11 luglio 2012

La guerra dell’Europa. Con le sofisticate armi della grande finanza internazionale

«Secondo un recentissimo rapporto dell’Unicef, sarebbero 439 mila i bambini greci che vivono sotto la soglia di povertà, denutriti e costretti a vivere in ambienti malsani. Secondo le stime ufficiali, un greco su cinque è povero, ma stando agli ultimi rilevamenti, si sta viaggiando velocemente verso una soglia di povertà che ingoia un terzo dei cittadini greci. Infatti su 11,2 milioni di abitanti, ben due milioni e 800 mila, non hanno abbastanza per vivere». A segnalarlo è Monia Benini, nel suo recente libro «La guerra dell’Europa» (Nexus Edizioni, € 8.50). C’è una nuova guerra in Europa, scrive la Benini, una guerra che si combatte senza fucili e senza bombe, ma con le sofisticate armi di distruzione di massa della grande finanza internazionale. Una guerra fatta da persone con il «colletto bianco» che sparano i loro colpi cliccando sulle tastiere e trasferendo, in un attimo, cifre virtuali da capogiro. Ed è così che «siamo arrivati ad avere strutture di potere non elette democraticamente dai cittadini, che hanno sottratto sovranità nazionale, monetaria, economica, politica e sociale alle nazioni». I provvedimenti del Governo greco. Alla fine del 2009 il presidente greco George Papandreou dichiara il rischio di bancarotta del Paese e iniziano così una serie di provvedimenti. Nel maggio del 2010 la troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Unione europea) avvia il piano di aiuto alla Grecia. La Grecia è così costretta a varare diverse misure di austerità. Interessante è analizzare nel dettaglio come i provvedimenti assunti dal governo greco siano molto simili con le scelte poi praticate anche in Italia. Tra gli accordi del maggio del 2010 Atene prevede «l’incremento dell’Iva al 23%», la «riduzione dei salari dei dipendenti pubblici del 20%», la «revisione integrale del sistema delle pensioni di invalidità», la «revisione del sistema pensionistico», «l’abolizione della tredicesima e della quattordicesima per le pensioni superiori ai 2.500 euro». Questi provvedimenti, però, non bastano e nel 2011 le aziende di rating tornano «all’assalto», definendo la situazione greca «vulnerabile» e «insolvente». E così, il Governo greco, decide di aumentare i tagli per 6,5 miliardi di euro e iniziare un’ondata di privatizzazioni per avere nuovi prestiti dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Tutto questo, ancora, non basta e, a fine luglio del 2011, l’agenzia di rating Moody’s definisce per certo il fallimento della nazione. Così ci troviamo di fronte, ancora, a nuove tagli alle pensioni e tasse straordinarie per gli immobili. «Il cancro finanziario greco dilaga ancora maggiormente ad inizio 2012, quando l’agenzia di rating Fitch considera insolvente la Grecia e ritiene l’accordo per imporre perdite ai creditori privati un default tecnico che anticipa il fallimento del Paese». Chi ci guadagna con il fallimento? I titoli di Stato valgono solo il 25% di quanto dovrebbero essere pagati. Non solo, le banche esigono una percentuale che si aggira intorno al 5% per spese di commissione e segreteria. Spesso, chi è andato in pensione, ha ricevuto il trattamento di fine rapporto proprio con i Buoni ordinari del tesoro, trovandosi così con circa il 20% del valore reale. Per fare un esempio pratico, scrive Monia Benini, «un lavoratore che aveva diritto ad un Tfr di 40.000 euro, si ritrova con 8.000 euro». Però chi detiene dei Credit Default Swaps, non solo recupera il taglio del valore dei titoli, ma ne trae ulteriori profitti senza risentire minimamente del fallimento condizionato. Ad essere escluso dal fallimento condizionato, tra gli altri, troviamo la Goldman Sachs che possiede i titoli. L’opinione di Christos Ioannou, professore alla facoltà di economia dell’Università di Atene. Nel libro, l’autrice intervista l’economista Christos Ioannou, che dichiara: «E’ stato uno sbaglio essere entrati nell’euro. Ma adesso uscirne sarebbe come essere saliti in aereo, essersi accorti di aver sbagliato volo e buttarsi giù. Ora l’economia greca si deve scrollare di dosso il massimo possibile del debito e deve evitare il default definitivo perché questo avrebbe effetti devastanti per ogni apparato produttivo residuo. Il decennio che ha preso l’avvio sarà molto difficile per la Grecia, che deve uscire dall’occhio del ciclone creato e voluto dagli speculatori finanziari internazionali. Siamo in una situazione molto difficile: la gente vive nella povertà, ha una difficoltà economica enorme e la tensione è sul punto di scoppiare». Il popolo greco non è rimasto a guardare. Nelle piazze di Atene e di altre città della Grecia è montata la protesta. Il popolo greco, unito dalla tensione contro i loro carnefici e non asservito ai diktat provenienti dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale, è sceso in strada, duro ed unito. Ha trovato davanti a se due nemici: «le forze di polizia schierate dai governi che hanno cercato di reprimerli con la violenza e brutalità, criminalizzandoli» e gli organi d’informazione di massa, sempre ben attenti a usare le parole per plagiare emotivamente gli interlocutori. Quale futuro? «In un clima così aspro e duro – scrive la Benini – è difficile prevedere cosa realmente potrà accadere in Grecia. L’incertezza è l’unica cosa certa». Ma lancia un monito: chi pensa che l’Italia sia lontana da questa crisi, si sbaglia di grosso; le misure varate dal Governo di Monti, sono molto simili a quelle imposte due anni fa ad Atene. «Stesse imposizioni del sistema bancario e finanziario europeo e internazionale, con i politici che si danno un gran da fare come “camerieri dei banchieri”». di Fabio Polese

10 luglio 2012

Taci! Lo spread ti ascolta

Il teatrino dell'assurdo nel quale siamo immersi quotidianamente, ci offre momenti di parossismo in grado di trasportarci ai confini della realtà. Di fronte alla manovra tagli e sangue conosciuta come spending review, che fra le altre cose eliminerà quasi 20mila posti letto negli ospedali e produrrà il licenziamento di qualche decina di migliaia di dipendenti della pubblica amministrazione, le critiche più dure arrivano da Squinzi, Presidente di Confindustria e non della Cgil. Proprio durante un faccia faccia con Susanna Camusso, Squinzi ha esternato le proprie perplessità riguardo alle ultime mosse del governo, sottolineando che "dobbiamo evitare la macelleria sociale". Spiazzando in primo luogo i vertici sindacali, dal momento che se Confindustria critica l'operazione del governo usando il loro stessi toni, significa in tutta evidenza che la "morbida" posizione tenuta fin qui non è più sufficiente a sotenere l'immagine d'integerrimi difensori dei diritti dei lavoratori ed occorre fare di più, con il rischio d'incorrere nell'ira dei banchieri.... L'ira di Mario Monti, colpito nel vivo dalle dichiarazioni, si è per ora indirizzata nei confronti di Squinzi, reo di avere esternato perplessità e critiche nei confronti di una manovra che i media mainstream ed il mondo politico stanno sforzandosi di presentare sotto le mentite spoglie di una medicina amara ma necessaria, che garantirà la guarigione del paziente. Dimenticando colpevolmente che il paziente ucciso da un farmaco potrebbe tornare in vita solamente in conseguenza di un miracolo e le virtù taumaturgiche dei banchieri sono estremamente scarse, dal momento che stanno fallendo anche nel tentativo di "salvare" gli istituti di credito da loro stessi creati. Il banchiere di Goldman Sachs ha attaccato Squinzi affermando che "Dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese". Tutti zitti, insomma, altrimenti lo spread (che è sempre in ascolto) potrebbe indispettirsi e ricominciare a salire in maniera forsennata, perdendo la fiducia nell'operato del governo. A rincarare la dose, in soccorso di Mario Monti, è arrivato anche l'immarcescibile Luca Cordero di Montezemolo, ex Presidente di Confindustria e novello "benefattore" in procinto di scendere nell'agone politico per difendere il futuro degli italiani. Il Presidente della Ferrari, di estrazione Fiat e da sempre campione nell'arte di privatizzare i profitti e socializzare le perdite, ha testè affermato "Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimono la linea di una Confindustria civile e responsabile". Insomma la Confindustria di Squinzi sta diventando un organismo "rivoluzionario" che si distacca da una linea civile e responsabile, per sposare l'acciottolato sconnesso della protesta. Ed i risultati non stanno tardando a manifestarsi, lo spread è già risalito oltre i 480 punti (Berlusconi fu "licenziato" per molto meno) e potrebbe continuare ad arrampicarsi con risultati disastrosi. Tutta colpa di Squinzi, lo spread ci ascolta ed è indispensabile tacere, se proprio intendete sfogarvi fatelo in un bugigattolo nascosto dall'ombra, dopo esservi assicurati che il nemico non è in ascolto. di Marco Cedolin

09 luglio 2012

Arafat assassinato col polonio, il super-veleno degli 007

Avvelenato col polonio-210: Yasser Arafat, storico padre della causa palestinese, sarebbe morto in seguito ad avvelenamento progressivo causato dal raro metalloide altamente radioattivo, talvolta utilizzato dai servizi segreti per eliminare nemici senza lasciare tracce visibili. La presenza del polonio è stata invece riscontrata oggi, quasi otto anni dopo la sua strana morte, sugli effetti personali di Arafat: lo spazzolino da denti, gli indumenti e l’inseparabile kefiah. A dare la notizia, il portavoce dell’Istituto Svizzero di Radiofisica di Losanna. Rivelazione subito ripresa da “Al Jazeera”, in un dossier che riapre il giallo sull’improvvisa scomparsa del leader palestinese, l’11 novembre 2004 in un ospedale parigino, in seguito ad una malattia repentina e misteriosa. Già al momento del precipitoso ricovero, i funzionari francesi rifiutarono di fornire i dettagli sulle condizioni di salute del leggendario capo dell’Olp, Le ultime immagini di Yasser Arafattrincerandosi dietro le leggi sulla privacy e alimentando in tal modo il sospetto che il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, insignito nel 1994 del Premio Nobel per la Pace insieme agli israeliani Shimon Peres e Yitzhak Rabin, fosse stato avvelenato. Ipotesi e dubbi che ora trovano conferma nelle parole dei ricercatori dell’istituto elvetico, che non si sbilanciano ma confermano di aver trovato «inspiegabili ed elevate quantità di polonio-210 sugli effetti personali di Arafat, insieme a macchie di liquidi biologici». Secondo François Bochud, direttore del centro di Losanna, «per confermare i risultati e arrivare a ricostruire le cause della morte è necessario riesumare il corpo e testarlo per il polonio-210». Ma occorre procedere subito, perché il polonio è in decomposizione: «Se aspettiamo troppo a lungo, qualsiasi possibile prova sparirà». Suha, la vedova di Arafat, ha già chiesto che il corpo del marito, sepolto nella città cisgiordana di Ramallah, venga immediatamente riesumato per accertare una volta per tutte le cause reali della morte, finora misteriose. «Dobbiamo andare oltre per rivelare la verità a tutto il mondo arabo e musulmano», ha detto ai microfoni dell’emittente araba. Il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha chiesto formalmente la creazione di una commissione d’inchiesta internazionale, sul modello di quella istituita per far luce sull’assassinio del premier libanese Rafic Hariri. Il caso ricorda la morte della spia russa Alexander Litvinenko, avvenuta a Londra nel 2006: anche in quell’occasione fu il polonio, usato come potente veleno, a causare l’atroce fine dell’ex agente dei servizi segreti russi, riparato nella capitale inglese al seguito di Boris Berezovskij, il potente oligarca che – su ordine L'agonia di Alexander Litvinenkodell’allora presidente Eltsin – organizzò la prima guerra in Cecenia finanziando una milizia mercenaria incaricata di attaccare l’esercito regolare russo per poter così simulare un’insurrezione separatista della piccola repubblica caucasica.
Arafat è stato sempre cordialmente detestato da Israele, che l’ha perseguitato per tutta la vita con la sola eccezione della “primavera” di distensione promossa da Rabin, a sua volta assassinato da un estremista ebraico. La fine del leader palestinese fu preceduta da una brutale offensiva dell’esercito israeliano contro il compound di Ramallah, residenza di Arafat. A scatenare i bombardamenti contro il presidente dell’Anp fu il suo nemico giurato Ariel Sharon, allora premier. Militante dall’età di 15 anni nell’Haganah, esercito indipendentista sionista che inaugurò la pratica del Ariel Sharonterrorismo in Medio Oriente contro l’allora protettorato coloniale britannico, Sharon divenne famoso per la spietatezza delle sue milizie anti-palestinesi che nel 1982 fecero strage di civili tra i rifugiati dei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano, suscitando l’orrore del mondo. La fama di criminale di guerra non ha impedito a Sharon di diventare premier, dopo aver organizzato a Gerusalemme una storica provocazione – la “passeggiata”, sotto scorta, sulla Spianata delle Moschee, sacra ai musulmani – scatenando in tal modo da Seconda Intifada palestinese, destinata a compromettere il prestigio di Arafat come uomo di pace. Colpito da un ictus, Sharon è in coma dal 4 gennaio 2006. Salito al potere nel 2001, si era subito scagliato contro Arafat, prendendo a cannonate il quartier generale di Ramallah. Un’ostinazione, quella di Sharon, indifferente alle proteste dell’Onu e della cosiddetta comunità internazionale. Fino al punto da ordinare l’assassinio di Arafat per avvelenamento, mediante l’impiego del micidiale polonio-210? di Giorgio Cattaneo

11 luglio 2012

La guerra dell’Europa. Con le sofisticate armi della grande finanza internazionale

«Secondo un recentissimo rapporto dell’Unicef, sarebbero 439 mila i bambini greci che vivono sotto la soglia di povertà, denutriti e costretti a vivere in ambienti malsani. Secondo le stime ufficiali, un greco su cinque è povero, ma stando agli ultimi rilevamenti, si sta viaggiando velocemente verso una soglia di povertà che ingoia un terzo dei cittadini greci. Infatti su 11,2 milioni di abitanti, ben due milioni e 800 mila, non hanno abbastanza per vivere». A segnalarlo è Monia Benini, nel suo recente libro «La guerra dell’Europa» (Nexus Edizioni, € 8.50). C’è una nuova guerra in Europa, scrive la Benini, una guerra che si combatte senza fucili e senza bombe, ma con le sofisticate armi di distruzione di massa della grande finanza internazionale. Una guerra fatta da persone con il «colletto bianco» che sparano i loro colpi cliccando sulle tastiere e trasferendo, in un attimo, cifre virtuali da capogiro. Ed è così che «siamo arrivati ad avere strutture di potere non elette democraticamente dai cittadini, che hanno sottratto sovranità nazionale, monetaria, economica, politica e sociale alle nazioni». I provvedimenti del Governo greco. Alla fine del 2009 il presidente greco George Papandreou dichiara il rischio di bancarotta del Paese e iniziano così una serie di provvedimenti. Nel maggio del 2010 la troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Unione europea) avvia il piano di aiuto alla Grecia. La Grecia è così costretta a varare diverse misure di austerità. Interessante è analizzare nel dettaglio come i provvedimenti assunti dal governo greco siano molto simili con le scelte poi praticate anche in Italia. Tra gli accordi del maggio del 2010 Atene prevede «l’incremento dell’Iva al 23%», la «riduzione dei salari dei dipendenti pubblici del 20%», la «revisione integrale del sistema delle pensioni di invalidità», la «revisione del sistema pensionistico», «l’abolizione della tredicesima e della quattordicesima per le pensioni superiori ai 2.500 euro». Questi provvedimenti, però, non bastano e nel 2011 le aziende di rating tornano «all’assalto», definendo la situazione greca «vulnerabile» e «insolvente». E così, il Governo greco, decide di aumentare i tagli per 6,5 miliardi di euro e iniziare un’ondata di privatizzazioni per avere nuovi prestiti dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Tutto questo, ancora, non basta e, a fine luglio del 2011, l’agenzia di rating Moody’s definisce per certo il fallimento della nazione. Così ci troviamo di fronte, ancora, a nuove tagli alle pensioni e tasse straordinarie per gli immobili. «Il cancro finanziario greco dilaga ancora maggiormente ad inizio 2012, quando l’agenzia di rating Fitch considera insolvente la Grecia e ritiene l’accordo per imporre perdite ai creditori privati un default tecnico che anticipa il fallimento del Paese». Chi ci guadagna con il fallimento? I titoli di Stato valgono solo il 25% di quanto dovrebbero essere pagati. Non solo, le banche esigono una percentuale che si aggira intorno al 5% per spese di commissione e segreteria. Spesso, chi è andato in pensione, ha ricevuto il trattamento di fine rapporto proprio con i Buoni ordinari del tesoro, trovandosi così con circa il 20% del valore reale. Per fare un esempio pratico, scrive Monia Benini, «un lavoratore che aveva diritto ad un Tfr di 40.000 euro, si ritrova con 8.000 euro». Però chi detiene dei Credit Default Swaps, non solo recupera il taglio del valore dei titoli, ma ne trae ulteriori profitti senza risentire minimamente del fallimento condizionato. Ad essere escluso dal fallimento condizionato, tra gli altri, troviamo la Goldman Sachs che possiede i titoli. L’opinione di Christos Ioannou, professore alla facoltà di economia dell’Università di Atene. Nel libro, l’autrice intervista l’economista Christos Ioannou, che dichiara: «E’ stato uno sbaglio essere entrati nell’euro. Ma adesso uscirne sarebbe come essere saliti in aereo, essersi accorti di aver sbagliato volo e buttarsi giù. Ora l’economia greca si deve scrollare di dosso il massimo possibile del debito e deve evitare il default definitivo perché questo avrebbe effetti devastanti per ogni apparato produttivo residuo. Il decennio che ha preso l’avvio sarà molto difficile per la Grecia, che deve uscire dall’occhio del ciclone creato e voluto dagli speculatori finanziari internazionali. Siamo in una situazione molto difficile: la gente vive nella povertà, ha una difficoltà economica enorme e la tensione è sul punto di scoppiare». Il popolo greco non è rimasto a guardare. Nelle piazze di Atene e di altre città della Grecia è montata la protesta. Il popolo greco, unito dalla tensione contro i loro carnefici e non asservito ai diktat provenienti dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale, è sceso in strada, duro ed unito. Ha trovato davanti a se due nemici: «le forze di polizia schierate dai governi che hanno cercato di reprimerli con la violenza e brutalità, criminalizzandoli» e gli organi d’informazione di massa, sempre ben attenti a usare le parole per plagiare emotivamente gli interlocutori. Quale futuro? «In un clima così aspro e duro – scrive la Benini – è difficile prevedere cosa realmente potrà accadere in Grecia. L’incertezza è l’unica cosa certa». Ma lancia un monito: chi pensa che l’Italia sia lontana da questa crisi, si sbaglia di grosso; le misure varate dal Governo di Monti, sono molto simili a quelle imposte due anni fa ad Atene. «Stesse imposizioni del sistema bancario e finanziario europeo e internazionale, con i politici che si danno un gran da fare come “camerieri dei banchieri”». di Fabio Polese

10 luglio 2012

Taci! Lo spread ti ascolta

Il teatrino dell'assurdo nel quale siamo immersi quotidianamente, ci offre momenti di parossismo in grado di trasportarci ai confini della realtà. Di fronte alla manovra tagli e sangue conosciuta come spending review, che fra le altre cose eliminerà quasi 20mila posti letto negli ospedali e produrrà il licenziamento di qualche decina di migliaia di dipendenti della pubblica amministrazione, le critiche più dure arrivano da Squinzi, Presidente di Confindustria e non della Cgil. Proprio durante un faccia faccia con Susanna Camusso, Squinzi ha esternato le proprie perplessità riguardo alle ultime mosse del governo, sottolineando che "dobbiamo evitare la macelleria sociale". Spiazzando in primo luogo i vertici sindacali, dal momento che se Confindustria critica l'operazione del governo usando il loro stessi toni, significa in tutta evidenza che la "morbida" posizione tenuta fin qui non è più sufficiente a sotenere l'immagine d'integerrimi difensori dei diritti dei lavoratori ed occorre fare di più, con il rischio d'incorrere nell'ira dei banchieri.... L'ira di Mario Monti, colpito nel vivo dalle dichiarazioni, si è per ora indirizzata nei confronti di Squinzi, reo di avere esternato perplessità e critiche nei confronti di una manovra che i media mainstream ed il mondo politico stanno sforzandosi di presentare sotto le mentite spoglie di una medicina amara ma necessaria, che garantirà la guarigione del paziente. Dimenticando colpevolmente che il paziente ucciso da un farmaco potrebbe tornare in vita solamente in conseguenza di un miracolo e le virtù taumaturgiche dei banchieri sono estremamente scarse, dal momento che stanno fallendo anche nel tentativo di "salvare" gli istituti di credito da loro stessi creati. Il banchiere di Goldman Sachs ha attaccato Squinzi affermando che "Dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese". Tutti zitti, insomma, altrimenti lo spread (che è sempre in ascolto) potrebbe indispettirsi e ricominciare a salire in maniera forsennata, perdendo la fiducia nell'operato del governo. A rincarare la dose, in soccorso di Mario Monti, è arrivato anche l'immarcescibile Luca Cordero di Montezemolo, ex Presidente di Confindustria e novello "benefattore" in procinto di scendere nell'agone politico per difendere il futuro degli italiani. Il Presidente della Ferrari, di estrazione Fiat e da sempre campione nell'arte di privatizzare i profitti e socializzare le perdite, ha testè affermato "Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimono la linea di una Confindustria civile e responsabile". Insomma la Confindustria di Squinzi sta diventando un organismo "rivoluzionario" che si distacca da una linea civile e responsabile, per sposare l'acciottolato sconnesso della protesta. Ed i risultati non stanno tardando a manifestarsi, lo spread è già risalito oltre i 480 punti (Berlusconi fu "licenziato" per molto meno) e potrebbe continuare ad arrampicarsi con risultati disastrosi. Tutta colpa di Squinzi, lo spread ci ascolta ed è indispensabile tacere, se proprio intendete sfogarvi fatelo in un bugigattolo nascosto dall'ombra, dopo esservi assicurati che il nemico non è in ascolto. di Marco Cedolin

09 luglio 2012

Arafat assassinato col polonio, il super-veleno degli 007

Avvelenato col polonio-210: Yasser Arafat, storico padre della causa palestinese, sarebbe morto in seguito ad avvelenamento progressivo causato dal raro metalloide altamente radioattivo, talvolta utilizzato dai servizi segreti per eliminare nemici senza lasciare tracce visibili. La presenza del polonio è stata invece riscontrata oggi, quasi otto anni dopo la sua strana morte, sugli effetti personali di Arafat: lo spazzolino da denti, gli indumenti e l’inseparabile kefiah. A dare la notizia, il portavoce dell’Istituto Svizzero di Radiofisica di Losanna. Rivelazione subito ripresa da “Al Jazeera”, in un dossier che riapre il giallo sull’improvvisa scomparsa del leader palestinese, l’11 novembre 2004 in un ospedale parigino, in seguito ad una malattia repentina e misteriosa. Già al momento del precipitoso ricovero, i funzionari francesi rifiutarono di fornire i dettagli sulle condizioni di salute del leggendario capo dell’Olp, Le ultime immagini di Yasser Arafattrincerandosi dietro le leggi sulla privacy e alimentando in tal modo il sospetto che il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, insignito nel 1994 del Premio Nobel per la Pace insieme agli israeliani Shimon Peres e Yitzhak Rabin, fosse stato avvelenato. Ipotesi e dubbi che ora trovano conferma nelle parole dei ricercatori dell’istituto elvetico, che non si sbilanciano ma confermano di aver trovato «inspiegabili ed elevate quantità di polonio-210 sugli effetti personali di Arafat, insieme a macchie di liquidi biologici». Secondo François Bochud, direttore del centro di Losanna, «per confermare i risultati e arrivare a ricostruire le cause della morte è necessario riesumare il corpo e testarlo per il polonio-210». Ma occorre procedere subito, perché il polonio è in decomposizione: «Se aspettiamo troppo a lungo, qualsiasi possibile prova sparirà». Suha, la vedova di Arafat, ha già chiesto che il corpo del marito, sepolto nella città cisgiordana di Ramallah, venga immediatamente riesumato per accertare una volta per tutte le cause reali della morte, finora misteriose. «Dobbiamo andare oltre per rivelare la verità a tutto il mondo arabo e musulmano», ha detto ai microfoni dell’emittente araba. Il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha chiesto formalmente la creazione di una commissione d’inchiesta internazionale, sul modello di quella istituita per far luce sull’assassinio del premier libanese Rafic Hariri. Il caso ricorda la morte della spia russa Alexander Litvinenko, avvenuta a Londra nel 2006: anche in quell’occasione fu il polonio, usato come potente veleno, a causare l’atroce fine dell’ex agente dei servizi segreti russi, riparato nella capitale inglese al seguito di Boris Berezovskij, il potente oligarca che – su ordine L'agonia di Alexander Litvinenkodell’allora presidente Eltsin – organizzò la prima guerra in Cecenia finanziando una milizia mercenaria incaricata di attaccare l’esercito regolare russo per poter così simulare un’insurrezione separatista della piccola repubblica caucasica.
Arafat è stato sempre cordialmente detestato da Israele, che l’ha perseguitato per tutta la vita con la sola eccezione della “primavera” di distensione promossa da Rabin, a sua volta assassinato da un estremista ebraico. La fine del leader palestinese fu preceduta da una brutale offensiva dell’esercito israeliano contro il compound di Ramallah, residenza di Arafat. A scatenare i bombardamenti contro il presidente dell’Anp fu il suo nemico giurato Ariel Sharon, allora premier. Militante dall’età di 15 anni nell’Haganah, esercito indipendentista sionista che inaugurò la pratica del Ariel Sharonterrorismo in Medio Oriente contro l’allora protettorato coloniale britannico, Sharon divenne famoso per la spietatezza delle sue milizie anti-palestinesi che nel 1982 fecero strage di civili tra i rifugiati dei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano, suscitando l’orrore del mondo. La fama di criminale di guerra non ha impedito a Sharon di diventare premier, dopo aver organizzato a Gerusalemme una storica provocazione – la “passeggiata”, sotto scorta, sulla Spianata delle Moschee, sacra ai musulmani – scatenando in tal modo da Seconda Intifada palestinese, destinata a compromettere il prestigio di Arafat come uomo di pace. Colpito da un ictus, Sharon è in coma dal 4 gennaio 2006. Salito al potere nel 2001, si era subito scagliato contro Arafat, prendendo a cannonate il quartier generale di Ramallah. Un’ostinazione, quella di Sharon, indifferente alle proteste dell’Onu e della cosiddetta comunità internazionale. Fino al punto da ordinare l’assassinio di Arafat per avvelenamento, mediante l’impiego del micidiale polonio-210? di Giorgio Cattaneo