30 agosto 2012

Meglio gli sfascisti sfanculatori di Grillo degli sfasciatori patinati dello Stato

In nome della sobrietà parlamentare e dell’austerità nazionale stiamo scomparendo dalla faccia dell’Europa continentale, non quella dei falsi riti istituzionali e dei vuoti miti sociali (cooperativi e solidali cioè inesistenti ed ineffettuali), ma quella dei rapporti di forza dove se la potenza non insiste alla prepotenza altrui non si resiste. Verrebbe da dire ben ci sta, popolo di beoti, incantati da quattro imbecilli di governo patentati, individuati dal peggior Presidente della Repubblica mai nominato. Eppure, noi italiani, figli dei romani e di grandi letterati e scienziati, avremmo dovuto essere svezzati a tali forme di raggiro che nascondono la codardia e l’ottusità di una classe dirigente schiavizzata dai dogmi economici del presente, dall’assenza di visione del futuro e dalla dimenticanza di un passato glorioso e puntualmente calpestato. Ora come ora non si tratta più di difendere il puttaniere bandanato dalle puttane di Stato, abituate a vivere di cheque firmati col sangue dei contribuenti. Adesso, si deve dire chiaramente dove ci ha fatto sprofondare questo stile politicamente corretto ed economicamente succube di totem liberisti e di tabù autonomisti. Siamo passati dallo scambio libero berlusconiano che, tuttavia, fino ad un certo momento qualche soddisfazione in politica estera ci aveva dato, al liberoscambio dei finti moralisti, dei servi della finanza, degli associati alle massonerie mondiali e ai potentati atlantici che fanno del calarsi le braghe al cospetto di Usa ed Ue una professione di vita più deleteria del mestiere più vecchio del mondo. Siamo stati feriti dal moralismo di facciata (ancora ieri sera Di Pietro ripeteva, ospite di una trasmissione di Mentana su La7, che quando c’era Berlusconi arrossiva all’estero, di fronte all’internazionale dei banchieri e dei burocrati filibustieri) che è soltanto l’altra faccia della medaglia di una vergognosa sudditanza, ora giunta alle sue estreme conseguenze politiche, economiche e sociali. E sia chiaro, come da sempre afferma il pensiero liberale, il quale quando non gli conviene sa come argomentare, che così come la libertà se ne va a ramengo se dirottata a suon di regolamento, con sprezzo dell’arbitrio individuale, lo stesso vale per il corpo sociale continuamente colpito nel suo benessere allorché le sue scelte vengono quotidianamente conculcate con gabelle atte a modificare i suoi usi e consumi: le sigarette, le bibite gassate e i cibi grassi tassati per svuotarci il portafoglio con il pretesto di proteggerci dai malanni e dalle cattive abitudini. Perché di proibizioni, sebbene in altra forma, si parla, con l’aggravio che a loro della nostra salute non importa un fico secco, a meno che non si deve far secco il nostro patrimonio. Dove sono finiti i protettori del liberopensiero che ci gonfiano i coglioni da mane a sera con la civiltà, i diritti e la democrazia esclusivamente se si discute dell’Iran, dell’Afghanistan e della Siria? E i nostri dittatorelli professorali dove li mettiamo, nell’alveo dei cristiani o dei talebani che scannano i connazionali? Chiuderò questo breve pezzo con una riflessione sulle prossime elezioni, se mai ci saranno e se non s’inventeranno qualche altra emergenza per impedire al popolo di mandarli a quel Paese di offese senza più pretese, scorte o emolumenti (e poi attenti alle vostre terga, dementi!). Ma prima voglio proporvi un breve brano di Vilfredo Pareto, tratto dal Mito Virtuista, che sconfessa i nostri immondi puritani di gabinetto accompagnati in questo cesso epocale da quei pusillanimi di partito che hanno scelto appunto degli imbecilli per essere sicuri di rovinare tutto a tempo indeterminato. “…Tale è il nuovo senso della parola “libertà”. L’uomo è tanto più “libero” quante più cose gli sono proibite. In questo modo il massimo della libertà tocca al prigioniero chiuso in cella….Gli storici lodano il tempo passato; ma quando si tratta di testimoniare sul tempo in cui vivono la scena cambia e sono piuttosto portati ad oscurarne spesso le tinte. In ogni caso, se crediamo alle testimonianze dei contemporanei, è impossibile ammettere che siano i buoni costumi dei popoli, e ancora meno dei loro capitani, che abbiano assicurato le vittorie. Ecco, per esempio, la ritirata dei diecimila; ciò che li salva, è la loro perfetta disciplina, la loro obbedienza agli strateghi; quanto ai loro costumi, lasciano molto a desiderare. Vedete ciò che accade quando gli strateghi decidono d’allontanare tutte le bocche inutili; i soldati sono costretti ad obbedire, «eccetto alcuni che sottraggono o un giovinetto o una bella donna ai quali sono attaccati». Quanto a Senofonte, i suoi costumi possono essere stati i più casti, ma il suo linguaggio non è tale nel Convito; e se si fosse astenuto da questo genere di letteratura, il mondo non vi avrebbe perduto nulla. Val meglio non parlare dei costumi di Filippo il Macedone e delle persone che l’attorniavano. Allorché la battaglia di Cheronea abbatté la potenza ateniese e asservì la Grecia, non si può veramente dire che fu la castità che riportò la vittoria. Filippo, oltre le concubine senza numero, prendeva donne dovunque ne trovava. Né le cause della sua morte possono onestamente raccontarsi. Passiamo rapidamente sui costumi dei valenti capitani, come Demetrio Poliorcete (il conquistatore di città), perché il meno che si possa dire è che furono infami. Alcibiade era pure lontano, molto lontano, dall’avere buoni costumi; tuttavia, se egli avesse comandato in Sicilia, al posto di quell’onesto ed imbecille Nicia, forse Atene avrebbe evitato un disastro irreparabile. I bacchettoni ateniesi che intentarono un’azione penale ad Alcibiade, sotto pretesto della mutilazione delle Erme, furono probabilmente la causa della rovina della loro patria. Più tardi ad Egospotami, se i generali greci avessero seguito il consiglio di Alcibiade, avrebbero salvato la flotta ateniese e la loro città. I generali avevano forse costumi migliori di Alcibiade — ciò non era veramente difficile — ma, quanto all’arte della guerra, gli erano molto inferiori e si fecero battere vergognosamente. Se passiamo ai romani, ci è difficile scorgere virtuisti nei cittadini che, ai giuochi Floreali, facevano comparire sulla scena cortigiane interamente nude. Un giorno che Catone di Utica — il virtuoso Catone — assisteva ai giuochi Floreali, il popolo non osava, in sua presenza, domandare che le mime si spogliassero dei loro vestiti. Un amico avendo fatto osservare ciò a Catone, questi lasciò il teatro onde permettere al popolo di godere lo spettacolo abituale. Se Catone fosse stato un virtuista, sarebbe rimasto al teatro per impedire quello scandalo; ma Catone era solamente un uomo di costumi austeri adstricti continentia mores. I complici di Catilina avevano cattivissimi costumi; si sarebbe soddisfatti poter dire che erano vili; disgraziatamente la verità è il contrario. Sallustio ci narra come caddero nella battaglia di Fiesole. «Ma fu quando la battaglia finì che si poté veramente vedere quale audacia, quale forza d’animo vi fosse nell’esercito di Catilina. Perché ciascuno, dopo la sua morte, copriva con il corpo il luogo che aveva occupato durante la pugna. Un piccolo numero solamente, che era stato disperso dalla coorte pretoriana, era caduto un poco diversamente, ma tutti erano stati feriti davanti.» Non è sicuro che tutti i virtuisti avrebbero fatto altrettanto… Napoleone I non era casto; i suoi marescialli, i suoi generali e i suoi soldati, ancora meno. Essi riportarono tuttavia molte vittorie e, in quanto alla disfatta che ebbero in Russia, sarebbe difficile di vedervi un trionfo dei buoni costumi sui cattivi. Maurizio di Sassonia, che salvò la Francia dalla invasione straniera, era un grande capitano, ma aveva costumi molto cattivi. Sarebbe stato meglio per la Francia che egli fosse stato virtuista e che si fosse fatto battere a Fontenoy? Nelson, il vincitore di Trafalgar, era lontano dall’esser molto casto. I suoi amori con Lady Hamiltonsono conosciuti. Invece del Nelson, sarebbe stato meglio per l’Inghilterra, avere un ammiraglio virtuista, ma che avesse perduto le battaglie navali d’Aboukir e di Trafalgar?” Chi ama il Loden li segua e precipiti pure con loro nella sentina della Storia. Stante la gravità della situazione, come dicevamo in principio, è opportuno che deflagri una bomba elettorale affinché i piani di questi lestofanti saltino irreparabilmente. Sapete bene cosa pensiamo di Grillo e del suo movimento o di Di Pietro e del suo gruppo di forcaioli, tuttavia, in questa particolare congiuntura politica, potremmo essere costretti a sperare, almeno tatticamente, in una loro forte affermazione cosicché qualcosa si muova davvero in questa morta gora italica che rischia di desertificarsi del tutto. Certo, costoro non sono paragonabili agli Arditi del popolo di un’altra fase storica (non stiamo dunque proponendo nessun dialogo con questi) ma il loro ardimento populistico e distruttivo, lo sfascismo sfanculistico e liberatorio della panza, può scompaginare le cose e porre fine a questo sfacelo patinato messo in atto dagli attuali protagonisti sfasciatori dello Stato. A buon intenditor …insomma meglio il corpo sciolto di Grillo & Co del corpo sociale morto di Napolitano & Compagni. di Gianni Petrosillo

29 agosto 2012

COME FUNZIONA IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE

Oltre il 90% della moneta totale transita dalle famiglie e dalle imprese (anche criminali) verso le banche che hanno “autorizzato” prestiti, fidi e mutui e che, così, vedono arrivare tale moneta sotto forma di versamenti; con l’abbandono della legge Glass-Steagall degli anni ’30 (in Italia la legge bancaria del ’36) – che faceva tenere ben distinta l’attività bancaria dagli istituti che operavano sul mercato finanziario e speculativo – anche i depositi e i conti correnti sono stati utilizzati dalle banche (quali soggetti finanziari) per operazioni speculative. Prima dell’abbandono della Glass Steagall (ma anche dopo e fino alla crisi delle borse nella primavera del 2001) le banche hanno prestato danaro alle famiglie per fronteggiare il calo di reddito derivante dalla flessibilizzazione del lavoro; finchè le borse hanno manifestato un costante rialzo (soprattutto nei titoli migliori) parte dei guadagni andavano alle banche che avevano “prestato” e parte al sostegno delle spese delle famiglie. Dopo il 2001, le famiglie hanno continuato a indebitarsi facendo leva sulla loro ricchezza soprattutto immobiliare e le banche hanno cominciato a speculare su tutti i titoli possibili, in tutti i modi e ottenendo – nel breve come nel medio/lungo termine – perdite di liquidità ingentissime. Così, il credito per le imprese veniva ingessato dalle disposizioni cosiddette Basilea 2 e soprattutto 3, le famiglie continuavano a perdere (salari più bassi e disoccupazione) e il totale del flusso monetario da famiglie e imprese verso le banche diventava minore delle perdite bancarie sul fronte delle attività speculative. Di qui la crisi di liquidità aggravata dalla situazione degli immobili una volta che la bolla si sgonfiava fino al dilagare dei casi di “under water” (quando il valore del mutuo supera quello dell’appartamento). In questa situazione il “sistema” è tenuto a galla dalle immissioni massicce di moneta autorizzata dalle due principali banche centrali (BCE e FED che parlano di appoggio illimitato a sostenere le esigenze di liquidità delle banche miste). Il comportamento delle banche centrali non comporta una cura del sistema (e nemmeno delle singole 40 grandi banche più coinvolte nello squilibrio) ovvero una trasformazione di esso; a meno che l’appoggio “illimitato” non sia veramente tale. Se non può essere “illimitato” ma solo massiccio ed esagerato perché le perdite delle banche come soggetti speculativi riguardano 4 quadrilioni di dollari e, quindi, considerando un’esigenza di liquidità pari al 10%, si ottiene una somma che è pari a 400 trilioni (da cui sottrarre ciò che onesti e disonesti versano alle banche stesse a vario titolo) ovvero 6-7 volte il PIL di tutto il mondo ovvero 10 volte di più di quanto le banche centrali dovrebbero autorizzare tra il 2009 e il 2014. Nel caso in cui l’appoggio delle banche centrali non sia veramente “illimitato” – e illimitato vuol dire 400 trilioni (meno qualche decina dei nostri poveri versamenti) – allora c’è da aspettarsi il crollo dell’attuale sistema: più probabile una corsa incontrollata alla liquidità che non una botta iperinflattiva (forse, a questo punto, un male minore che rimetterebbe “in pari” i debitori). Nel caso contrario, allora delle due l’una: o ce ne sarà un pochino (di autorizzazioni monetarie) per la ripresa (investimenti e consumi), gli ammortizzatori sociali, i redditi delle famiglie ed il credito alla produzione e, allora, il “sistema” andrà avanti proponendo un arricchimento dei ricchi (grande) e un miglioramento per il 98% della popolazione (modesto ma sufficiente); oppure la condizione del citato 98% della popolazione andrà peggiorando fino ad un limite di rottura sociale. Il problema è che per veicolare il passaggio da mezzi monetari (destinabili alla ripresa) a domanda effettiva (la ripresa è un mix di più consumi e più investimenti), occorre l’intervento o, almeno, la regia dello Stato (nazionale, federale, continentale…) mentre quelli che governano e debbono prendere decisioni sono tutti contro lo Stato da oltre trent’anni. di Antonino Galloni * Antonino Galloni, economista, ha svolto incarichi di rilievo presso il Ministero del Lavoro e il gruppo ENI. E’ autore di numerosi libri di argomento politico ed economico. E’ membro del Comitato Scientifico di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici”.

28 agosto 2012

Il ritorno dei non allineati

Dopo un periodo nel quale il Movimento aveva quasi fatto perdere le sue tracce, oggi torna a fare notizia La settimana prossima i leader dei 120 paesi membri e altri 21 in qualità d’osservatori si riuniranno a Teheran. LE ORIGINI - Il Movimento dei Non Allineati è nato su impulso del presidente dell’allora Jugoslavia Josip Tito, del (primo) primo ministro indiano Nehru, del (secondo) presidente egiziano Nasser, del (primo) presidente indonesiano Sukarno e del (primo) presidente del Ghana Nkrumah nel 1961. Erano gli anni della Guerra Fredda e delle decolonizzazioni e l’idea era quella di creare un movimento di paesi che sfuggisse alla logica dei due blocchi. L’OSTRACISMO OCCIDENTALE - Il NAM (Non-Aligned Movement) non ha mai goduto di molta attenzione da parte dei media del blocco atlantico, che gli hanno sempre mostrato un’evidente ostilità. Il movimento oltre a porsi come estraneo alla logica dei due blocchi si poneva come foro di quelli che all’epoca potevano essere quasi tutti considerati paesi in via di sviluppo e quasi tutti i membri avevano acquisito la sovranità nazionale in tempi recentissimi dopo la liberazione dalla colonizzazione, praticata a loro danno quasi esclusivamente dai paesi del blocco atlantico. IL BATTESIMO DI SANGUE - A fare le spese del clima dell’epoca fu persino il Segretario Generale dell’ONU, lo svedese Dag Hammarskjold, che trovò la morte nel 1961 dopo aver presenziato proprio la prima riunione del gruppo. L’aereo che lo trasportava sui cieli del Congo precipitò in circostanze per l’epoca misteriose e ora note, che videro il primo presidente del grande paese africano, Patrice Lumumba, ucciso per ordine degli Stati Uniti dai militari belgi ancora presenti nell’ex colonia e la condanna a morte di Hammarskjold da parte dell’Union Minière, la società belga che fino ad allora aveva avuto il monopolio sulle immense risorse minerarie del paese. Secondo quanto reso noto da documenti ufficiali americani sui quali è stato tolto il segreto, la CIA ordinò l’assasinio di Lumumba, eseguito poi dai belgi. Uno dei suoi assassini ha vissuto in Italia e all’alba del 2000 non ha avuto alcun problema a raccontare come, dopo aver ucciso a fucilare il presidente congolese, si occupò di strappargli e rubargli due denti d’oro e insieme a un altro distrusse il suo corpo, facendolo prima a pezzi e poi immergendo questi in un bidone dove furono sciolti versando l’acido da batterie. La fine del Segretario Generale dell’ONU fu meno splatter, il suo aereo venne abbattuto senza che si sapesse mai da chi, ma non certo da qualche fazione congolese, nessuna delle quali possedeva aerei. TENTATIVI D’ALTERNATIVA - Con un tale viatico il movimento rafforzò la sua convinzione e all’epoca molti legarono la morte di Hammarskjold all’esordio del NAM invece che alla questione congolese, anche se i sospetti caddero comunque sui veri autori del suo assassinio. Con lo sfumare della Guerra Fredda il movimento, che si poneva prima di tutto la ricerca da parte dei paesi del Sud del mondo di un’alternativa al modello economico incarnato dagli ex-colonizzatori e dalla Banca Mondiale che controllavano, perse di slancio e non riuscì a produrre modelli ideologici ed economici alternativi al neoliberismo e al dominio ormai unipolare degli Stati Uniti. L’ATTUALITA’ - Con l’emergere dei paesi cosiddetti BRICS negli ultimi anni la musica è cambiata e, pur continuando ad essere censurato dai media (soprattutto) dei paesi atlantici, il NAM ha riacquistato fiducia e vigore. Oggi l’India ha un’economia importante ed avanzata, ed è una potenza nucleare, il Brasile ha l’ottava economia al mondo, diversi paesi asiatici sono all’avanguardia nell’economia, nella scienza e nella tecnica e per di più, tutti i paesi sudamericani hanno smesso di essere sotto il giogo di dittature sostenute e dirette da Washington. WASHINGTON RINGHIA ANCORA - L’arroganza con la quale il Nord del mondo trattava il NAM da tempo è stata sostituita dall’indifferenza, ma quest’anno ci sono di nuovo scintille che provengono dagli Stati Uniti, perché l’incontro si tiene a Teheran. Ed è in effetti con un atto di straordinaria aroganza che il portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, rivolgendosi al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, ha fatto presente che Washington considera l’Iran un posto inappropriato per il meeting, concludendo che il summit e la presenza di Ban “mandano un segnale molto strano in merito al supporto dell’ordine internazionale“. Intervento arrogante perché è dal 1961 che i segretari dell’ONU presenziano a tutti gli incontri, che si sono tenuti ogni 3/4 anni per 13 volte e anche perché offende chiaramente la volontà dei 141 paesi che hanno ritenuto di presenziare. IL MASTINO ISRAELIANO - Washington non aveva osato tanto neppure nel 2006, quando il summit si tenne a Cuba in una cornice nella quale i più vocali nemici di Washington non risparmiarono attacchi, critiche e condanne alla potenza americana, che mal sopporta che il suo processo di “costruzione del nemico” sia macchiato dall’arrivo delle delle delegazioni di 141 paesi a Teheran. Ad acuire il diffuso fastidio c’è stato anche l’intervento del primo ministro Netanyahu, che nonostante goda ormai del solo aperto sostegno di Washington, non ha trovato di meglio che esprimersi con la frase: “Signor Segretario Generale, il suo posto non è a Teheran”. L’INSOFFERENZA GENERALE - Proprio quello che ci voleva per mettere pepe all’incontro e per rafforzare il fastidio in decine di paesi che negli anni hanno subito simili dimostrazioni d’arroganza da parte del blocco atlantico e degli ex colonizzatori. Un’arroganza alla quale chi può risponde con indifferenza, come l’India, che approfitterà dell’occasione per discutere con Teheran il modo migliore per acquistare il petrolio iraniano aggirando le sanzioni fortemente volute da Washington. Un’attività sulla quale gli americani non s’esprimono per non irritare gli indiani, ottimo partner commerciale al quale Washington vende anche una discreta quantità di armamenti avanzati di ogni genere, oltre a tecnologia spaziale e nucleare della più sensibile e costosa. Così come non hanno nemmeno provato a far pressione sui paesi latinoamericani, sempre meno disposti ad accettare ingerenze e lezioni di diplomazia internazionale del Dipartimento di Stato. di Mazzetta

30 agosto 2012

Meglio gli sfascisti sfanculatori di Grillo degli sfasciatori patinati dello Stato

In nome della sobrietà parlamentare e dell’austerità nazionale stiamo scomparendo dalla faccia dell’Europa continentale, non quella dei falsi riti istituzionali e dei vuoti miti sociali (cooperativi e solidali cioè inesistenti ed ineffettuali), ma quella dei rapporti di forza dove se la potenza non insiste alla prepotenza altrui non si resiste. Verrebbe da dire ben ci sta, popolo di beoti, incantati da quattro imbecilli di governo patentati, individuati dal peggior Presidente della Repubblica mai nominato. Eppure, noi italiani, figli dei romani e di grandi letterati e scienziati, avremmo dovuto essere svezzati a tali forme di raggiro che nascondono la codardia e l’ottusità di una classe dirigente schiavizzata dai dogmi economici del presente, dall’assenza di visione del futuro e dalla dimenticanza di un passato glorioso e puntualmente calpestato. Ora come ora non si tratta più di difendere il puttaniere bandanato dalle puttane di Stato, abituate a vivere di cheque firmati col sangue dei contribuenti. Adesso, si deve dire chiaramente dove ci ha fatto sprofondare questo stile politicamente corretto ed economicamente succube di totem liberisti e di tabù autonomisti. Siamo passati dallo scambio libero berlusconiano che, tuttavia, fino ad un certo momento qualche soddisfazione in politica estera ci aveva dato, al liberoscambio dei finti moralisti, dei servi della finanza, degli associati alle massonerie mondiali e ai potentati atlantici che fanno del calarsi le braghe al cospetto di Usa ed Ue una professione di vita più deleteria del mestiere più vecchio del mondo. Siamo stati feriti dal moralismo di facciata (ancora ieri sera Di Pietro ripeteva, ospite di una trasmissione di Mentana su La7, che quando c’era Berlusconi arrossiva all’estero, di fronte all’internazionale dei banchieri e dei burocrati filibustieri) che è soltanto l’altra faccia della medaglia di una vergognosa sudditanza, ora giunta alle sue estreme conseguenze politiche, economiche e sociali. E sia chiaro, come da sempre afferma il pensiero liberale, il quale quando non gli conviene sa come argomentare, che così come la libertà se ne va a ramengo se dirottata a suon di regolamento, con sprezzo dell’arbitrio individuale, lo stesso vale per il corpo sociale continuamente colpito nel suo benessere allorché le sue scelte vengono quotidianamente conculcate con gabelle atte a modificare i suoi usi e consumi: le sigarette, le bibite gassate e i cibi grassi tassati per svuotarci il portafoglio con il pretesto di proteggerci dai malanni e dalle cattive abitudini. Perché di proibizioni, sebbene in altra forma, si parla, con l’aggravio che a loro della nostra salute non importa un fico secco, a meno che non si deve far secco il nostro patrimonio. Dove sono finiti i protettori del liberopensiero che ci gonfiano i coglioni da mane a sera con la civiltà, i diritti e la democrazia esclusivamente se si discute dell’Iran, dell’Afghanistan e della Siria? E i nostri dittatorelli professorali dove li mettiamo, nell’alveo dei cristiani o dei talebani che scannano i connazionali? Chiuderò questo breve pezzo con una riflessione sulle prossime elezioni, se mai ci saranno e se non s’inventeranno qualche altra emergenza per impedire al popolo di mandarli a quel Paese di offese senza più pretese, scorte o emolumenti (e poi attenti alle vostre terga, dementi!). Ma prima voglio proporvi un breve brano di Vilfredo Pareto, tratto dal Mito Virtuista, che sconfessa i nostri immondi puritani di gabinetto accompagnati in questo cesso epocale da quei pusillanimi di partito che hanno scelto appunto degli imbecilli per essere sicuri di rovinare tutto a tempo indeterminato. “…Tale è il nuovo senso della parola “libertà”. L’uomo è tanto più “libero” quante più cose gli sono proibite. In questo modo il massimo della libertà tocca al prigioniero chiuso in cella….Gli storici lodano il tempo passato; ma quando si tratta di testimoniare sul tempo in cui vivono la scena cambia e sono piuttosto portati ad oscurarne spesso le tinte. In ogni caso, se crediamo alle testimonianze dei contemporanei, è impossibile ammettere che siano i buoni costumi dei popoli, e ancora meno dei loro capitani, che abbiano assicurato le vittorie. Ecco, per esempio, la ritirata dei diecimila; ciò che li salva, è la loro perfetta disciplina, la loro obbedienza agli strateghi; quanto ai loro costumi, lasciano molto a desiderare. Vedete ciò che accade quando gli strateghi decidono d’allontanare tutte le bocche inutili; i soldati sono costretti ad obbedire, «eccetto alcuni che sottraggono o un giovinetto o una bella donna ai quali sono attaccati». Quanto a Senofonte, i suoi costumi possono essere stati i più casti, ma il suo linguaggio non è tale nel Convito; e se si fosse astenuto da questo genere di letteratura, il mondo non vi avrebbe perduto nulla. Val meglio non parlare dei costumi di Filippo il Macedone e delle persone che l’attorniavano. Allorché la battaglia di Cheronea abbatté la potenza ateniese e asservì la Grecia, non si può veramente dire che fu la castità che riportò la vittoria. Filippo, oltre le concubine senza numero, prendeva donne dovunque ne trovava. Né le cause della sua morte possono onestamente raccontarsi. Passiamo rapidamente sui costumi dei valenti capitani, come Demetrio Poliorcete (il conquistatore di città), perché il meno che si possa dire è che furono infami. Alcibiade era pure lontano, molto lontano, dall’avere buoni costumi; tuttavia, se egli avesse comandato in Sicilia, al posto di quell’onesto ed imbecille Nicia, forse Atene avrebbe evitato un disastro irreparabile. I bacchettoni ateniesi che intentarono un’azione penale ad Alcibiade, sotto pretesto della mutilazione delle Erme, furono probabilmente la causa della rovina della loro patria. Più tardi ad Egospotami, se i generali greci avessero seguito il consiglio di Alcibiade, avrebbero salvato la flotta ateniese e la loro città. I generali avevano forse costumi migliori di Alcibiade — ciò non era veramente difficile — ma, quanto all’arte della guerra, gli erano molto inferiori e si fecero battere vergognosamente. Se passiamo ai romani, ci è difficile scorgere virtuisti nei cittadini che, ai giuochi Floreali, facevano comparire sulla scena cortigiane interamente nude. Un giorno che Catone di Utica — il virtuoso Catone — assisteva ai giuochi Floreali, il popolo non osava, in sua presenza, domandare che le mime si spogliassero dei loro vestiti. Un amico avendo fatto osservare ciò a Catone, questi lasciò il teatro onde permettere al popolo di godere lo spettacolo abituale. Se Catone fosse stato un virtuista, sarebbe rimasto al teatro per impedire quello scandalo; ma Catone era solamente un uomo di costumi austeri adstricti continentia mores. I complici di Catilina avevano cattivissimi costumi; si sarebbe soddisfatti poter dire che erano vili; disgraziatamente la verità è il contrario. Sallustio ci narra come caddero nella battaglia di Fiesole. «Ma fu quando la battaglia finì che si poté veramente vedere quale audacia, quale forza d’animo vi fosse nell’esercito di Catilina. Perché ciascuno, dopo la sua morte, copriva con il corpo il luogo che aveva occupato durante la pugna. Un piccolo numero solamente, che era stato disperso dalla coorte pretoriana, era caduto un poco diversamente, ma tutti erano stati feriti davanti.» Non è sicuro che tutti i virtuisti avrebbero fatto altrettanto… Napoleone I non era casto; i suoi marescialli, i suoi generali e i suoi soldati, ancora meno. Essi riportarono tuttavia molte vittorie e, in quanto alla disfatta che ebbero in Russia, sarebbe difficile di vedervi un trionfo dei buoni costumi sui cattivi. Maurizio di Sassonia, che salvò la Francia dalla invasione straniera, era un grande capitano, ma aveva costumi molto cattivi. Sarebbe stato meglio per la Francia che egli fosse stato virtuista e che si fosse fatto battere a Fontenoy? Nelson, il vincitore di Trafalgar, era lontano dall’esser molto casto. I suoi amori con Lady Hamiltonsono conosciuti. Invece del Nelson, sarebbe stato meglio per l’Inghilterra, avere un ammiraglio virtuista, ma che avesse perduto le battaglie navali d’Aboukir e di Trafalgar?” Chi ama il Loden li segua e precipiti pure con loro nella sentina della Storia. Stante la gravità della situazione, come dicevamo in principio, è opportuno che deflagri una bomba elettorale affinché i piani di questi lestofanti saltino irreparabilmente. Sapete bene cosa pensiamo di Grillo e del suo movimento o di Di Pietro e del suo gruppo di forcaioli, tuttavia, in questa particolare congiuntura politica, potremmo essere costretti a sperare, almeno tatticamente, in una loro forte affermazione cosicché qualcosa si muova davvero in questa morta gora italica che rischia di desertificarsi del tutto. Certo, costoro non sono paragonabili agli Arditi del popolo di un’altra fase storica (non stiamo dunque proponendo nessun dialogo con questi) ma il loro ardimento populistico e distruttivo, lo sfascismo sfanculistico e liberatorio della panza, può scompaginare le cose e porre fine a questo sfacelo patinato messo in atto dagli attuali protagonisti sfasciatori dello Stato. A buon intenditor …insomma meglio il corpo sciolto di Grillo & Co del corpo sociale morto di Napolitano & Compagni. di Gianni Petrosillo

29 agosto 2012

COME FUNZIONA IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE

Oltre il 90% della moneta totale transita dalle famiglie e dalle imprese (anche criminali) verso le banche che hanno “autorizzato” prestiti, fidi e mutui e che, così, vedono arrivare tale moneta sotto forma di versamenti; con l’abbandono della legge Glass-Steagall degli anni ’30 (in Italia la legge bancaria del ’36) – che faceva tenere ben distinta l’attività bancaria dagli istituti che operavano sul mercato finanziario e speculativo – anche i depositi e i conti correnti sono stati utilizzati dalle banche (quali soggetti finanziari) per operazioni speculative. Prima dell’abbandono della Glass Steagall (ma anche dopo e fino alla crisi delle borse nella primavera del 2001) le banche hanno prestato danaro alle famiglie per fronteggiare il calo di reddito derivante dalla flessibilizzazione del lavoro; finchè le borse hanno manifestato un costante rialzo (soprattutto nei titoli migliori) parte dei guadagni andavano alle banche che avevano “prestato” e parte al sostegno delle spese delle famiglie. Dopo il 2001, le famiglie hanno continuato a indebitarsi facendo leva sulla loro ricchezza soprattutto immobiliare e le banche hanno cominciato a speculare su tutti i titoli possibili, in tutti i modi e ottenendo – nel breve come nel medio/lungo termine – perdite di liquidità ingentissime. Così, il credito per le imprese veniva ingessato dalle disposizioni cosiddette Basilea 2 e soprattutto 3, le famiglie continuavano a perdere (salari più bassi e disoccupazione) e il totale del flusso monetario da famiglie e imprese verso le banche diventava minore delle perdite bancarie sul fronte delle attività speculative. Di qui la crisi di liquidità aggravata dalla situazione degli immobili una volta che la bolla si sgonfiava fino al dilagare dei casi di “under water” (quando il valore del mutuo supera quello dell’appartamento). In questa situazione il “sistema” è tenuto a galla dalle immissioni massicce di moneta autorizzata dalle due principali banche centrali (BCE e FED che parlano di appoggio illimitato a sostenere le esigenze di liquidità delle banche miste). Il comportamento delle banche centrali non comporta una cura del sistema (e nemmeno delle singole 40 grandi banche più coinvolte nello squilibrio) ovvero una trasformazione di esso; a meno che l’appoggio “illimitato” non sia veramente tale. Se non può essere “illimitato” ma solo massiccio ed esagerato perché le perdite delle banche come soggetti speculativi riguardano 4 quadrilioni di dollari e, quindi, considerando un’esigenza di liquidità pari al 10%, si ottiene una somma che è pari a 400 trilioni (da cui sottrarre ciò che onesti e disonesti versano alle banche stesse a vario titolo) ovvero 6-7 volte il PIL di tutto il mondo ovvero 10 volte di più di quanto le banche centrali dovrebbero autorizzare tra il 2009 e il 2014. Nel caso in cui l’appoggio delle banche centrali non sia veramente “illimitato” – e illimitato vuol dire 400 trilioni (meno qualche decina dei nostri poveri versamenti) – allora c’è da aspettarsi il crollo dell’attuale sistema: più probabile una corsa incontrollata alla liquidità che non una botta iperinflattiva (forse, a questo punto, un male minore che rimetterebbe “in pari” i debitori). Nel caso contrario, allora delle due l’una: o ce ne sarà un pochino (di autorizzazioni monetarie) per la ripresa (investimenti e consumi), gli ammortizzatori sociali, i redditi delle famiglie ed il credito alla produzione e, allora, il “sistema” andrà avanti proponendo un arricchimento dei ricchi (grande) e un miglioramento per il 98% della popolazione (modesto ma sufficiente); oppure la condizione del citato 98% della popolazione andrà peggiorando fino ad un limite di rottura sociale. Il problema è che per veicolare il passaggio da mezzi monetari (destinabili alla ripresa) a domanda effettiva (la ripresa è un mix di più consumi e più investimenti), occorre l’intervento o, almeno, la regia dello Stato (nazionale, federale, continentale…) mentre quelli che governano e debbono prendere decisioni sono tutti contro lo Stato da oltre trent’anni. di Antonino Galloni * Antonino Galloni, economista, ha svolto incarichi di rilievo presso il Ministero del Lavoro e il gruppo ENI. E’ autore di numerosi libri di argomento politico ed economico. E’ membro del Comitato Scientifico di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici”.

28 agosto 2012

Il ritorno dei non allineati

Dopo un periodo nel quale il Movimento aveva quasi fatto perdere le sue tracce, oggi torna a fare notizia La settimana prossima i leader dei 120 paesi membri e altri 21 in qualità d’osservatori si riuniranno a Teheran. LE ORIGINI - Il Movimento dei Non Allineati è nato su impulso del presidente dell’allora Jugoslavia Josip Tito, del (primo) primo ministro indiano Nehru, del (secondo) presidente egiziano Nasser, del (primo) presidente indonesiano Sukarno e del (primo) presidente del Ghana Nkrumah nel 1961. Erano gli anni della Guerra Fredda e delle decolonizzazioni e l’idea era quella di creare un movimento di paesi che sfuggisse alla logica dei due blocchi. L’OSTRACISMO OCCIDENTALE - Il NAM (Non-Aligned Movement) non ha mai goduto di molta attenzione da parte dei media del blocco atlantico, che gli hanno sempre mostrato un’evidente ostilità. Il movimento oltre a porsi come estraneo alla logica dei due blocchi si poneva come foro di quelli che all’epoca potevano essere quasi tutti considerati paesi in via di sviluppo e quasi tutti i membri avevano acquisito la sovranità nazionale in tempi recentissimi dopo la liberazione dalla colonizzazione, praticata a loro danno quasi esclusivamente dai paesi del blocco atlantico. IL BATTESIMO DI SANGUE - A fare le spese del clima dell’epoca fu persino il Segretario Generale dell’ONU, lo svedese Dag Hammarskjold, che trovò la morte nel 1961 dopo aver presenziato proprio la prima riunione del gruppo. L’aereo che lo trasportava sui cieli del Congo precipitò in circostanze per l’epoca misteriose e ora note, che videro il primo presidente del grande paese africano, Patrice Lumumba, ucciso per ordine degli Stati Uniti dai militari belgi ancora presenti nell’ex colonia e la condanna a morte di Hammarskjold da parte dell’Union Minière, la società belga che fino ad allora aveva avuto il monopolio sulle immense risorse minerarie del paese. Secondo quanto reso noto da documenti ufficiali americani sui quali è stato tolto il segreto, la CIA ordinò l’assasinio di Lumumba, eseguito poi dai belgi. Uno dei suoi assassini ha vissuto in Italia e all’alba del 2000 non ha avuto alcun problema a raccontare come, dopo aver ucciso a fucilare il presidente congolese, si occupò di strappargli e rubargli due denti d’oro e insieme a un altro distrusse il suo corpo, facendolo prima a pezzi e poi immergendo questi in un bidone dove furono sciolti versando l’acido da batterie. La fine del Segretario Generale dell’ONU fu meno splatter, il suo aereo venne abbattuto senza che si sapesse mai da chi, ma non certo da qualche fazione congolese, nessuna delle quali possedeva aerei. TENTATIVI D’ALTERNATIVA - Con un tale viatico il movimento rafforzò la sua convinzione e all’epoca molti legarono la morte di Hammarskjold all’esordio del NAM invece che alla questione congolese, anche se i sospetti caddero comunque sui veri autori del suo assassinio. Con lo sfumare della Guerra Fredda il movimento, che si poneva prima di tutto la ricerca da parte dei paesi del Sud del mondo di un’alternativa al modello economico incarnato dagli ex-colonizzatori e dalla Banca Mondiale che controllavano, perse di slancio e non riuscì a produrre modelli ideologici ed economici alternativi al neoliberismo e al dominio ormai unipolare degli Stati Uniti. L’ATTUALITA’ - Con l’emergere dei paesi cosiddetti BRICS negli ultimi anni la musica è cambiata e, pur continuando ad essere censurato dai media (soprattutto) dei paesi atlantici, il NAM ha riacquistato fiducia e vigore. Oggi l’India ha un’economia importante ed avanzata, ed è una potenza nucleare, il Brasile ha l’ottava economia al mondo, diversi paesi asiatici sono all’avanguardia nell’economia, nella scienza e nella tecnica e per di più, tutti i paesi sudamericani hanno smesso di essere sotto il giogo di dittature sostenute e dirette da Washington. WASHINGTON RINGHIA ANCORA - L’arroganza con la quale il Nord del mondo trattava il NAM da tempo è stata sostituita dall’indifferenza, ma quest’anno ci sono di nuovo scintille che provengono dagli Stati Uniti, perché l’incontro si tiene a Teheran. Ed è in effetti con un atto di straordinaria aroganza che il portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, rivolgendosi al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon, ha fatto presente che Washington considera l’Iran un posto inappropriato per il meeting, concludendo che il summit e la presenza di Ban “mandano un segnale molto strano in merito al supporto dell’ordine internazionale“. Intervento arrogante perché è dal 1961 che i segretari dell’ONU presenziano a tutti gli incontri, che si sono tenuti ogni 3/4 anni per 13 volte e anche perché offende chiaramente la volontà dei 141 paesi che hanno ritenuto di presenziare. IL MASTINO ISRAELIANO - Washington non aveva osato tanto neppure nel 2006, quando il summit si tenne a Cuba in una cornice nella quale i più vocali nemici di Washington non risparmiarono attacchi, critiche e condanne alla potenza americana, che mal sopporta che il suo processo di “costruzione del nemico” sia macchiato dall’arrivo delle delle delegazioni di 141 paesi a Teheran. Ad acuire il diffuso fastidio c’è stato anche l’intervento del primo ministro Netanyahu, che nonostante goda ormai del solo aperto sostegno di Washington, non ha trovato di meglio che esprimersi con la frase: “Signor Segretario Generale, il suo posto non è a Teheran”. L’INSOFFERENZA GENERALE - Proprio quello che ci voleva per mettere pepe all’incontro e per rafforzare il fastidio in decine di paesi che negli anni hanno subito simili dimostrazioni d’arroganza da parte del blocco atlantico e degli ex colonizzatori. Un’arroganza alla quale chi può risponde con indifferenza, come l’India, che approfitterà dell’occasione per discutere con Teheran il modo migliore per acquistare il petrolio iraniano aggirando le sanzioni fortemente volute da Washington. Un’attività sulla quale gli americani non s’esprimono per non irritare gli indiani, ottimo partner commerciale al quale Washington vende anche una discreta quantità di armamenti avanzati di ogni genere, oltre a tecnologia spaziale e nucleare della più sensibile e costosa. Così come non hanno nemmeno provato a far pressione sui paesi latinoamericani, sempre meno disposti ad accettare ingerenze e lezioni di diplomazia internazionale del Dipartimento di Stato. di Mazzetta