremo fra un mese o un anno, sono interessanti i rimandi a dati economici reali e verificabili. Buona lettura.

1 - La crisi sistemica globale - Primavera 2011:
Benvenuti negli Stati Uniti dell'austerità / Verso una gravissima avaria del sistema economico e finanziario mondiale.

Come anticipato dal LEAP/E2020 lo scorso Febbraio nel GEAB N. 42, (gli affezionati lettori ricorderanno le tre onde anomale convergenti) la seconda metà del 2010 sarà fondamentalmente caratterizzata da un improvviso peggioramento della crisi, evidenziato sia dalla fine dell'illusoria ripresa pubblicizzata dai leader occidentali [1]e sia dalle migliaia di miliardi inghiottiti dalle banche e dai piani, di breve respiro, di «stimolo» economico.

I mesi a venire riveleranno una semplice, anche se dolorosa, realtà: l'economia occidentale, in particolare quella USA [2], non è davvero mai uscita dalla recessione[3].

Gli impressionanti dati statistici registrati dall'estate 2009 sono stati solo la conseguenza di breve durata delle massicce iniezioni di liquidità nel sistema che era divenuto essenzialmente insolvente proprio come i consumatori USA[4].

Posti al cuore della crisi sistemica globale fin dalla sua nascita, gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi che stanno conducendo l'economia e la finanzia globale nel «cuore dell'oscurità»[5] proprio perché non riescono a venir fuori dalla loro «Molto Grande Depressione»[6].

Quindi, mentre viene fuori degli sconvolgimenti politici delle elezioni USA il prossimo Novembre, con una crescita di nuovo negativa, il mondo dovrà fronteggiare una «Gravissima Avaria» del sitema economico e finanziario globale fondato oltre 60 anni fa sulla assoluta necessità per l'economia USA di non rimanere mai a lungo in recessione.

Ora la prima metà del 2011 imporrà che l'economia USA subisca una dose di rigore finanziario senza precedenti facendo piombare il pianeta in un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale[7].

In questo numero del GEAB, il nostro gruppo quindi anticiperà per i prossimi mesi, differenti aspetti di questo nuovo sviluppo della crisi, in particolare la natura del meccanismo di austerità imposta che colpirà gli Stati Uniti, gli sviluppi del maledetto dibattito su «inflazione/deflazione», l'effettivo incremento del PIL USA, la strategia delle banche centrali e le dirette conseguenze per l'Asia e l'Europa.

Come facciamo ogni mese, illustreremo le nostre raccomandazioni strategiche e operative.

Inoltre, in via particolare, questo numero del GEAB offre un estratto dal nuovo libro di Frank Biancheri «The Global Crisis: The Path to the World After - France, Europe and World in the Decade 2010-2020» (La Crisi Globale: il cammino verso il mondo dopo[-crisi] - Francia, Europa e il mondo nella decade 2010-2020)[8]


consumer_metrics

Andamento comparato del Grownth Index del CMI (rosso) e del PIL USA (verde) (2005 - 2010) - Fonte: Dshort, 08/26/2010.

I trimestri a venire saranno particolamente pericolosi per il sistema finanziario ed economico.

Il Chairman delle FED Ben Bernanke ha lanciato il seguente messaggio, nel modo più diplomatico possibile, alla recente riunione dei banchieri centrali a Jackson Hole nel Wyomimng: anche se le politiche per ravvivare l'economia USA sono fallite, o il resto del mondo continua a finanziare il deficit USA in perdita, sperando che ad un certo punto nel futuro la scommessa paghi ed evitando il collasso del sistema globale, oppure gli Stati Uniti continueranno a monetizzare il loro debito e convertiranno tutti i dollari e i titoli del tesoro in mano al resto del mondo in banconote del monopoli.

Come ogni potere messo nell'angolo, gli Stati Uniti sono ora obbligati ad introdurre la minaccia di pressione per ottenere ciò che vogliono.

Meno di un anno fa i leader del resto del mondo e gli ufficiali finanziari si erano offerti volontariamente di «rimettere a galla la nave USA».

Comunque, oggi, le cose sono cambiate drasticamente dato che le nobile rassicurazioni di Washington (da parte della FED come da parte dell'amministrazione Obama) si sono dimostrate essere pura arroganza basata sulla pretesa di aver compreso la natura della crisi e sull'illusione di possedere i mezzi per controllarla.

Comunque, la crescita USA evapora trimestre dopo trimestre[8] e ridiventa negativa dalla fine del 2010.

Il tasso di disoccupazione non ha smesso di crescere e si porrà tra la stabilità mostrata nelle statistiche ufficiali e la perdita, nei prossimi sei mesi, per più di due milioni di americani del posto di lavoro (LEAP/E2020 crede che il reale tasso di disoccupazione si attesti ora oltre il 20%[9); il mercato USA delle case rimane depresso ai minimi storici e riprenderà la sua caduta a partire dall'ultimo trimestre 2010; infine, ma non meno importante, come si può ben immaginare date le circostanze, i consumatori USA sono e rimarranno assenti stabilmente dato che il loro stato di insolvenza continua e addirittura peggiora[10]per quegli americani, uno su cinque, che non hanno un lavoro.

Dietro questi fattori statistici si nascondono tre realtà che cambieranno radicalmente il paesaggio politico, economico e sociale degli USA e del resto del mondo nei prossimi trimestri non appena questi arriveranno all'opinione pubblica.


doppia_mazzata
«Stati Uniti - la doppia mazzata: niente capitale, niente lavoro»
- Correlazione tra la caduta dei prezzi delle case e l'andamento della disoccupazione stato per stato (2006-2009) - Fonte: FMI / OIT / OsloConference, 07/2010


La rabbia popolare paralizzerà Washington a partire da Novembre 2010

In primo luogo, c'è una realtà diffusa e molto deprimente, un vero viaggio «al cuore dell'oscurità», che consiste in milioni di americani (quasi sessanta milioni di loro adesso dipendono dai Food stamps per vivere [sussidi per i più poveri, ndt]) che non hanno più un lavoro, una casa o del denaro da parte e che si stanno chiedendo come faranno a sopravvivere negli anni a venire[11].

Questi sono giovani[12], pensionati, afro-americani, lavoratori, impiegati nei servizi[13], ... e costituiscono quella massa di cittadini arrabbiati che si faranno sentire con violenza il prossimo novembre e trascinando Washington in una tragico vicolo cieco politico.

I sostenitori dei movimenti «Tea Party[14]» e «nuovi secessionisti[15]» ... vogliono «spezzare la Macchina di Washington» (e per estensione quella di Wall Street) senza avere proposte credibili per risolvere la miriade di problemi del paese[16].

Le elezioni di Novembre 2010 saranno la prima opportunità per questa «America sofferente» di esprimersi sulla crisi e sulle sue conseguenze. E questi voti, riguadagnati dai repubblicani o persino dagli estremisti, contribuiranno a paralizzare ancora di più l'amministrazione Obama e il Congresso (che probabilmente ritornerà ad essere a maggioranza repubblicana), col solo effetto di spingere il paese in un tragico ingorgo proprio quando tutte la luci stanno ridiventando di nuovo rosse.

Inoltre, questa espressione di rabbia diffusa si scontrerà, da dicembre in avanti, con l'uscita del rapporto della Commisione per il deficit creata dal presidente Obama, e questo porterà il problema del deficit al cuore del dibattito pubblico all'inizio del 2011[17].

Per esempio, stamo già vedendo un'espressione molto particolare di questa rabbia diffusa contro Wall Street nel fatto che gli americani stanno abbandonando il mercato azionario[18]: ogni mese un crescente numero di «piccoli investitori» lasciano Wall Street e i mercati finanziari[19], al punto che oggi più del 70% delle transazioni sono nelle mani delle principali istituzioni e altri «high frequency trader».

Se si tiene a mente l'immagine tradizionale che vede le borse oggi come i templi del capitalismo moderno, allora stiamo assistendo ad un fenomeno di perdita di fiducia simile alla disaffezione della gente, testimoniata da dimostrazioni ufficiali, sperimentata dal sistema comunista prima della su caduta.



Il grosso dell'economia USA ora è dipendente dai fondi pubblici

C'è anche una drammatica realtà economica: la maggior parte dell'economia USA è ora direttamente dipendente dal governo federale e/o dalla Federal Reserve.

Immobiliare, auto, difesa (e tramite questa una grande parte delle industrie dell'alta tecnologia), agricoltura,... sono settori che ora possono solo sopravvivere (e anche così per alcuni solo cono grande difficoltà) perché sono supportati dagli aiuti federali e/o dalle politiche di supporto della Fed.

Inoltre, la gran parte degli stati e delle grandi città in tutto il paese non possono rimanere in attivo con le loro forze e dipendono da Washington per riuscirci[20].

Quindi, se un domani queste spese del governo federale e della Fed non potessero essere mantenute, o persino se non potessero essere aumentate, dato che il primo ha un già un deficit abissale e la seconda ha già un enorme numero di attivi fantasma in bilancio[21], la maggior parte dell'economia e del sistema sociale del paese crollerebbero come un castello di carte[22].

In termini di attivi fantasma, i due grafici sotto illustrano perfettamente il trasferimento dei debiti dalle banche private alla Fed, che ha solo reso ai contribuenti USA responsabile dei debiti delle maggiori banche USA... un abuso che alimenta parecchio la «frustrazione» di molti concittadini americani.

Qui, Barack Obama aveva ragione a dire ai banchieri USA nel marzo 2009 «la mia amministrazione è la sola cosa che si para tra voi e i forconi».

Tra le altre cose, questo è ciò che lo rende così impopolare nel suo paese.

Ma se la prospettiva di una economia USA come un «castello di carte» era già stata chiaramente considerata dal nostro gruppo col GEAB Nr.2 nel febbraio 2006, è solo di recente che i «pricipali» media stanno cominciando a riconoscere questo fatto.

Come sempre nel caso di profonde crisi, questa consapevolezza è un segno di vicino cambiamanto per il peggio perché presagisce un busco cambiamento nel comportamento di molti attori globali[24], in particolare riguardo alla famosa «fuga dal rischio» che tradizionalmente porta questi a favorire i beni del governo USA ... e che, crediamo, comincerà a invertirsi dall'inizio del 2011.

La FED adesso sa di essere impotente

Finalmente esiste un effetto finanziario e monetario particolarmente tragico in quanto i giocatori sono diventati consapevoli della situazione senza uscita: la FED adesso sa di essere impotente.

Nonostante gli sforzi straordinari (interessi a tasso zero, quantitave easing, supporto enorme al mercato dei mutui immobiliari, eguale supporto alle banche, triplicazione del suo stato patrimoniale, …) in atto dal settembre del 2008, l'economia americana non riparte.
I leader della FED hanno scoperto di essere solo una parte del sistema, in questo caso il sistema finanziario USA, progettato dal 1945 per essere il cuore solvente del sistema finanziario globale.

Tuttavia il consumatore americano è diventato insolvente, il consumatore che, negli ultimi trent'anni, e' diventato in modo graduale il giocatore economico centrale di questo cuore finanziario (con più del 70% dipendente dalla spesa famigliare).

E' questa insolvenza delle famiglie USA che ha vanificato gli sforzi della FED.

Avvezzi ad essere virtuosi e per questo ad avere la possibilità di manipolare i processi e le dinamiche degli eventi, i banchieri centrali USA credevano di poter «imbrogliare» le famiglie, dandogli un'altra volta l'illusione di ricchezza e quindi spingendole a ripristinare il consumo e con questo far rivivere la macchina economica e finanziaria dell'intero paese.

Fino all'estate del 2010 non hanno creduto nella natura sistemica della crisi oppure non hanno capito che quello che stava causando i problemi era fuori portata degli strumenti della banca centrale, per quanto possa essere potente.

Solo nelle recenti settimane hanno trovato due verità: le loro politiche hanno fallito e non hanno armi ne' munizioni.

Da qui il tono molto depresso nelle discussioni delle banche centrali ai meeting di Jackson Hole, nonché la mancanza del consenso per le azioni future e quindi gli infiniti dibattiti sulla natura dei rischi che vanno affrontati nei prossimi mesi (per esempio inflazione o deflazione, sapendo che gli strumenti interni del sistema che misuravano le conseguenze di questi trend non sono neanche più rilevanti come analizziamo in questa edizione), ma anche gli scontri sempre più violenti tra i promotori della crescita rinnovata attraverso il debito ed i sostenitori della riduzione del deficit... nonché il discorso di Ben Bernake pieno di minacce velate ai suoi colleghi delle banche centrali: in termini ambigui ha fatto passare il seguente messaggio:

«Proveremo di tutto per evitare il collasso economico e finanziario e voi continuerete a finanziare tutto, proprio tutto»

oppure sguinzaglieremo l'inflazione e con essa il dollaro deprezzerà e i bond del tesoro USA non varranno più molto.

Quando un banchiere centrale si esprime come un esattore c'è una situazione pericolosa in casa.

La risposta delle banche centrali più grandi del mondo verrà rivelata nei prossimi due quadrimestri. La ECB ha già fatto capire in modo chiaro che la nuova politica di stimolo all'innalzamento del deficit statunitense sarebbe un suicidio per gli USA.

La Cina, pur dicendo di non voler accelerare le cose, passa già il suo tempo a vendere gli asset USA per comprare quelli Giapponesi (cosa che viene riflessa nel valore storico del rapporto di cambio tra dollaro e Yen).

Per quanto riguarda il Giappone, in questo momento e' forzato ad essere allineato sia con Washington sia con Pechino... e probabilmente cancellerà tutte le proprie politiche finanziarie e monetarie.

Nei futuri quadrimestri, la FED come anche il governo federale, scopriranno che nel momento in cui gli USA non saranno più considerati un succoso sinonimo del profitto e/o del potere distribuito, vedranno la propria abilità nel convincere i loro partner declinare velocemente e pesantemente, in special modo quando il secondo mette in discussione l'importanza delle politiche scelte.

Le conseguenze di queste tre realtà, che gradualmente fanno sentire la loro presenza nella coscienza globale, nonché in quella degli USA, faranno si, secondo il team LEAP/E2020, che gli USA entrino nel 2011 in un era di austerità mai vista da quando il paese e' diventato il cuore del sistema globale economico e finanziario. Il blocco della politica federale nel contesto dell'elettorato ammalato e stanco di Washington e Wall Street, la massiccia dipendenza sui fondi federali da parte dell'intera economia USA e l'impotenza della FED, incapace di evitare una situazione di crescente riluttanza nel finanziare il deficit USA, verranno combinate per spingere il paese nell'austerità.

Un'austerità che sta già affliggendo almeno il 20% della popolazione e che direttamente affligge un americano su due preoccupati di andare ad aggiungersi ai senza tetto, a quelli senza lavoro ed ai disoccupati a lungo termine. Per queste decine di milioni di americani l'austerità e' qui e si chiama impoverimento duraturo.

Quello che succederà entro la primavera del 2011 e', quindi, un cambiamento nei discorsi ufficiali, nelle politiche budgetarie e nella consapevolezza internazionale dell'idea che gli USA non sono più «il paese della cuccagna», ma «la terra di pochi».

Oltre alle scelte politiche nazionali, c'è anche la scoperta di una nuova limitazione per il paese: gli USA non si possono permettere un nuovo stimolo. Piuttosto che un collasso multi decennale, come la situazione Giapponese, molti decision makers saranno tentati dalla terapia shock... la stessa terapia che, con il FMI, gli USA raccomandano all'America latina, ai paesi asiatici e all'Europa dell'est.


Grazie a Trinetra e Markozu per questa parte.


Saluti felici

Felice Capretta

30 ottobre 2010

L'economia del disastro globale







Decrescita o diverso modello di sviluppo? Le contraddizioni del capitalismo, i ritardi della sinistra sulla questione ambientale, l'assuefazione a considerarci tutti consumatori. E le lungimiranti analisi dell'economista Georgescu-Rogen che già negli anni '70 rifletteva su guerra, demografia, stili di vita

La crescita del prodotto è lo strumento perseguito per il superamento della crisi. Una politica criticata dall' ambientalismo più qualificato. Tu che ne pensi?

Credo che come valore principale si dovrebbe pensare non tanto alla crescita, quanto a un diverso modello di sviluppo economico, rispettoso della natura. Tuttavia diffido della parola "decrescita", mi pare sia un errore dei sostenitori di questa tesi, peraltro preparati, agguerriti, intelligenti ... Non si tratta di decrescita, ma di adottare stili di vita diversi. Se ciò fosse tecnicamente concepibile, bisognerebbe però vedere se l'umanità è disposta ad aderire a un modello di questo genere: e questo è un problema politico.

Già, la gente ha assunto la crescita ormai come norma di vita.

Certo. Bisogna però ricordare che, per tutta la prima fase del capitalismo, la crescita è stata provvidenziale; e lo è ancora nei paesi poveri. Il superamento delle condizioni di miseria del primo capitalismo, durato in pratica tutto l'800, è stato un fatto straordinario. Quanto poi alla capacità di crescita attuale va detto che non tutto il mondo ne è capace. Alcuni paesi - Cina, India, Brasile - lo sono, e ovviamente aggravano le condizioni ambientali. Ma nel resto del mondo, il capitalismo non è nemmeno più capace di crescita.
Infatti. C'è questo doppio problema. La crescita - a parte la sua ricaduta negativa sull'ecosistema - sembra non funzionare più...
Una delle ragioni per le quali non funziona più è che negli ultimi trent'anni le modalità della crescita capitalistica hanno generato disoccupazione e disuguaglianze: i ricchi sono diventati più ricchi, i poveri più poveri ... E questo ha provocato la crisi attuale: se i redditi da lavoro sono bassi, è bassa la domanda effettiva, l'economia non cresce e i capitali si spostano sulla finanza, con i risultati che abbiamo visto.

Il capitalismo non tiene più ?

Credo proprio che lo si possa dire: lo si vede. E al fondo credo ci sia una questione su cui era stato molto chiaro Marx, quando scrive, nelle ultime pagine del III libro del Capitale, che il «processo lavorativo è soltanto un processo tra l'uomo e la natura». Se ci si riflette, qualsiasi processo produttivo, per quanto complesso, mediato da macchine, ecc., alla fine è un rapporto tra uomo e natura.

Da tempo mi domando come sia possibile che grandi economisti, imprenditori, politici (a Davos, Cernobbio, Capri...) discutano del futuro del mondo senza nemmeno nominare l'ambiente.

Come se le merci che producono non fossero fatte di natura...

Un fatto che qualsiasi persona di buon senso dovrebbe considerare ... Nelle forme primitive di economia il rapporto tra uomo e natura attraverso il lavoro era immediato ed evidente; ma anche il lavoro moderno, tecnicamente più complesso, alla fine risulta essere un rapporto, seppure mediato, tra uomo e natura. Allora si può dire che tendenzialmente si genera un conflitto tra lo sviluppo materiale della produzione e la sua forma sociale; e che così come ci sono dei limiti al saggio di sfruttamento del lavoro, oltre il quale si danno crisi economiche, così esiste un limite al saggio di sfruttamento della natura, oltre il quale si danno crisi della stessa natura.

D'altronde questa sproporzione tra disponibilità di natura e uso della medesima è un fatto recente, che appartiene al capitalismo, ma è enormemente aumentata nel dopoguerra, con la società dei consumi.

Certamente. E su questo credo si debba riflettere partendo dal pensiero di Georgescu-Roegen, un grande economista poco noto; il quale ci ricorda che anche il processo produttivo è regolato dalle leggi della termodinamica, e che per la legge dell'entropia la materia è soggetta a una dissipazione irreversibile. Ciò significa che nel lungo periodo, ma non tanto lungo, la decrescita non sarà una scelta, ma un fatto di natura: la legge della termodinamica funziona per tutti. Da ciò Georgescu non trae però conclusioni catastrofiche. Sì domanda invece: si potrebbe fare qualcosa? La sua risposta è sì: e si articola in un programma bioeconomico minimale, formulato in otto punti. Il primo afferma che dovrebbe essere proibita non solo la guerra, ma anche la produzione di ogni strumento bellico. E non solo per ragioni morali, ma perché le forze produttive così liberate potrebbero essere impiegate al fine di consentire ai paesi sottosviluppati di raggiungere rapidamente gli standard di una vita buona. Perché un progetto di diverso sviluppo deve essere condiviso a livello universale, altrimenti non può funzionare. Inoltre - afferma Georgescu - la popolazione mondiale dovrebbe ridursi fino a renderne possibile la nutrizione mediante la sola agricoltura organica. Ma oggi la questione demografica non viene nemmeno posta ...

Anzi, si lamenta la denatalità, e quindi la caduta di consumi come carrozzelle, pannolini , ecc.

Ormai dell'umanità, di tutti noi, si parla non più come di lavoratori, ma solo come di consumatori. E anche a questo proposito bisogna tenere presente che anche quando (se mai giorno verrà) le energie rinnovabili saranno davvero convenienti e sicure, i risparmi che ne avremo saranno molto minori di quanto ci si promette. Ogni spreco di energia deve dunque essere evitato: mentre normalmente noi viviamo troppo al caldo d'inverno, troppo al freddo d'estate, spingiamo l'automobile a troppa velocità, usiamo troppe lampadine ... Il programma di Georgescu dice poi molto altro: dovremmo rinunciare ai troppi prodotti inutili; liberarci dalla moda di sostituire abiti, mobili, elettrodomestici, e quanto è ancora utile; i beni durevoli devono essere ancor più durevoli e perciò riparabili. L'ultimo punto è che dobbiamo liberarci dalla frenesia del fare, e capire che requisito importante per una buona vita è l'ozio. Ozio - aggiungo io - inteso come tempo libero liberato dall'ansia e impiegato in maniera intelligente. E su questo credo non si possa non convenire, per rinviare il momento del disordine e nel frattempo vivere una vita migliore. Però, domanda politica: siamo pronti, noi per primi, ma soprattutto i potenti della terra, a fare nostro il programma di Georgescu?

Questa era la domanda che ti volevo porre. Anche perché Georgescu-Roegen scriveva negli anni '70, quando ancora il consumo non si era ancora imposto come fattore primo di definizione della vita ..

Infatti. E la cosa interessante è che il programma di Georgescu richiama un famoso scritto di Keynes (del 1930): Le prospettive economiche per i nostri nipoti. Molti di questi punti lì c'erano già: guerra, problema demografico, stili di vita, tempo libero ... Due autori di grande statura che avevano precocemente colto il punto, insistendo sulla desiderabilità di altri stili di vita... Anche se Georgescu ragiona in maniera più direttamente funzionale alla difesa della natura. Rimane comunque la domanda: siamo pronti?

Nessuno è pronto, temo. Ma, passando a un altro argomento: le sinistre sono sempre state assenti riguardo al tema ambiente, e talora su posizioni nettamente ostili. In ciò contraddicendo la loro stessa funzione, perché per lo più sono i poveri a pagare inquinamento, alluvioni, desertificazioni, tossicità diffusa ... Eppoi perché, insomma, le sinistre sono nate contro il capitalismo: non toccherebbe a loro per prime occuparsi di un problema che proprio dal capitalismo deriva?

Questa tradizione non ambientalista delle sinistre è dipesa anche da uno scarso approfondimento di questi temi. Mentre curiosamente l' hanno fatto un paio di capitalisti illuminati. Io di solito diffido della definizione di "capitalisti illuminati", tuttavia due debbo ricordarli. Uno, il senatore Giovanni Agnelli, che nei primi anni trenta sosteneva la necessità di una riduzione dell'orario di lavoro, in dura polemica con un preoccupatissimo Luigi Einaudi. L'altro, Henry Ford con la sua politica di alti salari (che molto interessò Antonio Gramsci): i lavoratori devono essere ben pagati, affinché possano comperare le merci che essi stessi producono.

Un'iniziativa che in sintesi già prefigurava la società dei consumi...

Certamente. Ma la cosa interessante è che Kojève, il grande intellettuale studioso di Hegel, russo d'origine poi approdato in Francia, diceva che Ford era il Marx del XX secolo: per aver colto la contraddizione e il rischio di lavoratori che non potevano comperare ciò che essi stessi producevano. Un tema caro anche a Claudio Napoleoni, quando diceva che il lavoratore si trova davanti, come nemico, ciò che egli stesso ha prodotto. Ford non era mica un sant'uomo, era durissimo coi sindacati, ma da un punto di vista strettamente economico aveva colto il problema. D'altronde nemmeno Keynes voleva abbattere il capitalismo: voleva farlo funzionare meglio, anzi salvarlo, come dichiarava esplicitamente. Mentre molti parlavano di lui come di un bolscevico, a cominciare proprio da Einaudi. Ma per tornare alla tua domanda circa le sinistre di oggi, la mia risposta è in interrogativo: dove sono oggi le sinistre?

Queste tante piazze piene di gente, di giovani soprattutto, queste manifestazioni sempre più frequenti, molto spesso centrate proprio su problemi ecologici: acqua, nucleare, rifiuti, distruzione di parchi, cementificazione di litorali .... Non significa nulla tutto questo? Se ci pensi, questi tanti conflitti "minori", diciamo, sono tutti riconducibili alla radice capitalista. Un'analisi in qualche misura approfondita scopre che la radice è sempre l'impianto capitalistico. Queste sinistre, possibile che non se ne accorgano? Che non vedano che questa potrebbe essere una base da cui partire?

Tutto questo è però molto frammentato, manca la sintesi, quindi manca quella che potrebbe essere la base concettuale e ideale di un progetto di sinistra ... Certo, questo dovrebbe essere il compito della sinistra: portare a sintesi tutte le istanze nobili e progressiste ... Ma questa è una sensibilità che mi pare manchi alle sinistre ... L'unico che aveva provato a ragionare di queste cose, era stato Berlinguer con il suo discorso sull'austerità. Era un discorso molto alto, che toccava proprio i temi di cui abbiamo parlato; tanto alto che non era stato capito, e letto addirittura come un invito ai compagni a tirare la cinghia.


GIORGIO LUNGHINI
Carla Ravaioli

29 ottobre 2010

Così ci ingannano sui farmaci




Uno studio rivela come le aziende farmaceutiche riscrivano gli articoli scientifici per gonfiare le virtù di una medicina o nasconderne i danni collaterali. Ed è sulla base di questi "falsi" che spesso vengono fatte le ricette

Gli articoli scientifici che riportano studi clinici controllati riguardanti nuovi farmaci rappresentano la base per redigere articoli più divulgativi che influenzano le prescrizioni da parte dei medici che raramente leggono gli articoli originali. Le industrie colgono questa opportunità per rendere gli articoli il più possibile favorevoli al nuovo farmaco, facendoli revisionare - o addirittura scrivere completamente - da esperti che rimangono anonimi, sono i cosiddetti "scrittori fantasma". Molto spesso non si tratta di modificare i risultati, ma di presentarli in modo attraente, enfatizzando piccoli risultati e minimizzando l'eventuale presenza di effetti tossici.

Particolare attenzione viene riservata al riassunto del lavoro, perché in generale questo non è oggetto di molto interesse da parte dei valutatori, mentre rappresenta la parte dell'articolo che più frequentemente è letta e determina l'impressione finale da parte del lettore.

Questo modo di operare è evidentemente non-etico e non riguarda solo le industrie interessate, ma anche i ricercatori clinici che accettano di firmare lavori scientifici scritti da altri. Uno studio pubblicato su "Plos Medicine" analizza i documenti messi a disposizione da parte della Giustizia Federale degli Stati Uniti che riguardano in particolare parecchi articoli scritti per commentare gli effetti favorevoli della terapia ormonale in menopausa da parte di una ditta specializzata nella stesura di articoli scientifici a pagamento. I ghost writer cercavano di mitigare il rischio di tumore della mammella dovuto all'uso della terapia ormonale magnificando benefici cardiovascolari e prevenzione della demenza, della malattia di Parkinson (e persino delle rughe, senza ovviamente alcuna base scientifica).

Tutto ciò non può che nuocere all'appropriatezza delle terapie, ma serve invece a gonfiare le prescrizioni e i profitti. È importante che i medici siano critici nella lettura della documentazione che ricevono, controllando i dati se possibile sui lavori originali. Occorre anche che il Servizio Sanitario Nazionale dissemini informazioni oggettive per ridurre la sproporzione oggi esistente fra messaggi dell'industria farmaceutica e informazione indipendente.

Silvio Garattini, direttore Istituto Mario Negri di Milano

28 ottobre 2010

La crisi sistemica globale: primavera di austerità e gravi inceppamenti

the-casinomicsIl blog Informazione Scorretta (curato da Felice Capretta) ha pubblicato una parziale traduzione del Rapporto 47 del GEAB, il gruppo di analisti economici eterodossi che cerca di trarre previsioni dall'osservazione della Grande Crisi in atto. La volontà di stabilire date precise li espone a ovvie smentite (anche se sembrano spesso soltanto date rimandate). Tuttavia spesso colgono in anticipo importanti tendenze. Anche non cedendo al fascino divinatorio di un testo che ci dica a che punto saremo fra un mese o un anno, sono interessanti i rimandi a dati economici reali e verificabili. Buona lettura.

1 - La crisi sistemica globale - Primavera 2011:
Benvenuti negli Stati Uniti dell'austerità / Verso una gravissima avaria del sistema economico e finanziario mondiale.

Come anticipato dal LEAP/E2020 lo scorso Febbraio nel GEAB N. 42, (gli affezionati lettori ricorderanno le tre onde anomale convergenti) la seconda metà del 2010 sarà fondamentalmente caratterizzata da un improvviso peggioramento della crisi, evidenziato sia dalla fine dell'illusoria ripresa pubblicizzata dai leader occidentali [1]e sia dalle migliaia di miliardi inghiottiti dalle banche e dai piani, di breve respiro, di «stimolo» economico.

I mesi a venire riveleranno una semplice, anche se dolorosa, realtà: l'economia occidentale, in particolare quella USA [2], non è davvero mai uscita dalla recessione[3].

Gli impressionanti dati statistici registrati dall'estate 2009 sono stati solo la conseguenza di breve durata delle massicce iniezioni di liquidità nel sistema che era divenuto essenzialmente insolvente proprio come i consumatori USA[4].

Posti al cuore della crisi sistemica globale fin dalla sua nascita, gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi che stanno conducendo l'economia e la finanzia globale nel «cuore dell'oscurità»[5] proprio perché non riescono a venir fuori dalla loro «Molto Grande Depressione»[6].

Quindi, mentre viene fuori degli sconvolgimenti politici delle elezioni USA il prossimo Novembre, con una crescita di nuovo negativa, il mondo dovrà fronteggiare una «Gravissima Avaria» del sitema economico e finanziario globale fondato oltre 60 anni fa sulla assoluta necessità per l'economia USA di non rimanere mai a lungo in recessione.

Ora la prima metà del 2011 imporrà che l'economia USA subisca una dose di rigore finanziario senza precedenti facendo piombare il pianeta in un nuovo caos finanziario, monetario, economico e sociale[7].

In questo numero del GEAB, il nostro gruppo quindi anticiperà per i prossimi mesi, differenti aspetti di questo nuovo sviluppo della crisi, in particolare la natura del meccanismo di austerità imposta che colpirà gli Stati Uniti, gli sviluppi del maledetto dibattito su «inflazione/deflazione», l'effettivo incremento del PIL USA, la strategia delle banche centrali e le dirette conseguenze per l'Asia e l'Europa.

Come facciamo ogni mese, illustreremo le nostre raccomandazioni strategiche e operative.

Inoltre, in via particolare, questo numero del GEAB offre un estratto dal nuovo libro di Frank Biancheri «The Global Crisis: The Path to the World After - France, Europe and World in the Decade 2010-2020» (La Crisi Globale: il cammino verso il mondo dopo[-crisi] - Francia, Europa e il mondo nella decade 2010-2020)[8]


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Andamento comparato del Grownth Index del CMI (rosso) e del PIL USA (verde) (2005 - 2010) - Fonte: Dshort, 08/26/2010.

I trimestri a venire saranno particolamente pericolosi per il sistema finanziario ed economico.

Il Chairman delle FED Ben Bernanke ha lanciato il seguente messaggio, nel modo più diplomatico possibile, alla recente riunione dei banchieri centrali a Jackson Hole nel Wyomimng: anche se le politiche per ravvivare l'economia USA sono fallite, o il resto del mondo continua a finanziare il deficit USA in perdita, sperando che ad un certo punto nel futuro la scommessa paghi ed evitando il collasso del sistema globale, oppure gli Stati Uniti continueranno a monetizzare il loro debito e convertiranno tutti i dollari e i titoli del tesoro in mano al resto del mondo in banconote del monopoli.

Come ogni potere messo nell'angolo, gli Stati Uniti sono ora obbligati ad introdurre la minaccia di pressione per ottenere ciò che vogliono.

Meno di un anno fa i leader del resto del mondo e gli ufficiali finanziari si erano offerti volontariamente di «rimettere a galla la nave USA».

Comunque, oggi, le cose sono cambiate drasticamente dato che le nobile rassicurazioni di Washington (da parte della FED come da parte dell'amministrazione Obama) si sono dimostrate essere pura arroganza basata sulla pretesa di aver compreso la natura della crisi e sull'illusione di possedere i mezzi per controllarla.

Comunque, la crescita USA evapora trimestre dopo trimestre[8] e ridiventa negativa dalla fine del 2010.

Il tasso di disoccupazione non ha smesso di crescere e si porrà tra la stabilità mostrata nelle statistiche ufficiali e la perdita, nei prossimi sei mesi, per più di due milioni di americani del posto di lavoro (LEAP/E2020 crede che il reale tasso di disoccupazione si attesti ora oltre il 20%[9); il mercato USA delle case rimane depresso ai minimi storici e riprenderà la sua caduta a partire dall'ultimo trimestre 2010; infine, ma non meno importante, come si può ben immaginare date le circostanze, i consumatori USA sono e rimarranno assenti stabilmente dato che il loro stato di insolvenza continua e addirittura peggiora[10]per quegli americani, uno su cinque, che non hanno un lavoro.

Dietro questi fattori statistici si nascondono tre realtà che cambieranno radicalmente il paesaggio politico, economico e sociale degli USA e del resto del mondo nei prossimi trimestri non appena questi arriveranno all'opinione pubblica.


doppia_mazzata
«Stati Uniti - la doppia mazzata: niente capitale, niente lavoro»
- Correlazione tra la caduta dei prezzi delle case e l'andamento della disoccupazione stato per stato (2006-2009) - Fonte: FMI / OIT / OsloConference, 07/2010


La rabbia popolare paralizzerà Washington a partire da Novembre 2010

In primo luogo, c'è una realtà diffusa e molto deprimente, un vero viaggio «al cuore dell'oscurità», che consiste in milioni di americani (quasi sessanta milioni di loro adesso dipendono dai Food stamps per vivere [sussidi per i più poveri, ndt]) che non hanno più un lavoro, una casa o del denaro da parte e che si stanno chiedendo come faranno a sopravvivere negli anni a venire[11].

Questi sono giovani[12], pensionati, afro-americani, lavoratori, impiegati nei servizi[13], ... e costituiscono quella massa di cittadini arrabbiati che si faranno sentire con violenza il prossimo novembre e trascinando Washington in una tragico vicolo cieco politico.

I sostenitori dei movimenti «Tea Party[14]» e «nuovi secessionisti[15]» ... vogliono «spezzare la Macchina di Washington» (e per estensione quella di Wall Street) senza avere proposte credibili per risolvere la miriade di problemi del paese[16].

Le elezioni di Novembre 2010 saranno la prima opportunità per questa «America sofferente» di esprimersi sulla crisi e sulle sue conseguenze. E questi voti, riguadagnati dai repubblicani o persino dagli estremisti, contribuiranno a paralizzare ancora di più l'amministrazione Obama e il Congresso (che probabilmente ritornerà ad essere a maggioranza repubblicana), col solo effetto di spingere il paese in un tragico ingorgo proprio quando tutte la luci stanno ridiventando di nuovo rosse.

Inoltre, questa espressione di rabbia diffusa si scontrerà, da dicembre in avanti, con l'uscita del rapporto della Commisione per il deficit creata dal presidente Obama, e questo porterà il problema del deficit al cuore del dibattito pubblico all'inizio del 2011[17].

Per esempio, stamo già vedendo un'espressione molto particolare di questa rabbia diffusa contro Wall Street nel fatto che gli americani stanno abbandonando il mercato azionario[18]: ogni mese un crescente numero di «piccoli investitori» lasciano Wall Street e i mercati finanziari[19], al punto che oggi più del 70% delle transazioni sono nelle mani delle principali istituzioni e altri «high frequency trader».

Se si tiene a mente l'immagine tradizionale che vede le borse oggi come i templi del capitalismo moderno, allora stiamo assistendo ad un fenomeno di perdita di fiducia simile alla disaffezione della gente, testimoniata da dimostrazioni ufficiali, sperimentata dal sistema comunista prima della su caduta.



Il grosso dell'economia USA ora è dipendente dai fondi pubblici

C'è anche una drammatica realtà economica: la maggior parte dell'economia USA è ora direttamente dipendente dal governo federale e/o dalla Federal Reserve.

Immobiliare, auto, difesa (e tramite questa una grande parte delle industrie dell'alta tecnologia), agricoltura,... sono settori che ora possono solo sopravvivere (e anche così per alcuni solo cono grande difficoltà) perché sono supportati dagli aiuti federali e/o dalle politiche di supporto della Fed.

Inoltre, la gran parte degli stati e delle grandi città in tutto il paese non possono rimanere in attivo con le loro forze e dipendono da Washington per riuscirci[20].

Quindi, se un domani queste spese del governo federale e della Fed non potessero essere mantenute, o persino se non potessero essere aumentate, dato che il primo ha un già un deficit abissale e la seconda ha già un enorme numero di attivi fantasma in bilancio[21], la maggior parte dell'economia e del sistema sociale del paese crollerebbero come un castello di carte[22].

In termini di attivi fantasma, i due grafici sotto illustrano perfettamente il trasferimento dei debiti dalle banche private alla Fed, che ha solo reso ai contribuenti USA responsabile dei debiti delle maggiori banche USA... un abuso che alimenta parecchio la «frustrazione» di molti concittadini americani.

Qui, Barack Obama aveva ragione a dire ai banchieri USA nel marzo 2009 «la mia amministrazione è la sola cosa che si para tra voi e i forconi».

Tra le altre cose, questo è ciò che lo rende così impopolare nel suo paese.

Ma se la prospettiva di una economia USA come un «castello di carte» era già stata chiaramente considerata dal nostro gruppo col GEAB Nr.2 nel febbraio 2006, è solo di recente che i «pricipali» media stanno cominciando a riconoscere questo fatto.

Come sempre nel caso di profonde crisi, questa consapevolezza è un segno di vicino cambiamanto per il peggio perché presagisce un busco cambiamento nel comportamento di molti attori globali[24], in particolare riguardo alla famosa «fuga dal rischio» che tradizionalmente porta questi a favorire i beni del governo USA ... e che, crediamo, comincerà a invertirsi dall'inizio del 2011.

La FED adesso sa di essere impotente

Finalmente esiste un effetto finanziario e monetario particolarmente tragico in quanto i giocatori sono diventati consapevoli della situazione senza uscita: la FED adesso sa di essere impotente.

Nonostante gli sforzi straordinari (interessi a tasso zero, quantitave easing, supporto enorme al mercato dei mutui immobiliari, eguale supporto alle banche, triplicazione del suo stato patrimoniale, …) in atto dal settembre del 2008, l'economia americana non riparte.
I leader della FED hanno scoperto di essere solo una parte del sistema, in questo caso il sistema finanziario USA, progettato dal 1945 per essere il cuore solvente del sistema finanziario globale.

Tuttavia il consumatore americano è diventato insolvente, il consumatore che, negli ultimi trent'anni, e' diventato in modo graduale il giocatore economico centrale di questo cuore finanziario (con più del 70% dipendente dalla spesa famigliare).

E' questa insolvenza delle famiglie USA che ha vanificato gli sforzi della FED.

Avvezzi ad essere virtuosi e per questo ad avere la possibilità di manipolare i processi e le dinamiche degli eventi, i banchieri centrali USA credevano di poter «imbrogliare» le famiglie, dandogli un'altra volta l'illusione di ricchezza e quindi spingendole a ripristinare il consumo e con questo far rivivere la macchina economica e finanziaria dell'intero paese.

Fino all'estate del 2010 non hanno creduto nella natura sistemica della crisi oppure non hanno capito che quello che stava causando i problemi era fuori portata degli strumenti della banca centrale, per quanto possa essere potente.

Solo nelle recenti settimane hanno trovato due verità: le loro politiche hanno fallito e non hanno armi ne' munizioni.

Da qui il tono molto depresso nelle discussioni delle banche centrali ai meeting di Jackson Hole, nonché la mancanza del consenso per le azioni future e quindi gli infiniti dibattiti sulla natura dei rischi che vanno affrontati nei prossimi mesi (per esempio inflazione o deflazione, sapendo che gli strumenti interni del sistema che misuravano le conseguenze di questi trend non sono neanche più rilevanti come analizziamo in questa edizione), ma anche gli scontri sempre più violenti tra i promotori della crescita rinnovata attraverso il debito ed i sostenitori della riduzione del deficit... nonché il discorso di Ben Bernake pieno di minacce velate ai suoi colleghi delle banche centrali: in termini ambigui ha fatto passare il seguente messaggio:

«Proveremo di tutto per evitare il collasso economico e finanziario e voi continuerete a finanziare tutto, proprio tutto»

oppure sguinzaglieremo l'inflazione e con essa il dollaro deprezzerà e i bond del tesoro USA non varranno più molto.

Quando un banchiere centrale si esprime come un esattore c'è una situazione pericolosa in casa.

La risposta delle banche centrali più grandi del mondo verrà rivelata nei prossimi due quadrimestri. La ECB ha già fatto capire in modo chiaro che la nuova politica di stimolo all'innalzamento del deficit statunitense sarebbe un suicidio per gli USA.

La Cina, pur dicendo di non voler accelerare le cose, passa già il suo tempo a vendere gli asset USA per comprare quelli Giapponesi (cosa che viene riflessa nel valore storico del rapporto di cambio tra dollaro e Yen).

Per quanto riguarda il Giappone, in questo momento e' forzato ad essere allineato sia con Washington sia con Pechino... e probabilmente cancellerà tutte le proprie politiche finanziarie e monetarie.

Nei futuri quadrimestri, la FED come anche il governo federale, scopriranno che nel momento in cui gli USA non saranno più considerati un succoso sinonimo del profitto e/o del potere distribuito, vedranno la propria abilità nel convincere i loro partner declinare velocemente e pesantemente, in special modo quando il secondo mette in discussione l'importanza delle politiche scelte.

Le conseguenze di queste tre realtà, che gradualmente fanno sentire la loro presenza nella coscienza globale, nonché in quella degli USA, faranno si, secondo il team LEAP/E2020, che gli USA entrino nel 2011 in un era di austerità mai vista da quando il paese e' diventato il cuore del sistema globale economico e finanziario. Il blocco della politica federale nel contesto dell'elettorato ammalato e stanco di Washington e Wall Street, la massiccia dipendenza sui fondi federali da parte dell'intera economia USA e l'impotenza della FED, incapace di evitare una situazione di crescente riluttanza nel finanziare il deficit USA, verranno combinate per spingere il paese nell'austerità.

Un'austerità che sta già affliggendo almeno il 20% della popolazione e che direttamente affligge un americano su due preoccupati di andare ad aggiungersi ai senza tetto, a quelli senza lavoro ed ai disoccupati a lungo termine. Per queste decine di milioni di americani l'austerità e' qui e si chiama impoverimento duraturo.

Quello che succederà entro la primavera del 2011 e', quindi, un cambiamento nei discorsi ufficiali, nelle politiche budgetarie e nella consapevolezza internazionale dell'idea che gli USA non sono più «il paese della cuccagna», ma «la terra di pochi».

Oltre alle scelte politiche nazionali, c'è anche la scoperta di una nuova limitazione per il paese: gli USA non si possono permettere un nuovo stimolo. Piuttosto che un collasso multi decennale, come la situazione Giapponese, molti decision makers saranno tentati dalla terapia shock... la stessa terapia che, con il FMI, gli USA raccomandano all'America latina, ai paesi asiatici e all'Europa dell'est.


Grazie a Trinetra e Markozu per questa parte.


Saluti felici

Felice Capretta