23 luglio 2011

La vogliamo finire con gli indugi?

E’ da quasi vent’anni che ci raccontano balle a non finire; non nel senso che tutto quanto viene detto è pura menzogna, ma si deviano gli obiettivi, si cerca di nascondere quali sono quelli reali. Nel ’92, gli Usa (quelli di Clinton) attaccarono in pieno il regime Dc-Psi in Italia, coadiuvati dalla Confindustria agnelliana, i “poteri forti” sempre in auge, quelli che – tenendo conto che dalla prima rivoluzione industriale siamo passati alla terza ed è trascorso un secolo e mezzo – corrispondono ai cotonieri del sud degli Usa, il cui “seppellimento” (in senso spesso letterale) è stato il vero atto di nascita della potenza Usa. Noi non abbiamo la pretesa di divenire quello che sono diventati gli “oltreatlantici”, ma un bel “seppellimento” di tali “poteri forti” – con i loro corifei pseudo-politici – sarebbe l’autentico toccasana per questo paese.

Invece no, si fanno manovre antipopolari (anti-ceto medio e medio-basso soprattutto). Ci si racconta della speculazione dei cattivi finanzieri, ci si scatena contro la Casta. Quest’ultima va aggredita non tanto nei suoi privilegi, ma nei settori che più sono manutengoli dei poteri forti e degli Usa (quelli di Obama, eredi di quelli di Clinton). Anche vent’anni fa ci si disse (sia chiaro, era in parte vero, non voglio difenderli) che i politici erano tutti ladroni. Si salvarono però i rinnegati, quelli che avevano già negli anni ’70 (anche attraverso opportuni “viaggi”) tradito il loro “campo d’origine”, ma che poterono manifestare apertamente il loro voltafaccia solo al crollo del socialismo e dell’Urss, in casuale ma opportuna coincidenza con l’ascesa degli ambienti statunitensi rappresentati da Clinton.

I rinnegati erano ladroni come gli altri, ma una magistratura addomesticata li salvò (qualche ingenuo, che credé di poterli perseguire, ricevette l’opportuna “lezione”). La magistratura era però strumento d’oltreoceano e dei “poteri forti”, i nostri “cotonieri” che non ricevono mai la lezione definitiva impartita ai “confederati” nel 1861-65. Nei primi anni ’90, il crollo repentino del campo socialista implicò la fretta del “colpo di Stato” mascherato da giustizia e l’altrettanto frettoloso passaggio di campo dei rinnegati (che l’avevano compiuto già da anni, ma si erano tenuti nascosti come fanno tutti i furfanti di bassa tacca). Si presentò questo “naso di Cleopatra”, cioè questo “accidente storico” che fu Berlusconi, e il piano originario fallì. Allora apriti cielo! Vent’anni di inganni e prese in giro. Ogni secondo momento vi era l’ascesa del “fascismo” (berlusconiano), dall’altra parte agivano ancora “comunisti” e “toghe rosse”.

Un rimbecillimento totale, che oggi si ripete con l’attacco alla Casta, fonte di tutti i mali. Nessuna difesa di quest’ultima. Sarei felice se venisse un gruppo politico capace di spazzarla via e di portare i “bivacchi” in Parlamento; non è però questo il reale obiettivo finale. Bisogna spazzare via i nostri cotonieri, bisogna tagliare le unghie ai burattini degli Usa di Obama che, eredi di quelli di Clinton, vogliono ora concludere l’operazione non riuscita allora. Difficile sapere i mezzi adottati per appiattire completamente il nostro premier attuale (non credo per molto tempo ancora), che è ormai ridotto a dire: “non volevo fare questo o quello”, “l’avevo detto che ci si imbarcava male” e cose consimili. Ormai non conta nulla; è tenuto in piedi dalla Casta (in cima alla quale c’è chi non si può nemmeno nominare a dimostrazione di quale democrazia esista oggi in Italia) perché così vuole il “bell’abbronzato”, tenuto conto che non c’è alcun repentino crollo di un (ormai inesistente) polo avverso; di conseguenza, nessuna fretta di approfittare della situazione. Si può procedere con calma, con qualche mese di tempo (o forse qualche settimana o forse molti mesi). Impossibile fare previsioni esatte; l’importante è stavolta preparare bene il “poppolo” a prenderla in c…. senza che arrivino altri “accidenti storici” e si becchino i voti dei “moderati”.

Tanti sono i conniventi: alcuni consapevoli in quanto autentici sicari degli Usa di Obama e dei nostri finanzieri e industriali del piffero, parassiti che bisognerebbe disinfestare come il nord fece con i cotonieri del sud negli Usa ottocenteschi; altri invece sciocchi nel loro opportunismo, tipo i leghisti, pronti a reimboccare la strada giustizialista di vent’anni fa, che non porterà loro nulla di buono. Solo qualche loro personaggio, fattosi fama alla guisa di Erostrato, passerà alla fine con i vincitori (sapete già i nomi di alcuni di questi bei tomi, no?). Perché un altro degli inganni, utili a fregare questo “poppolo” di rincoglioniti, è quello del dissidio nord-sud. Adesso si è trovato il pomo della discordia nella “monnezza”, ma si rinfocolerà sempre l’astio; i “nordici” stufi di certi indubbi comportamenti odiosi dei meridionali, questi ultimi che, altrettanto giustificatamente, avversano gli atteggiamenti di superiorità dei primi. Alla fine, chi metterà tutti d’accordo sarà l’Inno di Mameli, la ritrovata (nella retorica degli affossatori del paese) Unità d’Italia, la Costituzione, che ormai hanno fatto diventare odiosa perché chi la difende è odioso, è ipocrita, ci sta svendendo agli Usa di Obama (e ai “cotonieri” italiani).

Occorre uno sforzo per ripercorrere gli ultimi vent’anni, cercando di riportare alla luce l’attività dei rinnegati e liquidatori del paese, quelli che dovrebbero essere processati per alto tradimento. Occorre riandare agli anni cruciali del dopoguerra, soprattutto al decennio ’70 (perché qui si annida il “serpe” che continua ad avvelenarci). Purtroppo hanno celato tutto dietro spesse cortine fumogene. Cominciamo a lanciare altre ipotesi rispetto a quelle della schiera dei traditori, che in quegli anni prepararono le svolte da cui si è originata l’infezione degli ultimi vent’anni e l’attuale cancrena; azione favorita da un laido ceto intellettuale di “estrema sinistra”, fonte della purulenza che ci avvolge e che trasuda dalla stampa, dall’editoria, dai mass media. Lanciamo sempre il nostro appello favorito : vogliamo infine il Grande Chirurgo, che operi e amputi il paese di tutto il marciume politico e intellettuale. Noi siamo però “piccini”. Cominciamo quindi dal poco, dal mettere ordine in certi eventi.

Smettiamola, se possibile, con questa diffidenza che sta bloccando utili rapporti. Abbiamo provenienze (politiche, ideologiche, ecc.) diverse, ma non sono pochi quelli che avvertono il malanno che ci ha colpiti. E poi, detto esplicitamente: perfino tra coloro, che in fondo si sentono ancora vicini agli Usa, ci sono individui per nulla d’accordo con i farabutti, nostri seviziatori. Abbiamo per troppo tempo agito in modo un po’ manicheo, con mentalità da computer, o sì o no; non è così, siamo entrati in un’epoca di grandi sfumature e di colori cangianti a seconda del tempo “meteorologico” e dell’angolo di incidenza della luce.

di Gianfranco La Grassa -

22 luglio 2011

La “sovranità”, questa sconosciuta

Diciamocelo francamente: nelle differenti nazioni europee, di fronte alla “crisi”, ciascuno scrive e dice la sua sul modo più adeguato per uscirne, ma pressoché inesistenti sono le voci che si ergono per rivendicare la precondizione necessaria per poter dare una parvenza di realizzabilità a qualsiasi delle ‘ricette’ proposte…

Tra costoro vi è difatti chi auspica maggiori dosi di “società civile” e di “democrazia dal basso”, chi rivendica le ragioni del “socialismo”, variamente declinato, chi sostiene invece che dovremmo “decrescere” e “tornare alla natura”, chi addirittura ci ripete che non siamo abbastanza “liberali” e “liberisti”, quindi non sufficientemente “moderni”; chi infine, considera – certo con maggior acume – che, in fondo, questa “crisi” a tutti gli effetti planetaria è “di civiltà”, ma poi, in luogo di una dottrina e un esempio di carattere spirituale, ci sciorina la sua “ideologia religiosa” scambiando la “conversione interiore”, ovvero la metanoia[1], per una facile ricetta politica che d’incanto dovrebbe risolvere tutti i mali: “la soluzione è l’Islam!”, ripetono i fautori del cosiddetto “Islam politico” che tanto da scrivere danno ai cosiddetti “esperti d’Islam”.

Tutti, certo in varia misura, hanno una qualche ragione e colgono alcuni aspetti importanti, ma nelle loro argomentazioni, che è possibile quotidianamente leggere in svariati giornali e siti internet, vi è un grande assente, caduto nell’oblio più profondo: la sovranità.

Sovranità “nazionale” o “continentale” (la differenza non è di mero dettaglio), qui, ai fini del discorso che intendiamo svolgere, poco importa[2]. In primo luogo, manca nella maggioranza delle persone, in Europa, nel cosiddetto “Occidente”, l’anelito ad essere signori sulla propria terra; a non dover rinunciare, a beneficio di estranei, a questa prerogativa; a detenere insomma il possesso delle “chiavi di casa”!

Il nocciolo della questione del “comandare a casa propria” non sta però negli sbrigativi e roboanti termini posti da movimenti “identitari” sorti un po’ dappertutto in Europa dopo la fine del blocco sovietico. Sebbene non sia il caso di liquidare le loro rivendicazioni con la classica spocchia del “radical chic” che ostenta un monopolio della moralità, va detto che tutto il loro infuriarsi contro lo “straniero” è tutto fumo e niente arrosto, perché alla prova dei fatti, anche dove governano loro (vedasi l’Italia, con la Lega Nord) la patria vede crescere esponenzialmente la presenza di stranieri sul proprio territorio, né – ed è la cosa più grave per chi ripete di continuo “padroni casa nostra”! – dice mai mezza parola sulla presenza del suolo patrio di oltre cento basi ed installazioni Usa/Nato. Mai mezza parola, il che è strano davvero, perché non si vorrà certo credere che in Italia, ad esempio, comandino i marocchini (o gli “islamici”, termine appositamente coniato per rinfocolare l’islamofobia)!

Ma questi, come tutti gli altri, sono i politici, gente navigata per tutte le stagioni, che fiuta la rogna insita nel sollevare il problema “basi Usa/Nato in Italia”, per non parlare di tutta quell’influenza a vari livelli stabilita tramite “corporation”, finanza, media e, non ultime, le ambasciate (come dimostrato in questi giorni in Siria, dove il locale ambasciatore statunitense è stato pescato in combutta coi “manifestanti”).

Stabilito che non è né giusto né sostenibile alla prova dei fatti un afflusso di stranieri quale quello che viene sopportato dalle nazioni europee[3], e rilevato che agli occhi dell’immigrato l’Italia, la Spagna, la Francia eccetera esistono solo come “opportunità”, né provoca il lui alcuno sgomento l’attuale condizione di servilismo verso interessi antitetici rispetto a quelli della comunità nazionale che lo ospita (l’ultimo scandalo, in ordine di tempo, è la partecipazione all’aggressione alla Libia), vi è da dire che tutto il bla bla che si fa sulla “uscita dalla crisi” non porterà assolutamente a nulla se non si affronterà per prima cosa l’istanza che sta alla base di un’azione politica fattiva ed incisiva: la questione della sovranità.

Chi dovrebbe però sollevarla una volta per tutte? I politici no di certo, perché in questa situazione ci sguazzano alla perfezione, visto che, quand’anche l’attuale “crisi” si trasformasse in uno “tsunami” essi cadrebbero sempre in piedi, poiché le ricette “lacrime e sangue” sono sempre a carico del gregge da tosare e non a loro carico, rappresentando la tipica casta di “nababbi” rimpinzati a dovere dai loro padroni (la finanza apolide) affinché svolgano fedelmente il compito assegnato loro[4].

Né gli immigrati, come detto, per i quali il problema non sussiste. Vengono in Europa per trarne i maggiori benefici economici e sociali possibili, ma se poi l’Italia o altre nazioni sono delle mere entità geografiche villaneggiate da tutto e tutti ciò non li turba affatto. Anzi, buona parte di costoro s’illude di essere sbarcata nel Paese di Cuccagna della “libertà”, della “democrazia” e dei “diritti umani”, finendo per credere alla propaganda degli stessi che hanno affamato le loro patrie e creato così le premesse per la loro emigrazione!

Rimane, pertanto, l’autoctono, l’italiano, il greco, lo spagnolo, il portoghese eccetera che però è stato “educato” con dosi da cavallo di “antifascismo”, che scavando nel profondo provoca vergogna di se stessi e di quel che di buono è stato fatto, se non addirittura “odio di sé” e delle proprie origini[5]. Il prodotto di un simile certosino condizionamento induce i più a credere che la pretesa di vivere in una nazione sovrana ineluttabilmente proporrebbe una riedizione del “male assoluto” dell’era contemporanea... In questo clima malato, siamo certi che un governo che, chissà per quale miracolo, riprendesse le redini della politica monetaria e delle sue forze armate verrebbe immediatamente tacciato di “fascismo”, eppure ciò è una cosa ben strana, perché tra le prerogative della sovranità vi sono appunto il “battere moneta” e il “monopolio della forza”! Invece, nelle odierne liberal-democrazie la moneta è in mano a noti – e ripetiamo noti - privati che la prestano allo Stato ad interessi usurai, mentre le forze armate, con la scusa della “guerra al terrorismo” (“islamico”!), sono utilizzate da un capo all’altro del mondo – con costi sempre più elevati per la comunità nazionale – a difesa degli interessi della medesima genia di sfruttatori del genere umano che campa sull’usura. Attività che, è doveroso ricordarlo, è stata interdetta da tutte le tradizioni ortodosse, compresa quella islamica, ed è anche per questo che si dannano così tanto per presentare male l’Islam e il Corano…

Rebus sic stantibus, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo eccetera sono delle mere finzioni, o convenzioni, dato che nessuno governo “italiano”, “spagnolo”, “greco”, “portoghese” eccetera è in grado – quand’anche lo volesse – di far valere la sovranità nazionale, in qualsiasi campo d’interesse pubblico. Questi “governi nazionali” convenzionali sono insediati (votati dagli allocchi e da chi ha un interesse clientelistico) solo per far sì che la massa bovina venga vessata dalla mattina alla sera, spolpata con tasse e balzelli sempre più esosi, ingabbiata con una rete capillare di leggi sempre più incomprensibili e promulgate ad un ritmo parossistico; il che, se si aggiunge allo scollamento sociale provocato anche dall’eccesso di immigrati sul suolo nazionale (ma anche dal disastro di civiltà in atto), configura una situazione in cui non è eccessivo affermare che i “governi nazionali” sono messi lì per fare sistematicamente la guerra alle popolazioni da essi “governati”.

E se anche un sussulto di dignità provenisse da un “pazzo” emerso dalla servile classe dirigente, subito il circo mediatico, questa autentica macchina da guerra in mano agli stessi potenti apolidi usurai, si metterebbe a screditarlo come “fascista”. Quel che è più tragico, è che buona parte della popolazione autoctona, come anzidetto “educata” a dovere, si accoderebbe volentieri alle lagnanze dei “media internazionali”, di cui esiste sempre una voce in loco pronta a recepirne le grida.

Eppure, a tutti costoro, “campioni di moralità”, andrebbe una buona volta ricordato come sia impossibile realizzare alcunché – anche i loro strampalati deliri utopistici – se manca il prerequisito necessario per svolgere un’azione politica fattiva: la sovranità.

S’immagini infatti un corpo umano in cui alcune parti venissero in qualche modo eterodirette: la mente dice di fare una cosa (“prendi il bicchiere”), ma la mano destra lo prende e lo getta a terra perché è governata da altri. Che cosa accadrebbe? Un uomo ridotto a questo livello impazzirebbe in poche ore. Oppure si pensi ad una persona che prima di fare qualsiasi cosa debba rispondere ad un’altra: se tra queste vi fosse anche il respirare e quella glielo impedisse, certamente soffocherebbe all’istante. Oppure, per cambiare metafora, parimenti calzante, si pensi a una casa nella quale ci appassioniamo per la scelta del mobilio, della tappezzeria e del colore delle pareti (le elezioni e le “opinioni politiche”, in pratica), ma di cui non possediamo le chiavi!

Tutte situazioni palesemente assurde, per chiunque, ma quando si tratta di passare alla politica, analoga constatazione non desta alcuno scandalo. Ciò in parte è dovuto ai condizionamenti “culturali”: decenni di “rieducazione” hanno scavato in profondo; per di più la “brutta fine” di chi ha provato ogni tanto ad alzare la testa non induce all’eroismo… Inoltre, il “clima” liberal-democratico infonde uno stato d’animo alieno rispetto a qualsiasi aspirazione alla sovranità, perché – come più volte ho rilevato – una civiltà la si misura essenzialmente nel “tipo umano” che essa forgia.

E qui ci avviciniamo al punto centrale della “questione sovranità”. Il mondo moderno, quello della liberal-democrazia (libertà, democrazia, diritti umani) è per prima cosa un sistema di vita informato secondo valori atei, che prescindono dall’esistenza di un Principio assoluto, dunque invertiti rispetto a quelli che sono i cosiddetti “valori tradizionali”. L’uomo moderno, che si compiace della sua “modernità” è un tipo umano che per prima cosa diverge da se stesso, per questo cerca costantemente il di-vertimento.

Ora, divergere da se stessi significa abdicare da quell’imprescindibile compito che il Principio, il Creatore di tutte le cose, Allâh, ha indicato all’uomo nel Libro sacro (il Corano) e nell’esempio virtuoso[6] del Suo Inviato (Muhammad) affinché egli possa fare ritorno a Lui, ed in pratica conoscere se stesso: “Chi conosce se stesso conosce il suo Signore”, recita un noto hadîth. L’uomo realizzato è essenzialmente sovrano.

Ma a chi interessa oggi essere sovrani di se stessi? Giungere a questo punto significa annullare il proprio sé egoistico, ridursi a uno zero, come concordano tutti i saggi dell’Islam, e non solo, per realizzare l’Uno. Questa “grande vittoria” è alla portata solo di pochissimi eletti, ma tutti gli altri – me compreso! - hanno quantomeno il dovere di tendere verso questo scopo, che è la signoria, la sovranità interiore. Sayyid, letteralmente “signore”, da cui Sayyidî (o Sîdî, “mio Signore”) è appunto il “santo dell’Islam”, perché egli ha conosciuto il suo Signore, pertanto solo questo “vero uomo” ha le credenziali per essere chiamato a sua volta “mio signore” dagli altri.

Intendiamoci, non si tratta di una passeggiata, perché l’ascesi è quanto di più selettivo possa esserci, il resto potendosi contraffare in tanti modi: la vera “élite” è difatti solo spirituale, mentre le altre “élite”, da quella del denaro a quella della “cultura” eccetera, sono solo contraffazioni consone all’epoca “oscura” in cui viviamo.

Certamente, un’epoca abitata da uomini che non ne vogliono sapere di conoscere il loro Signore, di ripristinare la signoria interiore, ma anzi si “ribellano” pervicacemente, non può distinguersi per un anelito alla sovranità della propria patria: l’indifferenza verso la sovranità politica è specchio di quella per la sovranità interiore…

Oggi, la maggioranza degli uomini cosiddetti “moderni” preferiscono mettersi una delle innumerevoli “maschere sociali” e recitare così una “parte” per tutta la loro vita; ma i sîdî, i mawlâ[7], hanno smesso ogni maschera scoprendo la loro vera essenza.

Perciò, un sano anelito alla sovranità (nazionale, o continentale) non può sorgere da individui in preda alle proprie passioni, immersi nel mondo della dispersione dalla mattina alla sera (e anche quando dormono!), ma solo da coloro che hanno realizzato la loro sovranità interiore per “vivere nella verità”. E certo non promana dalla verità il vivere perennemente sotto un giogo straniero, per di più se esso porta le insegne dell’usura e del traviamento degli esseri umani finalizzato a trasformare in carbone per l’Inferno le loro esistenze…

Ma quanti sono, oggi, i “signori”, i sîdî? Pochissimi, certo, né il loro compito è quello di far “politica”, così com’è inteso oggi il termine. Essi devono solo guidare gli altri uomini, indicare loro la “via”.

Tuttavia, se un numero sempre maggiore di persone, di fronte al nulla del “mondo moderno”, si renderà conto che così non è possibile andare avanti, ma è necessario affidarsi ad una “guida” per scoprire il cammino che conduce alla signoria interiore, ciò avrà senz’altro delle implicazioni anche sulla sovranità esteriore, perché la l’anelito all’autorealizzazione e l’accettazione delle convenzioni e delle falsità che sostengono l’attuale “mondo moderno” non possono andare d’accordo. Tra queste falsità vi è appunto l’idea che non si possa vivere in una nazione sovrana (preludio di uno spazio sovranazionale) senza precipitare nuovamente nel “male assoluto”.

È tempo di svegliarsi. Di uscire da quest’illusione senza speranza. È ora di smettere di aver paura e di essere finalmente uomini. Ma per far ciò bisogna affidarsi a chi è uscito dallo stato di sonno nel quale noialtri, gente comune, siamo immersi. Questa è la precondizione per far sì che anche un sano anelito alla sovranità esteriore, nei suoi aspetti fondamentali e, in fondo, “tradizionali”[8], possa riecheggiare nei nostri cuori e nelle nostre menti, facendo piazza pulita degli “idoli” del mondo interno, prima, del mondo esterno, poi (la “democrazia”, la “libertà”, i “diritti umani”, l’America, l’Occidente…)[9].

di Enrico Galoppini



[1] Conversione spirituale, ravvedimento unito a pentimento, che implica un cambiamento radicale di vita.

[2] Non è questa la sede per entrare nel dettaglio, ma basti osservare che anche una rapida osservazione di tipo storico e geopolitico degli eventi del passato c’insegna che “sovrane” possono diventarlo sono le entità sovranazionali di carattere imperiale, perché sono le sole a poter disporre dei fattori di carattere politico, demografico, economico, militare e, soprattutto, spirituale, che configurano un’autentica sovranità rispetto alle entità confinanti. Anche nell’epoca moderna, gli espansionismi di iniziali Stati-nazione moderni come l’Inghilterra, la Francia o l’Italia si sono risolti nella formazione (o nel tentativo frustrato da una sconfitta militare) di entità sovranazionali di tipo imperiale. Questo per dire che la mera “sovranità nazionale” può essere solo una base, ma non è sufficiente per risolvere la questione della sovranità stessa, altrimenti dovremmo dar ragione a tutti quegli indipendentismi sempre più diffusi nel mondo che per ogni “popolo” rivendicano un effimero “Stato indipendente e sovrano”.

[3] I soloni che pontificano sulle virtù della “società multietnica” abitano quasi tutti in zone altolocate e nient’affatto “multicolori” delle varie città europee.

[4] Dall’arabo nâ’ib (pl. nuwwâb): “rappresentante”, “colui che fa le veci”, “sostituto”, quindi “deputato”; il che ci riporta all’India dominata e rovinata dall’Inghilterra, dove a gestire gli affari locali per conto della City di Londra venivano posti compiacenti “signorotti” indiani adeguatamente pasciuti; questo, in pratica il tanto decantato “governo indiretto” britannico (indirect rule) addotto ad esempio di “efficienza”: lo stesso massimo risultato col minimo sforzo raccolto nelle nazioni europee conquistate dopo il 1945, dove i militari statunitensi e gli agenti della City non si fanno accuratamente vedere in giro per non destare sospetti.

[5] L’opera di condizionamento sistematico delle popolazioni “occidentali” è infatti di tipo psicologico: di qui il trionfo della psicanalisi e l’adozione di tecniche di condizionamento mentale in ogni campo, non ultimo quella della cosiddetta “informazione”, prodotta da squadre di esperti che conoscono bene le tecniche di manipolazione psicologica.

[6] Il termine “virtuoso” deriva dal latino vir, “uomo”: il vero “uomo”, l’uomo “virile”, è quello che, attraverso le “virtù” (che coincidono con le qualità dei 99 Nomi Bellissimi di Allâh!), ha realizzato la perfezione, giungendo alla Stazione più elevata cui possa aspirare. Gli altri possono solo seguirne l’esempio, rivivificato da quello dei Maestri viventi.

[7] Per una spiegazione del termine mawlâ, importante anche nella logica di questo discorso sulla “sovranità”, rimando al mio La via dell’Inferno è lastricata di “proteste”: http://europeanphoenix.net/it/index.php?option=com_content&view=article&id=80&catid=3.

[8] S’è mai visto un “Califfato”, un “Impero di Mezzo” o un qualsiasi altro Impero concepito come un’entità non sovrana?

[9] Il simbolismo della distruzione degli idoli contenuti nella Ka‘ba – simbolo del “cuore” - da parte del Profeta dell’Islam, una volta conquistata Mecca, è eloquente. Prima il jihâd interiore, poi quello esteriore, e la riconquista, a tutti gli effetti, della sovranità in entrambi i domini.

21 luglio 2011

Il peso delle Regioni tra stipendi d’oro e mega consulenze


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Secondo copione, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha accusato il governo di scaricare sulle Regioni poco meno di metà dei costi della manovra. E ha minacciato (i cittadini): così ci saranno meno sanità pubblica, meno trasporti pubblici, meno aiuti alle imprese. Secondo copione, nessuno guarda in casa propria per verificare se tutto è a posto, prima di danneggiare i cittadini. E le Regioni italiane — con i dovuti distinguo — l’occhio sui propri conti avrebbero dovuto metterlo da molti anni. Magari è folklore ricordare certe spese pagate dalla collettività appena pochi anni fa: 75 mila euro, in Veneto, per uno studio sullo «sviluppo del turismo congressuale verso forme di organizzazione e gestione evolute» , 10 mila euro in Toscana per una consulenza «in materia di procedure di acquisto di beni di rappresentanza» , 192 mila euro in Campania per un «team di animatrici di pari opportunità» . È folklore ricordare — come fa il giornalista Mario Giordano — che presso la Regione Lazio, anno 2009 (era Marrazzo), furono spesi 6 mila euro di caffè per le riunioni di giunta, molte tazzine per ciascun assessore. Più sostanziale è la notizia che la Regione Sicilia ha più di 19 mila dipendenti, ognuno dei quali costa in media 43 mila euro l’anno (il 40 per cento in più dei ministeriali romani). Il governatore della Sicilia, Lombardo, ha annunciato pochi giorni fa, su Libero, che non aspetterà una legge nazionale per abolire le sue Province, ma lo farà «subito» , in virtù dello statuto speciale che regola la sua Regione. Solo che lo stesso identico annuncio lo aveva fatto alla fine della scorsa estate. A proposito di Lombardo: come presidente guadagna al netto il doppio dei 7787 euro (lordi) che prendono in media i governatori degli Stati americani. Il più pagato è il governatore dello Stato di New York che con i suoi 10.612 euro lordi guadagna meno di un deputato regionale sardo (11.417 netti) o del presidente della giunta calabrese (13.353 netti). La Regione che ha meno abitanti è il Molise (320 mila circa), governato dal 2001 da Michele Iorio (Pdl), e il Molise ha in proporzione il più alto numero di dipendenti: 2,79 ogni mille abitanti contro lo 0,39 in Lombardia, lo 0,59 del Veneto. I «regionali» molisani sono 981 e cento sono dirigenti. Nel Lazio, invece, c’è il record di commissioni consiliari: sono 20 contro otto della Lombardia, che ha il doppio degli abitanti. Le commissioni, alla Regione ora amministrata da Renata Polverini, costano 7 milioni l’anno e ogni presidente di commissione aggiunge mille euro ai 10 mila netti che percepisce ogni mese. I vicepresidenti, che sono 38, aggiungono soltanto 700 euro al mese. Nel Lazio 71 consiglieri, 20 commissioni, 17 gruppi consiliari (8 dei quali composti da un solo eletto) sono costati, secondo il bilancio dello scorso anno, 131 milioni 406 mila euro, con una crescita, rispetto all’anno precedente, di 15 milioni. Nel Lazio bastano 50 anni per cominciare a incassare il vitalizio che spetta di diritto anche a chi abbia concluso un mandato in consiglio regionale. Nel 2010 per 220 vitalizi Polverini ha visto volar via oltre 16 milioni di euro. Sempre il Lazio ha il record della spesa-clou delle Regioni, la spesa sanitaria. Per ogni cittadino la regione della capitale spende 3349 euro, seguito da Abruzzo (3239), Calabria (3.090), mentre sul fronte dei più misurati stanno la Basilicata (1616), il Veneto (1665), la Puglia (1734). Entrando nel merito delle prestazioni si può ricordare che l’Emilia Romagna ha un centro unico che fa milioni di analisi l’anno al costo medio di 50 centesimi l’una, mentre in Campania, nei 1200 centri privati convenzionati, le stesse analisi pesano per 6-7 euro l’una. Le amministrazioni locali costano allo Stato quasi 150 miliardi della Cgia di Mestre, fra il 2001 e il 2008, le Regioni avevano aumentato le spese del 47,7 per cento. «Ministeri, Parlamento, Regioni, Province Comuni, tutte le pubbliche amministrazioni — ha detto in questi giorni David Ermini, presidente del Consiglio provinciale di Firenze— dovrebbero osservare dove sono le spese improduttive e tagliarle di netto. Smettendo di rinfacciarsi pateticamente le responsabilità» .
di A. Gar.

23 luglio 2011

La vogliamo finire con gli indugi?

E’ da quasi vent’anni che ci raccontano balle a non finire; non nel senso che tutto quanto viene detto è pura menzogna, ma si deviano gli obiettivi, si cerca di nascondere quali sono quelli reali. Nel ’92, gli Usa (quelli di Clinton) attaccarono in pieno il regime Dc-Psi in Italia, coadiuvati dalla Confindustria agnelliana, i “poteri forti” sempre in auge, quelli che – tenendo conto che dalla prima rivoluzione industriale siamo passati alla terza ed è trascorso un secolo e mezzo – corrispondono ai cotonieri del sud degli Usa, il cui “seppellimento” (in senso spesso letterale) è stato il vero atto di nascita della potenza Usa. Noi non abbiamo la pretesa di divenire quello che sono diventati gli “oltreatlantici”, ma un bel “seppellimento” di tali “poteri forti” – con i loro corifei pseudo-politici – sarebbe l’autentico toccasana per questo paese.

Invece no, si fanno manovre antipopolari (anti-ceto medio e medio-basso soprattutto). Ci si racconta della speculazione dei cattivi finanzieri, ci si scatena contro la Casta. Quest’ultima va aggredita non tanto nei suoi privilegi, ma nei settori che più sono manutengoli dei poteri forti e degli Usa (quelli di Obama, eredi di quelli di Clinton). Anche vent’anni fa ci si disse (sia chiaro, era in parte vero, non voglio difenderli) che i politici erano tutti ladroni. Si salvarono però i rinnegati, quelli che avevano già negli anni ’70 (anche attraverso opportuni “viaggi”) tradito il loro “campo d’origine”, ma che poterono manifestare apertamente il loro voltafaccia solo al crollo del socialismo e dell’Urss, in casuale ma opportuna coincidenza con l’ascesa degli ambienti statunitensi rappresentati da Clinton.

I rinnegati erano ladroni come gli altri, ma una magistratura addomesticata li salvò (qualche ingenuo, che credé di poterli perseguire, ricevette l’opportuna “lezione”). La magistratura era però strumento d’oltreoceano e dei “poteri forti”, i nostri “cotonieri” che non ricevono mai la lezione definitiva impartita ai “confederati” nel 1861-65. Nei primi anni ’90, il crollo repentino del campo socialista implicò la fretta del “colpo di Stato” mascherato da giustizia e l’altrettanto frettoloso passaggio di campo dei rinnegati (che l’avevano compiuto già da anni, ma si erano tenuti nascosti come fanno tutti i furfanti di bassa tacca). Si presentò questo “naso di Cleopatra”, cioè questo “accidente storico” che fu Berlusconi, e il piano originario fallì. Allora apriti cielo! Vent’anni di inganni e prese in giro. Ogni secondo momento vi era l’ascesa del “fascismo” (berlusconiano), dall’altra parte agivano ancora “comunisti” e “toghe rosse”.

Un rimbecillimento totale, che oggi si ripete con l’attacco alla Casta, fonte di tutti i mali. Nessuna difesa di quest’ultima. Sarei felice se venisse un gruppo politico capace di spazzarla via e di portare i “bivacchi” in Parlamento; non è però questo il reale obiettivo finale. Bisogna spazzare via i nostri cotonieri, bisogna tagliare le unghie ai burattini degli Usa di Obama che, eredi di quelli di Clinton, vogliono ora concludere l’operazione non riuscita allora. Difficile sapere i mezzi adottati per appiattire completamente il nostro premier attuale (non credo per molto tempo ancora), che è ormai ridotto a dire: “non volevo fare questo o quello”, “l’avevo detto che ci si imbarcava male” e cose consimili. Ormai non conta nulla; è tenuto in piedi dalla Casta (in cima alla quale c’è chi non si può nemmeno nominare a dimostrazione di quale democrazia esista oggi in Italia) perché così vuole il “bell’abbronzato”, tenuto conto che non c’è alcun repentino crollo di un (ormai inesistente) polo avverso; di conseguenza, nessuna fretta di approfittare della situazione. Si può procedere con calma, con qualche mese di tempo (o forse qualche settimana o forse molti mesi). Impossibile fare previsioni esatte; l’importante è stavolta preparare bene il “poppolo” a prenderla in c…. senza che arrivino altri “accidenti storici” e si becchino i voti dei “moderati”.

Tanti sono i conniventi: alcuni consapevoli in quanto autentici sicari degli Usa di Obama e dei nostri finanzieri e industriali del piffero, parassiti che bisognerebbe disinfestare come il nord fece con i cotonieri del sud negli Usa ottocenteschi; altri invece sciocchi nel loro opportunismo, tipo i leghisti, pronti a reimboccare la strada giustizialista di vent’anni fa, che non porterà loro nulla di buono. Solo qualche loro personaggio, fattosi fama alla guisa di Erostrato, passerà alla fine con i vincitori (sapete già i nomi di alcuni di questi bei tomi, no?). Perché un altro degli inganni, utili a fregare questo “poppolo” di rincoglioniti, è quello del dissidio nord-sud. Adesso si è trovato il pomo della discordia nella “monnezza”, ma si rinfocolerà sempre l’astio; i “nordici” stufi di certi indubbi comportamenti odiosi dei meridionali, questi ultimi che, altrettanto giustificatamente, avversano gli atteggiamenti di superiorità dei primi. Alla fine, chi metterà tutti d’accordo sarà l’Inno di Mameli, la ritrovata (nella retorica degli affossatori del paese) Unità d’Italia, la Costituzione, che ormai hanno fatto diventare odiosa perché chi la difende è odioso, è ipocrita, ci sta svendendo agli Usa di Obama (e ai “cotonieri” italiani).

Occorre uno sforzo per ripercorrere gli ultimi vent’anni, cercando di riportare alla luce l’attività dei rinnegati e liquidatori del paese, quelli che dovrebbero essere processati per alto tradimento. Occorre riandare agli anni cruciali del dopoguerra, soprattutto al decennio ’70 (perché qui si annida il “serpe” che continua ad avvelenarci). Purtroppo hanno celato tutto dietro spesse cortine fumogene. Cominciamo a lanciare altre ipotesi rispetto a quelle della schiera dei traditori, che in quegli anni prepararono le svolte da cui si è originata l’infezione degli ultimi vent’anni e l’attuale cancrena; azione favorita da un laido ceto intellettuale di “estrema sinistra”, fonte della purulenza che ci avvolge e che trasuda dalla stampa, dall’editoria, dai mass media. Lanciamo sempre il nostro appello favorito : vogliamo infine il Grande Chirurgo, che operi e amputi il paese di tutto il marciume politico e intellettuale. Noi siamo però “piccini”. Cominciamo quindi dal poco, dal mettere ordine in certi eventi.

Smettiamola, se possibile, con questa diffidenza che sta bloccando utili rapporti. Abbiamo provenienze (politiche, ideologiche, ecc.) diverse, ma non sono pochi quelli che avvertono il malanno che ci ha colpiti. E poi, detto esplicitamente: perfino tra coloro, che in fondo si sentono ancora vicini agli Usa, ci sono individui per nulla d’accordo con i farabutti, nostri seviziatori. Abbiamo per troppo tempo agito in modo un po’ manicheo, con mentalità da computer, o sì o no; non è così, siamo entrati in un’epoca di grandi sfumature e di colori cangianti a seconda del tempo “meteorologico” e dell’angolo di incidenza della luce.

di Gianfranco La Grassa -

22 luglio 2011

La “sovranità”, questa sconosciuta

Diciamocelo francamente: nelle differenti nazioni europee, di fronte alla “crisi”, ciascuno scrive e dice la sua sul modo più adeguato per uscirne, ma pressoché inesistenti sono le voci che si ergono per rivendicare la precondizione necessaria per poter dare una parvenza di realizzabilità a qualsiasi delle ‘ricette’ proposte…

Tra costoro vi è difatti chi auspica maggiori dosi di “società civile” e di “democrazia dal basso”, chi rivendica le ragioni del “socialismo”, variamente declinato, chi sostiene invece che dovremmo “decrescere” e “tornare alla natura”, chi addirittura ci ripete che non siamo abbastanza “liberali” e “liberisti”, quindi non sufficientemente “moderni”; chi infine, considera – certo con maggior acume – che, in fondo, questa “crisi” a tutti gli effetti planetaria è “di civiltà”, ma poi, in luogo di una dottrina e un esempio di carattere spirituale, ci sciorina la sua “ideologia religiosa” scambiando la “conversione interiore”, ovvero la metanoia[1], per una facile ricetta politica che d’incanto dovrebbe risolvere tutti i mali: “la soluzione è l’Islam!”, ripetono i fautori del cosiddetto “Islam politico” che tanto da scrivere danno ai cosiddetti “esperti d’Islam”.

Tutti, certo in varia misura, hanno una qualche ragione e colgono alcuni aspetti importanti, ma nelle loro argomentazioni, che è possibile quotidianamente leggere in svariati giornali e siti internet, vi è un grande assente, caduto nell’oblio più profondo: la sovranità.

Sovranità “nazionale” o “continentale” (la differenza non è di mero dettaglio), qui, ai fini del discorso che intendiamo svolgere, poco importa[2]. In primo luogo, manca nella maggioranza delle persone, in Europa, nel cosiddetto “Occidente”, l’anelito ad essere signori sulla propria terra; a non dover rinunciare, a beneficio di estranei, a questa prerogativa; a detenere insomma il possesso delle “chiavi di casa”!

Il nocciolo della questione del “comandare a casa propria” non sta però negli sbrigativi e roboanti termini posti da movimenti “identitari” sorti un po’ dappertutto in Europa dopo la fine del blocco sovietico. Sebbene non sia il caso di liquidare le loro rivendicazioni con la classica spocchia del “radical chic” che ostenta un monopolio della moralità, va detto che tutto il loro infuriarsi contro lo “straniero” è tutto fumo e niente arrosto, perché alla prova dei fatti, anche dove governano loro (vedasi l’Italia, con la Lega Nord) la patria vede crescere esponenzialmente la presenza di stranieri sul proprio territorio, né – ed è la cosa più grave per chi ripete di continuo “padroni casa nostra”! – dice mai mezza parola sulla presenza del suolo patrio di oltre cento basi ed installazioni Usa/Nato. Mai mezza parola, il che è strano davvero, perché non si vorrà certo credere che in Italia, ad esempio, comandino i marocchini (o gli “islamici”, termine appositamente coniato per rinfocolare l’islamofobia)!

Ma questi, come tutti gli altri, sono i politici, gente navigata per tutte le stagioni, che fiuta la rogna insita nel sollevare il problema “basi Usa/Nato in Italia”, per non parlare di tutta quell’influenza a vari livelli stabilita tramite “corporation”, finanza, media e, non ultime, le ambasciate (come dimostrato in questi giorni in Siria, dove il locale ambasciatore statunitense è stato pescato in combutta coi “manifestanti”).

Stabilito che non è né giusto né sostenibile alla prova dei fatti un afflusso di stranieri quale quello che viene sopportato dalle nazioni europee[3], e rilevato che agli occhi dell’immigrato l’Italia, la Spagna, la Francia eccetera esistono solo come “opportunità”, né provoca il lui alcuno sgomento l’attuale condizione di servilismo verso interessi antitetici rispetto a quelli della comunità nazionale che lo ospita (l’ultimo scandalo, in ordine di tempo, è la partecipazione all’aggressione alla Libia), vi è da dire che tutto il bla bla che si fa sulla “uscita dalla crisi” non porterà assolutamente a nulla se non si affronterà per prima cosa l’istanza che sta alla base di un’azione politica fattiva ed incisiva: la questione della sovranità.

Chi dovrebbe però sollevarla una volta per tutte? I politici no di certo, perché in questa situazione ci sguazzano alla perfezione, visto che, quand’anche l’attuale “crisi” si trasformasse in uno “tsunami” essi cadrebbero sempre in piedi, poiché le ricette “lacrime e sangue” sono sempre a carico del gregge da tosare e non a loro carico, rappresentando la tipica casta di “nababbi” rimpinzati a dovere dai loro padroni (la finanza apolide) affinché svolgano fedelmente il compito assegnato loro[4].

Né gli immigrati, come detto, per i quali il problema non sussiste. Vengono in Europa per trarne i maggiori benefici economici e sociali possibili, ma se poi l’Italia o altre nazioni sono delle mere entità geografiche villaneggiate da tutto e tutti ciò non li turba affatto. Anzi, buona parte di costoro s’illude di essere sbarcata nel Paese di Cuccagna della “libertà”, della “democrazia” e dei “diritti umani”, finendo per credere alla propaganda degli stessi che hanno affamato le loro patrie e creato così le premesse per la loro emigrazione!

Rimane, pertanto, l’autoctono, l’italiano, il greco, lo spagnolo, il portoghese eccetera che però è stato “educato” con dosi da cavallo di “antifascismo”, che scavando nel profondo provoca vergogna di se stessi e di quel che di buono è stato fatto, se non addirittura “odio di sé” e delle proprie origini[5]. Il prodotto di un simile certosino condizionamento induce i più a credere che la pretesa di vivere in una nazione sovrana ineluttabilmente proporrebbe una riedizione del “male assoluto” dell’era contemporanea... In questo clima malato, siamo certi che un governo che, chissà per quale miracolo, riprendesse le redini della politica monetaria e delle sue forze armate verrebbe immediatamente tacciato di “fascismo”, eppure ciò è una cosa ben strana, perché tra le prerogative della sovranità vi sono appunto il “battere moneta” e il “monopolio della forza”! Invece, nelle odierne liberal-democrazie la moneta è in mano a noti – e ripetiamo noti - privati che la prestano allo Stato ad interessi usurai, mentre le forze armate, con la scusa della “guerra al terrorismo” (“islamico”!), sono utilizzate da un capo all’altro del mondo – con costi sempre più elevati per la comunità nazionale – a difesa degli interessi della medesima genia di sfruttatori del genere umano che campa sull’usura. Attività che, è doveroso ricordarlo, è stata interdetta da tutte le tradizioni ortodosse, compresa quella islamica, ed è anche per questo che si dannano così tanto per presentare male l’Islam e il Corano…

Rebus sic stantibus, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo eccetera sono delle mere finzioni, o convenzioni, dato che nessuno governo “italiano”, “spagnolo”, “greco”, “portoghese” eccetera è in grado – quand’anche lo volesse – di far valere la sovranità nazionale, in qualsiasi campo d’interesse pubblico. Questi “governi nazionali” convenzionali sono insediati (votati dagli allocchi e da chi ha un interesse clientelistico) solo per far sì che la massa bovina venga vessata dalla mattina alla sera, spolpata con tasse e balzelli sempre più esosi, ingabbiata con una rete capillare di leggi sempre più incomprensibili e promulgate ad un ritmo parossistico; il che, se si aggiunge allo scollamento sociale provocato anche dall’eccesso di immigrati sul suolo nazionale (ma anche dal disastro di civiltà in atto), configura una situazione in cui non è eccessivo affermare che i “governi nazionali” sono messi lì per fare sistematicamente la guerra alle popolazioni da essi “governati”.

E se anche un sussulto di dignità provenisse da un “pazzo” emerso dalla servile classe dirigente, subito il circo mediatico, questa autentica macchina da guerra in mano agli stessi potenti apolidi usurai, si metterebbe a screditarlo come “fascista”. Quel che è più tragico, è che buona parte della popolazione autoctona, come anzidetto “educata” a dovere, si accoderebbe volentieri alle lagnanze dei “media internazionali”, di cui esiste sempre una voce in loco pronta a recepirne le grida.

Eppure, a tutti costoro, “campioni di moralità”, andrebbe una buona volta ricordato come sia impossibile realizzare alcunché – anche i loro strampalati deliri utopistici – se manca il prerequisito necessario per svolgere un’azione politica fattiva: la sovranità.

S’immagini infatti un corpo umano in cui alcune parti venissero in qualche modo eterodirette: la mente dice di fare una cosa (“prendi il bicchiere”), ma la mano destra lo prende e lo getta a terra perché è governata da altri. Che cosa accadrebbe? Un uomo ridotto a questo livello impazzirebbe in poche ore. Oppure si pensi ad una persona che prima di fare qualsiasi cosa debba rispondere ad un’altra: se tra queste vi fosse anche il respirare e quella glielo impedisse, certamente soffocherebbe all’istante. Oppure, per cambiare metafora, parimenti calzante, si pensi a una casa nella quale ci appassioniamo per la scelta del mobilio, della tappezzeria e del colore delle pareti (le elezioni e le “opinioni politiche”, in pratica), ma di cui non possediamo le chiavi!

Tutte situazioni palesemente assurde, per chiunque, ma quando si tratta di passare alla politica, analoga constatazione non desta alcuno scandalo. Ciò in parte è dovuto ai condizionamenti “culturali”: decenni di “rieducazione” hanno scavato in profondo; per di più la “brutta fine” di chi ha provato ogni tanto ad alzare la testa non induce all’eroismo… Inoltre, il “clima” liberal-democratico infonde uno stato d’animo alieno rispetto a qualsiasi aspirazione alla sovranità, perché – come più volte ho rilevato – una civiltà la si misura essenzialmente nel “tipo umano” che essa forgia.

E qui ci avviciniamo al punto centrale della “questione sovranità”. Il mondo moderno, quello della liberal-democrazia (libertà, democrazia, diritti umani) è per prima cosa un sistema di vita informato secondo valori atei, che prescindono dall’esistenza di un Principio assoluto, dunque invertiti rispetto a quelli che sono i cosiddetti “valori tradizionali”. L’uomo moderno, che si compiace della sua “modernità” è un tipo umano che per prima cosa diverge da se stesso, per questo cerca costantemente il di-vertimento.

Ora, divergere da se stessi significa abdicare da quell’imprescindibile compito che il Principio, il Creatore di tutte le cose, Allâh, ha indicato all’uomo nel Libro sacro (il Corano) e nell’esempio virtuoso[6] del Suo Inviato (Muhammad) affinché egli possa fare ritorno a Lui, ed in pratica conoscere se stesso: “Chi conosce se stesso conosce il suo Signore”, recita un noto hadîth. L’uomo realizzato è essenzialmente sovrano.

Ma a chi interessa oggi essere sovrani di se stessi? Giungere a questo punto significa annullare il proprio sé egoistico, ridursi a uno zero, come concordano tutti i saggi dell’Islam, e non solo, per realizzare l’Uno. Questa “grande vittoria” è alla portata solo di pochissimi eletti, ma tutti gli altri – me compreso! - hanno quantomeno il dovere di tendere verso questo scopo, che è la signoria, la sovranità interiore. Sayyid, letteralmente “signore”, da cui Sayyidî (o Sîdî, “mio Signore”) è appunto il “santo dell’Islam”, perché egli ha conosciuto il suo Signore, pertanto solo questo “vero uomo” ha le credenziali per essere chiamato a sua volta “mio signore” dagli altri.

Intendiamoci, non si tratta di una passeggiata, perché l’ascesi è quanto di più selettivo possa esserci, il resto potendosi contraffare in tanti modi: la vera “élite” è difatti solo spirituale, mentre le altre “élite”, da quella del denaro a quella della “cultura” eccetera, sono solo contraffazioni consone all’epoca “oscura” in cui viviamo.

Certamente, un’epoca abitata da uomini che non ne vogliono sapere di conoscere il loro Signore, di ripristinare la signoria interiore, ma anzi si “ribellano” pervicacemente, non può distinguersi per un anelito alla sovranità della propria patria: l’indifferenza verso la sovranità politica è specchio di quella per la sovranità interiore…

Oggi, la maggioranza degli uomini cosiddetti “moderni” preferiscono mettersi una delle innumerevoli “maschere sociali” e recitare così una “parte” per tutta la loro vita; ma i sîdî, i mawlâ[7], hanno smesso ogni maschera scoprendo la loro vera essenza.

Perciò, un sano anelito alla sovranità (nazionale, o continentale) non può sorgere da individui in preda alle proprie passioni, immersi nel mondo della dispersione dalla mattina alla sera (e anche quando dormono!), ma solo da coloro che hanno realizzato la loro sovranità interiore per “vivere nella verità”. E certo non promana dalla verità il vivere perennemente sotto un giogo straniero, per di più se esso porta le insegne dell’usura e del traviamento degli esseri umani finalizzato a trasformare in carbone per l’Inferno le loro esistenze…

Ma quanti sono, oggi, i “signori”, i sîdî? Pochissimi, certo, né il loro compito è quello di far “politica”, così com’è inteso oggi il termine. Essi devono solo guidare gli altri uomini, indicare loro la “via”.

Tuttavia, se un numero sempre maggiore di persone, di fronte al nulla del “mondo moderno”, si renderà conto che così non è possibile andare avanti, ma è necessario affidarsi ad una “guida” per scoprire il cammino che conduce alla signoria interiore, ciò avrà senz’altro delle implicazioni anche sulla sovranità esteriore, perché la l’anelito all’autorealizzazione e l’accettazione delle convenzioni e delle falsità che sostengono l’attuale “mondo moderno” non possono andare d’accordo. Tra queste falsità vi è appunto l’idea che non si possa vivere in una nazione sovrana (preludio di uno spazio sovranazionale) senza precipitare nuovamente nel “male assoluto”.

È tempo di svegliarsi. Di uscire da quest’illusione senza speranza. È ora di smettere di aver paura e di essere finalmente uomini. Ma per far ciò bisogna affidarsi a chi è uscito dallo stato di sonno nel quale noialtri, gente comune, siamo immersi. Questa è la precondizione per far sì che anche un sano anelito alla sovranità esteriore, nei suoi aspetti fondamentali e, in fondo, “tradizionali”[8], possa riecheggiare nei nostri cuori e nelle nostre menti, facendo piazza pulita degli “idoli” del mondo interno, prima, del mondo esterno, poi (la “democrazia”, la “libertà”, i “diritti umani”, l’America, l’Occidente…)[9].

di Enrico Galoppini



[1] Conversione spirituale, ravvedimento unito a pentimento, che implica un cambiamento radicale di vita.

[2] Non è questa la sede per entrare nel dettaglio, ma basti osservare che anche una rapida osservazione di tipo storico e geopolitico degli eventi del passato c’insegna che “sovrane” possono diventarlo sono le entità sovranazionali di carattere imperiale, perché sono le sole a poter disporre dei fattori di carattere politico, demografico, economico, militare e, soprattutto, spirituale, che configurano un’autentica sovranità rispetto alle entità confinanti. Anche nell’epoca moderna, gli espansionismi di iniziali Stati-nazione moderni come l’Inghilterra, la Francia o l’Italia si sono risolti nella formazione (o nel tentativo frustrato da una sconfitta militare) di entità sovranazionali di tipo imperiale. Questo per dire che la mera “sovranità nazionale” può essere solo una base, ma non è sufficiente per risolvere la questione della sovranità stessa, altrimenti dovremmo dar ragione a tutti quegli indipendentismi sempre più diffusi nel mondo che per ogni “popolo” rivendicano un effimero “Stato indipendente e sovrano”.

[3] I soloni che pontificano sulle virtù della “società multietnica” abitano quasi tutti in zone altolocate e nient’affatto “multicolori” delle varie città europee.

[4] Dall’arabo nâ’ib (pl. nuwwâb): “rappresentante”, “colui che fa le veci”, “sostituto”, quindi “deputato”; il che ci riporta all’India dominata e rovinata dall’Inghilterra, dove a gestire gli affari locali per conto della City di Londra venivano posti compiacenti “signorotti” indiani adeguatamente pasciuti; questo, in pratica il tanto decantato “governo indiretto” britannico (indirect rule) addotto ad esempio di “efficienza”: lo stesso massimo risultato col minimo sforzo raccolto nelle nazioni europee conquistate dopo il 1945, dove i militari statunitensi e gli agenti della City non si fanno accuratamente vedere in giro per non destare sospetti.

[5] L’opera di condizionamento sistematico delle popolazioni “occidentali” è infatti di tipo psicologico: di qui il trionfo della psicanalisi e l’adozione di tecniche di condizionamento mentale in ogni campo, non ultimo quella della cosiddetta “informazione”, prodotta da squadre di esperti che conoscono bene le tecniche di manipolazione psicologica.

[6] Il termine “virtuoso” deriva dal latino vir, “uomo”: il vero “uomo”, l’uomo “virile”, è quello che, attraverso le “virtù” (che coincidono con le qualità dei 99 Nomi Bellissimi di Allâh!), ha realizzato la perfezione, giungendo alla Stazione più elevata cui possa aspirare. Gli altri possono solo seguirne l’esempio, rivivificato da quello dei Maestri viventi.

[7] Per una spiegazione del termine mawlâ, importante anche nella logica di questo discorso sulla “sovranità”, rimando al mio La via dell’Inferno è lastricata di “proteste”: http://europeanphoenix.net/it/index.php?option=com_content&view=article&id=80&catid=3.

[8] S’è mai visto un “Califfato”, un “Impero di Mezzo” o un qualsiasi altro Impero concepito come un’entità non sovrana?

[9] Il simbolismo della distruzione degli idoli contenuti nella Ka‘ba – simbolo del “cuore” - da parte del Profeta dell’Islam, una volta conquistata Mecca, è eloquente. Prima il jihâd interiore, poi quello esteriore, e la riconquista, a tutti gli effetti, della sovranità in entrambi i domini.

21 luglio 2011

Il peso delle Regioni tra stipendi d’oro e mega consulenze


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Secondo copione, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ha accusato il governo di scaricare sulle Regioni poco meno di metà dei costi della manovra. E ha minacciato (i cittadini): così ci saranno meno sanità pubblica, meno trasporti pubblici, meno aiuti alle imprese. Secondo copione, nessuno guarda in casa propria per verificare se tutto è a posto, prima di danneggiare i cittadini. E le Regioni italiane — con i dovuti distinguo — l’occhio sui propri conti avrebbero dovuto metterlo da molti anni. Magari è folklore ricordare certe spese pagate dalla collettività appena pochi anni fa: 75 mila euro, in Veneto, per uno studio sullo «sviluppo del turismo congressuale verso forme di organizzazione e gestione evolute» , 10 mila euro in Toscana per una consulenza «in materia di procedure di acquisto di beni di rappresentanza» , 192 mila euro in Campania per un «team di animatrici di pari opportunità» . È folklore ricordare — come fa il giornalista Mario Giordano — che presso la Regione Lazio, anno 2009 (era Marrazzo), furono spesi 6 mila euro di caffè per le riunioni di giunta, molte tazzine per ciascun assessore. Più sostanziale è la notizia che la Regione Sicilia ha più di 19 mila dipendenti, ognuno dei quali costa in media 43 mila euro l’anno (il 40 per cento in più dei ministeriali romani). Il governatore della Sicilia, Lombardo, ha annunciato pochi giorni fa, su Libero, che non aspetterà una legge nazionale per abolire le sue Province, ma lo farà «subito» , in virtù dello statuto speciale che regola la sua Regione. Solo che lo stesso identico annuncio lo aveva fatto alla fine della scorsa estate. A proposito di Lombardo: come presidente guadagna al netto il doppio dei 7787 euro (lordi) che prendono in media i governatori degli Stati americani. Il più pagato è il governatore dello Stato di New York che con i suoi 10.612 euro lordi guadagna meno di un deputato regionale sardo (11.417 netti) o del presidente della giunta calabrese (13.353 netti). La Regione che ha meno abitanti è il Molise (320 mila circa), governato dal 2001 da Michele Iorio (Pdl), e il Molise ha in proporzione il più alto numero di dipendenti: 2,79 ogni mille abitanti contro lo 0,39 in Lombardia, lo 0,59 del Veneto. I «regionali» molisani sono 981 e cento sono dirigenti. Nel Lazio, invece, c’è il record di commissioni consiliari: sono 20 contro otto della Lombardia, che ha il doppio degli abitanti. Le commissioni, alla Regione ora amministrata da Renata Polverini, costano 7 milioni l’anno e ogni presidente di commissione aggiunge mille euro ai 10 mila netti che percepisce ogni mese. I vicepresidenti, che sono 38, aggiungono soltanto 700 euro al mese. Nel Lazio 71 consiglieri, 20 commissioni, 17 gruppi consiliari (8 dei quali composti da un solo eletto) sono costati, secondo il bilancio dello scorso anno, 131 milioni 406 mila euro, con una crescita, rispetto all’anno precedente, di 15 milioni. Nel Lazio bastano 50 anni per cominciare a incassare il vitalizio che spetta di diritto anche a chi abbia concluso un mandato in consiglio regionale. Nel 2010 per 220 vitalizi Polverini ha visto volar via oltre 16 milioni di euro. Sempre il Lazio ha il record della spesa-clou delle Regioni, la spesa sanitaria. Per ogni cittadino la regione della capitale spende 3349 euro, seguito da Abruzzo (3239), Calabria (3.090), mentre sul fronte dei più misurati stanno la Basilicata (1616), il Veneto (1665), la Puglia (1734). Entrando nel merito delle prestazioni si può ricordare che l’Emilia Romagna ha un centro unico che fa milioni di analisi l’anno al costo medio di 50 centesimi l’una, mentre in Campania, nei 1200 centri privati convenzionati, le stesse analisi pesano per 6-7 euro l’una. Le amministrazioni locali costano allo Stato quasi 150 miliardi della Cgia di Mestre, fra il 2001 e il 2008, le Regioni avevano aumentato le spese del 47,7 per cento. «Ministeri, Parlamento, Regioni, Province Comuni, tutte le pubbliche amministrazioni — ha detto in questi giorni David Ermini, presidente del Consiglio provinciale di Firenze— dovrebbero osservare dove sono le spese improduttive e tagliarle di netto. Smettendo di rinfacciarsi pateticamente le responsabilità» .
di A. Gar.