27 settembre 2012

Il mito dell'insolvenza del Giappone

Il più grande “debitore” del mondo è adesso il più grande creditore del mondo L'enorme debito pubblico del Giappone nasconde un enorme beneficio per il popolo giapponese, il che insegna molto sulla crisi debitoria degli USA. In un articolo pubblicato su Forbes nell'aprile del 2012, intitolato “Se il Giappone È insolvente, Come Mai Sta Soccorrendo Economicamente l'Europa?"”, Eamon Fingleton faceva notare come il Giappone sia il paese, al di fuori dell'Eurozona, che abbia dato di gran lunga il maggior contributo all'ultima operazione di salvataggio finanziario dell'Euro. Si tratta, scrive, dello “stesso governo che è andato in giro facendo finta di essere in bancarotta (o perlomeno, che ha evitato di opporsi sul serio quando ottusi commentatori americani e britannici hanno dipinto le finanze pubbliche giapponesi come un totale disastro).” Osservando che fu sempre il Giappone, praticamente da solo, a salvare il FMI al culmine del panico globale del 2009, Fingleton domanda: “Com'è possibile che una nazione il cui governo si suppone sia il più indebitato tra i paesi avanzati si permetta tanta generosità? (…) L'ipotesi è che la vera finanza pubblica del Giappone sia molto più solida di quanto la stampa occidentale ci abbia fatto credere. Quello che non si può negare è che il Ministero delle Finanze giapponese sia uno dei meno trasparenti del mondo...” Fingleton riconosce che i passivi del governo giapponese sono ingenti, ma dice che dovremmo guardare anche all'aspetto patrimoniale del bilancio: “[I]l Ministero delle Finanze di Tokyo ottiene sempre più prestiti dai cittadini giapponesi, ma non per pazze spese statali in patria, bensì all'estero. Oltre a rimpolpare il piatto per far sopravvivere il FMI, Tokyo è ormai da tempo il prestatore di ultima istanza sia del governo statunitense sia di quello britannico. E intanto prende in prestito denaro con un tasso di appena l'1% in dieci anni, il secondo tasso più basso del mondo dopo quello svizzero.” Per il governo giapponese è un buon affare: può farsi prestare denaro all'1% in dieci anni, e prestarlo agli USA a un tasso dell'1,6 (il tasso attuale dei titoli USA a dieci anni ), con un discreto margine di guadagno. Il rapporto debito/PIL del Giappone è quasi del 230% , il peggiore tra i più grandi paesi del mondo. Eppure il Giappone resta il maggior creditore del mondo, con un netto di bilancio con l'estero di 3.190 miliardi di dollari. Nel 2010 il suo PIL pro capite era superiore a quello di Francia, Germania, Regno Unito e Italia. Inoltre, anche se l'economia della Cina è arrivata, a causa della sua popolazione in progressivo aumento (1,3 miliardi contro 128 milioni), a superare quella del Giappone, i 5.414 dollari di PIL pro capite dei cinesi è solo il 12% dei 45.920 dei giapponesi. Come si spiegano queste anomalie? Un buon 95% del debito pubblico giapponese è detenuto all'interno del paese, dagli stessi cittadini. Oltre il 20% del debito è in possesso della Japan Post Bank [1], dalla Banca centrale e da altre istituzioni statali. La Japan Post è la più grande detentrice di risparmio interno del mondo, e gli interessi li versa ai suoi clienti giapponesi. Anche se in teoria è stata privatizzata nel 2007, è pesantemente influenzata dalla politica, e il 100% delle sue azioni è in mano pubblica. La Banca centrale giapponese è posseduta dallo stato per il 55%, ed è sotto il suo controllo per il 100%. Del debito rimanente, oltre il 60% è detenuto da banche giapponesi, compagnie assicurative e fondi pensione. Un ulteriore porzione è in mano a singoli risparmiatori. Solo il 5% è detenuto all'estero , per lo più da banche centrali. Come osserva il New York Times in un articolo del settembre 2011: “Il governo giapponese è pieno di debiti, ma il resto del Giappone ha denaro in abbondanza.” Il debito pubblico giapponese è il denaro dei cittadini. Si possiedono l'un l'altro e ne raccolgono insieme i frutti. I Miti del Rapporto Debito/PIL in Giappone Il rapporto debito pubblico/PIL del Giappone sembra davvero pessimo. Ma, come osserva l'economista Hazel Henderson , si tratta solo di una questione di procedura contabile – una procedura che lei e altri esperti ritengono fuorviante. Il Giappone è leader mondiale in parecchi settori della produzione di alta tecnologia, inclusa quella aerospaziale. Il debito che compare sull'altra colonna del suo bilancio rappresenta il premio riscosso dai cittadini giapponesi per tutta questa produttività. Secondo Gary Shilling in un suo articolo su Bloomberg del giugno 2012, più della metà della spesa pubblica giapponese va in servizi al debito e previdenza sociale. Il servizio al debito viene erogato sotto forma di interessi ai “risparmiatori” giapponesi. La previdenza e gli interessi sul debito pubblico non vengono inclusi nel PIL, ma in realtà si tratta della rete di sicurezza sociale e dei dividendi collettivi di un'economia altamente produttiva. Sono questi, più dell'industria bellica e dei “prodotti finanziari” che costituiscono una grossa parte del PIL degli USA, i veri frutti dell'attività economica di una nazione. Per quel che riguarda il Giappone, rappresentano il godimento da parte dei cittadini dei grandi risultati della loro base industriale ad alta tecnologia. Shilling scrive: “Il deficit statale si suppone serva a stimolare l'economia, eppure la composizione della spesa pubblica giapponese, sotto questo aspetto, non sembra molto utile. Si stima che il servizio al debito e la previdenza – in genere non uno stimolo per l'economia – consumeranno il 53,5% della spesa per il 2012...” Questo è quello che sostiene la teoria convenzionale, ma in realtà la previdenza e gli interessi versati ai risparmiatori interni stimolano, eccome, l'economia. Lo fanno mettendo denaro in tasca ai cittadini, incrementando così la “domanda”. I consumatori che hanno soldi da spendere riempiono i centri commerciali, incrementando così gli ordini di ulteriori merci, e spingendo in su produzione e occupazione. I Miti sull'Alleggerimento Quantitativo Una parte del denaro destinato alla spesa pubblica viene ottenuto direttamente “stampando moneta” per mezzo della banca centrale, procedura nota anche come “alleggerimento quantitativo” [Quantitative easing]. Per più di un decennio la Banca del Giappone ha seguito questa procedura; e tuttavia l'iperinflazione che secondo i falchi del debito si sarebbe dovuta innescare non si è verificata. Al contrario, come osserva Wolf Richter in un articolo del 9 maggio 2012: “I giapponesi [sono] infatti tra i pochi al mondo a godersi una vera stabilità dei prezzi, con periodi alternati di piccola inflazione o piccola deflazione – l'opposto di un'inflazione al 27% su dieci anni che la Fed si è inventata chiamandola, demenzialmente, 'stabilità dei prezzi'”. E cita come prova il seguente grafico diffuso dal Ministero degli Interni giapponese: Com'è possibile? Dipende tutto da dove va a finire il denaro prodotto con l'alleggerimento quantitativo. In Giappone, il denaro preso in prestito dallo stato torna nelle tasche dei cittadini sotto forma di previdenza sociale o interessi sui loro risparmi. I soldi sui conti bancari dei consumatori stimolano la domanda, stimolando la produzione di beni e servizi, facendo aumentare l'offerta. E quando domanda e offerta aumentano insieme, i prezzi restano stabili. I Miti sul “Decennio Perduto” La finanza giapponese si è a lungo ammantata di segretezza, forse perché quando il paese era maggiormente disposto a stampare denaro per sostenere le proprie industrie, si è fatto coinvolgere nella II Guerra Mondiale . Nel suo libro del 2008, In the Jaws of the Dragon, Fingleton suggerisce che il Giappone abbia simulato l'insolvenza del “decennio perduto” degli anni 90 per evitare di incorrere nell'ira dei protezionisti americani a causa delle sue fiorenti esportazioni di automobili e altre merci. Smentendo le pessime cifre ufficiali, durante quel decennio le esportazioni giapponesi aumentarono del 75%, ci fu un incremento delle proprietà all'estero, e l'uso di energia elettrica aumentò del 30%, segnale rivelatore di un settore industriale in espansione. Arrivati al 2006, le esportazioni del Giappone erano diventate il triplo rispetto al 1989. Il governo giapponese ha sostenuto la finzione di adeguarsi alle norme del sistema bancario internazionale, prendendo “in prestito” il denaro invece di “stamparlo” direttamente. Ma prendere in prestito il denaro emesso da una banca centrale proprietà dello stesso governo è l'equivalente pratico di un governo che il denaro se lo stampi, in particolare quando il debito continua a rimanere nei bilanci ma non viene mai ripagato. Implicazioni per il “Precipizio Fiscale” [2] Tutto questo ha delle implicazioni per gli americani preoccupati per un debito pubblico fuori controllo. Adeguatamente guidato e gestito, a quanto pare, il debito non deve far paura. Come il Giappone, e a differenza della Grecia e degli altri paesi dell'Eurozona, gli USA sono gli emittenti sovrani della propria valuta. Se lo volesse, il Congresso potrebbe finanziare il proprio bilancio senza ricorrere a investimenti esteri o banche private. Potrebbe farlo emettendo direttamente moneta o facendosela prestare dalla propria banca centrale, a tutti gli effetti a zero interessi, dato che la Fed versa allo stato i suoi profitti dopo averne sottratto i costi. Un po' di alleggerimento quantitativo può essere positivo, se il denaro arriva allo stato e ai cittadini piuttosto che nelle riserve bancarie. Lo stesso debito pubblico può essere una cosa positiva. Come testimoniò Marriner Eccles , direttore della Commissione della Federal Reserve, in un'audizione davanti alla Commissione Parlamentare Bancaria e Valutaria [ House Committee on Banking and Currency] nel 1941, il credito dello stato (o il debito) “è ciò in cui consiste il nostro sistema monetario. Se nel nostro sistema monetario non ci fosse il debito, non ci sarebbe nemmeno denaro”. Adeguatamente gestito, il debito pubblico diventa il denaro che i cittadini possono spendere. Stimola la domanda, finendo per stimolare la produttività. Per mantenere il sistema stabile e sostenibile, il denaro deve avere origine dallo stato e i suoi cittadini, e finire nelle tasche del medesimo stato e dei medesimi cittadini. di Ellen Brown Ellen Brown è avvocato a Los Angeles e autrice di 11 libri. In Web of Debt: The Shocking Truth about Our Money System and How We Can Break Free,mostra come un monopolio bancario abbia usurpato il potere di emettere valuta, sottraendolo alla sovranità del popolo, e come il popolo possa riappropriarsene. Altri articoli di Ellen Brown. Il suo sito personale. Fonte: http://webofdebt.wordpress.com

26 settembre 2012

Grillo oggi fa paura allora si demonizza dandogli del "fascista"

«Parlava, decise il commissario, in perfetta buona fede, ossia in quella condizione invidiabile che consentiva a borsaioli e massaie, droghieri e mini-stri, cantanti celebri, manovali e professori universi- tari, di relegare in un sottofondo bene isolato le disonestà di ogni calibro da essi stessi commesse e di scordarsele completamente e felicemente» scrivono Fruttero e Lucentini ne "La donna della domenica". Da questa felice sindrome di rimozione deve essere affetto Luigi Manconi, sociologo, docente universitario, ex portavoce dei Verdi, ex Ulivo, improvvisamente nominato sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi. Richiesto dal Corriere di esprimere un giudizio sul "fascista" appioppato da Bersani a Beppe Grillo, il Manconi ha risposto: «Sono d’accordo con Bersani. Nel discorso pubblico di Grillo si trovano tracce inequivocabili di "linguaggio fascista". A utilizzare quel linguaggio non è necessariamente un fascista: possono farlo individui e gruppi che attingono a una retorica, a un sottofondo culturale la cui origine è quella fascista». Luigi Manconi si è "felicemente" dimenticato di essere stato negli anni Settanta un importante dirigente di Lotta Continua. Di essere andato in giro con i suoi compagni per le strade, oltre che a spaccar vetrine e all’occorrenza crani, ad urlare: "Uccidere un fascista non è reato", "Fascista, basco nero, il tuo posto è al cimitero". Ha "felicemente" rimosso che il quotidiano di Lotta Continua pubblicava foto, indirizzi, percorsi e abitudini di "fascisti" o presunti tali, indicandoli al pubblico ludibrio, e che alcuni di questi sono morti in conseguenza dei colpi di spranga o sono rimasti su una sedia a rotelle. È così ogni volta che in Italia si presenta un movimento nuovo non inquadrabile nei parametri della partitocrazia, e che anzi ad essa si oppone, e soprattutto in quelli della cosiddetta "intellighentia" di sinistra. Nei primi anni Novanta, prima che fosse inglobata e innocuizzata, toccò alla Lega. Umberto Bossi e i suoi hanno spesso sproloquiato, ma nella storia, ormai trentennale, di questo movimento non c’è un solo atto di violenza. Mi ricordo che La Repubblica, non sapendo a che altro appigliarsi, una volta che davanti al municipio di Milano un cane, presunto leghista, abbaiò alla consigliera comunale repubblicana Rosellina Archinto, titolò a otto colonne in testa alla prima pagina: "Aggressione fascista della Lega a Milano". Ora tocca a Beppe Grillo. Ma nemmeno ai "grillini" è addebitabile, almeno finora, un solo atto di violenza fisica. La verità è che Grillo, col 20 per cento dei consensi che gli danno i sondaggi, sparsi per tutto il territorio nazionale e non raccolti in una sola area del Paese, come la Lega d’antan, fa paura. E allora bisogna demonizzarlo dandogli del "fascista". Invece di usare le solite, vecchie, fruste categorie cui non crede più nessuno, sarebbe meglio chiedersi le ragioni di questo fenomeno. E la risposta non è difficile. Grillini o no, siamo stufi, arcistufi di quarant’anni di corruzione sistematica, di illegalità, di lottizzazioni, di clientelismo dei partiti cosiddetti tradizionali che ci hanno portato al tracollo, economi- co e morale. Lo eravamo vent’anni fa, lo siamo a maggior ragione oggi che i partiti hanno perso per strada le proprie sigle, ma non i loro collaudati vizi. Ma se ci sfoghiamo, a parole, contro questa eterna presa in giro siamo "fascisti". E ci tocca prendere lezioni di buona educazione politica da chi squadri- sta, e anche peggio (si pensi solo ad Adriano Sofri), lo fu davvero. di Massimo Fini

25 settembre 2012

La quinta guerra d'indipendenza

Io, quando l'ho letto, non credevo ai miei occhi... Così ho deciso di non commentarlo subito e di attendere la... smentita... Ma la Bce non ha smentito: quindi è vero... o, quantomeno, verosimile. Acquisti illimitati di bond condizionati all'adempimento degli obblighi "dettati" dalla Bce stessa...??!! Picciotti, porca puttana, siamo alla dittatura... questo è un golpe... Un "ente" non eletto... si è arrogato il diritto di "salvare" i paesi che si "allineano" alle sue direttive... mentre gli altri, quelli che osano non "adeguarsi", diventano "paesi canaglia"... Lo capite cosa sto dicendo? Supponiamo, solo per amore di esempio, che dietro la Bce ci sia la Mafia... oppure il Bilderberg group... o qualche altra cricca di gente malamente... che voglia che gli italiani... gli regalino il Colosseo. Certo, sembra ridicolo, ma seguitemi per favore... Supponete che a Palazzo Chigi, a quel tempo, ci sia Matteo Renzi (ma anche se ci fosse Bersani, sarebbe lo stesso) e, il governatore della Bce in carica, a suo insindacabile giudizio, decidesse che l'Italia è diventato un "paese canaglia"... Sicché: non solo non compra più bond italiani... ma comincia a venderli... Risultato: dopo qualche giorno lo spread vola verso quota 1000 (ricordate gli ultimi giorni del governo Berlusconi?)... Effetto immediato: Renzi va a casa... il Pd, "per puro spirito di responsabilità patriottica", si dichiara disponibile ad un governo tecnico in compartecipazione col Pdl... e arriva Giuliano Amato, oppure Romano Prodi... o ancora Mario Monti... Si forma il governo tecnico e lo spread da 1000 scende a 800... bene, benissimo... anzi, siamo falliti lo stesso... Con tassi di interesse prossimi al 10%, l'Italia paga 200 miliardi l'anno di oneri finanziari e salta in aria come una qualunque Argentina. A questo punto si presente il white knight (il cavaliere bianco delle favole) e si offre di salvarci dal fallimento... si incaricherà lui di comprare i bond italiani (ricordatevi, però, che è uno della "cricca" che sta dietro alla Bce)... Meno male, cazzo... siamo tutti a tirare un respiro di sollievo... Però... c'è un però... Il cavaliere bianco, in cambio, vuole il Colosseo... Che fa il popolo italiano a quel punto? Volete scommettere che i nostri "fratelli d'Italia" pur di risolvere il problema... il Colosseo glielo ammollano... (ma si... quattro pietre vecchie dove i gatti di Roma ci fanno pipì tutte le notti...) ??!! Lo so cosa state pensando: ... ah Miglio, quest'esempio è cretino... figurati se vogliono il Colosseo in cambio delle spread...?? No, giovinotti, è esattamente quello che successe agli egiziani nel 900: gli inglesi si offrirono di ripianare i loro debiti in cambio del ... Canale di Suez... E gli egiziani accettarono. E in Grecia ai giorni nostri? ... I tedeschi non stanno rilevando i porti e gli aeroporti greci? ... Quindi, perchè scandalizzarsi se quel "cavaliere bianco" volesse, in cambio dei suoi servigi, il Colosseo o la Torre di Pisa? Avete capito cosa sto dicendo (con accenti certamente canzonatori e con linguaggio da guitto)? Ci siamo messi nelle mani della Bce... che può decidere se... farci vivere o morire... E quella Bce non è eletta da nessuno di noi... e dietro ci potrebbero essere i peggio malfattori del mondo... Ma quando mai abbiamo deciso di affidare la nostra vita ed il nostro futuro a quella Banca? Questo è un golpe... ci hanno tolto il nostro diritto alla nostra sovranità... senza neanche sparare un colpo. Dite la verità: vi sembra che la sto "pompando" senza ragione... esagerando un fatto secondario per fare scalpore? ... Ma allora non mi sono spiegato...? La Bce (una Banca di cui nessuno di noi sa un cazzo di niente... se non quello che ci vogliono far sapere)... si è "assegnato" il diritto di decidere se "salvare" un paese o lasciarlo fallire... Ci vedete qualche differenza con Mussolini che, negli anni 20, si assegnò (da solo) tutti i poteri costituzionali sul popolo italiano? Golpe era quello e golpe è questo... Pensate se, ad esempio, dietro la Bce ci fosse davvero il Bilderberg group (come in molti sostengono)...??!! Ci saremmo consegnati ai nostri aguzzini senza battere ciglio... Mi capite, cazzo? Ma, mi direte, anche la Fed fa la stessa cosa...!! ... Ma quando mai?? Per cominciare i membri della Fed sono nominati dal presidente degli Stati Uniti e dal Congresso: gente eletta dal popolo americano... Gli americani, dunque, possono esprimere un giudizio "democratico" sull'operato della Fed (votando per il presidente degli Stati Uniti ed i membri del congresso)... ... Ma questi della Bce chi cazzo li elegge? Che potere abbiamo noi, elettori italiani (o spagnoli, belgi, francesi..) di contestarli e mandarli a casa...? Non solo: la Fed DEVE intervenire (sempre) in difesa del debito pubblico americano... la Bce decide lei se e quando intervenire... chi aiutare e chi no... La vedete la differenza? Siamo passati dalla Banca d'Italia (di proprietà del ministero del Tesoro italiano) che era "al servizio dell'Italia", alla Banca d'Italia "privatizzata" negli anni anni 90 (dopo la crisi del 92) "controllata" da Intesa ed Unicredit e quindi alla Bce che, dopo la crisi del 2012 (vent'anni dopo la precedente), è diventata il centro del potere europeo... Vedete tutto il processo nel suo insieme? Vedete "l'utilizzo delle crisi" per giustificare, ogni volta, un colpo mortale alla nostra sovranità? C'è qualcuno che si è lamentato dopo la privatizzazione della Banca d'Italia degli anni 90? No. Era la risposta "ragionevole" alla crisi del 92... Crei il problema ed offri la soluzione: un metodo che non fallisce mai. C'è qualcuno che si sta lamentando adesso dopo il golpe della Bce? No. Anche adesso sembra la risposta ragionevole alla crisi dei debiti sovrani... Ancora una volta, crei il problema ed offri la soluzione. Così in 20 anni abbiamo dilapidato il patrimonio per cui Alberto Beneduce aveva speso tutta la sua vita e, sul letto di morte, aveva detto: "non bisogna mai consentirgli di mettere la mani sulle banche" (si riferiva ai finanzieri internazionali: quelli che oggi fanno parte del Bilderberg group)... La "linea Beneduce" ha resistito "intera" fino al 1992... poi, dopo l'attacco di Soros alla lira (la crisi del 1992), crollò in alcune sue parti rilevanti e le Banche italiane furono privatizzate... Con l'attacco ai titoli di Stato del 2011-2012 (la crisi del 2012) la linea Beneduce si è polverizzata e il nemico sta dilagando ovunque. Il bello è che abbiamo perso senza neanche combattere. Anzi, la maggioranza degli italiani non sa neanche che abbiamo appena finito di perdere una guerra: la quinta guerra d'indipendenza. di G. Migliorino

27 settembre 2012

Il mito dell'insolvenza del Giappone

Il più grande “debitore” del mondo è adesso il più grande creditore del mondo L'enorme debito pubblico del Giappone nasconde un enorme beneficio per il popolo giapponese, il che insegna molto sulla crisi debitoria degli USA. In un articolo pubblicato su Forbes nell'aprile del 2012, intitolato “Se il Giappone È insolvente, Come Mai Sta Soccorrendo Economicamente l'Europa?"”, Eamon Fingleton faceva notare come il Giappone sia il paese, al di fuori dell'Eurozona, che abbia dato di gran lunga il maggior contributo all'ultima operazione di salvataggio finanziario dell'Euro. Si tratta, scrive, dello “stesso governo che è andato in giro facendo finta di essere in bancarotta (o perlomeno, che ha evitato di opporsi sul serio quando ottusi commentatori americani e britannici hanno dipinto le finanze pubbliche giapponesi come un totale disastro).” Osservando che fu sempre il Giappone, praticamente da solo, a salvare il FMI al culmine del panico globale del 2009, Fingleton domanda: “Com'è possibile che una nazione il cui governo si suppone sia il più indebitato tra i paesi avanzati si permetta tanta generosità? (…) L'ipotesi è che la vera finanza pubblica del Giappone sia molto più solida di quanto la stampa occidentale ci abbia fatto credere. Quello che non si può negare è che il Ministero delle Finanze giapponese sia uno dei meno trasparenti del mondo...” Fingleton riconosce che i passivi del governo giapponese sono ingenti, ma dice che dovremmo guardare anche all'aspetto patrimoniale del bilancio: “[I]l Ministero delle Finanze di Tokyo ottiene sempre più prestiti dai cittadini giapponesi, ma non per pazze spese statali in patria, bensì all'estero. Oltre a rimpolpare il piatto per far sopravvivere il FMI, Tokyo è ormai da tempo il prestatore di ultima istanza sia del governo statunitense sia di quello britannico. E intanto prende in prestito denaro con un tasso di appena l'1% in dieci anni, il secondo tasso più basso del mondo dopo quello svizzero.” Per il governo giapponese è un buon affare: può farsi prestare denaro all'1% in dieci anni, e prestarlo agli USA a un tasso dell'1,6 (il tasso attuale dei titoli USA a dieci anni ), con un discreto margine di guadagno. Il rapporto debito/PIL del Giappone è quasi del 230% , il peggiore tra i più grandi paesi del mondo. Eppure il Giappone resta il maggior creditore del mondo, con un netto di bilancio con l'estero di 3.190 miliardi di dollari. Nel 2010 il suo PIL pro capite era superiore a quello di Francia, Germania, Regno Unito e Italia. Inoltre, anche se l'economia della Cina è arrivata, a causa della sua popolazione in progressivo aumento (1,3 miliardi contro 128 milioni), a superare quella del Giappone, i 5.414 dollari di PIL pro capite dei cinesi è solo il 12% dei 45.920 dei giapponesi. Come si spiegano queste anomalie? Un buon 95% del debito pubblico giapponese è detenuto all'interno del paese, dagli stessi cittadini. Oltre il 20% del debito è in possesso della Japan Post Bank [1], dalla Banca centrale e da altre istituzioni statali. La Japan Post è la più grande detentrice di risparmio interno del mondo, e gli interessi li versa ai suoi clienti giapponesi. Anche se in teoria è stata privatizzata nel 2007, è pesantemente influenzata dalla politica, e il 100% delle sue azioni è in mano pubblica. La Banca centrale giapponese è posseduta dallo stato per il 55%, ed è sotto il suo controllo per il 100%. Del debito rimanente, oltre il 60% è detenuto da banche giapponesi, compagnie assicurative e fondi pensione. Un ulteriore porzione è in mano a singoli risparmiatori. Solo il 5% è detenuto all'estero , per lo più da banche centrali. Come osserva il New York Times in un articolo del settembre 2011: “Il governo giapponese è pieno di debiti, ma il resto del Giappone ha denaro in abbondanza.” Il debito pubblico giapponese è il denaro dei cittadini. Si possiedono l'un l'altro e ne raccolgono insieme i frutti. I Miti del Rapporto Debito/PIL in Giappone Il rapporto debito pubblico/PIL del Giappone sembra davvero pessimo. Ma, come osserva l'economista Hazel Henderson , si tratta solo di una questione di procedura contabile – una procedura che lei e altri esperti ritengono fuorviante. Il Giappone è leader mondiale in parecchi settori della produzione di alta tecnologia, inclusa quella aerospaziale. Il debito che compare sull'altra colonna del suo bilancio rappresenta il premio riscosso dai cittadini giapponesi per tutta questa produttività. Secondo Gary Shilling in un suo articolo su Bloomberg del giugno 2012, più della metà della spesa pubblica giapponese va in servizi al debito e previdenza sociale. Il servizio al debito viene erogato sotto forma di interessi ai “risparmiatori” giapponesi. La previdenza e gli interessi sul debito pubblico non vengono inclusi nel PIL, ma in realtà si tratta della rete di sicurezza sociale e dei dividendi collettivi di un'economia altamente produttiva. Sono questi, più dell'industria bellica e dei “prodotti finanziari” che costituiscono una grossa parte del PIL degli USA, i veri frutti dell'attività economica di una nazione. Per quel che riguarda il Giappone, rappresentano il godimento da parte dei cittadini dei grandi risultati della loro base industriale ad alta tecnologia. Shilling scrive: “Il deficit statale si suppone serva a stimolare l'economia, eppure la composizione della spesa pubblica giapponese, sotto questo aspetto, non sembra molto utile. Si stima che il servizio al debito e la previdenza – in genere non uno stimolo per l'economia – consumeranno il 53,5% della spesa per il 2012...” Questo è quello che sostiene la teoria convenzionale, ma in realtà la previdenza e gli interessi versati ai risparmiatori interni stimolano, eccome, l'economia. Lo fanno mettendo denaro in tasca ai cittadini, incrementando così la “domanda”. I consumatori che hanno soldi da spendere riempiono i centri commerciali, incrementando così gli ordini di ulteriori merci, e spingendo in su produzione e occupazione. I Miti sull'Alleggerimento Quantitativo Una parte del denaro destinato alla spesa pubblica viene ottenuto direttamente “stampando moneta” per mezzo della banca centrale, procedura nota anche come “alleggerimento quantitativo” [Quantitative easing]. Per più di un decennio la Banca del Giappone ha seguito questa procedura; e tuttavia l'iperinflazione che secondo i falchi del debito si sarebbe dovuta innescare non si è verificata. Al contrario, come osserva Wolf Richter in un articolo del 9 maggio 2012: “I giapponesi [sono] infatti tra i pochi al mondo a godersi una vera stabilità dei prezzi, con periodi alternati di piccola inflazione o piccola deflazione – l'opposto di un'inflazione al 27% su dieci anni che la Fed si è inventata chiamandola, demenzialmente, 'stabilità dei prezzi'”. E cita come prova il seguente grafico diffuso dal Ministero degli Interni giapponese: Com'è possibile? Dipende tutto da dove va a finire il denaro prodotto con l'alleggerimento quantitativo. In Giappone, il denaro preso in prestito dallo stato torna nelle tasche dei cittadini sotto forma di previdenza sociale o interessi sui loro risparmi. I soldi sui conti bancari dei consumatori stimolano la domanda, stimolando la produzione di beni e servizi, facendo aumentare l'offerta. E quando domanda e offerta aumentano insieme, i prezzi restano stabili. I Miti sul “Decennio Perduto” La finanza giapponese si è a lungo ammantata di segretezza, forse perché quando il paese era maggiormente disposto a stampare denaro per sostenere le proprie industrie, si è fatto coinvolgere nella II Guerra Mondiale . Nel suo libro del 2008, In the Jaws of the Dragon, Fingleton suggerisce che il Giappone abbia simulato l'insolvenza del “decennio perduto” degli anni 90 per evitare di incorrere nell'ira dei protezionisti americani a causa delle sue fiorenti esportazioni di automobili e altre merci. Smentendo le pessime cifre ufficiali, durante quel decennio le esportazioni giapponesi aumentarono del 75%, ci fu un incremento delle proprietà all'estero, e l'uso di energia elettrica aumentò del 30%, segnale rivelatore di un settore industriale in espansione. Arrivati al 2006, le esportazioni del Giappone erano diventate il triplo rispetto al 1989. Il governo giapponese ha sostenuto la finzione di adeguarsi alle norme del sistema bancario internazionale, prendendo “in prestito” il denaro invece di “stamparlo” direttamente. Ma prendere in prestito il denaro emesso da una banca centrale proprietà dello stesso governo è l'equivalente pratico di un governo che il denaro se lo stampi, in particolare quando il debito continua a rimanere nei bilanci ma non viene mai ripagato. Implicazioni per il “Precipizio Fiscale” [2] Tutto questo ha delle implicazioni per gli americani preoccupati per un debito pubblico fuori controllo. Adeguatamente guidato e gestito, a quanto pare, il debito non deve far paura. Come il Giappone, e a differenza della Grecia e degli altri paesi dell'Eurozona, gli USA sono gli emittenti sovrani della propria valuta. Se lo volesse, il Congresso potrebbe finanziare il proprio bilancio senza ricorrere a investimenti esteri o banche private. Potrebbe farlo emettendo direttamente moneta o facendosela prestare dalla propria banca centrale, a tutti gli effetti a zero interessi, dato che la Fed versa allo stato i suoi profitti dopo averne sottratto i costi. Un po' di alleggerimento quantitativo può essere positivo, se il denaro arriva allo stato e ai cittadini piuttosto che nelle riserve bancarie. Lo stesso debito pubblico può essere una cosa positiva. Come testimoniò Marriner Eccles , direttore della Commissione della Federal Reserve, in un'audizione davanti alla Commissione Parlamentare Bancaria e Valutaria [ House Committee on Banking and Currency] nel 1941, il credito dello stato (o il debito) “è ciò in cui consiste il nostro sistema monetario. Se nel nostro sistema monetario non ci fosse il debito, non ci sarebbe nemmeno denaro”. Adeguatamente gestito, il debito pubblico diventa il denaro che i cittadini possono spendere. Stimola la domanda, finendo per stimolare la produttività. Per mantenere il sistema stabile e sostenibile, il denaro deve avere origine dallo stato e i suoi cittadini, e finire nelle tasche del medesimo stato e dei medesimi cittadini. di Ellen Brown Ellen Brown è avvocato a Los Angeles e autrice di 11 libri. In Web of Debt: The Shocking Truth about Our Money System and How We Can Break Free,mostra come un monopolio bancario abbia usurpato il potere di emettere valuta, sottraendolo alla sovranità del popolo, e come il popolo possa riappropriarsene. Altri articoli di Ellen Brown. Il suo sito personale. Fonte: http://webofdebt.wordpress.com

26 settembre 2012

Grillo oggi fa paura allora si demonizza dandogli del "fascista"

«Parlava, decise il commissario, in perfetta buona fede, ossia in quella condizione invidiabile che consentiva a borsaioli e massaie, droghieri e mini-stri, cantanti celebri, manovali e professori universi- tari, di relegare in un sottofondo bene isolato le disonestà di ogni calibro da essi stessi commesse e di scordarsele completamente e felicemente» scrivono Fruttero e Lucentini ne "La donna della domenica". Da questa felice sindrome di rimozione deve essere affetto Luigi Manconi, sociologo, docente universitario, ex portavoce dei Verdi, ex Ulivo, improvvisamente nominato sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi. Richiesto dal Corriere di esprimere un giudizio sul "fascista" appioppato da Bersani a Beppe Grillo, il Manconi ha risposto: «Sono d’accordo con Bersani. Nel discorso pubblico di Grillo si trovano tracce inequivocabili di "linguaggio fascista". A utilizzare quel linguaggio non è necessariamente un fascista: possono farlo individui e gruppi che attingono a una retorica, a un sottofondo culturale la cui origine è quella fascista». Luigi Manconi si è "felicemente" dimenticato di essere stato negli anni Settanta un importante dirigente di Lotta Continua. Di essere andato in giro con i suoi compagni per le strade, oltre che a spaccar vetrine e all’occorrenza crani, ad urlare: "Uccidere un fascista non è reato", "Fascista, basco nero, il tuo posto è al cimitero". Ha "felicemente" rimosso che il quotidiano di Lotta Continua pubblicava foto, indirizzi, percorsi e abitudini di "fascisti" o presunti tali, indicandoli al pubblico ludibrio, e che alcuni di questi sono morti in conseguenza dei colpi di spranga o sono rimasti su una sedia a rotelle. È così ogni volta che in Italia si presenta un movimento nuovo non inquadrabile nei parametri della partitocrazia, e che anzi ad essa si oppone, e soprattutto in quelli della cosiddetta "intellighentia" di sinistra. Nei primi anni Novanta, prima che fosse inglobata e innocuizzata, toccò alla Lega. Umberto Bossi e i suoi hanno spesso sproloquiato, ma nella storia, ormai trentennale, di questo movimento non c’è un solo atto di violenza. Mi ricordo che La Repubblica, non sapendo a che altro appigliarsi, una volta che davanti al municipio di Milano un cane, presunto leghista, abbaiò alla consigliera comunale repubblicana Rosellina Archinto, titolò a otto colonne in testa alla prima pagina: "Aggressione fascista della Lega a Milano". Ora tocca a Beppe Grillo. Ma nemmeno ai "grillini" è addebitabile, almeno finora, un solo atto di violenza fisica. La verità è che Grillo, col 20 per cento dei consensi che gli danno i sondaggi, sparsi per tutto il territorio nazionale e non raccolti in una sola area del Paese, come la Lega d’antan, fa paura. E allora bisogna demonizzarlo dandogli del "fascista". Invece di usare le solite, vecchie, fruste categorie cui non crede più nessuno, sarebbe meglio chiedersi le ragioni di questo fenomeno. E la risposta non è difficile. Grillini o no, siamo stufi, arcistufi di quarant’anni di corruzione sistematica, di illegalità, di lottizzazioni, di clientelismo dei partiti cosiddetti tradizionali che ci hanno portato al tracollo, economi- co e morale. Lo eravamo vent’anni fa, lo siamo a maggior ragione oggi che i partiti hanno perso per strada le proprie sigle, ma non i loro collaudati vizi. Ma se ci sfoghiamo, a parole, contro questa eterna presa in giro siamo "fascisti". E ci tocca prendere lezioni di buona educazione politica da chi squadri- sta, e anche peggio (si pensi solo ad Adriano Sofri), lo fu davvero. di Massimo Fini

25 settembre 2012

La quinta guerra d'indipendenza

Io, quando l'ho letto, non credevo ai miei occhi... Così ho deciso di non commentarlo subito e di attendere la... smentita... Ma la Bce non ha smentito: quindi è vero... o, quantomeno, verosimile. Acquisti illimitati di bond condizionati all'adempimento degli obblighi "dettati" dalla Bce stessa...??!! Picciotti, porca puttana, siamo alla dittatura... questo è un golpe... Un "ente" non eletto... si è arrogato il diritto di "salvare" i paesi che si "allineano" alle sue direttive... mentre gli altri, quelli che osano non "adeguarsi", diventano "paesi canaglia"... Lo capite cosa sto dicendo? Supponiamo, solo per amore di esempio, che dietro la Bce ci sia la Mafia... oppure il Bilderberg group... o qualche altra cricca di gente malamente... che voglia che gli italiani... gli regalino il Colosseo. Certo, sembra ridicolo, ma seguitemi per favore... Supponete che a Palazzo Chigi, a quel tempo, ci sia Matteo Renzi (ma anche se ci fosse Bersani, sarebbe lo stesso) e, il governatore della Bce in carica, a suo insindacabile giudizio, decidesse che l'Italia è diventato un "paese canaglia"... Sicché: non solo non compra più bond italiani... ma comincia a venderli... Risultato: dopo qualche giorno lo spread vola verso quota 1000 (ricordate gli ultimi giorni del governo Berlusconi?)... Effetto immediato: Renzi va a casa... il Pd, "per puro spirito di responsabilità patriottica", si dichiara disponibile ad un governo tecnico in compartecipazione col Pdl... e arriva Giuliano Amato, oppure Romano Prodi... o ancora Mario Monti... Si forma il governo tecnico e lo spread da 1000 scende a 800... bene, benissimo... anzi, siamo falliti lo stesso... Con tassi di interesse prossimi al 10%, l'Italia paga 200 miliardi l'anno di oneri finanziari e salta in aria come una qualunque Argentina. A questo punto si presente il white knight (il cavaliere bianco delle favole) e si offre di salvarci dal fallimento... si incaricherà lui di comprare i bond italiani (ricordatevi, però, che è uno della "cricca" che sta dietro alla Bce)... Meno male, cazzo... siamo tutti a tirare un respiro di sollievo... Però... c'è un però... Il cavaliere bianco, in cambio, vuole il Colosseo... Che fa il popolo italiano a quel punto? Volete scommettere che i nostri "fratelli d'Italia" pur di risolvere il problema... il Colosseo glielo ammollano... (ma si... quattro pietre vecchie dove i gatti di Roma ci fanno pipì tutte le notti...) ??!! Lo so cosa state pensando: ... ah Miglio, quest'esempio è cretino... figurati se vogliono il Colosseo in cambio delle spread...?? No, giovinotti, è esattamente quello che successe agli egiziani nel 900: gli inglesi si offrirono di ripianare i loro debiti in cambio del ... Canale di Suez... E gli egiziani accettarono. E in Grecia ai giorni nostri? ... I tedeschi non stanno rilevando i porti e gli aeroporti greci? ... Quindi, perchè scandalizzarsi se quel "cavaliere bianco" volesse, in cambio dei suoi servigi, il Colosseo o la Torre di Pisa? Avete capito cosa sto dicendo (con accenti certamente canzonatori e con linguaggio da guitto)? Ci siamo messi nelle mani della Bce... che può decidere se... farci vivere o morire... E quella Bce non è eletta da nessuno di noi... e dietro ci potrebbero essere i peggio malfattori del mondo... Ma quando mai abbiamo deciso di affidare la nostra vita ed il nostro futuro a quella Banca? Questo è un golpe... ci hanno tolto il nostro diritto alla nostra sovranità... senza neanche sparare un colpo. Dite la verità: vi sembra che la sto "pompando" senza ragione... esagerando un fatto secondario per fare scalpore? ... Ma allora non mi sono spiegato...? La Bce (una Banca di cui nessuno di noi sa un cazzo di niente... se non quello che ci vogliono far sapere)... si è "assegnato" il diritto di decidere se "salvare" un paese o lasciarlo fallire... Ci vedete qualche differenza con Mussolini che, negli anni 20, si assegnò (da solo) tutti i poteri costituzionali sul popolo italiano? Golpe era quello e golpe è questo... Pensate se, ad esempio, dietro la Bce ci fosse davvero il Bilderberg group (come in molti sostengono)...??!! Ci saremmo consegnati ai nostri aguzzini senza battere ciglio... Mi capite, cazzo? Ma, mi direte, anche la Fed fa la stessa cosa...!! ... Ma quando mai?? Per cominciare i membri della Fed sono nominati dal presidente degli Stati Uniti e dal Congresso: gente eletta dal popolo americano... Gli americani, dunque, possono esprimere un giudizio "democratico" sull'operato della Fed (votando per il presidente degli Stati Uniti ed i membri del congresso)... ... Ma questi della Bce chi cazzo li elegge? Che potere abbiamo noi, elettori italiani (o spagnoli, belgi, francesi..) di contestarli e mandarli a casa...? Non solo: la Fed DEVE intervenire (sempre) in difesa del debito pubblico americano... la Bce decide lei se e quando intervenire... chi aiutare e chi no... La vedete la differenza? Siamo passati dalla Banca d'Italia (di proprietà del ministero del Tesoro italiano) che era "al servizio dell'Italia", alla Banca d'Italia "privatizzata" negli anni anni 90 (dopo la crisi del 92) "controllata" da Intesa ed Unicredit e quindi alla Bce che, dopo la crisi del 2012 (vent'anni dopo la precedente), è diventata il centro del potere europeo... Vedete tutto il processo nel suo insieme? Vedete "l'utilizzo delle crisi" per giustificare, ogni volta, un colpo mortale alla nostra sovranità? C'è qualcuno che si è lamentato dopo la privatizzazione della Banca d'Italia degli anni 90? No. Era la risposta "ragionevole" alla crisi del 92... Crei il problema ed offri la soluzione: un metodo che non fallisce mai. C'è qualcuno che si sta lamentando adesso dopo il golpe della Bce? No. Anche adesso sembra la risposta ragionevole alla crisi dei debiti sovrani... Ancora una volta, crei il problema ed offri la soluzione. Così in 20 anni abbiamo dilapidato il patrimonio per cui Alberto Beneduce aveva speso tutta la sua vita e, sul letto di morte, aveva detto: "non bisogna mai consentirgli di mettere la mani sulle banche" (si riferiva ai finanzieri internazionali: quelli che oggi fanno parte del Bilderberg group)... La "linea Beneduce" ha resistito "intera" fino al 1992... poi, dopo l'attacco di Soros alla lira (la crisi del 1992), crollò in alcune sue parti rilevanti e le Banche italiane furono privatizzate... Con l'attacco ai titoli di Stato del 2011-2012 (la crisi del 2012) la linea Beneduce si è polverizzata e il nemico sta dilagando ovunque. Il bello è che abbiamo perso senza neanche combattere. Anzi, la maggioranza degli italiani non sa neanche che abbiamo appena finito di perdere una guerra: la quinta guerra d'indipendenza. di G. Migliorino