11 settembre 2011

L'Italia è in default





Nel Paese con più ferrari al mondo, dove solo 34 mila contribuenti dichiarano oltre 300 mila euro annui, solo una patrimoniale poteva risollevare l'economia. Ma è stata scartata dagli interessi politici e sostituita da manovre che non servono a niente e tassano i più deboli

La domanda che tutti quanti si pongono in Italia è: stiamo andando in default? Purtroppo la risposta, almeno a giudicare da quello che il nostro Governo sta facendo, ma anche quello che stanno facendo i governi europei, è sì.



Analizziamo la situazione: prima di tutto questa manovra serve a ben poco e come al solito colpisce principalmente i piccoli risparmiatori, la gente comune, la classe media e la classe medio - bassa che già sono stati vessati negli ultimi anni da un'imposizione fiscale assolutamente inequa. 21% sull'Iva, chi pensate chi lo pagherà? Lo pagheremo noi, 3% di tassa aggiuntiva su chi guadagna più di 300 mila Euro, parliamo dello 0,5% della popolazione, quindi praticamente una percentuale piccolissima, eppure l'Italia è il paese dove si vendono più Ferrari che in tutto il mondo e guarda caso è il paese dove solamente 34mila contribuenti guadagnano più di 300 mila Euro (che discrepanza...).

La tassa patrimoniale avrebbe funzionato molto meglio, perché? Perché la maggior parte delle persone che guadagnano molto più di 300 mila Euro e che non lo dichiara, si proteggono dietro società di paravento e attraverso una serie di marchingegni contabili riescono a far risultare che guadagnano molto meno di quanto succede realmente, però hanno a disposizione una serie di beni, le Ferrari, gli yacht, le barche a vela che appaiono sulla carta non di loro proprietà. Quindi la tassa patrimoniale avrebbe sicuramente colpito questi individui, perché la tassa patrimoniale è sul patrimonio, quindi colpisce l'immobile, l'oggetto, il bene durevole, per esempio la Ferrari. Ma questa legge ovviamente non si fa. Perché? Perché chi ha questi redditi superiori a 300 mila Euro non dichiarati, è la classe dirigente, quindi è da una parte la classe politica e da una parte praticamente tutto quell'entourage di elite del denaro che gira intorno alla classe politica.

Questa è la situazione all'interno del paese. La situazione in Europa direi che è quasi peggiore, abbiamo assistito all'inizio delle guerre monetarie, abbiamo visto che la Svizzera due giorni fa ha di fatto svalutato la propria moneta garantendo un cambio che è un cambio fisso con l'Euro a 1,20.. Cosa significa questo? Significa che la Svizzera interverrà ogni qualvolta ci saranno delle pressioni da parte del mercato per una rivalutazione del tasso di cambio a favore del franco.

Questo chiaramente comporterà uno sbilanciamento per quanto riguarda il resto dell'Europa perché siamo in una crisi profonda e il franco svizzero viene percepito come un bene rifugio, infatti subito dopo questa decisione c'è stato un movimento di capitali verso altre monete all'interno dell'Europa che non sono parte dell'Euro, in particolare parliamo della corona norvegese e anche svedese.

Quindi siamo all'inizio di una guerra monetaria, che sicuramente comporterà una crisi ancora più profonda di quella attuale, perché al momento nell'area dell'Euro abbiamo bisogno di tranquillità e di chiarezza e tutto questo chiaramente non succederà perché si gestirà la moneta comune come le economie nazionali, semplicemente come protezione per proteggersi da un eventuale default. I mercati tutto questo lo sanno e sicuramente i mercati puniranno questi paesi che si comportano in questo modo. Dunque, rispetto alla situazione interna, in Italia, penso che queste misure, queste manovre non servono a nulla, anzi continuano a colpire quella classe media e medio - bassa. Non si è fatto nulla per poter aiutare la piccola e media impresa a riprendersi, quindi non ci sarà una ripresa della crescita attraverso questa manovra che è quello di cui abbiamo bisogno. Dall'altra parte in Europa guerre monetarie e quindi politiche di protezione, cioè una sorta di protezionismo quasi monetario, che porterà sicuramente a uno sfaldamento degli equilibri monetari in Europa.

La situazione è drammatica e l'autunno sarà un autunno molto caldo, fin tanto che continueremo a essere governati da questi politici sia in Italia che in Europa. Il default diventa sempre più vicino.
di Loretta Napoleoni

10 settembre 2011

Asserragliati nel fortino dei privilegi


http://www.ilmediano.it/wbresize/thumb.aspx?t=jpg&f=~/public/STORIAMAGRA/QUADROMAGRITTE_LAMEMORIA.gif&w=486&h=0

Quando Berlusconi annunciò l’imminente dimezzamento dei parlamentari, due cose furono subito chiare a tutti gli italiani. Che moriva dalla voglia di farlo, se non altro per dimezzare le spese, visto che li mantiene quasi tutti lui. E che non ci sarebbe riuscito, perché nessuno ha mai visto la forfora votare a favore dello shampoo.
Ricordate? Per addolcire il bicarbonato della Manovra, a fine agosto il governo pensò bene di regalarci una caramella al miele. La promessa di un disegno di legge costituzionale che avrebbe dimezzato i parlamentari e cancellato le province. La Casta più obesa del mondo si sarebbe messa in cura dimagrante. Un segnale per i contribuenti: mentre voi stringete la cinghia, noi ci rimettiamo almeno la camicia dentro i pantaloni.
Qualche giorno dopo il segretario del partito del premier scartò la caramella al miele e la distribuì sull’autorevole palco della Berghemfest (sembra uno stopper del Bayern, ma immagino voglia dire Festa di Bergamo): ai primi di settembre, garantì, presenteremo un disegno di legge costituzionale per dimezzare il numero dei parlamentari e abolire le province.
Il disegno di legge costituzionale è stato presentato ieri e prevede soltanto l’abolizione delle province. Il dimezzamento dei parlamentari è stato inghiottito da un buco nero. Chi lo avrebbe mai detto? Stupiti quanto voi, ci siamo messi sulle tracce dello scomparso, interpellandone il padre putativo: Calderoli. L’illustre giurista ci ha tranquillizzati: il dimezzamento non è nel disegno di legge perché era già stato varato dal consiglio dei ministri del 22 luglio scorso. E allora come mai Berlusconi e Alfano, oltre un mese dopo, lo promettevano ai cittadini? Uno promette quel che deve ancora fare, non quel che ha appena fatto. L’ipotesi che il consiglio del 22 luglio avesse approvato il dimezzamento dei parlamentari all’insaputa del premier è stata presa seriamente in considerazione, ma non ha retto alla prova dei fatti. Che sono questi. Il dimezzamento è stato votato dal governo «salvo intese», una formula furbetta che consente di spacciare la riforma come già avvenuta, mentre nella realtà deve ancora passare per le forche caudine di una trattativa con i singoli ministri.
Per farla breve: la proposta di dimezzare gli onorevoli e i senatori non è stata inserita nel disegno di legge di ieri perché si trova già altrove, ma quell’altrove è un provvedimento che giace sepolto in un cassetto di Palazzo Chigi e non è mai stato trasmesso ai due rami del Parlamento. Per farla brevissima: ci hanno preso in giro un’altra volta. La seconda in due giorni, dopo la farsa dello sconto sui tagli alle indennità degli onorevoli muniti di doppio lavoro (e doppia pensione) festosamente promessi dal governo non più tardi di due settimane fa.
Neanche a dire che non si rendano conto di essere detestati. Lo sanno benissimo, tanto che ormai si vergognano di dichiarare in pubblico il mestiere che fanno. Semplicemente se ne infischiano delle reazioni. Asserragliati nel fortino dei loro privilegi, mentre intorno tutto crolla. Senza nemmeno salvare le apparenze e prendere qualche precauzione, come quella di placare la furia dei cittadini compiendo un sacrificio personale. Adesso pensano di cavarsela con la sola abolizione delle province, facendo pagare a un grado più basso della Casta il prezzo della loro eterna intangibilità.
Una classe dirigente si può disfare in tanti modi. Persino con uno scatto finale di orgoglio. La nostra invece - fra ruberie sistematiche, intercettazioni grottesche, barzellette sulle suore stuprate e raccolte di firme bipartisan per la conservazione delle feste dei santi Ambrogio e Gennaro ha compiuto la scelta più consona alla propria mediocrità, decidendo di dissolversi in una bolla infinita di squallore.
di Massimo Gramellini

09 settembre 2011

Il Trattato di Lisbona: una truffa coperta dalla disinformazione

Il 2 ottobre 2009, in un’umida e piovosa giornata d’inizio autunno, a Dublino è accaduto un evento epocale, paragonabile solo ai grandi fatti storici del passato che hanno segnato il cammino dell’umanità. Eppure questo evento è stato circondato dalla più assoluta disinformazione, i media ne hanno parlato distrattamente senza fornire ai cittadini alcun elemento per poter capire che cosa è realmente capitato.

Quel giorno, con l’esito favorevole del referendum irlandese, è caduto l’ultimo ostacolo che si frapponeva alla piena operatività del Trattato di Lisbona, cioè il documento che sancisce definitivamente la soppressione della sovranità dei singoli Stati nazionali europei e che segna la nascita di un unico Stato per tutto il continente europeo: lo Stato Unione Europea.
Fin dalla sua origine, l’Ue è stata pensata per essere un organismo di tipo statuale: uno Stato a tutti gli effetti, destinato a sostituirsi ai precedenti Stati nazionali. E di questo obiettivo non è mai stato fatto mistero, benchè esso sia ignoto alla gran parte dell’opinione pubblica.
Un episodio dal quale è emerso in modo eclatante il carattere statuale dell’Ue è stata la decisione di dotare la stessa di una Costituzione, per la redazione della quale fu creata una Commissione (assemblea costituente) presieduta da Giscard d’Estaing e Giuliano Amato. La Costituzione fu poi affossata, nel 2005, dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi, ma – indipendentemente da tale fallimento – il significato rimane: gli Stati si dotano di una Costituzione (tant’è vero che può dirsi che non esiste Stato senza Costituzione), mentre gli enti sovranazionali, o comunque non statuali, non hanno Costituzione, tutt’al più hanno una statuto o un atto costitutivo!
Avere scritto la Costituzione dell’Ue ha significato affermare il suo carattere di Stato. Ma rinunciare agli Stati nazionali in favore di un nuovo unico Stato europeo è una scelta di enorme importanza per il presente e per il futuro dell’Europa, una scelta che dovrebbe essere accuratamente studiata, discussa, condivisa, ed altrettanto importante sarebbe conoscere ed approvare quel “nuovo” che andrà a sostituire il “vecchio”, cioè la struttura dell’Ue., i suoi organi, i suoi poteri, il bilanciamento tra essi, i fini che essa si pone, ecc. Sappiamo invece che nulla di tutto ciò è accaduto: nessuno ha chiesto ai popoli del Vecchio Continente, ad esempio, quali principi e quale ideologia dovranno reggere il nuovo Stato europeo, oppure come questo dovrà collocarsi nello scacchiere geopolitico, oppure ancora se esso dovrà privilegiare l’efficientismo liberal-capitalistico a discapito dei diritti sociali o viceversa, e così via. Parimenti, pochissimi cittadini europei (praticamente nessuno) sanno come è strutturata il meccanismo di formazione delle decisioni all’interno dell’Ue, ben pochi sanno che il Parlamento Europeo (unico organismo dell’Unione eletto direttamente da popolo) è pressochè privo di potere e che la potestà legislativa è concentrata nelle mani di organi (il Consiglio e la Commissione) sforniti di legittimazione popolare, il cui operato è insindacabile e che sono privi di qualsiasi responsabilità. E naturalmente nessuno conosce i nomi degli oscuri burocrati che costituiscono i gruppi di lavoro della Commissione, i quali scrivono le future leggi dell’Europa, oppure i nomi dei giudici della Corte di Giustizia, il cui potere è ormai sconfinato.
Insomma, tutto viene calato dall’alto, deciso ed imposto ai popoli europei prescindendo dalla loro volontà, dalla loro approvazione e persino dalla loro consapevolezza.
Questo percorso di soppressione degli Stati nazionali in favore di un unico Stato europeo si è completato il 2 ottobre 2009. Proprio nel momento in cui i nostri politicanti si riempiono la bocca parlando di costituzione repubblicana e di festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, lo Stato Repubblica Italiana (così come gli altri Stati nazionali europei) è cessato, tutti i poteri e le funzioni che caratterizzano la sovranità sono stati trasferiti all’Ue.
È quindi indispensabile conoscere il contenuto del Trattato di Lisbona poichè esso fissa i caratteri del nuovo Stato del quale, da quella data, tutti siamo cittadini (o, se preferite, sudditi). Però va detto che il testo del Trattato (che sostanzialmente recepisce pressochè tutto il contenuto della Costituzione bocciata dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi) è inverosimilmente lungo (centinaia di pagine) e complicato, praticamente ogni riga costituisce un rinvio ad altri documenti e ad altri testi legislativi: un testo cioè illeggibile ed incomprensibile. E’ bene chiarire che il carattere volutamente illeggibile del testo del Trattato è stato ufficialmente e pubblicamente dichiarato da Giuliano Amato durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio 2007. E’ certo dunque che, con il loro consueto modus operandi arrogante ed illiberale, i “burattinai” dell’Ue hanno volutamente creato un testo inaccessibile per impedire all’opinione pubblica di sapere che cosa stesse accadendo, e quindi di poter decidere il proprio destino.
Non a caso, quando il Parlamento italiano ha ratificato il Trattato (8 agosto 2008), qualcuno ha commentato: se lo conoscessero, non lo voterebbero! Ma il voto parlamentare è stato favorevole all’unanimità, nessun contrario, nessun astenuto. Prima del voto, nessun dibattito, nessuna prima serata televisiva. Il voto con il quale veniva messo in liquidazione lo Stato italiano è passato quasi inosservato.
Questa difficoltà di lettura del testo del Trattato è, evidentemente, anche una difficoltà di esposizione, ed infatti dal 2007 ad oggi si è scritto tutto ed il contrario di tutto sul Trattato di Lisbona, vi sono stati visti i contenuti più disparati e contrastanti. Ancora recentemente, ad esempio, dopo il referendum irlandese, si è letto un comunicato della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea che loda l’esito del referendum affermando che il Trattato conterrebbe dei principi che, in realtà, gli sono totalmente estranei! Difficile dire se quei Vescovi fossero solo ignoranti o non piuttosto in mala fede…
Proviamo dunque e cimentarci nella non facile impresa di delineare il punti salienti dal Trattato, e, quindi, i tratti fondamentali dello Stato Ue del quale, oggi, tutti facciamo parte.
Per quanto riguarda gli organi e la ripartizione del poteri, nulla muta rispetto ad oggi: i poteri legislativo ed esecutivo rimarranno concentrati nelle mani di organi privi di legittimazione popolare. Il potere giudiziario sarà assegnato alla Corte di Giustizia, i cui giudici, parimenti, anch’essi non sono eletti dal popolo. Ne emerge l’immagine di uno Stato rigidamente oligarchico, gestito da una minuscola elite che non risponde ad alcuno del suo operato, mentre i cittadini europei continueranno ad eleggere un Parlamento le cui funzioni, rispetto alle attuali, muteranno assai poco ed in misura non significativa.
Lo Stato sarà rappresentato verso l’esterno da un Presidente che – inutile dirlo – non sarà eletto dai cittadini.
Saranno istituita una Procura europea ed una Polizia europea (Europolice) ed il nuovo Stato avrà una sua legislazione penale. Sicuramente proseguirà la promulgazione, già ampiamente avviata, di leggi liberticide che – come già oggi – tenderanno a controllare e ad omologare le opinioni e le idee.
La politica economica sarà retta dal principio della “libera concorrenza senza distorsioni”. È l’applicazione della dottrina del liberal-capitalismo, che esclude la possibilità di interventi correttivi degli organi pubblici e che arriva al punto di sancire il divieto di sciopero se ostacola (testualmente) “il libero movimento dei servizi”: formula vaghissima nella quale può rientrare di tutto! Questo divieto fa il paio con una sorprendente norma che, in caso di sommosse o insurrezioni, legittima da parte delle forze dell’ordine (e dell’esercito) l’uccisione dei partecipanti! Una norma decisamente ancora da indagare a fondo…
Quel che è certo, è che sicuramente è lecito attendersi una normativa sociale e di tutela dei lavoratori assai meno incisiva di quella attualmente in vigore in Italia. E’ prevedibile la liberalizzazione dei salari.
Da un punto di vista ideologico, basti ricordare che il Trattato dà forza giuridica obbligatoria alla Carta di Nizza del 2000, cioè il documento, aspramente criticato da Giovanni Paolo II, che non considera la sessualità un dato di natura ma una scelta culturale soggettiva e che dissocia il concetto di famiglia da quello di matrimonio tra uomo e donna, aprendo la strada alle unioni omosessuali con pari diritti (compresa l’adozione di bambini) rispetto a quelle tradizionali. Nulla muta rispetto ai tradizionali orientamenti dell’Ue favorevoli all’aborto ed all’eutanasia.
La politica estera sarà affidata ad un “Alto Rappresentante per gli affari esteri”, e l’Unione potrà decidere interventi militari, non solo con carattere difensivo ma anche offensivo. Gli ex Stati nazionali perderanno quindi anche la loro indipendenza militare. E nulla permette di escludere la leva obbligatorie europea. È, questo, un altro capitolo semplicemente sconcertante!
In materia di immigrazione, l’Unione avrà frontiere esterne comuni e deciderà chi potrà entrare e chi no, senza possibilità per i cittadini di fare sentire la loro opinione.
Credo che queste poche righe, nella quali mi sono sforzato di essere il più oggettivo possibile, siano sufficienti per delineare lo scenario. È questa l’Europa dei banchieri e dei mercanti. È l’Europa, senza etica e senza morale, utile al grande capitale che non vuole vincoli. Ce l’hanno costruita addosso. E noi non ce ne siamo accorti.

di Alberto Costanzo

11 settembre 2011

L'Italia è in default





Nel Paese con più ferrari al mondo, dove solo 34 mila contribuenti dichiarano oltre 300 mila euro annui, solo una patrimoniale poteva risollevare l'economia. Ma è stata scartata dagli interessi politici e sostituita da manovre che non servono a niente e tassano i più deboli

La domanda che tutti quanti si pongono in Italia è: stiamo andando in default? Purtroppo la risposta, almeno a giudicare da quello che il nostro Governo sta facendo, ma anche quello che stanno facendo i governi europei, è sì.



Analizziamo la situazione: prima di tutto questa manovra serve a ben poco e come al solito colpisce principalmente i piccoli risparmiatori, la gente comune, la classe media e la classe medio - bassa che già sono stati vessati negli ultimi anni da un'imposizione fiscale assolutamente inequa. 21% sull'Iva, chi pensate chi lo pagherà? Lo pagheremo noi, 3% di tassa aggiuntiva su chi guadagna più di 300 mila Euro, parliamo dello 0,5% della popolazione, quindi praticamente una percentuale piccolissima, eppure l'Italia è il paese dove si vendono più Ferrari che in tutto il mondo e guarda caso è il paese dove solamente 34mila contribuenti guadagnano più di 300 mila Euro (che discrepanza...).

La tassa patrimoniale avrebbe funzionato molto meglio, perché? Perché la maggior parte delle persone che guadagnano molto più di 300 mila Euro e che non lo dichiara, si proteggono dietro società di paravento e attraverso una serie di marchingegni contabili riescono a far risultare che guadagnano molto meno di quanto succede realmente, però hanno a disposizione una serie di beni, le Ferrari, gli yacht, le barche a vela che appaiono sulla carta non di loro proprietà. Quindi la tassa patrimoniale avrebbe sicuramente colpito questi individui, perché la tassa patrimoniale è sul patrimonio, quindi colpisce l'immobile, l'oggetto, il bene durevole, per esempio la Ferrari. Ma questa legge ovviamente non si fa. Perché? Perché chi ha questi redditi superiori a 300 mila Euro non dichiarati, è la classe dirigente, quindi è da una parte la classe politica e da una parte praticamente tutto quell'entourage di elite del denaro che gira intorno alla classe politica.

Questa è la situazione all'interno del paese. La situazione in Europa direi che è quasi peggiore, abbiamo assistito all'inizio delle guerre monetarie, abbiamo visto che la Svizzera due giorni fa ha di fatto svalutato la propria moneta garantendo un cambio che è un cambio fisso con l'Euro a 1,20.. Cosa significa questo? Significa che la Svizzera interverrà ogni qualvolta ci saranno delle pressioni da parte del mercato per una rivalutazione del tasso di cambio a favore del franco.

Questo chiaramente comporterà uno sbilanciamento per quanto riguarda il resto dell'Europa perché siamo in una crisi profonda e il franco svizzero viene percepito come un bene rifugio, infatti subito dopo questa decisione c'è stato un movimento di capitali verso altre monete all'interno dell'Europa che non sono parte dell'Euro, in particolare parliamo della corona norvegese e anche svedese.

Quindi siamo all'inizio di una guerra monetaria, che sicuramente comporterà una crisi ancora più profonda di quella attuale, perché al momento nell'area dell'Euro abbiamo bisogno di tranquillità e di chiarezza e tutto questo chiaramente non succederà perché si gestirà la moneta comune come le economie nazionali, semplicemente come protezione per proteggersi da un eventuale default. I mercati tutto questo lo sanno e sicuramente i mercati puniranno questi paesi che si comportano in questo modo. Dunque, rispetto alla situazione interna, in Italia, penso che queste misure, queste manovre non servono a nulla, anzi continuano a colpire quella classe media e medio - bassa. Non si è fatto nulla per poter aiutare la piccola e media impresa a riprendersi, quindi non ci sarà una ripresa della crescita attraverso questa manovra che è quello di cui abbiamo bisogno. Dall'altra parte in Europa guerre monetarie e quindi politiche di protezione, cioè una sorta di protezionismo quasi monetario, che porterà sicuramente a uno sfaldamento degli equilibri monetari in Europa.

La situazione è drammatica e l'autunno sarà un autunno molto caldo, fin tanto che continueremo a essere governati da questi politici sia in Italia che in Europa. Il default diventa sempre più vicino.
di Loretta Napoleoni

10 settembre 2011

Asserragliati nel fortino dei privilegi


http://www.ilmediano.it/wbresize/thumb.aspx?t=jpg&f=~/public/STORIAMAGRA/QUADROMAGRITTE_LAMEMORIA.gif&w=486&h=0

Quando Berlusconi annunciò l’imminente dimezzamento dei parlamentari, due cose furono subito chiare a tutti gli italiani. Che moriva dalla voglia di farlo, se non altro per dimezzare le spese, visto che li mantiene quasi tutti lui. E che non ci sarebbe riuscito, perché nessuno ha mai visto la forfora votare a favore dello shampoo.
Ricordate? Per addolcire il bicarbonato della Manovra, a fine agosto il governo pensò bene di regalarci una caramella al miele. La promessa di un disegno di legge costituzionale che avrebbe dimezzato i parlamentari e cancellato le province. La Casta più obesa del mondo si sarebbe messa in cura dimagrante. Un segnale per i contribuenti: mentre voi stringete la cinghia, noi ci rimettiamo almeno la camicia dentro i pantaloni.
Qualche giorno dopo il segretario del partito del premier scartò la caramella al miele e la distribuì sull’autorevole palco della Berghemfest (sembra uno stopper del Bayern, ma immagino voglia dire Festa di Bergamo): ai primi di settembre, garantì, presenteremo un disegno di legge costituzionale per dimezzare il numero dei parlamentari e abolire le province.
Il disegno di legge costituzionale è stato presentato ieri e prevede soltanto l’abolizione delle province. Il dimezzamento dei parlamentari è stato inghiottito da un buco nero. Chi lo avrebbe mai detto? Stupiti quanto voi, ci siamo messi sulle tracce dello scomparso, interpellandone il padre putativo: Calderoli. L’illustre giurista ci ha tranquillizzati: il dimezzamento non è nel disegno di legge perché era già stato varato dal consiglio dei ministri del 22 luglio scorso. E allora come mai Berlusconi e Alfano, oltre un mese dopo, lo promettevano ai cittadini? Uno promette quel che deve ancora fare, non quel che ha appena fatto. L’ipotesi che il consiglio del 22 luglio avesse approvato il dimezzamento dei parlamentari all’insaputa del premier è stata presa seriamente in considerazione, ma non ha retto alla prova dei fatti. Che sono questi. Il dimezzamento è stato votato dal governo «salvo intese», una formula furbetta che consente di spacciare la riforma come già avvenuta, mentre nella realtà deve ancora passare per le forche caudine di una trattativa con i singoli ministri.
Per farla breve: la proposta di dimezzare gli onorevoli e i senatori non è stata inserita nel disegno di legge di ieri perché si trova già altrove, ma quell’altrove è un provvedimento che giace sepolto in un cassetto di Palazzo Chigi e non è mai stato trasmesso ai due rami del Parlamento. Per farla brevissima: ci hanno preso in giro un’altra volta. La seconda in due giorni, dopo la farsa dello sconto sui tagli alle indennità degli onorevoli muniti di doppio lavoro (e doppia pensione) festosamente promessi dal governo non più tardi di due settimane fa.
Neanche a dire che non si rendano conto di essere detestati. Lo sanno benissimo, tanto che ormai si vergognano di dichiarare in pubblico il mestiere che fanno. Semplicemente se ne infischiano delle reazioni. Asserragliati nel fortino dei loro privilegi, mentre intorno tutto crolla. Senza nemmeno salvare le apparenze e prendere qualche precauzione, come quella di placare la furia dei cittadini compiendo un sacrificio personale. Adesso pensano di cavarsela con la sola abolizione delle province, facendo pagare a un grado più basso della Casta il prezzo della loro eterna intangibilità.
Una classe dirigente si può disfare in tanti modi. Persino con uno scatto finale di orgoglio. La nostra invece - fra ruberie sistematiche, intercettazioni grottesche, barzellette sulle suore stuprate e raccolte di firme bipartisan per la conservazione delle feste dei santi Ambrogio e Gennaro ha compiuto la scelta più consona alla propria mediocrità, decidendo di dissolversi in una bolla infinita di squallore.
di Massimo Gramellini

09 settembre 2011

Il Trattato di Lisbona: una truffa coperta dalla disinformazione

Il 2 ottobre 2009, in un’umida e piovosa giornata d’inizio autunno, a Dublino è accaduto un evento epocale, paragonabile solo ai grandi fatti storici del passato che hanno segnato il cammino dell’umanità. Eppure questo evento è stato circondato dalla più assoluta disinformazione, i media ne hanno parlato distrattamente senza fornire ai cittadini alcun elemento per poter capire che cosa è realmente capitato.

Quel giorno, con l’esito favorevole del referendum irlandese, è caduto l’ultimo ostacolo che si frapponeva alla piena operatività del Trattato di Lisbona, cioè il documento che sancisce definitivamente la soppressione della sovranità dei singoli Stati nazionali europei e che segna la nascita di un unico Stato per tutto il continente europeo: lo Stato Unione Europea.
Fin dalla sua origine, l’Ue è stata pensata per essere un organismo di tipo statuale: uno Stato a tutti gli effetti, destinato a sostituirsi ai precedenti Stati nazionali. E di questo obiettivo non è mai stato fatto mistero, benchè esso sia ignoto alla gran parte dell’opinione pubblica.
Un episodio dal quale è emerso in modo eclatante il carattere statuale dell’Ue è stata la decisione di dotare la stessa di una Costituzione, per la redazione della quale fu creata una Commissione (assemblea costituente) presieduta da Giscard d’Estaing e Giuliano Amato. La Costituzione fu poi affossata, nel 2005, dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi, ma – indipendentemente da tale fallimento – il significato rimane: gli Stati si dotano di una Costituzione (tant’è vero che può dirsi che non esiste Stato senza Costituzione), mentre gli enti sovranazionali, o comunque non statuali, non hanno Costituzione, tutt’al più hanno una statuto o un atto costitutivo!
Avere scritto la Costituzione dell’Ue ha significato affermare il suo carattere di Stato. Ma rinunciare agli Stati nazionali in favore di un nuovo unico Stato europeo è una scelta di enorme importanza per il presente e per il futuro dell’Europa, una scelta che dovrebbe essere accuratamente studiata, discussa, condivisa, ed altrettanto importante sarebbe conoscere ed approvare quel “nuovo” che andrà a sostituire il “vecchio”, cioè la struttura dell’Ue., i suoi organi, i suoi poteri, il bilanciamento tra essi, i fini che essa si pone, ecc. Sappiamo invece che nulla di tutto ciò è accaduto: nessuno ha chiesto ai popoli del Vecchio Continente, ad esempio, quali principi e quale ideologia dovranno reggere il nuovo Stato europeo, oppure come questo dovrà collocarsi nello scacchiere geopolitico, oppure ancora se esso dovrà privilegiare l’efficientismo liberal-capitalistico a discapito dei diritti sociali o viceversa, e così via. Parimenti, pochissimi cittadini europei (praticamente nessuno) sanno come è strutturata il meccanismo di formazione delle decisioni all’interno dell’Ue, ben pochi sanno che il Parlamento Europeo (unico organismo dell’Unione eletto direttamente da popolo) è pressochè privo di potere e che la potestà legislativa è concentrata nelle mani di organi (il Consiglio e la Commissione) sforniti di legittimazione popolare, il cui operato è insindacabile e che sono privi di qualsiasi responsabilità. E naturalmente nessuno conosce i nomi degli oscuri burocrati che costituiscono i gruppi di lavoro della Commissione, i quali scrivono le future leggi dell’Europa, oppure i nomi dei giudici della Corte di Giustizia, il cui potere è ormai sconfinato.
Insomma, tutto viene calato dall’alto, deciso ed imposto ai popoli europei prescindendo dalla loro volontà, dalla loro approvazione e persino dalla loro consapevolezza.
Questo percorso di soppressione degli Stati nazionali in favore di un unico Stato europeo si è completato il 2 ottobre 2009. Proprio nel momento in cui i nostri politicanti si riempiono la bocca parlando di costituzione repubblicana e di festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, lo Stato Repubblica Italiana (così come gli altri Stati nazionali europei) è cessato, tutti i poteri e le funzioni che caratterizzano la sovranità sono stati trasferiti all’Ue.
È quindi indispensabile conoscere il contenuto del Trattato di Lisbona poichè esso fissa i caratteri del nuovo Stato del quale, da quella data, tutti siamo cittadini (o, se preferite, sudditi). Però va detto che il testo del Trattato (che sostanzialmente recepisce pressochè tutto il contenuto della Costituzione bocciata dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi) è inverosimilmente lungo (centinaia di pagine) e complicato, praticamente ogni riga costituisce un rinvio ad altri documenti e ad altri testi legislativi: un testo cioè illeggibile ed incomprensibile. E’ bene chiarire che il carattere volutamente illeggibile del testo del Trattato è stato ufficialmente e pubblicamente dichiarato da Giuliano Amato durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio 2007. E’ certo dunque che, con il loro consueto modus operandi arrogante ed illiberale, i “burattinai” dell’Ue hanno volutamente creato un testo inaccessibile per impedire all’opinione pubblica di sapere che cosa stesse accadendo, e quindi di poter decidere il proprio destino.
Non a caso, quando il Parlamento italiano ha ratificato il Trattato (8 agosto 2008), qualcuno ha commentato: se lo conoscessero, non lo voterebbero! Ma il voto parlamentare è stato favorevole all’unanimità, nessun contrario, nessun astenuto. Prima del voto, nessun dibattito, nessuna prima serata televisiva. Il voto con il quale veniva messo in liquidazione lo Stato italiano è passato quasi inosservato.
Questa difficoltà di lettura del testo del Trattato è, evidentemente, anche una difficoltà di esposizione, ed infatti dal 2007 ad oggi si è scritto tutto ed il contrario di tutto sul Trattato di Lisbona, vi sono stati visti i contenuti più disparati e contrastanti. Ancora recentemente, ad esempio, dopo il referendum irlandese, si è letto un comunicato della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea che loda l’esito del referendum affermando che il Trattato conterrebbe dei principi che, in realtà, gli sono totalmente estranei! Difficile dire se quei Vescovi fossero solo ignoranti o non piuttosto in mala fede…
Proviamo dunque e cimentarci nella non facile impresa di delineare il punti salienti dal Trattato, e, quindi, i tratti fondamentali dello Stato Ue del quale, oggi, tutti facciamo parte.
Per quanto riguarda gli organi e la ripartizione del poteri, nulla muta rispetto ad oggi: i poteri legislativo ed esecutivo rimarranno concentrati nelle mani di organi privi di legittimazione popolare. Il potere giudiziario sarà assegnato alla Corte di Giustizia, i cui giudici, parimenti, anch’essi non sono eletti dal popolo. Ne emerge l’immagine di uno Stato rigidamente oligarchico, gestito da una minuscola elite che non risponde ad alcuno del suo operato, mentre i cittadini europei continueranno ad eleggere un Parlamento le cui funzioni, rispetto alle attuali, muteranno assai poco ed in misura non significativa.
Lo Stato sarà rappresentato verso l’esterno da un Presidente che – inutile dirlo – non sarà eletto dai cittadini.
Saranno istituita una Procura europea ed una Polizia europea (Europolice) ed il nuovo Stato avrà una sua legislazione penale. Sicuramente proseguirà la promulgazione, già ampiamente avviata, di leggi liberticide che – come già oggi – tenderanno a controllare e ad omologare le opinioni e le idee.
La politica economica sarà retta dal principio della “libera concorrenza senza distorsioni”. È l’applicazione della dottrina del liberal-capitalismo, che esclude la possibilità di interventi correttivi degli organi pubblici e che arriva al punto di sancire il divieto di sciopero se ostacola (testualmente) “il libero movimento dei servizi”: formula vaghissima nella quale può rientrare di tutto! Questo divieto fa il paio con una sorprendente norma che, in caso di sommosse o insurrezioni, legittima da parte delle forze dell’ordine (e dell’esercito) l’uccisione dei partecipanti! Una norma decisamente ancora da indagare a fondo…
Quel che è certo, è che sicuramente è lecito attendersi una normativa sociale e di tutela dei lavoratori assai meno incisiva di quella attualmente in vigore in Italia. E’ prevedibile la liberalizzazione dei salari.
Da un punto di vista ideologico, basti ricordare che il Trattato dà forza giuridica obbligatoria alla Carta di Nizza del 2000, cioè il documento, aspramente criticato da Giovanni Paolo II, che non considera la sessualità un dato di natura ma una scelta culturale soggettiva e che dissocia il concetto di famiglia da quello di matrimonio tra uomo e donna, aprendo la strada alle unioni omosessuali con pari diritti (compresa l’adozione di bambini) rispetto a quelle tradizionali. Nulla muta rispetto ai tradizionali orientamenti dell’Ue favorevoli all’aborto ed all’eutanasia.
La politica estera sarà affidata ad un “Alto Rappresentante per gli affari esteri”, e l’Unione potrà decidere interventi militari, non solo con carattere difensivo ma anche offensivo. Gli ex Stati nazionali perderanno quindi anche la loro indipendenza militare. E nulla permette di escludere la leva obbligatorie europea. È, questo, un altro capitolo semplicemente sconcertante!
In materia di immigrazione, l’Unione avrà frontiere esterne comuni e deciderà chi potrà entrare e chi no, senza possibilità per i cittadini di fare sentire la loro opinione.
Credo che queste poche righe, nella quali mi sono sforzato di essere il più oggettivo possibile, siano sufficienti per delineare lo scenario. È questa l’Europa dei banchieri e dei mercanti. È l’Europa, senza etica e senza morale, utile al grande capitale che non vuole vincoli. Ce l’hanno costruita addosso. E noi non ce ne siamo accorti.

di Alberto Costanzo