06 aprile 2011

Ripristinare la sovranità economica

VERSO LE BANCHE DI PROPRIETA' DELLO STATO



"E l'ora di dichiarare la sovranità economica dalle banche multinazionali che sono responsabili di gran parte della nostra crisi economica attuale. Ogni anno inviamo oltre un miliardo di dollari di dollari dei contribuenti dell’Oregon a banche estere e multinazionali sotto forma di depositi, solo per vedere che il denaro è investito altrove. È il momento di mettere i nostri soldi a lavorare per gli abitanti dell'Oregon "Rispondendo ad un bisogno non soddisfatto per il credito alle amministrazioni locali, alle imprese e ai consumatori locali, tre stati nel mese scorso hanno prfesentato degli atti per l’introduzione di banche di proprietà statale - Oregon, Washington e Maryland – unendosi a Illinois, Virginia, Massachusetts e Hawaii per portare il numero totale a sette.

Mentre Wall Street riporta profitti da record, le banche locali si dibattono, il credito per le piccole imprese e dei consumatori rimane contratto, ed i governi locali sono in bilico sulla bancarotta. Si parla addirittura di consentire a governi statali di presentare istanza di fallimento, qualcosa che la legislazione vigente vieta. Il governo federale e la Federal Reserve sono riusciti a trovare miliardi di dollari per puntellare le banche di Wall Street che hanno precipitato la crisi del credito, ma non hanno esteso questa generosità per i contribuenti e le amministrazioni locali che sono stati costretti a pagare il conto.

Nel mese di gennaio, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha annunciato (1) che la Fed aveva escluso un piano di salvataggio della banca centrale per i governi statali e locali. Il deficit di bilancio di Stato collettivo per il 2011 è previsto a 140 miliardi di dollari, solo l'1% dei 12.300 miliardi dollari (2) la Fed è riuscita a raggranellare tra liquidità, prestiti a breve termine, e altre condizioni finanziarie per salvare Wall Street. Ma il presidente Bernanke ha detto che la Fed è limitata per statuto dal comprare il debito del governo municipale con scadenza di sei mesi o meno che sia direttamente assistito da imposte o altre entrate assicurate, una forma di debito che rappresenta meno del 2% del mercato globale municipale. I governi statali e municipali, a quanto pare, sono in proprio. (3)

Di fronte all’inazione federale e alla crescente crisi di bilancio locale, un numero crescente di Stati stanno valutando la possibilità di creare proprie banche di proprietà dello Stato, seguendo il modello del North Dakota, l'unico Stato che sembra essere sfuggito indenne alla crisi del credito. La Banca del Nord Dakota (BND) vecchia di 92 anni, attualmente l'unica banca di proprietà statale degli Stati Uniti, ha contribuito a evitare al North Dakota i disastri che incombono sui bilanci di altri Stati. Nel 2009, il North Dakota esibiva il maggiore avanzo di bilancio che avesse mai avuto. La BND contribuisce a finanziare non solo il governo locale ma anche banche e imprese locali, mettendo a disposizione i fondi per i prestiti alle banche commerciali di sostegno al credito delle piccole imprese.

Nell'ultimo mese, tre Stati hanno introdotto atti per le banche di proprietà statale, secondo il modello del Nord Dakota. L'11 gennaio, un disegno di legge per istituire una banca di proprietà statale è stata introdotta nella legislatura dello Stato dell’Oregon (4); Il 13 gennaio, un disegno di legge simile è stato introdotta nello Stato di Washington (discusso in un precedente articolo (5)) E il 4 febbraio, un simile atto è stato introdotto nella legislatura del Maryland (6) per uno studio di fattibilità. Essi si uniscono a Illinois (7), Virginia (8), Hawaii (9) e Massachusetts (10), Che hanno introdotto atti analoghi nel 2010.

Ampio sostegno

Le proposte di legge sono ampiamente sostenute da proprietari di piccole imprese. Il Seattle Times ha segnalato (11) il 3 febbraio che il 79% di 107 imprenditori interpellati dalla Main Street Alliance di Washington, ha sostenuto la proposta di legge dello Stato di Washington. Più della metà ha dichiarato di aver sperimentato una stretta del credito d'affari, e tre quarti di coloro hanno detto che potrebbero creare nuovi posti di lavoro se le loro esigenze di credito fossero soddisfatte. Un sondaggio condotto dalla Main Street Alliance dell’Oregon ha prodotto risultati simili (12). La loro indagine, che ha riguardato 115 aziende in 28 comuni, ha scoperto che due terzi dei piccoli imprenditori avevano ritardato o cancellato espansioni a causa di problemi di credito, al 41 per cento era stato negato il credito; e il 42 per cento avevano visto le loro condizioni di credito peggiorate. Tre quarti degli imprenditori intervistati ha sostenuto la proposta di legge dell'Oregon.

A sostenere l'idea (13) di una banca di proprietà statale è anche il tesoriere dello Stato dell’Oregon Ted Wheeler, con questa versione: egli pensa che l’Oregon può sbloccare una capacità supplementare di prestito in collaborazione con le istituzioni esistenti creando una banca "virtuale". Lo Stato non avrebbe bisogno di costruire nuovo banche di cemento e mattoni che richiedono centinaia di nuovi dipendenti al loro servizio. I nuovi strumenti procurati allo Stato per essere una "banca" potrebbero essere organizzati in modo rapido ed economico attraverso una cornice che lui chiama una "banca virtuale di sviluppo economico". In un editoriale (14) pubblicato su Oregonlive.com il 9 febbraio, ha scritto:

Questo nuovo modello dovrebbe consolidare i vari programmi di prestito per lo sviluppo economico dell'Oregon, e consentire al governo dello Stato di intervenire come partecipante a nuovi prestiti, il che contribuirà a garantire a qualificati cittadini dell'Oregon ulteriori finanziamenti. Abbiamo anche strumenti di investimento strategico, quali l’Oregon Growth Account che potrebbero essere meglio utilizzati come parte di questo quadro.


Le banche "creano" soldi sfruttando il loro capitale (15) nei prestiti. Ad una esigenza patrimoniale dell'8%, possono attirare capitale con un fattore di dodici, purché in grado di attrarre depositi sufficienti (raccolti o presi in prestito) per eliminare i controlli in uscita. Gli Stati danno via questo potere di leveraggio quando hanno messo i loro depositi nelle banche di Wall Street e investito lì i loro capitali.

I governi statali e municipali hanno asset dappertutto riposti in fondi separati per i tempi di congiuntura sfavorevole, che sono in gran parte investiti in banche di Wall Street per un rendimento molto modesto. Allo stesso tempo, gli Stati prendono in prestito da Wall Street a tassi d'interesse molto più alti e devono preoccuparsi di cose come il rating, le tasse in ritardo, e swap su tassi di interesse, che hanno dimostrato di essere investimenti molto buoni per Wall Street e investimenti molto cattivi per i governi locali.

Consolidando la loro attività nelle proprie banche di proprietà statale, i governi statali e locali sono in grado di sfruttare i propri fondi per finanziare le proprie operazioni, e possono fare questo in sostanza senza interessi, dal momento che possiedono la banca e avranno indietro gli interessi. La BND ha contribuito per più di 300 milioni di dollari alle le casse dello Stato negli ultimi dieci anni, un risultato notevole per uno Stato con una popolazione che è meno di un decimo della dimensione della Contea di Los Angeles.

Il crescente movimento per stabilire la sovranità economica locale attraverso le banche di proprietà statale è stata un'iniziativa popolare che è cresciuta spontaneamente in risposta a bisogni non soddisfatti per il credito locale. In Oregon, la spinta è venuta da un gruppo di volontariato attivo chiamato Oregonians for a State Bank (16) in collaborazione con il Working Families Party (17). A Washington, un ruolo importante è stato svolto dal Main Street Alliance, un progetto dell’Alliance for a Just Society (Ex NWFCO) (18). Il principale difensore legislative nello Stato di Washington è il Repubblicano Bob Hasegawa. In Maryland, la campagna è stata avviata dal Center for State Innovation (CSI) (19), con sede nel Wisconsin, in collaborazione con il Service Employees International-Union (SEIU) (20) e la Progressive States Network. Il Progressive Maryland (21) è un sostenitore di primo piano delle ONG. Analisi dettagliate delle iniziative nello Stato di Washington e dell’Oregon e dei loro benefici previsti sono stati effettuati da CSI (22). Per gli sforzi di base in altri Stati e per le petizioni che possono essere firmate, vedere http://publicbankinginstitute.org/state-info.htm.

di Ellen Brown


Ellen Brown è un avvocato e presidente del Public Banking Institute. Ha scritto undici libri, Tra cui Web of Debt: The Shocking Truth About Our Money System and How We Can Break Free (2010).(La ragnatela del debito: la scioccante verità sul nostro sistema monetario e come liberarsene)

05 aprile 2011

L'Unità d'Italia. Verità e falsità.

Mi sono volutamente astenuto dal commentare il 150° compleanno dell'Unità d'Italia, quando le feste e la retorica di quell'evento erano al loro culmine, e le genti italiane, in massima parte, erano sinceramente partecipi nel testimoniare amore a questo paese.

Gli italiani amano l'Italia molto più di quanto loro stessi non vogliano ammettere.

Finita la festa, però, qualche precisazione è bene farla; e non già per alimentare un'inutile polemica fine a se stessa, ma perché non si perda il senso della verità storica e si ristabilisca l'onore e la dignità di coloro ai quali sono stati tolti.

Osservate bene la tabellina sotto (fonte: Il Sole 24 ore del 17-3-2011) ...

Popolazione Debito pubblico Interessi annui Pil Debito/Pil Pil pro capite Interessi/Debito Interessi/Pil Riserve Oro
Milioni Lire Milioni Lire Milioni Lire Lire Milioni Lire
Regno delle due Sicilie 6.970.018 411,5 22,8 2483,4 16,6% 356 5,5% 0,9% 443
Piemonte 4.282.553 1121,4 67,9 1518,3 73,9% 355 6,1% 4,5% 27

... in essa non c'è la retorica della Patria unita, né la poesia sul sangue versato dai martiri del Risorgimento italiano; c'è, invece, il motivo per cui l'Italia s'è fatta, la ragione economica per cui il Piemonte ha fatto invadere il regno dei Borboni da Garibaldi, annettendoselo poi; come si fa con le terre conquistate; come si fa con le aziende scalate.

Quella è la situazione al 1859, due anni prima dell'Unità, e mostra, con la semplice verità dei numeri, cosa c'è dietro quell'idea di Italia che s'è desta e dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa ...

Il Piemonte di Cavour e Vittorio Emanuele II, ha un Pil pro capite simile al regno dei Borboni (... ma non ci avevano detto che al Sud erano morti di fame mentre al Nord erano più ricchi?), ma soprattutto è indebitato fino alla cima dei capelli: 73.9% del Pil, contro il 16.6% del Sud.

E non è tutto: i Borboni hanno 443 milioni di riserve d'oro (poco più del loro debito pubblico ... e, quindi, sono addirittura in attivo), mentre i piemontesi non hanno neanche gli occhi per piangere (27 milioni di riserve d'oro contro 1121.4 milioni di debito pubblico).

Le casse piemontesi sono vuote, Cavour è costretto ad aumentare continuamente le tasse per non fare default, mentre al Sud le tasse sono "leggere", neanche lontanamente paragonabili a quelle piemontesi.

Tutto ciò è il risultato di una politica economica rigorosa, competente ed onesta nelle "Due Sicilie" (... ma non s'era detto che al Sud sono "approssimativi" a causa del retaggio di quella "grossolana" gestione borbonica?), mentre in Piemonte si intrallazza (soprattutto il re) e ci si lancia in folli avventure senza ritorno.

I Savoia hanno speso una fortuna nelle loro guerre (tutte perse) contro l'Austria e si sono dissanguati con la guerra di Crimea; ormai sono nelle mani dei Rothschild che gli hanno prestato montagne di denari e non intendono aggiungere un altro centesimo di prestito a quel debitore che, sempre più speditamente, si avvia verso la bancarotta.

Ed ecco l'idea geniale: invadere ed annettersi il regno delle due Sicilie, appropriarsi di quei 443 milioni di riserve d'oro e, diluire il debito residuo su un Pil maggiore. Dal 73.9% del Pil, il Piemonte può scendere, unendo la contabilità di nord e sud, al 38.3% ... senza considerare l'oro dei Borboni ... Con quell'oro, invece, il debito si riduce fino al 26.5% del Pil.

E' l'uovo di colombo, il colpo di scena che, con un tratto di penna, riaggiusta i numeri. E' come la fusione Telecom-Tim fatta da Tronchetti Provera non molti anni fa; la prima con grandi debiti, la seconda con grande liquidità.

L'idea, manco a dirlo, è dei Rothschild che, allora come adesso, sono specialisti di M&A (Merger and Acquisition) ... scalate, acquisizioni, fusioni etc ...

Questo è il motivo per cui Cavour lancia Garibaldi all'assalto del regno delle due Sicilie, scortato dalla marina inglese (gli inglesi hanno privilegi economici notevoli in Sicilia, che i Borboni intendono "terminare") e preceduto dai corruttori piemontesi che comprano la complicità di politici e generali borbonici.

Solo così i mille garibaldini, in maggioranza avanzi di galera, riescono a vincere le "epiche" battaglie siciliane (Calatafimi e Milazzo) senza quasi combattere: i reggimenti borbonici si ritirano e gli lasciano campo libero.

Ritornate alla tabellina sopra: i piemontesi sono costretti a pagare un tasso di interesse di 60 punti base più alto dei Borboni (6.1% contro 5.5%); in pratica il debito del Sud era considerato "risk-free" ... AAA ... una specie di Bund del tempo, mentre i titoli del debito "nordista" sono assimilabili ai Btp italiani di oggi ... obbligazioni di uno Stato finanziariamente ballerino.

Capite da dove viene l'abitudine a intrallazzare, spendere soldi a vanvera e "creare" mostruosi debiti pubblici che ancora oggi l'Italia unita si porta appresso? Non certo dalla scuola economica del Sud, ma da quel regno di Piemonte intorno al quale l'Italia s'è costruita.

Le finanze del Sud erano solide (considerando le riserve d'oro, addirittura in attivo), le tasse basse e l'economia almeno tanto sviluppata quanto il Nord, se non meglio. Viceversa le finanze del Nord erano disastrate, le tasse proibitive ed in continuo aumento.

Eppure, ancora oggi, c'è sempre qualche commentatore cui fa difetto la storia e l'economia , che racconta la favola che con l'aggregazione al Nord, il Sud si è salvato dalla miseria e dal malgoverno ...

Se non fosse così ignorante, guarderebbe i fatti, ed i fatti sono li e non consentono dubbi: il Sud è stato "scalato", depredato e condotto in condizione di inferiorità con l'annessione forzosa al Nord. Se siamo partiti economicamente pari (ma abbiamo visto che, almeno dal punto di vista finanziario, il Sud era nettamente meglio del Nord) ed adesso siamo "squilibrati" a favore del Nord, non ci vuole un genio per capire che l'Unità d'Italia ha favorito il Nord a danno del Sud.

E questa non è un'opinione, ma matematica.

Amo questo paese che è stato un faro di cultura e civiltà per il mondo, ma detesto questi nuovi italiani ignoranti che gettano un'ombra disonorevole sulla grandezza dei loro antenati. Le bellezze d'Italia, le più grandi del mondo, sono state opera dell'ingegno umano, e se un alieno sbarcasse sulla terra, qui da noi capirebbe chi è l'uomo e cosa è riuscito a fare nei millenni della sua storia.

Le bellezze di quest'Italia, sono state create dagli italiani, non da Dio o la Natura. Venezia e Firenze ti tolgono il fiato per quel che veneziani e fiorentini riuscirono a "creare" su quelle terre, e non già perché un Dio benevolo creò quelle terre meglio di altre.

Roma ti incanta ancora per la maestosità delle sue piazze, i monumenti e i resti del periodo imperiale, non già perché la Natura la dotò di sette colli o di una posizione più favorevole di altre città.

Qui in Italia, l'homo italicus ha superato lo stesso Dio per la potenza del suo ingegno.

Se fossi il presidente di questo paese (cosa che, per mia e vostra fortuna, non avverrà mai) imporrei l'obbligo della "cultura minima": un quoziente minimale di "sapere" che tutti dovrebbero avere, pena la perdita dei diritti civili. Non puoi fregiarti del titolo di "italiano" ... connazionale di Leonardo, Michelangelo o Dante, e poi essere semianalfabeta.

Non puoi vivere immerso nell'energia geniale di migliaia di antenati che hanno stupito l'Universo con opere spettacolari e poi, avere persino difficoltà con la lingua che parli, o vantarti di non avere mai letto un libro o visto un quadro. Puoi farlo se vuoi, ma non puoi avere il diritto di chiamarti "italiano", perché quell'appellativo significa "cultura".

Più che le discutibili guerre risorgimentali, festeggerei l'animo italiano ... quello si è oltre il tempo. Invece dell'Unità d'Italia, celebrerei l'ingegno italiano che, da oltre duemila anni, ha dato a questo pianeta il meglio delle opere dell'uomo.

Il 17 marzo vorrei la Festa d'Italia e, almeno in quel giorno, ognuno dovrebbe sentirsi "spontaneamente costretto" ad andare ad una mostra, o a leggersi un grande libro italiano oppure a studiare la vera storia millenaria di questo paese che fu di grandi uomini. Quel giorno, dovrebbe essere il giorno dell'orgoglio di essere italiani, celebrando la genialità dei nostri predecessori e facendo solenne giuramento di volerli imitare.

E se poi alcuni non ne sentissero l'orgoglio, poco male: in tutte le grandi famiglie ci sono sempre le pecore nere. Volessero anche cambiare nazionalità, facciano pure, dei semianalfabeti questo paese non sente certamente il bisogno. Diventassero pure tedeschi; noi restiamo italiani: testimoni dell'arte, della bellezza e dell'eleganza di un paese che è stato la patria della cultura mondiale.

E se un ministro di questa sciagurata seconda Repubblica, sostiene che "con la cultura non si mangia", questo è, ahimè, il segno più tangibile dell'inarrestabile declino di questa nazione che, dai giganti del passato, è passata in mano ai nani e le ballerine di oggi.

Non a caso oggi vantiamo il 79% di semianalfabeti, indegni di definirsi italiani.

di G. Migliorino

04 aprile 2011

Il miglior affare è sempre la guerra

Bugie, ipocrisia e piani segreti. Ecco i dettagli che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha omesso nell’esporre all’America e al mondo intero la sua dottrina libica . Difficile comprendere cosa succede a causa dei tanti buchi neri che caratterizzano questa splendida piccola guerra che non è una guerra (“un’azione militare a raggio e a tempo limitati” come la definisce la Casa Bianca) e caratterizzata dall’incapacità dell’area progressista di condannare, allo stesso tempo, la crudeltà del regime di Muhammar Gheddafi e i bombardamenti ‘umanitari’ anglo-franco-americani.

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1973 ha operato come un cavallo di Troia, permettendo al consorzio anglo-franco-americano e alla NATO di diventare la forza aerea dell’ONU nel suo sostegno a un’insurrezione armata.

Al di là del fatto che questo accordo non ha niente a che fare con la protezione dei civili, esso è anche assolutamente illegale secondo la legge internazionale. L’implicito obiettivo finale, come a questo punto sa anche il più disperato dei bambini africani, è il cambio di regime.

Il generale canadese Charles Bouchard, a capo della missione libica per conto della NATO, può ribadire quanto vuole che la missione ha come unico obiettivo la difesa dei civili. Eppure quegli ‘innocenti civili’ che guidano carri e imbracciano kalashnikov come un disordinato mucchio selvaggio, di fatto sono soldati in una guerra civile e a questo punto dovrebbero decidere se la NATO deve essere d’ora in poi la loro forza aerea seguendo le orme dell’alleanza anglo-franco-americana. Inoltre, la ‘coalizione dei volenterosi’ che combatte in Libia consiste di soli 12 membri su 28 della NATO più il Qatar. Insomma, questa non è di certo una ‘comunità internazionale’.

Il verdetto finale sulla no-fly zone come da mandato dell’ONU dovrà attendere la nascita di un governo ‘dei ribelli’ alla fine della guerra civile (se finisce presto). Allora sarà possibile analizzare e capire i seguenti punti: se il bombardamento, anche coi missili Tomahawk, era giustificato; il perché i civili della Cirenaica siano stati protetti mentre quelli di Tripoli bombardati; che tipo di gente erano i ‘ribelli’ che sono stati ‘salvati’; se tutto questo era legale, in primo luogo; capire se la risoluzione era una copertura per il cambio di regime; se la storia d’amore tra i ‘rivoluzionari’ libici e l’Occidente finirà in un divorzio sanguinario (ricordate l’Afghanistan?); e quali attori occidentali saranno pronti ad approfittare della ricchezza di una nuova e unificata (forse balcanizzata) Libia.

Per ora, è piuttosto facile capire chi ne trarrà profitto.

Il Pentagono

Il fine settimana scorso, il capo del Pentagono Robert Gates ha dichiarato, riuscendo a rimanere serio, che gli unici regimi repressivi nel Medio Oriente sono l’Iran, la Siria e la Libia. Il Pentagono sta infierendo sull’anello debole, la Libia. Gli altri sono da sempre nella lista neo-con dei cattivi da eliminare. L’Arabia Saudita, lo Yemen, il Bahrain ecc. sono democrazie modello.

Per quanto riguarda questa guerra che ‘c'è ma non si vede’, il Pentagono è riuscito a combatterla due volte, non una. La prima con Africom, creato sotto l’amministrazione Bush, alimentato da quella di Obama e rigettato da dozzine di governi africani, di esperti e di organizzazioni per i diritti umani. Ora la guerra passa attraverso la Nato ovvero sotto il comando del Pentagono sui lacché europei.

Questa è la prima guerra africana di Africom, condotta dal generale Carter Ham nel suo quartier generale non in Africa, ma a Stuttgart, in Germania. Africom, per dirla con Horace Campbell, professore di studi afro-americani e di scienze politiche presso la Syracuse University, è un inganno; “fondamentalmente una copertura per le operazioni dei contractor americani come Dyncorp, MPRI e KBR. I pianificatori militari americani che traggono beneficio dalla politica delle porte girevoli della privatizzazione della guerra sono felici di avere l’opportunità di fornire ad Africom credibilità dietro la facciata dell’intervento in Libia”.

I Tomahawk della Africom hanno anche colpito, in senso metaforico, l’Unione Africana (AU), che, diversamente dalla Lega Araba, non è facile da comprare dall’Occidente. Le monarchie petrolifere arabe hanno tutte brindato al bombardamento, tranne l’Egitto e la Tunisia. Solo cinque paesi africani non sono subordinati ad Africom; la Libia è uno di essi, insieme al Sudan, la Costa d’Avorio, Eritrea e lo Zimbabwe.

NATO

Il piano generale della NATO è di comandare sul mediterraneo e di considerarlo un lago di sua proprietà. Sotto questa ‘ottica’(definizione del Pentagono) il mediterraneo oggigiorno è infinitamente più importante come teatro di guerra dell’AfPak (Afghanistan e Pakistan).

Sui 20 paesi del mediterraneo solo 3 non fanno parte della NATO o non hanno alcuna partnership coi suoi programmi: Libia, Libano e Siria. Senza alcun dubbio la Siria è il prossimo. Il Libano si trova sotto un blocco della NATO dal 2006. Ora il blocco viene applicato alla Libia. Gli Stati Uniti – tramite la NATO – stanno quadrando il cerchio.

Arabia Saudita

Che affare. Il re Abdullah si sbarazza del suo eterno rivali Gheddafi. La casa saudita, in modo abietto, s’inchina agli interessi dell’Occidente. Lo sguardo dell’opinione pubblica mondiale è stato allontanato dall’invasione saudita del Bahrain con l’obiettivo di distruggere un movimento pacifico e legittimo a favore della democrazia.

La casa saudita ha piazzato la storia che ‘la Lega Araba’ ha votato compatta per una no-fly zone. Una menzogna; solo 11 membri su 22 erano presenti alla votazione; sei sono membri del Gulf Cooperation Council (GCC) di cui l’Arabia Saudita è leader. La casa saudita doveva solo convincere altri tre. La Siria e l’Algeria erano contrarie. Risultato: solo 9 dei 22 paesi arabi hanno votato per la no-fly zone.

L’Arabia Saudita ora può anche ordinare al capo della GCC, Abdulrahman al-Attiyah di dire con faccia tosta che “il sistema libico ha perso la propria legittimità”. Per quanto riguarda la “legittima” casa saudita e i al-Khalifas nel Bahrain, qualcuno dovrebbe portarli alla Hall of Fame Umanitaria.

Il Qatar

Il paese anfitrione dei campionati mondiali di calcio del 2022 sa bene come concludere un affare. I suoi Mirage aiutano a bombardare la Libia e nel frattempo Doha si prepara a commerciare il petrolio della Libia orientale. Il Qatar ha prontamente riconosciuto, primo tra i paesi arabi, la legittimità del governo dei ‘ribelli’ libici solo il giorno dopo essersi assicurato l’affare del commercio del petrolio.

I ‘ribelli’

Nonostante le meritevoli aspirazioni democratiche del movimento giovanile libico, il gruppo di opposizione più organizzato rimane il Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia, da anni finanziato dalla casa saudita, dalla CIA e dall’intelligence francese. Il ‘Consiglio Provvisorio di Transizione Nazionale’ non è altro che il buon vecchio Fronte Nazionale con il contributo di qualche defezionario tra i militari. Ecco l’élite dei ‘civili innocenti’ che la “coalizione” sta “proteggendo”.

Al momento giusto, il ‘Consiglio Provvisorio di Transizione’ ha trovato un nuovo ministro della finanza, l’economista di formazione statunitense Ali Tarhouni. Egli ha rivelato che un gruppo di paesi occidentali ha concesso loro credito sostenuto dal fondo sovrano della Libia, e i britannici hanno permesso loro di accedere a fondi di Gheddafi per un totale di 1.1 miliardi di dollari. Questo significa che il consorzio anglo-franco-americano e ora la NATO devono spendere solo per le bombe. Di tutti i raggiri della guerra questo è impareggiabile; l’Occidente utilizza denaro libico per finanziare un gruppo di opportunisti ribelli libici per combattere contro il governo libico. Inoltre gli americani, gli inglesi e i francesi adorano questi bombardamenti. I neo-con devono essere su tutte le furie; come ha fatto il precedente segretario alla Difesa americano Paul Wolfowitz a non farsi venire un’idea del genere per la guerra in Iraq nel 2003?

I francesi

Oh là là, questo potrebbe essere materiale degno di un romanzo proustiano. La più esclusiva collezione di primavera nelle passerelle di Parigi è lo show della moda di Sarkozy – un modello no-fly zone accessoriato di aerobombardieri Mirage/Rafale.
Questo show di alta moda è stato ideato da Nouri Mesmari, il capo di protocollo di Gheddafi, che, defezionario, si è rifugiato in Francia dall’ottobre 2010. I servizi segreti italiani hanno rivelato a media selezionati come ha fatto. Il ruolo del DGSE, il servizio segreto francese, è stato più o meno spiegato nel sito a pagamento Maghreb Confidential.

In sostanza, la rivolta di Bengasi coq au vin è stata preparata a partire da novembre 2010. Gli chef sono stati Mesmari, il colonnello delle forze aeree Abdullah Gehani e il servizio segreto francese. Mesmari è stato nominato il ‘WikiLeaks libico’, perché ha spifferato praticamente ogni segreto militare di Gheddafi. Sarkozy ne è stato felice, infatti prima era furioso perché Gheddafi aveva cancellato i succosi contratti di acquisto di Rafale ( per rimpiazzare i Mirage ora bombardati) e di impianti nucleari francesi.

Questo spiega l’entusiasmo di Sarkozy nel porsi come liberatore degli arabi, è stato il primo leader europeo a riconoscere i ‘ribelli’( con somma ira di molti nella UE) ed è stato il primo a bombardare le forze di Gheddafi.

Questo ci porta al ruolo dello sfacciato filosofo francese Bernard Henri-Levy che sta sfruttando freneticamente i media mondiali per far sapere che è stato lui a telefonare Sarkozy da Bengasi, risvegliandone la vena umanitaria. Quindi o Levy è uno sciocco, oppure fa da utile ciliegina ‘intellettuale’ da aggiungere sulla già pronta torta di bombe.

Il Terminator Sarkozy è inarrestabile. Ha appena avvertito tutti i governanti arabi che rischiano di ritrovarsi bombardati come la Libia casomai dovessero reprimere chi protesta. Ha anche detto che “la prossima” sarà la Costa d’Avorio. Ovviamente, il Bahrain e lo Yemen sono esenti da questi provvedimenti. Per quanto riguarda gli USA, essi stanno di nuovo sostenendo un golpe militare (non ha funzionato con Omar “Sheikh Al-Torture” Suleiman in Egitto; forse funzionerà in Libia)

Al-Qaeda

Riecco il solito spauracchio, sempre utile. Il consorzio anglo-franco-americano, e ora la NATO, combattono assieme (di nuovo) contro al-Qaeda, rappresentata ora da al-Qaeda del Maghreb (AQM).

Il leader ribelle libico Abdel-Hakim al-Hasidi – che ha combattuto insieme ai talebani in Afghanistan – ha ampiamente confermato ai media italiani di aver personalmente reclutato “circa 25” jihaiditi della zona di Derna, nella Libia orientale, per combattere contro gli americani in Iraq; ora “questi si trovano in prima linea a Adjabiya”.

Questo dopo che il presidente del Ciad, Idriss Deby, ha fatto notare che AQM ha rubato gli arsenali militari nella Cirenaica e ora potrebbe essere in possesso di un discreto numero di missili terra-aria. Verso gli inizi di marzo, l’AQM ha sostenuto pubblicamente i ‘ribelli’. Deve essere ricomparso il fantasma di Obama; infatti il Pentagono sta lavorando di nuovo per lui.

I privatizzatori dell’acqua

In Occidente pochi sanno che la Libia, insieme all’Egitto, siede sul Nubian Sandstone Aquifer; cioè, su un oceano d’acqua dolce di enorme valore. Quindi, questa guerra ‘che c'è ma non si vede’ è cruciale per il controllo dell’acqua. Il controllo dell’acquifero non ha prezzo, così come non lo ha il ‘recupero’ delle risorse naturali di valore dalle mani dei ‘selvaggi’.

Il Pipelineistan di acqua – che scorre in profondità sotto il deserto per 4.000 km – è il Great Man-Made River Project (GMMRP) costruito da Gheddafi per 25 miliardi di dollari senza chiedere in prestito dal FMI o dalla Banca Mondiale nemmeno un centesimo (pessimo esempio per il mondo in via di sviluppo). Il GMMRP rifornisce Tripoli, Bengasi e tutta la costa libica. Il totale di acqua stimato dagli scienziati è equivalente al flusso di 200 anni di acqua del Nilo.

Confrontiamo questo dato alle cosiddette tre sorelle – Veolia (prima era Vivendi), Suez Ondeo (prima era Generale des Eaux) e Saur – le aziende francesi che controllano il 40% del mercato globale dell’acqua. È imperativo che l’attenzione venga rivolta all’eventuale bombardamento di queste condutture. Se saranno bombardate, uno scenario estremamente probabile è che ci saranno ricchi contratti per la ‘ricostruzione’ di cui la Francia sarà la beneficiaria. E questo sarà l’ultimo passo verso la totale privatizzazione di questa acqua, tuttora libera. Dalla dottrina dello shock alla dottrina dell’acqua.
Ecco, questa è solo una breve lista dei profittatori, nessuno sa a chi andrà il petrolio. Intanto, lo spettacolo deve continuare ( a suon di bombe). Il miglior affare è sempre la guerra.

di Pepe Escobar

Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MC30Ak01.html

06 aprile 2011

Ripristinare la sovranità economica

VERSO LE BANCHE DI PROPRIETA' DELLO STATO



"E l'ora di dichiarare la sovranità economica dalle banche multinazionali che sono responsabili di gran parte della nostra crisi economica attuale. Ogni anno inviamo oltre un miliardo di dollari di dollari dei contribuenti dell’Oregon a banche estere e multinazionali sotto forma di depositi, solo per vedere che il denaro è investito altrove. È il momento di mettere i nostri soldi a lavorare per gli abitanti dell'Oregon "Rispondendo ad un bisogno non soddisfatto per il credito alle amministrazioni locali, alle imprese e ai consumatori locali, tre stati nel mese scorso hanno prfesentato degli atti per l’introduzione di banche di proprietà statale - Oregon, Washington e Maryland – unendosi a Illinois, Virginia, Massachusetts e Hawaii per portare il numero totale a sette.

Mentre Wall Street riporta profitti da record, le banche locali si dibattono, il credito per le piccole imprese e dei consumatori rimane contratto, ed i governi locali sono in bilico sulla bancarotta. Si parla addirittura di consentire a governi statali di presentare istanza di fallimento, qualcosa che la legislazione vigente vieta. Il governo federale e la Federal Reserve sono riusciti a trovare miliardi di dollari per puntellare le banche di Wall Street che hanno precipitato la crisi del credito, ma non hanno esteso questa generosità per i contribuenti e le amministrazioni locali che sono stati costretti a pagare il conto.

Nel mese di gennaio, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha annunciato (1) che la Fed aveva escluso un piano di salvataggio della banca centrale per i governi statali e locali. Il deficit di bilancio di Stato collettivo per il 2011 è previsto a 140 miliardi di dollari, solo l'1% dei 12.300 miliardi dollari (2) la Fed è riuscita a raggranellare tra liquidità, prestiti a breve termine, e altre condizioni finanziarie per salvare Wall Street. Ma il presidente Bernanke ha detto che la Fed è limitata per statuto dal comprare il debito del governo municipale con scadenza di sei mesi o meno che sia direttamente assistito da imposte o altre entrate assicurate, una forma di debito che rappresenta meno del 2% del mercato globale municipale. I governi statali e municipali, a quanto pare, sono in proprio. (3)

Di fronte all’inazione federale e alla crescente crisi di bilancio locale, un numero crescente di Stati stanno valutando la possibilità di creare proprie banche di proprietà dello Stato, seguendo il modello del North Dakota, l'unico Stato che sembra essere sfuggito indenne alla crisi del credito. La Banca del Nord Dakota (BND) vecchia di 92 anni, attualmente l'unica banca di proprietà statale degli Stati Uniti, ha contribuito a evitare al North Dakota i disastri che incombono sui bilanci di altri Stati. Nel 2009, il North Dakota esibiva il maggiore avanzo di bilancio che avesse mai avuto. La BND contribuisce a finanziare non solo il governo locale ma anche banche e imprese locali, mettendo a disposizione i fondi per i prestiti alle banche commerciali di sostegno al credito delle piccole imprese.

Nell'ultimo mese, tre Stati hanno introdotto atti per le banche di proprietà statale, secondo il modello del Nord Dakota. L'11 gennaio, un disegno di legge per istituire una banca di proprietà statale è stata introdotta nella legislatura dello Stato dell’Oregon (4); Il 13 gennaio, un disegno di legge simile è stato introdotta nello Stato di Washington (discusso in un precedente articolo (5)) E il 4 febbraio, un simile atto è stato introdotto nella legislatura del Maryland (6) per uno studio di fattibilità. Essi si uniscono a Illinois (7), Virginia (8), Hawaii (9) e Massachusetts (10), Che hanno introdotto atti analoghi nel 2010.

Ampio sostegno

Le proposte di legge sono ampiamente sostenute da proprietari di piccole imprese. Il Seattle Times ha segnalato (11) il 3 febbraio che il 79% di 107 imprenditori interpellati dalla Main Street Alliance di Washington, ha sostenuto la proposta di legge dello Stato di Washington. Più della metà ha dichiarato di aver sperimentato una stretta del credito d'affari, e tre quarti di coloro hanno detto che potrebbero creare nuovi posti di lavoro se le loro esigenze di credito fossero soddisfatte. Un sondaggio condotto dalla Main Street Alliance dell’Oregon ha prodotto risultati simili (12). La loro indagine, che ha riguardato 115 aziende in 28 comuni, ha scoperto che due terzi dei piccoli imprenditori avevano ritardato o cancellato espansioni a causa di problemi di credito, al 41 per cento era stato negato il credito; e il 42 per cento avevano visto le loro condizioni di credito peggiorate. Tre quarti degli imprenditori intervistati ha sostenuto la proposta di legge dell'Oregon.

A sostenere l'idea (13) di una banca di proprietà statale è anche il tesoriere dello Stato dell’Oregon Ted Wheeler, con questa versione: egli pensa che l’Oregon può sbloccare una capacità supplementare di prestito in collaborazione con le istituzioni esistenti creando una banca "virtuale". Lo Stato non avrebbe bisogno di costruire nuovo banche di cemento e mattoni che richiedono centinaia di nuovi dipendenti al loro servizio. I nuovi strumenti procurati allo Stato per essere una "banca" potrebbero essere organizzati in modo rapido ed economico attraverso una cornice che lui chiama una "banca virtuale di sviluppo economico". In un editoriale (14) pubblicato su Oregonlive.com il 9 febbraio, ha scritto:

Questo nuovo modello dovrebbe consolidare i vari programmi di prestito per lo sviluppo economico dell'Oregon, e consentire al governo dello Stato di intervenire come partecipante a nuovi prestiti, il che contribuirà a garantire a qualificati cittadini dell'Oregon ulteriori finanziamenti. Abbiamo anche strumenti di investimento strategico, quali l’Oregon Growth Account che potrebbero essere meglio utilizzati come parte di questo quadro.


Le banche "creano" soldi sfruttando il loro capitale (15) nei prestiti. Ad una esigenza patrimoniale dell'8%, possono attirare capitale con un fattore di dodici, purché in grado di attrarre depositi sufficienti (raccolti o presi in prestito) per eliminare i controlli in uscita. Gli Stati danno via questo potere di leveraggio quando hanno messo i loro depositi nelle banche di Wall Street e investito lì i loro capitali.

I governi statali e municipali hanno asset dappertutto riposti in fondi separati per i tempi di congiuntura sfavorevole, che sono in gran parte investiti in banche di Wall Street per un rendimento molto modesto. Allo stesso tempo, gli Stati prendono in prestito da Wall Street a tassi d'interesse molto più alti e devono preoccuparsi di cose come il rating, le tasse in ritardo, e swap su tassi di interesse, che hanno dimostrato di essere investimenti molto buoni per Wall Street e investimenti molto cattivi per i governi locali.

Consolidando la loro attività nelle proprie banche di proprietà statale, i governi statali e locali sono in grado di sfruttare i propri fondi per finanziare le proprie operazioni, e possono fare questo in sostanza senza interessi, dal momento che possiedono la banca e avranno indietro gli interessi. La BND ha contribuito per più di 300 milioni di dollari alle le casse dello Stato negli ultimi dieci anni, un risultato notevole per uno Stato con una popolazione che è meno di un decimo della dimensione della Contea di Los Angeles.

Il crescente movimento per stabilire la sovranità economica locale attraverso le banche di proprietà statale è stata un'iniziativa popolare che è cresciuta spontaneamente in risposta a bisogni non soddisfatti per il credito locale. In Oregon, la spinta è venuta da un gruppo di volontariato attivo chiamato Oregonians for a State Bank (16) in collaborazione con il Working Families Party (17). A Washington, un ruolo importante è stato svolto dal Main Street Alliance, un progetto dell’Alliance for a Just Society (Ex NWFCO) (18). Il principale difensore legislative nello Stato di Washington è il Repubblicano Bob Hasegawa. In Maryland, la campagna è stata avviata dal Center for State Innovation (CSI) (19), con sede nel Wisconsin, in collaborazione con il Service Employees International-Union (SEIU) (20) e la Progressive States Network. Il Progressive Maryland (21) è un sostenitore di primo piano delle ONG. Analisi dettagliate delle iniziative nello Stato di Washington e dell’Oregon e dei loro benefici previsti sono stati effettuati da CSI (22). Per gli sforzi di base in altri Stati e per le petizioni che possono essere firmate, vedere http://publicbankinginstitute.org/state-info.htm.

di Ellen Brown


Ellen Brown è un avvocato e presidente del Public Banking Institute. Ha scritto undici libri, Tra cui Web of Debt: The Shocking Truth About Our Money System and How We Can Break Free (2010).(La ragnatela del debito: la scioccante verità sul nostro sistema monetario e come liberarsene)

05 aprile 2011

L'Unità d'Italia. Verità e falsità.

Mi sono volutamente astenuto dal commentare il 150° compleanno dell'Unità d'Italia, quando le feste e la retorica di quell'evento erano al loro culmine, e le genti italiane, in massima parte, erano sinceramente partecipi nel testimoniare amore a questo paese.

Gli italiani amano l'Italia molto più di quanto loro stessi non vogliano ammettere.

Finita la festa, però, qualche precisazione è bene farla; e non già per alimentare un'inutile polemica fine a se stessa, ma perché non si perda il senso della verità storica e si ristabilisca l'onore e la dignità di coloro ai quali sono stati tolti.

Osservate bene la tabellina sotto (fonte: Il Sole 24 ore del 17-3-2011) ...

Popolazione Debito pubblico Interessi annui Pil Debito/Pil Pil pro capite Interessi/Debito Interessi/Pil Riserve Oro
Milioni Lire Milioni Lire Milioni Lire Lire Milioni Lire
Regno delle due Sicilie 6.970.018 411,5 22,8 2483,4 16,6% 356 5,5% 0,9% 443
Piemonte 4.282.553 1121,4 67,9 1518,3 73,9% 355 6,1% 4,5% 27

... in essa non c'è la retorica della Patria unita, né la poesia sul sangue versato dai martiri del Risorgimento italiano; c'è, invece, il motivo per cui l'Italia s'è fatta, la ragione economica per cui il Piemonte ha fatto invadere il regno dei Borboni da Garibaldi, annettendoselo poi; come si fa con le terre conquistate; come si fa con le aziende scalate.

Quella è la situazione al 1859, due anni prima dell'Unità, e mostra, con la semplice verità dei numeri, cosa c'è dietro quell'idea di Italia che s'è desta e dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa ...

Il Piemonte di Cavour e Vittorio Emanuele II, ha un Pil pro capite simile al regno dei Borboni (... ma non ci avevano detto che al Sud erano morti di fame mentre al Nord erano più ricchi?), ma soprattutto è indebitato fino alla cima dei capelli: 73.9% del Pil, contro il 16.6% del Sud.

E non è tutto: i Borboni hanno 443 milioni di riserve d'oro (poco più del loro debito pubblico ... e, quindi, sono addirittura in attivo), mentre i piemontesi non hanno neanche gli occhi per piangere (27 milioni di riserve d'oro contro 1121.4 milioni di debito pubblico).

Le casse piemontesi sono vuote, Cavour è costretto ad aumentare continuamente le tasse per non fare default, mentre al Sud le tasse sono "leggere", neanche lontanamente paragonabili a quelle piemontesi.

Tutto ciò è il risultato di una politica economica rigorosa, competente ed onesta nelle "Due Sicilie" (... ma non s'era detto che al Sud sono "approssimativi" a causa del retaggio di quella "grossolana" gestione borbonica?), mentre in Piemonte si intrallazza (soprattutto il re) e ci si lancia in folli avventure senza ritorno.

I Savoia hanno speso una fortuna nelle loro guerre (tutte perse) contro l'Austria e si sono dissanguati con la guerra di Crimea; ormai sono nelle mani dei Rothschild che gli hanno prestato montagne di denari e non intendono aggiungere un altro centesimo di prestito a quel debitore che, sempre più speditamente, si avvia verso la bancarotta.

Ed ecco l'idea geniale: invadere ed annettersi il regno delle due Sicilie, appropriarsi di quei 443 milioni di riserve d'oro e, diluire il debito residuo su un Pil maggiore. Dal 73.9% del Pil, il Piemonte può scendere, unendo la contabilità di nord e sud, al 38.3% ... senza considerare l'oro dei Borboni ... Con quell'oro, invece, il debito si riduce fino al 26.5% del Pil.

E' l'uovo di colombo, il colpo di scena che, con un tratto di penna, riaggiusta i numeri. E' come la fusione Telecom-Tim fatta da Tronchetti Provera non molti anni fa; la prima con grandi debiti, la seconda con grande liquidità.

L'idea, manco a dirlo, è dei Rothschild che, allora come adesso, sono specialisti di M&A (Merger and Acquisition) ... scalate, acquisizioni, fusioni etc ...

Questo è il motivo per cui Cavour lancia Garibaldi all'assalto del regno delle due Sicilie, scortato dalla marina inglese (gli inglesi hanno privilegi economici notevoli in Sicilia, che i Borboni intendono "terminare") e preceduto dai corruttori piemontesi che comprano la complicità di politici e generali borbonici.

Solo così i mille garibaldini, in maggioranza avanzi di galera, riescono a vincere le "epiche" battaglie siciliane (Calatafimi e Milazzo) senza quasi combattere: i reggimenti borbonici si ritirano e gli lasciano campo libero.

Ritornate alla tabellina sopra: i piemontesi sono costretti a pagare un tasso di interesse di 60 punti base più alto dei Borboni (6.1% contro 5.5%); in pratica il debito del Sud era considerato "risk-free" ... AAA ... una specie di Bund del tempo, mentre i titoli del debito "nordista" sono assimilabili ai Btp italiani di oggi ... obbligazioni di uno Stato finanziariamente ballerino.

Capite da dove viene l'abitudine a intrallazzare, spendere soldi a vanvera e "creare" mostruosi debiti pubblici che ancora oggi l'Italia unita si porta appresso? Non certo dalla scuola economica del Sud, ma da quel regno di Piemonte intorno al quale l'Italia s'è costruita.

Le finanze del Sud erano solide (considerando le riserve d'oro, addirittura in attivo), le tasse basse e l'economia almeno tanto sviluppata quanto il Nord, se non meglio. Viceversa le finanze del Nord erano disastrate, le tasse proibitive ed in continuo aumento.

Eppure, ancora oggi, c'è sempre qualche commentatore cui fa difetto la storia e l'economia , che racconta la favola che con l'aggregazione al Nord, il Sud si è salvato dalla miseria e dal malgoverno ...

Se non fosse così ignorante, guarderebbe i fatti, ed i fatti sono li e non consentono dubbi: il Sud è stato "scalato", depredato e condotto in condizione di inferiorità con l'annessione forzosa al Nord. Se siamo partiti economicamente pari (ma abbiamo visto che, almeno dal punto di vista finanziario, il Sud era nettamente meglio del Nord) ed adesso siamo "squilibrati" a favore del Nord, non ci vuole un genio per capire che l'Unità d'Italia ha favorito il Nord a danno del Sud.

E questa non è un'opinione, ma matematica.

Amo questo paese che è stato un faro di cultura e civiltà per il mondo, ma detesto questi nuovi italiani ignoranti che gettano un'ombra disonorevole sulla grandezza dei loro antenati. Le bellezze d'Italia, le più grandi del mondo, sono state opera dell'ingegno umano, e se un alieno sbarcasse sulla terra, qui da noi capirebbe chi è l'uomo e cosa è riuscito a fare nei millenni della sua storia.

Le bellezze di quest'Italia, sono state create dagli italiani, non da Dio o la Natura. Venezia e Firenze ti tolgono il fiato per quel che veneziani e fiorentini riuscirono a "creare" su quelle terre, e non già perché un Dio benevolo creò quelle terre meglio di altre.

Roma ti incanta ancora per la maestosità delle sue piazze, i monumenti e i resti del periodo imperiale, non già perché la Natura la dotò di sette colli o di una posizione più favorevole di altre città.

Qui in Italia, l'homo italicus ha superato lo stesso Dio per la potenza del suo ingegno.

Se fossi il presidente di questo paese (cosa che, per mia e vostra fortuna, non avverrà mai) imporrei l'obbligo della "cultura minima": un quoziente minimale di "sapere" che tutti dovrebbero avere, pena la perdita dei diritti civili. Non puoi fregiarti del titolo di "italiano" ... connazionale di Leonardo, Michelangelo o Dante, e poi essere semianalfabeta.

Non puoi vivere immerso nell'energia geniale di migliaia di antenati che hanno stupito l'Universo con opere spettacolari e poi, avere persino difficoltà con la lingua che parli, o vantarti di non avere mai letto un libro o visto un quadro. Puoi farlo se vuoi, ma non puoi avere il diritto di chiamarti "italiano", perché quell'appellativo significa "cultura".

Più che le discutibili guerre risorgimentali, festeggerei l'animo italiano ... quello si è oltre il tempo. Invece dell'Unità d'Italia, celebrerei l'ingegno italiano che, da oltre duemila anni, ha dato a questo pianeta il meglio delle opere dell'uomo.

Il 17 marzo vorrei la Festa d'Italia e, almeno in quel giorno, ognuno dovrebbe sentirsi "spontaneamente costretto" ad andare ad una mostra, o a leggersi un grande libro italiano oppure a studiare la vera storia millenaria di questo paese che fu di grandi uomini. Quel giorno, dovrebbe essere il giorno dell'orgoglio di essere italiani, celebrando la genialità dei nostri predecessori e facendo solenne giuramento di volerli imitare.

E se poi alcuni non ne sentissero l'orgoglio, poco male: in tutte le grandi famiglie ci sono sempre le pecore nere. Volessero anche cambiare nazionalità, facciano pure, dei semianalfabeti questo paese non sente certamente il bisogno. Diventassero pure tedeschi; noi restiamo italiani: testimoni dell'arte, della bellezza e dell'eleganza di un paese che è stato la patria della cultura mondiale.

E se un ministro di questa sciagurata seconda Repubblica, sostiene che "con la cultura non si mangia", questo è, ahimè, il segno più tangibile dell'inarrestabile declino di questa nazione che, dai giganti del passato, è passata in mano ai nani e le ballerine di oggi.

Non a caso oggi vantiamo il 79% di semianalfabeti, indegni di definirsi italiani.

di G. Migliorino

04 aprile 2011

Il miglior affare è sempre la guerra

Bugie, ipocrisia e piani segreti. Ecco i dettagli che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha omesso nell’esporre all’America e al mondo intero la sua dottrina libica . Difficile comprendere cosa succede a causa dei tanti buchi neri che caratterizzano questa splendida piccola guerra che non è una guerra (“un’azione militare a raggio e a tempo limitati” come la definisce la Casa Bianca) e caratterizzata dall’incapacità dell’area progressista di condannare, allo stesso tempo, la crudeltà del regime di Muhammar Gheddafi e i bombardamenti ‘umanitari’ anglo-franco-americani.

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1973 ha operato come un cavallo di Troia, permettendo al consorzio anglo-franco-americano e alla NATO di diventare la forza aerea dell’ONU nel suo sostegno a un’insurrezione armata.

Al di là del fatto che questo accordo non ha niente a che fare con la protezione dei civili, esso è anche assolutamente illegale secondo la legge internazionale. L’implicito obiettivo finale, come a questo punto sa anche il più disperato dei bambini africani, è il cambio di regime.

Il generale canadese Charles Bouchard, a capo della missione libica per conto della NATO, può ribadire quanto vuole che la missione ha come unico obiettivo la difesa dei civili. Eppure quegli ‘innocenti civili’ che guidano carri e imbracciano kalashnikov come un disordinato mucchio selvaggio, di fatto sono soldati in una guerra civile e a questo punto dovrebbero decidere se la NATO deve essere d’ora in poi la loro forza aerea seguendo le orme dell’alleanza anglo-franco-americana. Inoltre, la ‘coalizione dei volenterosi’ che combatte in Libia consiste di soli 12 membri su 28 della NATO più il Qatar. Insomma, questa non è di certo una ‘comunità internazionale’.

Il verdetto finale sulla no-fly zone come da mandato dell’ONU dovrà attendere la nascita di un governo ‘dei ribelli’ alla fine della guerra civile (se finisce presto). Allora sarà possibile analizzare e capire i seguenti punti: se il bombardamento, anche coi missili Tomahawk, era giustificato; il perché i civili della Cirenaica siano stati protetti mentre quelli di Tripoli bombardati; che tipo di gente erano i ‘ribelli’ che sono stati ‘salvati’; se tutto questo era legale, in primo luogo; capire se la risoluzione era una copertura per il cambio di regime; se la storia d’amore tra i ‘rivoluzionari’ libici e l’Occidente finirà in un divorzio sanguinario (ricordate l’Afghanistan?); e quali attori occidentali saranno pronti ad approfittare della ricchezza di una nuova e unificata (forse balcanizzata) Libia.

Per ora, è piuttosto facile capire chi ne trarrà profitto.

Il Pentagono

Il fine settimana scorso, il capo del Pentagono Robert Gates ha dichiarato, riuscendo a rimanere serio, che gli unici regimi repressivi nel Medio Oriente sono l’Iran, la Siria e la Libia. Il Pentagono sta infierendo sull’anello debole, la Libia. Gli altri sono da sempre nella lista neo-con dei cattivi da eliminare. L’Arabia Saudita, lo Yemen, il Bahrain ecc. sono democrazie modello.

Per quanto riguarda questa guerra che ‘c'è ma non si vede’, il Pentagono è riuscito a combatterla due volte, non una. La prima con Africom, creato sotto l’amministrazione Bush, alimentato da quella di Obama e rigettato da dozzine di governi africani, di esperti e di organizzazioni per i diritti umani. Ora la guerra passa attraverso la Nato ovvero sotto il comando del Pentagono sui lacché europei.

Questa è la prima guerra africana di Africom, condotta dal generale Carter Ham nel suo quartier generale non in Africa, ma a Stuttgart, in Germania. Africom, per dirla con Horace Campbell, professore di studi afro-americani e di scienze politiche presso la Syracuse University, è un inganno; “fondamentalmente una copertura per le operazioni dei contractor americani come Dyncorp, MPRI e KBR. I pianificatori militari americani che traggono beneficio dalla politica delle porte girevoli della privatizzazione della guerra sono felici di avere l’opportunità di fornire ad Africom credibilità dietro la facciata dell’intervento in Libia”.

I Tomahawk della Africom hanno anche colpito, in senso metaforico, l’Unione Africana (AU), che, diversamente dalla Lega Araba, non è facile da comprare dall’Occidente. Le monarchie petrolifere arabe hanno tutte brindato al bombardamento, tranne l’Egitto e la Tunisia. Solo cinque paesi africani non sono subordinati ad Africom; la Libia è uno di essi, insieme al Sudan, la Costa d’Avorio, Eritrea e lo Zimbabwe.

NATO

Il piano generale della NATO è di comandare sul mediterraneo e di considerarlo un lago di sua proprietà. Sotto questa ‘ottica’(definizione del Pentagono) il mediterraneo oggigiorno è infinitamente più importante come teatro di guerra dell’AfPak (Afghanistan e Pakistan).

Sui 20 paesi del mediterraneo solo 3 non fanno parte della NATO o non hanno alcuna partnership coi suoi programmi: Libia, Libano e Siria. Senza alcun dubbio la Siria è il prossimo. Il Libano si trova sotto un blocco della NATO dal 2006. Ora il blocco viene applicato alla Libia. Gli Stati Uniti – tramite la NATO – stanno quadrando il cerchio.

Arabia Saudita

Che affare. Il re Abdullah si sbarazza del suo eterno rivali Gheddafi. La casa saudita, in modo abietto, s’inchina agli interessi dell’Occidente. Lo sguardo dell’opinione pubblica mondiale è stato allontanato dall’invasione saudita del Bahrain con l’obiettivo di distruggere un movimento pacifico e legittimo a favore della democrazia.

La casa saudita ha piazzato la storia che ‘la Lega Araba’ ha votato compatta per una no-fly zone. Una menzogna; solo 11 membri su 22 erano presenti alla votazione; sei sono membri del Gulf Cooperation Council (GCC) di cui l’Arabia Saudita è leader. La casa saudita doveva solo convincere altri tre. La Siria e l’Algeria erano contrarie. Risultato: solo 9 dei 22 paesi arabi hanno votato per la no-fly zone.

L’Arabia Saudita ora può anche ordinare al capo della GCC, Abdulrahman al-Attiyah di dire con faccia tosta che “il sistema libico ha perso la propria legittimità”. Per quanto riguarda la “legittima” casa saudita e i al-Khalifas nel Bahrain, qualcuno dovrebbe portarli alla Hall of Fame Umanitaria.

Il Qatar

Il paese anfitrione dei campionati mondiali di calcio del 2022 sa bene come concludere un affare. I suoi Mirage aiutano a bombardare la Libia e nel frattempo Doha si prepara a commerciare il petrolio della Libia orientale. Il Qatar ha prontamente riconosciuto, primo tra i paesi arabi, la legittimità del governo dei ‘ribelli’ libici solo il giorno dopo essersi assicurato l’affare del commercio del petrolio.

I ‘ribelli’

Nonostante le meritevoli aspirazioni democratiche del movimento giovanile libico, il gruppo di opposizione più organizzato rimane il Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia, da anni finanziato dalla casa saudita, dalla CIA e dall’intelligence francese. Il ‘Consiglio Provvisorio di Transizione Nazionale’ non è altro che il buon vecchio Fronte Nazionale con il contributo di qualche defezionario tra i militari. Ecco l’élite dei ‘civili innocenti’ che la “coalizione” sta “proteggendo”.

Al momento giusto, il ‘Consiglio Provvisorio di Transizione’ ha trovato un nuovo ministro della finanza, l’economista di formazione statunitense Ali Tarhouni. Egli ha rivelato che un gruppo di paesi occidentali ha concesso loro credito sostenuto dal fondo sovrano della Libia, e i britannici hanno permesso loro di accedere a fondi di Gheddafi per un totale di 1.1 miliardi di dollari. Questo significa che il consorzio anglo-franco-americano e ora la NATO devono spendere solo per le bombe. Di tutti i raggiri della guerra questo è impareggiabile; l’Occidente utilizza denaro libico per finanziare un gruppo di opportunisti ribelli libici per combattere contro il governo libico. Inoltre gli americani, gli inglesi e i francesi adorano questi bombardamenti. I neo-con devono essere su tutte le furie; come ha fatto il precedente segretario alla Difesa americano Paul Wolfowitz a non farsi venire un’idea del genere per la guerra in Iraq nel 2003?

I francesi

Oh là là, questo potrebbe essere materiale degno di un romanzo proustiano. La più esclusiva collezione di primavera nelle passerelle di Parigi è lo show della moda di Sarkozy – un modello no-fly zone accessoriato di aerobombardieri Mirage/Rafale.
Questo show di alta moda è stato ideato da Nouri Mesmari, il capo di protocollo di Gheddafi, che, defezionario, si è rifugiato in Francia dall’ottobre 2010. I servizi segreti italiani hanno rivelato a media selezionati come ha fatto. Il ruolo del DGSE, il servizio segreto francese, è stato più o meno spiegato nel sito a pagamento Maghreb Confidential.

In sostanza, la rivolta di Bengasi coq au vin è stata preparata a partire da novembre 2010. Gli chef sono stati Mesmari, il colonnello delle forze aeree Abdullah Gehani e il servizio segreto francese. Mesmari è stato nominato il ‘WikiLeaks libico’, perché ha spifferato praticamente ogni segreto militare di Gheddafi. Sarkozy ne è stato felice, infatti prima era furioso perché Gheddafi aveva cancellato i succosi contratti di acquisto di Rafale ( per rimpiazzare i Mirage ora bombardati) e di impianti nucleari francesi.

Questo spiega l’entusiasmo di Sarkozy nel porsi come liberatore degli arabi, è stato il primo leader europeo a riconoscere i ‘ribelli’( con somma ira di molti nella UE) ed è stato il primo a bombardare le forze di Gheddafi.

Questo ci porta al ruolo dello sfacciato filosofo francese Bernard Henri-Levy che sta sfruttando freneticamente i media mondiali per far sapere che è stato lui a telefonare Sarkozy da Bengasi, risvegliandone la vena umanitaria. Quindi o Levy è uno sciocco, oppure fa da utile ciliegina ‘intellettuale’ da aggiungere sulla già pronta torta di bombe.

Il Terminator Sarkozy è inarrestabile. Ha appena avvertito tutti i governanti arabi che rischiano di ritrovarsi bombardati come la Libia casomai dovessero reprimere chi protesta. Ha anche detto che “la prossima” sarà la Costa d’Avorio. Ovviamente, il Bahrain e lo Yemen sono esenti da questi provvedimenti. Per quanto riguarda gli USA, essi stanno di nuovo sostenendo un golpe militare (non ha funzionato con Omar “Sheikh Al-Torture” Suleiman in Egitto; forse funzionerà in Libia)

Al-Qaeda

Riecco il solito spauracchio, sempre utile. Il consorzio anglo-franco-americano, e ora la NATO, combattono assieme (di nuovo) contro al-Qaeda, rappresentata ora da al-Qaeda del Maghreb (AQM).

Il leader ribelle libico Abdel-Hakim al-Hasidi – che ha combattuto insieme ai talebani in Afghanistan – ha ampiamente confermato ai media italiani di aver personalmente reclutato “circa 25” jihaiditi della zona di Derna, nella Libia orientale, per combattere contro gli americani in Iraq; ora “questi si trovano in prima linea a Adjabiya”.

Questo dopo che il presidente del Ciad, Idriss Deby, ha fatto notare che AQM ha rubato gli arsenali militari nella Cirenaica e ora potrebbe essere in possesso di un discreto numero di missili terra-aria. Verso gli inizi di marzo, l’AQM ha sostenuto pubblicamente i ‘ribelli’. Deve essere ricomparso il fantasma di Obama; infatti il Pentagono sta lavorando di nuovo per lui.

I privatizzatori dell’acqua

In Occidente pochi sanno che la Libia, insieme all’Egitto, siede sul Nubian Sandstone Aquifer; cioè, su un oceano d’acqua dolce di enorme valore. Quindi, questa guerra ‘che c'è ma non si vede’ è cruciale per il controllo dell’acqua. Il controllo dell’acquifero non ha prezzo, così come non lo ha il ‘recupero’ delle risorse naturali di valore dalle mani dei ‘selvaggi’.

Il Pipelineistan di acqua – che scorre in profondità sotto il deserto per 4.000 km – è il Great Man-Made River Project (GMMRP) costruito da Gheddafi per 25 miliardi di dollari senza chiedere in prestito dal FMI o dalla Banca Mondiale nemmeno un centesimo (pessimo esempio per il mondo in via di sviluppo). Il GMMRP rifornisce Tripoli, Bengasi e tutta la costa libica. Il totale di acqua stimato dagli scienziati è equivalente al flusso di 200 anni di acqua del Nilo.

Confrontiamo questo dato alle cosiddette tre sorelle – Veolia (prima era Vivendi), Suez Ondeo (prima era Generale des Eaux) e Saur – le aziende francesi che controllano il 40% del mercato globale dell’acqua. È imperativo che l’attenzione venga rivolta all’eventuale bombardamento di queste condutture. Se saranno bombardate, uno scenario estremamente probabile è che ci saranno ricchi contratti per la ‘ricostruzione’ di cui la Francia sarà la beneficiaria. E questo sarà l’ultimo passo verso la totale privatizzazione di questa acqua, tuttora libera. Dalla dottrina dello shock alla dottrina dell’acqua.
Ecco, questa è solo una breve lista dei profittatori, nessuno sa a chi andrà il petrolio. Intanto, lo spettacolo deve continuare ( a suon di bombe). Il miglior affare è sempre la guerra.

di Pepe Escobar

Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MC30Ak01.html