15 marzo 2011

Manning, la verità é torturata


La fonte dei 250 mila documenti diplomatici statunitensi che Wikileaks ha recentemente iniziato a pubblicare è con ogni probabilità il soldato americano Bradley Manning. 23 anni, ex analista dell’intelligence in Iraq, ha fornito un contributo di grandissimo valore alla conoscenza degli eccessi e dei crimini commessi da Washington in mezzo mondo nell’ultimo decennio. Per il governo americano, tuttavia, Bradley Manning rappresenta una grave minaccia, come dimostrano le condizioni disumane in cui è stato costretto in dieci mesi di carcere e le recenti pesantissime accuse sollevate nei suoi confronti che potrebbero addirittura sfociare in una condanna alla pena capitale.

I guai con la giustizia militare per il “Private First Class” (Pfc.) Bradley Manning erano iniziati nel maggio del 2010. L’arresto per lui era scattato in Iraq in seguito alle rivelazioni dell’ex hacker Adrian Lamo, il quale in una chat aveva raccolto alcune frasi dello stesso giovane soldato americano che indicavano la sua responsabilità nella pubblicazione di un video scottante. Il filmato in questione, scaricato senza autorizzazione dai terminali del Pentagono e pubblicato da Wikileaks nel mese di aprile con il titolo di “Collateral Murder”, riprendeva elicotteri americani che facevano fuoco su civili inermi a Baghdad nel 2007. In quella circostanza, furono assassinati anche due giornalisti della Reuters.

A Bradley Manning vennero contestati dodici capi d’accusa e per lui fu l’inizio di una detenzione in stato di isolamento che dura tutt’ora, nonostante nessuna condanna sia stata emessa né esista alcun precedente penale a suo carico. Presso una base dei Marines a Quantico, in Virginia, Manning è tenuto segregato per 23 ore al giorno, con una sola ora concessagli per qualche esercizio in una stanza vuota. I contatti con il mondo esterno sono severamente ristretti, così come l’accesso a qualsiasi materiale di lettura, mentre non gli è nemmeno consentito dormire durante il giorno.

Anche se nessun medico ha certificato tendenze suicide, Manning è poi imprigionato secondo procedure che dovrebbero impedirgli gesti autolesionisti. A partire dalla scorsa settimana, ad esempio, gli viene imposto di dormire completamente nudo. Una misura presa, secondo quanto scritto in un blog dal suo legale, avvocato David Coombs, in seguito ad un commento sarcastico fatto dallo stesso Manning sulla possibilità di tentare il suicidio utilizzando i propri indumenti intimi.

Quest’ultimo episodio rappresenta solo il più recente in una serie di trattamenti che sconfinano spesso nella tortura e appare mirato a debilitare la resistenza fisica e mentale di un giovane contro il quale il governo e i militari americani intendono vendicarsi in maniera esemplare.

Secondo alcuni, questi metodi servirebbero a convincere Manning ad accusare Julian Assange di complicità nell’impossessarsi dei documenti segreti pubblicati da Wikileaks, così da poter formulare una qualche accusa nei confronti di quest’ultimo e chiederne l’estradizione verso gli Stati Uniti. A dicembre dello scorso anno, infatti, il quotidiano britanno The Independent scrisse che il Dipartimento di Giustizia americano aveva proposto a Manning un accordo che prevedeva il suo trasferimento alla giustizia civile in cambio di un’accusa esplicita per coinvolgere il fondatore di Wikileaks.

Il caso di Bradley Manning ha suscitato le proteste di numerose organizzazioni a difesa dei diritti umani, mentre l’ONU sta conducendo un’indagine per stabilire se la giustizia militare statunitense abbia adottato metodi di tortura nei suoi confronti. Per il Pentagono, secondo le parole di una portavoce,” le condizioni di detenzione di Manning sono determinate dalla serietà delle accuse mossegli contro, dalla pena potenzialmente molto lunga che lo attende, dalle implicazioni per la sicurezza nazionale del suo caso e dal danno che potrebbe arrecare a se stesso o ad altri”.

In questi lunghi mesi di carcere, intanto, le sue energie sono state fiaccate e la sua lucidità appare seriamente compromessa. Uno dei pochi autorizzati a vistare Bradley Manning a Quantico è l’amico David House, ricercatore del MIT, il quale dopo un recente incontro ha detto alla stampa di avere l’impressione di assistere alla sua trasformazione “da giovane vivace e intelligente ad una persona a volte apatica e con serie difficoltà a sostenere una banale conversazione”.

Come se non bastasse, settimana scorsa la giustizia militare ha formulato 22 nuovi capi d’accusa contro Bradley Manning. L’accusa più grave è quella di “collaborazione con il nemico”, secondo quanto contemplato dall’articolo 104 del codice militare, un crimine che può prevedere anche la pena di morte. Quale sia il nemico che Manning avrebbe favorito non è però specificato dai militari, tanto che potrebbe essere addirittura Wikileaks. Una designazione questa che esporrebbe lo stesso Julian Assange a possibili azioni, anche militari, da parte americana.

Se i nemici in questione fossero invece i Talebani oppure i membri di Al-Qaeda o altri gruppi estremisti, l’accusa sollevata contro Manning potrebbe essere facilmente estesa, non solo nuovamente a Wikileaks, ma anche agli stessi giornali (New York Times, Guardian, ecc.) che hanno pubblicato i cablo riservati delle ambasciate USA negli ultimi mesi.

I militari, da parte loro, hanno affermato di non riferirsi a Wikileaks ma continuano a non voler rivelare l’identità del “nemico” che avrebbe beneficiato del comportamento di Manning, poiché il caso in questione ha a che fare con la “sicurezza nazionale e, in tempo di guerra, rivelare questa informazione potrebbe compromettere le operazioni sul campo attualmente in corso”.

Molte delle altre recenti accuse, peraltro, si ripetono e sono soltanto formulate in maniera diversa, così da poter presentare un numero maggiore di imputazioni ed accentuare il presunto comportamento criminale di Bradley Manning. Tra di esse vi è anche l’accusa di aver utilizzato un software non autorizzato sui computer della Difesa per accedere a informazioni segrete.

Se è vero che l’accusa ha anticipato che non intende chiedere la pena di morte, la decisione finale su questo punto spetterà in ogni caso all’ufficiale incaricato di supervisionare il caso di Manning, generale Karl Horst. La corte marziale per Manning terrà l’udienza preliminare tra maggio e giugno e solo in quella sede sarà possibile conoscere con certezza tutti i capi d’accusa e la pena richiesta ufficialmente.

Gli abusi nei confronti di Bradley Manning rappresentano una chiara intimidazione verso chiunque intenda portare alla luce le atrocità commesse dal governo americano. La colpa del giovane militare statunitense sarebbe quella di avere smascherato i veri e propri crimini degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan e la doppiezza di una politica estera i cui obiettivi e metodi sono tenuti nascosti alla gran parte dei cittadini americani.

La persecuzione di Bradley Manning appare in tutta la sua gravità a fronte di un’amministrazione come quella di Barack Obama che aveva promesso un cambiamento epocale. Al contrario, fino dall’inizio del suo mandato il presidente ha fatto di tutto per nascondere le responsabilità di chi lo ha preceduto negli eccessi della guerra al terrore e nello scatenare una guerra illegale in Iraq sulla base di menzogne somministrate impunemente ai propri cittadini.

L’atteggiamento odierno del governo americano è pressoché identico a quello tenuto da Richard Nixon nel 1971 al momento dell’esplosione del caso dei cosiddetti Pentagon Papers sulla guerra in Vietnam. Quando l’ex analista militare Daniel Ellsberg passò i documenti riservati al New York Times e al Washington Post, i media e l’opinione pubblica si mobilitarono in massa, finché la Corte Suprema finì per garantire il diritto alla pubblicazione, impedendo di fatto al governo di perseguire Ellsberg.

La situazione odierna appare tuttavia deteriorata e i principali giornali americani, controllati da grandi interessi economici e finanziari, risultano ormai docili di fronte al potere. Il New York Times, ad esempio, già baluardo del progressismo d’oltreoceano, poco dopo aver iniziato a diffondere i cablo diWikileaks ha pubblicato svariati editoriali nei quali ha preso le distanze dal sito di Assange, mentre il direttore Bill Keller è giunto ad ammettere candidamente di aver concordato con la Casa Bianca l’occultamento di determinate informazioni, dal momento che a suo dire la libertà di stampa consisterebbe nella libertà di non pubblicare ciò che il governo ritiene possa danneggiare la sicurezza nazionale.

In questo scenario inquietante s’inserisce anche il sostanziale silenzio sulla sorte di Bradley Manning da parte di quei gruppi della società civile che fino a poco più di due anni fa protestavano contro i metodi dell’amministrazione Bush e che ora assecondano colpevolmente quegli stessi eccessi solo perché a macchiarsene è un presidente democratico.

di Michele Paris

14 marzo 2011

Dubbi e certezze nucleari




fukushima-due

Sarebbe interessante prendersi la briga di registrare e catalogare tutti i programmi "giornalistici" che in TV e radio parlano di nucleare per dimostrare una volta di più come i media siano emanazione dei poteri economici. Ho visto LA7 stamane, e c'era un muro di giornalisti che difendeva il nucleare perché «non si può giudicare in base all'emotività creata dagli eventi».

Il 90% degli italiani non vuole il nucleare, il 90% dei giornalisti sì. Questo da solo smaschererebbe definitivamente la falsa informazione italiana. Fanno anche brutta figura, poverini, perché mentre si arrampicano sui loro schermi, altri schermi internazionali mostrano in diretta il fungo della seconda esplosione alla centrale di Fukushima (http://tv.repubblica.it/mondo/esplosioni-alla-centrale-di-fukushima-1/64027?video).

Ma anche prima di questa seconda esplosione e della terza che ne è seguita, le risposte ai dubbi sul nucleare c'erano già. Per questo vi proponiamo un piccolo VADEMECUM DELLE RISPOSTE SUL NUCLEARE in vista del referendum. L'elenco è stato stilato dal Comitato 'Vota sì per fermare il nucleare'.

Ecco le bugie da smascherare e altrettante ragioni per votare SI' contro l'energia atomica:

Il nucleare ha un ruolo fondamentale e viene rilanciato in tutto il mondo. NON E' VERO.

Non è così, né in termini relativi, né in termini assoluti. In termini relativi il

peso del nucleare nella produzione globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999 al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010).

L'energia nucleare è abbondante, serve all'Italia per la sua sicurezza energetica e dà lavoro. NON E' VERO.

La propaganda filonucleare continua a ripetere che tra 50 anni le fonti fossili potrebbero non bastare. Che le fonti fossili avranno un declino è certo, ma anche l'uranio è un elemento che si estrae da risorse limitate e dunque anche l'Uranio tra 50 anni sarà in declino. L'impatto occupazionale del nucleare in Italia è valutato in 10 mila posti di lavoro, per la maggior parte nella fase di costruzione (8-10 anni). Per centrare gli obiettivi europei obbligatori al 2020 per le fonti rinnovabili secondo uno studio della Bocconi, l'impatto occupazionale può generare in Italia fino a 250 mila posti di lavoro.

L'energia nucleare costa meno. E' FALSO.

Con i nuovi impianti i costi aumenteranno. Le stime più recenti fatte negli Stati Uniti dimostrano che al 2020 il costo del kilowattora nucleare da nuovi impianti sarà maggiore del 75% rispetto a quello del gas e del 27% rispetto all'eolico. E a pagare saranno i cittadini.

L'energia elettrica è in Italia più cara perché non abbiamo fatto il nucleare? BALLE!

Se in Italia l'energia elettrica per le utenze domestiche costa più che negli altri paesi non è certo per l'assenza d'impianti nucleari ma piuttosto per aspetti ed extracosti caratteristici del sistema elettrico italiano. Sulla tariffa che paghiamo in bolletta, il costo di produzione è circa un terzo, il resto è rappresentato da altre componenti legate al ricarico dei produttori, ai costi di distribuzione, alle tasse, allo smaltimento delle vecchie centrali.

Le centrali di ultima generazione sono totalmente sicure. ASSOLUTAMENTE NO!

Non ci sono certezze dal punto di vista della sicurezza: nemmeno i nuovi reattori sono stati progettati con criteri di sicurezza intrinseca e in caso d'incidente non sono in grado di autoregolarsi.

Tre agenzie europee per la sicurezza nucleare, la britannica HSE'sND, la finlandese STUK e la stessa agenzia francese ASN hanno clamorosamente bocciato con un comunicato congiunto (novembre 2009) l'EPR di Areva.

Il nucleare è una fonte pulita che di norma non produce impatti. DECISAMENTE FALSO.

Al di là del rischio di incidenti gravi, i reattori nucleari rilasciano radioattività nell'aria e nell'acqua, nel corso del loro normale funzionamento e a causa di incidenti piccoli che sono abbastanza frequenti. I lavoratori delle centrali e i cittadini che abitano nelle loro vicinanze sono sempre a contatto diretto con la radioattività. Un'indagine fatta in Germania su 17 centrali ha mostrato una dipendenza dell'insorgenza di patologie infantili (bambini da 0 a 5 anni) dalla vicinanza alla centrale. Nel raggio di 5 km dalla centrale è stato, addirittura, rilevato un incremento dei tumori embriogenetici (del feto nel ventre materno) di 1,6 volte rispetto alla media e di 2,2 volte delle leucemie infantili rispetto ai casi attesi.

Siamo già circondati da reattori, allora tanto vale farne anche da noi. TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO?

Il rischio in caso d'incidente nucleare è puntuale, cioè tanto maggiore quanto più vicini si è alla sorgente di radiazioni. Questa semplice osservazione è alla base di uno dei principi della radioprotezione.

La questione delle scorie nucleari è risolta. MAGARI!

La questione delle scorie radioattive più pericolose e del loro enorme tempo di dimezzamento (il tempo che occorre per dimezzare la radioattività di un elemento, che va dalle migliaia ai milioni di anni) costituisce ancora un problema di ricerca fondamentale. La "vetrificazione", spesso contrabbandata come soluzione del problema, è soltanto una fase di condizionamento di queste scorie e resta aperto il problema del loro confinamento in siti geologici adeguati.

Negli Stati Uniti è dal 1978 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta intensità nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I suoi costi di costruzione supereranno i 54 miliardi di dollari (e dovranno essere pagati con le tasse dei contribuenti), ma non è affatto certo che entrerà mai in funzione.

Il nucleare è la strada per tagliare le emissioni di gas serra che provocano i cambiamenti climatici e non è in alternativa all'efficienza energetica e alle energie rinnovabili. NON E' VERO.

Si stima che anche raddoppiando l'attuale potenza nucleare installata, le emissioni di CO2 si ridurrebbero solo del 5%. E in Italia il nucleare arriverebbe, comunque, dopo il 2026.


di Tullio Cipriano

13 marzo 2011

Parmalat, il gioiellino: "ce ne sono centinaia in Italia, pronti a saltare"

E' uscito da pocco nelle sale cinematografiche "Il gioiellino", pellicola liberamente ispirata alla vicenda finanziaria della Parmalat.

Tra i tanti casi di crac analizzati dal regista Andrea Molaioli e dai suoi collaboratori, quello dell'industria alimentare è parso il più significativo. "Nel favoloso mondo della finanza", afferma il regista in un'intervista su movieplayer.it, "si può essere in una grande crisi e mostrare all'esterno uno straordinario momento florido, tanto florido da pensare all'espansione". Parlando a Radio3 Rai ha anche sostenuto che il caso Parmalat è paradigmatico, in quanto fu un'avvisaglia della crisi scoppiata nel 2007.


Fotogramma dell'intervista con il regista de "Il gioiellino", Andrea Molaioli (da movieplayer.it).
Alle sue spalle l'insegna dell'immaginaria ditta "Leda".

Anche in questo caso, noi del movimento internazionale di Lyndon LaRouche possiamo ben dire: "L'avevamo detto".

Con un incontro pubblico a Parma, nel mese di gennaio 2004, discutemmo infatti di come collocare un avvenimento economico, solo in apparenza locale, nel più ampio contesto mondiale e tratteggiammo le proposte programmatiche di Lyndon LaRouche di prevenzione del crac in corso.

Alcune nostre dichiarazioni di quel periodo, tra l'altro, recitano:

"Della vera truffa speculativa globale intorno ai bond nessuno ha avuto ancora il coraggio e la competenza per parlarne, in quanto si tratta di una dimensione da crisi finanziaria sistemica". Perché Morgan Stanley Italia (coinvolta nel crac assieme a JP Morgan, Citygroup, Bank of America, Deutsche Bank, ecc.) contattò il direttore finanziario della Parmalat, per offrirgli 300 milioni di euro in obbligazioni, conoscendo "molto meglio della Banca d’Italia, della Consob o del Tesoro la vera situazione debitoria e fallimentare della Parmalat"?

La domanda da porre non tanto alla magistratura, ma al governo e alle altre autorità politiche ed economiche italiane, ma anche di tutti gli altri stati, è la seguente: quali passi si vogliono seriamente fare per affrontare la bolla speculativa e il crac finanziario globale? Quanti crac si vogliono sperimentare ancora per ammettere che l’attuale sistema finanziario globale è in bancarotta?"

"È arrivato il momento di azioni coraggiose. Il bene comune della nazione, dei suoi cittadini e della sua economia ha la precedenza sugli interessi della speculazione".

"La Camera dei Deputati il 25 settembre 2002 votò all’unanimità la risoluzione firmata da Volontè, Brugger e altri deputati che impegnava il governo a 'prendere, in particolare, l'iniziativa di proseguire, nelle sedi internazionali competenti, l'attività di studio e di proposta per una nuova architettura finanziaria in grado di sostenere l'economia reale e di evitare bolle speculative e crac finanziari'."

E ancora:

"Il parlamento italiano ha già discusso in passato una serie di mozioni sulla nuova Bretton Woods, presentate in varie occasioni dai senatori Pedrizzi e Peterlini e dall'on. Brugger che hanno raccolto il sostegno di un centinaio di parlamentari di tutti i partiti. Le mozioni impegnavano il governo a intraprendere iniziative in sede internazionale per la promozione di una nuova conferenza di Bretton Woods a livello di capi di stato e di governo, come quella del 1944".

E con la parole di Lyndon LaRouche:

"Il pubblico non riesce a vedere la realtà dell'attuale crollo generale del sistema finanziario-monetario mondiale perché è accecato dalla menzogna sistematica dei rapporti mensili, trimestrali e annuali sull'inflazione pubblicati dal governo, dalla Riserva Federale USA e da altre rilevanti istituzioni all'interno e all'esterno degli Stati Uniti".

E, contrariamente a ciò che sostengono, anche oggi, molte vittime della truffa …

"I cittadini sono responsabili di aver permesso che ciò accadesse. Lei o lui hanno votato per gli inetti che hanno permesso che queste truffe andassero avanti per decenni, o hanno detto: "Non date la colpa a me. Non sono mai andato a votare! Non date a me la colpa per l'incidente provocato dalla mia automobile; in quel momento non avevo le mani sul volante. Quando si sveglieranno? Una domanda interessante, no?"

Nell'estate del 2005, montato il nostro banchetto in Piazza dei Mercanti a Milano, cominciammo a fare attività di propaganda. Parlando proprio di quel pericolo ad un passante alquanto elegante, fummo bloccati da questa sua perentoria affermazione: "Di casi Parmalat ce ne sono centinaia in Italia, pronti a scoppiare." E ci sembrò di essere in piena sintonia. Se non ché aggiunse, rivelando la sindrome da crisis management: "Speriamo solo che non li facciano scoppiare tutti insieme". Inutile dire che il distinto banchiere volle distinguersi tanto da rimanere anonimo, e rifiutare ogni forma di collaborazione.

Così, quando Molaioli dichiara a Rai Cinema: "L'elemento religioso è molto importante per questi personaggi [Calisto Tanzi &C., NdR], anzi, lo definirei quasi mistico. La cosa che mi ha particolarmente colpito è il modo in cui sia usato come facciata da chi professa determinati valori per poi comportarsi in tutt'altra maniera", non è molto lontano dal vero. Ma si sbaglia nell'identificare la religione di questa manica di truffatori: si tratta del culto della mano invisibile, dei “valori degli azionisti”, di Mammona – e nient'altro.

by Movisol

15 marzo 2011

Manning, la verità é torturata


La fonte dei 250 mila documenti diplomatici statunitensi che Wikileaks ha recentemente iniziato a pubblicare è con ogni probabilità il soldato americano Bradley Manning. 23 anni, ex analista dell’intelligence in Iraq, ha fornito un contributo di grandissimo valore alla conoscenza degli eccessi e dei crimini commessi da Washington in mezzo mondo nell’ultimo decennio. Per il governo americano, tuttavia, Bradley Manning rappresenta una grave minaccia, come dimostrano le condizioni disumane in cui è stato costretto in dieci mesi di carcere e le recenti pesantissime accuse sollevate nei suoi confronti che potrebbero addirittura sfociare in una condanna alla pena capitale.

I guai con la giustizia militare per il “Private First Class” (Pfc.) Bradley Manning erano iniziati nel maggio del 2010. L’arresto per lui era scattato in Iraq in seguito alle rivelazioni dell’ex hacker Adrian Lamo, il quale in una chat aveva raccolto alcune frasi dello stesso giovane soldato americano che indicavano la sua responsabilità nella pubblicazione di un video scottante. Il filmato in questione, scaricato senza autorizzazione dai terminali del Pentagono e pubblicato da Wikileaks nel mese di aprile con il titolo di “Collateral Murder”, riprendeva elicotteri americani che facevano fuoco su civili inermi a Baghdad nel 2007. In quella circostanza, furono assassinati anche due giornalisti della Reuters.

A Bradley Manning vennero contestati dodici capi d’accusa e per lui fu l’inizio di una detenzione in stato di isolamento che dura tutt’ora, nonostante nessuna condanna sia stata emessa né esista alcun precedente penale a suo carico. Presso una base dei Marines a Quantico, in Virginia, Manning è tenuto segregato per 23 ore al giorno, con una sola ora concessagli per qualche esercizio in una stanza vuota. I contatti con il mondo esterno sono severamente ristretti, così come l’accesso a qualsiasi materiale di lettura, mentre non gli è nemmeno consentito dormire durante il giorno.

Anche se nessun medico ha certificato tendenze suicide, Manning è poi imprigionato secondo procedure che dovrebbero impedirgli gesti autolesionisti. A partire dalla scorsa settimana, ad esempio, gli viene imposto di dormire completamente nudo. Una misura presa, secondo quanto scritto in un blog dal suo legale, avvocato David Coombs, in seguito ad un commento sarcastico fatto dallo stesso Manning sulla possibilità di tentare il suicidio utilizzando i propri indumenti intimi.

Quest’ultimo episodio rappresenta solo il più recente in una serie di trattamenti che sconfinano spesso nella tortura e appare mirato a debilitare la resistenza fisica e mentale di un giovane contro il quale il governo e i militari americani intendono vendicarsi in maniera esemplare.

Secondo alcuni, questi metodi servirebbero a convincere Manning ad accusare Julian Assange di complicità nell’impossessarsi dei documenti segreti pubblicati da Wikileaks, così da poter formulare una qualche accusa nei confronti di quest’ultimo e chiederne l’estradizione verso gli Stati Uniti. A dicembre dello scorso anno, infatti, il quotidiano britanno The Independent scrisse che il Dipartimento di Giustizia americano aveva proposto a Manning un accordo che prevedeva il suo trasferimento alla giustizia civile in cambio di un’accusa esplicita per coinvolgere il fondatore di Wikileaks.

Il caso di Bradley Manning ha suscitato le proteste di numerose organizzazioni a difesa dei diritti umani, mentre l’ONU sta conducendo un’indagine per stabilire se la giustizia militare statunitense abbia adottato metodi di tortura nei suoi confronti. Per il Pentagono, secondo le parole di una portavoce,” le condizioni di detenzione di Manning sono determinate dalla serietà delle accuse mossegli contro, dalla pena potenzialmente molto lunga che lo attende, dalle implicazioni per la sicurezza nazionale del suo caso e dal danno che potrebbe arrecare a se stesso o ad altri”.

In questi lunghi mesi di carcere, intanto, le sue energie sono state fiaccate e la sua lucidità appare seriamente compromessa. Uno dei pochi autorizzati a vistare Bradley Manning a Quantico è l’amico David House, ricercatore del MIT, il quale dopo un recente incontro ha detto alla stampa di avere l’impressione di assistere alla sua trasformazione “da giovane vivace e intelligente ad una persona a volte apatica e con serie difficoltà a sostenere una banale conversazione”.

Come se non bastasse, settimana scorsa la giustizia militare ha formulato 22 nuovi capi d’accusa contro Bradley Manning. L’accusa più grave è quella di “collaborazione con il nemico”, secondo quanto contemplato dall’articolo 104 del codice militare, un crimine che può prevedere anche la pena di morte. Quale sia il nemico che Manning avrebbe favorito non è però specificato dai militari, tanto che potrebbe essere addirittura Wikileaks. Una designazione questa che esporrebbe lo stesso Julian Assange a possibili azioni, anche militari, da parte americana.

Se i nemici in questione fossero invece i Talebani oppure i membri di Al-Qaeda o altri gruppi estremisti, l’accusa sollevata contro Manning potrebbe essere facilmente estesa, non solo nuovamente a Wikileaks, ma anche agli stessi giornali (New York Times, Guardian, ecc.) che hanno pubblicato i cablo riservati delle ambasciate USA negli ultimi mesi.

I militari, da parte loro, hanno affermato di non riferirsi a Wikileaks ma continuano a non voler rivelare l’identità del “nemico” che avrebbe beneficiato del comportamento di Manning, poiché il caso in questione ha a che fare con la “sicurezza nazionale e, in tempo di guerra, rivelare questa informazione potrebbe compromettere le operazioni sul campo attualmente in corso”.

Molte delle altre recenti accuse, peraltro, si ripetono e sono soltanto formulate in maniera diversa, così da poter presentare un numero maggiore di imputazioni ed accentuare il presunto comportamento criminale di Bradley Manning. Tra di esse vi è anche l’accusa di aver utilizzato un software non autorizzato sui computer della Difesa per accedere a informazioni segrete.

Se è vero che l’accusa ha anticipato che non intende chiedere la pena di morte, la decisione finale su questo punto spetterà in ogni caso all’ufficiale incaricato di supervisionare il caso di Manning, generale Karl Horst. La corte marziale per Manning terrà l’udienza preliminare tra maggio e giugno e solo in quella sede sarà possibile conoscere con certezza tutti i capi d’accusa e la pena richiesta ufficialmente.

Gli abusi nei confronti di Bradley Manning rappresentano una chiara intimidazione verso chiunque intenda portare alla luce le atrocità commesse dal governo americano. La colpa del giovane militare statunitense sarebbe quella di avere smascherato i veri e propri crimini degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan e la doppiezza di una politica estera i cui obiettivi e metodi sono tenuti nascosti alla gran parte dei cittadini americani.

La persecuzione di Bradley Manning appare in tutta la sua gravità a fronte di un’amministrazione come quella di Barack Obama che aveva promesso un cambiamento epocale. Al contrario, fino dall’inizio del suo mandato il presidente ha fatto di tutto per nascondere le responsabilità di chi lo ha preceduto negli eccessi della guerra al terrore e nello scatenare una guerra illegale in Iraq sulla base di menzogne somministrate impunemente ai propri cittadini.

L’atteggiamento odierno del governo americano è pressoché identico a quello tenuto da Richard Nixon nel 1971 al momento dell’esplosione del caso dei cosiddetti Pentagon Papers sulla guerra in Vietnam. Quando l’ex analista militare Daniel Ellsberg passò i documenti riservati al New York Times e al Washington Post, i media e l’opinione pubblica si mobilitarono in massa, finché la Corte Suprema finì per garantire il diritto alla pubblicazione, impedendo di fatto al governo di perseguire Ellsberg.

La situazione odierna appare tuttavia deteriorata e i principali giornali americani, controllati da grandi interessi economici e finanziari, risultano ormai docili di fronte al potere. Il New York Times, ad esempio, già baluardo del progressismo d’oltreoceano, poco dopo aver iniziato a diffondere i cablo diWikileaks ha pubblicato svariati editoriali nei quali ha preso le distanze dal sito di Assange, mentre il direttore Bill Keller è giunto ad ammettere candidamente di aver concordato con la Casa Bianca l’occultamento di determinate informazioni, dal momento che a suo dire la libertà di stampa consisterebbe nella libertà di non pubblicare ciò che il governo ritiene possa danneggiare la sicurezza nazionale.

In questo scenario inquietante s’inserisce anche il sostanziale silenzio sulla sorte di Bradley Manning da parte di quei gruppi della società civile che fino a poco più di due anni fa protestavano contro i metodi dell’amministrazione Bush e che ora assecondano colpevolmente quegli stessi eccessi solo perché a macchiarsene è un presidente democratico.

di Michele Paris

14 marzo 2011

Dubbi e certezze nucleari




fukushima-due

Sarebbe interessante prendersi la briga di registrare e catalogare tutti i programmi "giornalistici" che in TV e radio parlano di nucleare per dimostrare una volta di più come i media siano emanazione dei poteri economici. Ho visto LA7 stamane, e c'era un muro di giornalisti che difendeva il nucleare perché «non si può giudicare in base all'emotività creata dagli eventi».

Il 90% degli italiani non vuole il nucleare, il 90% dei giornalisti sì. Questo da solo smaschererebbe definitivamente la falsa informazione italiana. Fanno anche brutta figura, poverini, perché mentre si arrampicano sui loro schermi, altri schermi internazionali mostrano in diretta il fungo della seconda esplosione alla centrale di Fukushima (http://tv.repubblica.it/mondo/esplosioni-alla-centrale-di-fukushima-1/64027?video).

Ma anche prima di questa seconda esplosione e della terza che ne è seguita, le risposte ai dubbi sul nucleare c'erano già. Per questo vi proponiamo un piccolo VADEMECUM DELLE RISPOSTE SUL NUCLEARE in vista del referendum. L'elenco è stato stilato dal Comitato 'Vota sì per fermare il nucleare'.

Ecco le bugie da smascherare e altrettante ragioni per votare SI' contro l'energia atomica:

Il nucleare ha un ruolo fondamentale e viene rilanciato in tutto il mondo. NON E' VERO.

Non è così, né in termini relativi, né in termini assoluti. In termini relativi il

peso del nucleare nella produzione globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999 al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010).

L'energia nucleare è abbondante, serve all'Italia per la sua sicurezza energetica e dà lavoro. NON E' VERO.

La propaganda filonucleare continua a ripetere che tra 50 anni le fonti fossili potrebbero non bastare. Che le fonti fossili avranno un declino è certo, ma anche l'uranio è un elemento che si estrae da risorse limitate e dunque anche l'Uranio tra 50 anni sarà in declino. L'impatto occupazionale del nucleare in Italia è valutato in 10 mila posti di lavoro, per la maggior parte nella fase di costruzione (8-10 anni). Per centrare gli obiettivi europei obbligatori al 2020 per le fonti rinnovabili secondo uno studio della Bocconi, l'impatto occupazionale può generare in Italia fino a 250 mila posti di lavoro.

L'energia nucleare costa meno. E' FALSO.

Con i nuovi impianti i costi aumenteranno. Le stime più recenti fatte negli Stati Uniti dimostrano che al 2020 il costo del kilowattora nucleare da nuovi impianti sarà maggiore del 75% rispetto a quello del gas e del 27% rispetto all'eolico. E a pagare saranno i cittadini.

L'energia elettrica è in Italia più cara perché non abbiamo fatto il nucleare? BALLE!

Se in Italia l'energia elettrica per le utenze domestiche costa più che negli altri paesi non è certo per l'assenza d'impianti nucleari ma piuttosto per aspetti ed extracosti caratteristici del sistema elettrico italiano. Sulla tariffa che paghiamo in bolletta, il costo di produzione è circa un terzo, il resto è rappresentato da altre componenti legate al ricarico dei produttori, ai costi di distribuzione, alle tasse, allo smaltimento delle vecchie centrali.

Le centrali di ultima generazione sono totalmente sicure. ASSOLUTAMENTE NO!

Non ci sono certezze dal punto di vista della sicurezza: nemmeno i nuovi reattori sono stati progettati con criteri di sicurezza intrinseca e in caso d'incidente non sono in grado di autoregolarsi.

Tre agenzie europee per la sicurezza nucleare, la britannica HSE'sND, la finlandese STUK e la stessa agenzia francese ASN hanno clamorosamente bocciato con un comunicato congiunto (novembre 2009) l'EPR di Areva.

Il nucleare è una fonte pulita che di norma non produce impatti. DECISAMENTE FALSO.

Al di là del rischio di incidenti gravi, i reattori nucleari rilasciano radioattività nell'aria e nell'acqua, nel corso del loro normale funzionamento e a causa di incidenti piccoli che sono abbastanza frequenti. I lavoratori delle centrali e i cittadini che abitano nelle loro vicinanze sono sempre a contatto diretto con la radioattività. Un'indagine fatta in Germania su 17 centrali ha mostrato una dipendenza dell'insorgenza di patologie infantili (bambini da 0 a 5 anni) dalla vicinanza alla centrale. Nel raggio di 5 km dalla centrale è stato, addirittura, rilevato un incremento dei tumori embriogenetici (del feto nel ventre materno) di 1,6 volte rispetto alla media e di 2,2 volte delle leucemie infantili rispetto ai casi attesi.

Siamo già circondati da reattori, allora tanto vale farne anche da noi. TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO?

Il rischio in caso d'incidente nucleare è puntuale, cioè tanto maggiore quanto più vicini si è alla sorgente di radiazioni. Questa semplice osservazione è alla base di uno dei principi della radioprotezione.

La questione delle scorie nucleari è risolta. MAGARI!

La questione delle scorie radioattive più pericolose e del loro enorme tempo di dimezzamento (il tempo che occorre per dimezzare la radioattività di un elemento, che va dalle migliaia ai milioni di anni) costituisce ancora un problema di ricerca fondamentale. La "vetrificazione", spesso contrabbandata come soluzione del problema, è soltanto una fase di condizionamento di queste scorie e resta aperto il problema del loro confinamento in siti geologici adeguati.

Negli Stati Uniti è dal 1978 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta intensità nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I suoi costi di costruzione supereranno i 54 miliardi di dollari (e dovranno essere pagati con le tasse dei contribuenti), ma non è affatto certo che entrerà mai in funzione.

Il nucleare è la strada per tagliare le emissioni di gas serra che provocano i cambiamenti climatici e non è in alternativa all'efficienza energetica e alle energie rinnovabili. NON E' VERO.

Si stima che anche raddoppiando l'attuale potenza nucleare installata, le emissioni di CO2 si ridurrebbero solo del 5%. E in Italia il nucleare arriverebbe, comunque, dopo il 2026.


di Tullio Cipriano

13 marzo 2011

Parmalat, il gioiellino: "ce ne sono centinaia in Italia, pronti a saltare"

E' uscito da pocco nelle sale cinematografiche "Il gioiellino", pellicola liberamente ispirata alla vicenda finanziaria della Parmalat.

Tra i tanti casi di crac analizzati dal regista Andrea Molaioli e dai suoi collaboratori, quello dell'industria alimentare è parso il più significativo. "Nel favoloso mondo della finanza", afferma il regista in un'intervista su movieplayer.it, "si può essere in una grande crisi e mostrare all'esterno uno straordinario momento florido, tanto florido da pensare all'espansione". Parlando a Radio3 Rai ha anche sostenuto che il caso Parmalat è paradigmatico, in quanto fu un'avvisaglia della crisi scoppiata nel 2007.


Fotogramma dell'intervista con il regista de "Il gioiellino", Andrea Molaioli (da movieplayer.it).
Alle sue spalle l'insegna dell'immaginaria ditta "Leda".

Anche in questo caso, noi del movimento internazionale di Lyndon LaRouche possiamo ben dire: "L'avevamo detto".

Con un incontro pubblico a Parma, nel mese di gennaio 2004, discutemmo infatti di come collocare un avvenimento economico, solo in apparenza locale, nel più ampio contesto mondiale e tratteggiammo le proposte programmatiche di Lyndon LaRouche di prevenzione del crac in corso.

Alcune nostre dichiarazioni di quel periodo, tra l'altro, recitano:

"Della vera truffa speculativa globale intorno ai bond nessuno ha avuto ancora il coraggio e la competenza per parlarne, in quanto si tratta di una dimensione da crisi finanziaria sistemica". Perché Morgan Stanley Italia (coinvolta nel crac assieme a JP Morgan, Citygroup, Bank of America, Deutsche Bank, ecc.) contattò il direttore finanziario della Parmalat, per offrirgli 300 milioni di euro in obbligazioni, conoscendo "molto meglio della Banca d’Italia, della Consob o del Tesoro la vera situazione debitoria e fallimentare della Parmalat"?

La domanda da porre non tanto alla magistratura, ma al governo e alle altre autorità politiche ed economiche italiane, ma anche di tutti gli altri stati, è la seguente: quali passi si vogliono seriamente fare per affrontare la bolla speculativa e il crac finanziario globale? Quanti crac si vogliono sperimentare ancora per ammettere che l’attuale sistema finanziario globale è in bancarotta?"

"È arrivato il momento di azioni coraggiose. Il bene comune della nazione, dei suoi cittadini e della sua economia ha la precedenza sugli interessi della speculazione".

"La Camera dei Deputati il 25 settembre 2002 votò all’unanimità la risoluzione firmata da Volontè, Brugger e altri deputati che impegnava il governo a 'prendere, in particolare, l'iniziativa di proseguire, nelle sedi internazionali competenti, l'attività di studio e di proposta per una nuova architettura finanziaria in grado di sostenere l'economia reale e di evitare bolle speculative e crac finanziari'."

E ancora:

"Il parlamento italiano ha già discusso in passato una serie di mozioni sulla nuova Bretton Woods, presentate in varie occasioni dai senatori Pedrizzi e Peterlini e dall'on. Brugger che hanno raccolto il sostegno di un centinaio di parlamentari di tutti i partiti. Le mozioni impegnavano il governo a intraprendere iniziative in sede internazionale per la promozione di una nuova conferenza di Bretton Woods a livello di capi di stato e di governo, come quella del 1944".

E con la parole di Lyndon LaRouche:

"Il pubblico non riesce a vedere la realtà dell'attuale crollo generale del sistema finanziario-monetario mondiale perché è accecato dalla menzogna sistematica dei rapporti mensili, trimestrali e annuali sull'inflazione pubblicati dal governo, dalla Riserva Federale USA e da altre rilevanti istituzioni all'interno e all'esterno degli Stati Uniti".

E, contrariamente a ciò che sostengono, anche oggi, molte vittime della truffa …

"I cittadini sono responsabili di aver permesso che ciò accadesse. Lei o lui hanno votato per gli inetti che hanno permesso che queste truffe andassero avanti per decenni, o hanno detto: "Non date la colpa a me. Non sono mai andato a votare! Non date a me la colpa per l'incidente provocato dalla mia automobile; in quel momento non avevo le mani sul volante. Quando si sveglieranno? Una domanda interessante, no?"

Nell'estate del 2005, montato il nostro banchetto in Piazza dei Mercanti a Milano, cominciammo a fare attività di propaganda. Parlando proprio di quel pericolo ad un passante alquanto elegante, fummo bloccati da questa sua perentoria affermazione: "Di casi Parmalat ce ne sono centinaia in Italia, pronti a scoppiare." E ci sembrò di essere in piena sintonia. Se non ché aggiunse, rivelando la sindrome da crisis management: "Speriamo solo che non li facciano scoppiare tutti insieme". Inutile dire che il distinto banchiere volle distinguersi tanto da rimanere anonimo, e rifiutare ogni forma di collaborazione.

Così, quando Molaioli dichiara a Rai Cinema: "L'elemento religioso è molto importante per questi personaggi [Calisto Tanzi &C., NdR], anzi, lo definirei quasi mistico. La cosa che mi ha particolarmente colpito è il modo in cui sia usato come facciata da chi professa determinati valori per poi comportarsi in tutt'altra maniera", non è molto lontano dal vero. Ma si sbaglia nell'identificare la religione di questa manica di truffatori: si tratta del culto della mano invisibile, dei “valori degli azionisti”, di Mammona – e nient'altro.

by Movisol