27 agosto 2012

10 regole per riconoscere il Casini che è in voi…

Signore e signori, è inutile fare i vaghi: c’è un po’ di Casini in ognuno di voi. Il morbo è subdolo, attacca anche d’estate: ecco il decalogo per riconoscerne i sintomi, e debellarlo per sempre. 1. Maledetta sobrietà Siete al party di fine estate organizzato dalla vostra amica racchia ma con tante amiche carine. Una di queste vi si avvicina per sorbire il cocktail della staffa ma voi esplodete in un imbarazzante “no, cara, ho bevuto abbastanza”. È il primo sintomo di moderazione, la sobrietà vi sta dando alla testa. Non vi agitate, non ce n’è motivo. Però tenete sotto osservazione il fenomeno. 2. Alleanze troppo variabili Nel pieno di una accesa discussione sul calciomercato, un vostro amico si inalbera per l’ultimo acquisto della Roma e con lo sguardo vivace cerca la vostra approvazione. Fate sì con la testa. A quel punto l’antagonista inviperito rilancia con tono deciso e butta l’occhio verso di voi: trova lo stesso cenno di assenso. Vi illudete di essere equidistanti, invece avete appena guadagnato due nemici. La situazione si fa seria. 3. Due forni, ma con juicio Scatta il momento del cornettone, dopo una notte brava in cui come al solito non avete concluso nulla. Si va tutti da Gigi al Laurentino, che fa i danesi buoni buoni, con sommo disappunto di Angelino, che vorrebbe andare da Mario. Per non scontentare quest’ultimo, prima di rincasare, fate il bis. Sale l’indice di glicemia. La politica dei due forni vi ingolosisce molto, ma attenti al diabete. 4. Buonsenso a vanvera È nota come sindrome di La Palice, ma in alcuni soggetti si configura con sintomatologie molto più importanti. Consiste nell’elencazione gratuita di luoghi comuni eticamente inoppugnabili: il capo dello Stato è il presidente di tutti, le leggi le fa il Parlamento, il latte è bianco, la mucca fa mu. Premuratevi di portare il conto: se superate il limite di tre ovvietà al giorno, fatevi un esame di coscienza. Se non avete più la coscienza, siete in una sezione dell’Udc. 5. Il vostro pantheon Tutti i vostri compagni, impenitenti e nostalgici, dormono ancora sotto i poster del Che, del Quarto Stato, del Duce e di Madonna. Voi sotto quelli di De Gasperi e Cuffaro. Scelta originale, ma forse un po’ troppo. Domandatevi se questa eccentricità non celi disagi più gravi. Meglio un Kandinskij: banale, ma risolve il problema. 6. Quel “messaggero” sospetto Arriva l’autunno, tempo di scuola, università e gagliarde occupazioni. I vostri coetanei si esercitano da capipopolo col megafono e il manifesto sotto il braccio. Voi cercate di imitarli: indossate il basco e un’orrenda camicia a quadri di vostro padre, ma dalla borsa a tracolla spunta una copia del Messaggero. Inutile fare i vaghi, vi hanno sgamato. Almeno non fate la figuraccia di chiamare il preside. 7. Là dove c’era l’erba La vostra profonda fede ecologista vacilla. Il sogno hippie di trasformare le tragiche periferie romane in immense oasi immerse nel verde ha lasciato il posto all’imperativo “costruire costruire costruire”. In architettura si chiama funzionalismo, se invece avete parenti con interessi del mattone si chiama paraculaggine. Per sciogliere il dilemma consultate l’albero genealogico delle vostre famiglie. Qualcosa troverete. 8. Grande “zentro” Ecco l’oziosa discussione sulla vita di paese e la vita di città. Parte la filippica sull’aria sana dei borghi antichi, sui sapori di una volta e tutte quelle menate sui casolari in campagna che si vedono nei film di Bertolucci. Voi, che siete uomini emancipati ed evoluti, non vi lasciate incantare: il vostro sogno è il “grande centro”. Anzi, il grande zentro. Continuate a sognare, i sogni sono gratis. 9. Addio a Monti? Vi siete svegliati nervosi, capita a tutti. Ma oggi sentite di non avere più certezze. Persino Monti non vi va più a genio e cominciate a chiamare il suo governo in modi diversi: di larghe intese, tecnico, di solidarietà nazionale, di salute pubblica, di salvezza nazionale, istituzionale, del premier, del presidente, di unità nazionale, di responsabilità, di garanzia. Sembra giunto il momento per dare una svolta alla vostra vita, invece a fine giornata vi passa tutto. Peccato. Odiate il bipolarismo ma siete bipolari. 10. Lessico famigliare Siete divorziati ma fingete di credere nell’unico e imprescindibile nucleo affettivo riconosciuto da santa romana chiesa, quello composto da uomo e donna che mettono al mondo dei figli. In pratica continuate ad affermare che per voi “la famiglia è una sola”, frase che si legge bene sia con la o aperta che con la o chiusa. Se avete capito la battuta, sorridete. Se non l’avete capita siete nei Casini. di Alessandro Antonelli

17 agosto 2012

Più di così non si può produrre

La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura. La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto. Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva. Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo. I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista. di Massimo Fini

16 agosto 2012

Simon Johnson spaventa i senatori sulla polveriera degli Euro-derivati

I membri del Senato USA riuniti alla Commissione Esteri per i Rapporti Europei il 1 agosto sul "futuro dell'eurozona: situazione e lezioni" sono rimasti sbigottiti quando l'ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson ha insistito ripetutamente durante la sua audizione che l'Euro non durerà nella sua forma attuale, e che sta per esplodere la "polveriera" dei derivati legati all'Euro, quindi non sono affatto credibili le rassicurazioni del ministro del Tesoro Usa Tim Geithner o del presidente della BCE Draghi. Johnson ha aggiunto che Draghi e gli altri si illudono: la BCE non potrà emettere abbastanza credito per salvare tutti, e più credito emette, più mina la credibilità di quel debito. L'Euro entra nella sua fase più pericolosa in cui domina il "rischio di dissoluzione" e come può chiunque firmare un contratto se non sa se esisterà l'Euro tra un anno, ha ammonito Johnson. Siamo seduti "su una polveriera di transazioni in derivati opache, fuori bilancio" legate all'Euribor per centinaia di trilioni di Euro, ha detto Johnson, e nessuno sa quale sia l'esposizione americana a questo, o che effetto avrà l'uscita della Grecia dall'Euro, che secondo Johnson è probabile al 90% prima della fine di quest'anno. La Sen. Jeanne Shaheen, che presiedeva l'audizione, era chiaramente interdetta. Ha chiesto a Johnson come mai Geithner "assicuri costantemente" che l'esposizione del sistema bancario americano all'Europa è "limitata". Johnson ha ribadito quello che aveva detto in vari momenti della sua audizione: la complessità dei derivati è tale che neanche gli istituti che li detengono sanno quale sia la loro esposizione. Non è possibile che Geithner o altri membri del governo sappiano quale sia la vera esposizione. Ha citato l'esempio della JP Morgan, che nel suo "testamento biologico", pubblicato prima della perdita di 6 miliardi di dollari, stimava che una perdita di 30 miliardi di dollari li avrebbe mandati in bancarotta. La bancarotta della JP Morgan sarebbe un evento sistemico, e gli stress test condotti dalle agenzie federali di regolamentazione non hanno neanche preso in considerazione gli eventi a cui oggi assistiamo. Ha invitato i senatori a leggere il "testamento" della Morgan che è pubblico. Johnson, che in altre occasioni si era detto favorevole alla legge Glass-Steagall, durante questa audizione ha purtroppo perso l'opportunità di raccomandare la separazione bancaria, anche quando gli è stato chiesto che fare delle banche europee ed americane "too big to fail" (troppo grosse per fallire). by (MoviSol)

27 agosto 2012

10 regole per riconoscere il Casini che è in voi…

Signore e signori, è inutile fare i vaghi: c’è un po’ di Casini in ognuno di voi. Il morbo è subdolo, attacca anche d’estate: ecco il decalogo per riconoscerne i sintomi, e debellarlo per sempre. 1. Maledetta sobrietà Siete al party di fine estate organizzato dalla vostra amica racchia ma con tante amiche carine. Una di queste vi si avvicina per sorbire il cocktail della staffa ma voi esplodete in un imbarazzante “no, cara, ho bevuto abbastanza”. È il primo sintomo di moderazione, la sobrietà vi sta dando alla testa. Non vi agitate, non ce n’è motivo. Però tenete sotto osservazione il fenomeno. 2. Alleanze troppo variabili Nel pieno di una accesa discussione sul calciomercato, un vostro amico si inalbera per l’ultimo acquisto della Roma e con lo sguardo vivace cerca la vostra approvazione. Fate sì con la testa. A quel punto l’antagonista inviperito rilancia con tono deciso e butta l’occhio verso di voi: trova lo stesso cenno di assenso. Vi illudete di essere equidistanti, invece avete appena guadagnato due nemici. La situazione si fa seria. 3. Due forni, ma con juicio Scatta il momento del cornettone, dopo una notte brava in cui come al solito non avete concluso nulla. Si va tutti da Gigi al Laurentino, che fa i danesi buoni buoni, con sommo disappunto di Angelino, che vorrebbe andare da Mario. Per non scontentare quest’ultimo, prima di rincasare, fate il bis. Sale l’indice di glicemia. La politica dei due forni vi ingolosisce molto, ma attenti al diabete. 4. Buonsenso a vanvera È nota come sindrome di La Palice, ma in alcuni soggetti si configura con sintomatologie molto più importanti. Consiste nell’elencazione gratuita di luoghi comuni eticamente inoppugnabili: il capo dello Stato è il presidente di tutti, le leggi le fa il Parlamento, il latte è bianco, la mucca fa mu. Premuratevi di portare il conto: se superate il limite di tre ovvietà al giorno, fatevi un esame di coscienza. Se non avete più la coscienza, siete in una sezione dell’Udc. 5. Il vostro pantheon Tutti i vostri compagni, impenitenti e nostalgici, dormono ancora sotto i poster del Che, del Quarto Stato, del Duce e di Madonna. Voi sotto quelli di De Gasperi e Cuffaro. Scelta originale, ma forse un po’ troppo. Domandatevi se questa eccentricità non celi disagi più gravi. Meglio un Kandinskij: banale, ma risolve il problema. 6. Quel “messaggero” sospetto Arriva l’autunno, tempo di scuola, università e gagliarde occupazioni. I vostri coetanei si esercitano da capipopolo col megafono e il manifesto sotto il braccio. Voi cercate di imitarli: indossate il basco e un’orrenda camicia a quadri di vostro padre, ma dalla borsa a tracolla spunta una copia del Messaggero. Inutile fare i vaghi, vi hanno sgamato. Almeno non fate la figuraccia di chiamare il preside. 7. Là dove c’era l’erba La vostra profonda fede ecologista vacilla. Il sogno hippie di trasformare le tragiche periferie romane in immense oasi immerse nel verde ha lasciato il posto all’imperativo “costruire costruire costruire”. In architettura si chiama funzionalismo, se invece avete parenti con interessi del mattone si chiama paraculaggine. Per sciogliere il dilemma consultate l’albero genealogico delle vostre famiglie. Qualcosa troverete. 8. Grande “zentro” Ecco l’oziosa discussione sulla vita di paese e la vita di città. Parte la filippica sull’aria sana dei borghi antichi, sui sapori di una volta e tutte quelle menate sui casolari in campagna che si vedono nei film di Bertolucci. Voi, che siete uomini emancipati ed evoluti, non vi lasciate incantare: il vostro sogno è il “grande centro”. Anzi, il grande zentro. Continuate a sognare, i sogni sono gratis. 9. Addio a Monti? Vi siete svegliati nervosi, capita a tutti. Ma oggi sentite di non avere più certezze. Persino Monti non vi va più a genio e cominciate a chiamare il suo governo in modi diversi: di larghe intese, tecnico, di solidarietà nazionale, di salute pubblica, di salvezza nazionale, istituzionale, del premier, del presidente, di unità nazionale, di responsabilità, di garanzia. Sembra giunto il momento per dare una svolta alla vostra vita, invece a fine giornata vi passa tutto. Peccato. Odiate il bipolarismo ma siete bipolari. 10. Lessico famigliare Siete divorziati ma fingete di credere nell’unico e imprescindibile nucleo affettivo riconosciuto da santa romana chiesa, quello composto da uomo e donna che mettono al mondo dei figli. In pratica continuate ad affermare che per voi “la famiglia è una sola”, frase che si legge bene sia con la o aperta che con la o chiusa. Se avete capito la battuta, sorridete. Se non l’avete capita siete nei Casini. di Alessandro Antonelli

17 agosto 2012

Più di così non si può produrre

La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura. La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto. Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva. Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo. I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista. di Massimo Fini

16 agosto 2012

Simon Johnson spaventa i senatori sulla polveriera degli Euro-derivati

I membri del Senato USA riuniti alla Commissione Esteri per i Rapporti Europei il 1 agosto sul "futuro dell'eurozona: situazione e lezioni" sono rimasti sbigottiti quando l'ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson ha insistito ripetutamente durante la sua audizione che l'Euro non durerà nella sua forma attuale, e che sta per esplodere la "polveriera" dei derivati legati all'Euro, quindi non sono affatto credibili le rassicurazioni del ministro del Tesoro Usa Tim Geithner o del presidente della BCE Draghi. Johnson ha aggiunto che Draghi e gli altri si illudono: la BCE non potrà emettere abbastanza credito per salvare tutti, e più credito emette, più mina la credibilità di quel debito. L'Euro entra nella sua fase più pericolosa in cui domina il "rischio di dissoluzione" e come può chiunque firmare un contratto se non sa se esisterà l'Euro tra un anno, ha ammonito Johnson. Siamo seduti "su una polveriera di transazioni in derivati opache, fuori bilancio" legate all'Euribor per centinaia di trilioni di Euro, ha detto Johnson, e nessuno sa quale sia l'esposizione americana a questo, o che effetto avrà l'uscita della Grecia dall'Euro, che secondo Johnson è probabile al 90% prima della fine di quest'anno. La Sen. Jeanne Shaheen, che presiedeva l'audizione, era chiaramente interdetta. Ha chiesto a Johnson come mai Geithner "assicuri costantemente" che l'esposizione del sistema bancario americano all'Europa è "limitata". Johnson ha ribadito quello che aveva detto in vari momenti della sua audizione: la complessità dei derivati è tale che neanche gli istituti che li detengono sanno quale sia la loro esposizione. Non è possibile che Geithner o altri membri del governo sappiano quale sia la vera esposizione. Ha citato l'esempio della JP Morgan, che nel suo "testamento biologico", pubblicato prima della perdita di 6 miliardi di dollari, stimava che una perdita di 30 miliardi di dollari li avrebbe mandati in bancarotta. La bancarotta della JP Morgan sarebbe un evento sistemico, e gli stress test condotti dalle agenzie federali di regolamentazione non hanno neanche preso in considerazione gli eventi a cui oggi assistiamo. Ha invitato i senatori a leggere il "testamento" della Morgan che è pubblico. Johnson, che in altre occasioni si era detto favorevole alla legge Glass-Steagall, durante questa audizione ha purtroppo perso l'opportunità di raccomandare la separazione bancaria, anche quando gli è stato chiesto che fare delle banche europee ed americane "too big to fail" (troppo grosse per fallire). by (MoviSol)