07 luglio 2012

Di fronte al baratro

Di fronte al baratro è giusto porsi la domanda “Che fare?”. C'è chi dice che non possiamo far altro che sederci sulla sponda e guardare. C'è chi invece prova, anche solo ad immaginare, una via d'uscita. Alain De Benoist è tra questi. Immagina un diverso paradigma perché, prima o dopo la catastrofe, occorre qualcuno che sappia cosa volere e da che parte andare. A questo proposito ci sono già posizioni diverse. Una prima posizione (via riformista) è quella di chi ritiene che i problemi posti dal capitalismo finanziario saranno avviati a soluzione quando emergerà un nuovo antagonista in grado di abbassargli la cresta. Si tratta di costringere il capitalismo ad un nuovo compromesso. Si tratta in realtà di un orizzonte neoriformista e la rabbia degli iindignados sembra non oltrepassarlo. Una seconda posizione (via altermondialista) è quella di chi vede nelle odierne tendenze capitalistiche, pur criticate fortemente, un fenomeno sostanzialmente positivo, che farebbe piazza pulita di ciò che rimane del vecchio mondo preesistente alla globalizzazione, conterrebbe cioè nuove possibilità di liberazione e favorirebbe l'avvento di una moltitudine, ovvero di una nuova “soggettività”, capace di legare “la singolarità al comune”. De Benoist fa parte di un terzo gruppo di persone che ritiene che solo costruendo un nuovo paradigma che ponga al centro il concetto di limite e di bene comune, sarà possibile ritrovare il bandolo della matassa. Egli sostiene che è il capitalismo stesso, la Forma-Capitale, che va combattuto. Nella sua storia il capitalismo ha attraversato diverse fasi. Il primo capitalismo si sforzava di comprimere il più possibile i salari, rischiando spesso di vedere la crescita rallentata o interrotta per crisi di sovrapproduzione. Il compromesso fordista ha permesso poi, ai capitalisti, di capire che il profitto poteva aumentare con l'avvento del consumo di massa e il riformismo. Dalla crisi del '29 alla seconda guerra mondiale e poi alla guerra fredda, si è realizzato questo compromesso e lo sviluppo del capitalismo è rimasto sostanzialmente inserito entro spazi nazionali, con Stati assistenziali, keynesiani e sociali. Ora questa situazione si è completamente sfaldata per il fatto che negli anni Ottanta si è inaugurata la terza fase, quella del “turbocapitalismo”, caratterizzato dalla “autonomizzazione” del capitale finanziario e dall'accresciuto potere dei detentori del capitale, soprattutto degli azionisti. In un certo senso si tratta di un ritorno al primo capitalismo, quello delle origini, avvenuto nel sistema globalizzato attraverso la messa in concorrenza dei lavoratori e la completa mobilità dei capitali.. Oggi i margini di manovra, iscritti principalmente in quadri nazionali, sono quasi impotenti. La pauperizzazione delle classi popolari e del ceto medio si espande. Secondo Alain De Benoist “è impossibile ridurre il sistema capitalistico a una semplice forma economica e considerare la Forma-Capitale nel suo solo aspetto finanziario. Esistono un'antropologia del capitalismo, un tipo d'uomo capitalista, un immaginario capitalista, una civiltà capitalista, un modo di vivere capitalista e, fino a quando non si romperà con il capitalismo in quanto “fatto sociale totale” e non si rimetterà in discussione “l'insieme dei modi di vivere alienati, strutturalmente legati all'immaginario capitalistico della crescita e del consumo illimitato” (Jean-Claude Michéa), sarà vano pretendere di lottare contro il capitale. Il motore del capitalismo è il profitto mentre gli uomini vengono considerati interscambiabili, merce fra le altre merci. Il capitalismo aspira ad un immenso mercato omogeneo, considera superfluo tutto ciò che non si lascia ridurre a calcolo, vuole produrre un uomo unidimensionale, senza vita interiore né immaginario, che aspiri alla “felicità” attraverso l'avere.Il disoccupato “inutile al mondo” è in qualche modo affetto da indegnità nazionale. De Benoist conclude Il suo libro “Sull'orlo del baratro” con un richiamo al popolo, senza idealizzarlo come naturalmente buono, ma ritenendolo il depositario privilegiato della “comune decenza”, tipica delle persone comuni, fatta di senso dell'onore, lealtà, onestà, benevolenza, generosità, propensione all'aiuto reciproco, fiducia, senso del bene comune, adesione alla logica del dono e del controdono. Questa posizione è di destra e di sinistra. A me sta bene. di Daniela Salvini

04 luglio 2012

Dalle stelle allo stallo

Mario Monti annega in un fiume di parole facendo affogare l’Italia in un mare di lacrime e sangue. Dall’ultimo vertice europeo non è emersa alcuna novità, come del resto era prevedibile. Il nostro Premier cerca di mescolare l’acqua fresca con l’aria fritta ma sotto il suo loden non c’è assolutamente nulla di concreto. Afferma con la sicumera dei bluffatori che con gli eurobond si mette un freno allo spread, ovvero che con l’inutile si può limitare l’inessenziale. E’ la sua maniera per dare rilevanza a quel fattore che lo ha portato in sella all’Esecutivo e che ora potrebbe ritorcerglisi contro. Ma la sua mano invisibile è debole ed i suoi trucchi da professore preso dal mazzo non ci evitano di alzarci dal tavolo dei big europei in braghe di tela. Noi tutti sappiamo che fino a qualche mese fa, Berlusconi governando, il differenziale tra titoli di stato tedeschi e italiani era materia confinata nei cunicoli dell’economica e non della politica la quale ancora tentava di occuparsi di questioni molto più importanti e strategiche. Con l’avvento dei tecnici, e c’era d’aspettarselo, si è alzato lo stile ma sono cadute le braccia, la Politica con la maiuscola è finita dietro alla lavagna e la classe dirigente si è riempita di saccenti cervellotici che prendono lezioni dai mercati per bacchettare sulle mani i connazionali. L’Italia ha un serio problema di differenziale ma questo non riguarda la forbice tra titoli di Stato quanto piuttosto l’incapacità di ripartire uniformemente la velocità, come nella meccanica delle auto, tra potenzialità economiche e prospettive politiche del paese (i dati rilasciati ieri da Confindustria sono un vero bollettino di guerra che conta morti e feriti soprattutto tra i ceti deboli dello Stivale). Poiché questo anello di congiunzione tra il motore e le ruote non funziona più siamo incapaci di cambiare marcia e di svoltare dal tracciato che ci ha condotti in un vicolo economicamente cieco e politicamente muto. La segnaletica della Storia, al contrario di quella finanziaria, non viene riportata dalle mappe abituali, perché i suoi percorsi sono spesso da costruire e nei momenti di difficoltà e di perdita di punti di riferimento ti invoglia a lanciarti sulla strada meno battuta. Certo, ci vuole coraggio per avventurarsi su vie sconosciute ed insidiose ma non c’è alternativa se si vuole provare a smettere di girare a vuoto sull’orlo di un abisso, mentre i bassi giri del propulsore e i forti giri di testa potrebbero condurti a saltare di sotto. Come abbiamo ripetuto tante volte, questa crisi è sistemica nel senso che dipende innanzitutto dall’esaurimento di un equilibrio monopolare, sullo scacchiere internazionale, consolidatosi a partire dal ‘89. Gli Usa, all’indomani della caduta dell’Urss, hanno esteso il loro raggio egemonico sui Paesi dell’ex rivale sovietico e sono entrati di prepotenza in tutti gli altri scenari regionali per stabilizzare il proprio dominio geopolitico. La situazione è però mutata piuttosto rapidamente ed ora quegli assetti sono nuovamente in discussione, in virtù dell’emergere e del riemergere di nazioni ed aree che si affacciano sullo scenario globale con i propri interessi e le proprie strategie d’azione. Con queste trasformazioni anche i meccanismi economici che reggevano il precedente ordine mondiale si stanno riconfigurando facendo saltare regole consolidate ed appartenenze acquisite all’interno di sfere d’influenza che si sfilacciano o si riallacciano per riconformarsi drasticamente. Tali processi di aggregazione o disaggregazione geostrategica sono segnalati sul davanti della scena sociale dalla débâcle finanziaria ma non si esauriscono in essa. Come ha scritto recentemente Gianfranco La Grassa: “La finanza è la maschera dell’azione da compiersi contro il “nemico”; è il guantone che copre il pugno usato per stenderlo al tappeto. Solo un inesperto crederebbe che, in un incontro di pugilato, vince chi ha il guantone più efficace; di un ottimo pugile non si dice che possiede il guantone che picchia duro, cha ha il guantone da KO, bensì che ha il pugno a tal uopo adatto. Così come la finanza, pure il governo Monti è una maschera per coprire lo sfacelo cui deve essere sottoposta la (non) politica italiana – in realtà assente dall’inizio degli anni ’90, dalla truffaldina operazione denominata “mani pulite”, del resto anch’essa solo strumento di ben altre bande in azione da oltreatlantico con l’appoggio dei “cotonieri” confindustriali italiani guidati dalla Fiat – al fine di fare tabula rasa di una poltiglia maleodorante che ha impestato e distrutto il cervello degli italiani in vent’anni”. Se il massimo che il Governo italiano riesce a produrre in questa drammatica fase è una manovra anti-spread ci ritroveremo faccia a faccia col tappeto in men che non si dica. Per restare alla metafora della boxe utilizzata precedentemente, immaginate che l’Italia sia un pugilatore il quale finge di mettersi in guardia proprio mentre gli arriva sul volto un dritto micidiale. La fisica politica non risponde alle stesse leggi fallaci dell’economia. Così’ mentre gli Stati Uniti costruiscono un vero scudo stellare in Europa, col quale ci domineranno per decenni, noi ci rallegriamo per un misero ombrellino anti-spread che non serve a nulla. E’ il caso di dirlo: a loro le stelle a noi lo stallo. di Gianni Petrosillo

03 luglio 2012

L’Italia, tra distruzione e distrazione di massa

Mario Monti, il gruppo Bilderberg, il terremoto in Emilia e la guerra ambientale. Vittima di intimidazioni e minacce, il giornalista d'inchiesta Gianni Lannes dopo il blocco del suo blog 'Su la testa' ha pubblicato in rete un testo in cui racconta ciò che sta passando e descrive l'opera di "distruzione e distrazione di massa" in atto nel nostro Paese. Le dichiarazioni più spinose, in una rassegna a cura di Matteo Marini. Gianni Lannes è oggi vittima di intimidazioni, attacchi infamanti a mezzo stampa, attacchi informatici, fino a vere e proprie minacce anonime di morte Oggi parliamo di censura e di libertà di espressione. Due termini agli opposti ma che si attraggono nella storia di Gianni Lannes, fino a qualche settimana fa stimatissimo ed apprezzato giornalista d’inchiesta ai massimi livelli (firma di giornali prestigiosi come Il Corriere Della Sera, La Stampa, RAI Radiotelevisione italiana , L’Espresso) ed oggi vittima di intimidazioni, attacchi infamanti a mezzo stampa, attacchi informatici, fino a vere e proprie minacce anonime di morte, a seguito anche dell’intervista rilasciata ai microfoni di Controradio. Dopo il blocco del suo blog Su la testa, Lannes è riuscito a diramare un articolo in Rete che parla di ciò che sta passando ma che riflette anche una "distruzione e distrazione di massa" che si sta attuando nel nostro paese. Il primo colpevole che Lannes mette sotto accusa, è il Presidente del Consiglio Mario Monti: “Mentre l’Italia sempre più caotica ed inquinata, sta per collassare definitivamente sotto la speculazione finanziaria che ha imposto con un golpe in piena regola, un maggiordomo dell’alta finanza di nome Monti Mario (Trilateral, Goldman Sachs, Bilderberg, eccetera eccetera)”. Il secondo accusato è, ad onor del vero, piuttosto inflazionato: la stampa di regime e la disinformazione. Lannes al riguardo cita l’esempio del terremoto emiliano: “due quotidiani tricolore – il 30 maggio 2012 – la sparano grossa all’unisono, prendendosi la briga di attaccare il dissenso espresso su Internet. Singolare coincidenza? Il Corriere della Sera (versione online) che ha per direttore Ferruccio De Bortoli, già ospite delle riunioni a porte chiuse del Gruppo Bilderberg, titola: 'Il Sisma tutta colpa del complotto'. Occhiello: 'C’è chi non crede alle cause naturali del terremoto dell’Emilia e sul web rilancia ipotesi alternative e fantasiose'. Gli fa eco il giornale di proprietà Fiat, ossia La Stampa – diretta Mario Calabresi, pupillo in ascesa dei poteri forti – che sbotta: 'Terremoto: complottisti, scatenati sul web. Accusano fracking, trivellazioni e altro'. Anche l’Agenzia giornalistica italiana non è da meno. Perché tentare di ridicolizzare – tra l’altro maldestramente – chi non si adegua al pensiero unico ed ha puntato l’attenzione sulla genesi artificiale di determinati terremoti che hanno colpito la Penisola? L’onere della prova spetta a chi detiene il potere”. Lui, che ha lavorato per entrambi i quotidiani, è convinto che tutto sia mirato a criminalizzare il dissenso e a reprimerlo, visto che le testate in questione, si sono da sempre schierate dalla parte del nucleare, degli inceneritori, etc. club bilderberg "Il Gruppo Bilderberg, nato nel 1952 ma ufficializzato due anni più tardi" A supporto della sua tesi sulla stampa nazionale, Lannes ci dice che: “due anni fa (a marzo) hanno fatto il loro ingresso nel consiglio di amministrazione di Rcs Quotidiani, Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Cesare Geronzi (Mediobanca), Diego Della Valle (Dorint), Luca Cordero di Montezemolo (Fiat), Giampiero Pesenti (Italmobiliare e Marco Tronchetti Provera (Pirelli). Dunque, non un solo editore nel patto di sindacato, ma solo mastodontici conflitti di interessi. A Torino, il gruppo Fiat, attraverso l’Itedi controlla La Stampa. E tralascio, ma solo in questa circostanza per via del taglio editoriale, tutto il resto dell’accozzaglia di potere, a partire da Carlo De Benedetti (Bildeberg Group) e Berlusconi Silvio (P2, tessera 1816)”. Anche sul futuro politico del nostro paese, sembra avere le idee chiare: “Montezemolo sarà il prossimo Primo Ministro con Berlusconi al Quirinale. In sostanza: in Italia non c’è il quarto potere, a parte, qualche raro collega, non esiste un sistema di informazione in grado di accendere un riflettore sull’intera casta al comando”. Torna poi 'di moda' il nuovo ordine mondiale: “Il Corriere della sera (25 novembre 2011) ha pubblicato 'Bocconi, Trilateral e Goldman Sachs: il premier lascia tutti gli incarichi'. Occhiello: 'via anche da Bilderberg'. Ecco cosa ha scritto Bocconi Sergio, in un articolo illuminato: 'Mario Monti il Bocconiano ha lasciato la presidenza dell’università milanese e le altre cariche ricoperte finora nella Trilateral, nel Bilderberg group e in Goldman Sachs. Il neopremier farà dunque solo il premier, gli altri impegni sono stati annullati'. E poi ancora sul tecnico legato a nodo inestricabile ai poteri forti: 'Anzitutto l’abbandono della consulenza in Goldman Sachs: la banca d’affari americana lo aveva chiamato come advisor (al pari di altri italiani politici e non, come Romano Prodi o Gianni Letta (…) Monti ha poi lasciato la carica di presidente europeo della Trilater Commission, il think tank globale fondato da David Rockfeller nel 1973. E che vede diversi altri partecipanti italiani: da Enrico Letta a Enrico Tommaso Cucchiani, finora in Allianz e da ieri neoamministratore delegato di Intesa Sanpaolo; da Carlo Pesenti al banchiere Maurizio Sella, dall’italiano per carica Dieter Rampl, presidente di Unicredit a Pierfrancesco Guarguaglini di Finmeccanica (…) Infine, il premier ha lasciato lo steering committee del gruppo Bilderberg, nel quale l’unico componente italiano è Franco Bernabé, presidente di Telecom'. Allora, 'Il Club Bilderberg' – incluse le sue diramazioni – non è un’invenzione esoterica, come propaganda il mainstream, se anche il 'più importante' quotidiano italiota ne parla”. trilaterale "La Trilaterale nasce nel 1973: sotto la presidenza 'democratica' di Jimmy Carter e del suo consigliere speciale per la sicurezza, Zbigniew Brzezinsky" Poi, l’affondo: “se a questo quadro di trasparenza aggiungiamo l’intervista al Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga (già responsabile insieme al prescritto per mafia Giulio Andreotti) dell’assassinio di Aldo Moro, rilasciato proprio al Corriere della Sera il 30 novembre 2007. Di che parlava il picconatore? Semplice, l’attentato per antonomasia: 'Da ambienti vicini a Palazzo Chigi, centro nevralgico di direzione dell’intelligence italiana, si fa notare che la non autenticità del video è testimoniata dal fatto che Osama Bin Laden in esso confessa che Al Qaeda sarebbe stato l’autore dell’attentato dell’11 settembre alle due torri in New York, mentre tutti gli ambienti democratici d’America e d’Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato è stato pianificato e realizzato dalla Cia americana e dal Mossad con l’aiuto del mondo sionista per mettere sotto accusa i Paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq sia in Afghanistan'”. Altra organizzazione legata a Mario Monti, è il Gruppo Bilderberg, nato nel 1952 ma ufficializzato due anni più tardi (giugno del 1954, ndr), quando un gruppo di vip dell’epoca si riunisce all’hotel Bilderberg di Oosterbeek, in Olanda. Tra i promotori, racconta Lannes: “occorre ricordare due nomi in particolare: sua maestà il principe Bernardo de Lippe, olandese, ex ufficiale delle SS, che ha guidato il gruppo per oltre un ventennio, fino a quando, nel 1976, è stato travolto dallo scandalo Lockheed; e Joseph Retinger, un faccendiere polacco al centro di una fittissima trama di rapporti con uomini che per anni hanno contato sullo scacchiere internazionale della politica e dell’economia”. Il loro obiettivo pare fosse di costruire un’Europa Unita per arrivare a una profonda alleanza con gli Stati Uniti e quindi dar vita a un nuovo Ordine Mondiale, dove potenti organizzazioni sopranazionali avrebbero garantito più stabilità rispetto ai singoli governi nazionali. La Trilaterale, invece, nasce nel 1973: “sotto la presidenza 'democratica' di Jimmy Carter e del suo consigliere speciale per la sicurezza, Zbigniew Brzezinsky. A ispirare il progetto, le famiglie Rothschield e Rockfeller. Un progetto che ha irresistibilmente attratto i potenti del mondo, a cominciare proprio dai presidenti Usa, con un Bill Clinton in prima fila”. Viene descritta così, dal giornalista Richard Falk, già nel 1978 dalle colonne della Monthly Review di New York: “Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sopranazionale delle società multinazionali, che cercano di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali”. Lannes la definisce come la filosofia delle grandi corporation, che stanno di fatto smembrando e privatizzando tutti i beni comuni (acqua, risorse energetiche, etc.) presenti sulla Terra. Ciò, permette loro, non solo di: “ricavare profitti stratosferici ma anche ad esercitare un controllo politico su tutti i Sud – e non solo – del mondo. La logica della globalizzazione. E i bracci operativi di questo turbocapitalismo sono proprio due strutture che dovrebbero invece garantire il contrario: ovvero la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale”. Parlando proprio di beni comuni e in particolar modo dell’acqua: “la Banca Mondiale sta dando il meglio di sé: con la sua collegata IFC (Internazionale Finance Corporation) infatti sta mettendo le mani sulla gran parte delle privatizzazioni dei sistemi idrici di mezzo mondo, soprattutto quello africano e asiatico, condizionando la concessione dei fondi all’accettazione della privatizzazione, parziale o più spesso totale, del servizio. Del resto, è la stessa Banca a calcolare il business in almeno 1000 miliardi di dollari”. Ultimo capitolo dell’ 'arringa' di Lannes, viene riservato alla guerra ambientale: “Quando il generale Fabio Mini nel 2007 […] parlava di manipolazione climatica e di possibilità di ricreare artificialmente terremoti e tsunami, di sicuro doveva aver bevuto qualche bicchierino di troppo? Esiste un progetto USA che si intitola Owning the weather in 2025 ossia controllare il clima entro il 2025 tutto documentabile e verificabile, ma evidentemente è più facile dare degli allucinati e dei complottisti agli altri, piuttosto che informarsi e indagare a dovere”. cambiamenti climatici Ultimo capitolo dell’'arringa' di Lannes viene riservato alla guerra ambientale Secondo Lannes, basterebbe guardare i dati statistici: “per constatare di quanto gli eventi catastrofici siano aumentati da quando è in corso questa sperimentazione. Prima c’era un’alluvione dagli effetti devastanti ogni 10 anni nella peggiore delle ipotesi, ora son nell’ordine di 3-4 all’anno. Terremoti idem: prima l’intervallo di tempo tra l’uno e l’altro erano molto ampi, ora hanno una frequenza ravvicinatissima e seguono, anzi anticipano curiosamente gli eventi politici. Sul fatto di a chi giova poi non è che ci voglia la scienza per capirlo. Disastri? Uguale accise che finiscono nelle casse dello Stato. Ricostruzione? Per ricostruire servono finanziamenti e i soldi si chiedono in prestito alle banche che guadagnano sugli interessi e di certo non li regalano. Ricostruzione uguale appalti pubblici uguale mafia organizzata dallo Stato… ecco a chi giova, devo continuare?”. Il progetto HAARP, è direttamente collegato a questo discorso, visto che: “ufficialmente in grado di bombardare la ionosfera di onde radio. Sempre ufficialmente può influire sulle condizioni climatiche di una zona. La base principale si trova in Alaska ma ce ne sono diverse legate alle basi nato nel mondo. HAARP non è una base segreta, è quello che fa HAARP ad essere un segreto”. Lannes se la prende anche con l’AREA 51: “non è segreta, ma cosa succede lì dentro voi scienziati a pagamento forse lo sapete? Le teorie del Caos chiaramente indicano che ci deve essere una sensibilità alle condizione iniziale e di dipendenza dell’evento. Per cui dipende dalla quantità di prosciutti e forme di parmigiano che gravano sul territorio e dal rapporto con quelle esportate durante la congiuntura astrale. In altri termini, è stato tutto organizzato dai servizi segreti di Terronia per colpire la Padania ed in particolare per far cadere le vendite del parmigiano a favore dei vari pecorini del sud. Pensateci bene, è molto più attendibile delle altre teorie illustrate dalla stampa quotidiana. Scherzi a parte, evidentemente dare del complottista a chiunque tenti di ragionare sugli eventi catastrofici può essere più comodo”. In fondo, riflette Lannes: “la Terra gira in senso orario se la guardiamo dalla verticale sopra al polo sud, ma se la guardiamo dal polo nord gira in senso antiorario. Gli impiegati della comunicazione (asservita) non sbagliano mai, perché partono sempre dalle conclusioni. I pennivendoli hanno sempre una tesi da dimostrare e quindi vedono solo e soltanto le fantasie che la sostengono e negano l’esistenza dei fatti che la contraddicono. Insomma, sanno sempre tutto perché sono infallibili: sono infallibili perché sono dogmatici e sono dogmatici perché non sono liberi. Fa una bella differenza tenere la guardia un po’ più alta e non essere dentro il club del parco buoi”. È chiaro, mette le mani avanti Lannes, che il suo ragionamento non deve essere preso per oro colato: “ognuno creda a quello che vuole, naturalmente, ma etichettare l’Altro nel recinto di una definizione dispregiativa (complottista, dietrologo, esoterista, esaltato e altro ancora) denota soltanto malafede e scarsità di neuroni. Parola di Henry Ford: 'Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché, se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione'”. di Matteo Marini

07 luglio 2012

Di fronte al baratro

Di fronte al baratro è giusto porsi la domanda “Che fare?”. C'è chi dice che non possiamo far altro che sederci sulla sponda e guardare. C'è chi invece prova, anche solo ad immaginare, una via d'uscita. Alain De Benoist è tra questi. Immagina un diverso paradigma perché, prima o dopo la catastrofe, occorre qualcuno che sappia cosa volere e da che parte andare. A questo proposito ci sono già posizioni diverse. Una prima posizione (via riformista) è quella di chi ritiene che i problemi posti dal capitalismo finanziario saranno avviati a soluzione quando emergerà un nuovo antagonista in grado di abbassargli la cresta. Si tratta di costringere il capitalismo ad un nuovo compromesso. Si tratta in realtà di un orizzonte neoriformista e la rabbia degli iindignados sembra non oltrepassarlo. Una seconda posizione (via altermondialista) è quella di chi vede nelle odierne tendenze capitalistiche, pur criticate fortemente, un fenomeno sostanzialmente positivo, che farebbe piazza pulita di ciò che rimane del vecchio mondo preesistente alla globalizzazione, conterrebbe cioè nuove possibilità di liberazione e favorirebbe l'avvento di una moltitudine, ovvero di una nuova “soggettività”, capace di legare “la singolarità al comune”. De Benoist fa parte di un terzo gruppo di persone che ritiene che solo costruendo un nuovo paradigma che ponga al centro il concetto di limite e di bene comune, sarà possibile ritrovare il bandolo della matassa. Egli sostiene che è il capitalismo stesso, la Forma-Capitale, che va combattuto. Nella sua storia il capitalismo ha attraversato diverse fasi. Il primo capitalismo si sforzava di comprimere il più possibile i salari, rischiando spesso di vedere la crescita rallentata o interrotta per crisi di sovrapproduzione. Il compromesso fordista ha permesso poi, ai capitalisti, di capire che il profitto poteva aumentare con l'avvento del consumo di massa e il riformismo. Dalla crisi del '29 alla seconda guerra mondiale e poi alla guerra fredda, si è realizzato questo compromesso e lo sviluppo del capitalismo è rimasto sostanzialmente inserito entro spazi nazionali, con Stati assistenziali, keynesiani e sociali. Ora questa situazione si è completamente sfaldata per il fatto che negli anni Ottanta si è inaugurata la terza fase, quella del “turbocapitalismo”, caratterizzato dalla “autonomizzazione” del capitale finanziario e dall'accresciuto potere dei detentori del capitale, soprattutto degli azionisti. In un certo senso si tratta di un ritorno al primo capitalismo, quello delle origini, avvenuto nel sistema globalizzato attraverso la messa in concorrenza dei lavoratori e la completa mobilità dei capitali.. Oggi i margini di manovra, iscritti principalmente in quadri nazionali, sono quasi impotenti. La pauperizzazione delle classi popolari e del ceto medio si espande. Secondo Alain De Benoist “è impossibile ridurre il sistema capitalistico a una semplice forma economica e considerare la Forma-Capitale nel suo solo aspetto finanziario. Esistono un'antropologia del capitalismo, un tipo d'uomo capitalista, un immaginario capitalista, una civiltà capitalista, un modo di vivere capitalista e, fino a quando non si romperà con il capitalismo in quanto “fatto sociale totale” e non si rimetterà in discussione “l'insieme dei modi di vivere alienati, strutturalmente legati all'immaginario capitalistico della crescita e del consumo illimitato” (Jean-Claude Michéa), sarà vano pretendere di lottare contro il capitale. Il motore del capitalismo è il profitto mentre gli uomini vengono considerati interscambiabili, merce fra le altre merci. Il capitalismo aspira ad un immenso mercato omogeneo, considera superfluo tutto ciò che non si lascia ridurre a calcolo, vuole produrre un uomo unidimensionale, senza vita interiore né immaginario, che aspiri alla “felicità” attraverso l'avere.Il disoccupato “inutile al mondo” è in qualche modo affetto da indegnità nazionale. De Benoist conclude Il suo libro “Sull'orlo del baratro” con un richiamo al popolo, senza idealizzarlo come naturalmente buono, ma ritenendolo il depositario privilegiato della “comune decenza”, tipica delle persone comuni, fatta di senso dell'onore, lealtà, onestà, benevolenza, generosità, propensione all'aiuto reciproco, fiducia, senso del bene comune, adesione alla logica del dono e del controdono. Questa posizione è di destra e di sinistra. A me sta bene. di Daniela Salvini

04 luglio 2012

Dalle stelle allo stallo

Mario Monti annega in un fiume di parole facendo affogare l’Italia in un mare di lacrime e sangue. Dall’ultimo vertice europeo non è emersa alcuna novità, come del resto era prevedibile. Il nostro Premier cerca di mescolare l’acqua fresca con l’aria fritta ma sotto il suo loden non c’è assolutamente nulla di concreto. Afferma con la sicumera dei bluffatori che con gli eurobond si mette un freno allo spread, ovvero che con l’inutile si può limitare l’inessenziale. E’ la sua maniera per dare rilevanza a quel fattore che lo ha portato in sella all’Esecutivo e che ora potrebbe ritorcerglisi contro. Ma la sua mano invisibile è debole ed i suoi trucchi da professore preso dal mazzo non ci evitano di alzarci dal tavolo dei big europei in braghe di tela. Noi tutti sappiamo che fino a qualche mese fa, Berlusconi governando, il differenziale tra titoli di stato tedeschi e italiani era materia confinata nei cunicoli dell’economica e non della politica la quale ancora tentava di occuparsi di questioni molto più importanti e strategiche. Con l’avvento dei tecnici, e c’era d’aspettarselo, si è alzato lo stile ma sono cadute le braccia, la Politica con la maiuscola è finita dietro alla lavagna e la classe dirigente si è riempita di saccenti cervellotici che prendono lezioni dai mercati per bacchettare sulle mani i connazionali. L’Italia ha un serio problema di differenziale ma questo non riguarda la forbice tra titoli di Stato quanto piuttosto l’incapacità di ripartire uniformemente la velocità, come nella meccanica delle auto, tra potenzialità economiche e prospettive politiche del paese (i dati rilasciati ieri da Confindustria sono un vero bollettino di guerra che conta morti e feriti soprattutto tra i ceti deboli dello Stivale). Poiché questo anello di congiunzione tra il motore e le ruote non funziona più siamo incapaci di cambiare marcia e di svoltare dal tracciato che ci ha condotti in un vicolo economicamente cieco e politicamente muto. La segnaletica della Storia, al contrario di quella finanziaria, non viene riportata dalle mappe abituali, perché i suoi percorsi sono spesso da costruire e nei momenti di difficoltà e di perdita di punti di riferimento ti invoglia a lanciarti sulla strada meno battuta. Certo, ci vuole coraggio per avventurarsi su vie sconosciute ed insidiose ma non c’è alternativa se si vuole provare a smettere di girare a vuoto sull’orlo di un abisso, mentre i bassi giri del propulsore e i forti giri di testa potrebbero condurti a saltare di sotto. Come abbiamo ripetuto tante volte, questa crisi è sistemica nel senso che dipende innanzitutto dall’esaurimento di un equilibrio monopolare, sullo scacchiere internazionale, consolidatosi a partire dal ‘89. Gli Usa, all’indomani della caduta dell’Urss, hanno esteso il loro raggio egemonico sui Paesi dell’ex rivale sovietico e sono entrati di prepotenza in tutti gli altri scenari regionali per stabilizzare il proprio dominio geopolitico. La situazione è però mutata piuttosto rapidamente ed ora quegli assetti sono nuovamente in discussione, in virtù dell’emergere e del riemergere di nazioni ed aree che si affacciano sullo scenario globale con i propri interessi e le proprie strategie d’azione. Con queste trasformazioni anche i meccanismi economici che reggevano il precedente ordine mondiale si stanno riconfigurando facendo saltare regole consolidate ed appartenenze acquisite all’interno di sfere d’influenza che si sfilacciano o si riallacciano per riconformarsi drasticamente. Tali processi di aggregazione o disaggregazione geostrategica sono segnalati sul davanti della scena sociale dalla débâcle finanziaria ma non si esauriscono in essa. Come ha scritto recentemente Gianfranco La Grassa: “La finanza è la maschera dell’azione da compiersi contro il “nemico”; è il guantone che copre il pugno usato per stenderlo al tappeto. Solo un inesperto crederebbe che, in un incontro di pugilato, vince chi ha il guantone più efficace; di un ottimo pugile non si dice che possiede il guantone che picchia duro, cha ha il guantone da KO, bensì che ha il pugno a tal uopo adatto. Così come la finanza, pure il governo Monti è una maschera per coprire lo sfacelo cui deve essere sottoposta la (non) politica italiana – in realtà assente dall’inizio degli anni ’90, dalla truffaldina operazione denominata “mani pulite”, del resto anch’essa solo strumento di ben altre bande in azione da oltreatlantico con l’appoggio dei “cotonieri” confindustriali italiani guidati dalla Fiat – al fine di fare tabula rasa di una poltiglia maleodorante che ha impestato e distrutto il cervello degli italiani in vent’anni”. Se il massimo che il Governo italiano riesce a produrre in questa drammatica fase è una manovra anti-spread ci ritroveremo faccia a faccia col tappeto in men che non si dica. Per restare alla metafora della boxe utilizzata precedentemente, immaginate che l’Italia sia un pugilatore il quale finge di mettersi in guardia proprio mentre gli arriva sul volto un dritto micidiale. La fisica politica non risponde alle stesse leggi fallaci dell’economia. Così’ mentre gli Stati Uniti costruiscono un vero scudo stellare in Europa, col quale ci domineranno per decenni, noi ci rallegriamo per un misero ombrellino anti-spread che non serve a nulla. E’ il caso di dirlo: a loro le stelle a noi lo stallo. di Gianni Petrosillo

03 luglio 2012

L’Italia, tra distruzione e distrazione di massa

Mario Monti, il gruppo Bilderberg, il terremoto in Emilia e la guerra ambientale. Vittima di intimidazioni e minacce, il giornalista d'inchiesta Gianni Lannes dopo il blocco del suo blog 'Su la testa' ha pubblicato in rete un testo in cui racconta ciò che sta passando e descrive l'opera di "distruzione e distrazione di massa" in atto nel nostro Paese. Le dichiarazioni più spinose, in una rassegna a cura di Matteo Marini. Gianni Lannes è oggi vittima di intimidazioni, attacchi infamanti a mezzo stampa, attacchi informatici, fino a vere e proprie minacce anonime di morte Oggi parliamo di censura e di libertà di espressione. Due termini agli opposti ma che si attraggono nella storia di Gianni Lannes, fino a qualche settimana fa stimatissimo ed apprezzato giornalista d’inchiesta ai massimi livelli (firma di giornali prestigiosi come Il Corriere Della Sera, La Stampa, RAI Radiotelevisione italiana , L’Espresso) ed oggi vittima di intimidazioni, attacchi infamanti a mezzo stampa, attacchi informatici, fino a vere e proprie minacce anonime di morte, a seguito anche dell’intervista rilasciata ai microfoni di Controradio. Dopo il blocco del suo blog Su la testa, Lannes è riuscito a diramare un articolo in Rete che parla di ciò che sta passando ma che riflette anche una "distruzione e distrazione di massa" che si sta attuando nel nostro paese. Il primo colpevole che Lannes mette sotto accusa, è il Presidente del Consiglio Mario Monti: “Mentre l’Italia sempre più caotica ed inquinata, sta per collassare definitivamente sotto la speculazione finanziaria che ha imposto con un golpe in piena regola, un maggiordomo dell’alta finanza di nome Monti Mario (Trilateral, Goldman Sachs, Bilderberg, eccetera eccetera)”. Il secondo accusato è, ad onor del vero, piuttosto inflazionato: la stampa di regime e la disinformazione. Lannes al riguardo cita l’esempio del terremoto emiliano: “due quotidiani tricolore – il 30 maggio 2012 – la sparano grossa all’unisono, prendendosi la briga di attaccare il dissenso espresso su Internet. Singolare coincidenza? Il Corriere della Sera (versione online) che ha per direttore Ferruccio De Bortoli, già ospite delle riunioni a porte chiuse del Gruppo Bilderberg, titola: 'Il Sisma tutta colpa del complotto'. Occhiello: 'C’è chi non crede alle cause naturali del terremoto dell’Emilia e sul web rilancia ipotesi alternative e fantasiose'. Gli fa eco il giornale di proprietà Fiat, ossia La Stampa – diretta Mario Calabresi, pupillo in ascesa dei poteri forti – che sbotta: 'Terremoto: complottisti, scatenati sul web. Accusano fracking, trivellazioni e altro'. Anche l’Agenzia giornalistica italiana non è da meno. Perché tentare di ridicolizzare – tra l’altro maldestramente – chi non si adegua al pensiero unico ed ha puntato l’attenzione sulla genesi artificiale di determinati terremoti che hanno colpito la Penisola? L’onere della prova spetta a chi detiene il potere”. Lui, che ha lavorato per entrambi i quotidiani, è convinto che tutto sia mirato a criminalizzare il dissenso e a reprimerlo, visto che le testate in questione, si sono da sempre schierate dalla parte del nucleare, degli inceneritori, etc. club bilderberg "Il Gruppo Bilderberg, nato nel 1952 ma ufficializzato due anni più tardi" A supporto della sua tesi sulla stampa nazionale, Lannes ci dice che: “due anni fa (a marzo) hanno fatto il loro ingresso nel consiglio di amministrazione di Rcs Quotidiani, Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Cesare Geronzi (Mediobanca), Diego Della Valle (Dorint), Luca Cordero di Montezemolo (Fiat), Giampiero Pesenti (Italmobiliare e Marco Tronchetti Provera (Pirelli). Dunque, non un solo editore nel patto di sindacato, ma solo mastodontici conflitti di interessi. A Torino, il gruppo Fiat, attraverso l’Itedi controlla La Stampa. E tralascio, ma solo in questa circostanza per via del taglio editoriale, tutto il resto dell’accozzaglia di potere, a partire da Carlo De Benedetti (Bildeberg Group) e Berlusconi Silvio (P2, tessera 1816)”. Anche sul futuro politico del nostro paese, sembra avere le idee chiare: “Montezemolo sarà il prossimo Primo Ministro con Berlusconi al Quirinale. In sostanza: in Italia non c’è il quarto potere, a parte, qualche raro collega, non esiste un sistema di informazione in grado di accendere un riflettore sull’intera casta al comando”. Torna poi 'di moda' il nuovo ordine mondiale: “Il Corriere della sera (25 novembre 2011) ha pubblicato 'Bocconi, Trilateral e Goldman Sachs: il premier lascia tutti gli incarichi'. Occhiello: 'via anche da Bilderberg'. Ecco cosa ha scritto Bocconi Sergio, in un articolo illuminato: 'Mario Monti il Bocconiano ha lasciato la presidenza dell’università milanese e le altre cariche ricoperte finora nella Trilateral, nel Bilderberg group e in Goldman Sachs. Il neopremier farà dunque solo il premier, gli altri impegni sono stati annullati'. E poi ancora sul tecnico legato a nodo inestricabile ai poteri forti: 'Anzitutto l’abbandono della consulenza in Goldman Sachs: la banca d’affari americana lo aveva chiamato come advisor (al pari di altri italiani politici e non, come Romano Prodi o Gianni Letta (…) Monti ha poi lasciato la carica di presidente europeo della Trilater Commission, il think tank globale fondato da David Rockfeller nel 1973. E che vede diversi altri partecipanti italiani: da Enrico Letta a Enrico Tommaso Cucchiani, finora in Allianz e da ieri neoamministratore delegato di Intesa Sanpaolo; da Carlo Pesenti al banchiere Maurizio Sella, dall’italiano per carica Dieter Rampl, presidente di Unicredit a Pierfrancesco Guarguaglini di Finmeccanica (…) Infine, il premier ha lasciato lo steering committee del gruppo Bilderberg, nel quale l’unico componente italiano è Franco Bernabé, presidente di Telecom'. Allora, 'Il Club Bilderberg' – incluse le sue diramazioni – non è un’invenzione esoterica, come propaganda il mainstream, se anche il 'più importante' quotidiano italiota ne parla”. trilaterale "La Trilaterale nasce nel 1973: sotto la presidenza 'democratica' di Jimmy Carter e del suo consigliere speciale per la sicurezza, Zbigniew Brzezinsky" Poi, l’affondo: “se a questo quadro di trasparenza aggiungiamo l’intervista al Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga (già responsabile insieme al prescritto per mafia Giulio Andreotti) dell’assassinio di Aldo Moro, rilasciato proprio al Corriere della Sera il 30 novembre 2007. Di che parlava il picconatore? Semplice, l’attentato per antonomasia: 'Da ambienti vicini a Palazzo Chigi, centro nevralgico di direzione dell’intelligence italiana, si fa notare che la non autenticità del video è testimoniata dal fatto che Osama Bin Laden in esso confessa che Al Qaeda sarebbe stato l’autore dell’attentato dell’11 settembre alle due torri in New York, mentre tutti gli ambienti democratici d’America e d’Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato è stato pianificato e realizzato dalla Cia americana e dal Mossad con l’aiuto del mondo sionista per mettere sotto accusa i Paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq sia in Afghanistan'”. Altra organizzazione legata a Mario Monti, è il Gruppo Bilderberg, nato nel 1952 ma ufficializzato due anni più tardi (giugno del 1954, ndr), quando un gruppo di vip dell’epoca si riunisce all’hotel Bilderberg di Oosterbeek, in Olanda. Tra i promotori, racconta Lannes: “occorre ricordare due nomi in particolare: sua maestà il principe Bernardo de Lippe, olandese, ex ufficiale delle SS, che ha guidato il gruppo per oltre un ventennio, fino a quando, nel 1976, è stato travolto dallo scandalo Lockheed; e Joseph Retinger, un faccendiere polacco al centro di una fittissima trama di rapporti con uomini che per anni hanno contato sullo scacchiere internazionale della politica e dell’economia”. Il loro obiettivo pare fosse di costruire un’Europa Unita per arrivare a una profonda alleanza con gli Stati Uniti e quindi dar vita a un nuovo Ordine Mondiale, dove potenti organizzazioni sopranazionali avrebbero garantito più stabilità rispetto ai singoli governi nazionali. La Trilaterale, invece, nasce nel 1973: “sotto la presidenza 'democratica' di Jimmy Carter e del suo consigliere speciale per la sicurezza, Zbigniew Brzezinsky. A ispirare il progetto, le famiglie Rothschield e Rockfeller. Un progetto che ha irresistibilmente attratto i potenti del mondo, a cominciare proprio dai presidenti Usa, con un Bill Clinton in prima fila”. Viene descritta così, dal giornalista Richard Falk, già nel 1978 dalle colonne della Monthly Review di New York: “Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sopranazionale delle società multinazionali, che cercano di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali”. Lannes la definisce come la filosofia delle grandi corporation, che stanno di fatto smembrando e privatizzando tutti i beni comuni (acqua, risorse energetiche, etc.) presenti sulla Terra. Ciò, permette loro, non solo di: “ricavare profitti stratosferici ma anche ad esercitare un controllo politico su tutti i Sud – e non solo – del mondo. La logica della globalizzazione. E i bracci operativi di questo turbocapitalismo sono proprio due strutture che dovrebbero invece garantire il contrario: ovvero la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale”. Parlando proprio di beni comuni e in particolar modo dell’acqua: “la Banca Mondiale sta dando il meglio di sé: con la sua collegata IFC (Internazionale Finance Corporation) infatti sta mettendo le mani sulla gran parte delle privatizzazioni dei sistemi idrici di mezzo mondo, soprattutto quello africano e asiatico, condizionando la concessione dei fondi all’accettazione della privatizzazione, parziale o più spesso totale, del servizio. Del resto, è la stessa Banca a calcolare il business in almeno 1000 miliardi di dollari”. Ultimo capitolo dell’ 'arringa' di Lannes, viene riservato alla guerra ambientale: “Quando il generale Fabio Mini nel 2007 […] parlava di manipolazione climatica e di possibilità di ricreare artificialmente terremoti e tsunami, di sicuro doveva aver bevuto qualche bicchierino di troppo? Esiste un progetto USA che si intitola Owning the weather in 2025 ossia controllare il clima entro il 2025 tutto documentabile e verificabile, ma evidentemente è più facile dare degli allucinati e dei complottisti agli altri, piuttosto che informarsi e indagare a dovere”. cambiamenti climatici Ultimo capitolo dell’'arringa' di Lannes viene riservato alla guerra ambientale Secondo Lannes, basterebbe guardare i dati statistici: “per constatare di quanto gli eventi catastrofici siano aumentati da quando è in corso questa sperimentazione. Prima c’era un’alluvione dagli effetti devastanti ogni 10 anni nella peggiore delle ipotesi, ora son nell’ordine di 3-4 all’anno. Terremoti idem: prima l’intervallo di tempo tra l’uno e l’altro erano molto ampi, ora hanno una frequenza ravvicinatissima e seguono, anzi anticipano curiosamente gli eventi politici. Sul fatto di a chi giova poi non è che ci voglia la scienza per capirlo. Disastri? Uguale accise che finiscono nelle casse dello Stato. Ricostruzione? Per ricostruire servono finanziamenti e i soldi si chiedono in prestito alle banche che guadagnano sugli interessi e di certo non li regalano. Ricostruzione uguale appalti pubblici uguale mafia organizzata dallo Stato… ecco a chi giova, devo continuare?”. Il progetto HAARP, è direttamente collegato a questo discorso, visto che: “ufficialmente in grado di bombardare la ionosfera di onde radio. Sempre ufficialmente può influire sulle condizioni climatiche di una zona. La base principale si trova in Alaska ma ce ne sono diverse legate alle basi nato nel mondo. HAARP non è una base segreta, è quello che fa HAARP ad essere un segreto”. Lannes se la prende anche con l’AREA 51: “non è segreta, ma cosa succede lì dentro voi scienziati a pagamento forse lo sapete? Le teorie del Caos chiaramente indicano che ci deve essere una sensibilità alle condizione iniziale e di dipendenza dell’evento. Per cui dipende dalla quantità di prosciutti e forme di parmigiano che gravano sul territorio e dal rapporto con quelle esportate durante la congiuntura astrale. In altri termini, è stato tutto organizzato dai servizi segreti di Terronia per colpire la Padania ed in particolare per far cadere le vendite del parmigiano a favore dei vari pecorini del sud. Pensateci bene, è molto più attendibile delle altre teorie illustrate dalla stampa quotidiana. Scherzi a parte, evidentemente dare del complottista a chiunque tenti di ragionare sugli eventi catastrofici può essere più comodo”. In fondo, riflette Lannes: “la Terra gira in senso orario se la guardiamo dalla verticale sopra al polo sud, ma se la guardiamo dal polo nord gira in senso antiorario. Gli impiegati della comunicazione (asservita) non sbagliano mai, perché partono sempre dalle conclusioni. I pennivendoli hanno sempre una tesi da dimostrare e quindi vedono solo e soltanto le fantasie che la sostengono e negano l’esistenza dei fatti che la contraddicono. Insomma, sanno sempre tutto perché sono infallibili: sono infallibili perché sono dogmatici e sono dogmatici perché non sono liberi. Fa una bella differenza tenere la guardia un po’ più alta e non essere dentro il club del parco buoi”. È chiaro, mette le mani avanti Lannes, che il suo ragionamento non deve essere preso per oro colato: “ognuno creda a quello che vuole, naturalmente, ma etichettare l’Altro nel recinto di una definizione dispregiativa (complottista, dietrologo, esoterista, esaltato e altro ancora) denota soltanto malafede e scarsità di neuroni. Parola di Henry Ford: 'Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché, se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione'”. di Matteo Marini