05 giugno 2012

Bilderberg 2012: più grande e cattiva che mai

Appena la conferenza entra nel pieno svolgimento, Charlie Skelton da soddisfazione ai media dell’altra informazione e alle loro macchine fotografiche da $ 700 : sono tutti convinti che i loro fratelli maggiori delle reti generaliste stiano mancando la notizia. "Per non essere utilizzati come barriere di sicurezza" era l'avvertimento sulle barriere di sicurezza che la polizia aveva messo intorno ai cancelli del Bilderberg. I poliziotti erano rigidi ma corretti. "Signora, si allontani con i palloncini", hanno chiesto a una manifestante, che salutava con rabbia l’arrivo di una limousine. "Ma questo è un diritto del primo emendamento", ha urlato. Ti do tutti i miei palloncini se riesci a strapparmeli dalle mie mani fredde come la morte. E 'difficile sembrare infuriati con i palloncini in mano, ma in qualche modo c’è riuscita. Si sente molta rabbia tra la folla di quest'anno - un grande boato accoglie ogni delegato quando scende davanti all’albergo. Personalmente, penso che la folla qualche volta sia stata un po’ dura, quando chiamava tutti "avanzo di galera, ladro!" perché se guardo la lista dei delegati, solo i due terzi di quelli che arrivano potrebbero ragionevolmente essere chiamato così. La lista ufficiale dei partecipanti è stata rilasciata all'inizio di quest'anno. Un apprezzamento è dovuto: Ha fatto bene Bilderberg cominciando a comportarsi come un vertice politico ormai adulto. Un buon inizio così merita un riconoscimento positivo - mi verrebbe da scompigliare i capelli a Henry Kissinger e tirargli una polpettina di carne. Ma, credo che potrei essere eliminato da un cecchino, molto prima che riuscire ad avvicinarmi alla sua sedia a rotelle. Se avessi potuto sapere quello che pensava il senatore John Kerry, che quest'anno siede a fianco del Governatore Mitch Daniels dell'Indiana, credo che tutti e due mi avrebbero preso per un braccio ciascuno per trascinarmi fuori dalla sala delle conferenze e farmi buttare giù nel parcheggio da Mark Rutte, il Primo Ministro Olandese, mentre Michael Noonan, Ministro Irlandese delle Finanze, mi avrebbe preso a volentieri a male parole. Cosa tra l'altro, che sarebbe una novità per me : L'Irlanda ce l’ ha un Ministro delle Finanze? Che bel mucchio di politici abbiamo al Bilderberg di quest'anno. Una boccata di ossigeno per la democrazia. Non so se Lord Mandelson è un dipendente pubblico, ma c’è anche lui qui, e viene regolarmente in questi giorni. Mandelson fa di tutto, a modo suo, per un mondo migliore insieme al Ministro delle Finanze polacco, il Ministro delle Finanze finlandese – e poi…. ma chi è questo ? Ma ci sarà quest’anno alla cara vecchia Bilderberg, il Lord Cancelliere, Kenneth Clarke MP? Nessuna meraviglia che l'addetto stampa del Ministero della Giustizia la settimana scorsa fosse così restio a parlare: ". Non sono in grado di negare o confermare la presenza del ministro" Mah, forse sarà questa la trasparenza che Ken vuole sia messa in pratica, proprio come aveva detto pochi mesi fa: "La trasparenza è il vaccino più efficace contro la corruzione pubblica che qualsiasi paese può avere. C'è un forte interesse del pubblico perché tutte le informazioni sul governo siano disponibili a tutti." Quanto è vero ! Sento arrivare una richiesta di libertà di informazioni. La presenza di Ken sostituisce in qualche modo l'assenza dell’anno: non ci sarà David Rockefeller ! Cosa avrà potuto trattenere il novantaseienne mega-banchiere dal buttarsi nell’orgia del suo amatissimo denaro? Credo che abbia dovuto riprogrammare la sua presenza annuale al grande Concorso “ Mordi i Capi dei Piccoli mammiferi. Povero David, che periodaccio. " Ma ha un nome da difendere. Anche senza Rocky però è arrivato un cast stellare dal mondo bancario e finanziario. Qualche pezzo classico come Agius e Flint (di Barclays e HSBC), e un nuovo nome appare sul radar - Michael J Evans – con l’elegante titolo: vice-presidente, Global Head dei mercati in crescita della Goldman Sachs. Evans sarà presente assieme ai suoi colleghi stimati, James A. Johnson (direttore della Goldman Sachs) e Peter Sutherland (presidente della Goldman Sachs International) - gli ultimi due entrambi membri del gruppo direttivo del Bilderberg. La forte presenza di Goldman quest'anno, mi rassicura sugli sforzi benigni e meritevoli che farà la Bilderberg. Vogliono solo andare avanti e aiutarci, in silenzio e in segreto. Come una fusione societaria tra Babbo Natale e un amichevole piovra gigante. Un altro bel tomo dal mondo bancario è Timothy C. Collins. Tim è nel consiglio di Citigroup, ha una sua compagna di private equity (Ripplewood Holdings) ed è direttore della 'Tony Blair Faith Foundation, USA'. Dei tre, non so di chi fidarmi meno. A proposito di Blair, c'è qualche novità su Tony Blair, appena uscita sulla Bilderberg. Blair, come sappiamo, ha partecipato alla conferenza Bilderberg nel 1993. Anche se aveva detto al Parlamento di non esserci andato. Così non c’è stato : a meno che non abbia mentito al Parlamento. Vediamo ora. Un Q & A scritta di marzo 1998: Mr. Christopher Gill MP: Richiesta al Primo Ministro su quali membri del suo governo hanno partecipato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Il Primo Ministro : Nessuno. Ma ecco la cosa è stato appena pubblicato un filmato dagli attivisti di We Are Change, che si è preso la libertà di mettere un microfono in faccia a Tony e ripetergli la stessa domanda. Stessa domanda. Risposta diversa. "Sì, è un gruppo davvero utile in realtà, mi ricordo tornando al 1993, e noi, ehm ... è un ottimo modo per persone provenienti da diverse parti del mondo per stare insieme, um, quindi è stata cosa buona." Forse la proprietà sintattica di Blair è diminuita, ma la sua memoria sembra essere migliorata nei 14 anni da quando ha negato di essere andato. Succede. E’ una stana malattia - una specie di Alzheimer. A rovescio. Dopo l'ammissione imbarazzante viene la domanda killer: "Conflitto di interessi?" Appare lo sconforto sul volto di Tony Blair a questa domanda. La sua risposta è sostanzialmente: "Yeah Um.». E allora c’è da chiedersi perché un politico così esperto avrebbe raccontato una bugia così stupida, in un primo momento. Luca Rudkowski è quello che ha pubblicato lo spot su Blair ed è qui a Chantilly, fuori dalla Bilderberg, con una apparecchiatura addosso da fare invidia a un astronauta. "E 'enorme", dice, mentre riprende la folla. E la folla continuare ad aumentare. Nel primo pomeriggio di giovedì, ci sono oltre 200 persone, e continuano a salire. Odio maledire Bilderberg 2012, ma dicendolo, tanto presto, sembra che ... questa potrebbe essere la grande svolta. "Chiunque fa il cittadino reporter in questi giorni", dice Rudkowski - e mentre lo dice, ci stanno filmando da “Occupy Portland”. E da una collinetta erbosa, la polizia sta filmandoci mentre veniamo filmati. Ci sono così tante telecamere qui, tanti documentaristi in erba, tanti giovani, determinazione, consapevolezza tecnologia e buon senso politico - se fossi stato Henry Kissinger, farei buttare altro napalm, proprio davanti ai cancelli del Marriott. La stampa generalista ha lasciato cadere la palla sul Bilderberg, anzi, non sono nemmeno sicuro che ce l’abbia mai avuta in mano. Così gente come Rudkowski ha dovuto intervenire, raccogliere la palla, e re-editarla, per prendere il timone e metterlo in linea con i commenti necessari. Al Bilderberg 2012, la stampa generalista è semplicemente passata oltre. E ci sono io con la mia penna e il blocco note, che intervisto Luca, mentre lui è in diretta. Mi sento come un uomo delle caverne con un brutto taglio di capelli che parla con un astronauta. Chiedo a Luca perché è venuto. "Cerco di non fare teoria. Vado alla fonte. Cerco di scoprire esattamente cosa sta succedendo." Rudkowski ha usato un articolo che avevo scritto sul Bilderberg 2010 per mettere Blair al posto suo. Nel mio pezzo, avrei usato le prove disponibili online per chiamare Blair bugiardo. Rudkowski è andato a guardare dentro la bocca del cavallo. "C'è una ragione perché ha mentito e mostra qualcosa che sta succedendo. Più domande faccio su Bilderberg, più domande vengono . C'è sempre molto di più nella storia di quello che ti stanno dicendo". Che, ad essere onesti, non è molto. Il Gruppo Bilderberg non è molto bravo a parlare di sé, ed è un peccato perché sarebbe un bel racconto. Rudkowski è qui anche "per aprire un dialogo", dice. "Conversazione e comunicazione possono aiutare a risolvere molti dei problemi che stiamo affrontando." Anche se non sono sicuro che alcune delle cose dette da Blair in quel video potrebbero ragionevolmente essere riportate come " dialogo aperto". Un altro luminare dei nuovi media al lavoro i cancelli del Bilderberg è Jason Bermas, di Loose Change. E’ appena arrivato da New York. " E sono riuscito ad evitare tutti i body scanners!" Ha con sé la sua macchina fotografica da $ 700, "Perché dobbiamo essere qui. I media hanno migliaia di miliardi di dollari da spendere, e non sono qui. Ma noi abbiamo la tecnologia, e credo che la tecnologia sia la potenza che potrà schiarire l'oscurità. " La corrente salta di qualche migliaio di watt quando arriva un SUV e salta fuori il “Oprah Winfrey” dei media alternativi: Alex Jones. In milioni ascoltano le sue invettive quotidiane contro l 'impero dei banchieri'. Trasmette il suo show in diretta dal blocco della polizia, in streaming video, è un modo per educare la polizia sulle strutture del potere globale e un minuto dopo qualche delegato di quei poveri miliardari cerca di scivolare dentro inosservato. "La risposta al 1984?" urla Jones. "1776!" ruggisce la folla. E’ una specie di show in diretta televisiva interattiva che mostra la notizia con boati di protesta che salgono dalla fossa dei leoni, e tutti si sentono parte di questa protesta. Il muro tra le persone e gli eventi – malgrado la vecchia e polverosa barriera di sicurezza che divide le notizie dai suoi consumatori - sta crollando intorno a Bilderberg. Questo è il lavoro dei Media oggi. Sono qui, sotto il sole della Virginia, che lavorano sodo. Livestreaming – uploading - swapping data - checking audio feeds - in breve, riportano la notizia. E perché? Risposta breve: Perché non lo fa la CNN. Per essere onesti con questi dinosauri della stampa, quest'anno è arrivato un giornalista vero, della stampa ufficiale per il Bilderberg: il Washington Times ha inviato Ben Wolfgang, che ha scritto un pezzo estremamente dignitoso - così si fa, informazione generalista: si può fare. Si può anche arrivare in ritardo alla festa, ma c'è ancora tanto da bere dietro al bancone. Versatevi qualcosa da bere, e parliamo di macchinazioni transnazionali dell' élite tecnocratica delle banche. Magari potreste anche sedervi perché ci potrebbe volere un po’ di tempo. Allora tutto è iniziato con Platone ... di Charlie Skelton

04 giugno 2012

L'Italia nelle mani del Bilderberg e soci

Siamo stretti alla gola, immobilizzati, ridotti alla paralisi davanti a un suicidio al giorno, perché ci troviamo nelle mani di banchieri che non sono soltanto banchieri ma anche membri della Commissione Trilaterale, del Club Bilderberg, dell’Aspen Institute, associazioni massoniche che gestiscono in Europa il potere ai massimi livelli e che non lavorano per noi ma per realizzare il Governo mondiale. L’Italia ne dipende in assoluto perché sono sempre appartenuti a qualcuna di queste associazioni i massimi esponenti dei partiti di sinistra. Nel suo prezioso “angolo” del “Giornale” Paolo Granzotto elenca fra i nomi dei possibili candidati alla presidenza della Repubblica quelli di Giuliano Amato, Romano Prodi, Mario Monti, tutti importantissimi membri del Bilderberg, dell’Aspen Institut, della Trilateral Commission e operatori del governo mondiale. È il motivo principale per il quale bisognerebbe realizzare la proposta del Pdl di far eleggere il presidente della repubblica dai cittadini, unico sistema per sfuggire al nostro eterno destino di avere un presidente scelto da queste associazioni. Sarebbe necessario, però, lasciare intatta la forma costituzionale dei suoi poteri, visto che tutto l’assetto politico italiano andrebbe cambiato e non è possibile farlo in breve tempo, mentre si dovrebbe affiancare alla proposta di elezione diretta del presidente della repubblica un’iniziativa d’azione concreta per affrontare i problemi urgentissimi della sopravvivenza economica. Nessun partito, oggi, può permettersi di non parlare della realtà fallimentare in cui ci troviamo a vivere, praticamente “alla giornata”, guardando gli indici di borsa o lo spread, aspettando le elezioni in Grecia o il fallimento delle banche spagnole, con un governo di emergenza che ha trasformato l’emergenza in lungo, luttuoso stato di normalità, inventando ogni giorno una tassa e inducendo i governati alla disperazione. Non si può sopportare più neanche un suicidio senza addebitarlo alla volontà di distruggere la nazione italiana (o alla incapacità di governarla) e senza pretendere dai politici ancora in carica di scuotersi dalla comoda inerzia nella quale si sono adagiati. Il problema è la moneta? Ebbene il Pdl come gli altri partiti dicano esplicitamente cosa vogliono fare della moneta perché è di questo che ha parlato Grillo ed è per questo che ha realizzato il suo movimento attraverso il web. Nel web si discute appassionatamente ormai da anni dei problemi della sovranità monetaria, di come i politici abbiano ceduto ai banchieri il diritto di battere moneta, così come basta un clic per trovare i nomi di tutte le associazioni che lavorano alla realizzazione del governo mondiale e i nomi dei loro membri, inclusi quelli italiani. Nel web sono presenti e a disposizione dei lettori centinaia di ipotesi e di simulazioni eseguite da famosi economisti sul futuro dell’euro, vantaggi e svantaggi del rimanere nella moneta unica. Non conviene a nessuno, ma soprattutto non conviene ai politici mantenere il silenzio sulle due direzioni antitetiche che ormai si contendono la politica sia a livello dei singoli stati che a livello mondiale: quella che vuole conservare le nazioni e l’indipendenza dei popoli e quella che vuole eliminare il più possibile le differenze fra i popoli e fra gli stati per giungere alla totale uguaglianza e a un governo globale. La crisi dell’Europa obbliga tutti a prendere posizione pro o contro la globalizzazione perché l’unificazione europea non è un fine in se stessa ma il passo determinante verso il governo mondiale. La sinistra sta dove stava, ma sembra vincente perché è stata sempre mondialista, mentre quei partiti di centro destra che, contrariamente a quanto è stato fatto in Francia e in Germania, non hanno detto con chiarezza quali fossero le loro intenzioni, sono diventati all’improvviso debolissimi come è successo in Italia. Se non vogliono morire debbono uscire allo scoperto e decidere in quale direzione andare. di Ida Magli

03 giugno 2012

La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud

La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud Constatare che la società occidentale dipenda dall’informazione è certamente un truismo logico. La conoscenza degli avvenimenti ma anche la capacità di apportare rapidamente delle risposte pertinenti sono diventate parte integrante della società attuale. Ebbene, in materia di guerra dell’informazione, si è messo eccessivamente l’accento sulla dipendenza crescente dell’Occidente nei confronti della tecnologia dell’informazione; tuttavia le vere minacce non sono solo nel settore tecnologico ma sulla dimensione dell’influenza dell’informazione. Pensiamo al fatto che il terrorismo può essere visto anche come una maniera di comunicare. Ad ogni modo, a differenza delle armi tradizionali, quelle della guerra dell’informazione sono utilizzabili in tutti i tempi sia per servire interessi economici sia per neutralizzare la concorrenza internazionale. Inoltre, la loro messa in opera risulta estremamente agevole e queste armi possono esser utilizzate o da organizzazioni o da individui. La dimensione della guerra dell’informazione comprende tre aspetti: 1. La guerra informatica o guerra numerica relativa alla distruzione delle infrastrutture informatiche e che mira a paralizzare gli schemi difensivi dell’avversario; 2. La guerra del sapere che ha come obiettivo l’acquisizione, la circolazione e l’integrazione delle informazioni necessarie a mantenere una conoscenza superiore rispetto all’avversario per potersene poi avvantaggiare in ambito operativo; 3. La guerra d’influenza che è volta a manipolare le opinioni religiose e politiche al fine di agevolare l’azione contro la parte avversaria. Anche se questi tre aspetti sono autonomi sono tuttavia strettamente interdipendenti. Non bisogna dimenticare che nella lotta al terrorismo, l’Occidente ha concentrato con eccessiva frequenza la sua attenzione solo sulla dimensione informatica; al contrario, la reale vulnerabilità delle società democratiche si situa nel contesto dell’influenza che costituisce, ribadiamo, il campo d’azione del terrorismo. Ebbene, l’intelligence deve intervenire all’interno della guerra dell’informazione – come d’altra parte all’interno delle altre forma di conflitto – come elemento per prendere decisioni e non come arma. Non c’è dubbio, a tale proposito, che l’intelligence avendo come suo obiettivo la conoscenza dell’avversario, può servirsene a livello di guerra informativa per conoscere i punti deboli e per attuare una campagna di influenza. Volgiamo ora la nostra attenzione alla guerra del sapere che comprende tutti i metodi e i processi per acquisire, esplorare e diffondere le informazioni necessarie in ambito operativo. L’acquisizione dell’informazione in tutte le sue forme, anche quella informatica, fa parte delle guerre e implica non soltanto di poter avere notizie maggiori rispetto all’avversario ma anche di avere accesso più rapidamente alle fonti informative al fine di poter agire in modo più efficace. Di conseguenza la guerra del sapere comprende misure di camuffamento e di protezione dell’informazione – le cosiddette misure passive – ma comprende anche gli strumenti destinati a ingannare l’avversario sulle nostre intenzioni operative reali (le cosiddette misure attive). Inoltre, la guerra del sapere è un elemento che si trova anche all’interno dei meccanismi della gestione industriale poiché essa integra la nozione di intelligence economica ma anche i meccanismi di gestione della conoscenza, i processi di diffusione del sapere con i meccanismi di protezione. Per quanto riguarda la guerra di influenza, essa non rappresenta solamente una minaccia assai concreta ma sta alla base di numerosi conflitti asimmetrici. Infatti questa riguarda, in primo luogo, l’uso dei media e l’utilizzazione dei messaggi destinati a influenzare o manipolare l’opinione pubblica (o comunque le decisioni politiche). La società democratica basata sulla circolazione fluida dell’informazione non accetta – almeno apertamente – una pratica attiva di influenza; nonostante ciò le nostre società democratiche sono molto vulnerabili alla manipolazione informativa. Naturalmente questa manipolazione non viene fatta solo dagli Stati ma anche da gruppi di pressione privati e può rivestire un ruolo considerevole nell’influenzare l’opinione pubblica. In secondo luogo, le azioni di influenza devono necessariamente mirare al conseguimento di obiettivi strategici, devono essere conosciute congiuntamente sia nell’ambito civile che in quello militare, devono essere controllate per conseguire obiettivi psicologici specifici, essere fondate su una stretta collaborazione tra organismi di intelligence civili e militari; quanto alle azioni di influenza, queste rispondono ad una finalità fondamentale e cioè a quella di restaurare o mantenere la fiducia della popolazione civile all’interno dell’autorità o indebolire la volontà combattiva delle forze avversarie. Allo scopo di conseguire in modo efficace questi obiettivi, le azioni d’influenza devono essere condotte come se fossero operazioni militari e quindi sulla base di informative obiettive non faziose. Naturalmente questi obiettivi possono essere condotti attraverso operazioni discrete che comprendano la propaganda e la disinformazione. D’altra parte, valorizzare la propria potenza – denigrando o compromettendo quella dell’avversario attraverso la disinformazione, ha sempre fatto parte dell’arte della guerra. In una società aperta e democratica la manipolazione dell’opinione pubblica resta certamente possibile ma si deve attuare attraverso nuove forme. Nel contesto della lotta al terrorismo, l’informazione rimane un elemento determinante e nella guerra dell’informazione deve articolarsi secondo questi tre obiettivi: a)vi deve essere una matrice informativa a monte della presa di decisione operativa che suppone una capacità di generare la conoscenza del campo di battaglia e di integrarla insieme alle informazioni necessarie per gestire e condurre una guerra (concerne sostanzialmente la capacità di anticipare il nemico); b)la matrice di informazione che si trova a valle della decisione che è volta ad acquisire e mantenere i mezzi tecnici e i processi di comando e di condotta che permettono di seguire una determinata missione; c)la matrice della comunicazione tra lo Stato e l’opinione pubblica relativa alla gestione e alla percezione del conflitto. di Giuseppe Gagliano

05 giugno 2012

Bilderberg 2012: più grande e cattiva che mai

Appena la conferenza entra nel pieno svolgimento, Charlie Skelton da soddisfazione ai media dell’altra informazione e alle loro macchine fotografiche da $ 700 : sono tutti convinti che i loro fratelli maggiori delle reti generaliste stiano mancando la notizia. "Per non essere utilizzati come barriere di sicurezza" era l'avvertimento sulle barriere di sicurezza che la polizia aveva messo intorno ai cancelli del Bilderberg. I poliziotti erano rigidi ma corretti. "Signora, si allontani con i palloncini", hanno chiesto a una manifestante, che salutava con rabbia l’arrivo di una limousine. "Ma questo è un diritto del primo emendamento", ha urlato. Ti do tutti i miei palloncini se riesci a strapparmeli dalle mie mani fredde come la morte. E 'difficile sembrare infuriati con i palloncini in mano, ma in qualche modo c’è riuscita. Si sente molta rabbia tra la folla di quest'anno - un grande boato accoglie ogni delegato quando scende davanti all’albergo. Personalmente, penso che la folla qualche volta sia stata un po’ dura, quando chiamava tutti "avanzo di galera, ladro!" perché se guardo la lista dei delegati, solo i due terzi di quelli che arrivano potrebbero ragionevolmente essere chiamato così. La lista ufficiale dei partecipanti è stata rilasciata all'inizio di quest'anno. Un apprezzamento è dovuto: Ha fatto bene Bilderberg cominciando a comportarsi come un vertice politico ormai adulto. Un buon inizio così merita un riconoscimento positivo - mi verrebbe da scompigliare i capelli a Henry Kissinger e tirargli una polpettina di carne. Ma, credo che potrei essere eliminato da un cecchino, molto prima che riuscire ad avvicinarmi alla sua sedia a rotelle. Se avessi potuto sapere quello che pensava il senatore John Kerry, che quest'anno siede a fianco del Governatore Mitch Daniels dell'Indiana, credo che tutti e due mi avrebbero preso per un braccio ciascuno per trascinarmi fuori dalla sala delle conferenze e farmi buttare giù nel parcheggio da Mark Rutte, il Primo Ministro Olandese, mentre Michael Noonan, Ministro Irlandese delle Finanze, mi avrebbe preso a volentieri a male parole. Cosa tra l'altro, che sarebbe una novità per me : L'Irlanda ce l’ ha un Ministro delle Finanze? Che bel mucchio di politici abbiamo al Bilderberg di quest'anno. Una boccata di ossigeno per la democrazia. Non so se Lord Mandelson è un dipendente pubblico, ma c’è anche lui qui, e viene regolarmente in questi giorni. Mandelson fa di tutto, a modo suo, per un mondo migliore insieme al Ministro delle Finanze polacco, il Ministro delle Finanze finlandese – e poi…. ma chi è questo ? Ma ci sarà quest’anno alla cara vecchia Bilderberg, il Lord Cancelliere, Kenneth Clarke MP? Nessuna meraviglia che l'addetto stampa del Ministero della Giustizia la settimana scorsa fosse così restio a parlare: ". Non sono in grado di negare o confermare la presenza del ministro" Mah, forse sarà questa la trasparenza che Ken vuole sia messa in pratica, proprio come aveva detto pochi mesi fa: "La trasparenza è il vaccino più efficace contro la corruzione pubblica che qualsiasi paese può avere. C'è un forte interesse del pubblico perché tutte le informazioni sul governo siano disponibili a tutti." Quanto è vero ! Sento arrivare una richiesta di libertà di informazioni. La presenza di Ken sostituisce in qualche modo l'assenza dell’anno: non ci sarà David Rockefeller ! Cosa avrà potuto trattenere il novantaseienne mega-banchiere dal buttarsi nell’orgia del suo amatissimo denaro? Credo che abbia dovuto riprogrammare la sua presenza annuale al grande Concorso “ Mordi i Capi dei Piccoli mammiferi. Povero David, che periodaccio. " Ma ha un nome da difendere. Anche senza Rocky però è arrivato un cast stellare dal mondo bancario e finanziario. Qualche pezzo classico come Agius e Flint (di Barclays e HSBC), e un nuovo nome appare sul radar - Michael J Evans – con l’elegante titolo: vice-presidente, Global Head dei mercati in crescita della Goldman Sachs. Evans sarà presente assieme ai suoi colleghi stimati, James A. Johnson (direttore della Goldman Sachs) e Peter Sutherland (presidente della Goldman Sachs International) - gli ultimi due entrambi membri del gruppo direttivo del Bilderberg. La forte presenza di Goldman quest'anno, mi rassicura sugli sforzi benigni e meritevoli che farà la Bilderberg. Vogliono solo andare avanti e aiutarci, in silenzio e in segreto. Come una fusione societaria tra Babbo Natale e un amichevole piovra gigante. Un altro bel tomo dal mondo bancario è Timothy C. Collins. Tim è nel consiglio di Citigroup, ha una sua compagna di private equity (Ripplewood Holdings) ed è direttore della 'Tony Blair Faith Foundation, USA'. Dei tre, non so di chi fidarmi meno. A proposito di Blair, c'è qualche novità su Tony Blair, appena uscita sulla Bilderberg. Blair, come sappiamo, ha partecipato alla conferenza Bilderberg nel 1993. Anche se aveva detto al Parlamento di non esserci andato. Così non c’è stato : a meno che non abbia mentito al Parlamento. Vediamo ora. Un Q & A scritta di marzo 1998: Mr. Christopher Gill MP: Richiesta al Primo Ministro su quali membri del suo governo hanno partecipato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Il Primo Ministro : Nessuno. Ma ecco la cosa è stato appena pubblicato un filmato dagli attivisti di We Are Change, che si è preso la libertà di mettere un microfono in faccia a Tony e ripetergli la stessa domanda. Stessa domanda. Risposta diversa. "Sì, è un gruppo davvero utile in realtà, mi ricordo tornando al 1993, e noi, ehm ... è un ottimo modo per persone provenienti da diverse parti del mondo per stare insieme, um, quindi è stata cosa buona." Forse la proprietà sintattica di Blair è diminuita, ma la sua memoria sembra essere migliorata nei 14 anni da quando ha negato di essere andato. Succede. E’ una stana malattia - una specie di Alzheimer. A rovescio. Dopo l'ammissione imbarazzante viene la domanda killer: "Conflitto di interessi?" Appare lo sconforto sul volto di Tony Blair a questa domanda. La sua risposta è sostanzialmente: "Yeah Um.». E allora c’è da chiedersi perché un politico così esperto avrebbe raccontato una bugia così stupida, in un primo momento. Luca Rudkowski è quello che ha pubblicato lo spot su Blair ed è qui a Chantilly, fuori dalla Bilderberg, con una apparecchiatura addosso da fare invidia a un astronauta. "E 'enorme", dice, mentre riprende la folla. E la folla continuare ad aumentare. Nel primo pomeriggio di giovedì, ci sono oltre 200 persone, e continuano a salire. Odio maledire Bilderberg 2012, ma dicendolo, tanto presto, sembra che ... questa potrebbe essere la grande svolta. "Chiunque fa il cittadino reporter in questi giorni", dice Rudkowski - e mentre lo dice, ci stanno filmando da “Occupy Portland”. E da una collinetta erbosa, la polizia sta filmandoci mentre veniamo filmati. Ci sono così tante telecamere qui, tanti documentaristi in erba, tanti giovani, determinazione, consapevolezza tecnologia e buon senso politico - se fossi stato Henry Kissinger, farei buttare altro napalm, proprio davanti ai cancelli del Marriott. La stampa generalista ha lasciato cadere la palla sul Bilderberg, anzi, non sono nemmeno sicuro che ce l’abbia mai avuta in mano. Così gente come Rudkowski ha dovuto intervenire, raccogliere la palla, e re-editarla, per prendere il timone e metterlo in linea con i commenti necessari. Al Bilderberg 2012, la stampa generalista è semplicemente passata oltre. E ci sono io con la mia penna e il blocco note, che intervisto Luca, mentre lui è in diretta. Mi sento come un uomo delle caverne con un brutto taglio di capelli che parla con un astronauta. Chiedo a Luca perché è venuto. "Cerco di non fare teoria. Vado alla fonte. Cerco di scoprire esattamente cosa sta succedendo." Rudkowski ha usato un articolo che avevo scritto sul Bilderberg 2010 per mettere Blair al posto suo. Nel mio pezzo, avrei usato le prove disponibili online per chiamare Blair bugiardo. Rudkowski è andato a guardare dentro la bocca del cavallo. "C'è una ragione perché ha mentito e mostra qualcosa che sta succedendo. Più domande faccio su Bilderberg, più domande vengono . C'è sempre molto di più nella storia di quello che ti stanno dicendo". Che, ad essere onesti, non è molto. Il Gruppo Bilderberg non è molto bravo a parlare di sé, ed è un peccato perché sarebbe un bel racconto. Rudkowski è qui anche "per aprire un dialogo", dice. "Conversazione e comunicazione possono aiutare a risolvere molti dei problemi che stiamo affrontando." Anche se non sono sicuro che alcune delle cose dette da Blair in quel video potrebbero ragionevolmente essere riportate come " dialogo aperto". Un altro luminare dei nuovi media al lavoro i cancelli del Bilderberg è Jason Bermas, di Loose Change. E’ appena arrivato da New York. " E sono riuscito ad evitare tutti i body scanners!" Ha con sé la sua macchina fotografica da $ 700, "Perché dobbiamo essere qui. I media hanno migliaia di miliardi di dollari da spendere, e non sono qui. Ma noi abbiamo la tecnologia, e credo che la tecnologia sia la potenza che potrà schiarire l'oscurità. " La corrente salta di qualche migliaio di watt quando arriva un SUV e salta fuori il “Oprah Winfrey” dei media alternativi: Alex Jones. In milioni ascoltano le sue invettive quotidiane contro l 'impero dei banchieri'. Trasmette il suo show in diretta dal blocco della polizia, in streaming video, è un modo per educare la polizia sulle strutture del potere globale e un minuto dopo qualche delegato di quei poveri miliardari cerca di scivolare dentro inosservato. "La risposta al 1984?" urla Jones. "1776!" ruggisce la folla. E’ una specie di show in diretta televisiva interattiva che mostra la notizia con boati di protesta che salgono dalla fossa dei leoni, e tutti si sentono parte di questa protesta. Il muro tra le persone e gli eventi – malgrado la vecchia e polverosa barriera di sicurezza che divide le notizie dai suoi consumatori - sta crollando intorno a Bilderberg. Questo è il lavoro dei Media oggi. Sono qui, sotto il sole della Virginia, che lavorano sodo. Livestreaming – uploading - swapping data - checking audio feeds - in breve, riportano la notizia. E perché? Risposta breve: Perché non lo fa la CNN. Per essere onesti con questi dinosauri della stampa, quest'anno è arrivato un giornalista vero, della stampa ufficiale per il Bilderberg: il Washington Times ha inviato Ben Wolfgang, che ha scritto un pezzo estremamente dignitoso - così si fa, informazione generalista: si può fare. Si può anche arrivare in ritardo alla festa, ma c'è ancora tanto da bere dietro al bancone. Versatevi qualcosa da bere, e parliamo di macchinazioni transnazionali dell' élite tecnocratica delle banche. Magari potreste anche sedervi perché ci potrebbe volere un po’ di tempo. Allora tutto è iniziato con Platone ... di Charlie Skelton

04 giugno 2012

L'Italia nelle mani del Bilderberg e soci

Siamo stretti alla gola, immobilizzati, ridotti alla paralisi davanti a un suicidio al giorno, perché ci troviamo nelle mani di banchieri che non sono soltanto banchieri ma anche membri della Commissione Trilaterale, del Club Bilderberg, dell’Aspen Institute, associazioni massoniche che gestiscono in Europa il potere ai massimi livelli e che non lavorano per noi ma per realizzare il Governo mondiale. L’Italia ne dipende in assoluto perché sono sempre appartenuti a qualcuna di queste associazioni i massimi esponenti dei partiti di sinistra. Nel suo prezioso “angolo” del “Giornale” Paolo Granzotto elenca fra i nomi dei possibili candidati alla presidenza della Repubblica quelli di Giuliano Amato, Romano Prodi, Mario Monti, tutti importantissimi membri del Bilderberg, dell’Aspen Institut, della Trilateral Commission e operatori del governo mondiale. È il motivo principale per il quale bisognerebbe realizzare la proposta del Pdl di far eleggere il presidente della repubblica dai cittadini, unico sistema per sfuggire al nostro eterno destino di avere un presidente scelto da queste associazioni. Sarebbe necessario, però, lasciare intatta la forma costituzionale dei suoi poteri, visto che tutto l’assetto politico italiano andrebbe cambiato e non è possibile farlo in breve tempo, mentre si dovrebbe affiancare alla proposta di elezione diretta del presidente della repubblica un’iniziativa d’azione concreta per affrontare i problemi urgentissimi della sopravvivenza economica. Nessun partito, oggi, può permettersi di non parlare della realtà fallimentare in cui ci troviamo a vivere, praticamente “alla giornata”, guardando gli indici di borsa o lo spread, aspettando le elezioni in Grecia o il fallimento delle banche spagnole, con un governo di emergenza che ha trasformato l’emergenza in lungo, luttuoso stato di normalità, inventando ogni giorno una tassa e inducendo i governati alla disperazione. Non si può sopportare più neanche un suicidio senza addebitarlo alla volontà di distruggere la nazione italiana (o alla incapacità di governarla) e senza pretendere dai politici ancora in carica di scuotersi dalla comoda inerzia nella quale si sono adagiati. Il problema è la moneta? Ebbene il Pdl come gli altri partiti dicano esplicitamente cosa vogliono fare della moneta perché è di questo che ha parlato Grillo ed è per questo che ha realizzato il suo movimento attraverso il web. Nel web si discute appassionatamente ormai da anni dei problemi della sovranità monetaria, di come i politici abbiano ceduto ai banchieri il diritto di battere moneta, così come basta un clic per trovare i nomi di tutte le associazioni che lavorano alla realizzazione del governo mondiale e i nomi dei loro membri, inclusi quelli italiani. Nel web sono presenti e a disposizione dei lettori centinaia di ipotesi e di simulazioni eseguite da famosi economisti sul futuro dell’euro, vantaggi e svantaggi del rimanere nella moneta unica. Non conviene a nessuno, ma soprattutto non conviene ai politici mantenere il silenzio sulle due direzioni antitetiche che ormai si contendono la politica sia a livello dei singoli stati che a livello mondiale: quella che vuole conservare le nazioni e l’indipendenza dei popoli e quella che vuole eliminare il più possibile le differenze fra i popoli e fra gli stati per giungere alla totale uguaglianza e a un governo globale. La crisi dell’Europa obbliga tutti a prendere posizione pro o contro la globalizzazione perché l’unificazione europea non è un fine in se stessa ma il passo determinante verso il governo mondiale. La sinistra sta dove stava, ma sembra vincente perché è stata sempre mondialista, mentre quei partiti di centro destra che, contrariamente a quanto è stato fatto in Francia e in Germania, non hanno detto con chiarezza quali fossero le loro intenzioni, sono diventati all’improvviso debolissimi come è successo in Italia. Se non vogliono morire debbono uscire allo scoperto e decidere in quale direzione andare. di Ida Magli

03 giugno 2012

La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud

La guerra dell’informazione nell’ interpretazione di Jacques Baud Constatare che la società occidentale dipenda dall’informazione è certamente un truismo logico. La conoscenza degli avvenimenti ma anche la capacità di apportare rapidamente delle risposte pertinenti sono diventate parte integrante della società attuale. Ebbene, in materia di guerra dell’informazione, si è messo eccessivamente l’accento sulla dipendenza crescente dell’Occidente nei confronti della tecnologia dell’informazione; tuttavia le vere minacce non sono solo nel settore tecnologico ma sulla dimensione dell’influenza dell’informazione. Pensiamo al fatto che il terrorismo può essere visto anche come una maniera di comunicare. Ad ogni modo, a differenza delle armi tradizionali, quelle della guerra dell’informazione sono utilizzabili in tutti i tempi sia per servire interessi economici sia per neutralizzare la concorrenza internazionale. Inoltre, la loro messa in opera risulta estremamente agevole e queste armi possono esser utilizzate o da organizzazioni o da individui. La dimensione della guerra dell’informazione comprende tre aspetti: 1. La guerra informatica o guerra numerica relativa alla distruzione delle infrastrutture informatiche e che mira a paralizzare gli schemi difensivi dell’avversario; 2. La guerra del sapere che ha come obiettivo l’acquisizione, la circolazione e l’integrazione delle informazioni necessarie a mantenere una conoscenza superiore rispetto all’avversario per potersene poi avvantaggiare in ambito operativo; 3. La guerra d’influenza che è volta a manipolare le opinioni religiose e politiche al fine di agevolare l’azione contro la parte avversaria. Anche se questi tre aspetti sono autonomi sono tuttavia strettamente interdipendenti. Non bisogna dimenticare che nella lotta al terrorismo, l’Occidente ha concentrato con eccessiva frequenza la sua attenzione solo sulla dimensione informatica; al contrario, la reale vulnerabilità delle società democratiche si situa nel contesto dell’influenza che costituisce, ribadiamo, il campo d’azione del terrorismo. Ebbene, l’intelligence deve intervenire all’interno della guerra dell’informazione – come d’altra parte all’interno delle altre forma di conflitto – come elemento per prendere decisioni e non come arma. Non c’è dubbio, a tale proposito, che l’intelligence avendo come suo obiettivo la conoscenza dell’avversario, può servirsene a livello di guerra informativa per conoscere i punti deboli e per attuare una campagna di influenza. Volgiamo ora la nostra attenzione alla guerra del sapere che comprende tutti i metodi e i processi per acquisire, esplorare e diffondere le informazioni necessarie in ambito operativo. L’acquisizione dell’informazione in tutte le sue forme, anche quella informatica, fa parte delle guerre e implica non soltanto di poter avere notizie maggiori rispetto all’avversario ma anche di avere accesso più rapidamente alle fonti informative al fine di poter agire in modo più efficace. Di conseguenza la guerra del sapere comprende misure di camuffamento e di protezione dell’informazione – le cosiddette misure passive – ma comprende anche gli strumenti destinati a ingannare l’avversario sulle nostre intenzioni operative reali (le cosiddette misure attive). Inoltre, la guerra del sapere è un elemento che si trova anche all’interno dei meccanismi della gestione industriale poiché essa integra la nozione di intelligence economica ma anche i meccanismi di gestione della conoscenza, i processi di diffusione del sapere con i meccanismi di protezione. Per quanto riguarda la guerra di influenza, essa non rappresenta solamente una minaccia assai concreta ma sta alla base di numerosi conflitti asimmetrici. Infatti questa riguarda, in primo luogo, l’uso dei media e l’utilizzazione dei messaggi destinati a influenzare o manipolare l’opinione pubblica (o comunque le decisioni politiche). La società democratica basata sulla circolazione fluida dell’informazione non accetta – almeno apertamente – una pratica attiva di influenza; nonostante ciò le nostre società democratiche sono molto vulnerabili alla manipolazione informativa. Naturalmente questa manipolazione non viene fatta solo dagli Stati ma anche da gruppi di pressione privati e può rivestire un ruolo considerevole nell’influenzare l’opinione pubblica. In secondo luogo, le azioni di influenza devono necessariamente mirare al conseguimento di obiettivi strategici, devono essere conosciute congiuntamente sia nell’ambito civile che in quello militare, devono essere controllate per conseguire obiettivi psicologici specifici, essere fondate su una stretta collaborazione tra organismi di intelligence civili e militari; quanto alle azioni di influenza, queste rispondono ad una finalità fondamentale e cioè a quella di restaurare o mantenere la fiducia della popolazione civile all’interno dell’autorità o indebolire la volontà combattiva delle forze avversarie. Allo scopo di conseguire in modo efficace questi obiettivi, le azioni d’influenza devono essere condotte come se fossero operazioni militari e quindi sulla base di informative obiettive non faziose. Naturalmente questi obiettivi possono essere condotti attraverso operazioni discrete che comprendano la propaganda e la disinformazione. D’altra parte, valorizzare la propria potenza – denigrando o compromettendo quella dell’avversario attraverso la disinformazione, ha sempre fatto parte dell’arte della guerra. In una società aperta e democratica la manipolazione dell’opinione pubblica resta certamente possibile ma si deve attuare attraverso nuove forme. Nel contesto della lotta al terrorismo, l’informazione rimane un elemento determinante e nella guerra dell’informazione deve articolarsi secondo questi tre obiettivi: a)vi deve essere una matrice informativa a monte della presa di decisione operativa che suppone una capacità di generare la conoscenza del campo di battaglia e di integrarla insieme alle informazioni necessarie per gestire e condurre una guerra (concerne sostanzialmente la capacità di anticipare il nemico); b)la matrice di informazione che si trova a valle della decisione che è volta ad acquisire e mantenere i mezzi tecnici e i processi di comando e di condotta che permettono di seguire una determinata missione; c)la matrice della comunicazione tra lo Stato e l’opinione pubblica relativa alla gestione e alla percezione del conflitto. di Giuseppe Gagliano