29 febbraio 2012

Un pentito di mafia: “Le stragi del ’93 chieste da Berlusconi e da Dell’Utri”


"Il tramite è stato Mangano". L'ultima rivelazione sulle tentazioni stragiste e sul ruolo svolto dall'ex premier nella stagione di sangue dell'attacco allo Stato è saltata fuori da un verbale del 2000, tenuto segreto per dodici anni, redatto da Giuseppe Monticciolo, il picciotto che Brusca utilizzò per strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo

La strage di via dei Georgofili a Firenze

Le stragi del ’93? A chiederle a Cosa Nostra furono “Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, attraverso il fattore di Arcore, Vittorio Mangano“. L’ultima rivelazione sulle tentazioni stragiste e sul ruolo svolto dall’ex premier nella stagione di sangue dell’attacco allo Stato salta fuori da un verbale del 2000, tenuto segreto per dodici anni, redatto da Giuseppe Monticciolo, il picciotto che Brusca utilizzò per strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo, assassinato a soli 12 anni perché figlio di un pentito. Nel pieno dell’offensiva corleonese contro lo Stato, dopo l’arresto di Totò Riina, Mangano avrebbe indicato a Bagarella “gli attentati che voleva fatti Berlusconi e Dell’Utri”, sottolineando l’assoluta ignoranza dei boss sugli obiettivi da distruggere: “Non sapevo nemmeno che fossero gli Uffizi, si figuri Bagarella”.

L’ordine, per Monticciolo, sarebbe partito da Milano, dal cuore dell’impero Fininvest, dopo che le cosche avevano tentato di uccidere un uomo simbolo della tv berlusconiana: Maurizio Costanzo. Dopo l’attentato a Costanzo, racconta Monticciolo a Chelazzi, presenti l’allora procuratore di Palermo Pietro Grasso e il pm Vittorio Teresi, “Dell’Utri – dice che ha mandato a dire (sempre detto, va bene, da Bagarella) che si dovevano fare… Dice: Allora, visto che sapete fare… visto che sapete arrivare a Costanzo, perché Costanzo non ce lo ha indicato nessuno per fargli l’attentato, dice allora sapete arrivare anche a fare qualcos’altro, per esempio la strage degli Uffizi e via dicendo. E da lì Bagarella ordinò. Perché poi ne parlò direttamente davanti a me con Giovanni Brusca”.

La rivelazione è sconvolgente, nel verbale Chelazzi è puntiglioso, vuole ricostruire tutti i dettagli e domanda se vennero richiesti “un numero definito di attentati”, ricordando quelli di Roma, Firenze e Milano: “Sono stati richiesti – risponde Monticciolo – di volta in volta. Poi la discussione come andavano e come non andavano lo sapevano solo Brusca e Bagarella”. Interrogato più volte sull’argomento, Brusca ha sempre smentito, ammettendo solo che Berlusconi fu avvertito dalla mafia che “la sinistra sapeva” della trattativa. Ma rifiutò di sottoporsi a un confronto con Monticciolo, che aveva già alluso al coinvolgimento di Berlusconi nella stagione stragista. Perché i boss accettarono di eseguire le stragi? La posta in gioco, spiega Monticciolo, è il 41-bis. “A Bagarella – racconta il pentito – premeva che dovevano togliere cioè, le promesse che facevano loro erano quelle di toglierlo e di non esserci più restrizioni nei carceri. Loro, come politici, dicevano che salendo al potere levavano il 41-bis e levavano i restringimenti nelle carceri”.

Le cose andarono diversamente: il 41-bis, tra ammorbidimenti e attenuazioni, è ancora una leva dell’azione antimafia, e i boss non nascosero la delusione: “Berlusconi prima vuole fatte le cose, però lui non viene mai agli impegni che prende”, aggiunge Monticciolo, riportando le parole del boss Bagarella, e spiegando che il cognato di Riina “parlava degli impegni che le stragi venivano fatte e poi lui non si impegnava, nel ’93″. Una delusione che non impedì ai corleonesi di sostenere politicamente Berlusconi: Monticciolo ricorda che nel 1994 Bagarella disse “di cercare i voti per Forza Italia” e che Brusca lo incaricò di “riferirlo agli altri capi mandamento”.

Nonostante le inadempienze di Berlusconi, Bagarella non avrebbe reagito “perché Mangano – scrivono i pm nel verbale riassuntivo dell’interrogatorio di Monticciolo – in qualche modo lo tranquillizzò facendogli osservare che bisognava aver pazienza e che i risultati sarebbero arrivati”. E Monticciolo conclude che fino a quel momento non ha parlato di politica con i magistrati per “paura”: “I politici, manovrati sempre dalla mafia, vogliono che io non parli sulle questioni politiche”. I verbali sono stati acquisiti anche dai pm di Palermo e sono oggetto di valutazione nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa mafia-Stato, nella quale ieri è stato interrogato l’ex ministro Calogero Mannino, indagato per violenza o minaccia al corpo politico dello Stato. Mannino si è avvalso della facoltà di non rispondere.
di Giuseppe Lo Bianco

28 febbraio 2012

Mala tempora currunt



Ogni tramonto brumoso porta in dono un poco di malinconia e quando a tramontare non è una giornata, ma un “mondo” così come lo avevamo conosciuto, l’accento malinconico si fonde con un senso d’inquietudine impossibile da dissimulare. Questa Italia ormai deprivata di qualsiasi dignità, che si trascina incespicando nel fango, ha un che di patetico che infonde nell’animo una sensazione di tristezza infinita. Così come triste ed angosciosa, risulta la penosa agonia del sistema neoliberista, che arranca verso la terza guerra mondiale, nella speranza che possa costituire il mezzo attraverso il quale riuscire a sopravvivere qualche giorno di più.
Malinconioso è il pellegrinaggio del barbogio Napolitano in terra di Sardegna, dove il garante della mangeria di corte si ritrova a ricevere bordate di fischi, mentre caracolla attraverso la callaia dell’umore popolare.
Povero di spirito, ma ricco nel portafogli, si manifesta il bargello Manganelli, costretto a discettare in quel della Camera, intorno ad un terrorismo che non c’è, ma la cui esistenza diventa indispensabile per giustificare il suo stipendio nell’ordine dei 621 mila euro l’anno…..



Tanto opportunista quanto cinico si rivela il borioso giudice Caselli che scientemente usa le contestazioni NO TAV per gli arresti di donne incinta ed innocenti vari, al fine di dare al suo ultimo libro quella salienza che invero esso non possiede.

Estremamente realistici e per nulla turbati da questa Italia che sta inabissandosi più velocemente della Concordia, appaiono il prof. Monti e lacrima Fornero, quando affermano che la riforma (leggasi eutanasia) del lavoro andrà avanti a prescindere da quello che possa essere il giudizio dei sindacati e dei partiti. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il peso specifico di tanti manevoli camerieri è ormai prossimo allo zero e si limita a quello delle loro buste paga sulle spalle dei contribuenti.

Inquietante è la figura del ministro Terzi, sempre più uomo della Nato, che in merito alla vicenda dei due marò arrestati in India, continua a barbugliare frasi sconnesse degne del peggior Frattini.

Avvilenti e molto pericolosi appaiono i burocrati di Bruxelles, che obbedendo agli ordini di Washington impongono nuove sanzioni all’Iran, sulla base di colpe immaginarie che non trovano riscontri nella realtà. Ma ancora più avvilente appare il governo golpista nostrano che avalla dette sanzioni, mentre salassa i cittadini italiani attraverso la benzina venduta a peso d’oro.

Patetica la congrega di sindacalisti d’accatto e pacifinti salottieri che si raduna in quel di Roma per dare supporto alla guerra imperialista contro la Siria, pur fallendo miseramente l’obiettivo, al punto che perfino i media mainstream hanno ritenuto opportuno oscurare i pochi intimi convenuti all’appuntamento.

Angosciante, estremamente angosciante, il bellicismo ostentato dalla Nato, che da mesi lavora alacremente in Siria, con l’ausilio dei belatori mainstream, nella costruzione di un calappio che le permetta di scatenare un conflitto utile per giungere fino a Teheran.

Tutto ciò mentre l’imbrunire, timidamente scolora nella notte, il cielo si tinge di catrame e nel caligare immanente anche la luce dei lampioni sembra farsi più fioca.
di Marco Cedolin

27 febbraio 2012

I Partiti politici: centri di impiego e manovalanza mafiosa




L’importanza dei partiti politici in Italia e nell’Europa occidentale rimane invariato negli anni: possono cambiare le attività principali ed i canali di potere, ma rimangono una delle ossature fondamentali su cui si regge il sistema (non a caso corrotto).
E non si cada nello stereotipo classico secondo cui i problemi dei partiti sarebbero gli sprechi legati al circo di personaggi che li animano, oppure la famosa casta. Chi mette sul piatto tali questioni cerca semplicemente di farci guardare al dito anziché alla luna: una riforma di non si capisce cosa e una gestione più parca dei finanziamenti non cambierebbe di una virgola i problemi che viviamo oggi. Anche perché, se messi a confronto con le reali misure economiche, stiamo parlando di spiccioli, di certo rappresentanti un malgoverno, ma pur sempre di lieve entità.
Quindi i partiti rimangono fondamentali, anche se non per quello che di solito vogliono raccontarci i vari “riformatori” del sistema. Non esistendo differenze di fondo fra i vari partiti sulle scelte di politica generale, di indirizzo e di lungo periodo non è nemmeno questo il ruolo che oggi ricoprono nella nostra società. Il sistema liberale liberista accomuna destra, centro e sinistra, così come le scelte che vengono messe in atto sono per tutti di breve periodo, interessate alla competizione elettorale e all’amministrazione quotidiana. I militanti di un partito -tolte le mode e le posizioni storiche prese più che altro per sentirsi parte di qualcosa, che non frutto di vere riflessioni- sono intercambiabili, figli di una stessa cultura.
Ma allora perché gli iscritti ai partiti (e ai sindacati) rimangono, pur calando la partecipazione elettorale, la stima, la fiducia verso questi gruppi? Perché nella realtà il ruolo dei partiti oggi è relativo alla sfera del clientelismo, o della “famiglia” se vogliamo usare uno stereotipo tutto italiano. Gli iscritti ai partiti, i partner dei partiti, i dirigenti pubblici legati ai partiti non sono altro che membri di una rete di contatti, una rete che pur avendo profondi legami con l’apparato pubblico e statale (dai governi alle amministrazioni locali) è parallela e contigua al potere privato dei partiti (fazioni di cittadini organizzati).
In una società in cui la sovranità del popolo e la democrazia sono criticate e messe in crisi, e lo dimostrano le parole di Monti (secondo il quale riuscirà a fare le “riforme” perché non è stato eletto e non si ripresenterà alle elezioni), oppure lo dimostra il caso greco (non importa la volontà popolare, le misure devono essere implementate e messe in atto proprio al sicuro da un’espressione contraria della popolazione greca che è l’oggetto di tali scelte), i partiti ritrovano la propria funzione come perno fra interessi privati e strutture pubbliche da sfruttare.
Possiamo vedere agevolmente questo quando parliamo di appalti o lavori da appaltare, in special modo locali: non c’è bisogno di citare casi più o meno famosi di cronaca per avere ben chiaro di cosa si parla, tutti noi ne abbiamo esperienza diretta. Il potere dei partiti risiede proprio nel riuscire a pilotare legalmente (perché la maggior parte delle volte è tutto fatto in maniera regolare, le illegalità sono una piccola parte e non sono il centro del problema) i responsabili, i bandi di gara, le regole e tutto l’humus intorno a tali attività.
Oppure tutti siamo a conoscenza del potere che i partiti hanno nel raccomandare e segnalare per posti di lavoro di vario genere, pubblici o privati: anche qui in maniera del tutto legale, fazioni organizzate riescono a scavalcare i cittadini italiani e, in una situazione occupazionale drammatica come quella che viviamo, diventano il centro di impiego più potente, efficiente e funzionale: per i clienti, i fedelissimi, i “picciotti” ovviamente, e questo si ripercuote su una società sempre più corrotta e corruttibile, ma sempre legalmente! Anche solo la speranza di una raccomandazione crea degli stolti indottrinati, militanti da oratorio fedelissimi alla parola del proprio capo, dal quale aspettano nient’altro che una raccomandazione. La morte dei sogni dei veri democratici, anche se dubitiamo ne siano mai esistiti. Non ci vengano a raccontare dell’importanza dell’impegno e della militanza: i più impegnati dentro ai vari partiti “democratici” sono nient’altro che paramafiosi, parassiti dello Stato, nocivi alla pubblica amministrazione ed alla cosa pubblica in generale.
La vera riforma da attuare è principalmente etica, morale e politica. Se un sistema democratico ha fallito, bisognerà trovarne un altro: il primo passo è liberarsi da chi questo sistema lo protegge ed esporta, ovviamente per i propri interessi. Il primo passo è liberarsi dalla Nato e acquisire sovranità, per poi porre in essere scelte diverse. Ma prima deve essere a tutti chiaro, che ogni militante, ogni quadro di partito è un mafioso, marionetta di chi ci affama.

di Matteo Guinness -

29 febbraio 2012

Un pentito di mafia: “Le stragi del ’93 chieste da Berlusconi e da Dell’Utri”


"Il tramite è stato Mangano". L'ultima rivelazione sulle tentazioni stragiste e sul ruolo svolto dall'ex premier nella stagione di sangue dell'attacco allo Stato è saltata fuori da un verbale del 2000, tenuto segreto per dodici anni, redatto da Giuseppe Monticciolo, il picciotto che Brusca utilizzò per strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo

La strage di via dei Georgofili a Firenze

Le stragi del ’93? A chiederle a Cosa Nostra furono “Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, attraverso il fattore di Arcore, Vittorio Mangano“. L’ultima rivelazione sulle tentazioni stragiste e sul ruolo svolto dall’ex premier nella stagione di sangue dell’attacco allo Stato salta fuori da un verbale del 2000, tenuto segreto per dodici anni, redatto da Giuseppe Monticciolo, il picciotto che Brusca utilizzò per strangolare il piccolo Giuseppe Di Matteo, assassinato a soli 12 anni perché figlio di un pentito. Nel pieno dell’offensiva corleonese contro lo Stato, dopo l’arresto di Totò Riina, Mangano avrebbe indicato a Bagarella “gli attentati che voleva fatti Berlusconi e Dell’Utri”, sottolineando l’assoluta ignoranza dei boss sugli obiettivi da distruggere: “Non sapevo nemmeno che fossero gli Uffizi, si figuri Bagarella”.

L’ordine, per Monticciolo, sarebbe partito da Milano, dal cuore dell’impero Fininvest, dopo che le cosche avevano tentato di uccidere un uomo simbolo della tv berlusconiana: Maurizio Costanzo. Dopo l’attentato a Costanzo, racconta Monticciolo a Chelazzi, presenti l’allora procuratore di Palermo Pietro Grasso e il pm Vittorio Teresi, “Dell’Utri – dice che ha mandato a dire (sempre detto, va bene, da Bagarella) che si dovevano fare… Dice: Allora, visto che sapete fare… visto che sapete arrivare a Costanzo, perché Costanzo non ce lo ha indicato nessuno per fargli l’attentato, dice allora sapete arrivare anche a fare qualcos’altro, per esempio la strage degli Uffizi e via dicendo. E da lì Bagarella ordinò. Perché poi ne parlò direttamente davanti a me con Giovanni Brusca”.

La rivelazione è sconvolgente, nel verbale Chelazzi è puntiglioso, vuole ricostruire tutti i dettagli e domanda se vennero richiesti “un numero definito di attentati”, ricordando quelli di Roma, Firenze e Milano: “Sono stati richiesti – risponde Monticciolo – di volta in volta. Poi la discussione come andavano e come non andavano lo sapevano solo Brusca e Bagarella”. Interrogato più volte sull’argomento, Brusca ha sempre smentito, ammettendo solo che Berlusconi fu avvertito dalla mafia che “la sinistra sapeva” della trattativa. Ma rifiutò di sottoporsi a un confronto con Monticciolo, che aveva già alluso al coinvolgimento di Berlusconi nella stagione stragista. Perché i boss accettarono di eseguire le stragi? La posta in gioco, spiega Monticciolo, è il 41-bis. “A Bagarella – racconta il pentito – premeva che dovevano togliere cioè, le promesse che facevano loro erano quelle di toglierlo e di non esserci più restrizioni nei carceri. Loro, come politici, dicevano che salendo al potere levavano il 41-bis e levavano i restringimenti nelle carceri”.

Le cose andarono diversamente: il 41-bis, tra ammorbidimenti e attenuazioni, è ancora una leva dell’azione antimafia, e i boss non nascosero la delusione: “Berlusconi prima vuole fatte le cose, però lui non viene mai agli impegni che prende”, aggiunge Monticciolo, riportando le parole del boss Bagarella, e spiegando che il cognato di Riina “parlava degli impegni che le stragi venivano fatte e poi lui non si impegnava, nel ’93″. Una delusione che non impedì ai corleonesi di sostenere politicamente Berlusconi: Monticciolo ricorda che nel 1994 Bagarella disse “di cercare i voti per Forza Italia” e che Brusca lo incaricò di “riferirlo agli altri capi mandamento”.

Nonostante le inadempienze di Berlusconi, Bagarella non avrebbe reagito “perché Mangano – scrivono i pm nel verbale riassuntivo dell’interrogatorio di Monticciolo – in qualche modo lo tranquillizzò facendogli osservare che bisognava aver pazienza e che i risultati sarebbero arrivati”. E Monticciolo conclude che fino a quel momento non ha parlato di politica con i magistrati per “paura”: “I politici, manovrati sempre dalla mafia, vogliono che io non parli sulle questioni politiche”. I verbali sono stati acquisiti anche dai pm di Palermo e sono oggetto di valutazione nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa mafia-Stato, nella quale ieri è stato interrogato l’ex ministro Calogero Mannino, indagato per violenza o minaccia al corpo politico dello Stato. Mannino si è avvalso della facoltà di non rispondere.
di Giuseppe Lo Bianco

28 febbraio 2012

Mala tempora currunt



Ogni tramonto brumoso porta in dono un poco di malinconia e quando a tramontare non è una giornata, ma un “mondo” così come lo avevamo conosciuto, l’accento malinconico si fonde con un senso d’inquietudine impossibile da dissimulare. Questa Italia ormai deprivata di qualsiasi dignità, che si trascina incespicando nel fango, ha un che di patetico che infonde nell’animo una sensazione di tristezza infinita. Così come triste ed angosciosa, risulta la penosa agonia del sistema neoliberista, che arranca verso la terza guerra mondiale, nella speranza che possa costituire il mezzo attraverso il quale riuscire a sopravvivere qualche giorno di più.
Malinconioso è il pellegrinaggio del barbogio Napolitano in terra di Sardegna, dove il garante della mangeria di corte si ritrova a ricevere bordate di fischi, mentre caracolla attraverso la callaia dell’umore popolare.
Povero di spirito, ma ricco nel portafogli, si manifesta il bargello Manganelli, costretto a discettare in quel della Camera, intorno ad un terrorismo che non c’è, ma la cui esistenza diventa indispensabile per giustificare il suo stipendio nell’ordine dei 621 mila euro l’anno…..



Tanto opportunista quanto cinico si rivela il borioso giudice Caselli che scientemente usa le contestazioni NO TAV per gli arresti di donne incinta ed innocenti vari, al fine di dare al suo ultimo libro quella salienza che invero esso non possiede.

Estremamente realistici e per nulla turbati da questa Italia che sta inabissandosi più velocemente della Concordia, appaiono il prof. Monti e lacrima Fornero, quando affermano che la riforma (leggasi eutanasia) del lavoro andrà avanti a prescindere da quello che possa essere il giudizio dei sindacati e dei partiti. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il peso specifico di tanti manevoli camerieri è ormai prossimo allo zero e si limita a quello delle loro buste paga sulle spalle dei contribuenti.

Inquietante è la figura del ministro Terzi, sempre più uomo della Nato, che in merito alla vicenda dei due marò arrestati in India, continua a barbugliare frasi sconnesse degne del peggior Frattini.

Avvilenti e molto pericolosi appaiono i burocrati di Bruxelles, che obbedendo agli ordini di Washington impongono nuove sanzioni all’Iran, sulla base di colpe immaginarie che non trovano riscontri nella realtà. Ma ancora più avvilente appare il governo golpista nostrano che avalla dette sanzioni, mentre salassa i cittadini italiani attraverso la benzina venduta a peso d’oro.

Patetica la congrega di sindacalisti d’accatto e pacifinti salottieri che si raduna in quel di Roma per dare supporto alla guerra imperialista contro la Siria, pur fallendo miseramente l’obiettivo, al punto che perfino i media mainstream hanno ritenuto opportuno oscurare i pochi intimi convenuti all’appuntamento.

Angosciante, estremamente angosciante, il bellicismo ostentato dalla Nato, che da mesi lavora alacremente in Siria, con l’ausilio dei belatori mainstream, nella costruzione di un calappio che le permetta di scatenare un conflitto utile per giungere fino a Teheran.

Tutto ciò mentre l’imbrunire, timidamente scolora nella notte, il cielo si tinge di catrame e nel caligare immanente anche la luce dei lampioni sembra farsi più fioca.
di Marco Cedolin

27 febbraio 2012

I Partiti politici: centri di impiego e manovalanza mafiosa




L’importanza dei partiti politici in Italia e nell’Europa occidentale rimane invariato negli anni: possono cambiare le attività principali ed i canali di potere, ma rimangono una delle ossature fondamentali su cui si regge il sistema (non a caso corrotto).
E non si cada nello stereotipo classico secondo cui i problemi dei partiti sarebbero gli sprechi legati al circo di personaggi che li animano, oppure la famosa casta. Chi mette sul piatto tali questioni cerca semplicemente di farci guardare al dito anziché alla luna: una riforma di non si capisce cosa e una gestione più parca dei finanziamenti non cambierebbe di una virgola i problemi che viviamo oggi. Anche perché, se messi a confronto con le reali misure economiche, stiamo parlando di spiccioli, di certo rappresentanti un malgoverno, ma pur sempre di lieve entità.
Quindi i partiti rimangono fondamentali, anche se non per quello che di solito vogliono raccontarci i vari “riformatori” del sistema. Non esistendo differenze di fondo fra i vari partiti sulle scelte di politica generale, di indirizzo e di lungo periodo non è nemmeno questo il ruolo che oggi ricoprono nella nostra società. Il sistema liberale liberista accomuna destra, centro e sinistra, così come le scelte che vengono messe in atto sono per tutti di breve periodo, interessate alla competizione elettorale e all’amministrazione quotidiana. I militanti di un partito -tolte le mode e le posizioni storiche prese più che altro per sentirsi parte di qualcosa, che non frutto di vere riflessioni- sono intercambiabili, figli di una stessa cultura.
Ma allora perché gli iscritti ai partiti (e ai sindacati) rimangono, pur calando la partecipazione elettorale, la stima, la fiducia verso questi gruppi? Perché nella realtà il ruolo dei partiti oggi è relativo alla sfera del clientelismo, o della “famiglia” se vogliamo usare uno stereotipo tutto italiano. Gli iscritti ai partiti, i partner dei partiti, i dirigenti pubblici legati ai partiti non sono altro che membri di una rete di contatti, una rete che pur avendo profondi legami con l’apparato pubblico e statale (dai governi alle amministrazioni locali) è parallela e contigua al potere privato dei partiti (fazioni di cittadini organizzati).
In una società in cui la sovranità del popolo e la democrazia sono criticate e messe in crisi, e lo dimostrano le parole di Monti (secondo il quale riuscirà a fare le “riforme” perché non è stato eletto e non si ripresenterà alle elezioni), oppure lo dimostra il caso greco (non importa la volontà popolare, le misure devono essere implementate e messe in atto proprio al sicuro da un’espressione contraria della popolazione greca che è l’oggetto di tali scelte), i partiti ritrovano la propria funzione come perno fra interessi privati e strutture pubbliche da sfruttare.
Possiamo vedere agevolmente questo quando parliamo di appalti o lavori da appaltare, in special modo locali: non c’è bisogno di citare casi più o meno famosi di cronaca per avere ben chiaro di cosa si parla, tutti noi ne abbiamo esperienza diretta. Il potere dei partiti risiede proprio nel riuscire a pilotare legalmente (perché la maggior parte delle volte è tutto fatto in maniera regolare, le illegalità sono una piccola parte e non sono il centro del problema) i responsabili, i bandi di gara, le regole e tutto l’humus intorno a tali attività.
Oppure tutti siamo a conoscenza del potere che i partiti hanno nel raccomandare e segnalare per posti di lavoro di vario genere, pubblici o privati: anche qui in maniera del tutto legale, fazioni organizzate riescono a scavalcare i cittadini italiani e, in una situazione occupazionale drammatica come quella che viviamo, diventano il centro di impiego più potente, efficiente e funzionale: per i clienti, i fedelissimi, i “picciotti” ovviamente, e questo si ripercuote su una società sempre più corrotta e corruttibile, ma sempre legalmente! Anche solo la speranza di una raccomandazione crea degli stolti indottrinati, militanti da oratorio fedelissimi alla parola del proprio capo, dal quale aspettano nient’altro che una raccomandazione. La morte dei sogni dei veri democratici, anche se dubitiamo ne siano mai esistiti. Non ci vengano a raccontare dell’importanza dell’impegno e della militanza: i più impegnati dentro ai vari partiti “democratici” sono nient’altro che paramafiosi, parassiti dello Stato, nocivi alla pubblica amministrazione ed alla cosa pubblica in generale.
La vera riforma da attuare è principalmente etica, morale e politica. Se un sistema democratico ha fallito, bisognerà trovarne un altro: il primo passo è liberarsi da chi questo sistema lo protegge ed esporta, ovviamente per i propri interessi. Il primo passo è liberarsi dalla Nato e acquisire sovranità, per poi porre in essere scelte diverse. Ma prima deve essere a tutti chiaro, che ogni militante, ogni quadro di partito è un mafioso, marionetta di chi ci affama.

di Matteo Guinness -