11 settembre 2013

UNA CORRETTA SOLUZIONE COSTITUZIONALE PER B E PER IL GOVERNO?



L’art. 66 Cost. stabilisce che sono le camere a giudicare (sì, la Costituzione dice proprio: giudicare)  sull’eleggibilità e sull’incompatibilità ciascuna dei suoi propri membri. Questo tipo di giudizio si definisce “autodikìa” (autogiustizia) e si tratta di un vero e proprio giudizio, di un atto di applicazione del diritto oggettivo, non di un atto politico o legislativo.
La funzione di questa norma costituzionale, notoriamente, è quella di tutelare l’indipendenza delle camere nelle persone dei loro membri, quali espressioni dirette della volontà-sovranità popolare, contro la possibilità di ingerenze, condizionamenti, intimidazioni, arresti abusivi da parte di portatori del potere giudiziario, ossia di magistrati.
L’autodikìa è una deroga al principio di separazione dei poteri, secondo il quale il potere giudiziario deve essere esercitato dai giudici soltanto. Scrive Wikipedia alla voce autodichia: “la generalità delle costituzioni prevede l’autodichia del parlamento (ed eventualmente di altri organi costituzionali) in relazione a controversie riguardanti atti e attività che si svolgono al suo interno (i cosiddetti interna corporis), in modo da sottrarlo ad ingerenze di altri poteri dello Stato e salvaguardare così la sua indipendenza. In campo parlamentare, il principio di autodichia riguarda essenzialmente “il diritto del Parlamento di essere giudice delle controversie che riguardano i propri dipendenti”. La Corte costituzionale ha stabilito la legittimità di tale forma di giurisdizione, ritenendo che deroghe al divieto costituzionale di istituire giudici speciali (art. 102, 2º co. Cost.) sono ammissibili “nei confronti degli organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, situati ai vertici dell’ordinamento, in posizione di assoluta autonomia ed indipendenza”.”

Di fronte a un caso come il caso B., l’art. 66 Cost. Comporta pertanto che il Senato non debba e non possa affatto recepire acriticamente (“rispettosamente”) la sentenza, ma che esso dovrà indagare e assicurarsi, ai fini suddetti,
-che le norme in questione non appaiano incostituzionali – nel qual caso il Senato dovrebbe rimetterle alla Corte Costituzionale per la sua valutazione;
-che effettivamente prescrivano la decadenza degli eletti e non solo l’incandidabilità di chi non è ancora eletto;
-che le norme stabilenti l’ineleggibilità, l’incandidabilità o la decadenza non abbiano carattere penale, perché in tal caso non potrebbero essere applicate a fatti anteriori al loro venire in essere;
-che i giudici che hanno condannato B. abbiano operato nel rispetto dei principi fondamentali di indipendenza e di neutralità (quindi devono valutare se le dichiarazioni del presidente della Corte dr Esposito rivelino pregiudizio od ostilità verso B.);
-che i detti giudici abbiano rispettato i diritti della difesa e del giusto processo (quindi che non gli abbiano, ad es., impedito di portare testimoni rilevanti a sua difesa, come egli sostiene);
-che i giudici abbiano motivato la condanna, e che non lo abbiano fatto in modo fittizio o con palesi forzature, tali da suggerire un intento persecutorio.
Solo se tutti questi punti saranno soddisfatti, il Senato potrà legittimamentedichiarare decaduto B. Si noti come, con rare eccezioni, i suoi avversari politici disconoscano la doverosità delle verifiche suddette.
Naturalmente, nel fare queste valutazioni, la giunta e poi il Senato devono tener conto anche del fatto che B. ha subito un altissimo numero di indagini penali da quando è in politica, e indagare se vi sia il fumus di una strategia politico-giudiziaria contro di lui.
Dovranno anche tener conto di fattori generali, ossia:
-dell’alto grado di partiticizzazione dei magistrati in Italia, paese in cui, senza che nessuna istituzione di garanzia reagisca, molti magistrati dichiarano pubblicamente e liberamente di coordinare le loro azioni e il loro uso di poteri giudiziari a fini politici e ideologici; sicché il grado-base di probabilità di uso improprio dello strumento giudiziario è elevato;
-della bassissima qualità media della giustizia italiana, che si colloca a livello di Africa nera (157° posto al mondo) e che viene continuamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle regole del giusto processo.
In tutto questo procedimento, o processus judicii, a B. deve essere dato modo di difendersi portando prove, ad esempio, dell’intendo persecutorio o della non-neutralità dei suoi giudici.

di Marco Della Luna

10 settembre 2013

Chi ha convenienza a nuove elezioni?

Si sente ancora l'aria delle elezioni anticipate, è dappertutto, anche nel Pd.
Berlusconi ne ha bisogno e, inoltre, pensa di vincerle.
Anche Grillo le vuole. Anche lui pensa di vincerle.
Il Pd, invece, è in un cul de sac: deve votare la decadenza di Berlusconi, pur sapendo che ciò provocherà la caduta del governo...
... Ma gli italiani non hanno niente da perdere, oltre quest'inutile Letta non è possibile niente di peggio...
E' rimasto solo il partito di Repubblica a tesserne lodi e meriti, ma quello è sempre stato dalla parte sbagliata, anche quando aveva ragione, sicché i buoni voti di Scalfari e Mauro suonano come il peggiore dei vaticinii possibili per il futuro di questo piccolo primo ministro, inutilmente giovane e promettente...
Le elezioni si avvicinano e ricomincia la campagne elettorale, la caccia al voto... ognuno intento a screditare l'altro, piuttosto che accreditar se stesso... Criticare, in questo paese di parolai perennemente impegnati a discettare sul vuoto delle loro opinioni cangianti, risulta molto più facile che fare...
Stavolta, però, il nemico da abbattere è il M5S... gli altri due (Pd e Pdl) non gradiscono interferenze nei loro affari che, per carità, saranno pure leciti e legittimi, ma hanno portato il paese alla rovina. E questo lo capiscono anche i bambini scimuniti.
Più che la vittoria dell'altro, i due temono grandemente la vittoria di Grillo... Sarebbe la loro fine e quella dei loro scherani.
Sicché tutti a sparargli contro... con cartucce di vario calibro... da postazioni diverse.
L'obiettivo?
Ritornare al solito tranquillizzante schema: di la il magnate, pedofilo, corrotto e screditato... e di qua i comunisti.
La stessa musica degli ultimi vent'anni che Grillo vorrebbe poter cambiare... Per questo gli sparano tutti addosso...
Hanno detto che il movimento 5 stelle è stato il risultato della disaffezione degli italiani verso la politica... il frutto amaro della protesta, destinato a marcire ed avvizzire nel tempo in cui i frutti marciscono ed avvizziscono...
Hanno voluto, anche stavolta, dire agli italiani che tutto resterà com'era, anche dopo Grillo ed i grillini...
Il M5S è stato dipinto come un movimento qualunquista di protesta, i cui elettori appartengono alle classi meno istruite della società; disadattati senza arte ne parte... Come a dire a chi l'ha votato: "ti sei associato al voto degli ignoranti"...
Eppure nel recente libro "Un salto nel voto" di Ilvo Diamanti (uno dei massimi politologi italiani), la segmentazione degli elettori per partito, fornisce un'immagine completamente diversa:
Livello d'istruzione degli elettori dei vari partiti  
 BassoMedioAltoTotale Da 1 a 9
Pd36,7%23,4%24,1%25,4% 4,4
Pdl23,7%25,7%17,4%17,7% 4,6
M5S15,5%28,3%25,9%25,3% 5,6
Gli elettori del M5S sono, di gran lunga, i più istruiti... e quelli del Pd sono i meno istruiti (il Pdl è solo leggermente meglio)...
Pd e Pdl, dunque, raccolgono il voto degli italiani meno "colti"... e, però, accusano il M5S di essere ciò che loro sono...
Non è straordinariamente italiano?
Non solo... osservate la tabella sotto...
Percentuale elettori per fascia d'età     
 18-2930-4445-5455-64oltre 65Totale Età media
Pd17,1%14,8%23,6%31,7%37,0%25,4% 53,8
Pdl13,4%23,8%20,5%17,7%26,6%21,6% 50,9
M5S31,6%36,2%30,6%25,3%9,0%25,6% 43,4
Gli elettori del M5S sono, mediamente, i più giovani (oltre 10 anni in meno di quelli del Pd e oltre 7 in meno del Pdl) e, quindi, rappresentano il "futuro" di questo paese... mentre gli altri due partiti raccolgono il voto dei più anziani...
Pd e Pdl, dunque, sono votati dagli italiani meno istruiti e più vecchi...
Dove, quindi, sta la parte migliore dell'Italia: con quei due partiti di "inciucioni" che hanno rovinato il paese, oppure con il nuovo M5S che si propone come la soluzione?
Stiamo esaminando numeri e fatti... lasciando da parte le opinioni da Bar Mokambo...
Che proiezione possiamo fare a 10 da oggi, quando molti elettori che oggi hanno più di 65 anni non voteranno più?
Percentuale elettori per fascia d'età        
 18-2930-4445-5455-64oltre 65Totale Età media Previsione a 10 anni 
Pd17,1%14,8%23,6%31,7%37,0%25,4% 53,8 23,1% 
Pdl13,4%23,8%20,5%17,7%26,6%21,6% 50,9 20,6% 
M5S31,6%36,2%30,6%25,3%9,0%25,6% 43,4 28,9% 
Il M5S che ha gli elettori più giovani guadagnerà oltre 3 punti, mentre gli altri partiti (che hanno gli elettori più vecchi) arretreranno... E non è un'opinione, ma matematica...
Non solo: se gli elettori del M5S sono di gran lunga i più istruiti e quelli degli altri partiti i meno colti (non è un'offesa per nessuno, ma la semplice constatazione dei risultati elettorali) chi è destinato a guadagnare altri consensi in un paese che ha bisogno di diventare sempre più istruito per reggere la concorrenza dei nuovi paesi emergenti?
Capite cosa sto dicendo?
Pd e Pdl sanno che la loro stella sta tramontando e, invece di aprirsi ai nuovi bisogno dell'Italia, cercano di "svilire" l'immagine dell'unico movimento politico che può traghettare il paese oltre le secche in cui quei due l'hanno condotto...
Accetto le critiche di tutti coloro che vorranno criticarmi... purché siano motivate da numeri e fatti che smentiscano quelli qui presentati... Non accetto le opinioni ad minchiam...
Quelle le lascio a chi, d'abitudine, non capisce neanche le stesse cose che lui dice...

di G. Migliorino

25 agosto 2013

Destra e sinistra sono due punti nello spazio sociale dai quali passa un solo retto, il nostro




Il gabinetto Letta è la continuazione di quello Monti con altri dementi o delinquenti. Fate voi che tanto una opzione non esclude l’altra e tutte e due fanno una certezza.
I sistemi per percuotere la popolazione sono stati edulcorati ma le finalità e i principi guida non sono mutati: occorre fare dell’Italia un’appendice geografica, priva di peso internazionale e di forza decisionale, a disposizione delle potenze occidentali e dei loro disegni mondiali.
Persino i partiti che lo sostengono sono gli stessi di ieri, anche se più deviati e sbandati di prima, così come intonsa persiste quella suprema volontà quirinalizia che ha sancito la nascita e la sussistenza di questo e di quell’altro esecutivo, beffandosi della fantomatica democrazia, del voto degli elettori e della tanto declamata sacralità costituzionale.
E’ ormai una corsa ad ostacoli per raggiungere un equilibrio centrista dopo l’esaurimento di una lunga fase di personalismo, pro e contro Berlusconi, che ha sfilacciato il tessuto connettivo della società italiana portandoci sull’orlo dell’abisso, una metafora usurata per segnalare l’assenza di segni vitali della Penisola. Adesso, pretenderebbero di chiudere il buco nero ideologico che hanno alimentato per decenni e che rischia di risucchiarli tutti con una mera manovra di palazzo studiata a tavolino tra filibustieri e farabutti di Stato. Vent’anni di surrogazione della politica con moralismo, oltranzismo etico, ubbie democraticistiche, servilismo volontario alla causa europeistica e atlantica, spettacolarizzazione televisiva,  vuotezza di contenuti programmatici, assenza di visione globale, incapacità ed incompetenza organizzativa non possono essere nascosti sotto il tappeto.
Da tempo sosteniamo che destra e sinistra sono due sfumature della stessa presa per i fondelli,  due punti nello spazio sociale dai quali passa un solo retto, il nostro.  Non c’è più dubbio che sia così, tanto che costoro non hanno timore di allearsi alla luce del sole – pur costruendosi intorno fossati di distinzioni fantasmagoriche e muretti di differenziazioni evanescenti – inaugurando compagini allargate di servizio al Paese, che provano a completare il servizio ai nostri danni. Si tratta di accelerare sulla svendita dei tesori pubblici che passa, necessariamente, da un’ulteriore debilitazione della sovranità nazionale e dalla dismissione della sua dignità deliberativa.

Diluendo le decisioni, smontando pezzo per pezzo le strutture industriali della nazione, delegando all’esterno i propri doveri e abusando dei loro diritti, annunciando salassi economici per legittimare più modeste ma ripetute ferite allo Stato sociale, in maniera da garantirsi un dissanguamento lento e costante, sperano di guadagnare tempo per la propria sopravvivenza e ugualmente raggiungere quei risultati devastanti che sono stati imposti dai loro padroni internazionali.

Per dimostrarvi che questa tattica di terrorismo psicologico sulla popolazione è sempre in atto riporto una notizia fresca fresca. Vogliono ancora impoverirci mettendo mano alle pensioni. Quest’ennesimo annuncio sconvolgente, dopo aver concretizzato una delle riforme più severe d’Europa sulla previdenza sociale, serve a spaventare il volgo, a dissimulare una fucilata al petto per rendere più accettabile un’altra gambizzazione. Naturalmente, stanno cercando di giustificare l’operazione ricorrendo ai sempiterni stratagemmi che fanno andare in brodo di giuggiole gli azionisti dell’equità sociale e i missionari del livellamento censuale. In pratica, propongono di alzare le pensioni minime a 750 euro creando un fondo comune per l’equità previdenziale alimentato da chi percepisce pensioni elevate MA ANCHE DAI CONTRIBUTI VERSATI DAI LAVORATORI.  E’ palesemente una trappola per succhiarci altra linfa. Se ne sta occupando il pluripensionato aureo Giuliano Amato, un impunito della Prima Repubblica che dopo averci regalato l’euro vorrebbe costringerci alla neuro.
Nonostante la morfina di fiducia che di tanto in tanto viene iniettata in una collettività depressa e repressa come la nostra, sparando dati a casaccio su una impossibile ripresa del Belpaese (la quale non è più tanto impedita da una generale  congiuntura sfavorevole essendo, soprattutto, il risultato diretto di una congiura antinazionale) la loro azione liquidatoria del benessere pubblico non conosce sosta. Del resto, non hanno alternative, o recitano la commedia fino in fondo oppure rischiano di finire davanti ai plotoni di esecuzione della Storia. Non ci sarà però sempre uno spread a salvarli e man mano che la situazione si farà più grave la loro fantasia apparirà per quel che realmente è: un raggiro ai danni della comunità.
Al pari, se sperano di coprire quattro lustri di malgoverno, equamente suddivisi tra cdx e csx (almeno nelle volte che si sono avvicendati al potere), riproponendo un intruglio di moderatismo, solidarismo interclassista e interraziale, senso di responsabilità, dottorismo bocconiano, supremazia dirittocivilistica ed altre amenità del genere, a fronte di una disperazione e depauperazione collettiva inarrestabile, il palcoscenico sotto i loro piedi finirà per incendiarsi svelando gli sporchi giochetti dietro le quinte. Speriamo che accada presto ma non dobbiamo illuderci. Senza una scintilla sapientemente alimentata proseguiranno le docce fredde. O ci armiamo di volontà politica critica e implacabile contro i traditori antinazionali o ci attrezziamo per il peggio che non potremo comunque evitare. Il disastro incombe ed il tempo stringe.
di Gianni Petrosillo

24 agosto 2013

Strage di Ustica: i testimoni "suicidati"











Un solo movente, un filo rosso sangue e la firma inconfondibile dei servizi segreti (Sismi & Sisde). Agli 81 morti ufficiali del disastro aereo provocato dal lancio di due missili, occorre aggiungere altri 20 morti,assassinati in seguito, perché sapevano troppo ed erano in procinto di vuotare il sacco. 

Un lancio dell’agenzia Adnkronos del 23 febbraio 2013 segnala: «Uno dei piloti era un testimone di Ustica: riaperta l'inchiesta su aereo caduto nel '92. Si indaga per omicidio sulla morte di Alessandro Marcucci e del collega Silvio Lorenzini, precipitati con il loro velivolo anti-incendio sulle Alpi Apuane il 2 febbraio 1992. Marcucci era un ex pilota dell'aeronautica militare coinvolto come testimone nell'inchiesta per la strage del Dc9 Itavia. Clamorosa riapertura dell'inchiesta sull'incidente aereo di Campo Cecina del 2 febbraio 1992, quando i piloti Alessandro Marcucci e Silvio Lorenzini persero la vita cadendo con il loro velivolo anti-incendio, sulle Alpi Apuane. Il pm di Massa, Vito Bertoni indagherà per omicidio contro ignoti. A riportare l'attenzione sul caso, chiedendo la riapertura delle indagini, era stata l'associazione antimafia 'Rita Atria', che aveva presentato un esposto. Alessandro Marcucci era un ex pilota dell'aeronautica militare coinvolto come testimone nell'inchiesta per la strage di Ustica. Secondo l'associazione antimafia, l'incidente non fu causato da una condotta di volo azzardata, come sostennero i tecnici della commissione di inchiesta, ma probabilmente da una bomba al fosforo piazzata nel cruscotto dell'aereo».

La notizia d’attualità è legata a quella fornita il 31 marzo scorso dal quotidiano La Nuova Sardegna, a firma del bravo Piero Mannironi: «Si è aperto uno spiraglio. Una piccola, ma preziosa speranza di verità. La magistratura di Massa ripercorrerà i 26 anni di dubbi e di tormenti dei familiari del maresciallo dell'Aeronautica militare Mario Alberto Dettori, di Pattada, trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987, vicino al greto del fiume Ombrone, nel Grossettano. Dettori aveva solo 38 anni… Ma tre settimane dopo, quando venne ritrovato il Mig 23 libico sui monti della Sila, Dettori richiamò Ciancarella. Questa volta era calmo, lucido. «Mi disse che la storia del Mig era una puttanata - dice Ciancarella -. Poi mi diede tre spunti sui quali indagare: comandante, si guardi gli orari degli atterraggi dei jet militari la sera del 27 giugno, i missili a guida radar e quelli a testata inerte. Poi non lo sentii più».Ciancarella parlò con l’amico Marcucci che, sfruttando le sue conoscenze, cominciò anche lui a indagare sui segreti di Ustica. Un giorno disse a Marcucci che il Mig libico trovato sulla Sila era decollato dalla base italiana di Pratica di Mare e di conoscere due militari che sapevano tutto ed erano disposti a parlare con il magistrato che conduceva l’inchiesta.Dettori fu trovato impiccato nel marzo del 1987 e Marcucci morì in uno stranissimo incidente aereo in Toscana nel ’92».



Testimoni scomodi - In una parola eliminati con modalità dei servizi segreti. Non è fiction, ma la nuda e cruda realtà. Oltre una ventina le morti sospette. Anche il giudice Rosario Priore nella sua monumentale ordinanza-sentenza del 31 agosto 1999 aveva dedicato un capitolo speciale alle “morti misteriose”. Infarti, ‘suicidi’, omicidi, attentati, rapimenti, sparizioni, ma anche incidenti stradali e aerei. 




La strage di Ustica è costellata da una serie di morti misteriose di potenziali testimoni, depositari di rivelazioni esplosive. Sono più di una ventina le persone decedute - in circostanze nebulose - che avrebbero potuto fornire elementi utili per ricostruire ciò che avvenne la sera del 27 giugno 1980 sul Mar Tirreno. Ufficiosamente l’ultima vittima potrebbe essere Antonio Scarpa, generale dell’Aeronautica in pensione, deceduto il 2 dicembre 2010. Era stato trovato nella sua casa di Bari vecchia, ferito alla testa. Dal 27 settembre non aveva più ripreso conoscenza. Prim’ancora era toccato aMichele Landi, consulente informatico della Guardia di Finanza e del Sisde, nonché di alcune procure, trovato impiccato con le ginocchia sul divano la notte del 4 aprile 2002, nella sua casa di Montecelio di Guidonia. «Gli esami tossicologici effettuati dalla dr.ssa Costamagna» si legge nella richiesta di archiviazione del procedimento numero 2007/02  «evidenziavano una significativa concentrazione di alcool nel sangue cadaverico». Ben strano per un soggetto che decide di suicidarsi. L’allora colonnello delle Fiamme Gialle, Umberto Rapetto, l’8 aprile 2002 aveva dichiarato a verbale: «Non riesco assolutamente a spiegarmi i motivi di siffatto gesto. Landi ha sempre avuto un fare particolarmente gioioso ed equilibrato e costantemente positivo. Non soffriva assolutamente di depressione». In quei giorni in un’interrogazione parlamentare l’Ulivo chiese: «Perché il ministro dell’Interno Scajola ritiene il suicidio l’unica ipotesi?». Il caso è stato archiviato - con richiesta datata 18 novembre 2004 - dal procuratore capo presso la Procura della Repubblica di Tivoli, Claudio D’Angelo, e dal sostituto, Salvatore Scalera. Landi aveva confidato agli amici di essere a conoscenza di novità compromettenti su Ustica. Il magistrato Lorenzo Matassa, infatti, il 10 aprile 2002 aveva dichiarato agli inquirenti: «Michele Landi l’hanno suicidato i servizi segreti come storicamente in Italia sanno fare. Mi aveva riferito di sapere molte cose su Ustica». Non impossibile, visto che Landi aveva lavorato in passato sui sistemi di puntamento missilistici ed era stato in contatto con la società Catrin, la stessa con cui collaborava Davide Cervia, il tecnico di guerra elettronica, misteriosamente scomparso il 12 settembre ’90. 



Scrive il giudice Rosario Priore, a pagina 4.663 della suo atto istruttorio finale: «Questa inchiesta come s’è caratterizzata per la massa di inquinamenti così si distingue per il numero delle morti violente attribuite per più versi ad un qualche legame con essa, escludendo deduzioni di fantasia ed usando solo rigorosi parametri di fatto». 

Il tragico elenco si apre il 3 agosto 1980 con la morte del colonnello-pilota dell’Aeronautica militare Pierangelo Tedoldi, 41 anni, a seguito di incidente stradale sull’Aurelia e suo figlio David. Annota Priore: «All’ufficiale era stato assegnato il comando dell’aeroporto di Grosseto (competente sul sito radar di Poggio Ballone, ndr) in successione al colonnello Tacchio Nicola». Non emerge alcun collegamento diretto con Ustica, «a meno di non supporre»,  ribadisce Priore  «che in quell’aeroporto sussistessero ancora nell’agosto di quell’anno prove di una verità difforme da quella ufficiale; che quel colonnello ne fosse a venuto a conoscenza; che comunque egli non fosse persona affidabile nel senso che avrebbe potuto denunciarle all’Autorità Giudiziaria o alla pubblica opinione». 




Quando i magistrati inquirenti chiesero nell’88 l’elenco del personale in servizio la sera del 27 giugno 1980, si resero conto che erano stati omessi due nomi significativi: quelli del capitano Maurizio Gari e del marescialloAlberto Maria Dettori, entrambi in servizio quel giorno. Gari era il responsabile della sala radar del 21° Cram; Dettori aveva il compito invece di identificare i velivoli. Entrambi sono morti. Maurizio Gari, 32 anni, non affetto da cardiopatie, il 9 maggio 1981 è stato comunque stroncato da un infarto. Dettori, invece, fu trovato impiccato ad un albero 26 anni orsono. «Altra morte ‘strana’» commenta il giudice istruttore Priore a proposito di Gari. Dalle scarne conversazioni telefoniche rintracciate «si denota un particolare interessamento dell’ufficiale per l’incidente del Dc9 Itavia - argomenta Priore - Certamente la sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità all’inchiesta, anche sulla base di quanto accertato attraverso l’interpretazione dei dati radaristici e le tante scoperte sulla sala operativa da lui comandata, in cui quella sera prestavano servizio di certo il maresciallo guidacaccia De Giuseppe, e con ogni probabilità il maresciallo Dettori». 




Negli atti giudiziari, appunto, alla voce «decessi per i quali permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc 9 e la caduta del Mig» figura anche il ‘suicidio’ per impiccagione del maresciallo AM, MarioAlberto Dettori (39 anni). Il sottufficiale, infatti, fu trovato impiccato ad un albero il 31 marzo ’87 alle ore 16, sul greto del fiume Ombrone, dal collega Michele Casella, nei pressi di Grosseto. Dettori nell’80 era controllore di Difesa Aerea - assegnato al turno Delta - presso il 21° Cram di Poggio Ballone. Così  argomenta il giudice istruttore Priore: «Se ha visto quello che mostravano gli schermi di quel Cram, che aveva visione privilegiata su tanta parte della rotta del Dc 9 e di quanto attorno ad esso s’è consumato, se ne ha compreso la portata, al punto tale da confessare a chi gli era più vicino che quella sera s’era sfiorata la guerra, ben si può comprendere quanto grave fosse il peso che su di lui incombeva. E quindi che, in uno stato di depressione, si sia impiccato. O anche - dal momento che egli stava diffondendo le sue cognizioni, reali o immaginarie, e non fosse più possibile frenarlo - che sia stato impiccato». 

Il 26 novembre ’90, la moglie Carla Pacifici, riferiva al giudice Priore che «non riusciva a spiegarsi il suicidio, in quanto suo marito aveva una gran voglia di vivere»; così come «non riusciva a comprendere le ragioni per cui non era stata mai eseguita l’autopsia sul cadavere». 

La litania di delitti impuniti continua. Il 25 marzo 1982 viene assassinato il professor Aldo Semerari, collaboratore dei servizi segreti militari, a conoscenza di segreti devastanti sulla strage nel Tirreno. Poco dopo, il primo aprile, muore, in circostanze nebulose, la sua assistente, Maria Fiorella Carrara, anch’essa depositaria del segreto dei  segreti. 

Anche la morte del sindaco di Grosseto - in carica nel 1980 - Giovanni Battista Finetti, il 23 gennaio 1983, rientra nella lista degli scomparsi sospetti. Il sindaco grossetano perde la vita in un incidente stradale sulla statale Scansanese nel comune di Istia d’Ombrone. Finetti aveva raccolto le confidenze di alcuni ufficiali dell’arma azzurra, secondo cui due caccia italiani si erano levati in volo dalla base della città toscana per inseguire e abbattere un Mig libico

Il 28 agosto 1988, a Ramstein (Germania), una settimana prima di essere interrogati dal giudice Priore, durante un’esibizione aerea delle Frecce Tricolori, ufficialmente a causa di “un errore di manovra” muoiono due veterani: i colonnelli Mario Naldini, di 41 anni (4.350 ore di volo) e Ivo Nutarelli, di 38 anni (4.250 ore di volo). “Una tragica fatalità” per l’allora capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Franco Pisano. “Per quell’esercizio, il cardioide, le probabilità di collisione sono praticamente pari a zero” spiegò subito Diego Raineri, a quel tempo comandante della pattuglia acrobatica. Perfetti gli uomini, perfette le macchine, perfetto l’addestramento, calcolati i rischi: perché dunque è avvenuta la tragedia che ha mietuto, 59 morti e 368 feriti? I giornali Tageszeitung e Der Spiegelhanno ipotizzato un sabotaggio dei velivoli Aermacchi Mb 339, legato al precedente di Ustica. In effetti, Naldini e Nutarelli erano decollati la sera del 27 giugno ’80 da Grosseto a bordo di due F 104. Il loro caccia intercettore si alzò in volo alle 19,30 e tornò alla base alle 20,50, dieci minuti prima che il Dc 9 precipitasse. Che abbiano notato qualcosa che non dovevano vedere? «Di certo i due erano a conoscenza, come s’è dimostrato, di molteplici circostanze attinenti al Dc 9 e a quei velivoli che volavano in prossimità di esso» documenta Priore. L’imprenditore Andrea Toscani, interrogato dal giudice Priore ha rivelato le confessioni di Naldini. «Mario mi disse»: “Quella notte c’erano tre aerei. Uno autorizzato, due no. Li avevamo intercettati quando ci dissero di rientrare”.  

Sette anni prima, il 2 settembre 1981 a Rivolto (Udine), durante un’esercitazione moriva il colonnello Antonio Gallus, amico e collega degli ufficiali Naldini e Nutarelli. Si accingeva a fare importanti rivelazioni su Ustica. 

Il 20 marzo 1987, alle ore 19 viene assassinato a Roma con «dieci proiettili calibro 38 perforanti», attesta il rapporto della Polizia scientifica, il generale di squadra aerea Licio Giorgieri. Alle 19,40 giunge la rivendicazione dell’omicidio: «Il generale Licio Giorgieri era stato ucciso esclusivamente per le responsabilità da lui esercitate in seguito all’adesione italiana al progetto delle guerre stellari». Così si esprimevano i sedicenti terroristi dell’Unione combattenti comunisti, teleguidati dall’Intelligence anglo-americana. Il movente affidato al volantino venne però demolito pubblicamente da Giovanni Spadolini: «Giorgieri non aveva nessun rapporto diretto con l’iniziativa di difesa strategica. Il generale Giorgieri non apparteneva neanche al Comitato tecnico di controllo su tale impresa». Gli esperti di terrorismo lo definirono «un attentato anomalo». In realtà, all’epoca di Ustica, il generale triestino faceva parte dei vertici del Rai, il Registro aeronautico italiano, responsabile del quale era il generale Saverio Rana, «morto per infarto»: il primo a parlare di missili nell’imminenza della strage. Dell’omicidio Giorgeri si era occupato anche il giudice Santacroce (predecessore di Priore). Lo stesso Rana - che aveva ricevuto dall’amico Giorgieri tre fotocopie di tracciati radar - subito dopo la strage riferì al ministro Formica la presenza di un caccia vicino al Dc 9. 

Il 12 agosto ’88 muore il maresciallo del Sios, Ugo Zammarelli. Mentre passeggiava con un’amica sul lungomare di Gizzeria Marina, viene investito da una moto. Non viene effettuata alcuna autopsia. I suoi bagagli spariscono dall’albergo. Zammarelli in forza alla base Nato di Decimomannu, in Sardegna, non era in Calabria in vacanza, ma stava conducendo un’inchiesta personale sul Mig libico. 

Ancora una morte violenta: un altro maresciallo AM, Antonio Muzio, viene freddato con tre colpi di pistola al ventre, il primo febbraio ’91, a Pizzo Calabro. Nel 1980 era in servizio alla torre di controllo dell’aeroporto diLamezia Terme. Secondo Priore «il sottufficiale potrebbe essere venuto a conoscenza di fatti attinenti alla vicenda del Mig, di mene del capitano Inzolia e del maresciallo Molfa». Questi due carabinieri alla fine di giugno dell’80 cercavano un aereo militare sulla Sila.
  
Il 2 febbraio 1992, altra morte alquanto anomala, è quella del maresciallo dell’Arma azzurra, Antonio Pagliara. Rimase vittima dell’immancabile incidente stradale. Nell’80 era in servizio con funzioni di controllore di Difesa Aerea al 32° Cram di Otranto. Anche lui era in procinto di vuotare il sacco.

Sempre il 2 febbraio ’92, muore l’ex colonnello Sandro Marcucci, ufficialmente «a seguito di incidente aereo in un servizio di antincendio». Marcucci, 47 anni, pilota esperto, si schianta inspiegabilmente sulle Alpi Apuane col suo Piper. Nel 1980 era in servizio quale ufficiale pilota presso la 46ª Aerobrigata di Pisa. Soltanto 5 giorni prima Il Tirreno aveva pubblicato una sua intervista in cui aveva duramente attaccato il generale Zeno Tascio, comandante dell’aeroporto di Pisa dal ’76 al ’79, proprio sul caso della strage di Ustica. 

Il 12 gennaio 1993, è il turno di un personaggio parecchio scomodo. A Bruxelles viene assassinato a coltellate l’ex generale Roberto Boemio (58 anni). Il consulente dell’Alenia presso la NATO era un testimone chiave. Nel ’91, con buon anticipo aveva abbandonato l’Aeronautica. Le modalità dell’omicidio coinvolgono, secondo  la magistratura belga - che non ha ancora risolto il caso - i «servizi segreti internazionali». Secondo la ricostruzione del giudice Guy Laffineur «Gli aggressori si sono allontanati a bordo di una Ford Escort bianca, poi risultata rubata e alla quale era stata sostituita la targa». E’ stata tale circostanza a far pensare a un’azione ben preparata. Il delitto di Boemio rimane ancora un mistero. L’unica certezza è che l’alto ufficiale in pensione aveva cominciato a collaborare con la magistratura inquirente proprio sulla strage di Ustica. Non a caso, il suo nome compare tra i riscontri di innumerevoli contestazioni processuali fatte ai generali Bartolucci, Tascio, Ferri, Melillo. Proprio da Boemio, all’epoca della strage comandante della III Regione Aerea, dipendevano direttamente il Terzo Roc di Martinafranca in Puglia (nome in codice ‘Imaz’: cuore del sistema Nadge, di controllo USA) con le basi radaristiche di Jacotenente (Gargano), Marsala e Licola, coinvolte nell’allarme per la presenza di caccia non identificati nel cielo di Ustica e di una portaerei in navigazione nel Tirreno al momento dell’esplosione del Dc 9. Boemio s’era anche occupato di uno dei due Mig 23 fatti ritrovare da CIA E Sismi sulla Sila proprio il 18 luglio ’80, esattamente al termine di un’esercitazione aeronavale della NATO. Conclude il giudice Priore: 

«Sicuramente altra sua testimonianza inerente gli incidenti aerei in disamina, a seguito delle risultanze istruttorie emerse dopo le sue prime dichiarazioni, sarebbe risultata di grande utilità». Il generale Boemio conosceva i retroscena e poteva fornire elementi di prima mano. 

La tragica catena di morti sospette non si arresta. Infatti, il 2 novembre ’94 tocca a Giampaolo Totaro, 43 anni, ex ufficiale medico dell’Aeronautica Militare, dal 1976 all’84 in servizio presso la base delle Frecce Tricolori a Rivolto. Totaro è stato trovato impiccato accanto alla porta del bagno della sua abitazione. Ancora coincidenze. Innanzitutto gli anni trascorsi accanto agli amici Naldini, Nutarelli e Gallus. E poi la pubblicazione il 31 ottobre, prima del “suicidio” di varie rivelazioni che collegano Ustica alle Frecce e a Ramstein. Registra il referto giudiziario: «Le modalità dell’atto - la corda era attaccata a una sbarra poco più di un  metro di altezza - hanno indotto a qualche sospetto sulla realtà di un’azione suicidaria». 

Altro emblematico decesso. Il maresciallo dell’Aeronautica militare, Franco Parisi, 46 anni, fu trovato anche lui impiccato il 21 dicembre ’95, ad un albero alla periferia di Lecce. Nell’80 era controllore di Difesa Aerea nella sala operativa del 32° Cram di Otranto. Era di turno la mattina del 18 luglio ’80, quando sarebbe avvenuto il fantomatico incidente del Mig. Dichiara nell’ordinanza-sentenza il giudice Priore: «Erano emerse al tempo del suo primo esame testimoniale, nel settembre ’95, palesi contraddizioni nelle sue dichiarazioni, così come s’erano verificati incresciosi episodi con ogni probabilità di minacce nei suoi confronti». Citato a comparire una seconda volta, il 10 gennaio ’96, Parisi muore qualche giorno dopo aver ricevuto la convocazione giudiziaria. Nel novembre ’97 il Gip Vincenzo Scardia, aveva ordinato la riapertura del caso, che era stato archiviato in tutta fretta dal pm Nicola D’Amato, come ‘suicidio’. I familiari hanno sempre sollevato il sospetto che Franco Parisi ‘sia stato suicidato’. Il maresciallo fu bastonato? Fatto sta che i medici legali gli riscontrarono un’ematoma all’altezza della nuca, opportunamente fotografato dagli investigatori Digos di Lecce subito dopo il ritrovamento del cadavere. Tra gli aspetti oscuri dell’impiccagione, la compatibilità della lunghezza della corda trovata legata all’albero con la distanza dal suolo e la stessa altezza della vittima. Ma anche il rilasciamento dei muscoli del collo al quale era stretta la fune - è stato tale allorché il corpo del Parisi è stato lasciato penzolare nel vuoto - da far trovare il cadavere con i piedi poggiati per terra. Ci sono foto della polizia giudiziaria che lo confermano. 
«Come ben si vede analogie forti con il caso Dettori - argomenta il giudice Priore -. Entrambi marescialli controllori di sala operativa in un centro radar. Entrambi in servizio dinanzi al PPI, con funzioni delicatissime, rispettivamente la notte del 27 giugno e il mattino del 18 luglio. Venuti a conoscenza di fatti diversi dalle ricostruzioni ufficiali, rivelano la loro conoscenza in ambiti strettissimi, ma non al punto tale da non essere percepita da ambienti che li stringono od osteggiano anche in maniera pesante. E così ne restano soffocati».

Il delitto Ferraro - Roma, domenica 16 luglio 1995: via della Grande Muraglia Cinese 46. Il tenente colonnello dell’Esercito, Mario Ferraro, 46 anni, calabrese, distaccato al Sismi, esperto in informatica, traffici di armi, terrorismo internazionale, e segreti indicibili tra cui Ustica. Non ha alcun motivo per suicidarsi. La sua compagna Maria Antonietta nel tardo pomeriggio lo trova nel bagno di casa. Ferraro è impiccato inspiegabilmente con la cinghia dell’accappatoio, lunga poco più di un metro assicurata al tubo di un appendi asciugamano fissato al muro, a circa un metro e venti dal pavimento. La sua posizione è parecchio sospetta. Il fratello di Ferraro, Salvatore commenterà così ai giornalisti quello che ha visto: «Ho trovato Mario seduto per terra, aveva un’espressione serena, non quella di un uomo che ha compiuto un gesto disperato. L’avevo sentito al telefono venerdì, tre giorni prima: era tranquillo, non aveva manifestato alcuna apprensione». Parla anche Maria Antonietta: «Mario negli ultimi tempi era preoccupato, si sentiva pedinato. Quando era uscito per il gelato, ho sentito strani rumori, ero sul terrazzo, provenivano dall’ascensore del palazzo: lo scatto della fotocellula della porta si ripeteva a intervalli regolari per parecchi minuti, come se qualcuno cercasse di tenere aperta la porta dell’ascensore. Mario non può essersi suicidato». Parlando con i giornalisti, il procuratore capoMichele Coiro si lascia sfuggire che per lui la morte di Ferraro è un omicidio “vero e proprio”. Si indaga prima per suicidio, poi per omicidio. Il caso viene però archiviato su richiesta del pm Nello Rossi, dal Gip il primo ottobre 1999. Tuttavia, una delle quattro perizie ordinate dal pubblico ministero, evidenzia un’anomalia: la cinta dell’accappatoio con la quale si sarebbe tolto la vita Ferraro si sarebbe dovuta strappare, perché non avrebbe potuto resistere oltre i cinquanta chili di carico. Ferraro era un uomo robusto: pesava 86 chili, quindi ben oltre quel limite. Non è tutto. Sempre secondo la perizia meccanica le quattro viti a tassello che reggevano l’appendiasciugamano in ottone a cui Ferraro avrebbe assicurato la cinta, a poco più di un metro dal pavimento, sotto quel carico, avrebbero dovuto cedere, staccarsi dal muro. Invece Ferraro viene trovato quasi seduto a terra, con il collo leggermente reclinato, La cinta era intatta, l’ha tagliata Maria Antonietta nel disperato tentativo di salvargli la vita, e la staffa dell’appendi asciugamano era ancora salda alla parete. Anche la perizia istologica fa riferimento ad alcune stranezze: due ecchimosi sul collo, compatibili con un’azione di soffocamento, sono delle strozzature, pressioni eseguite in tempi diversi; mentre quella medico-legale e quella tossicologica parlano di suicidio. Anche Ferraro doveva essere interrogato sui fatti di Ustica.

Allora, chi uccide i testimoni scomodi? Il 26 dicembre ’95, i sedicenti ‘Nuclei per l’eliminazione fisica dei militari corrotti di Ustica’, depositano a Bologna, in via Saragozza, due bottiglie molotov sul pianerottolo del maresciallo AM, Giuseppe Caragliano, mai comparso nell’inchiesta sulla strage di Ustica, nell’80 in servizio al centro telecomunicazioni dello Stato Maggiore dell’arma azzurra. Un attentato annunciato da una serie di telefonate minatorie nell’abitazione del militare e alla questura di Bologna: “Andate in via Saragozza e fate sgomberare il palazzo dell’avvocato Leone, perché vogliamo far saltare in aria il maresciallo Caragliano”. Chi, se non gli apparati militari, potevano collegare Caragliano a Ustica, dal momento che tale legame non era mai stato ipotizzato neppure dagli inquirenti? E ancora: è soltanto un caso che l’attentato di Bologna arrivi a soli 5 giorni dalla notizia del “suicidio” del maresciallo Parisi? Che le minacce cominciano quando è nota ai soli investigatori la circostanza del ritrovamento nell’abitazione dell’ex generale dei carabinieri, al servizio del Sismi, Demetrio Cogliandrodell’archivio su Ustica? 


Conclude Priore nella sua sentenza-ordinanza: «Nei casi che restano si dovrà approfondire, giacchè appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati». 

Missili - Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Tirreno alla ricerca del relitto del Dc9. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer (controllata dai servizi segreti transalpini) scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma. I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi gli ordigni sono usati dai caccia dei Paesi occidentali e mediorientali (Israele). Uno di quei missili -ancora in fondo al mare, a 3600 metri di profondità- è stato lanciato contro il Dc9. Le ultime scoperte dei periti di parte civile hanno confermato senza ombra di dubbio che il Dc 9 è stato abbattuto da un missile. La prova è costituita da 31 sferule d’acciaio (diametro 3 millimetri) trovate in un foro vicino all’attacco del flap con la fusoliera. La loro presenza può essere spiegata con l’esplosione vicino alla parte anteriore dell’aereo della testa a frammentazione di un missile. 

Le 5.600 pagine di requisitoria del giudice Priore parlano di una operazione militare condotta da Paesi alleati della quale gli italiani sono stati testimoni diretti. Nei tracciati radar si vede addirittura un elicottero decollato dal mare, presumibilmente da una portaerei, giungere nella zona del disastro prima che arrivassero, con deliberato ritardo, i soccorsi.A poca distanza dal luogo di ammaraggio dell'aereo civile staziona l'unità militare italiana Vittorio veneto che però non presta alcun soccorso. L'ultima testimonianza è di un ufficiale di macchina da me scovato ed intervistato che ho prontamente segnalato - unitamente ad altri tre testomoni deglie venti (tre ex militari dell'Aeronautica militare, perseguitati dall'Arma azzurra) ai magistrati titolari presso la Procura della Repubblica di Roma, attualmente dell'inchiesta (Maria Monteleone ed Erminio Amelio). 

Che cosa si è voluto insabbiare con tanto accanimento?  «E’ una questione di dignità nazionale” argomenta Daria Bonfietti, “ma i governi italiani che fanno? La riforma dei servizi segreti, per dare maggiore libertà agli uomini dell’Intelligence, per consentirgli di fare quello che vogliono».  

Memorie offuscate - 2 milioni di atti e numerose perizie. Tutti assolti: ben 4 generali dell’Aeronautica - all’epoca il massimo vertice dell’arma azzurra - imputati con l’accusa di «attentato contro gli organi costituzionali»,Lamberto Bartolucci, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica; Zeno Tascio, all’epoca dei fatti, responsabile del servizio informazioni operative segrete (Sios); Corrado Melillo, ex capo del terzo reparto della Stato Maggiore Aeronautica e poi sottocapo di Stato Maggiore della Difesa; carica che nel 1980 ricopriva l’altro generale imputato, Franco Ferri. I quattro alti ufficiali, secondo l’accusa, «hanno omesso di riferire alle autorità politiche e giudiziarie, informazioni riguardo la possibile presenza di altri aerei di varie nazionalità (statunitensi, francesi, inglesi) e di una portaerei di nazionalità non accertabile con sicurezza» sulla rotta del Dc 9 Itavia la sera del disastro; hanno taciuto notizie riguardanti «l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo ed i risultati dell’analisi dei tracciati radar di Fiumicino-Ciampino e l’emergenza di circostanze di fatto non conciliabili con la caduta del Mig libico sulla Sila la mattina del 18 luglio 1980». Hanno inoltre fornito «informazioni errate» al fine di «impedire che potessero emergere responsabilità dell’Aeronautica Militare o di forze armate di Paesi alleati». Altri imputati erano i cosiddetti “007”: Francesco Pugliese, poi diventato generale, già capo di Civilavia; l’ex vicecapo del Sismi Nicola Fiorito De FalcoUmberto Alloro, Claudio Masci, l’ex responsabile della sezione controspionaggio del Sismi Pasquale Notarnicola e Bruno Bomprezzi. E’ intervenuta la prescrizione dei reati e la dichiarazione di non luogo a procedere per un’altra sessantina di altri ufficiali e sottufficiali italiani. “I quattro generali accusati in base all’articolo 289 del codice penale“, tuona l’ex senatrice Bonfietti, presidente dell’Associazione Familiari delle vittime di Ustica, “erano accusati di aver violato il loro dovere di fedeltà allo Stato, occultando le prove di un crimine. In nome di un’altra fedeltà ai loro occhi più grande e assoluta“. In altri termini, i militari avrebbero sistematicamente depistato le indagini e insabbiato le prove innalzando quello che è passato alla storia come Il muro di gomma reso ancora più inquietante dalla lunga catena di morti sospette tra i testimoni chiave.



Francia risponde alla rogatoria -  La Procura di Roma ha finalmente ottenuto dopo due anni risposte parziali riguardanti il traffico aereo la sera della tragedia: l’esecuzione di una esercitazione e la presenza di navi vicino alla zona in cui il velivolo precipitò. Intanto è stato ascoltato un pilota: "Vidi una flottiglia di navi".

A quasi 33 anni dalla strage di Ustica la nuova indagine sull’abbattimento del Dc9 dell’Itavia, che si portò via la vita di 81 passeggeri, tra cui 11 bambini, procede in silenzio. C’è una nuova testimonianza e dopo due anni la Francia ha risposto ad una rogatoria presentata dalla Procura della Repubblica di Roma per capire le “presenze” nei cieli e nel mare il 27 giugno 1980.

La rogatoria dalla Francia: traffico aereo e presenza navi. Le risposte alla richiesta di assistenza giudiziaria rivolte al governo francese ora sono al vaglio del procuratore aggiunto Maria Monteleone ed Erminio Amelio. Si tratta di una prima, voluminosa e parziale risposta alle domande degli inquirenti che attendono ora il completamento della fornitura di indicazioni. Tra i quesiti posti dai magistrati di piazzale Clodio, quelli riguardanti il traffico aereo la sera della tragedia: l’esecuzione di una esercitazione e la presenza di navi vicino alla zona in cui il velivolo precipitò. Quest’ ultima domanda assume particolare rilevanza anche alla luce della testimonianza di un pilota dell’Ati rintracciato per caso nelle ultime settimane, il quale ha riferito che la sera precedente il disastro sorvolò il largo di Ustica notando alcune navi tra cui una portaerei: circostanza, come riportato oggi da Repubblica, che potrebbe assumere un particolare rilievo. 

La nuova testimonianza di un pilota: “Vidi una flottiglia di navi”. “Sorvolai i cieli di Ustica al comando di un volo di linea Alitalia, il giorno prima e, ancora, qualche minuto prima che accadesse la tragedia - avrebbe raccontato il testimone al procuratore aggiunto Monteleone e al pm Amelio che hanno secretato il verbale -. Dopo alcuni minuti dal decollo dall’aeroporto di Palermo, sotto di me notai una flottiglia di navi: una che sembrava una portaerei e almeno altre tre-quattro imbarcazioni. Ho commentato con l’altro comandante questa presenza e quando seppi della tragedia pensai subito a quell’addensamento navale”. Un racconto “attendibile e circostanziato” secondo il giudice Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Cassazione. “Si integra perfettamente con quanto è stato accertato negli ultimi tempi ovvero con l’ipotesi di un missile partito da un aereo - ragiona il magistrato - Bisogna verificare la nazionalità della portaerei che si trovava nelle acque territoriali italiane. Non si può escludere che proprio dalla portarerei sia partito il Mig libico che si è poi abbattuto in Sila” sottolinea Imposimato, che della vicenda di Ustica si occupò tra il 1987 e il 1992, come membro del Copaco, il Comitato parlamentare di controllo dei Servizi segreti. “Attendiamo le indagini dei magistrati romani e le verifiche spero solo che non vengano apposti segreti di Stato. Questo bloccherebbe ancora una volta le indagini per accertare la verità. Ustica è ancora una ferita aperta”.

La tesi del missile è ormai stata certificata da una sentenza passata in giudicato; quella della Cassazione nel giudizio civile che ha visto lo Stato condannato a risarcire le famiglie delle vittime. Secondo i supremi giudici l’aereo fu abbattuto da un missile. L’inchiesta della procura di Roma è ripartita alcuni anni fa grazie alle dichiarazioni di Francesco Cossiga il quale disse di sapere che “c’era un aereo francese che si mise sotto il Dc 9 Itavia e lanciò un missile per sbaglio”.
di Gianni Lannes 

11 settembre 2013

UNA CORRETTA SOLUZIONE COSTITUZIONALE PER B E PER IL GOVERNO?



L’art. 66 Cost. stabilisce che sono le camere a giudicare (sì, la Costituzione dice proprio: giudicare)  sull’eleggibilità e sull’incompatibilità ciascuna dei suoi propri membri. Questo tipo di giudizio si definisce “autodikìa” (autogiustizia) e si tratta di un vero e proprio giudizio, di un atto di applicazione del diritto oggettivo, non di un atto politico o legislativo.
La funzione di questa norma costituzionale, notoriamente, è quella di tutelare l’indipendenza delle camere nelle persone dei loro membri, quali espressioni dirette della volontà-sovranità popolare, contro la possibilità di ingerenze, condizionamenti, intimidazioni, arresti abusivi da parte di portatori del potere giudiziario, ossia di magistrati.
L’autodikìa è una deroga al principio di separazione dei poteri, secondo il quale il potere giudiziario deve essere esercitato dai giudici soltanto. Scrive Wikipedia alla voce autodichia: “la generalità delle costituzioni prevede l’autodichia del parlamento (ed eventualmente di altri organi costituzionali) in relazione a controversie riguardanti atti e attività che si svolgono al suo interno (i cosiddetti interna corporis), in modo da sottrarlo ad ingerenze di altri poteri dello Stato e salvaguardare così la sua indipendenza. In campo parlamentare, il principio di autodichia riguarda essenzialmente “il diritto del Parlamento di essere giudice delle controversie che riguardano i propri dipendenti”. La Corte costituzionale ha stabilito la legittimità di tale forma di giurisdizione, ritenendo che deroghe al divieto costituzionale di istituire giudici speciali (art. 102, 2º co. Cost.) sono ammissibili “nei confronti degli organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, situati ai vertici dell’ordinamento, in posizione di assoluta autonomia ed indipendenza”.”

Di fronte a un caso come il caso B., l’art. 66 Cost. Comporta pertanto che il Senato non debba e non possa affatto recepire acriticamente (“rispettosamente”) la sentenza, ma che esso dovrà indagare e assicurarsi, ai fini suddetti,
-che le norme in questione non appaiano incostituzionali – nel qual caso il Senato dovrebbe rimetterle alla Corte Costituzionale per la sua valutazione;
-che effettivamente prescrivano la decadenza degli eletti e non solo l’incandidabilità di chi non è ancora eletto;
-che le norme stabilenti l’ineleggibilità, l’incandidabilità o la decadenza non abbiano carattere penale, perché in tal caso non potrebbero essere applicate a fatti anteriori al loro venire in essere;
-che i giudici che hanno condannato B. abbiano operato nel rispetto dei principi fondamentali di indipendenza e di neutralità (quindi devono valutare se le dichiarazioni del presidente della Corte dr Esposito rivelino pregiudizio od ostilità verso B.);
-che i detti giudici abbiano rispettato i diritti della difesa e del giusto processo (quindi che non gli abbiano, ad es., impedito di portare testimoni rilevanti a sua difesa, come egli sostiene);
-che i giudici abbiano motivato la condanna, e che non lo abbiano fatto in modo fittizio o con palesi forzature, tali da suggerire un intento persecutorio.
Solo se tutti questi punti saranno soddisfatti, il Senato potrà legittimamentedichiarare decaduto B. Si noti come, con rare eccezioni, i suoi avversari politici disconoscano la doverosità delle verifiche suddette.
Naturalmente, nel fare queste valutazioni, la giunta e poi il Senato devono tener conto anche del fatto che B. ha subito un altissimo numero di indagini penali da quando è in politica, e indagare se vi sia il fumus di una strategia politico-giudiziaria contro di lui.
Dovranno anche tener conto di fattori generali, ossia:
-dell’alto grado di partiticizzazione dei magistrati in Italia, paese in cui, senza che nessuna istituzione di garanzia reagisca, molti magistrati dichiarano pubblicamente e liberamente di coordinare le loro azioni e il loro uso di poteri giudiziari a fini politici e ideologici; sicché il grado-base di probabilità di uso improprio dello strumento giudiziario è elevato;
-della bassissima qualità media della giustizia italiana, che si colloca a livello di Africa nera (157° posto al mondo) e che viene continuamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle regole del giusto processo.
In tutto questo procedimento, o processus judicii, a B. deve essere dato modo di difendersi portando prove, ad esempio, dell’intendo persecutorio o della non-neutralità dei suoi giudici.

di Marco Della Luna

10 settembre 2013

Chi ha convenienza a nuove elezioni?

Si sente ancora l'aria delle elezioni anticipate, è dappertutto, anche nel Pd.
Berlusconi ne ha bisogno e, inoltre, pensa di vincerle.
Anche Grillo le vuole. Anche lui pensa di vincerle.
Il Pd, invece, è in un cul de sac: deve votare la decadenza di Berlusconi, pur sapendo che ciò provocherà la caduta del governo...
... Ma gli italiani non hanno niente da perdere, oltre quest'inutile Letta non è possibile niente di peggio...
E' rimasto solo il partito di Repubblica a tesserne lodi e meriti, ma quello è sempre stato dalla parte sbagliata, anche quando aveva ragione, sicché i buoni voti di Scalfari e Mauro suonano come il peggiore dei vaticinii possibili per il futuro di questo piccolo primo ministro, inutilmente giovane e promettente...
Le elezioni si avvicinano e ricomincia la campagne elettorale, la caccia al voto... ognuno intento a screditare l'altro, piuttosto che accreditar se stesso... Criticare, in questo paese di parolai perennemente impegnati a discettare sul vuoto delle loro opinioni cangianti, risulta molto più facile che fare...
Stavolta, però, il nemico da abbattere è il M5S... gli altri due (Pd e Pdl) non gradiscono interferenze nei loro affari che, per carità, saranno pure leciti e legittimi, ma hanno portato il paese alla rovina. E questo lo capiscono anche i bambini scimuniti.
Più che la vittoria dell'altro, i due temono grandemente la vittoria di Grillo... Sarebbe la loro fine e quella dei loro scherani.
Sicché tutti a sparargli contro... con cartucce di vario calibro... da postazioni diverse.
L'obiettivo?
Ritornare al solito tranquillizzante schema: di la il magnate, pedofilo, corrotto e screditato... e di qua i comunisti.
La stessa musica degli ultimi vent'anni che Grillo vorrebbe poter cambiare... Per questo gli sparano tutti addosso...
Hanno detto che il movimento 5 stelle è stato il risultato della disaffezione degli italiani verso la politica... il frutto amaro della protesta, destinato a marcire ed avvizzire nel tempo in cui i frutti marciscono ed avvizziscono...
Hanno voluto, anche stavolta, dire agli italiani che tutto resterà com'era, anche dopo Grillo ed i grillini...
Il M5S è stato dipinto come un movimento qualunquista di protesta, i cui elettori appartengono alle classi meno istruite della società; disadattati senza arte ne parte... Come a dire a chi l'ha votato: "ti sei associato al voto degli ignoranti"...
Eppure nel recente libro "Un salto nel voto" di Ilvo Diamanti (uno dei massimi politologi italiani), la segmentazione degli elettori per partito, fornisce un'immagine completamente diversa:
Livello d'istruzione degli elettori dei vari partiti  
 BassoMedioAltoTotale Da 1 a 9
Pd36,7%23,4%24,1%25,4% 4,4
Pdl23,7%25,7%17,4%17,7% 4,6
M5S15,5%28,3%25,9%25,3% 5,6
Gli elettori del M5S sono, di gran lunga, i più istruiti... e quelli del Pd sono i meno istruiti (il Pdl è solo leggermente meglio)...
Pd e Pdl, dunque, raccolgono il voto degli italiani meno "colti"... e, però, accusano il M5S di essere ciò che loro sono...
Non è straordinariamente italiano?
Non solo... osservate la tabella sotto...
Percentuale elettori per fascia d'età     
 18-2930-4445-5455-64oltre 65Totale Età media
Pd17,1%14,8%23,6%31,7%37,0%25,4% 53,8
Pdl13,4%23,8%20,5%17,7%26,6%21,6% 50,9
M5S31,6%36,2%30,6%25,3%9,0%25,6% 43,4
Gli elettori del M5S sono, mediamente, i più giovani (oltre 10 anni in meno di quelli del Pd e oltre 7 in meno del Pdl) e, quindi, rappresentano il "futuro" di questo paese... mentre gli altri due partiti raccolgono il voto dei più anziani...
Pd e Pdl, dunque, sono votati dagli italiani meno istruiti e più vecchi...
Dove, quindi, sta la parte migliore dell'Italia: con quei due partiti di "inciucioni" che hanno rovinato il paese, oppure con il nuovo M5S che si propone come la soluzione?
Stiamo esaminando numeri e fatti... lasciando da parte le opinioni da Bar Mokambo...
Che proiezione possiamo fare a 10 da oggi, quando molti elettori che oggi hanno più di 65 anni non voteranno più?
Percentuale elettori per fascia d'età        
 18-2930-4445-5455-64oltre 65Totale Età media Previsione a 10 anni 
Pd17,1%14,8%23,6%31,7%37,0%25,4% 53,8 23,1% 
Pdl13,4%23,8%20,5%17,7%26,6%21,6% 50,9 20,6% 
M5S31,6%36,2%30,6%25,3%9,0%25,6% 43,4 28,9% 
Il M5S che ha gli elettori più giovani guadagnerà oltre 3 punti, mentre gli altri partiti (che hanno gli elettori più vecchi) arretreranno... E non è un'opinione, ma matematica...
Non solo: se gli elettori del M5S sono di gran lunga i più istruiti e quelli degli altri partiti i meno colti (non è un'offesa per nessuno, ma la semplice constatazione dei risultati elettorali) chi è destinato a guadagnare altri consensi in un paese che ha bisogno di diventare sempre più istruito per reggere la concorrenza dei nuovi paesi emergenti?
Capite cosa sto dicendo?
Pd e Pdl sanno che la loro stella sta tramontando e, invece di aprirsi ai nuovi bisogno dell'Italia, cercano di "svilire" l'immagine dell'unico movimento politico che può traghettare il paese oltre le secche in cui quei due l'hanno condotto...
Accetto le critiche di tutti coloro che vorranno criticarmi... purché siano motivate da numeri e fatti che smentiscano quelli qui presentati... Non accetto le opinioni ad minchiam...
Quelle le lascio a chi, d'abitudine, non capisce neanche le stesse cose che lui dice...

di G. Migliorino

25 agosto 2013

Destra e sinistra sono due punti nello spazio sociale dai quali passa un solo retto, il nostro




Il gabinetto Letta è la continuazione di quello Monti con altri dementi o delinquenti. Fate voi che tanto una opzione non esclude l’altra e tutte e due fanno una certezza.
I sistemi per percuotere la popolazione sono stati edulcorati ma le finalità e i principi guida non sono mutati: occorre fare dell’Italia un’appendice geografica, priva di peso internazionale e di forza decisionale, a disposizione delle potenze occidentali e dei loro disegni mondiali.
Persino i partiti che lo sostengono sono gli stessi di ieri, anche se più deviati e sbandati di prima, così come intonsa persiste quella suprema volontà quirinalizia che ha sancito la nascita e la sussistenza di questo e di quell’altro esecutivo, beffandosi della fantomatica democrazia, del voto degli elettori e della tanto declamata sacralità costituzionale.
E’ ormai una corsa ad ostacoli per raggiungere un equilibrio centrista dopo l’esaurimento di una lunga fase di personalismo, pro e contro Berlusconi, che ha sfilacciato il tessuto connettivo della società italiana portandoci sull’orlo dell’abisso, una metafora usurata per segnalare l’assenza di segni vitali della Penisola. Adesso, pretenderebbero di chiudere il buco nero ideologico che hanno alimentato per decenni e che rischia di risucchiarli tutti con una mera manovra di palazzo studiata a tavolino tra filibustieri e farabutti di Stato. Vent’anni di surrogazione della politica con moralismo, oltranzismo etico, ubbie democraticistiche, servilismo volontario alla causa europeistica e atlantica, spettacolarizzazione televisiva,  vuotezza di contenuti programmatici, assenza di visione globale, incapacità ed incompetenza organizzativa non possono essere nascosti sotto il tappeto.
Da tempo sosteniamo che destra e sinistra sono due sfumature della stessa presa per i fondelli,  due punti nello spazio sociale dai quali passa un solo retto, il nostro.  Non c’è più dubbio che sia così, tanto che costoro non hanno timore di allearsi alla luce del sole – pur costruendosi intorno fossati di distinzioni fantasmagoriche e muretti di differenziazioni evanescenti – inaugurando compagini allargate di servizio al Paese, che provano a completare il servizio ai nostri danni. Si tratta di accelerare sulla svendita dei tesori pubblici che passa, necessariamente, da un’ulteriore debilitazione della sovranità nazionale e dalla dismissione della sua dignità deliberativa.

Diluendo le decisioni, smontando pezzo per pezzo le strutture industriali della nazione, delegando all’esterno i propri doveri e abusando dei loro diritti, annunciando salassi economici per legittimare più modeste ma ripetute ferite allo Stato sociale, in maniera da garantirsi un dissanguamento lento e costante, sperano di guadagnare tempo per la propria sopravvivenza e ugualmente raggiungere quei risultati devastanti che sono stati imposti dai loro padroni internazionali.

Per dimostrarvi che questa tattica di terrorismo psicologico sulla popolazione è sempre in atto riporto una notizia fresca fresca. Vogliono ancora impoverirci mettendo mano alle pensioni. Quest’ennesimo annuncio sconvolgente, dopo aver concretizzato una delle riforme più severe d’Europa sulla previdenza sociale, serve a spaventare il volgo, a dissimulare una fucilata al petto per rendere più accettabile un’altra gambizzazione. Naturalmente, stanno cercando di giustificare l’operazione ricorrendo ai sempiterni stratagemmi che fanno andare in brodo di giuggiole gli azionisti dell’equità sociale e i missionari del livellamento censuale. In pratica, propongono di alzare le pensioni minime a 750 euro creando un fondo comune per l’equità previdenziale alimentato da chi percepisce pensioni elevate MA ANCHE DAI CONTRIBUTI VERSATI DAI LAVORATORI.  E’ palesemente una trappola per succhiarci altra linfa. Se ne sta occupando il pluripensionato aureo Giuliano Amato, un impunito della Prima Repubblica che dopo averci regalato l’euro vorrebbe costringerci alla neuro.
Nonostante la morfina di fiducia che di tanto in tanto viene iniettata in una collettività depressa e repressa come la nostra, sparando dati a casaccio su una impossibile ripresa del Belpaese (la quale non è più tanto impedita da una generale  congiuntura sfavorevole essendo, soprattutto, il risultato diretto di una congiura antinazionale) la loro azione liquidatoria del benessere pubblico non conosce sosta. Del resto, non hanno alternative, o recitano la commedia fino in fondo oppure rischiano di finire davanti ai plotoni di esecuzione della Storia. Non ci sarà però sempre uno spread a salvarli e man mano che la situazione si farà più grave la loro fantasia apparirà per quel che realmente è: un raggiro ai danni della comunità.
Al pari, se sperano di coprire quattro lustri di malgoverno, equamente suddivisi tra cdx e csx (almeno nelle volte che si sono avvicendati al potere), riproponendo un intruglio di moderatismo, solidarismo interclassista e interraziale, senso di responsabilità, dottorismo bocconiano, supremazia dirittocivilistica ed altre amenità del genere, a fronte di una disperazione e depauperazione collettiva inarrestabile, il palcoscenico sotto i loro piedi finirà per incendiarsi svelando gli sporchi giochetti dietro le quinte. Speriamo che accada presto ma non dobbiamo illuderci. Senza una scintilla sapientemente alimentata proseguiranno le docce fredde. O ci armiamo di volontà politica critica e implacabile contro i traditori antinazionali o ci attrezziamo per il peggio che non potremo comunque evitare. Il disastro incombe ed il tempo stringe.
di Gianni Petrosillo

24 agosto 2013

Strage di Ustica: i testimoni "suicidati"











Un solo movente, un filo rosso sangue e la firma inconfondibile dei servizi segreti (Sismi & Sisde). Agli 81 morti ufficiali del disastro aereo provocato dal lancio di due missili, occorre aggiungere altri 20 morti,assassinati in seguito, perché sapevano troppo ed erano in procinto di vuotare il sacco. 

Un lancio dell’agenzia Adnkronos del 23 febbraio 2013 segnala: «Uno dei piloti era un testimone di Ustica: riaperta l'inchiesta su aereo caduto nel '92. Si indaga per omicidio sulla morte di Alessandro Marcucci e del collega Silvio Lorenzini, precipitati con il loro velivolo anti-incendio sulle Alpi Apuane il 2 febbraio 1992. Marcucci era un ex pilota dell'aeronautica militare coinvolto come testimone nell'inchiesta per la strage del Dc9 Itavia. Clamorosa riapertura dell'inchiesta sull'incidente aereo di Campo Cecina del 2 febbraio 1992, quando i piloti Alessandro Marcucci e Silvio Lorenzini persero la vita cadendo con il loro velivolo anti-incendio, sulle Alpi Apuane. Il pm di Massa, Vito Bertoni indagherà per omicidio contro ignoti. A riportare l'attenzione sul caso, chiedendo la riapertura delle indagini, era stata l'associazione antimafia 'Rita Atria', che aveva presentato un esposto. Alessandro Marcucci era un ex pilota dell'aeronautica militare coinvolto come testimone nell'inchiesta per la strage di Ustica. Secondo l'associazione antimafia, l'incidente non fu causato da una condotta di volo azzardata, come sostennero i tecnici della commissione di inchiesta, ma probabilmente da una bomba al fosforo piazzata nel cruscotto dell'aereo».

La notizia d’attualità è legata a quella fornita il 31 marzo scorso dal quotidiano La Nuova Sardegna, a firma del bravo Piero Mannironi: «Si è aperto uno spiraglio. Una piccola, ma preziosa speranza di verità. La magistratura di Massa ripercorrerà i 26 anni di dubbi e di tormenti dei familiari del maresciallo dell'Aeronautica militare Mario Alberto Dettori, di Pattada, trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987, vicino al greto del fiume Ombrone, nel Grossettano. Dettori aveva solo 38 anni… Ma tre settimane dopo, quando venne ritrovato il Mig 23 libico sui monti della Sila, Dettori richiamò Ciancarella. Questa volta era calmo, lucido. «Mi disse che la storia del Mig era una puttanata - dice Ciancarella -. Poi mi diede tre spunti sui quali indagare: comandante, si guardi gli orari degli atterraggi dei jet militari la sera del 27 giugno, i missili a guida radar e quelli a testata inerte. Poi non lo sentii più».Ciancarella parlò con l’amico Marcucci che, sfruttando le sue conoscenze, cominciò anche lui a indagare sui segreti di Ustica. Un giorno disse a Marcucci che il Mig libico trovato sulla Sila era decollato dalla base italiana di Pratica di Mare e di conoscere due militari che sapevano tutto ed erano disposti a parlare con il magistrato che conduceva l’inchiesta.Dettori fu trovato impiccato nel marzo del 1987 e Marcucci morì in uno stranissimo incidente aereo in Toscana nel ’92».



Testimoni scomodi - In una parola eliminati con modalità dei servizi segreti. Non è fiction, ma la nuda e cruda realtà. Oltre una ventina le morti sospette. Anche il giudice Rosario Priore nella sua monumentale ordinanza-sentenza del 31 agosto 1999 aveva dedicato un capitolo speciale alle “morti misteriose”. Infarti, ‘suicidi’, omicidi, attentati, rapimenti, sparizioni, ma anche incidenti stradali e aerei. 




La strage di Ustica è costellata da una serie di morti misteriose di potenziali testimoni, depositari di rivelazioni esplosive. Sono più di una ventina le persone decedute - in circostanze nebulose - che avrebbero potuto fornire elementi utili per ricostruire ciò che avvenne la sera del 27 giugno 1980 sul Mar Tirreno. Ufficiosamente l’ultima vittima potrebbe essere Antonio Scarpa, generale dell’Aeronautica in pensione, deceduto il 2 dicembre 2010. Era stato trovato nella sua casa di Bari vecchia, ferito alla testa. Dal 27 settembre non aveva più ripreso conoscenza. Prim’ancora era toccato aMichele Landi, consulente informatico della Guardia di Finanza e del Sisde, nonché di alcune procure, trovato impiccato con le ginocchia sul divano la notte del 4 aprile 2002, nella sua casa di Montecelio di Guidonia. «Gli esami tossicologici effettuati dalla dr.ssa Costamagna» si legge nella richiesta di archiviazione del procedimento numero 2007/02  «evidenziavano una significativa concentrazione di alcool nel sangue cadaverico». Ben strano per un soggetto che decide di suicidarsi. L’allora colonnello delle Fiamme Gialle, Umberto Rapetto, l’8 aprile 2002 aveva dichiarato a verbale: «Non riesco assolutamente a spiegarmi i motivi di siffatto gesto. Landi ha sempre avuto un fare particolarmente gioioso ed equilibrato e costantemente positivo. Non soffriva assolutamente di depressione». In quei giorni in un’interrogazione parlamentare l’Ulivo chiese: «Perché il ministro dell’Interno Scajola ritiene il suicidio l’unica ipotesi?». Il caso è stato archiviato - con richiesta datata 18 novembre 2004 - dal procuratore capo presso la Procura della Repubblica di Tivoli, Claudio D’Angelo, e dal sostituto, Salvatore Scalera. Landi aveva confidato agli amici di essere a conoscenza di novità compromettenti su Ustica. Il magistrato Lorenzo Matassa, infatti, il 10 aprile 2002 aveva dichiarato agli inquirenti: «Michele Landi l’hanno suicidato i servizi segreti come storicamente in Italia sanno fare. Mi aveva riferito di sapere molte cose su Ustica». Non impossibile, visto che Landi aveva lavorato in passato sui sistemi di puntamento missilistici ed era stato in contatto con la società Catrin, la stessa con cui collaborava Davide Cervia, il tecnico di guerra elettronica, misteriosamente scomparso il 12 settembre ’90. 



Scrive il giudice Rosario Priore, a pagina 4.663 della suo atto istruttorio finale: «Questa inchiesta come s’è caratterizzata per la massa di inquinamenti così si distingue per il numero delle morti violente attribuite per più versi ad un qualche legame con essa, escludendo deduzioni di fantasia ed usando solo rigorosi parametri di fatto». 

Il tragico elenco si apre il 3 agosto 1980 con la morte del colonnello-pilota dell’Aeronautica militare Pierangelo Tedoldi, 41 anni, a seguito di incidente stradale sull’Aurelia e suo figlio David. Annota Priore: «All’ufficiale era stato assegnato il comando dell’aeroporto di Grosseto (competente sul sito radar di Poggio Ballone, ndr) in successione al colonnello Tacchio Nicola». Non emerge alcun collegamento diretto con Ustica, «a meno di non supporre»,  ribadisce Priore  «che in quell’aeroporto sussistessero ancora nell’agosto di quell’anno prove di una verità difforme da quella ufficiale; che quel colonnello ne fosse a venuto a conoscenza; che comunque egli non fosse persona affidabile nel senso che avrebbe potuto denunciarle all’Autorità Giudiziaria o alla pubblica opinione». 




Quando i magistrati inquirenti chiesero nell’88 l’elenco del personale in servizio la sera del 27 giugno 1980, si resero conto che erano stati omessi due nomi significativi: quelli del capitano Maurizio Gari e del marescialloAlberto Maria Dettori, entrambi in servizio quel giorno. Gari era il responsabile della sala radar del 21° Cram; Dettori aveva il compito invece di identificare i velivoli. Entrambi sono morti. Maurizio Gari, 32 anni, non affetto da cardiopatie, il 9 maggio 1981 è stato comunque stroncato da un infarto. Dettori, invece, fu trovato impiccato ad un albero 26 anni orsono. «Altra morte ‘strana’» commenta il giudice istruttore Priore a proposito di Gari. Dalle scarne conversazioni telefoniche rintracciate «si denota un particolare interessamento dell’ufficiale per l’incidente del Dc9 Itavia - argomenta Priore - Certamente la sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità all’inchiesta, anche sulla base di quanto accertato attraverso l’interpretazione dei dati radaristici e le tante scoperte sulla sala operativa da lui comandata, in cui quella sera prestavano servizio di certo il maresciallo guidacaccia De Giuseppe, e con ogni probabilità il maresciallo Dettori». 




Negli atti giudiziari, appunto, alla voce «decessi per i quali permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc 9 e la caduta del Mig» figura anche il ‘suicidio’ per impiccagione del maresciallo AM, MarioAlberto Dettori (39 anni). Il sottufficiale, infatti, fu trovato impiccato ad un albero il 31 marzo ’87 alle ore 16, sul greto del fiume Ombrone, dal collega Michele Casella, nei pressi di Grosseto. Dettori nell’80 era controllore di Difesa Aerea - assegnato al turno Delta - presso il 21° Cram di Poggio Ballone. Così  argomenta il giudice istruttore Priore: «Se ha visto quello che mostravano gli schermi di quel Cram, che aveva visione privilegiata su tanta parte della rotta del Dc 9 e di quanto attorno ad esso s’è consumato, se ne ha compreso la portata, al punto tale da confessare a chi gli era più vicino che quella sera s’era sfiorata la guerra, ben si può comprendere quanto grave fosse il peso che su di lui incombeva. E quindi che, in uno stato di depressione, si sia impiccato. O anche - dal momento che egli stava diffondendo le sue cognizioni, reali o immaginarie, e non fosse più possibile frenarlo - che sia stato impiccato». 

Il 26 novembre ’90, la moglie Carla Pacifici, riferiva al giudice Priore che «non riusciva a spiegarsi il suicidio, in quanto suo marito aveva una gran voglia di vivere»; così come «non riusciva a comprendere le ragioni per cui non era stata mai eseguita l’autopsia sul cadavere». 

La litania di delitti impuniti continua. Il 25 marzo 1982 viene assassinato il professor Aldo Semerari, collaboratore dei servizi segreti militari, a conoscenza di segreti devastanti sulla strage nel Tirreno. Poco dopo, il primo aprile, muore, in circostanze nebulose, la sua assistente, Maria Fiorella Carrara, anch’essa depositaria del segreto dei  segreti. 

Anche la morte del sindaco di Grosseto - in carica nel 1980 - Giovanni Battista Finetti, il 23 gennaio 1983, rientra nella lista degli scomparsi sospetti. Il sindaco grossetano perde la vita in un incidente stradale sulla statale Scansanese nel comune di Istia d’Ombrone. Finetti aveva raccolto le confidenze di alcuni ufficiali dell’arma azzurra, secondo cui due caccia italiani si erano levati in volo dalla base della città toscana per inseguire e abbattere un Mig libico

Il 28 agosto 1988, a Ramstein (Germania), una settimana prima di essere interrogati dal giudice Priore, durante un’esibizione aerea delle Frecce Tricolori, ufficialmente a causa di “un errore di manovra” muoiono due veterani: i colonnelli Mario Naldini, di 41 anni (4.350 ore di volo) e Ivo Nutarelli, di 38 anni (4.250 ore di volo). “Una tragica fatalità” per l’allora capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Franco Pisano. “Per quell’esercizio, il cardioide, le probabilità di collisione sono praticamente pari a zero” spiegò subito Diego Raineri, a quel tempo comandante della pattuglia acrobatica. Perfetti gli uomini, perfette le macchine, perfetto l’addestramento, calcolati i rischi: perché dunque è avvenuta la tragedia che ha mietuto, 59 morti e 368 feriti? I giornali Tageszeitung e Der Spiegelhanno ipotizzato un sabotaggio dei velivoli Aermacchi Mb 339, legato al precedente di Ustica. In effetti, Naldini e Nutarelli erano decollati la sera del 27 giugno ’80 da Grosseto a bordo di due F 104. Il loro caccia intercettore si alzò in volo alle 19,30 e tornò alla base alle 20,50, dieci minuti prima che il Dc 9 precipitasse. Che abbiano notato qualcosa che non dovevano vedere? «Di certo i due erano a conoscenza, come s’è dimostrato, di molteplici circostanze attinenti al Dc 9 e a quei velivoli che volavano in prossimità di esso» documenta Priore. L’imprenditore Andrea Toscani, interrogato dal giudice Priore ha rivelato le confessioni di Naldini. «Mario mi disse»: “Quella notte c’erano tre aerei. Uno autorizzato, due no. Li avevamo intercettati quando ci dissero di rientrare”.  

Sette anni prima, il 2 settembre 1981 a Rivolto (Udine), durante un’esercitazione moriva il colonnello Antonio Gallus, amico e collega degli ufficiali Naldini e Nutarelli. Si accingeva a fare importanti rivelazioni su Ustica. 

Il 20 marzo 1987, alle ore 19 viene assassinato a Roma con «dieci proiettili calibro 38 perforanti», attesta il rapporto della Polizia scientifica, il generale di squadra aerea Licio Giorgieri. Alle 19,40 giunge la rivendicazione dell’omicidio: «Il generale Licio Giorgieri era stato ucciso esclusivamente per le responsabilità da lui esercitate in seguito all’adesione italiana al progetto delle guerre stellari». Così si esprimevano i sedicenti terroristi dell’Unione combattenti comunisti, teleguidati dall’Intelligence anglo-americana. Il movente affidato al volantino venne però demolito pubblicamente da Giovanni Spadolini: «Giorgieri non aveva nessun rapporto diretto con l’iniziativa di difesa strategica. Il generale Giorgieri non apparteneva neanche al Comitato tecnico di controllo su tale impresa». Gli esperti di terrorismo lo definirono «un attentato anomalo». In realtà, all’epoca di Ustica, il generale triestino faceva parte dei vertici del Rai, il Registro aeronautico italiano, responsabile del quale era il generale Saverio Rana, «morto per infarto»: il primo a parlare di missili nell’imminenza della strage. Dell’omicidio Giorgeri si era occupato anche il giudice Santacroce (predecessore di Priore). Lo stesso Rana - che aveva ricevuto dall’amico Giorgieri tre fotocopie di tracciati radar - subito dopo la strage riferì al ministro Formica la presenza di un caccia vicino al Dc 9. 

Il 12 agosto ’88 muore il maresciallo del Sios, Ugo Zammarelli. Mentre passeggiava con un’amica sul lungomare di Gizzeria Marina, viene investito da una moto. Non viene effettuata alcuna autopsia. I suoi bagagli spariscono dall’albergo. Zammarelli in forza alla base Nato di Decimomannu, in Sardegna, non era in Calabria in vacanza, ma stava conducendo un’inchiesta personale sul Mig libico. 

Ancora una morte violenta: un altro maresciallo AM, Antonio Muzio, viene freddato con tre colpi di pistola al ventre, il primo febbraio ’91, a Pizzo Calabro. Nel 1980 era in servizio alla torre di controllo dell’aeroporto diLamezia Terme. Secondo Priore «il sottufficiale potrebbe essere venuto a conoscenza di fatti attinenti alla vicenda del Mig, di mene del capitano Inzolia e del maresciallo Molfa». Questi due carabinieri alla fine di giugno dell’80 cercavano un aereo militare sulla Sila.
  
Il 2 febbraio 1992, altra morte alquanto anomala, è quella del maresciallo dell’Arma azzurra, Antonio Pagliara. Rimase vittima dell’immancabile incidente stradale. Nell’80 era in servizio con funzioni di controllore di Difesa Aerea al 32° Cram di Otranto. Anche lui era in procinto di vuotare il sacco.

Sempre il 2 febbraio ’92, muore l’ex colonnello Sandro Marcucci, ufficialmente «a seguito di incidente aereo in un servizio di antincendio». Marcucci, 47 anni, pilota esperto, si schianta inspiegabilmente sulle Alpi Apuane col suo Piper. Nel 1980 era in servizio quale ufficiale pilota presso la 46ª Aerobrigata di Pisa. Soltanto 5 giorni prima Il Tirreno aveva pubblicato una sua intervista in cui aveva duramente attaccato il generale Zeno Tascio, comandante dell’aeroporto di Pisa dal ’76 al ’79, proprio sul caso della strage di Ustica. 

Il 12 gennaio 1993, è il turno di un personaggio parecchio scomodo. A Bruxelles viene assassinato a coltellate l’ex generale Roberto Boemio (58 anni). Il consulente dell’Alenia presso la NATO era un testimone chiave. Nel ’91, con buon anticipo aveva abbandonato l’Aeronautica. Le modalità dell’omicidio coinvolgono, secondo  la magistratura belga - che non ha ancora risolto il caso - i «servizi segreti internazionali». Secondo la ricostruzione del giudice Guy Laffineur «Gli aggressori si sono allontanati a bordo di una Ford Escort bianca, poi risultata rubata e alla quale era stata sostituita la targa». E’ stata tale circostanza a far pensare a un’azione ben preparata. Il delitto di Boemio rimane ancora un mistero. L’unica certezza è che l’alto ufficiale in pensione aveva cominciato a collaborare con la magistratura inquirente proprio sulla strage di Ustica. Non a caso, il suo nome compare tra i riscontri di innumerevoli contestazioni processuali fatte ai generali Bartolucci, Tascio, Ferri, Melillo. Proprio da Boemio, all’epoca della strage comandante della III Regione Aerea, dipendevano direttamente il Terzo Roc di Martinafranca in Puglia (nome in codice ‘Imaz’: cuore del sistema Nadge, di controllo USA) con le basi radaristiche di Jacotenente (Gargano), Marsala e Licola, coinvolte nell’allarme per la presenza di caccia non identificati nel cielo di Ustica e di una portaerei in navigazione nel Tirreno al momento dell’esplosione del Dc 9. Boemio s’era anche occupato di uno dei due Mig 23 fatti ritrovare da CIA E Sismi sulla Sila proprio il 18 luglio ’80, esattamente al termine di un’esercitazione aeronavale della NATO. Conclude il giudice Priore: 

«Sicuramente altra sua testimonianza inerente gli incidenti aerei in disamina, a seguito delle risultanze istruttorie emerse dopo le sue prime dichiarazioni, sarebbe risultata di grande utilità». Il generale Boemio conosceva i retroscena e poteva fornire elementi di prima mano. 

La tragica catena di morti sospette non si arresta. Infatti, il 2 novembre ’94 tocca a Giampaolo Totaro, 43 anni, ex ufficiale medico dell’Aeronautica Militare, dal 1976 all’84 in servizio presso la base delle Frecce Tricolori a Rivolto. Totaro è stato trovato impiccato accanto alla porta del bagno della sua abitazione. Ancora coincidenze. Innanzitutto gli anni trascorsi accanto agli amici Naldini, Nutarelli e Gallus. E poi la pubblicazione il 31 ottobre, prima del “suicidio” di varie rivelazioni che collegano Ustica alle Frecce e a Ramstein. Registra il referto giudiziario: «Le modalità dell’atto - la corda era attaccata a una sbarra poco più di un  metro di altezza - hanno indotto a qualche sospetto sulla realtà di un’azione suicidaria». 

Altro emblematico decesso. Il maresciallo dell’Aeronautica militare, Franco Parisi, 46 anni, fu trovato anche lui impiccato il 21 dicembre ’95, ad un albero alla periferia di Lecce. Nell’80 era controllore di Difesa Aerea nella sala operativa del 32° Cram di Otranto. Era di turno la mattina del 18 luglio ’80, quando sarebbe avvenuto il fantomatico incidente del Mig. Dichiara nell’ordinanza-sentenza il giudice Priore: «Erano emerse al tempo del suo primo esame testimoniale, nel settembre ’95, palesi contraddizioni nelle sue dichiarazioni, così come s’erano verificati incresciosi episodi con ogni probabilità di minacce nei suoi confronti». Citato a comparire una seconda volta, il 10 gennaio ’96, Parisi muore qualche giorno dopo aver ricevuto la convocazione giudiziaria. Nel novembre ’97 il Gip Vincenzo Scardia, aveva ordinato la riapertura del caso, che era stato archiviato in tutta fretta dal pm Nicola D’Amato, come ‘suicidio’. I familiari hanno sempre sollevato il sospetto che Franco Parisi ‘sia stato suicidato’. Il maresciallo fu bastonato? Fatto sta che i medici legali gli riscontrarono un’ematoma all’altezza della nuca, opportunamente fotografato dagli investigatori Digos di Lecce subito dopo il ritrovamento del cadavere. Tra gli aspetti oscuri dell’impiccagione, la compatibilità della lunghezza della corda trovata legata all’albero con la distanza dal suolo e la stessa altezza della vittima. Ma anche il rilasciamento dei muscoli del collo al quale era stretta la fune - è stato tale allorché il corpo del Parisi è stato lasciato penzolare nel vuoto - da far trovare il cadavere con i piedi poggiati per terra. Ci sono foto della polizia giudiziaria che lo confermano. 
«Come ben si vede analogie forti con il caso Dettori - argomenta il giudice Priore -. Entrambi marescialli controllori di sala operativa in un centro radar. Entrambi in servizio dinanzi al PPI, con funzioni delicatissime, rispettivamente la notte del 27 giugno e il mattino del 18 luglio. Venuti a conoscenza di fatti diversi dalle ricostruzioni ufficiali, rivelano la loro conoscenza in ambiti strettissimi, ma non al punto tale da non essere percepita da ambienti che li stringono od osteggiano anche in maniera pesante. E così ne restano soffocati».

Il delitto Ferraro - Roma, domenica 16 luglio 1995: via della Grande Muraglia Cinese 46. Il tenente colonnello dell’Esercito, Mario Ferraro, 46 anni, calabrese, distaccato al Sismi, esperto in informatica, traffici di armi, terrorismo internazionale, e segreti indicibili tra cui Ustica. Non ha alcun motivo per suicidarsi. La sua compagna Maria Antonietta nel tardo pomeriggio lo trova nel bagno di casa. Ferraro è impiccato inspiegabilmente con la cinghia dell’accappatoio, lunga poco più di un metro assicurata al tubo di un appendi asciugamano fissato al muro, a circa un metro e venti dal pavimento. La sua posizione è parecchio sospetta. Il fratello di Ferraro, Salvatore commenterà così ai giornalisti quello che ha visto: «Ho trovato Mario seduto per terra, aveva un’espressione serena, non quella di un uomo che ha compiuto un gesto disperato. L’avevo sentito al telefono venerdì, tre giorni prima: era tranquillo, non aveva manifestato alcuna apprensione». Parla anche Maria Antonietta: «Mario negli ultimi tempi era preoccupato, si sentiva pedinato. Quando era uscito per il gelato, ho sentito strani rumori, ero sul terrazzo, provenivano dall’ascensore del palazzo: lo scatto della fotocellula della porta si ripeteva a intervalli regolari per parecchi minuti, come se qualcuno cercasse di tenere aperta la porta dell’ascensore. Mario non può essersi suicidato». Parlando con i giornalisti, il procuratore capoMichele Coiro si lascia sfuggire che per lui la morte di Ferraro è un omicidio “vero e proprio”. Si indaga prima per suicidio, poi per omicidio. Il caso viene però archiviato su richiesta del pm Nello Rossi, dal Gip il primo ottobre 1999. Tuttavia, una delle quattro perizie ordinate dal pubblico ministero, evidenzia un’anomalia: la cinta dell’accappatoio con la quale si sarebbe tolto la vita Ferraro si sarebbe dovuta strappare, perché non avrebbe potuto resistere oltre i cinquanta chili di carico. Ferraro era un uomo robusto: pesava 86 chili, quindi ben oltre quel limite. Non è tutto. Sempre secondo la perizia meccanica le quattro viti a tassello che reggevano l’appendiasciugamano in ottone a cui Ferraro avrebbe assicurato la cinta, a poco più di un metro dal pavimento, sotto quel carico, avrebbero dovuto cedere, staccarsi dal muro. Invece Ferraro viene trovato quasi seduto a terra, con il collo leggermente reclinato, La cinta era intatta, l’ha tagliata Maria Antonietta nel disperato tentativo di salvargli la vita, e la staffa dell’appendi asciugamano era ancora salda alla parete. Anche la perizia istologica fa riferimento ad alcune stranezze: due ecchimosi sul collo, compatibili con un’azione di soffocamento, sono delle strozzature, pressioni eseguite in tempi diversi; mentre quella medico-legale e quella tossicologica parlano di suicidio. Anche Ferraro doveva essere interrogato sui fatti di Ustica.

Allora, chi uccide i testimoni scomodi? Il 26 dicembre ’95, i sedicenti ‘Nuclei per l’eliminazione fisica dei militari corrotti di Ustica’, depositano a Bologna, in via Saragozza, due bottiglie molotov sul pianerottolo del maresciallo AM, Giuseppe Caragliano, mai comparso nell’inchiesta sulla strage di Ustica, nell’80 in servizio al centro telecomunicazioni dello Stato Maggiore dell’arma azzurra. Un attentato annunciato da una serie di telefonate minatorie nell’abitazione del militare e alla questura di Bologna: “Andate in via Saragozza e fate sgomberare il palazzo dell’avvocato Leone, perché vogliamo far saltare in aria il maresciallo Caragliano”. Chi, se non gli apparati militari, potevano collegare Caragliano a Ustica, dal momento che tale legame non era mai stato ipotizzato neppure dagli inquirenti? E ancora: è soltanto un caso che l’attentato di Bologna arrivi a soli 5 giorni dalla notizia del “suicidio” del maresciallo Parisi? Che le minacce cominciano quando è nota ai soli investigatori la circostanza del ritrovamento nell’abitazione dell’ex generale dei carabinieri, al servizio del Sismi, Demetrio Cogliandrodell’archivio su Ustica? 


Conclude Priore nella sua sentenza-ordinanza: «Nei casi che restano si dovrà approfondire, giacchè appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati». 

Missili - Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Tirreno alla ricerca del relitto del Dc9. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer (controllata dai servizi segreti transalpini) scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma. I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi gli ordigni sono usati dai caccia dei Paesi occidentali e mediorientali (Israele). Uno di quei missili -ancora in fondo al mare, a 3600 metri di profondità- è stato lanciato contro il Dc9. Le ultime scoperte dei periti di parte civile hanno confermato senza ombra di dubbio che il Dc 9 è stato abbattuto da un missile. La prova è costituita da 31 sferule d’acciaio (diametro 3 millimetri) trovate in un foro vicino all’attacco del flap con la fusoliera. La loro presenza può essere spiegata con l’esplosione vicino alla parte anteriore dell’aereo della testa a frammentazione di un missile. 

Le 5.600 pagine di requisitoria del giudice Priore parlano di una operazione militare condotta da Paesi alleati della quale gli italiani sono stati testimoni diretti. Nei tracciati radar si vede addirittura un elicottero decollato dal mare, presumibilmente da una portaerei, giungere nella zona del disastro prima che arrivassero, con deliberato ritardo, i soccorsi.A poca distanza dal luogo di ammaraggio dell'aereo civile staziona l'unità militare italiana Vittorio veneto che però non presta alcun soccorso. L'ultima testimonianza è di un ufficiale di macchina da me scovato ed intervistato che ho prontamente segnalato - unitamente ad altri tre testomoni deglie venti (tre ex militari dell'Aeronautica militare, perseguitati dall'Arma azzurra) ai magistrati titolari presso la Procura della Repubblica di Roma, attualmente dell'inchiesta (Maria Monteleone ed Erminio Amelio). 

Che cosa si è voluto insabbiare con tanto accanimento?  «E’ una questione di dignità nazionale” argomenta Daria Bonfietti, “ma i governi italiani che fanno? La riforma dei servizi segreti, per dare maggiore libertà agli uomini dell’Intelligence, per consentirgli di fare quello che vogliono».  

Memorie offuscate - 2 milioni di atti e numerose perizie. Tutti assolti: ben 4 generali dell’Aeronautica - all’epoca il massimo vertice dell’arma azzurra - imputati con l’accusa di «attentato contro gli organi costituzionali»,Lamberto Bartolucci, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica; Zeno Tascio, all’epoca dei fatti, responsabile del servizio informazioni operative segrete (Sios); Corrado Melillo, ex capo del terzo reparto della Stato Maggiore Aeronautica e poi sottocapo di Stato Maggiore della Difesa; carica che nel 1980 ricopriva l’altro generale imputato, Franco Ferri. I quattro alti ufficiali, secondo l’accusa, «hanno omesso di riferire alle autorità politiche e giudiziarie, informazioni riguardo la possibile presenza di altri aerei di varie nazionalità (statunitensi, francesi, inglesi) e di una portaerei di nazionalità non accertabile con sicurezza» sulla rotta del Dc 9 Itavia la sera del disastro; hanno taciuto notizie riguardanti «l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo ed i risultati dell’analisi dei tracciati radar di Fiumicino-Ciampino e l’emergenza di circostanze di fatto non conciliabili con la caduta del Mig libico sulla Sila la mattina del 18 luglio 1980». Hanno inoltre fornito «informazioni errate» al fine di «impedire che potessero emergere responsabilità dell’Aeronautica Militare o di forze armate di Paesi alleati». Altri imputati erano i cosiddetti “007”: Francesco Pugliese, poi diventato generale, già capo di Civilavia; l’ex vicecapo del Sismi Nicola Fiorito De FalcoUmberto Alloro, Claudio Masci, l’ex responsabile della sezione controspionaggio del Sismi Pasquale Notarnicola e Bruno Bomprezzi. E’ intervenuta la prescrizione dei reati e la dichiarazione di non luogo a procedere per un’altra sessantina di altri ufficiali e sottufficiali italiani. “I quattro generali accusati in base all’articolo 289 del codice penale“, tuona l’ex senatrice Bonfietti, presidente dell’Associazione Familiari delle vittime di Ustica, “erano accusati di aver violato il loro dovere di fedeltà allo Stato, occultando le prove di un crimine. In nome di un’altra fedeltà ai loro occhi più grande e assoluta“. In altri termini, i militari avrebbero sistematicamente depistato le indagini e insabbiato le prove innalzando quello che è passato alla storia come Il muro di gomma reso ancora più inquietante dalla lunga catena di morti sospette tra i testimoni chiave.



Francia risponde alla rogatoria -  La Procura di Roma ha finalmente ottenuto dopo due anni risposte parziali riguardanti il traffico aereo la sera della tragedia: l’esecuzione di una esercitazione e la presenza di navi vicino alla zona in cui il velivolo precipitò. Intanto è stato ascoltato un pilota: "Vidi una flottiglia di navi".

A quasi 33 anni dalla strage di Ustica la nuova indagine sull’abbattimento del Dc9 dell’Itavia, che si portò via la vita di 81 passeggeri, tra cui 11 bambini, procede in silenzio. C’è una nuova testimonianza e dopo due anni la Francia ha risposto ad una rogatoria presentata dalla Procura della Repubblica di Roma per capire le “presenze” nei cieli e nel mare il 27 giugno 1980.

La rogatoria dalla Francia: traffico aereo e presenza navi. Le risposte alla richiesta di assistenza giudiziaria rivolte al governo francese ora sono al vaglio del procuratore aggiunto Maria Monteleone ed Erminio Amelio. Si tratta di una prima, voluminosa e parziale risposta alle domande degli inquirenti che attendono ora il completamento della fornitura di indicazioni. Tra i quesiti posti dai magistrati di piazzale Clodio, quelli riguardanti il traffico aereo la sera della tragedia: l’esecuzione di una esercitazione e la presenza di navi vicino alla zona in cui il velivolo precipitò. Quest’ ultima domanda assume particolare rilevanza anche alla luce della testimonianza di un pilota dell’Ati rintracciato per caso nelle ultime settimane, il quale ha riferito che la sera precedente il disastro sorvolò il largo di Ustica notando alcune navi tra cui una portaerei: circostanza, come riportato oggi da Repubblica, che potrebbe assumere un particolare rilievo. 

La nuova testimonianza di un pilota: “Vidi una flottiglia di navi”. “Sorvolai i cieli di Ustica al comando di un volo di linea Alitalia, il giorno prima e, ancora, qualche minuto prima che accadesse la tragedia - avrebbe raccontato il testimone al procuratore aggiunto Monteleone e al pm Amelio che hanno secretato il verbale -. Dopo alcuni minuti dal decollo dall’aeroporto di Palermo, sotto di me notai una flottiglia di navi: una che sembrava una portaerei e almeno altre tre-quattro imbarcazioni. Ho commentato con l’altro comandante questa presenza e quando seppi della tragedia pensai subito a quell’addensamento navale”. Un racconto “attendibile e circostanziato” secondo il giudice Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Cassazione. “Si integra perfettamente con quanto è stato accertato negli ultimi tempi ovvero con l’ipotesi di un missile partito da un aereo - ragiona il magistrato - Bisogna verificare la nazionalità della portaerei che si trovava nelle acque territoriali italiane. Non si può escludere che proprio dalla portarerei sia partito il Mig libico che si è poi abbattuto in Sila” sottolinea Imposimato, che della vicenda di Ustica si occupò tra il 1987 e il 1992, come membro del Copaco, il Comitato parlamentare di controllo dei Servizi segreti. “Attendiamo le indagini dei magistrati romani e le verifiche spero solo che non vengano apposti segreti di Stato. Questo bloccherebbe ancora una volta le indagini per accertare la verità. Ustica è ancora una ferita aperta”.

La tesi del missile è ormai stata certificata da una sentenza passata in giudicato; quella della Cassazione nel giudizio civile che ha visto lo Stato condannato a risarcire le famiglie delle vittime. Secondo i supremi giudici l’aereo fu abbattuto da un missile. L’inchiesta della procura di Roma è ripartita alcuni anni fa grazie alle dichiarazioni di Francesco Cossiga il quale disse di sapere che “c’era un aereo francese che si mise sotto il Dc 9 Itavia e lanciò un missile per sbaglio”.
di Gianni Lannes