07 febbraio 2013

Vi preghiamo di scusarci, ma non riusciamo a produrre più di quanto voi riuscite a rubare

La gente non ha lavoro, non produce, non consuma – le fabbriche chiudono, il debito aumenta, il pil sprofonda, la borsa crolla – si spengono i boiler, il riscaldamento, si evita di usare l’automobile, di pagare bolli, assicurazioni, meccanici e sanzioni amministrative – di andare dal dentista, dall’oculista, dal farmacista, mentre la produzione industriale sta precipitando ai minimi di sempre e presto, la disoccupazione; raggiungerà livelli impressionanti. Una vera calamita, che lo stato intende contrastare dando soldi alle banche. Quale è la logica, ci domandiamo tutti, colti da infinito stupore, di questa operazione? E quale sofisticata e geniale strategia ha architettato la politica, perché a noi, poveri tapini ignoranti, sia negata la comprensione di un tale inedito e singolare piano di risanamento? Io non sarò un genio, ma mi associo alle parole di Einstein quando afferma “che non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”. Solo le logiche perverse delle democrazie occidentali, prevedono che in tempo di crisi si debbano finanziare i ladri e fare morire i derubati! E’ questo, dunque, il modo in cui intendono “dare fiato ai consumi e ossigeno all’economia?” Questa equazione non riesce ad entrarmi in testa! Le banche, che rappresentano quel soggetto che più di ogni altro ha concorso al dissesto socio/economico (la “crisi”) dei paesi dell’eurozona, oltre a non essere mai state sanzionate e denunciate all’autorità competente per crimini finanziari, vengono spudoratamente e inspiegabilmente premiate. Negli ultimi 15 anni le banche hanno accumulato fortune stratosferiche sulla pelle dei cittadini che, in pochi anni, si sono ritrovati in brache di tela rapinati dei loro risparmi, pensioni e liquidazioni. In che modo si è potuto attuare un tale raggiro e crimine? La totale assenza di etica deontologica di questi parassiti e sanguisughe della finanza, li ha portati ad avere la strada spianata verso ogni sopruso, senza avvertire il men che minimo senso di colpa. Del resto questa è una caratteristica fondamentale (credenziale pregiudicante) al fine di avere accesso ai palazzi del potere: “essere corruttibili, e affinare la menzogna a tal punto che sembri una verità”. Il personale bancario, selezionato ad hoc per svolgere questo lavoro sporco nel modo più consono ai desideri (ordini tassativi!) dei banchieri, rifila agli ignari clienti ciò che di più rischioso e tossico ci possa essere sul mercato finanziario – che siano azioni, obbligazioni, titoli, fondi e tanto altro ancora. Per capirne il perché, dobbiamo immaginare le banche come le affiliate ad una grande casa da gioco d’azzardo, dove tutti i profitti incamerati, sono il frutto delle perdite dei giocatori clienti. A tutti gli effetti, una vera e propria associazione a delinquere di stampo mafioso – con l’aggravante che la stessa è regolamentata dallo stato! Le banche dunque, incassano tangenti, proporzionalmente alla loro capacità di sapere vendere spazzatura finanziaria alla clientela, che in pochi mesi vede sfumare il suo investimento. Ma oggi, limoni da spremere in giro non ce ne sono più! La gente chiude i conti correnti, non compra azioni, evita ogni tipo di investimento e il listino di borsa si avvia al definitivo tracollo, condizionato dai titoli bancari. Il valore degli immobili, che in tempi normali cresceva in maniera inversamente proporzionale all’andamento negativo del MIB, oggi si allinea al crollo delle borse. Questo dato, la dice lunga e in maniera esplicita di quanto la situazione odierna sia drammatica e sul punto di esplodere. Così le banche, oggi a corto di liquidità e non potendo più attingere risorse dalla cittadinanza, si scannano fra loro in un gioco al massacro, tradendo quel patto di “non belligeranza” che, all’origine, avevano stipulato fra loro per estorcere denaro alla gente. Salvare dunque le banche europee dal tracollo imminente, non ha nessun effetto benefico sulle società, ma limita semplicemente (e solo per il momento), l’inevitabile fallimento di tutti quei gruppi di potere che non sono più in condizione di onorare, di tenere testa, a tutte quelle spese pazze e miliardarie, che negli ultimi 15 anni hanno contraddistinto la natura maligna e criminale di questi vampiri del sangue dei nostri figli. Un’idea talmente malsana questa, che non salverà ne capre e ne cavoli, ma accelererà quel processo di necrosi che sta uccidendo, giorno dopo giorno la civiltà dei consumi. E grazie a Dio!! E non pensiate che questi signori della finanza, siano quattro gatti, ma stiamo parlando di qualche milione di persone che vivono nel lusso più sfrenato, e della lussuria hanno fatto il loro stile di vita. Gente che butta denaro come coriandoli a carnevale, e che non avendolo mai guadagnato, non ne conoscono l’effettivo valore. E ripeto, qualche milione di persone che trascorrono le loro giornate oziando fra centri benessere, interventi di chirurgia plastica, feste, e facendo shopping – gente che possiede case in ogni luogo del pianeta, barche, yacht, e automobili milionarie, e una schiera di servi e cortigiani al soldo, da fare invidia ai principi di un tempo. Una vita da nababbi consumata fra amanti, baldracche, regalie e cocaina – e tutto questo, cari amici, con i soldi sottratti indebitamente alla comunità. Se moltiplicassimo le spese annue di uno di questi farabutti e cortigiani al seguito, per qualche milione, i conti sono presto fatti e comprenderemmo il perché della nostra misera condizione. di Gianni Tirelli

05 febbraio 2013

CARCERE A VITA PER ALCUNI REATI FINANZIARI

Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena deve imporre una riflessione sulle pene Per certi versi, lo scandalo del Monte dei paschi cade come il formaggio sui maccheroni, perché mette a nudo una serie di questioni di cui proprio non si fa cenno in questa sordida campagna elettorale. E partiamo proprio da una questione che mi è stata posta: si tratta del solito scandalo "ad orologeria" che in questo caso cerca di impedire la vittoria elettorale del Pd? Risposta: "Ma certo! Che altro volete che sia?"". Che il Mps navigasse fra i guai di titoli obbligazionari basati sul nulla era cosa che si sapeva già da un bel po', e già da maggio dell'anno scorso, i senatori Pancho Pardi ed Elio Lannutti dell'Italia dei Valori avevano chiesto il suo commissariamento. Che la crisi esploda in modo irreparabile proprio ora, a 30 giorni dal voto non sembra davvero una coincidenza casuale. E si capisce anche che Alessandro Profumo, che di suo non è certo ostile al Pd, per salvarsi, abbia anticipato i tempi di qualcosa che stava per arrivare. Ora lui può prendere le distanze dalla gestione del passato e presentarsi come la persona corretta che svela le magagne dei predecessori. Questo, però, non significa che il Pd sia una vittima innocente. E cerchiamo di capire perché. La gente si è fatta l'idea che il Mps sia "la banca del Pd" come se il Pd possedesse direttamente il pacchetto azionario di maggioranza e nominasse gli amministratori della banca. Le cose non stanno così o, per lo meno, non stanno in modo così semplice. Il Mps ha come suo cuore una fondazione che è espressione del Comune di Siena e che fu istituita nel 1995, per separare la proprietà pubblica dalla gestione della banca. Come è noto, Siena ha da sempre amministrazioni locali rosse, nelle quali il Pci-Pd ha tutto in mano (negli anni migliori, il Pci da solo prendeva fra il 55 ed il 60% dei voti in città). Dunque, chi ha responsabilità indiretta di controllo e nomina degli amministratori è il Pd locale, per il tramite degli enti locali e della Fondazione che li esprime. Peraltro, il Mps è il terzo gruppo italiano avendo assorbito Antonveneta, pertanto a Siena si è costituito un complesso centro di potere che associa il locale Pd ad una delle massonerie più importanti d'Italia ed anche a rilevanti pezzi di Opus Dei. Un gruppo di pressione che ha una sua autonomia dal Pd nazionale ed agisce come un gruppo di pressione a sé stante. Questo, però, non assolve il gruppo dirigente nazionale, perché bisogna tenere presente il ruolo del Mps come spina dorsale finanziaria del sistema organizzativo del Pci-Pd che va dagli enti locali tosco emiliani alla Lega delle Cooperative, all'Unipol ed allo stesso partito, tutti beneficiari della cornucopia senese. E l'ormai celebre "Allora siamo padroni di una banca? Facci sognare" detto da Fassino all'allora Ad dell'Unipol Giovanni Consorte, esprime abbastanza bene quale sia il complicato intreccio politico-finanziario che lega il Mps al Pd nazionale. Certo, il Pd nazionale non ha il potere di disporre nomine e linee del Mps, ma non può essere ignaro di quel che succede a Siena. Insomma, a dirla in due parole molto semplici, conta troppo poco per decidere, ma abbastanza per sputtanarsi. E scusate il tono esplicito, ma il conflitto di interessi non c'è solo per Berlusconi che è insieme capo partito e padrone di Mediaset. Qui il problema è quello di tracciare un confine molto netto fra politica e finanza: i partiti facciano i partiti e le banche facciano le banche (pubbliche o private che siano). Anche perché, poi va a finire che non è il partito che dice alla banca quel che deve fare (che sarebbe sbagliato) ma la banca a dare la linea politica al partito (che è ancora più sbagliato). Ed allora, la prima cosa di cui discutere è come realizzare questa separazione: l'espediente delle Fondazioni non ha risolto un accidenti, come il caso senese dimostra. E non servono reazioni scomposte come quella di Bersani che sbraita: "Li sbraniamoooo!!!", anzi la cosa fa un po' pena ed è anche contro producente. Entriamo nel merito delle cose da fare e non caviamocela con la proposta di commissariamento, che può andar bene, ma, alla fine, risolve poco, perché non si tratta del solo Mps ma di una melma che avvolge tutto il sistema bancario internazionale. Ed allora veniamo ai punti davvero decisivi: a- Rapporto politica-finanza: garantire la separazione netta fra potere politico e finanza, il che non significa necessariamente che la finanza debba esse sempre e solo privata (anzi, sarebbe auspicabile un ritorno della finanza pubblica), ma separare nettamente gli interessi e non creare "centri di potere misto". A questo proposito occorrerà studiare adeguate misure per le nomine dei responsabili, per garantire l'indipendenza del loro operato dal potere politico, ma anche per garantire forme di controllo efficace del loro operato; b- Tornare alla separazione fra banche di raccolta e banche d'affari: l'inizio della serie ininterrotta di scandali bancari degli ultimi 10 anni (dal caso Enron a Parmalat, dalla Lehman Brothers a Dexia) in un modo o nell'altro è sempre riconducibile all'infausta decisione degli anni novanta di cancellare la separazione fra banche d'affari e banche di raccolta. Che ne dite se riconsideriamo questa norma che, tecnicamente, possiamo definire solo con una parola: criminogena; c- Derivati: quello che ha fatto il gruppo dirigente del Mps è stata la stessa cosa che hanno fatto tutte le banche del mondo negli ultimi anni: nascondere i propri imbrogli nel tritacarne dei derivati che sono alla base del crack del 2007-8 e che sono ripresi in piena forma, superando il volume pre-crisi. Credo che sia arrivato il momento di dire che non esistono derivati tossici e derivati non tossici, ma che i derivati, per definizione sono titoli tossici da mettere fuori legge. Non sarebbe il caso di iniziare una campagna internazionale in questo senso? Quantomeno si possono prendere decisioni limitative a livello nazionale; d- Pene per i reati finanziari: che ne dite di inserire nella campagna elettorale la proposta di ripensare completamente i reati finanziari comminando pene dai 20 anni all'ergastolo in base alla gravità del fatto? Possibilmente con l'applicazione, ad essi, del 41 bis. O pensate che i reati finanziari siano meno pericolosi di quelli di terrorismo e mafia? di Aldo Giannuli

04 febbraio 2013

MPS e Antonveneta

È noto che i guai di Montepaschi iniziarono nel 2007, quando acquisì la banca Antonveneta per 10,3 miliardi di euro, una cifra che prosciugava interamente il capitale sociale. Antonveneta era stata venduta ad ABN-Amro per circa un terzo di quella cifra, e poi rivenduta al Banco Santander per poco più di 6 miliardi. Nello stesso anno, Santander la rivendette a MPS ad un prezzo maggiorato di tre miliardi. Per coprire l'esborso non bastò l'aumento di capitale di 5 miliardi. MPS concluse una serie di scommesse derivate che non andarono a buon fine. Per mascherare le perdite in bilancio, MPS sostituì le vecchie scommesse con delle nuove, che immediatamente portavano soldi freschi, ma a scadenza sarebbero state perdenti per MPS, e il buco sarebbe aumentato. Sono noti almeno due di questi contratti: uno, chiamato Progetto Santorini, stipulato con Deutsche Bank, e l'altro, chiamato Alexandria, stipulato con Nomura. Si ritiene però che questo sia solo la punta dell'Iceberg. Come mai MPS si avventurò nell'operazione Antonveneta, sborsando tre volte il valore della banca e dissanguandosi quando oltretutto era scoppiata la crisi finanziaria mondiale? La risposta potrebbe darla la Goldman Sachs, che fu "coordinatore globale" dell'acquisto. Ma Goldman era anche stata advisor di ABN nella prima acquisizione, quella osteggiata dal governatore Antonio Fazio che a causa di quella vicenda, come è noto, fu costretto a dimettersi. Capo dell'ufficio europeo di Goldman Sachs all'epoca dell'accordo ABN-Antonveneta era un certo Mario Draghi, lo stesso Draghi che, nel dicembre 2006, sostituì il dimissionario Fazio. Lo stesso Draghi che era responsabile della supervisione bancaria quando MPS truccò il bilancio per mascherare le perdite sui derivati. Ora Draghi dovrà rispondere del suo operato, assieme all'attuale governatore Visco e a Mario Monti il quale, come ha rilevato l'ex ministro Tremonti, ci teneva tanto a far approvare il pacchetto salva-MPS da averci posto la fiducia. Il ministro del Tesoro Vittorio Grilli ha indirettamente confermato le accuse di Tremonti, affermando che i guai di MPS "non sono un fulmine a ciel sereno. Sappiamo da un anno che la banca è in una situazione problematica". by (MoviSol)

07 febbraio 2013

Vi preghiamo di scusarci, ma non riusciamo a produrre più di quanto voi riuscite a rubare

La gente non ha lavoro, non produce, non consuma – le fabbriche chiudono, il debito aumenta, il pil sprofonda, la borsa crolla – si spengono i boiler, il riscaldamento, si evita di usare l’automobile, di pagare bolli, assicurazioni, meccanici e sanzioni amministrative – di andare dal dentista, dall’oculista, dal farmacista, mentre la produzione industriale sta precipitando ai minimi di sempre e presto, la disoccupazione; raggiungerà livelli impressionanti. Una vera calamita, che lo stato intende contrastare dando soldi alle banche. Quale è la logica, ci domandiamo tutti, colti da infinito stupore, di questa operazione? E quale sofisticata e geniale strategia ha architettato la politica, perché a noi, poveri tapini ignoranti, sia negata la comprensione di un tale inedito e singolare piano di risanamento? Io non sarò un genio, ma mi associo alle parole di Einstein quando afferma “che non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”. Solo le logiche perverse delle democrazie occidentali, prevedono che in tempo di crisi si debbano finanziare i ladri e fare morire i derubati! E’ questo, dunque, il modo in cui intendono “dare fiato ai consumi e ossigeno all’economia?” Questa equazione non riesce ad entrarmi in testa! Le banche, che rappresentano quel soggetto che più di ogni altro ha concorso al dissesto socio/economico (la “crisi”) dei paesi dell’eurozona, oltre a non essere mai state sanzionate e denunciate all’autorità competente per crimini finanziari, vengono spudoratamente e inspiegabilmente premiate. Negli ultimi 15 anni le banche hanno accumulato fortune stratosferiche sulla pelle dei cittadini che, in pochi anni, si sono ritrovati in brache di tela rapinati dei loro risparmi, pensioni e liquidazioni. In che modo si è potuto attuare un tale raggiro e crimine? La totale assenza di etica deontologica di questi parassiti e sanguisughe della finanza, li ha portati ad avere la strada spianata verso ogni sopruso, senza avvertire il men che minimo senso di colpa. Del resto questa è una caratteristica fondamentale (credenziale pregiudicante) al fine di avere accesso ai palazzi del potere: “essere corruttibili, e affinare la menzogna a tal punto che sembri una verità”. Il personale bancario, selezionato ad hoc per svolgere questo lavoro sporco nel modo più consono ai desideri (ordini tassativi!) dei banchieri, rifila agli ignari clienti ciò che di più rischioso e tossico ci possa essere sul mercato finanziario – che siano azioni, obbligazioni, titoli, fondi e tanto altro ancora. Per capirne il perché, dobbiamo immaginare le banche come le affiliate ad una grande casa da gioco d’azzardo, dove tutti i profitti incamerati, sono il frutto delle perdite dei giocatori clienti. A tutti gli effetti, una vera e propria associazione a delinquere di stampo mafioso – con l’aggravante che la stessa è regolamentata dallo stato! Le banche dunque, incassano tangenti, proporzionalmente alla loro capacità di sapere vendere spazzatura finanziaria alla clientela, che in pochi mesi vede sfumare il suo investimento. Ma oggi, limoni da spremere in giro non ce ne sono più! La gente chiude i conti correnti, non compra azioni, evita ogni tipo di investimento e il listino di borsa si avvia al definitivo tracollo, condizionato dai titoli bancari. Il valore degli immobili, che in tempi normali cresceva in maniera inversamente proporzionale all’andamento negativo del MIB, oggi si allinea al crollo delle borse. Questo dato, la dice lunga e in maniera esplicita di quanto la situazione odierna sia drammatica e sul punto di esplodere. Così le banche, oggi a corto di liquidità e non potendo più attingere risorse dalla cittadinanza, si scannano fra loro in un gioco al massacro, tradendo quel patto di “non belligeranza” che, all’origine, avevano stipulato fra loro per estorcere denaro alla gente. Salvare dunque le banche europee dal tracollo imminente, non ha nessun effetto benefico sulle società, ma limita semplicemente (e solo per il momento), l’inevitabile fallimento di tutti quei gruppi di potere che non sono più in condizione di onorare, di tenere testa, a tutte quelle spese pazze e miliardarie, che negli ultimi 15 anni hanno contraddistinto la natura maligna e criminale di questi vampiri del sangue dei nostri figli. Un’idea talmente malsana questa, che non salverà ne capre e ne cavoli, ma accelererà quel processo di necrosi che sta uccidendo, giorno dopo giorno la civiltà dei consumi. E grazie a Dio!! E non pensiate che questi signori della finanza, siano quattro gatti, ma stiamo parlando di qualche milione di persone che vivono nel lusso più sfrenato, e della lussuria hanno fatto il loro stile di vita. Gente che butta denaro come coriandoli a carnevale, e che non avendolo mai guadagnato, non ne conoscono l’effettivo valore. E ripeto, qualche milione di persone che trascorrono le loro giornate oziando fra centri benessere, interventi di chirurgia plastica, feste, e facendo shopping – gente che possiede case in ogni luogo del pianeta, barche, yacht, e automobili milionarie, e una schiera di servi e cortigiani al soldo, da fare invidia ai principi di un tempo. Una vita da nababbi consumata fra amanti, baldracche, regalie e cocaina – e tutto questo, cari amici, con i soldi sottratti indebitamente alla comunità. Se moltiplicassimo le spese annue di uno di questi farabutti e cortigiani al seguito, per qualche milione, i conti sono presto fatti e comprenderemmo il perché della nostra misera condizione. di Gianni Tirelli

05 febbraio 2013

CARCERE A VITA PER ALCUNI REATI FINANZIARI

Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena deve imporre una riflessione sulle pene Per certi versi, lo scandalo del Monte dei paschi cade come il formaggio sui maccheroni, perché mette a nudo una serie di questioni di cui proprio non si fa cenno in questa sordida campagna elettorale. E partiamo proprio da una questione che mi è stata posta: si tratta del solito scandalo "ad orologeria" che in questo caso cerca di impedire la vittoria elettorale del Pd? Risposta: "Ma certo! Che altro volete che sia?"". Che il Mps navigasse fra i guai di titoli obbligazionari basati sul nulla era cosa che si sapeva già da un bel po', e già da maggio dell'anno scorso, i senatori Pancho Pardi ed Elio Lannutti dell'Italia dei Valori avevano chiesto il suo commissariamento. Che la crisi esploda in modo irreparabile proprio ora, a 30 giorni dal voto non sembra davvero una coincidenza casuale. E si capisce anche che Alessandro Profumo, che di suo non è certo ostile al Pd, per salvarsi, abbia anticipato i tempi di qualcosa che stava per arrivare. Ora lui può prendere le distanze dalla gestione del passato e presentarsi come la persona corretta che svela le magagne dei predecessori. Questo, però, non significa che il Pd sia una vittima innocente. E cerchiamo di capire perché. La gente si è fatta l'idea che il Mps sia "la banca del Pd" come se il Pd possedesse direttamente il pacchetto azionario di maggioranza e nominasse gli amministratori della banca. Le cose non stanno così o, per lo meno, non stanno in modo così semplice. Il Mps ha come suo cuore una fondazione che è espressione del Comune di Siena e che fu istituita nel 1995, per separare la proprietà pubblica dalla gestione della banca. Come è noto, Siena ha da sempre amministrazioni locali rosse, nelle quali il Pci-Pd ha tutto in mano (negli anni migliori, il Pci da solo prendeva fra il 55 ed il 60% dei voti in città). Dunque, chi ha responsabilità indiretta di controllo e nomina degli amministratori è il Pd locale, per il tramite degli enti locali e della Fondazione che li esprime. Peraltro, il Mps è il terzo gruppo italiano avendo assorbito Antonveneta, pertanto a Siena si è costituito un complesso centro di potere che associa il locale Pd ad una delle massonerie più importanti d'Italia ed anche a rilevanti pezzi di Opus Dei. Un gruppo di pressione che ha una sua autonomia dal Pd nazionale ed agisce come un gruppo di pressione a sé stante. Questo, però, non assolve il gruppo dirigente nazionale, perché bisogna tenere presente il ruolo del Mps come spina dorsale finanziaria del sistema organizzativo del Pci-Pd che va dagli enti locali tosco emiliani alla Lega delle Cooperative, all'Unipol ed allo stesso partito, tutti beneficiari della cornucopia senese. E l'ormai celebre "Allora siamo padroni di una banca? Facci sognare" detto da Fassino all'allora Ad dell'Unipol Giovanni Consorte, esprime abbastanza bene quale sia il complicato intreccio politico-finanziario che lega il Mps al Pd nazionale. Certo, il Pd nazionale non ha il potere di disporre nomine e linee del Mps, ma non può essere ignaro di quel che succede a Siena. Insomma, a dirla in due parole molto semplici, conta troppo poco per decidere, ma abbastanza per sputtanarsi. E scusate il tono esplicito, ma il conflitto di interessi non c'è solo per Berlusconi che è insieme capo partito e padrone di Mediaset. Qui il problema è quello di tracciare un confine molto netto fra politica e finanza: i partiti facciano i partiti e le banche facciano le banche (pubbliche o private che siano). Anche perché, poi va a finire che non è il partito che dice alla banca quel che deve fare (che sarebbe sbagliato) ma la banca a dare la linea politica al partito (che è ancora più sbagliato). Ed allora, la prima cosa di cui discutere è come realizzare questa separazione: l'espediente delle Fondazioni non ha risolto un accidenti, come il caso senese dimostra. E non servono reazioni scomposte come quella di Bersani che sbraita: "Li sbraniamoooo!!!", anzi la cosa fa un po' pena ed è anche contro producente. Entriamo nel merito delle cose da fare e non caviamocela con la proposta di commissariamento, che può andar bene, ma, alla fine, risolve poco, perché non si tratta del solo Mps ma di una melma che avvolge tutto il sistema bancario internazionale. Ed allora veniamo ai punti davvero decisivi: a- Rapporto politica-finanza: garantire la separazione netta fra potere politico e finanza, il che non significa necessariamente che la finanza debba esse sempre e solo privata (anzi, sarebbe auspicabile un ritorno della finanza pubblica), ma separare nettamente gli interessi e non creare "centri di potere misto". A questo proposito occorrerà studiare adeguate misure per le nomine dei responsabili, per garantire l'indipendenza del loro operato dal potere politico, ma anche per garantire forme di controllo efficace del loro operato; b- Tornare alla separazione fra banche di raccolta e banche d'affari: l'inizio della serie ininterrotta di scandali bancari degli ultimi 10 anni (dal caso Enron a Parmalat, dalla Lehman Brothers a Dexia) in un modo o nell'altro è sempre riconducibile all'infausta decisione degli anni novanta di cancellare la separazione fra banche d'affari e banche di raccolta. Che ne dite se riconsideriamo questa norma che, tecnicamente, possiamo definire solo con una parola: criminogena; c- Derivati: quello che ha fatto il gruppo dirigente del Mps è stata la stessa cosa che hanno fatto tutte le banche del mondo negli ultimi anni: nascondere i propri imbrogli nel tritacarne dei derivati che sono alla base del crack del 2007-8 e che sono ripresi in piena forma, superando il volume pre-crisi. Credo che sia arrivato il momento di dire che non esistono derivati tossici e derivati non tossici, ma che i derivati, per definizione sono titoli tossici da mettere fuori legge. Non sarebbe il caso di iniziare una campagna internazionale in questo senso? Quantomeno si possono prendere decisioni limitative a livello nazionale; d- Pene per i reati finanziari: che ne dite di inserire nella campagna elettorale la proposta di ripensare completamente i reati finanziari comminando pene dai 20 anni all'ergastolo in base alla gravità del fatto? Possibilmente con l'applicazione, ad essi, del 41 bis. O pensate che i reati finanziari siano meno pericolosi di quelli di terrorismo e mafia? di Aldo Giannuli

04 febbraio 2013

MPS e Antonveneta

È noto che i guai di Montepaschi iniziarono nel 2007, quando acquisì la banca Antonveneta per 10,3 miliardi di euro, una cifra che prosciugava interamente il capitale sociale. Antonveneta era stata venduta ad ABN-Amro per circa un terzo di quella cifra, e poi rivenduta al Banco Santander per poco più di 6 miliardi. Nello stesso anno, Santander la rivendette a MPS ad un prezzo maggiorato di tre miliardi. Per coprire l'esborso non bastò l'aumento di capitale di 5 miliardi. MPS concluse una serie di scommesse derivate che non andarono a buon fine. Per mascherare le perdite in bilancio, MPS sostituì le vecchie scommesse con delle nuove, che immediatamente portavano soldi freschi, ma a scadenza sarebbero state perdenti per MPS, e il buco sarebbe aumentato. Sono noti almeno due di questi contratti: uno, chiamato Progetto Santorini, stipulato con Deutsche Bank, e l'altro, chiamato Alexandria, stipulato con Nomura. Si ritiene però che questo sia solo la punta dell'Iceberg. Come mai MPS si avventurò nell'operazione Antonveneta, sborsando tre volte il valore della banca e dissanguandosi quando oltretutto era scoppiata la crisi finanziaria mondiale? La risposta potrebbe darla la Goldman Sachs, che fu "coordinatore globale" dell'acquisto. Ma Goldman era anche stata advisor di ABN nella prima acquisizione, quella osteggiata dal governatore Antonio Fazio che a causa di quella vicenda, come è noto, fu costretto a dimettersi. Capo dell'ufficio europeo di Goldman Sachs all'epoca dell'accordo ABN-Antonveneta era un certo Mario Draghi, lo stesso Draghi che, nel dicembre 2006, sostituì il dimissionario Fazio. Lo stesso Draghi che era responsabile della supervisione bancaria quando MPS truccò il bilancio per mascherare le perdite sui derivati. Ora Draghi dovrà rispondere del suo operato, assieme all'attuale governatore Visco e a Mario Monti il quale, come ha rilevato l'ex ministro Tremonti, ci teneva tanto a far approvare il pacchetto salva-MPS da averci posto la fiducia. Il ministro del Tesoro Vittorio Grilli ha indirettamente confermato le accuse di Tremonti, affermando che i guai di MPS "non sono un fulmine a ciel sereno. Sappiamo da un anno che la banca è in una situazione problematica". by (MoviSol)