27 marzo 2011

La Ue prigioniera delle Banche


Il vertice europeo sul Fondo Salva Stati e sul patto di stabilità si chiude con un rinvio che lascia tutto com’è. E intanto l’annunciatissimo crollo a catena dei Piigs prosegue come da copione: dopo la Grecia l’Irlanda, e dopo l’Irlanda il Portogallo


Passata di fatto in secondo piano per le cronache concentrate sulla ennesima guerra di aggressione alla Libia, mascherata naturalmente da intervento umanitario, la situazione economica dell'Europa, e in particolare di alcuni Paesi che ne fanno parte, sta attraversando una fase di conferme di quanto andiamo scrivendo da mesi, anzi da anni.

I fatti recenti, come ampiamente previsto da pochi (e tenuto nascosto da tutti gli altri) stanno purtroppo confermando ciò che anche un ragazzino di prima media avrebbe potuto capire: è impossibile risolvere una situazione economica debitoria accendendo un ulteriore debito, peraltro con interessi superiori a quelli della situazione partenza, per non parlare del fatto che non si rimuove la causa principale dei debiti crescenti.

Bastino tre sole notizie delle ultime ore prima di fare qualche, semplice, riflessione.

La prima è la parabola discendente dello stato economico del Portogallo, terza vittima sacrificale, dopo Irlanda e Grecia, nel copione già scritto in merito ai paesi Piigs della nostra Europa. Le dimissioni del premier Socrates, dopo la bocciatura subita nel parlamento portoghese in seguito alla presentazione dell'ennesimo piano di austerità - il quarto, solo nell'ultimo anno - riflette il fatto che la situazione è veramente molto grave. Film già visto, purtroppo: il popolo giustamente non ne vuole sapere di pagare per una crisi causata da altri, per giunta speculatori, scende in piazza a manifestare contro il piano di tagli previsto, e l'opposizione al governo di Lisbona cavalca l'onda della protesta per bloccare di fatto l'operato del governo in carica. Naturalmente senza avere in tasca lo straccio di una soluzione alternativa per rispondere ad attacchi finanziari e speculativi che piovono da altre parti del mondo sull'Europa intera. Il Portogallo deve essere costretto ad accettare gli aiuti imposti dall'Fmi ai tassi usurai di cui Grecia e Irlanda sono già consci. Non ci sono altre strade - così vogliono far credere - per uscire dalla crisi...

Altra notizia: oltre alla situazione in Grecia – dove aumenta la povertà e si tagliano servizi giorno per giorno, e malgrado questo salgono i rendimenti dei titoli pubblici, la popolazione è in collera costante e montante – oggi scopriamo che anche l'Irlanda (ne ha scritto ieri Stasi proprio qui) ha nuova e ulteriore necessità di chiedere eaccettare altri prestiti. Quelli ricevuti non bastano. Non sono bastati...

Terza notizia: il vertice recente di Bruxelles, che avrebbe dovuto decidere sul fondo salva stati e sul patto di stabilità, ha semplicemente rimandato la decisione. Naturalmente i problemi relativi alla situazione in Libia hanno pesato sull’incontro europeo, ma come chiamare, se non guerra, anche ciò che sta succedendo a livello economico nel vecchio continente? Eppure, a questo proposito, per ora c’è il silenzio. Mentre un numero sempre maggiore di popoli d’Europa inizia a urlare sempre di più.

Ergo? Tre cose in rapida successione. La prima: inesorabile, la crisi continua a montare, dunque gli opinionisti, i politici e gli analisti embedded stanno prendendo per i fondelli la popolazione di tutta Europa. Non solo non stiamo uscendo dalla crisi, non solo ci siamo ancora dentro, ma passo passo si sta procedendo ulteriormente verso il baratro. La seconda: gli aiuti imposti ai vari paesi non solo non sono risolutivi delle situazioni debitorie degli stessi, ma addirittura aggravano la situazione, tanto che, come nel più classico e perverso sistema dei debiti sempre crescenti, i paesi già aiutati hanno ulteriore bisogno di aiuto. La terza: in Europa non si ha idea di come cercare di risolvere la situazione. Si è alla mercé della finanza internazionale e non si ha lo straccio di una strategia, economica, politica, ideologica, filosofica, per sottrarsi al terribile gioco a perdere che questo modello impone a tutti i popoli che continuano a farne parte.

I popoli d'Europa, per quel che ci riguarda da vicino, brancolano nel buio, guidati da una classe dirigente inutile, incapace, colpevolmente prona alle Banche e all’Fmi.

di Valerio Lo Monaco

26 marzo 2011

La baia di Minamata: un disastro ambientale dimenticato

Quello che sta succedendo in Giappone in questi giorni riporta alla mente fatti lontani che hanno segnato la memoria del Paese. Nel 1956 gli sversamenti di acque reflue contaminate al mercurio dell’industria chimica Chisso Corporation hanno prodotto uno dei peggiori disastri ambientali che la storia ricordi. Un disastro con un nome ben preciso: sindrome di Minamata.








baia minamata

Era il 1956 quando nella baia di Minamata fu scoperta per la prima volta quella che è passata alla storia proprio come la malattia di Minamata

I fatti che stanno sconvolgendo il Giappone ripropongono più e più volte, tante quante sono le immagini che ci scorrono quotidianamente sotto gli occhi, interrogativi agghiaccianti e riflessioni profonde. L’insensatezza del progresso sfrenato, l’accecata ossessione per la crescita, il culto dell’atomo, lo sviluppo a tutti i costi hanno contropartite tremende e ricadute fatali.

Il Giappone è uno dei paesi che più degli altri ha fatto dello sviluppo economico, industriale e tecnologico una testa d’ariete per sfondare i mercati internazionali, per crescere esponenzialmente, per sedere al tavolo dei grandi della terra. Le conseguenze però non sempre hanno i colori sfavillanti delle ultime macchinette digitali, la bellezza e la sicurezza dell’ultima automobile piazzata sul mercato.

Non sempre, anzi, quasi mai perché il retroterra dannato del progresso è un deserto, una fanghiglia marcescente che fagocita terre ed uomini e sputa cadaveri e carcasse ed è tanto più ritroso quanto più schifose sono le attività da insabbiare, tanti quanti sono i morti di cui dimenticarsi.

Era il 1956 quando nella baia di Minamata, cittadina di pescatori nella Prefettura di Kumamoto, fu scoperta per la prima volta quella che è passata alla storia proprio come la malattia di Minamata.

Si tratta di una sindrome neurologica causata da avvelenamento da mercurio che provoca atassia (progressiva perdita del coordinamento muscolare); parestesia (alterazione della sensibilità degli arti, i particolare la perdita del senso del tatto a livello topico); indebolimento del campo visivo, perdita dell’udito, difficoltà ad articolare le parole, disordine mentale. Paresi. Morte.

chisso minamata
La Chisso Corporation, un’industria chimica installata nella zona, sversava le acque reflue contaminate da metilmercurio proprio nella baia

Era successo che la Chisso Corporation, un’industria chimica installata nella zona, sversasse le acque reflue contaminate da metilmercurio proprio nella baia, nel mare di Shiranui. Uno sversamento costante, durato ininterrottamente dal 1932 al 1968. Il metilmercurio si è depositato nei fanghi, sul fondo del mare, di cui si nutrono numerosi microrganismi alla base della catena alimentare.

La sostanza è stata quindi assorbita anche da crostacei e molluschi risalendo la catena alimentare fino alla tavola degli abitanti del luogo, la cui dieta è principalmente a base di pesce. I primi ad avvertire i sintomi della malattia furono proprio i pescatori che lavoravano nella baia. Da allora, i casi di avvelenamento ed i conseguenti decessi si susseguirono a ritmo incalzante per più di trent’anni, includendo uomini e animali.

Né la Chisso, né il Governo hanno fatto nulla per evitare il disastro. Dopo i primi casi eclatanti, il morbo di Minamata fu ufficialmente riconosciuto, ma di anni, da quel 1956, ne passarono almeno dodici prima di stabilire il legame fra l’inquinamento prodotto dalla Chisso e la malattia. Durante questi anni non solo l’industria chimica negò la propria responsabilità per la sindrome, ma addirittura l’utilizzo del mercurio nei propri impianti.

sindrome minamata
La sindrome di Minamata è una sindrome neurologica causata da avvelenamento da mercurio che può causare persino la morte

Da allora, fu necessario aspettare il 1968 affinché la Chisso smettesse di sversare acque contaminate nella baia, ma il danno era ormai irreversibilmente compiuto. Oltre alle persone contaminate perché si cibavano del pesce carico di mercurio, già da tempo si registravano anche nascite di bambini malati, sintomo inequivocabile che il morbo si trasmetteva anche al feto.

Il Governo di Tokyo, tuttavia, aveva deciso che la diffusione della malattia si era conclusa con l’interruzione degli scarichi, nel 1968, e nessuno che fosse nato dopo quell’anno poteva essere avvelenato. Questo nonostante la comunità scientifica sostenesse che il veleno non era stato smaltito dal mare.

Il Governo si dimostrò fermo nella sua decisione e nel 1991 il Consiglio Centrale pubblicò una relazione nella quale si dimostrava il calo sensibile dei livelli di metilmercurio nel mare di Shiranui rispetto al 1968. Come conseguenza di questo atteggiamento, tutti i malati nati dal 1969 non godono dei benefici del programma pubblico sanitario per il morbo, nonostante ne mostrino chiaramente i sintomi.

Nel 1997, dopo la dichiarazione del governatore della Prefettura di Kumamoto in merito alla sicurezza sul consumo di pesci e molluschi della baia, furono rimosse le reti che per trenta anni avevano impedito al pesce contaminato di disperdersi in mare aperto. Un atto simbolico che significava anche mettersi alle spalle quel disastro ambientale.

proteste minamata
Da quando il morbo fu ufficialmente riconosciuto gruppi di malati o di parenti di persone decedute a causa della malattia intentarono numerosi procedimenti civili contro il Governo

Un disastro che però non è rimasto circoscritto a Minamata. Tra le 30.000 persone che nel 2009 chiedevano di entrare nel programma sanitario, molte provenivano da altre parti del Giappone e nate da genitori residenti lungo le coste del mare Shiranui.

Nello stesso 2009 il Governo nipponico ha approvato una nuova legge per dare assistenza ai pazienti affetti dal morbo, ampliando la gamma di sintomi necessari per entrare a far parte del programma. A tutti coloro che ricevono gli aiuti governativi, però, è stata chiesta come contropartita di ritirare qualsiasi causa intentata a proposito contro il Governo e la Chisso.

Da quando il morbo fu ufficialmente riconosciuto, infatti, gruppi di malati o di parenti di persone decedute a causa della malattia intentarono numerosi procedimenti civili contro il Governo, considerato il responsabile di norme troppo restrittive nel riconoscimento della sindrome e nell’esenzione dalle spese mediche. Solo nell’ottobre del 2004 la Corte Suprema ha dichiarato enti locali e Governo responsabili del disastro ecologico, intimando il pagamento di risarcimenti alle parti lese.

Nonostante questo, numerosi sono ancora i casi che cadono fuori dalla copertura del programma, mentre i danni prodotti dagli sversamenti non sono stati del tutto smaltiti.

25 marzo 2011

Tagliare le dipendenze


L’attuale sistema economico e politico è fondato sull’accentramento di potere. Da un’unica fonte si genera il flusso che va verso la moltitudine delle persone.

Si pensi ai partiti fino ad arrivare allo Stato. Attualmente vige il meccanismo della delega di potere. Ci sono “libere” elezioni, ma molti su questo hanno dei dubbi legittimi, e chi viene eletto ha una delega in bianco da parte dell’elettorato per fare sostanzialmente quello che vuole, specialmente se può disporre del minculpop dell’apparato informativo, piuttosto rigidamente irreggimentato e basato anch’esso su poche fonti di diffusione delle notizie: oggi tutti i telegiornali e le agenzie si approvvigionano da 4 o 5 fonti internazionali che hanno il monopolio dell’informazione. In pratica la politica dispone di una cambiale firmata in bianco dall’elettorato su un generico programma che a dirla tutta oggi non offre molti spunti di diversità fra le varie parti.

Questo schema che sintetizzando si può definire “da uno a molti” è anche usato nell’economia dove una megasocietà eroga servizi a volte anche a quasi la totalità delle persone, pensate al sistema monetario e finanziario, alle telecomunicazioni, alla distribuzione delle merci, all’informazione, all’energia, alle autostrade ecc.

Tutt’al più si può arrivare a sistemi di distribuzione decentrati dove si replica per motivi pratici il sistema “da uno a tutti” in scale ridotte territorialmente per permettere la capillarità di diffusione ed è lo schema seguito dalle regioni e dalle province.

In questo sistema “da uno a tutti” o al massimo “decentralizzato” si privilegia la delega di potere e non si è partecipi delle scelte e delle decisioni, queste si possono solo subire senza poter essere parte attiva. Un altro aspetto è che in questo modo si permette a qualcuno di arrivare a posizioni di potere e benessere a svantaggio di molti alimentando così gli enormi squilibri di cui oggi siamo circondati.

Il sogno americano si basa proprio su questo dicendo in pratica: uno su mille ce la fa, focalizzandosi su quell’uno che riesce, ma dimenticandosi degli altri 999 poveracci che invece continueranno a non farcela.

Questo alimenta dei processi di alienazione, dove chi non ce la fa subisce un’onta e cade in depressione, dove la competizione e la lotta hanno il sopravvento sulla natura umana che invece propende per la collaborazione.

L’atteggiamento che abbiamo appena visto viene esasperato dall’uso di un mezzo di scambio che si basa sul debito come abbiamo esaminato anche in altri articoli. La scarsità apparente si manifesta e la solitudine e la disperazione hanno il sopravvento.

Avremmo un sistema molto più efficiente, meno appetibile per coloro che tentano di prevalere sulle moltitudini e dove le persone non delegano, ma si supportano reciprocamente. Certo questa impostazione richiede una consapevolezza da parte di tutti molto maggiore dell’attuale, una presa di coscienza che l’azione di ognuno è funzionale al benessere e alla circolazione della ricchezza e della libertà in tutto il sistema.

Prendiamo ad esempio l’energia. L’attuale sistema si basa sull’assurdità che l’energia, anche quella da fonti rinnovabili, prodotta ad es. in Puglia venga consumata a Milano con dispendio di risorse e perdite di energia notevoli durante il tragitto. L’efficienza della rete sarebbe quella di consumare sul posto l’energia prodotta con evidenti risparmi su tutti i fronti. Perché non si adotta? Semplicemente perché verrebbero meno tutti i possibili interessi che nascono dalla distribuzione accentrata.

La stessa cosa avviene con la rete di internet dove ci sono monopolisti che erogano il servizio e anche la liberalizzazione dell’ultimo miglio non ha spostato le forze in gioco e tutto questo a svantaggio della circolazione delle informazioni. Esiste invece un sistema diffuso di reti a maglia (mesh) che permetterebbero alla comunità di avere enormi vantaggi sia in termini di costo del servizio che di efficienza della rete che essendo composta da nodi sia riceventi che trasmittenti sarebbero immuni ad esempio da interruzioni dovute a catastrofi naturali, ad esempio terremoto, oppure da colpi di mano tese a bloccare il flusso delle informazioni.

L’unione, se disinteressata e tesa al benessere diffuso, fa veramente la forza e questo da sempre l’uomo lo sa perché si raggruppa sempre in comunità e più questa unione era compatta più il suo benessere era maggiore. Oggi invece abbiamo enormi comunità di singoli che non colloquiano, si guardano con sospetto e soprattutto non collaborano fra di loro e questo non può che provocare depressione, senso di abbandono e sofferenza oltreché alimentare il divario fra ricchi e poveri, divario che invece di essere combattuto con maggiore cultura, con investimenti in istruzione e nel sociale a volte viene scientemente alimentato affinché il sistema “da uno a molti” possa seguire a mietere vittime innocenti.

La stessa cosa che avvenne per l’unità d’Italia che spinse i piemontesi a invadere il ricco sud e lo portò a depredarlo di un tesoro che Pino Aprile nel suo libro Terroni ha attualizzato in 1.500 miliardi di euro, il PIL odierno dell’Italia e un milione di morti su 9 che abitavano il sud all’epoca. Senza contare stupri di massa e orrori indicibili di ogni tipo e la distruzione negli anni successivi di ogni risorsa, infrastruttura, attività, portando quello splendido paese e quelle persone a essere preda di delinquenti, massonerie, mafie anche in doppio petto.

Il potere poi copre, nasconde e tacita ogni voce, costruisce sulla menzogna e cancella ogni traccia, ma non per sempre perché immancabilmente arriva il momento della verità.

La spinta innata ad unirsi viene manipolata e sfruttata egoisticamente anche per ciò che riguarda l’unione fra stati. L’unione europea ad esempio non è nata per aumentare il benessere all’interno del vecchio continente, ma per motivi di supremazia economica, per creare un solo grande mercato e accentrare ancora di più il potere in mano a pochi.

Basandosi su questi presupposti questa unione, come tutto quello che si basa su queste intenzioni, non potrà che fallire.

Capito questo concetto è facile tracciare la strada per la liberazione:

di Paoletti Pierluigi

27 marzo 2011

La Ue prigioniera delle Banche


Il vertice europeo sul Fondo Salva Stati e sul patto di stabilità si chiude con un rinvio che lascia tutto com’è. E intanto l’annunciatissimo crollo a catena dei Piigs prosegue come da copione: dopo la Grecia l’Irlanda, e dopo l’Irlanda il Portogallo


Passata di fatto in secondo piano per le cronache concentrate sulla ennesima guerra di aggressione alla Libia, mascherata naturalmente da intervento umanitario, la situazione economica dell'Europa, e in particolare di alcuni Paesi che ne fanno parte, sta attraversando una fase di conferme di quanto andiamo scrivendo da mesi, anzi da anni.

I fatti recenti, come ampiamente previsto da pochi (e tenuto nascosto da tutti gli altri) stanno purtroppo confermando ciò che anche un ragazzino di prima media avrebbe potuto capire: è impossibile risolvere una situazione economica debitoria accendendo un ulteriore debito, peraltro con interessi superiori a quelli della situazione partenza, per non parlare del fatto che non si rimuove la causa principale dei debiti crescenti.

Bastino tre sole notizie delle ultime ore prima di fare qualche, semplice, riflessione.

La prima è la parabola discendente dello stato economico del Portogallo, terza vittima sacrificale, dopo Irlanda e Grecia, nel copione già scritto in merito ai paesi Piigs della nostra Europa. Le dimissioni del premier Socrates, dopo la bocciatura subita nel parlamento portoghese in seguito alla presentazione dell'ennesimo piano di austerità - il quarto, solo nell'ultimo anno - riflette il fatto che la situazione è veramente molto grave. Film già visto, purtroppo: il popolo giustamente non ne vuole sapere di pagare per una crisi causata da altri, per giunta speculatori, scende in piazza a manifestare contro il piano di tagli previsto, e l'opposizione al governo di Lisbona cavalca l'onda della protesta per bloccare di fatto l'operato del governo in carica. Naturalmente senza avere in tasca lo straccio di una soluzione alternativa per rispondere ad attacchi finanziari e speculativi che piovono da altre parti del mondo sull'Europa intera. Il Portogallo deve essere costretto ad accettare gli aiuti imposti dall'Fmi ai tassi usurai di cui Grecia e Irlanda sono già consci. Non ci sono altre strade - così vogliono far credere - per uscire dalla crisi...

Altra notizia: oltre alla situazione in Grecia – dove aumenta la povertà e si tagliano servizi giorno per giorno, e malgrado questo salgono i rendimenti dei titoli pubblici, la popolazione è in collera costante e montante – oggi scopriamo che anche l'Irlanda (ne ha scritto ieri Stasi proprio qui) ha nuova e ulteriore necessità di chiedere eaccettare altri prestiti. Quelli ricevuti non bastano. Non sono bastati...

Terza notizia: il vertice recente di Bruxelles, che avrebbe dovuto decidere sul fondo salva stati e sul patto di stabilità, ha semplicemente rimandato la decisione. Naturalmente i problemi relativi alla situazione in Libia hanno pesato sull’incontro europeo, ma come chiamare, se non guerra, anche ciò che sta succedendo a livello economico nel vecchio continente? Eppure, a questo proposito, per ora c’è il silenzio. Mentre un numero sempre maggiore di popoli d’Europa inizia a urlare sempre di più.

Ergo? Tre cose in rapida successione. La prima: inesorabile, la crisi continua a montare, dunque gli opinionisti, i politici e gli analisti embedded stanno prendendo per i fondelli la popolazione di tutta Europa. Non solo non stiamo uscendo dalla crisi, non solo ci siamo ancora dentro, ma passo passo si sta procedendo ulteriormente verso il baratro. La seconda: gli aiuti imposti ai vari paesi non solo non sono risolutivi delle situazioni debitorie degli stessi, ma addirittura aggravano la situazione, tanto che, come nel più classico e perverso sistema dei debiti sempre crescenti, i paesi già aiutati hanno ulteriore bisogno di aiuto. La terza: in Europa non si ha idea di come cercare di risolvere la situazione. Si è alla mercé della finanza internazionale e non si ha lo straccio di una strategia, economica, politica, ideologica, filosofica, per sottrarsi al terribile gioco a perdere che questo modello impone a tutti i popoli che continuano a farne parte.

I popoli d'Europa, per quel che ci riguarda da vicino, brancolano nel buio, guidati da una classe dirigente inutile, incapace, colpevolmente prona alle Banche e all’Fmi.

di Valerio Lo Monaco

26 marzo 2011

La baia di Minamata: un disastro ambientale dimenticato

Quello che sta succedendo in Giappone in questi giorni riporta alla mente fatti lontani che hanno segnato la memoria del Paese. Nel 1956 gli sversamenti di acque reflue contaminate al mercurio dell’industria chimica Chisso Corporation hanno prodotto uno dei peggiori disastri ambientali che la storia ricordi. Un disastro con un nome ben preciso: sindrome di Minamata.








baia minamata

Era il 1956 quando nella baia di Minamata fu scoperta per la prima volta quella che è passata alla storia proprio come la malattia di Minamata

I fatti che stanno sconvolgendo il Giappone ripropongono più e più volte, tante quante sono le immagini che ci scorrono quotidianamente sotto gli occhi, interrogativi agghiaccianti e riflessioni profonde. L’insensatezza del progresso sfrenato, l’accecata ossessione per la crescita, il culto dell’atomo, lo sviluppo a tutti i costi hanno contropartite tremende e ricadute fatali.

Il Giappone è uno dei paesi che più degli altri ha fatto dello sviluppo economico, industriale e tecnologico una testa d’ariete per sfondare i mercati internazionali, per crescere esponenzialmente, per sedere al tavolo dei grandi della terra. Le conseguenze però non sempre hanno i colori sfavillanti delle ultime macchinette digitali, la bellezza e la sicurezza dell’ultima automobile piazzata sul mercato.

Non sempre, anzi, quasi mai perché il retroterra dannato del progresso è un deserto, una fanghiglia marcescente che fagocita terre ed uomini e sputa cadaveri e carcasse ed è tanto più ritroso quanto più schifose sono le attività da insabbiare, tanti quanti sono i morti di cui dimenticarsi.

Era il 1956 quando nella baia di Minamata, cittadina di pescatori nella Prefettura di Kumamoto, fu scoperta per la prima volta quella che è passata alla storia proprio come la malattia di Minamata.

Si tratta di una sindrome neurologica causata da avvelenamento da mercurio che provoca atassia (progressiva perdita del coordinamento muscolare); parestesia (alterazione della sensibilità degli arti, i particolare la perdita del senso del tatto a livello topico); indebolimento del campo visivo, perdita dell’udito, difficoltà ad articolare le parole, disordine mentale. Paresi. Morte.

chisso minamata
La Chisso Corporation, un’industria chimica installata nella zona, sversava le acque reflue contaminate da metilmercurio proprio nella baia

Era successo che la Chisso Corporation, un’industria chimica installata nella zona, sversasse le acque reflue contaminate da metilmercurio proprio nella baia, nel mare di Shiranui. Uno sversamento costante, durato ininterrottamente dal 1932 al 1968. Il metilmercurio si è depositato nei fanghi, sul fondo del mare, di cui si nutrono numerosi microrganismi alla base della catena alimentare.

La sostanza è stata quindi assorbita anche da crostacei e molluschi risalendo la catena alimentare fino alla tavola degli abitanti del luogo, la cui dieta è principalmente a base di pesce. I primi ad avvertire i sintomi della malattia furono proprio i pescatori che lavoravano nella baia. Da allora, i casi di avvelenamento ed i conseguenti decessi si susseguirono a ritmo incalzante per più di trent’anni, includendo uomini e animali.

Né la Chisso, né il Governo hanno fatto nulla per evitare il disastro. Dopo i primi casi eclatanti, il morbo di Minamata fu ufficialmente riconosciuto, ma di anni, da quel 1956, ne passarono almeno dodici prima di stabilire il legame fra l’inquinamento prodotto dalla Chisso e la malattia. Durante questi anni non solo l’industria chimica negò la propria responsabilità per la sindrome, ma addirittura l’utilizzo del mercurio nei propri impianti.

sindrome minamata
La sindrome di Minamata è una sindrome neurologica causata da avvelenamento da mercurio che può causare persino la morte

Da allora, fu necessario aspettare il 1968 affinché la Chisso smettesse di sversare acque contaminate nella baia, ma il danno era ormai irreversibilmente compiuto. Oltre alle persone contaminate perché si cibavano del pesce carico di mercurio, già da tempo si registravano anche nascite di bambini malati, sintomo inequivocabile che il morbo si trasmetteva anche al feto.

Il Governo di Tokyo, tuttavia, aveva deciso che la diffusione della malattia si era conclusa con l’interruzione degli scarichi, nel 1968, e nessuno che fosse nato dopo quell’anno poteva essere avvelenato. Questo nonostante la comunità scientifica sostenesse che il veleno non era stato smaltito dal mare.

Il Governo si dimostrò fermo nella sua decisione e nel 1991 il Consiglio Centrale pubblicò una relazione nella quale si dimostrava il calo sensibile dei livelli di metilmercurio nel mare di Shiranui rispetto al 1968. Come conseguenza di questo atteggiamento, tutti i malati nati dal 1969 non godono dei benefici del programma pubblico sanitario per il morbo, nonostante ne mostrino chiaramente i sintomi.

Nel 1997, dopo la dichiarazione del governatore della Prefettura di Kumamoto in merito alla sicurezza sul consumo di pesci e molluschi della baia, furono rimosse le reti che per trenta anni avevano impedito al pesce contaminato di disperdersi in mare aperto. Un atto simbolico che significava anche mettersi alle spalle quel disastro ambientale.

proteste minamata
Da quando il morbo fu ufficialmente riconosciuto gruppi di malati o di parenti di persone decedute a causa della malattia intentarono numerosi procedimenti civili contro il Governo

Un disastro che però non è rimasto circoscritto a Minamata. Tra le 30.000 persone che nel 2009 chiedevano di entrare nel programma sanitario, molte provenivano da altre parti del Giappone e nate da genitori residenti lungo le coste del mare Shiranui.

Nello stesso 2009 il Governo nipponico ha approvato una nuova legge per dare assistenza ai pazienti affetti dal morbo, ampliando la gamma di sintomi necessari per entrare a far parte del programma. A tutti coloro che ricevono gli aiuti governativi, però, è stata chiesta come contropartita di ritirare qualsiasi causa intentata a proposito contro il Governo e la Chisso.

Da quando il morbo fu ufficialmente riconosciuto, infatti, gruppi di malati o di parenti di persone decedute a causa della malattia intentarono numerosi procedimenti civili contro il Governo, considerato il responsabile di norme troppo restrittive nel riconoscimento della sindrome e nell’esenzione dalle spese mediche. Solo nell’ottobre del 2004 la Corte Suprema ha dichiarato enti locali e Governo responsabili del disastro ecologico, intimando il pagamento di risarcimenti alle parti lese.

Nonostante questo, numerosi sono ancora i casi che cadono fuori dalla copertura del programma, mentre i danni prodotti dagli sversamenti non sono stati del tutto smaltiti.

25 marzo 2011

Tagliare le dipendenze


L’attuale sistema economico e politico è fondato sull’accentramento di potere. Da un’unica fonte si genera il flusso che va verso la moltitudine delle persone.

Si pensi ai partiti fino ad arrivare allo Stato. Attualmente vige il meccanismo della delega di potere. Ci sono “libere” elezioni, ma molti su questo hanno dei dubbi legittimi, e chi viene eletto ha una delega in bianco da parte dell’elettorato per fare sostanzialmente quello che vuole, specialmente se può disporre del minculpop dell’apparato informativo, piuttosto rigidamente irreggimentato e basato anch’esso su poche fonti di diffusione delle notizie: oggi tutti i telegiornali e le agenzie si approvvigionano da 4 o 5 fonti internazionali che hanno il monopolio dell’informazione. In pratica la politica dispone di una cambiale firmata in bianco dall’elettorato su un generico programma che a dirla tutta oggi non offre molti spunti di diversità fra le varie parti.

Questo schema che sintetizzando si può definire “da uno a molti” è anche usato nell’economia dove una megasocietà eroga servizi a volte anche a quasi la totalità delle persone, pensate al sistema monetario e finanziario, alle telecomunicazioni, alla distribuzione delle merci, all’informazione, all’energia, alle autostrade ecc.

Tutt’al più si può arrivare a sistemi di distribuzione decentrati dove si replica per motivi pratici il sistema “da uno a tutti” in scale ridotte territorialmente per permettere la capillarità di diffusione ed è lo schema seguito dalle regioni e dalle province.

In questo sistema “da uno a tutti” o al massimo “decentralizzato” si privilegia la delega di potere e non si è partecipi delle scelte e delle decisioni, queste si possono solo subire senza poter essere parte attiva. Un altro aspetto è che in questo modo si permette a qualcuno di arrivare a posizioni di potere e benessere a svantaggio di molti alimentando così gli enormi squilibri di cui oggi siamo circondati.

Il sogno americano si basa proprio su questo dicendo in pratica: uno su mille ce la fa, focalizzandosi su quell’uno che riesce, ma dimenticandosi degli altri 999 poveracci che invece continueranno a non farcela.

Questo alimenta dei processi di alienazione, dove chi non ce la fa subisce un’onta e cade in depressione, dove la competizione e la lotta hanno il sopravvento sulla natura umana che invece propende per la collaborazione.

L’atteggiamento che abbiamo appena visto viene esasperato dall’uso di un mezzo di scambio che si basa sul debito come abbiamo esaminato anche in altri articoli. La scarsità apparente si manifesta e la solitudine e la disperazione hanno il sopravvento.

Avremmo un sistema molto più efficiente, meno appetibile per coloro che tentano di prevalere sulle moltitudini e dove le persone non delegano, ma si supportano reciprocamente. Certo questa impostazione richiede una consapevolezza da parte di tutti molto maggiore dell’attuale, una presa di coscienza che l’azione di ognuno è funzionale al benessere e alla circolazione della ricchezza e della libertà in tutto il sistema.

Prendiamo ad esempio l’energia. L’attuale sistema si basa sull’assurdità che l’energia, anche quella da fonti rinnovabili, prodotta ad es. in Puglia venga consumata a Milano con dispendio di risorse e perdite di energia notevoli durante il tragitto. L’efficienza della rete sarebbe quella di consumare sul posto l’energia prodotta con evidenti risparmi su tutti i fronti. Perché non si adotta? Semplicemente perché verrebbero meno tutti i possibili interessi che nascono dalla distribuzione accentrata.

La stessa cosa avviene con la rete di internet dove ci sono monopolisti che erogano il servizio e anche la liberalizzazione dell’ultimo miglio non ha spostato le forze in gioco e tutto questo a svantaggio della circolazione delle informazioni. Esiste invece un sistema diffuso di reti a maglia (mesh) che permetterebbero alla comunità di avere enormi vantaggi sia in termini di costo del servizio che di efficienza della rete che essendo composta da nodi sia riceventi che trasmittenti sarebbero immuni ad esempio da interruzioni dovute a catastrofi naturali, ad esempio terremoto, oppure da colpi di mano tese a bloccare il flusso delle informazioni.

L’unione, se disinteressata e tesa al benessere diffuso, fa veramente la forza e questo da sempre l’uomo lo sa perché si raggruppa sempre in comunità e più questa unione era compatta più il suo benessere era maggiore. Oggi invece abbiamo enormi comunità di singoli che non colloquiano, si guardano con sospetto e soprattutto non collaborano fra di loro e questo non può che provocare depressione, senso di abbandono e sofferenza oltreché alimentare il divario fra ricchi e poveri, divario che invece di essere combattuto con maggiore cultura, con investimenti in istruzione e nel sociale a volte viene scientemente alimentato affinché il sistema “da uno a molti” possa seguire a mietere vittime innocenti.

La stessa cosa che avvenne per l’unità d’Italia che spinse i piemontesi a invadere il ricco sud e lo portò a depredarlo di un tesoro che Pino Aprile nel suo libro Terroni ha attualizzato in 1.500 miliardi di euro, il PIL odierno dell’Italia e un milione di morti su 9 che abitavano il sud all’epoca. Senza contare stupri di massa e orrori indicibili di ogni tipo e la distruzione negli anni successivi di ogni risorsa, infrastruttura, attività, portando quello splendido paese e quelle persone a essere preda di delinquenti, massonerie, mafie anche in doppio petto.

Il potere poi copre, nasconde e tacita ogni voce, costruisce sulla menzogna e cancella ogni traccia, ma non per sempre perché immancabilmente arriva il momento della verità.

La spinta innata ad unirsi viene manipolata e sfruttata egoisticamente anche per ciò che riguarda l’unione fra stati. L’unione europea ad esempio non è nata per aumentare il benessere all’interno del vecchio continente, ma per motivi di supremazia economica, per creare un solo grande mercato e accentrare ancora di più il potere in mano a pochi.

Basandosi su questi presupposti questa unione, come tutto quello che si basa su queste intenzioni, non potrà che fallire.

Capito questo concetto è facile tracciare la strada per la liberazione:

di Paoletti Pierluigi