22 settembre 2013

Mala tempora currunt








Tutti coloro fortemente convinti del fatto che l'Italia avesse toccato il fondo durante lo scorso autunno, quando il governo golpista di Mario Monti, dopo avere dissanguato il paese, si apprestava ad esalare l'ultimo respiro, devono avere ormai compreso come in realtà al peggio non ci sia mai fine ed esista sempre un buco più profondo nel quale sprofondare.
L'accanimento terapeutico con il quale il circo mediatico tenta di mantenere in vita il fantasma di Berlusconi, unitamente alle migliaia di pagine dedicate alle diatribe, in perfetto stile mafioso, che intercorrono all'interno del PD ed alla spettacolarizzazione di qualsiasi litigio da bar dello sport che abbia fra i protagonisti qualche esponente del bestiario politico nostrano, dimostrano inequivocabilmente come l'ordine impartito alla scuderia del mainstream sia in fondo uno solo. Nascondere la spazzatura sotto il tappeto ed inebetire il cervello (o quel che ne resta) degli italiani con un chiacchiericcio petulante, commisto ad alte dosi di disinformazione urlata, fino ad ottenere l'effetto cacofonico voluto....


Gli italiani devono continuare a vivere nel proprio mondo di fantasia, all'interno del quale scannarsi (metaforicamente) nell'attaccare o difendere il salapuzio di Arcore, quasi ne andasse della loro vita. Devono continuare a sentirsi di destra o di sinistra, attori di un mondo dicotomo dove gli altri sono sempre i "cattivi" e loro i "buoni". Devono vivere nel profondo convincimento che Enrico Letta guidi realmente il paese ed abbia titolo per decidere del loro futuro, per abbassare o alzare le tasse e prendere le decisioni economiche. Devono restare convinti del fatto che la loro crocetta conti veramente qualcosa, che il progetto europeo sia stato imbastito per il bene dei popoli, che a regolare le loro vite ci sia una carta chiamata Costituzione e che prima o poi sarà possibile scorgere una luce in fondo a quel tunnel che la TV chiama crisi.

Non esiste alcuno spazio per la realtà e agli italiani deve essere impedito con ogni mezzo di alzare il tappeto per guardare cosa c'è sotto. Potrebbero trovarci il progetto della nuova società globalizzata e mondialista, dove i governi servono a tavola una portata unica ed uguale per tutti, cucinata a Bruxelles ed a Washington. Potrebbero scoprire che Berlusconi, Letta, Renzi, Monti e qualsiasi altro mestierante della politica, non sono altro che marionette prive di qualsiasi potere che prescinda dal recitare il loro copione e rimpinguare il proprio conto in banca. Potrebbero realizzare che dopo l'esproprio coatto della sovranità nazionale, inizieranno gli espropri altrettanto coatti dei beni famigliari, perché nel mondo che verrà ( e sta arrivando a grandi falcate) ci sarà posto per due sole categorie: gli schiavi e coloro che usano la frusta, con pochissime fruste ed una moltitudine di schiene sanguinanti.

Molto meglio il mondo di fantasia, vissuto all'insegna dei facili convincimenti e con gli occhi fissi allo specchietto retrovisore. Ci sarà tempo per guardare avanti, quando le catene saranno strette per bene e non sarà più possibile alcun movimento.
 

di Marco Cedolin 

21 settembre 2013

L'Islanda non vuole più l'Europa, chiusi i negoziati con l'Ue





Il governo islandese sospende a tempo indeterminato le trattative per l'ingresso del paese nell'Unione europea. Lo stop ai colloqui di adesione ed un generale rifiuto delle politiche di austerità europee sono state il cavallo di battaglia della coalizione vincitrice durante la campagna elettorale e la promessa agli elettori e' stata mantenuta.

Islanda no Ue
A partire dal 12 settembre i negoziati per l’ingresso dell’isola all’interno della Ue sono ufficialmente sospesi a tempo indeterminato
L’Islanda e l’Europa si allontanano. Non geograficamente, s’intende: l’isoletta spersa nel mare del Nord resta sempre lì, a circa 1500 chilometri dalla Gran Bretagna. Ma politicamente, quello sì. Dall’interno dell’Althingi, il parlamento islandese, Bragi Sveinsson, ministro degli Esteri della coalizione di centro-destra al governo da aprile, ha messo un freno alla procedura di adesione dell’Isola all’Unione europea.
A partire dal 12 settembre i negoziati per l’ingresso dell’isola all’interno della Ue sono ufficialmente sospesi a tempo indeterminato. Lo stop ai colloqui di adesione ed un generale rifiuto delle politiche di austerità europee erano stato il cavallo di battaglia dei vincitori durante la campagna elettorale e la promessa agli elettori è stata mantenuta.
I negoziati non erano mai stati facili: c'erano alcune questioni spinose sulle quali l'isola avrebbe dovuto fare delle concessioni economiche a Bruxelles. L’Europa chiedeva all’Islanda di aderire alle normative europee relativamente a 30 punti, fra cui figuravano la libera circolazione di capitali, la politica economica e monetaria, le politiche di pesca e di sviluppo agricolo e rurale. Tutti punti su cui gli islandesi non sono più disposti a negoziare. Non dopo la crisi e le rivolte.
E poi c’era la denuncia pendente alla Corte di giustizia Ue per la bancarotta del 2008. E la questione del debito Icesave, per la quale l’Ue si era schierata a spada tratta a fianco di Inghilterra ed Olanda nel pretendere che il debito contratto dalla Landsbanki, banca privata ripubblicizzata in seguito alla crisi, venisse socializzato e gravasse sulle spalle dell’intera popolazione isolana.
La vittoria della coalizione di centro-destra alle ultime elezioni è passata anche, soprattutto, per la diffidenza degli islandesi nei confronti dell’Unione. Quella sovranità popolare che gli isolani si sono ripresi di fatto dopo la crisi, con le proteste prolungate che hanno portato alla caduta del governo nel 2009 ed il rifiuto di socializzare un debito ingiusto contratto da banche private, non verrà certo ceduta di nuovo in favore di Bruxelles.
Certo, è strano che a prendere questo genere di decisioni siano gli stessi partiti – e in parte gli stessi soggetti – che condussero il paese sull’orlo del baratro nel 2008. Ed il rischio che la questione europea venga strumentalizzata c’è. Ad esempio rischia di passare inosservato il fatto che, a distanza di quasi un anno, la nuova costituzione partecipata, simbolo stesso della “nuova Islanda”, approvata con un referendum dal popolo islandese nell’ottobre 2012, non abbia ancora passato il vaglio dell’Althingi. “Quale sarà il suo destino?”, si chiedono in molti; riuscirà mai ad entrare in vigore?

Tuttavia la decisione di sospendere i negoziati per entrare a far parte dell’Unione non può non essere condivisa. Nell’ottica degli islandesi, entrare in Europa rappresenterebbe una nuova fuga del potere e della sovranitàverso l’alto, verso luoghi distanti chilometri e chilometri di oceano. Una fuga che gli islandesi non vogliono permettere.
di Andrea Degl'Innocenti 

20 settembre 2013

Gli Stati Uniti giocano a monopoli, la Russia a scacchi




Gli Americani guardano ai vari pezzi del patrimonio immobiliare geopolitico come oggetti distinti l’uno dall’altro, mentre i Russi seguono l’interazione di tutte le loro sfere di interesse nel mondo. 

La Siria non è di alcun interesse strategico per la Russia e per altri. E’ un rottame di paese, con un economia irrimediabilmente compromessa, senza energia, acqua o cibo sufficienti da poter sostenere una fattibilità economica a lungo termine. 

Il miscuglio etnico lasciato dai cartografi britannici e francesi dopo la prima guerra mondiale, ha inevitabilmente prodotto, in seguito, una guerra di reciproco sterminio, che poteva avere come unico risultato il forte calo demografico e la spartizione territoriale sul modello iugoslavo. 



La sola importanza che ha la Siria risiede nella minaccia che la sua crisi possa debordare nelle aree limitrofe di maggiore importanza strategica. 

Vivaio di movimenti jihad, la Siria rischia di diventare terreno di addestramento di una nuova generazione di terroristi, lo stesso ruolo che ebbe l’Afghanistan negli anni ’90 e 2000.

Banco di prova per l’utilizzo di armi di distruzione di massa, la Siria rappresenta un laboratorio diplomatico, per verificare, con minimo rischio per le parti in causa, la risposta dei poteri mondiali ad atroci azioni criminali. 

E’ inoltre un’incubatrice di movimenti nazionali: esempio, la nuova libertà di azione conquistata dai due milioni di curdi nel paese rappresenta uno strumento di destabilizzazione per la Turchia e di altri paesi che hanno al loro interno minoranze curde. Inoltre, come fosse un ponte di comando per le guerre confessionali tra sunniti e sciiti, la Siria potrebbe diventare il trampolino di lancio per conflitti più estesi che potrebbero riguardare l’Iraq ed altri paesi dell’area. 

Io non so cosa cerchi Putin in Siria. A questo punto penso che il Presidente della Russia non lo sappia neanche lui. Un bravo giocatore di scacchi che si mette contro un avversario a lui inferiore, creerebbe delle complicazione senza un immediato obiettivo strategico, per provocare sbandamenti dell’altra parte e trarne vantaggi opportunistici. 

Ci sono molte cose che Putin vuole. Ma più di tutte, ce n’e’ una grossa a cui ambisce, e cioè ripristinare il ruolo di superpotenza della Russia. Ed il ruolo diplomatico della Russia in Siria apre la porta a diverse opzioni per il raggiungimento di questo scopo. 

Come maggioer produttore mondiale di energia, la Russia vuole accrescere il suo potere contrattuale verso l’Europa Occidentale, della quale è anche il maggior fornitore. 

Vuole influenzare il mercato del gas naturale prodotto da Israele e altri paesi del Mediterraneo orientale. 

Vuole che altri paesi produttori di energia diventino suoi dipendenti per quanto riguarda la sicurezza delle loro esportazioni. Vuole accrescere il suo ruolo di fornitore di attrezzature militari per sfidare gli F-35 e gli F-22 Americani specialmente con il suo nuovo caccia Sukhoi T-50. 

Vuole carta bianca nel controllo del terrorismo tra le minoranze musulmane nel Caucaso. 

E vuole mantenere la sua posizione d’influenza con la vicina Asia Centrale.

Alcuni commentatori americani si sono mostrati sorpresi e in alcuni casi sconvolti dalla pretesa della Russia di ergersi ad arbitro della crisi siriana. In effetti, il ruolo sempre più influente della Russia nell’area era già chiaro al momento in cui il Capo dell’Intelligence Saudita, il Principe Bandar, era volato a Mosca durante la prima settimana di Agosto per incontrare Putin. 

I Russi e i Sauditi hanno poi annunciato che avrebbero collaborato per stabilizzare il nuovo governo militare in Egitto, al contrario dell’amministrazione Obama. 
La Russia si è poi offerta di vendere all’Egitto qualsiasi arma che gli U.S.A. non gli avrebbe venduto, e l’Arabia Saudita si è offerta di pagarla.

E’ stata una vera rivoluzione diplomatica (1) senza precedenti. Non solo i Russi sono tornati in Egitto dopo 40 anni, dopo essere stati da lì cacciati durante la seconda guerra mondiale; ma ci sono tornati con un’alleanza tattica insieme all’Arabia Saudita, fino ad allora nemico storico nell’area.

L’Arabia Saudita ha un urgente bisogno di dare stabilità all’Egitto e di sopprimere i Fratelli Musulmani, che la monarchia saudita vede come un rischio alla sua legittimazione. 

Il sostegno Saudita all’esercito egiziano contro i Fratelli non deve sorprendere. Quello che invece sorprende è che i Sauditi abbiano sentito il bisogno di coinvolgere i Russi.

Benché ci siano delle ovvie ragioni di collaborazione tra Sauditi e Russi, ad esempio il controllo degli jihad all’interno dell’opposizione siriana, non si riescono ancora a capire tutte le implicazioni del loro riavvicinamento.

I Sauditi hanno fatto circolare la notizia che gli era stato chiesto dai Russi di comprare armi russe per un valore di $15 miliardi in cambio dell’aiuto con Assad. Voci di questo tipo non andrebbero prese alla lettera. Potrebbero essere fuorvianti. Ma fuorvianti verso cosa? 

La scacchiera di Putin comprende tutto il pianeta. Comprende cose come la sicurezza delle esportazioni di energia dal Golfo Persico, la trasmissione di petrolio e gas attraverso l’Asia Centrale; il mercato delle esportazioni di armi russe; contrattazioni energetiche tra Russia e Cina, ora in corso; la vulnerabilità delle forniture energetiche europee; e la stabilità interna di paesi limitrofi, compresa la Turchia, l’Iraq e l’Iran.

Per gli analisti americani, la gran parte di questa scacchiera potrebbe essere pure sul lato oscuro della luna. Noi vediamo solo quello che i russi ci permettono di vedere. 

Ad esempio, Mosca è stata la prima a offrire alla Siria un sistema di difesa aereo (S-300), ma poi ritirò l’offerta. Nei primi giorni di Agosto l’Arabia Saudita fece sapere che era pronta ad acquistare le armi russe del valore di 15 miliardi di dollari in cambio di supporto in Siria. E’ in corso quindi una trattativa di qualche tipo, ma non abbiamo alcuna idea di quanti e quali “bastoni e carote” essa comporti.

Quello che possiamo certamente desumere è che la Russia ha ora una maggiore influenza negli avvenimenti in Medio Oriente, compresa la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, cosa che ha sempre avuto fino dalla Guerra dello Yom Kippur del 1973. Per il momento, è negli interessi della Russia mantenere questo suo ruolo interlocutorio e far accrescere, nel frattempo, le sue varie opzioni strategiche. La Russia, in effetti, si è liberata del fardello dell’incertezza, scaricandolo addosso al resto del mondo, in particolare su quelle grandi economie che dipendono fortemente dalle esportazioni di energia dal Golfo Persico.

Evidentemente il Presidente Obama considera questa sistemazione favorevole per la sua “agenda”. Il Presidente non alcun interesse a promuovere ulteriormente nel mondo le posizioni strategiche dell’America; il suo scopo potrebbe forse essere quello di diminuirlo, come ha accusato Norman Podhoretz (2) la settimana scorsa sul Wall Street Journal, e come io stesso anticipai cinque anni fa (3). Obama è concentrato sulla sua agenda interna. 

Da questo punto di vista, scaricarsi la responsabilità del caos siriano è un esercizio semplice e senza alcun rischio. L’avversione degli americani per gli interventi militari esterni è talmente forte che accetterebbero qualsiasi cosa pur di ridurre la responsabilità statunitense all’estero. Anche se l’élite del Partito Democratico è internazionalista-liberale, l’elettorato di Obama non ha alcun interesse alla Siria.

Date le circostanze, i commenti pubblici sulla politica estera sono invece un esercizio altamente frustrante. Poichè l’America è una democrazia, e un importante impegno di risorse richiede un minimo di consenso pubblico, e finchè l’America ha dominato il campo, la diplomazia è stata piuttosto trasparente. Gruppi di studio, accademici e mezzi d’informazione fungevano da casse di risonanza per qualsiasi iniziativa importante, in modo che le decisioni cruciali fossero prese, almeno in parte, con il consenso del pubblico. Questo non accadrà sulla scacchiera di Vladimir Putin. La Russia perseguirà una serie di obbiettivi strategici, ma noi, occidentali, non sapremo quali fino a cose fatte, se mai lo sapremo davvero. 

Complicazioni potrebbero giungere dalla risposta degli altri “giocatori” possibili, in particolare, la Cina, ma anche il Giappone. L’auto-riduzione da parte dell’America della propria posizione strategica consente alla Russia di poter scegliere tra più opzioni, non solo una. Al contrario, la Russia può veder crescere la sua posizione e i suoi obiettivi strategici tra cui scegliere liberamente. E Putin, seduto, in silenzio, su un lato della scacchiera, farà andare l’orologio per la mossa del suo avversario. 

Putin, agendo in questo modo, ha prevenuto una simile strategia da parte dell’Occidente. Fyodor Lukanov (4) ha scritto in Marzo scorso sul sito Al Monitor: 

Dal punto di vista della leadership russa, la guerra in Iraq sembra essere stata l’inizio di un’accelerata distruzione della stabilità regionale e globale, un attacco agli ultimi principi di un ordine mondiale sostenibile. Tutto quello che è accaduto da allora - compreso il simpatizzare con gli Islamisti durante la Primavera Araba, le politiche statunitensi in Libia e quelle attuali in Siria – sono la prova della follia strategica che si è impossessata dell’ultima superpotenza rimasta.

La persistenza della Russia nel problema siriano è il prodotto di questa percezione. Il punto non è la simpatia per il dittatore siriano, tantomeno gli interessi commerciali e neanche le basi navali a Tartus.

Mosca è certa che se il continuo crollo dei regimi autoritari secolari avviene perchè l’America e l’Occidente sostengono la “democrazia”, si arriverà a un punto di tale destabilizzazione che tutti ne verranno compromessi, Russia compresa. Per la Russia è quindi necessario resistere, soprattutto in un momento in cui l’Occidente e gli Stati Uniti sono colti da dubbi crescenti.


E’ tipico dei Russi pensare che gli Americani pensano nel modo in cui agiscono, valutando ogni mossa nella misura in cui questa possa influenzare la loro posizione generale sulla scacchiera. La nozione che è l’incompetenza, più che la cospirazione, che spiega la maggior parte delle azioni americane è piuttosto estranea al pensiero russo. Qualsiasi cosa stia pensando il leader russo, in ogni caso, se la terrà per se stesso.

Dopo dodici anni di articoli di politica estera in quest’area, non ho davvero altro da dire. L’Amministrazione Obama ha consegnato l’iniziativa strategica nelle mani di paesi in cui le politiche vengono portate avanti notoriamente dietro un muro di opacità. Mi vengono in mente le parole di Robert Frost:

E per le brutte notizie, 
della destituzione di Belshazzar,
Perché mai correre a dirlo a Belshazzar 
se presto lo saprà lui stesso?


O una vecchia scenetta del primo Robin Williams che impersonava Jimmy Carter in un suo discorso alla nazione nell’imminenza della Terza Guerra Mondiale: “E’ tutto, buona notte, ora ve la vedete voi”.


di David P Goldman

Spengler è trasmesso da David P Goldman, Ricercatore Emerito al Centro di Ricerche Politiche di Londra, e Membro Associato del Forum sul Medio Oriente. Il suo libro: Come muoiono le civiltà (e perchè anche l’Islam sta morendo) è stato pubblicato da Regnery Press nel Settembre del 2011. Un suo volume di saggi su cultura, religione ed economia, Non è la fine del mondo, è solo la tua fine, è stato pubblicato nello stesso periodo da Van Praag Press.

Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-01-160913.html
16.09.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

18 settembre 2013

Il dollaro e la crisi siriana







254627L’iniziativa di Mosca di trasferire le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale, ha influenzato positivamente gli Stati Uniti, che prevedevano di lanciare un’aggressione contro la Siria. Nel frattempo, il successo diplomatico porterà solo a una pace temporanea in Medio Oriente, poiché Washington, in ultima analisi, non metterà da parte i suoi piani ostili. Da un lato, l’opinione pubblica è fortemente contraria ai piani d’intervento degli USA, ed è un fattore che conta. Questo è ciò che dovrebbe essere preso in considerazione: a) secondo i sondaggi, oltre il 70 per cento degli statunitensi sono contro i piani d’attacco di Obama. b) L’opinione pubblica mondiale vede l’iniziativa della Russia come una via d’uscita dalla pericolosa situazione di stallo. È sbalorditivo come gli USA giochino con il fuoco in una regione chiamata la “polveriera” del mondo. Non dimentichiamo che Ban Ki-Moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha fatto una dichiarazione ufficiale a sostegno della proposta della Russia.
D’altra parte, gli Stati Uniti conservano ancora l’inesorabile desiderio di lanciare un attacco. Ma è una strada sconnessa con molti ostacoli. Com’è noto, l’attacco chimico del 21 agosto nella periferia di Damasco, non è stato perpetrato dall’esercito regolare siriano, ma piuttosto dai suoi nemici. Ci sono stati altri casi in cui le armi chimiche furono utilizzate dalle bande armate. Questo è ciò che la relazione di 100 pagine della Russia sull’attacco chimico a Khan al-Assal, vicino Aleppo, dice. L’attacco avvenne il 19 marzo, nella parte settentrionale del Paese. La relazione è stata presentata alle Nazioni Unite. A maggio, l’inquirente dell’ONU Carla Del Ponte aveva detto che c’erano forti sospetti che i ribelli siriani avessero usato gas nervino sarin. Ci sono ragioni per credere che gli attacchi possano essere ripetuti. Le provocazioni perseguono lo stesso obiettivo, forniscono a Stati Uniti, Francia e agli altri Stati della coalizione anti-Siria, che possiedono enormi arsenali chimici, una giustificazione per avanzare le richieste per un ulteriore disarmo unilaterale di Damasco, minacciando un attacco con il pretesto della “lotta al terrorismo”. Ma le armi chimiche non sono l’unico deterrente della Siria contro un intervento.
Per esempio, le forze per le operazioni speciali siriane sono pronte ad essere utilizzate negli Stati Uniti, il risultato può andare al di là di ogni più inverosimile aspettativa. Secondo il Ministero della Difesa della Siria, centinaia di soldati per le operazioni speciali dell’esercito siriano, sono attualmente situati nel territorio degli Stati Uniti. Tutti i combattenti sono raggruppati in unità di 3-7 elementi impiegati dalle forze speciali siriane “al-Qassam”, e sottoposti a un addestramento completo. Sono abilitati ad effettuare operazioni di sabotaggio negli Stati Uniti. Gli obiettivi potenziali che possono essere danneggiati comprendono ferrovie, centrali elettriche, acquedotti, terminali petroliferi e del gas, e obiettivi militari, per lo più basi aeree e navali. Una fonte ha detto che la leadership siriana ha scelto questa strategia, basandosi sulle esperienze delle guerre in Jugoslavia, Iraq e Libia, dove l’aggressione si rifletté nella posizione difensiva di questi Paesi, destinata al fallimento. Le forze speciali siriane hanno una ricca esperienza, avendo affinato le loro capacità nelle guerre contro Israele, e nelle azioni di combattimento che si svolgono in Libano e in Siria. I soldati non devono andare negli Stati Uniti, per causargli gravi danni. La collaborazione con squadre per operazioni speciali iraniane, farà aumentare immensamente l’efficacia delle operazioni in dimensioni, numeri e perdite economiche. Tali forze possono colpire gli interessi statunitensi in Israele, Turchia, Arabia Saudita, ecc.
L’Arabia Saudita è uno dei guerrafondai più attivi. Non senza ragione è preoccupata dalla prospettiva dei disordini sciiti, diventati imminenti di recente. Gli sciiti costituiscono il 15 per cento della popolazione, ma nutrono forti sentimenti filo-iraniani (con il sostegno di altri sciiti che costituiscono la maggioranza della popolazione in Iraq, Bahrein e delle grandi comunità sciite in Libano). La maggior parte degli sciiti sauditi si concentra a Qasa, sulle rive del Golfo Persico, dove si trova il maggiore giacimento di petrolio del Paese. L’Egitto è anch’esso una sorta di deterrente. Si sta preparando al braccio di ferro tra il governo e gli islamisti supportati da Ankara. Un intervento contro la Siria potrebbe provocare la guerra civile in Egitto, bloccando il traffico di petroliere nel canale di Suez. Per circumnavigare l’Africa occorrono oltre due settimane. La rotta della Russia settentrionale è il percorso più breve che colleghi i principali poli economici del pianeta (Europa occidentale, Nord America e Sud-Est asiatico), ma non è ancora pronto ad affrontare un compito di questa portata. Nel caso in cui l’attacco contro la Siria venga effettuato, sorgeranno problemi anche per i prezzi del petrolio, che inesorabilmente saliranno, e il dollaro non sarà più la valuta di riserva mondiale: nella prima metà del 2013 Iran, Australia e cinque dei dieci leader economici mondiali, tra cui Cina, Giappone, India e Russia, hanno deciso di abbandonare l’uso del dollaro per le transazioni commerciali internazionali. Mosca, il più grande esportatore di petrolio, e Pechino, il primo importatore mondiale di petrolio, sono pronte a rimuovere il dollaro come valuta di scambio del petrolio, in qualsiasi momento. Ciò costituisce una grave minaccia per gli Stati Uniti d’America. Perciò l’intenzione di intervenire contro la Siria appare un tentativo per rimandare il crollo della valuta statunitense. Non è un caso che l’aggravamento della situazione in Siria coincida con il rinvio del dibattito sul default negli Stati Uniti, da febbraio a questo autunno. Non è la democrazia in Siria che suscita grande preoccupazione a Washington, ma piuttosto il tetto del debito, il problema che può trasformare gli Stati Uniti in uno “stato fallito”…

di Nikolaj Malishevskij 
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

17 settembre 2013

Craxi e i comici silenzi-dissensi di Giuliano Amato

  


Questa 'stroncatura', a suo modo preveggente, di Giuliano Amato è stata scritta nel gennaio del 2007 sul mensile 'Giudizio Universale'.

La prima volta che vidi Giuliano Amato fu a un dibattito televisivo agli inizi degli anni Ottanta. Accesi la Tv proprio mentre diceva: «Io parlo uno splendido italiano». Poichè eravamo ancora molto lontani dall'era delle volgarità berlusconiane mi colpi' la prosopopea di questo professorino allora totalmente sconosciuto ai più e ai meno perchè, benchè ordinario dal 1975 di Diritto costituzionale comparato alla Sapienza, non aveva pubblicato nulla, com'è ormai usanza dei nostri docenti universitari, da Panebianco a Della Loggia. Questa alta considerazione di sé la si ritrova in una recente minibiografia autorizzata dove Amato si fa descrivere cosi': «Uomo politico, noto per la sua leggendaria intelligenza e raro acume nell'esaminare gli eventi». In realtà è uno straordinario specialista di surfing politico. Parte come «psiuppino», cioè all'estrema sinistra, al di là dello stesso Pci, ma quando il Psi riformista comincia la sua scalata al potere entra nelle sue file e, nel 1983, si fa eleggere deputato. Prima è oppositore di Craxi ma allorchè il segretario del Psi, divenuto premier, gli offre il posto di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ne diventa uno dei più fedeli 'consigliori'. Quando il Psi, sotto le mazzate di Mani pulite, crolla, non si schiera con Craxi ma nemmeno contro. Semplicemente diserta e si rifugia nella villa di Ansedonia a giocare a tennis con Giuseppe Tamburrano, e a curare gli 'amati studi' dove continua a non produrre assolutamente nulla. Dopo una lucrosa parentesi come presidente dell'Antitrust sarà pronto per diventare uno dei più eccellenti e potenti riciclati della Seconda Repubblica, essendo stato uno dei disastrosi protagonisti della Prima.
E' uno Svicolone nato, come il pavido leone di un famoso cartoon. Ma più che a un leone, per quanto imbelle, somiglia a un'anguilla. I suoi ragionamenti sono cosi' sottili, ma cosi' sottili da essere prudentemente impalpabili e quasi invisibili. Esilaranti sono i suoi rapporti col lider màximo del Psi come lui stesso li ha raccontati in un'intervista, a Craxi morto. Quando Amato era d'accordo col Capo esprimeva il suo incondizionato assenso, quando non lo era restava muto. Ha chiosato Rino Formica, un altro socialista che ha pero' avuto la decenza di ritirarsi a vita privata: «Quel passaggio sul silenzio-dissenso è assolutamente strepitoso...Se Amato era d'accordo esprimeva liberamente il suo consenso. Se invece affiorava un'increspatura, non dico un dissenso, ma anche una piccola perplessità, un dubbio, un trasalimento, Amato che faceva? Non si agitava, non parlava, si esprimeva in silenzio. Ma non un silenzio qualunque. No, un silenzio operoso. E Craxi capiva: se Giuliano sta zitto vuol dire che dissente. Metafisica pura».
Come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Craxi (1983-1987) e come ministro del Tesoro dal 1987 al 1989 nei governi Goria e De Mita, Giuliano Amato è stato protagonista in prima persona del sacco delle casse dello Stato perpetrato negli anni Ottanta, che ci ha regalato quasi due milioni di miliardi di debito pubblico in vecchie lire che ancora ci pesano sul groppone e per i quali l'Unione europea continua a strigliarci chiedendoci sempre nuovi sacrifici. Ma è sempre lo stesso Amato, lui même, divenuto nel 1992 premier, perchè Craxi è azzoppato dalle inchieste giudiziarie, che, per rattoppare in qualche modo la bancarotta che ha contribuito a creare, si introduce nottetempo, come un ladro che risalga da una fogna, nelle banche per prelevare i quattrini dai conti correnti dei cittadini, fatto inaudito nella storia di uno Stato di diritto. Il suo «raro acume nell'esaminare gli eventi» non gli servirà per percepire cio' che individui dotati di una intelligenza meno «leggendaria» hanno già capito da un pezzo, e cioè che la Prima Repubblica è sull'orlo di un crollo da cui lo stesso Amato, almeno per il momento, sarà travolto.
Molto disinvolto con i quattrini altrui, Giuliano Amato è attentissimo ai suoi. Guido Gerosa mi ha raccontato che durante le temperie di Tangentopoli Craxi invio' Amato a Milano per mettere un po' d'ordine fra i compagni. Il 'Dottor Sottile' invito' a cena i parlamentari lombardi, fra cui Gerosa, nel solito lussosissimo e costosissimo ristorante che i socialisti frequentavano all'epoca della 'Milano da bere', tanto pagava il partito, cioè il contribuente con i soldi che il Psi, insieme agli altri, gli taglieggiava. Ma alla fine di questa cena, fra la costernazione generale, annuncio': «Si fa alla romana». Le casse del Psi, saccheggiate da Craxi & co., erano vuote. Sarebbe quindi toccato al proconsole Amato pagare di tasca sua. E non era cosa.
di Massimo Fini 

14 settembre 2013

Un'altra crisi finanziaria se i Paesi ricchi non alleggeriranno la dipendenza dalla liquidità



Un'altra crisi finanziaria incomberà se i Paesi ricchi non alleggeriranno la propria dipendenza dalle iniezioni di liquidità





Appena la gente ha cominciato a pensare che la situazione nei paesi ricchi fosse diventata più tranquilla – anche se non proprio più brillante – le cose sono andate decisamente peggio, con più volantilità, nelle economie dei cosiddetti “mercati emergenti”. Al momento al centro dell’attenzione (suo malgrado) c’è l’India, che sta vedendo un rapido deflusso di capitali e di conseguenza una rapida caduta del valore della sua moneta, la rupia. Ma anche molte altre economie emergenti, a parte la Cina, hanno visto recentemente dei simili deflussi e un indebolimento delle loro valute .
Questo non è necessariamente uno sviluppo sfavorevole. Le valute di molte economie emergenti, specialmente il real brasiliano e il rand sudafricano, erano decisamente sopravvalutate, danneggiando la competitività delle loro esportazioni. La svalutazione può in effetti aiutare queste economie a riportare la crescita su un binario più sostenibile.
Tuttavia, tutti sono giustamente preoccupati del fatto che deflussi troppo rapidi di capitali possano causare svalutazioni eccessivamente veloci, che provocherebbero crisi valutarie e quindi crisi finanziarie, come già successo nell’est Asiatico nel 1997. Situazioni del genere possono verificarsi perché il valore delle monete dei paesi emergenti è stato gonfiato da un qualcosa che poi può rapidamente scomparire – vale a dire, grandi afflussi di capitali speculativi provenienti dai paesi ricchi. Data la loro natura, questi capitali sono pronti a ritirarsi in qualsiasi momento, come stanno facendo sempre più negli ultimi mesi.
Questo è un duro monito che nell’economia mondiale le cose non stanno ancora andando bene, a cinque anni dallo scoppio della più grande crisi finanziaria delle ultime tre generazioni, nel settembre 2008.
Abbiamo avuto dei grandi afflussi di capitali verso le economie emergenti soprattutto a causa del quantitative easing (QE) praticato dalle banche centrali di USA, Gran Bretagna ed altri paesi ricchi, che hanno immesso migliaia di miliardi di dollari nell’economia mondiale, in un disperato tentativo di rivitalizzare le loro economie moribonde.
Nella sua fase iniziale, il QE può avere agito come una scarica elettrica su qualcuno che ha appena avuto un arresto cardiaco. Ma successivamente i suoi effetti di stimolo si sono manifestati ampiamente sotto forma di creazione di insostenibili bolle speculative – nel mercato azionario, nei mercati immobiliari e nei mercati delle materie prime – che potrebbero esplodere e generare un altro ciclo di crisi finanziarie. Per di più, ciò ha causato molti danni collaterali ai paesi in via di sviluppo, sopravvalutando le loro monete, contribuendo alla formazione di insostenibili boom creditizi, e adesso minacciandoli con la prospettiva di crisi valutarie.
Se i suoi effetti sono quantomeno discutibili e nel peggiore dei casi preparano il terreno per il prossimo ciclo di crisi finanziarie, perché c’è stato così tanto QE? Il fatto è che esso è l’unica arma che i governi dei paesi ricchi sono stati disposti ad impiegare per generare una ripresa economica.
Il QE è diventato l’arma preferita da questi governi perché è l’unico modo attraverso il quale si può dar vita a una ripresa – per quanto debole e anemica – senza cambiare il modello economico che ha funzionato così bene a favore di ricchi e potenti negli ultimi trent’anni.
Questo modello va avanti con la generazione continua di bolle speculative, alimentato da complessi e opachi strumenti finanziari a forte leva creati dalle banche e da altre istituzioni finanziarie. È un sistema in cui i profitti finanziari a breve termine hanno la precedenza sugli investimenti produttivi a lungo termine e sulla qualità della vita dei lavoratori. Se i paesi ricchi avessero tentato di generare la ripresa attraverso strumenti diversi dal QE, avrebbero dovuto mettere seriamente in discussione questo modello.
Una ripresa guidata da politiche fiscali avrebbe comportato un aumento della quota di reddito nazionale destinata a investimenti pubblici e a spesa per il welfare, riducendo così la quota che va ai ricchi. Ciò avrebbe generato nuovi posti di lavoro nel settore pubblico, il che avrebbe indebolito il potere contrattuale dei capitalisti riducendo la disoccupazione.
La ripresa basata su un “riequilibrio” dell’economia avrebbe imposto politiche che danneggiano il settore finanziario. Il sistema finanziario avrebbe dovuto essere riprogettato per canalizzare più denaro verso gli investimenti a lungo termine che aumentano la produttività. I tassi di cambio avrebbero dovuto mantenersi a livelli competitivi in modo permanente, piuttosto che a quei livelli sopravvalutati graditi dal settore finanziario. Ci sarebbero dovuti essere più investimenti pubblici nella formazione di scienziati e ingegneri, e maggiori incentivi per il loro inserimento lavorativo nel settore industriale, riducendo così il bacino di reclutamento dell’industria finanziaria.
Tutto considerato, non è una grossa sorpresa che coloro che beneficiano dello status quo abbiano insistito con il QE. Ciò che sorprende è che essi abbiano addirittura rafforzato lo status quo, nonostante il caos che hanno provocato. Essi hanno fatto pressioni con successo per i tagli alla spesa pubblica, per ridurre lo stato sociale a un punto che nemmeno Margaret Thatcher avrebbe potuto raggiungere. Hanno usato la paura della disoccupazione in un contesto di arretramento della rete di sicurezza sociale per costringere i lavoratori ad accettare lavori precari e part-time, contratti meno sicuri (contratti a zero ore sono il caso più estremo) e condizioni di lavoro più povere.
Ma il mantenimento, o addirittura il rafforzamento, di questo ancien régime è destinato a durare? Può essere, ma forse no. Grecia, Spagna e altri paesi della periferia dell’eurozona potrebbero esplodere in qualsiasi momento, a causa della loro elevata disoccupazione e dell’aggravarsi dell’austerità. Negli USA, che sono considerati la patria dei lavoratori docili e accondiscendenti, la richiesta di salari di sussistenza si sta facendo più forte, come si vede dai recenti scioperi dei lavoratori dei ristoranti fast-food. I britannici sono (eccessivamente) pazienti, ma potrebbero cambiare atteggiamento nei prossimi mesi, quando realizzeranno la vera portata dei tagli alla spesa.
Tutto questo fermento può ridursi a poco, specialmente considerando l’indebolimento dei sindacati, eccetto che in pochi paesi, e l’incapacità dei partiti di centrosinistra di presentare una coerente visione alternativa. Ma la politica è imprevedibile. A cinque anni dalla crisi, la vera battaglia per il futuro del capitalismo potrebbe essere solo all’inizio.

di Ha-Joon Chang 

12 settembre 2013

Il mondialismo e il ”Club Bilderberg”







“Il membri del Bilderberg stanno costruendo l’era post-nazionalismo: non avremo più Paesi, ma solo regioni della terra all’interno di un mondo unico. Questo significa un’economia globalizzata, un unico Governo Mondiale, selezionato anziché eletto e una religione universale. Per assicurarsi il raggiungimento di tali obiettivi, il Bilderberg si concentra su il controllo tecnologico e la scarsa sensibilizzazione della opinione pubblica”. William Shannon.
La paura dei capi del Gruppo Bilderberg è quello di dover fronteggiare un’opposizione organizzata. I suoi membri non vogliono che la gente comune comprenda del tutto quello che stanno progettando per il futuro del Pianeta: un Governo Unico Mondiale, azienda mondiale; con un signolo mercato globale, controllato da un solo esercito mondiale e regolato dalla Banca Mondiale, che utilizzerà un’unica moneta universale. Di seguito i progetti che il Gruppo massonico più potente del mondo ha in mente. Unica civiltà internazionale: Rafforzando le istituzioni internazionali, vogliono distruggere completamente tutte le identità nazionali attraverso la sovversione dei loro valori tradizionali, allo scopo di sostituirli con quelli della globalizzazione. Nessun altra cultura dovrà sopravvivere, in futuro. Controllo centralizzato delle persone: Utilizzando il controllo delle menti, vogliono obbligare tutta l’umanità a obbedire alla loro volontà. Il piano di attuazione del loro progetto è chiaramente descritto nel libro di Zbigniew Brzezinski “A cavallo di due epoche: il ruolo dell’America nell’era tecnocratica”. Brzezinski ha ottenuto una laurea a Harvard nel 1953, è uno dei fondatori della Trilateral Commission, controllata da Rockefeller, e ha fatto una impressionante carriera. Non solo è stato Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Carter, ma ha anche ricoperto l’incarico di membro del Comitato Consultivo per gli Affari Esteri sotto Ronald Reagan ed è stato co-presidente della task force consultiva per la Sicurezza Nazionale nel 1998, sotto George W. Bush; inoltre è un collaboratore di Henry Kissinger e ha partecipato a moltissime conferenze del Bilderberg. Nel Nuovo Ordine Mondiale prevede la scomparsa del ceto medio: rimarranno solo padroni e schiavi. Tragica e attuale realtà.
Società a crescita zero: In un’epoca post-industriale, la crescita zero, sarà necessaria per distruggere ogni traccia di ricchezza generale. Quando c’è ricchezza, c’è progresso. Ricchezza e progresso rendono impossibile imporre la repressione, e c’è bisogno della repressione, se si spera di dividere la società in padroni e schiavi. La fine della ricchezza porterà la fine dell’energia elettrica nucleare e di tutti i sistemi industrializzati, tranne le industrie produttrici di computer e fornitrici di servizi. Le rimanenti industrie statunitensi e canadesi verranno esportate nei Pesi poveri, come la Bolivia, il Perù, l’Ecuador e il Nicaragua, dove il lavoro coatto costerà pochissimo. Così, uno degli obiettivi principali del NAFTA (Accordo per il Libero Mercato nel Nord America) sarà raggiunto.
Continuo stato di squilibrio psicologico: Attraverso una serie di crisi costruite a tavolino, spingeranno gli individui verso una continua prigionia fisica, mentale ed emozionale. Così sarà possibile tenere le persone in un costante stato di squilibrio psicologico. Troppo stanchi e deboli per prendere decisioni sul proprio destino, i popoli saranno confusi e demoralizzati, come insegna la massima “di fronte a troppe scelte, si ottiene un’apatia su larga scala”.
Controllo centralizzato di tutti i sistemi educativi: Una delle ragioni che stanno dietro alla formazione dell’Unione Europea, dell’Unione Americana e della futura Unione Asiatica, è di poter realizzare un totale controllo dei sistemi educativi, per realizzare il “Nuovo Ordine Mondiale” globalizzato, attraverso l’eliminazione della conoscenza della storia del mondo. I loro sforzi in proposito stanno dando risultati incredibili. La gioventù dei nostri tempi è quasi completamente ignorante sulle lezioni del passato, le libertà individuali e il significato del termine “libertà”. Dal punto di vista delle forze della globalizzazione, questo facilita il lavoro.
Controllo centralizzato di tutte le politiche interne ed estere: Quello che gli Stati Uniti fanno, ha effetto sul mondo intero. Questo da sempre, è sempre stato così. Al momento, il Bilderberg sembra esercitare un certo controllo sulle scelte politiche del Presidente degli Stati Uniti, Bush. Le politiche del Canada, Paese che apparentemente conserva la propria sovranità, stanno procedendo secondo il volere degli Stati Uniti; quelle dei Paesi europei, ovviamente, ora dipendono dalle scelte dell’Unione Europea.
Rafforzamento dell’ONU: Ampliando i poteri delle Nazioni Unite, hanno in programma di realizzare un “Governo Mondiale”, sia de jure che de facto, ed imporre una tassa, da versare direttamente all’ONU, per ottenere la cittadinanza mondiale.
Mercato unico occidentale: Espandendo il NAFTA, in tutto l’emisfero occidentale del globo, compreso il Sud America, otterranno una Unione Americana, simile all’Unione Europea.
Espansione della NATO: Visto che l’ONU interviene nei teatri più difficili del mondo, come l’Afghanistan, di fatto la NATO si sta, anzi è già da decenni, trasformando nell’esercito mondiale dell’ONU.
Unico sistema legale: La Corte Internazionale di Giustizia sta per diventare l’unico organo giudiziario del mondo.
Unico “Welfare State” Socialista: Il Bilderberg vuole instaurare un regime socialista del “Welfare State”, in cui gli schiavi obbedienti saranno premiati e quelli ribelli verranno sterminati.
Il Gruppo Bilderberg ha il potere e l’influenza per imporre le sue politiche a tutte le nazioni del mondo. Abbiamo già visto quanto siano lunghi i suoi tentacoli, tanto da riuscire a controllare il Presidente degli Stati Uniti, il Primo Ministro del Canada, tutti i principali mass media operanti in Occidente, tutti i più importanti uomini politici, i principali personaggi del mondo finanziario e le banche centrali dei maggiori Paesi del mondo; tra cui la Federal Reserve degli Stati Uniti, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite. Con tali agganci, sono in grado di distruggere chiunque, grande o piccolo che sia, intendesse opporsi ai loro piani di creazione del Nuovo Ordine Mondiale, come in casi realmente accaduti. Per esempio, in “Avventure con gli Estremisti” (Picador 2001) Jon Ronson racconta che, durante la “guerra delle Falkland”, il governo britannico richiese che venissero adottate sanzioni internazionali contro l’Argentina, ma incontrò una forte opposizione. In seguito, al meeting del Bilderberg di Sandefjord (Norvegia), David Owen, membro del Parlamento britannico, tenne un acceso discorso per sostenere le sanzioni. Il suo discorso ha cambiato l’opinione di tanti. Purtroppo, questa semplice e bella storia di cooperazione internazionali tra le nazioni, come molte altre, non ha portato effetti positivi.
 
Il massonico Bilderberg smascherato
“ Non è la Trilateral Commission”, a dirigere il mondo. E’ il Council on Foreign Relations (CFR) a farlo”. Parole di Sir Winston Lord, Presidente del CFR (1978); Vice Segretario di Stato, membro del Dipartimento di Stato USA, membro dell’Ordine “Skull & Bones”.
Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori della democrazia americana, usava affermare: “I singoli atti compiuti da un tiranno li si possono ascrivere all’opinione occasionale di quel giorno, ma una serie di soprusi, iniziata in un determinato periodo e portata avanti in modo continuativo durante l’avvicendarsi dei Presidenti, dimostra fin troppo chiaramente che esiste un piano sistematico, volto a ridurci in schiavitù”. La caratteristica più profonda di questo gruppo mondiale, quasi esclusivamente maschile e corporativo, fu espressa da David Rockefeller nel giugno del 1991, durante il meeting del Bilderberg di Baden-Baden, in Germania, quando affermò che una “sovranità sovranazionale, esercitata da una élite intellettuale e di banchieri mondiali, è sicuramente preferibile all’autodeterminazione delle nazioni, come avveniva nei secoli scorsi”. Il 9 dicembre del 2001, il professore John Mc Murthy, dell’Università di Guelph (Canada), disse nel suo discorso di apertura di un forum intitolato “Cosa può fare, il Canada, di fronte al terrorismo e alla guerra?”: “In quanto struttura di potere a livello mondiale, messa in piedi dalle stesse forze finanziarie e dal sistema dei mass media, ha posto Tony Blair a guida della Gran Bretagna e George W. Bush alla Casa Bianca, nonostante la maggioranza dei votanti fosse contraria. Le multinazionali hanno finanziato e comprato questi leader politici per essere certi che questi uomini corrotti servissero i loro piani più di quanto non avrebbero fatto dei governi liberamente eletti dal popolo, e hanno fatto in modo, attraverso la creazione di entità plenipotenziarie e provvedimenti per mercati transnazionali, che i governi non potessero ostacolare i loro piani a lungo, senza infrangere le nuove leggi commerciali e finanziarie, con cui vengono tutelati solo i diritti di queste grandi multinazionali”.
Quello che lascia perplesso, basiti ed attoniti, è che le persone non riescano a vedere con i loro occhi i pericoli nascosti dietro a tutto questo. Dipende forse dal fatto che la conoscenza porta responsabilità e spinge a impegnarsi per ottenere un cambiamento? Se tutti noi ci rendessimo conto che esiste un potere molto più forte dei vari presidenti eletti dal popolo, un’autorità spirituale molto più potente del Papa, un potere invisibile; il sistema bancario internazionale, il più potente sistema di propaganda della storia dell’umanità, che controlla gli apparati di tutti gli eserciti e tutti i servizi segreti del mondo, saremmo costretti a concludere che la democrazia, nelle migliori delle ipotesi, è un’illusione e, nella peggiore, rappresenta il preludio per quella dittatura che si chiama Nuovo Ordine Mondiale. Micheal Thomas, un operatore di Wall Street, molto apprezzato come scrittore e considerato uno dei commentatori più incisivi sull’era Reagan-Bush, il 28 maggio 1999 ha dichiarato al SHC News che “se i membri del Bilderberg sembrano essere più restii del solito ad apparire sui media, è perché, tra le altre ragioni, si rendono conto che le loro principali strutture, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, hanno causato un numero di devastazioni umane superiore a quello seguito alla II Guerra Mondiale”. “L’infelice risultato”, scrive l’ex giornalista della BBC Tony Gosling, “è l’immagine di una democrazia occidentale ridimensionata, nella quale le persone incaricate di prendere decisioni non tengono conto dei bisogni della gente, come la giustizia sociale, il bene comune e una buona qualità della vita; al contrario, causando una forte austerità economica, vogliono favorire gli interessi delle élite politiche e delle multinazionali”. Nonostante le prove siano evidenti, la maggioranza della gente ritiene di essere troppo occupata a risolvere i problemi quotidiani che è costretta ad affrontare, per perdere tempo con le teorie della cospirazione. Questo è esattamente il tipo di lavaggio di cervello, che Tavistock aveva in mente per noi. Di fronte al caos totale, stiamo reagendo come fece Nixon, che venne prima isolato, poi manipolato e infine distrutto dagli organizzatori della globalizzazione. Demoralizzate e manipolate, private della propria autostima, insicure verso il futuro, le persone sono sempre più poste nella condizione di desiderare l’arrivo del “Messia”, l’avvento di un Nuovo Ordine, che prometta di eliminare la droga, la pornografia, la prostituzione minorile, l’aumento della criminalità, le guerre, le carestie e la sofferenza, garantendo al contempo una società basata sull’ordine, in cui le persone vivranno in armonia. Ma questa nuova armonia, così dipinta, finirà con l’incidere sulla nostra libertà, sui diritti umani, sulla libertà di pensiero e, in generale, su tutta la nostra esistenza. Armonia significherà una società socialista; diventeremo semplicemente dei numeri, in un sistema dominato dalla burocrazia del Nuovo Ordine Mondiale. Chi non si conformerà, sarà internato in campi di concentramento creati sul modello della prigione di Guantanamo. Tutto questo accadrà, se noi, la gente di quello che rimane del mondo libero, non inizieremo una volta per tutte a combattere per difendere i nostri ideali nazionali, invece di lasciare tutto nelle mani dei governanti, di commissari dell’Unione Europea, dei rappresentanti alle Nazioni Unite e della famiglie reali, tutti soggetti che ci stanno ed hanno tradito. Questi graziosi, ben educati membri delle famiglie reali europee, queste anziane donne dai modi eleganti e questi gentiluomini bonari, sono in realtà persone assolutamente spietate. Sfruttano le sofferenze delle nazioni e spendono le loro ricchezze per proteggere il loro privilegiato stile di vita. Le fortune dell’aristocrazia sono inestricabilmente legate e intrecciate con il mercato della droga, dell’oro, dei diamanti e delle armi; con il sistema bancario, del commercio e dell’industria, del petrolio; con il controllo dei media e dell’industria dell’intrattenimento. Come si possono verificare questi fatti, se è praticamente impossibile penetrare all’interno del Gruppo Bilderberg? Alcuni di essi sono indimostrabili, perché le informazioni che riceviamo arrivano direttamente dai servizi segreti, in modo che solo una minoranza privilegiata possa venire a conoscenza della realtà. Non aspettatevi mai che i principali telegiornali possano dare notizie sulla cospirazione che sta avvenendo alle nostre spalle. La stampa è sotto il totale controllo di questi gentili signore e signori, che spendono tanto tempo impegnandosi in attività di beneficenza. Molta gente, non vedendo i motivi dietro le cose descritte, dato che non ne parlano né le televisioni, né i giornali, né le radio; è convinta che debba per forza trattarsi di una teoria della cospirazione, quindi da ignorare o deridere, ma comunque da rifiutare. Vogliono prove concrete, ma sono difficili da trovare. Questo è ciò che il sistema di lavaggio del cervello di Tavistock ha fatto alla razza umana. Il Nuovo Ordine Mondiale si è impegnato a neutralizzare l’unica arma che noi, persone comuni, potevamo utilizzare per ostacolare i suoi progetti. Sto cercando di strappare via la maschera dal volto del Nuovo Ordine Mondiale, per mostrare ciò che esso normalmente è.
Il Bilderberg ed i tentacoli del CFR (Council on Foreign Relations), il Consiglio sulle relazioni estere
“Non è la Trilateral Commission, a dirigere il mondo. E’ il Council on Foreign Relations a farlo”. Parole di Sir Winston Lord, Presidente del Council on Foreign Relations, 1978.
Esistono attualmente diverse organizzazioni derivanti dal Gruppo Bilderberg: La più grossa è la “Tavola Rotonda”, che comprende il “Britains Royal Institute of International Affairs”, gli Istituti di Affari Internazionali del Canada, dell’Australia, del Sud Africa, dell’India e dell’Olanda, e gli “Institute of Pacific Relations” di Cina, Russia e Giappone. Uno dei distaccamenti della “Tavola Rotonda”, con sede negli Stati Uniti, si chiama “Council on Foreign Relations”, abbreviato in CFR. L’origine del CFR risale al 1921 e uno dei suoi fondatori, Edward Mandell House, che è stato il principale consigliere politico del presidente Woodrow Wilson, venne accusato di essere il vero manovratore dell’amministrazione Wilson dal 1913 al 1921. Per ironia, House era un noto marxista. Interpretava il socialismo come una forma di totalitarismo e, seguendo la sua concezione, fece istituire dalla casa Bianca una Banca Centrale indipendente, che controllasse la valuta degli Stati Uniti. Fino al 1913 il Congresso degli Stati Uniti aveva controllato l’emissione del denaro, ma solo un anno dopo venne varato il “Federal Reserve Act”, che attuò il passaggio di questo potere dal Congresso a una banca centrale privata. House, inoltre, propose il sedicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che introdusse l’imposta sul reddito, un’altra idea presa da Karl Marx. House scrisse il programma per la “Lega delle Nazioni”, che fu la proposta avanzata dal presidente Wilson alla “Conferenza di Pace” di Parigi del 1919. Il biografo ufficiale di House, Charles Seymour, disse che Wilson “approvò il disegno di House praticamente in toto; il suo intervento personale fu limitato solo alla fraseologia”. Al termine del mandato di Wilson, nel 1921, House e i suoi sostenitori avevano istituito il “Council on Foreign Relations” (CFR). Fin dal principio, il loro intento era quello di creare un Governo Unico Mondiale, basato su un sistema finanziario centralizzato, caratterizzato da un particolare mix di capitalismo e di socialismo, di opportunismo e di idealismo. Al primo meeting del CFR, si ritrovarono gli appartenenti alla élite più ricca e famosa degli Stati Uniti. Entro il primo anno, la Fondazione Rockefeller e la Carnegie stanziarono dei finanziamenti per il CFR, che così poté espendersi. Al Presidente Franklin Roosvelt va addossata la responsabilità di avere riempito il Dipartimento di Stato di membri del CFR nel 1940, così che la seguente generazione di membri del CFR si trovò già inserita nei centri del potere. In Quartiere Generale del CFR si trova a New York, nella Harold Pratt House, una storica residenza situata all’angolo tra la Park Avenue e la 68esima strada; rappresenta il lascito di un erede della ricchezza della “Standard Oil”dei Rockefeller, Charles Pratt, il quale donò l’edificio nel 1929. Nel 2006, oltre quattromila appartenenti all’establishment del potere degli Stati Uniti erano membri del CFR.
Nonostante il CFR svolga un ruolo importante nella formazione delle decisioni prese dal Governo, resta sconosciuto a molti cittadini. Solo una persona su cinquemila conosce l’organizzazione, e una percentuale ancora minore è al corrente dei suoi reali scopi. Durante i primi 50 anni della sua esistenza, il CFR ha suscitato scarso interesse, da parte dei media. Un così grande anonimato vi potrà apparire strano, almeno finché non avrete visto la lista dei membri del CFR; infatti essa include i principali dirigenti del New York Times, del Washington Post, del Los Angeles Times, del Wall Street Journal, della NBC, della CBS, della ABC, della FOX, del Time, di Fortune, di Business Week, di U.S. News e di World Report e di molte altre testate giornalistiche. Finché i media prendono parte alle conferenze, perché dovremmo pensare che siano discreti, al riguardo? Se non c’è niente di male, perché dovrebbero autocensurarsi? Lo storico Arthur Schlesinger Junior ha definito il CFR una “organizzazione centrale” nel cuore dell’establishment americano. Il Newsweek ha definito i leader del CFR come “l’establishment che determina la politica estera degli Stati Uniti”. Richard Rovere, scrivendo sulla rivista Esquire, individuò in loro “una sorta di presidio della parte dell’establishment che determina il nostro futuro come nazione”. Sono oltre duecento, tra giornalisti, corrispondenti e responsabili della comunicazione, i membri che difendono il diritto del CFR a tenere riunioni riservate, sulla base di una presunta necessità di avere un luogo in cui i leader coinvolti possano parlare liberamente, per analizzare gli eventi cruciali che spingono la politica degli Stati Uniti verso un mondo dominato dall’economia e cercare di raggiungere delle intese per le soluzioni politiche da prendere. Una volta che queste soluzioni politiche vengono trovate, allora la stampa e i pubblici dibattiti vengono accettati dal CFR. Quando una qualunque organizzazione non accetta che vengano rese pubbliche le sue discussioni e le sue attività, dobbiamo dubitare delle informazioni che ci fornisce. I documenti del CFR, rappresentano i fatti reali o ciò che il Council vuole che noi vediamo e crediamo? Nel libro di Jim Marrs “Rule by Secrecy”, l’economista Kenneth Galbraith, ex membro dell’organizzazione, definisce le pratiche del CFR uno scandalo. Egli si chiede “perché degli uomini d’affari dovrebbero incontrarsi con degli esponenti del Governo per discutere di informazioni da non rendere disponibili alla pubblica opinione, soprattutto quando queste possono essere economicamente vantaggiose?”. Esiste un’altra organizzazione con lo stesso obiettivo di Governo Unico Mondiale, la quale si differenzia solo per il fatto che i suoi membri rappresentano l’alleanza mondiale del commercio, che comprende il Nord America, l’Europa Occidentale e l’Asia. Si chiama “Trilateral Commission” ed è stata fondata e finanziata da David Rockefeller nel 1973. Prima di formare questa organizzazione, egli ha testato l’idea di darle vita, durante il meeting del Gruppo Bilderberg del 1972 a Knokke, in Belgio. Non molti sanno che gli stessi individui che appartengono al CFR e al Bilderberg partecipano anche alla Trilateral Commission. Il CFR coinvolge solo membri americani. Al Bilderberg partecipano solo personalità degli Stati Uniti, del Canada, dell’Europa Occidentale. La Trilateral Commission coinvolge tutto il potere finanziario del mondo. David Rockefeller, la cui famiglia ha finanziato il CFR, è il comune denominatore di tutti questi gruppi paralleli. Non è solo il presidente emerito del CFR, ma fornisce anche il suo personale supporto e continui finanziamenti al CFR, alla TC e al Gruppo Bilderberg. Queste tre organizzazioni appartengono ad una élite egoista, che protegge la propria ricchezza e i propri investimenti in banche internazionali e in multinazionali attraverso l’espansione dell’economia, a discapito dello sviluppo delle nazioni e dei Paesi del Terzo e del Quarto Mondo: le politiche che esse promuovono portano benefici unicamente a loro, sottomettendoci ad un unico Governo Mondiale. Per capire l’estensione del Bilderberg, del CFR e della TC, è sufficiente ricordare che quasi tutti i candidati, di entrambi i partiti, alle presidenziali degli Stati Uniti, appartengono ad almeno a una di queste organizzazioni, e lo stesso discorso vale per molti senatori e membri del Congresso, per la maggior parte dei protagonisti politici del Paese, specialmente nel settore della politica estera, per molti membri della stampa, per molti appartenenti alla leadership della CIA, dell’FBI, dell’IRS (il Fisco americano) e per molti membri delle altre organizzazioni rimanenti che agiscono a Washington.
Per quanto riguarda i presidenti degli Stati Uniti, abbiamo una lunga serie di candidati, cha hanno partecipato e/o vinto le elezioni ogni quattro anni e che facevano parte del CFR. Nel 1952 e nel 1956, il membro del CFR Adlai Stevenson sfidò Eisenhower. Nel 1960, fu la volta di una sfida tra membri del CFR, Nixon contro Kennedy. Nel 1964, l’ala conservatrice del Partito Repubblicano sconvolse l’establishment, candidando il suo esponente, Barry Goldwater, contro quello appoggiato da Nelson Rockefeller, Johnson; Rockefeller, insieme all’ala del CFR, dipinse Goldwater, come un “pericoloso radicale, che vorrebbe abolire la Sicurezza Sociale e sganciare la bomba atomica su Hanoi, e in generale lo definirono una reincarnazione di Mussolini, il dittatore fascista”; Goldwater venne umiliato e Johnson vinse alla grande. Nel 1968, vi fu ancora una volta una sfida all’interno del CFR: Nixon contro il democratico Hurbert Humphrey. Nel 1972, di nuovo due membri del CFR: il presidente Nixon contro lo sfidante democratico George McGovern. Nel 1976, il presidente repubblicano Gerald Ford, del CFR, contro lo sfidante, del CFR e della Trilateral Commission (TC), Carter. Nle 1980, il presidente Carter venne sconfitto da Ronald Reagan, che, pur non essendo un membro del CFR, ne aveva uno come vicepresidente: George H.W. Bush; Reagan, dopo essere diventato presidente, posizionò nel suo staff 313 membri del CFR. Per curiosità: anche il terzo candidato, l’indipendente John Anderson era un membro del CFR. Nel 1984, il presidente Reagan si scontrò con il democratico Walter Mondale, membro del CFR. Nel 1988, George H.W. Bush, ex boss della CIA e membro del CFR, fu sfidato dal poco conosciuto Governatore del Massachussets, Michael Dukakis, membro anche lui del CFR. Nel 1992, il presidente Bush si trovò contro uno sconosciuto Governatore del poco importante Stato dell’Arkansas: era Bill Clinton, membro sia del Bilderberg che del CFR e della TC. Quando Clinton divenne presidente, mise un centinaio di membri del CFR nella sua amministrazione; inoltre, il team di Clinton e di Gore fu supportato e finanziato dai membri del CFR. Nel 1996, Clinton venne sfidato dal veterano repubblicano, e membro del CFR, Robert Dole. Nel 2000, il democratico Al Gore, del CFR, venne battuto dal Governatore del Texas, George W. Bush, figlio dell’ex presidente George H.W. Bush. Il vincitore, pur non facendo parte del CFR, venne supportato dai suoi membri durante la conquista del potere. Nello staff di Bush erano inclusi Condoleeza Rice, Dick Cheney, Richard Perle, Paul Wolfowitz, Lewis Libby, Colin Powell e Robert Zoellick, tutti membri del CFR. Nel 2004, Bush si riconfermò presidente contro un altro membro del CFR, il democratico John Kerry. Questo dimostra che, tra il 1928 e il 1972, ha sempre vinto le elezioni presidenziali un membro del CFR (escluso Lyndon Johnson, che ha comunque ripagato l’organizzazione, posizionando i suoi membri in tutti i ruoli chiave del governo). George H.W. Bush aveva 387 membri del CFR e della TC nella sua amministrazione. Nixon, all’inizio del suo mandato, posizionò 115 membri del CFR nel ruoli chiave dell’esecutivo. Dei primi 82 nominativi, appartenenti alla lista stilata dal presidente Kennedy, per il Dipartimento di Stato, 63 erano di esponenti del CFR, secondo quanto riferisce un documento scritto da Arnold Beichmann, apparso sul Christian Science Monitor l’1 settembre 1961. L’articolo si intitolava semplicemente “Council on Foreign Relations”. In pratica, il CFR ha funzionato come ufficio di collocamento virtuale, per il Governo Federale, sia che fosse composto da democratici o da repubblicani, indifferentemente. L’editorialista Edith Kermit Roosevelt, pronipote del presidente Theodore Roosevelt, ha affermato, in proposito, che “molte persone sono all’oscuro dell’esistenza di questa mafia legalizzata. Il potere di questa organizzazione coinvolge tanto il professore, che ottiene una borsa di studio dall’organizzazione, quanto il candidato a un posto nel governo o nel Dipartimento di Stato. Determina le politiche nazionali, in quasi tutti i settori”.
George Wallace, il candidato democratico alle presidenziali in quattro circostanze, negli anni Sessanta e Settanta, coniò un famoso slogan: “Non c’è la benché minima differenza tra Democratici e Repubblicani”. E aveva ragione. Che il presidente sia un democratico o un repubblicano, un conservatore o un liberale, la critica degli oppositori gli si scaglia contro comunque, senza in realtà colpire chi gestisce realmente il potere; infatti a prendere le decisioni sono sempre loro, i membri del CFR. I presidenti degli Stati Uniti vanno e vengono, ma il potere e il programma del CFR restano sempre invariati. L’elettore medio non è così stupido. L’opinione pubblica si rende conto che c’è qualcosa che non va. Un sondaggio sulla politica evidenzia che è sempre più forte l’idea che niente cambi, nel governo, a prescindere da chi si vota. Questa sensazione diffusa ha fatto in modo che calasse costantemente l’affluenza alle urne e che si diffondesse il cinismo tra i cittadini. A prescindere da quello che sente l’opinione pubblica, lo scopo del CFR non è cambiato fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1921, all’Hotel Majestic di Parigi. Kingman Brewster Jr., ambasciatore degli Stati Uniti in Gran Bretagna e rettore dell’Università di Yale, ha dato il suo contributo alla stesura dell’articolo “Riflessioni sugli obiettivi per la nostra Nazione”. Come membro del CFR, Brewster non si distanzia dagli obiettivi del Concilio, quando afferma che il “nostro obiettivo nazionale deve essere l’abolizione della sovranità americana: dobbiamo assumerci il rischio di invitare le altre nazioni a fondere la loro con la nostra”. Questi rischi includono il disarmo, al punto tale che l’America non sarebbe in grado di opporsi ad una missione di pace organizzata dalle Nazioni Unite. Poi l’America dovrebbe cedere allegramente la propria sovranità al Governo Mondiale, per favorire la formazione di quella che è definita la “Comunità Mondiale”. James Warburg, figlio di Paul Warburg, uno dei fondatori del CFR, il 17 febbraio del 1950 rilasciò una schietta dichiarazione alla Commissione Senatoriale per gli Affari Esteri: “Formeremo un Governo Mondiale, che vi piaccia o no, e lo otterremo o col consenso o con la forza”.
Nel suo libro “Il Futuro del Federalismo”, Nelson Rockefeller afferma: “Nessuna nazione, oggi, può difendere la propria libertà o garantire la soddisfazione della totalità dei bisogni e delle aspirazioni dei propri cittadini, agendo solamente entro i propri confini e sfruttando solo le proprie risorse, quindi lo Stato Nazionale, che agisce da solo, risulta, sotto molti aspetti, anacronistico, come lo diventarono a un certo punto le città-stato greche nell’antichità”.
Di fatto, il CFR stava pianificando il Nuovo Ordine Mondiale già prima del 1942. Un editoriale, apparso a pagina 2 del Baltimore News-Post l’8 dicembre 1941, il giorno dopo il bombardamento di Pearl Harbour, prediceva la formazione di una nuova alleanza mondiale, che avrebbe elaborato una dichiarazione dei diritti fondamentali dell’Uomo…e per proteggere tali diritti, si doterà di strutture e poteri tali da punire i singoli individui che li violeranno, inoltre le Nazioni Unite sono guidate da un gruppo di membri del CFR, chiamato “Informal Agenda Group”. Questo gruppo ha già stabilito gli scopi delle Nazioni Unite e ha contattato tre procuratori legali del CFR, che hanno dato loro forza costituzionale. Dopodiché hanno presentato tali scopi al Presidente Roosevelt, che nei giorni successivi li ha resi noti all’opinione pubblica. Quando si è tenuta la conferenza costitutiva delle Nazioni Unite a San Francisco, più di quaranta delegati degli Stati Uniti erano membri del CFR. Successivamente, le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Prima, la legge internazionale controllava unicamente come le varie nazioni regolavano i diritti dei propri cittadini. Ora, le Nazioni Unite hanno il diritto di rapire un singolo individuo, all’interno dei confini di una nazione indipendente, per trascinarlo davanti al Tribunale dell’Aja. Anche se i crimini di guerra sono atroci, ogni nazione è in grado di punire i colpevoli con le proprie leggi. Finora, comunque, non si registrano particolari proteste contro questa clamorosa violazione della giustizia internazionale. Nel 1941 Quincy Wright, docente universitario presso l’Università di Chicago, membro del CFR ed esperto di Diritto Internazionale, ha espresso come deve essere il Nuovo Ordine Mondiale: “Un solo governo per tutto il mondo, che limiti le varie sovranità e l’indipendenza delle nazioni. Il fatto che queste dichiarazioni, rilasciate all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, non siano state paragonate alla politica di Hitler del Nuovo Ordine, dimostra quanto era radicato l’isolazionismo americano all’epoca. Terry Boardman, nel corso di una conferenza nell’ottobre del 1988, in merito alla visione del dottor Wright, questa prevedeva tre sistemi continentali: gli Stati Uniti d’Europa, un Sistema Asiatico e una Unione Pan-Americana, e inoltre ogni sistema continentale avesse un unico esercito e che le singole forze militari venissero gradualmente ridotte o eliminate. Ancora, con l’avvento del Governo Mondiale, si sarebbe dato vita ad un unico esercito mondiale e ad un’unica valuta mondiale. Perché la famiglia Rockefeller voleva eliminare la sovranità nazionale degli Stati Uniti, già da loro controllata, e porla sotto il controllo del Governo Mondiale? Perché non si preoccupava che il suo potere e la sua ricchezza potessero essere minacciati dal Nuovo Ordine Mondiale? Perché i Rockefeller, il Gruppo Bilderberg, il CFR e la Trilateral Commission sapevano benissimo che sarebbero stati loro a controllare il Nuovo Governo Mondiale. Se questi sono i loro scopi, creare un solo mercato globale, governato da un unico governo mondiale, che controlli i tribunali, i sistemi scolastici, ciò che la gente legge e pensa, in cui esista un solo esercito mondiale, gestito finanziariamente da un’unica banca mondiale attraverso un’unica moneta mondiale; saremmo molto stupidi, se continuassimo ad ignorare quello che sta succedendo a noi e al mondo in cui viviamo. In una dichiarazione di G. William Domhoff, scrittore e studioso, dice che il CFR ha storicamente operato attraverso piccoli gruppi di circa 25 persone, che riuniscono i leader dei 6 gruppi socialmente più importanti, industriali, speculatori finanziari, ideologi, militari, professionisti specializzati come avvocati, medici, dottori e sindacalisti, che discutono di temi specifici riguardanti la politica estera. Nel suo libro “The Higher Circles” del 1970, spiegava come questa élite di potere determini la politica estera: “Gruppi di discussione analizzano il problema a livello generale, cercando di definire proposte e alternative. Molti di questi gruppi, successivamente, formano ulteriori gruppi di studio, che forniscono i loro risultati a gruppi di ricerca del CFR o a singoli membri.
Durante uno di questi gruppi di discussione, nel 1968, l’ex direttore operativo della CIA, Richard Bissell, che è stato anche consigliere della “Ford Foundation”, manifestò la volontà di aumentare le presenze di membri del CFR nelle operazioni segrete della CIA, in modo che, al momento del coinvolgimento del CFR nelle operazioni, la cosa apparisse più discreta. “Se l’Agenzia vuole essere efficace, deve coinvolgere in modo sempre maggiore le organizzazioni private, quindi vanno migliorate le relazioni che si sono già instaurate. Ma abbiamo bisogno di operare in modo ancora più segreto, ponendo maggiore attenzione agli intermediari. Gli interfaccia della CIA con il resto del mondo hanno bisogno di maggiore protezione. Se molti gruppi non saranno in grado di ricevere aiuti sotto forma di finanziamenti, i danni conseguiti saranno più gravi di quanto si possa immaginare. Gli interfaccia della CIA con altre organizzazioni sono formati da gruppi d’affari e di studio, e questi vanno sostenuti”. L’influenza del CFR sembra coprire l’intero sistema di vita dell’America. Nel libro Domhoff cita il politologo Lester Milbrath, il quale affermava che “il CFR pur non essendo finanziato dal Governo, collabora con esso talmente a stretto contatto che risulta difficile distinguere le azioni suggerite dal CFR da quelle assunte liberamente dal Governo. Le sue forme più importanti di finanziamento sono le multinazionali e le più importanti organizzazioni di potere”. Delle organizzazioni di cui parla Milbrath, quelle che maggiormente l’hanno finanziato nel corso degli anni, sono la Rockefeller Foundation, la Carnagie Foundation, e la Ford Foundation. Domhoff conclude nel libro: “Queste organizzazioni che sostengono il CFR, sono nelle mani degli uomini della Bechtel Construction, oppure della Chase Manhattan, o della Kimberly-Clark, o della Monsanto Chemical, o di decine di altre multinazionali. Per chiudere il cerchio, infatti, molti dirigenti di queste multinazionali sono membri del CFR. Agli inizi degli anni Sessanta, Dan Smoot scoprì che 12 dei 20 membri del consiglio di amministrazione della “Rockefeller Foundation”, 10 su 15 di quelli della “Ford Foundation”, e 10 su 14 di quelli della “Carnagie Foundation” erano membri del CFR.
di Davide Caluppi 

L’art. 66 Cost.: autodichia e divisione dei poteri nel caso Berlusconi



UNA CORRETTA SOLUZIONE COSTITUZIONALE PER B E PER IL GOVERNO?
L’art. 66 Cost. stabilisce che sono le camere a giudicare (sì, la Costituzione dice proprio: giudicare)  sull’eleggibilità e sull’incompatibilità ciascuna dei suoi propri membri. Questo tipo di giudizio si definisce “autodikìa” (autogiustizia) e si tratta di un vero e proprio giudizio, di un atto di applicazione del diritto oggettivo, non di un atto politico o legislativo.
La funzione di questa norma costituzionale, notoriamente, è quella di tutelare l’indipendenza delle camere nelle persone dei loro membri, quali espressioni dirette della volontà-sovranità popolare, contro la possibilità di ingerenze, condizionamenti, intimidazioni, arresti abusivi da parte di portatori del potere giudiziario, ossia di magistrati.
L’autodikìa è una deroga al principio di separazione dei poteri, secondo il quale il potere giudiziario deve essere esercitato dai giudici soltanto. Scrive Wikipedia alla voce autodichia: “la generalità delle costituzioni prevede l’autodichia del parlamento (ed eventualmente di altri organi costituzionali) in relazione a controversie riguardanti atti e attività che si svolgono al suo interno (i cosiddetti interna corporis), in modo da sottrarlo ad ingerenze di altri poteri dello Stato e salvaguardare così la sua indipendenza. In campo parlamentare, il principio di autodichia riguarda essenzialmente “il diritto del Parlamento di essere giudice delle controversie che riguardano i propri dipendenti”. La Corte costituzionale ha stabilito la legittimità di tale forma di giurisdizione, ritenendo che deroghe al divieto costituzionale di istituire giudici speciali (art. 102, 2º co. Cost.) sono ammissibili “nei confronti degli organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, situati ai vertici dell’ordinamento, in posizione di assoluta autonomia ed indipendenza”.”

Di fronte a un caso come il caso B., l’art. 66 Cost. Comporta pertanto che il Senato non debba e non possa affatto recepire acriticamente (“rispettosamente”) la sentenza, ma che esso dovrà indagare e assicurarsi, ai fini suddetti,
-che le norme in questione non appaiano incostituzionali – nel qual caso il Senato dovrebbe rimetterle alla Corte Costituzionale per la sua valutazione;
-che effettivamente prescrivano la decadenza degli eletti e non solo l’incandidabilità di chi non è ancora eletto;
-che le norme stabilenti l’ineleggibilità, l’incandidabilità o la decadenza non abbiano carattere penale, perché in tal caso non potrebbero essere applicate a fatti anteriori al loro venire in essere;
-che i giudici che hanno condannato B. abbiano operato nel rispetto dei principi fondamentali di indipendenza e di neutralità (quindi devono valutare se le dichiarazioni del presidente della Corte dr Esposito rivelino pregiudizio od ostilità verso B.);
-che i detti giudici abbiano rispettato i diritti della difesa e del giusto processo (quindi che non gli abbiano, ad es., impedito di portare testimoni rilevanti a sua difesa, come egli sostiene);
-che i giudici abbiano motivato la condanna, e che non lo abbiano fatto in modo fittizio o con palesi forzature, tali da suggerire un intento persecutorio.
Solo se tutti questi punti saranno soddisfatti, il Senato potrà legittimamentedichiarare decaduto B. Si noti come, con rare eccezioni, i suoi avversari politici disconoscano la doverosità delle verifiche suddette.
Naturalmente, nel fare queste valutazioni, la giunta e poi il Senato devono tener conto anche del fatto che B. ha subito un altissimo numero di indagini penali da quando è in politica, e indagare se vi sia il fumus di una strategia politico-giudiziaria contro di lui.
Dovranno anche tener conto di fattori generali, ossia:
-dell’alto grado di partiticizzazione dei magistrati in Italia, paese in cui, senza che nessuna istituzione di garanzia reagisca, molti magistrati dichiarano pubblicamente e liberamente di coordinare le loro azioni e il loro uso di poteri giudiziari a fini politici e ideologici; sicché il grado-base di probabilità di uso improprio dello strumento giudiziario è elevato;
-della bassissima qualità media della giustizia italiana, che si colloca a livello di Africa nera (157° posto al mondo) e che viene continuamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle regole del giusto processo.
In tutto questo procedimento, o processus judicii, a B. deve essere dato modo di difendersi portando prove, ad esempio, dell’intendo persecutorio o della non-neutralità dei suoi giudici.

di Marco Della Luna

22 settembre 2013

Mala tempora currunt








Tutti coloro fortemente convinti del fatto che l'Italia avesse toccato il fondo durante lo scorso autunno, quando il governo golpista di Mario Monti, dopo avere dissanguato il paese, si apprestava ad esalare l'ultimo respiro, devono avere ormai compreso come in realtà al peggio non ci sia mai fine ed esista sempre un buco più profondo nel quale sprofondare.
L'accanimento terapeutico con il quale il circo mediatico tenta di mantenere in vita il fantasma di Berlusconi, unitamente alle migliaia di pagine dedicate alle diatribe, in perfetto stile mafioso, che intercorrono all'interno del PD ed alla spettacolarizzazione di qualsiasi litigio da bar dello sport che abbia fra i protagonisti qualche esponente del bestiario politico nostrano, dimostrano inequivocabilmente come l'ordine impartito alla scuderia del mainstream sia in fondo uno solo. Nascondere la spazzatura sotto il tappeto ed inebetire il cervello (o quel che ne resta) degli italiani con un chiacchiericcio petulante, commisto ad alte dosi di disinformazione urlata, fino ad ottenere l'effetto cacofonico voluto....


Gli italiani devono continuare a vivere nel proprio mondo di fantasia, all'interno del quale scannarsi (metaforicamente) nell'attaccare o difendere il salapuzio di Arcore, quasi ne andasse della loro vita. Devono continuare a sentirsi di destra o di sinistra, attori di un mondo dicotomo dove gli altri sono sempre i "cattivi" e loro i "buoni". Devono vivere nel profondo convincimento che Enrico Letta guidi realmente il paese ed abbia titolo per decidere del loro futuro, per abbassare o alzare le tasse e prendere le decisioni economiche. Devono restare convinti del fatto che la loro crocetta conti veramente qualcosa, che il progetto europeo sia stato imbastito per il bene dei popoli, che a regolare le loro vite ci sia una carta chiamata Costituzione e che prima o poi sarà possibile scorgere una luce in fondo a quel tunnel che la TV chiama crisi.

Non esiste alcuno spazio per la realtà e agli italiani deve essere impedito con ogni mezzo di alzare il tappeto per guardare cosa c'è sotto. Potrebbero trovarci il progetto della nuova società globalizzata e mondialista, dove i governi servono a tavola una portata unica ed uguale per tutti, cucinata a Bruxelles ed a Washington. Potrebbero scoprire che Berlusconi, Letta, Renzi, Monti e qualsiasi altro mestierante della politica, non sono altro che marionette prive di qualsiasi potere che prescinda dal recitare il loro copione e rimpinguare il proprio conto in banca. Potrebbero realizzare che dopo l'esproprio coatto della sovranità nazionale, inizieranno gli espropri altrettanto coatti dei beni famigliari, perché nel mondo che verrà ( e sta arrivando a grandi falcate) ci sarà posto per due sole categorie: gli schiavi e coloro che usano la frusta, con pochissime fruste ed una moltitudine di schiene sanguinanti.

Molto meglio il mondo di fantasia, vissuto all'insegna dei facili convincimenti e con gli occhi fissi allo specchietto retrovisore. Ci sarà tempo per guardare avanti, quando le catene saranno strette per bene e non sarà più possibile alcun movimento.
 

di Marco Cedolin 

21 settembre 2013

L'Islanda non vuole più l'Europa, chiusi i negoziati con l'Ue





Il governo islandese sospende a tempo indeterminato le trattative per l'ingresso del paese nell'Unione europea. Lo stop ai colloqui di adesione ed un generale rifiuto delle politiche di austerità europee sono state il cavallo di battaglia della coalizione vincitrice durante la campagna elettorale e la promessa agli elettori e' stata mantenuta.

Islanda no Ue
A partire dal 12 settembre i negoziati per l’ingresso dell’isola all’interno della Ue sono ufficialmente sospesi a tempo indeterminato
L’Islanda e l’Europa si allontanano. Non geograficamente, s’intende: l’isoletta spersa nel mare del Nord resta sempre lì, a circa 1500 chilometri dalla Gran Bretagna. Ma politicamente, quello sì. Dall’interno dell’Althingi, il parlamento islandese, Bragi Sveinsson, ministro degli Esteri della coalizione di centro-destra al governo da aprile, ha messo un freno alla procedura di adesione dell’Isola all’Unione europea.
A partire dal 12 settembre i negoziati per l’ingresso dell’isola all’interno della Ue sono ufficialmente sospesi a tempo indeterminato. Lo stop ai colloqui di adesione ed un generale rifiuto delle politiche di austerità europee erano stato il cavallo di battaglia dei vincitori durante la campagna elettorale e la promessa agli elettori è stata mantenuta.
I negoziati non erano mai stati facili: c'erano alcune questioni spinose sulle quali l'isola avrebbe dovuto fare delle concessioni economiche a Bruxelles. L’Europa chiedeva all’Islanda di aderire alle normative europee relativamente a 30 punti, fra cui figuravano la libera circolazione di capitali, la politica economica e monetaria, le politiche di pesca e di sviluppo agricolo e rurale. Tutti punti su cui gli islandesi non sono più disposti a negoziare. Non dopo la crisi e le rivolte.
E poi c’era la denuncia pendente alla Corte di giustizia Ue per la bancarotta del 2008. E la questione del debito Icesave, per la quale l’Ue si era schierata a spada tratta a fianco di Inghilterra ed Olanda nel pretendere che il debito contratto dalla Landsbanki, banca privata ripubblicizzata in seguito alla crisi, venisse socializzato e gravasse sulle spalle dell’intera popolazione isolana.
La vittoria della coalizione di centro-destra alle ultime elezioni è passata anche, soprattutto, per la diffidenza degli islandesi nei confronti dell’Unione. Quella sovranità popolare che gli isolani si sono ripresi di fatto dopo la crisi, con le proteste prolungate che hanno portato alla caduta del governo nel 2009 ed il rifiuto di socializzare un debito ingiusto contratto da banche private, non verrà certo ceduta di nuovo in favore di Bruxelles.
Certo, è strano che a prendere questo genere di decisioni siano gli stessi partiti – e in parte gli stessi soggetti – che condussero il paese sull’orlo del baratro nel 2008. Ed il rischio che la questione europea venga strumentalizzata c’è. Ad esempio rischia di passare inosservato il fatto che, a distanza di quasi un anno, la nuova costituzione partecipata, simbolo stesso della “nuova Islanda”, approvata con un referendum dal popolo islandese nell’ottobre 2012, non abbia ancora passato il vaglio dell’Althingi. “Quale sarà il suo destino?”, si chiedono in molti; riuscirà mai ad entrare in vigore?

Tuttavia la decisione di sospendere i negoziati per entrare a far parte dell’Unione non può non essere condivisa. Nell’ottica degli islandesi, entrare in Europa rappresenterebbe una nuova fuga del potere e della sovranitàverso l’alto, verso luoghi distanti chilometri e chilometri di oceano. Una fuga che gli islandesi non vogliono permettere.
di Andrea Degl'Innocenti 

20 settembre 2013

Gli Stati Uniti giocano a monopoli, la Russia a scacchi




Gli Americani guardano ai vari pezzi del patrimonio immobiliare geopolitico come oggetti distinti l’uno dall’altro, mentre i Russi seguono l’interazione di tutte le loro sfere di interesse nel mondo. 

La Siria non è di alcun interesse strategico per la Russia e per altri. E’ un rottame di paese, con un economia irrimediabilmente compromessa, senza energia, acqua o cibo sufficienti da poter sostenere una fattibilità economica a lungo termine. 

Il miscuglio etnico lasciato dai cartografi britannici e francesi dopo la prima guerra mondiale, ha inevitabilmente prodotto, in seguito, una guerra di reciproco sterminio, che poteva avere come unico risultato il forte calo demografico e la spartizione territoriale sul modello iugoslavo. 



La sola importanza che ha la Siria risiede nella minaccia che la sua crisi possa debordare nelle aree limitrofe di maggiore importanza strategica. 

Vivaio di movimenti jihad, la Siria rischia di diventare terreno di addestramento di una nuova generazione di terroristi, lo stesso ruolo che ebbe l’Afghanistan negli anni ’90 e 2000.

Banco di prova per l’utilizzo di armi di distruzione di massa, la Siria rappresenta un laboratorio diplomatico, per verificare, con minimo rischio per le parti in causa, la risposta dei poteri mondiali ad atroci azioni criminali. 

E’ inoltre un’incubatrice di movimenti nazionali: esempio, la nuova libertà di azione conquistata dai due milioni di curdi nel paese rappresenta uno strumento di destabilizzazione per la Turchia e di altri paesi che hanno al loro interno minoranze curde. Inoltre, come fosse un ponte di comando per le guerre confessionali tra sunniti e sciiti, la Siria potrebbe diventare il trampolino di lancio per conflitti più estesi che potrebbero riguardare l’Iraq ed altri paesi dell’area. 

Io non so cosa cerchi Putin in Siria. A questo punto penso che il Presidente della Russia non lo sappia neanche lui. Un bravo giocatore di scacchi che si mette contro un avversario a lui inferiore, creerebbe delle complicazione senza un immediato obiettivo strategico, per provocare sbandamenti dell’altra parte e trarne vantaggi opportunistici. 

Ci sono molte cose che Putin vuole. Ma più di tutte, ce n’e’ una grossa a cui ambisce, e cioè ripristinare il ruolo di superpotenza della Russia. Ed il ruolo diplomatico della Russia in Siria apre la porta a diverse opzioni per il raggiungimento di questo scopo. 

Come maggioer produttore mondiale di energia, la Russia vuole accrescere il suo potere contrattuale verso l’Europa Occidentale, della quale è anche il maggior fornitore. 

Vuole influenzare il mercato del gas naturale prodotto da Israele e altri paesi del Mediterraneo orientale. 

Vuole che altri paesi produttori di energia diventino suoi dipendenti per quanto riguarda la sicurezza delle loro esportazioni. Vuole accrescere il suo ruolo di fornitore di attrezzature militari per sfidare gli F-35 e gli F-22 Americani specialmente con il suo nuovo caccia Sukhoi T-50. 

Vuole carta bianca nel controllo del terrorismo tra le minoranze musulmane nel Caucaso. 

E vuole mantenere la sua posizione d’influenza con la vicina Asia Centrale.

Alcuni commentatori americani si sono mostrati sorpresi e in alcuni casi sconvolti dalla pretesa della Russia di ergersi ad arbitro della crisi siriana. In effetti, il ruolo sempre più influente della Russia nell’area era già chiaro al momento in cui il Capo dell’Intelligence Saudita, il Principe Bandar, era volato a Mosca durante la prima settimana di Agosto per incontrare Putin. 

I Russi e i Sauditi hanno poi annunciato che avrebbero collaborato per stabilizzare il nuovo governo militare in Egitto, al contrario dell’amministrazione Obama. 
La Russia si è poi offerta di vendere all’Egitto qualsiasi arma che gli U.S.A. non gli avrebbe venduto, e l’Arabia Saudita si è offerta di pagarla.

E’ stata una vera rivoluzione diplomatica (1) senza precedenti. Non solo i Russi sono tornati in Egitto dopo 40 anni, dopo essere stati da lì cacciati durante la seconda guerra mondiale; ma ci sono tornati con un’alleanza tattica insieme all’Arabia Saudita, fino ad allora nemico storico nell’area.

L’Arabia Saudita ha un urgente bisogno di dare stabilità all’Egitto e di sopprimere i Fratelli Musulmani, che la monarchia saudita vede come un rischio alla sua legittimazione. 

Il sostegno Saudita all’esercito egiziano contro i Fratelli non deve sorprendere. Quello che invece sorprende è che i Sauditi abbiano sentito il bisogno di coinvolgere i Russi.

Benché ci siano delle ovvie ragioni di collaborazione tra Sauditi e Russi, ad esempio il controllo degli jihad all’interno dell’opposizione siriana, non si riescono ancora a capire tutte le implicazioni del loro riavvicinamento.

I Sauditi hanno fatto circolare la notizia che gli era stato chiesto dai Russi di comprare armi russe per un valore di $15 miliardi in cambio dell’aiuto con Assad. Voci di questo tipo non andrebbero prese alla lettera. Potrebbero essere fuorvianti. Ma fuorvianti verso cosa? 

La scacchiera di Putin comprende tutto il pianeta. Comprende cose come la sicurezza delle esportazioni di energia dal Golfo Persico, la trasmissione di petrolio e gas attraverso l’Asia Centrale; il mercato delle esportazioni di armi russe; contrattazioni energetiche tra Russia e Cina, ora in corso; la vulnerabilità delle forniture energetiche europee; e la stabilità interna di paesi limitrofi, compresa la Turchia, l’Iraq e l’Iran.

Per gli analisti americani, la gran parte di questa scacchiera potrebbe essere pure sul lato oscuro della luna. Noi vediamo solo quello che i russi ci permettono di vedere. 

Ad esempio, Mosca è stata la prima a offrire alla Siria un sistema di difesa aereo (S-300), ma poi ritirò l’offerta. Nei primi giorni di Agosto l’Arabia Saudita fece sapere che era pronta ad acquistare le armi russe del valore di 15 miliardi di dollari in cambio di supporto in Siria. E’ in corso quindi una trattativa di qualche tipo, ma non abbiamo alcuna idea di quanti e quali “bastoni e carote” essa comporti.

Quello che possiamo certamente desumere è che la Russia ha ora una maggiore influenza negli avvenimenti in Medio Oriente, compresa la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, cosa che ha sempre avuto fino dalla Guerra dello Yom Kippur del 1973. Per il momento, è negli interessi della Russia mantenere questo suo ruolo interlocutorio e far accrescere, nel frattempo, le sue varie opzioni strategiche. La Russia, in effetti, si è liberata del fardello dell’incertezza, scaricandolo addosso al resto del mondo, in particolare su quelle grandi economie che dipendono fortemente dalle esportazioni di energia dal Golfo Persico.

Evidentemente il Presidente Obama considera questa sistemazione favorevole per la sua “agenda”. Il Presidente non alcun interesse a promuovere ulteriormente nel mondo le posizioni strategiche dell’America; il suo scopo potrebbe forse essere quello di diminuirlo, come ha accusato Norman Podhoretz (2) la settimana scorsa sul Wall Street Journal, e come io stesso anticipai cinque anni fa (3). Obama è concentrato sulla sua agenda interna. 

Da questo punto di vista, scaricarsi la responsabilità del caos siriano è un esercizio semplice e senza alcun rischio. L’avversione degli americani per gli interventi militari esterni è talmente forte che accetterebbero qualsiasi cosa pur di ridurre la responsabilità statunitense all’estero. Anche se l’élite del Partito Democratico è internazionalista-liberale, l’elettorato di Obama non ha alcun interesse alla Siria.

Date le circostanze, i commenti pubblici sulla politica estera sono invece un esercizio altamente frustrante. Poichè l’America è una democrazia, e un importante impegno di risorse richiede un minimo di consenso pubblico, e finchè l’America ha dominato il campo, la diplomazia è stata piuttosto trasparente. Gruppi di studio, accademici e mezzi d’informazione fungevano da casse di risonanza per qualsiasi iniziativa importante, in modo che le decisioni cruciali fossero prese, almeno in parte, con il consenso del pubblico. Questo non accadrà sulla scacchiera di Vladimir Putin. La Russia perseguirà una serie di obbiettivi strategici, ma noi, occidentali, non sapremo quali fino a cose fatte, se mai lo sapremo davvero. 

Complicazioni potrebbero giungere dalla risposta degli altri “giocatori” possibili, in particolare, la Cina, ma anche il Giappone. L’auto-riduzione da parte dell’America della propria posizione strategica consente alla Russia di poter scegliere tra più opzioni, non solo una. Al contrario, la Russia può veder crescere la sua posizione e i suoi obiettivi strategici tra cui scegliere liberamente. E Putin, seduto, in silenzio, su un lato della scacchiera, farà andare l’orologio per la mossa del suo avversario. 

Putin, agendo in questo modo, ha prevenuto una simile strategia da parte dell’Occidente. Fyodor Lukanov (4) ha scritto in Marzo scorso sul sito Al Monitor: 

Dal punto di vista della leadership russa, la guerra in Iraq sembra essere stata l’inizio di un’accelerata distruzione della stabilità regionale e globale, un attacco agli ultimi principi di un ordine mondiale sostenibile. Tutto quello che è accaduto da allora - compreso il simpatizzare con gli Islamisti durante la Primavera Araba, le politiche statunitensi in Libia e quelle attuali in Siria – sono la prova della follia strategica che si è impossessata dell’ultima superpotenza rimasta.

La persistenza della Russia nel problema siriano è il prodotto di questa percezione. Il punto non è la simpatia per il dittatore siriano, tantomeno gli interessi commerciali e neanche le basi navali a Tartus.

Mosca è certa che se il continuo crollo dei regimi autoritari secolari avviene perchè l’America e l’Occidente sostengono la “democrazia”, si arriverà a un punto di tale destabilizzazione che tutti ne verranno compromessi, Russia compresa. Per la Russia è quindi necessario resistere, soprattutto in un momento in cui l’Occidente e gli Stati Uniti sono colti da dubbi crescenti.


E’ tipico dei Russi pensare che gli Americani pensano nel modo in cui agiscono, valutando ogni mossa nella misura in cui questa possa influenzare la loro posizione generale sulla scacchiera. La nozione che è l’incompetenza, più che la cospirazione, che spiega la maggior parte delle azioni americane è piuttosto estranea al pensiero russo. Qualsiasi cosa stia pensando il leader russo, in ogni caso, se la terrà per se stesso.

Dopo dodici anni di articoli di politica estera in quest’area, non ho davvero altro da dire. L’Amministrazione Obama ha consegnato l’iniziativa strategica nelle mani di paesi in cui le politiche vengono portate avanti notoriamente dietro un muro di opacità. Mi vengono in mente le parole di Robert Frost:

E per le brutte notizie, 
della destituzione di Belshazzar,
Perché mai correre a dirlo a Belshazzar 
se presto lo saprà lui stesso?


O una vecchia scenetta del primo Robin Williams che impersonava Jimmy Carter in un suo discorso alla nazione nell’imminenza della Terza Guerra Mondiale: “E’ tutto, buona notte, ora ve la vedete voi”.


di David P Goldman

Spengler è trasmesso da David P Goldman, Ricercatore Emerito al Centro di Ricerche Politiche di Londra, e Membro Associato del Forum sul Medio Oriente. Il suo libro: Come muoiono le civiltà (e perchè anche l’Islam sta morendo) è stato pubblicato da Regnery Press nel Settembre del 2011. Un suo volume di saggi su cultura, religione ed economia, Non è la fine del mondo, è solo la tua fine, è stato pubblicato nello stesso periodo da Van Praag Press.

Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-01-160913.html
16.09.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

18 settembre 2013

Il dollaro e la crisi siriana







254627L’iniziativa di Mosca di trasferire le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale, ha influenzato positivamente gli Stati Uniti, che prevedevano di lanciare un’aggressione contro la Siria. Nel frattempo, il successo diplomatico porterà solo a una pace temporanea in Medio Oriente, poiché Washington, in ultima analisi, non metterà da parte i suoi piani ostili. Da un lato, l’opinione pubblica è fortemente contraria ai piani d’intervento degli USA, ed è un fattore che conta. Questo è ciò che dovrebbe essere preso in considerazione: a) secondo i sondaggi, oltre il 70 per cento degli statunitensi sono contro i piani d’attacco di Obama. b) L’opinione pubblica mondiale vede l’iniziativa della Russia come una via d’uscita dalla pericolosa situazione di stallo. È sbalorditivo come gli USA giochino con il fuoco in una regione chiamata la “polveriera” del mondo. Non dimentichiamo che Ban Ki-Moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha fatto una dichiarazione ufficiale a sostegno della proposta della Russia.
D’altra parte, gli Stati Uniti conservano ancora l’inesorabile desiderio di lanciare un attacco. Ma è una strada sconnessa con molti ostacoli. Com’è noto, l’attacco chimico del 21 agosto nella periferia di Damasco, non è stato perpetrato dall’esercito regolare siriano, ma piuttosto dai suoi nemici. Ci sono stati altri casi in cui le armi chimiche furono utilizzate dalle bande armate. Questo è ciò che la relazione di 100 pagine della Russia sull’attacco chimico a Khan al-Assal, vicino Aleppo, dice. L’attacco avvenne il 19 marzo, nella parte settentrionale del Paese. La relazione è stata presentata alle Nazioni Unite. A maggio, l’inquirente dell’ONU Carla Del Ponte aveva detto che c’erano forti sospetti che i ribelli siriani avessero usato gas nervino sarin. Ci sono ragioni per credere che gli attacchi possano essere ripetuti. Le provocazioni perseguono lo stesso obiettivo, forniscono a Stati Uniti, Francia e agli altri Stati della coalizione anti-Siria, che possiedono enormi arsenali chimici, una giustificazione per avanzare le richieste per un ulteriore disarmo unilaterale di Damasco, minacciando un attacco con il pretesto della “lotta al terrorismo”. Ma le armi chimiche non sono l’unico deterrente della Siria contro un intervento.
Per esempio, le forze per le operazioni speciali siriane sono pronte ad essere utilizzate negli Stati Uniti, il risultato può andare al di là di ogni più inverosimile aspettativa. Secondo il Ministero della Difesa della Siria, centinaia di soldati per le operazioni speciali dell’esercito siriano, sono attualmente situati nel territorio degli Stati Uniti. Tutti i combattenti sono raggruppati in unità di 3-7 elementi impiegati dalle forze speciali siriane “al-Qassam”, e sottoposti a un addestramento completo. Sono abilitati ad effettuare operazioni di sabotaggio negli Stati Uniti. Gli obiettivi potenziali che possono essere danneggiati comprendono ferrovie, centrali elettriche, acquedotti, terminali petroliferi e del gas, e obiettivi militari, per lo più basi aeree e navali. Una fonte ha detto che la leadership siriana ha scelto questa strategia, basandosi sulle esperienze delle guerre in Jugoslavia, Iraq e Libia, dove l’aggressione si rifletté nella posizione difensiva di questi Paesi, destinata al fallimento. Le forze speciali siriane hanno una ricca esperienza, avendo affinato le loro capacità nelle guerre contro Israele, e nelle azioni di combattimento che si svolgono in Libano e in Siria. I soldati non devono andare negli Stati Uniti, per causargli gravi danni. La collaborazione con squadre per operazioni speciali iraniane, farà aumentare immensamente l’efficacia delle operazioni in dimensioni, numeri e perdite economiche. Tali forze possono colpire gli interessi statunitensi in Israele, Turchia, Arabia Saudita, ecc.
L’Arabia Saudita è uno dei guerrafondai più attivi. Non senza ragione è preoccupata dalla prospettiva dei disordini sciiti, diventati imminenti di recente. Gli sciiti costituiscono il 15 per cento della popolazione, ma nutrono forti sentimenti filo-iraniani (con il sostegno di altri sciiti che costituiscono la maggioranza della popolazione in Iraq, Bahrein e delle grandi comunità sciite in Libano). La maggior parte degli sciiti sauditi si concentra a Qasa, sulle rive del Golfo Persico, dove si trova il maggiore giacimento di petrolio del Paese. L’Egitto è anch’esso una sorta di deterrente. Si sta preparando al braccio di ferro tra il governo e gli islamisti supportati da Ankara. Un intervento contro la Siria potrebbe provocare la guerra civile in Egitto, bloccando il traffico di petroliere nel canale di Suez. Per circumnavigare l’Africa occorrono oltre due settimane. La rotta della Russia settentrionale è il percorso più breve che colleghi i principali poli economici del pianeta (Europa occidentale, Nord America e Sud-Est asiatico), ma non è ancora pronto ad affrontare un compito di questa portata. Nel caso in cui l’attacco contro la Siria venga effettuato, sorgeranno problemi anche per i prezzi del petrolio, che inesorabilmente saliranno, e il dollaro non sarà più la valuta di riserva mondiale: nella prima metà del 2013 Iran, Australia e cinque dei dieci leader economici mondiali, tra cui Cina, Giappone, India e Russia, hanno deciso di abbandonare l’uso del dollaro per le transazioni commerciali internazionali. Mosca, il più grande esportatore di petrolio, e Pechino, il primo importatore mondiale di petrolio, sono pronte a rimuovere il dollaro come valuta di scambio del petrolio, in qualsiasi momento. Ciò costituisce una grave minaccia per gli Stati Uniti d’America. Perciò l’intenzione di intervenire contro la Siria appare un tentativo per rimandare il crollo della valuta statunitense. Non è un caso che l’aggravamento della situazione in Siria coincida con il rinvio del dibattito sul default negli Stati Uniti, da febbraio a questo autunno. Non è la democrazia in Siria che suscita grande preoccupazione a Washington, ma piuttosto il tetto del debito, il problema che può trasformare gli Stati Uniti in uno “stato fallito”…

di Nikolaj Malishevskij 
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

17 settembre 2013

Craxi e i comici silenzi-dissensi di Giuliano Amato

  


Questa 'stroncatura', a suo modo preveggente, di Giuliano Amato è stata scritta nel gennaio del 2007 sul mensile 'Giudizio Universale'.

La prima volta che vidi Giuliano Amato fu a un dibattito televisivo agli inizi degli anni Ottanta. Accesi la Tv proprio mentre diceva: «Io parlo uno splendido italiano». Poichè eravamo ancora molto lontani dall'era delle volgarità berlusconiane mi colpi' la prosopopea di questo professorino allora totalmente sconosciuto ai più e ai meno perchè, benchè ordinario dal 1975 di Diritto costituzionale comparato alla Sapienza, non aveva pubblicato nulla, com'è ormai usanza dei nostri docenti universitari, da Panebianco a Della Loggia. Questa alta considerazione di sé la si ritrova in una recente minibiografia autorizzata dove Amato si fa descrivere cosi': «Uomo politico, noto per la sua leggendaria intelligenza e raro acume nell'esaminare gli eventi». In realtà è uno straordinario specialista di surfing politico. Parte come «psiuppino», cioè all'estrema sinistra, al di là dello stesso Pci, ma quando il Psi riformista comincia la sua scalata al potere entra nelle sue file e, nel 1983, si fa eleggere deputato. Prima è oppositore di Craxi ma allorchè il segretario del Psi, divenuto premier, gli offre il posto di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ne diventa uno dei più fedeli 'consigliori'. Quando il Psi, sotto le mazzate di Mani pulite, crolla, non si schiera con Craxi ma nemmeno contro. Semplicemente diserta e si rifugia nella villa di Ansedonia a giocare a tennis con Giuseppe Tamburrano, e a curare gli 'amati studi' dove continua a non produrre assolutamente nulla. Dopo una lucrosa parentesi come presidente dell'Antitrust sarà pronto per diventare uno dei più eccellenti e potenti riciclati della Seconda Repubblica, essendo stato uno dei disastrosi protagonisti della Prima.
E' uno Svicolone nato, come il pavido leone di un famoso cartoon. Ma più che a un leone, per quanto imbelle, somiglia a un'anguilla. I suoi ragionamenti sono cosi' sottili, ma cosi' sottili da essere prudentemente impalpabili e quasi invisibili. Esilaranti sono i suoi rapporti col lider màximo del Psi come lui stesso li ha raccontati in un'intervista, a Craxi morto. Quando Amato era d'accordo col Capo esprimeva il suo incondizionato assenso, quando non lo era restava muto. Ha chiosato Rino Formica, un altro socialista che ha pero' avuto la decenza di ritirarsi a vita privata: «Quel passaggio sul silenzio-dissenso è assolutamente strepitoso...Se Amato era d'accordo esprimeva liberamente il suo consenso. Se invece affiorava un'increspatura, non dico un dissenso, ma anche una piccola perplessità, un dubbio, un trasalimento, Amato che faceva? Non si agitava, non parlava, si esprimeva in silenzio. Ma non un silenzio qualunque. No, un silenzio operoso. E Craxi capiva: se Giuliano sta zitto vuol dire che dissente. Metafisica pura».
Come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Craxi (1983-1987) e come ministro del Tesoro dal 1987 al 1989 nei governi Goria e De Mita, Giuliano Amato è stato protagonista in prima persona del sacco delle casse dello Stato perpetrato negli anni Ottanta, che ci ha regalato quasi due milioni di miliardi di debito pubblico in vecchie lire che ancora ci pesano sul groppone e per i quali l'Unione europea continua a strigliarci chiedendoci sempre nuovi sacrifici. Ma è sempre lo stesso Amato, lui même, divenuto nel 1992 premier, perchè Craxi è azzoppato dalle inchieste giudiziarie, che, per rattoppare in qualche modo la bancarotta che ha contribuito a creare, si introduce nottetempo, come un ladro che risalga da una fogna, nelle banche per prelevare i quattrini dai conti correnti dei cittadini, fatto inaudito nella storia di uno Stato di diritto. Il suo «raro acume nell'esaminare gli eventi» non gli servirà per percepire cio' che individui dotati di una intelligenza meno «leggendaria» hanno già capito da un pezzo, e cioè che la Prima Repubblica è sull'orlo di un crollo da cui lo stesso Amato, almeno per il momento, sarà travolto.
Molto disinvolto con i quattrini altrui, Giuliano Amato è attentissimo ai suoi. Guido Gerosa mi ha raccontato che durante le temperie di Tangentopoli Craxi invio' Amato a Milano per mettere un po' d'ordine fra i compagni. Il 'Dottor Sottile' invito' a cena i parlamentari lombardi, fra cui Gerosa, nel solito lussosissimo e costosissimo ristorante che i socialisti frequentavano all'epoca della 'Milano da bere', tanto pagava il partito, cioè il contribuente con i soldi che il Psi, insieme agli altri, gli taglieggiava. Ma alla fine di questa cena, fra la costernazione generale, annuncio': «Si fa alla romana». Le casse del Psi, saccheggiate da Craxi & co., erano vuote. Sarebbe quindi toccato al proconsole Amato pagare di tasca sua. E non era cosa.
di Massimo Fini 

14 settembre 2013

Un'altra crisi finanziaria se i Paesi ricchi non alleggeriranno la dipendenza dalla liquidità



Un'altra crisi finanziaria incomberà se i Paesi ricchi non alleggeriranno la propria dipendenza dalle iniezioni di liquidità





Appena la gente ha cominciato a pensare che la situazione nei paesi ricchi fosse diventata più tranquilla – anche se non proprio più brillante – le cose sono andate decisamente peggio, con più volantilità, nelle economie dei cosiddetti “mercati emergenti”. Al momento al centro dell’attenzione (suo malgrado) c’è l’India, che sta vedendo un rapido deflusso di capitali e di conseguenza una rapida caduta del valore della sua moneta, la rupia. Ma anche molte altre economie emergenti, a parte la Cina, hanno visto recentemente dei simili deflussi e un indebolimento delle loro valute .
Questo non è necessariamente uno sviluppo sfavorevole. Le valute di molte economie emergenti, specialmente il real brasiliano e il rand sudafricano, erano decisamente sopravvalutate, danneggiando la competitività delle loro esportazioni. La svalutazione può in effetti aiutare queste economie a riportare la crescita su un binario più sostenibile.
Tuttavia, tutti sono giustamente preoccupati del fatto che deflussi troppo rapidi di capitali possano causare svalutazioni eccessivamente veloci, che provocherebbero crisi valutarie e quindi crisi finanziarie, come già successo nell’est Asiatico nel 1997. Situazioni del genere possono verificarsi perché il valore delle monete dei paesi emergenti è stato gonfiato da un qualcosa che poi può rapidamente scomparire – vale a dire, grandi afflussi di capitali speculativi provenienti dai paesi ricchi. Data la loro natura, questi capitali sono pronti a ritirarsi in qualsiasi momento, come stanno facendo sempre più negli ultimi mesi.
Questo è un duro monito che nell’economia mondiale le cose non stanno ancora andando bene, a cinque anni dallo scoppio della più grande crisi finanziaria delle ultime tre generazioni, nel settembre 2008.
Abbiamo avuto dei grandi afflussi di capitali verso le economie emergenti soprattutto a causa del quantitative easing (QE) praticato dalle banche centrali di USA, Gran Bretagna ed altri paesi ricchi, che hanno immesso migliaia di miliardi di dollari nell’economia mondiale, in un disperato tentativo di rivitalizzare le loro economie moribonde.
Nella sua fase iniziale, il QE può avere agito come una scarica elettrica su qualcuno che ha appena avuto un arresto cardiaco. Ma successivamente i suoi effetti di stimolo si sono manifestati ampiamente sotto forma di creazione di insostenibili bolle speculative – nel mercato azionario, nei mercati immobiliari e nei mercati delle materie prime – che potrebbero esplodere e generare un altro ciclo di crisi finanziarie. Per di più, ciò ha causato molti danni collaterali ai paesi in via di sviluppo, sopravvalutando le loro monete, contribuendo alla formazione di insostenibili boom creditizi, e adesso minacciandoli con la prospettiva di crisi valutarie.
Se i suoi effetti sono quantomeno discutibili e nel peggiore dei casi preparano il terreno per il prossimo ciclo di crisi finanziarie, perché c’è stato così tanto QE? Il fatto è che esso è l’unica arma che i governi dei paesi ricchi sono stati disposti ad impiegare per generare una ripresa economica.
Il QE è diventato l’arma preferita da questi governi perché è l’unico modo attraverso il quale si può dar vita a una ripresa – per quanto debole e anemica – senza cambiare il modello economico che ha funzionato così bene a favore di ricchi e potenti negli ultimi trent’anni.
Questo modello va avanti con la generazione continua di bolle speculative, alimentato da complessi e opachi strumenti finanziari a forte leva creati dalle banche e da altre istituzioni finanziarie. È un sistema in cui i profitti finanziari a breve termine hanno la precedenza sugli investimenti produttivi a lungo termine e sulla qualità della vita dei lavoratori. Se i paesi ricchi avessero tentato di generare la ripresa attraverso strumenti diversi dal QE, avrebbero dovuto mettere seriamente in discussione questo modello.
Una ripresa guidata da politiche fiscali avrebbe comportato un aumento della quota di reddito nazionale destinata a investimenti pubblici e a spesa per il welfare, riducendo così la quota che va ai ricchi. Ciò avrebbe generato nuovi posti di lavoro nel settore pubblico, il che avrebbe indebolito il potere contrattuale dei capitalisti riducendo la disoccupazione.
La ripresa basata su un “riequilibrio” dell’economia avrebbe imposto politiche che danneggiano il settore finanziario. Il sistema finanziario avrebbe dovuto essere riprogettato per canalizzare più denaro verso gli investimenti a lungo termine che aumentano la produttività. I tassi di cambio avrebbero dovuto mantenersi a livelli competitivi in modo permanente, piuttosto che a quei livelli sopravvalutati graditi dal settore finanziario. Ci sarebbero dovuti essere più investimenti pubblici nella formazione di scienziati e ingegneri, e maggiori incentivi per il loro inserimento lavorativo nel settore industriale, riducendo così il bacino di reclutamento dell’industria finanziaria.
Tutto considerato, non è una grossa sorpresa che coloro che beneficiano dello status quo abbiano insistito con il QE. Ciò che sorprende è che essi abbiano addirittura rafforzato lo status quo, nonostante il caos che hanno provocato. Essi hanno fatto pressioni con successo per i tagli alla spesa pubblica, per ridurre lo stato sociale a un punto che nemmeno Margaret Thatcher avrebbe potuto raggiungere. Hanno usato la paura della disoccupazione in un contesto di arretramento della rete di sicurezza sociale per costringere i lavoratori ad accettare lavori precari e part-time, contratti meno sicuri (contratti a zero ore sono il caso più estremo) e condizioni di lavoro più povere.
Ma il mantenimento, o addirittura il rafforzamento, di questo ancien régime è destinato a durare? Può essere, ma forse no. Grecia, Spagna e altri paesi della periferia dell’eurozona potrebbero esplodere in qualsiasi momento, a causa della loro elevata disoccupazione e dell’aggravarsi dell’austerità. Negli USA, che sono considerati la patria dei lavoratori docili e accondiscendenti, la richiesta di salari di sussistenza si sta facendo più forte, come si vede dai recenti scioperi dei lavoratori dei ristoranti fast-food. I britannici sono (eccessivamente) pazienti, ma potrebbero cambiare atteggiamento nei prossimi mesi, quando realizzeranno la vera portata dei tagli alla spesa.
Tutto questo fermento può ridursi a poco, specialmente considerando l’indebolimento dei sindacati, eccetto che in pochi paesi, e l’incapacità dei partiti di centrosinistra di presentare una coerente visione alternativa. Ma la politica è imprevedibile. A cinque anni dalla crisi, la vera battaglia per il futuro del capitalismo potrebbe essere solo all’inizio.

di Ha-Joon Chang 

12 settembre 2013

Il mondialismo e il ”Club Bilderberg”







“Il membri del Bilderberg stanno costruendo l’era post-nazionalismo: non avremo più Paesi, ma solo regioni della terra all’interno di un mondo unico. Questo significa un’economia globalizzata, un unico Governo Mondiale, selezionato anziché eletto e una religione universale. Per assicurarsi il raggiungimento di tali obiettivi, il Bilderberg si concentra su il controllo tecnologico e la scarsa sensibilizzazione della opinione pubblica”. William Shannon.
La paura dei capi del Gruppo Bilderberg è quello di dover fronteggiare un’opposizione organizzata. I suoi membri non vogliono che la gente comune comprenda del tutto quello che stanno progettando per il futuro del Pianeta: un Governo Unico Mondiale, azienda mondiale; con un signolo mercato globale, controllato da un solo esercito mondiale e regolato dalla Banca Mondiale, che utilizzerà un’unica moneta universale. Di seguito i progetti che il Gruppo massonico più potente del mondo ha in mente. Unica civiltà internazionale: Rafforzando le istituzioni internazionali, vogliono distruggere completamente tutte le identità nazionali attraverso la sovversione dei loro valori tradizionali, allo scopo di sostituirli con quelli della globalizzazione. Nessun altra cultura dovrà sopravvivere, in futuro. Controllo centralizzato delle persone: Utilizzando il controllo delle menti, vogliono obbligare tutta l’umanità a obbedire alla loro volontà. Il piano di attuazione del loro progetto è chiaramente descritto nel libro di Zbigniew Brzezinski “A cavallo di due epoche: il ruolo dell’America nell’era tecnocratica”. Brzezinski ha ottenuto una laurea a Harvard nel 1953, è uno dei fondatori della Trilateral Commission, controllata da Rockefeller, e ha fatto una impressionante carriera. Non solo è stato Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Carter, ma ha anche ricoperto l’incarico di membro del Comitato Consultivo per gli Affari Esteri sotto Ronald Reagan ed è stato co-presidente della task force consultiva per la Sicurezza Nazionale nel 1998, sotto George W. Bush; inoltre è un collaboratore di Henry Kissinger e ha partecipato a moltissime conferenze del Bilderberg. Nel Nuovo Ordine Mondiale prevede la scomparsa del ceto medio: rimarranno solo padroni e schiavi. Tragica e attuale realtà.
Società a crescita zero: In un’epoca post-industriale, la crescita zero, sarà necessaria per distruggere ogni traccia di ricchezza generale. Quando c’è ricchezza, c’è progresso. Ricchezza e progresso rendono impossibile imporre la repressione, e c’è bisogno della repressione, se si spera di dividere la società in padroni e schiavi. La fine della ricchezza porterà la fine dell’energia elettrica nucleare e di tutti i sistemi industrializzati, tranne le industrie produttrici di computer e fornitrici di servizi. Le rimanenti industrie statunitensi e canadesi verranno esportate nei Pesi poveri, come la Bolivia, il Perù, l’Ecuador e il Nicaragua, dove il lavoro coatto costerà pochissimo. Così, uno degli obiettivi principali del NAFTA (Accordo per il Libero Mercato nel Nord America) sarà raggiunto.
Continuo stato di squilibrio psicologico: Attraverso una serie di crisi costruite a tavolino, spingeranno gli individui verso una continua prigionia fisica, mentale ed emozionale. Così sarà possibile tenere le persone in un costante stato di squilibrio psicologico. Troppo stanchi e deboli per prendere decisioni sul proprio destino, i popoli saranno confusi e demoralizzati, come insegna la massima “di fronte a troppe scelte, si ottiene un’apatia su larga scala”.
Controllo centralizzato di tutti i sistemi educativi: Una delle ragioni che stanno dietro alla formazione dell’Unione Europea, dell’Unione Americana e della futura Unione Asiatica, è di poter realizzare un totale controllo dei sistemi educativi, per realizzare il “Nuovo Ordine Mondiale” globalizzato, attraverso l’eliminazione della conoscenza della storia del mondo. I loro sforzi in proposito stanno dando risultati incredibili. La gioventù dei nostri tempi è quasi completamente ignorante sulle lezioni del passato, le libertà individuali e il significato del termine “libertà”. Dal punto di vista delle forze della globalizzazione, questo facilita il lavoro.
Controllo centralizzato di tutte le politiche interne ed estere: Quello che gli Stati Uniti fanno, ha effetto sul mondo intero. Questo da sempre, è sempre stato così. Al momento, il Bilderberg sembra esercitare un certo controllo sulle scelte politiche del Presidente degli Stati Uniti, Bush. Le politiche del Canada, Paese che apparentemente conserva la propria sovranità, stanno procedendo secondo il volere degli Stati Uniti; quelle dei Paesi europei, ovviamente, ora dipendono dalle scelte dell’Unione Europea.
Rafforzamento dell’ONU: Ampliando i poteri delle Nazioni Unite, hanno in programma di realizzare un “Governo Mondiale”, sia de jure che de facto, ed imporre una tassa, da versare direttamente all’ONU, per ottenere la cittadinanza mondiale.
Mercato unico occidentale: Espandendo il NAFTA, in tutto l’emisfero occidentale del globo, compreso il Sud America, otterranno una Unione Americana, simile all’Unione Europea.
Espansione della NATO: Visto che l’ONU interviene nei teatri più difficili del mondo, come l’Afghanistan, di fatto la NATO si sta, anzi è già da decenni, trasformando nell’esercito mondiale dell’ONU.
Unico sistema legale: La Corte Internazionale di Giustizia sta per diventare l’unico organo giudiziario del mondo.
Unico “Welfare State” Socialista: Il Bilderberg vuole instaurare un regime socialista del “Welfare State”, in cui gli schiavi obbedienti saranno premiati e quelli ribelli verranno sterminati.
Il Gruppo Bilderberg ha il potere e l’influenza per imporre le sue politiche a tutte le nazioni del mondo. Abbiamo già visto quanto siano lunghi i suoi tentacoli, tanto da riuscire a controllare il Presidente degli Stati Uniti, il Primo Ministro del Canada, tutti i principali mass media operanti in Occidente, tutti i più importanti uomini politici, i principali personaggi del mondo finanziario e le banche centrali dei maggiori Paesi del mondo; tra cui la Federal Reserve degli Stati Uniti, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite. Con tali agganci, sono in grado di distruggere chiunque, grande o piccolo che sia, intendesse opporsi ai loro piani di creazione del Nuovo Ordine Mondiale, come in casi realmente accaduti. Per esempio, in “Avventure con gli Estremisti” (Picador 2001) Jon Ronson racconta che, durante la “guerra delle Falkland”, il governo britannico richiese che venissero adottate sanzioni internazionali contro l’Argentina, ma incontrò una forte opposizione. In seguito, al meeting del Bilderberg di Sandefjord (Norvegia), David Owen, membro del Parlamento britannico, tenne un acceso discorso per sostenere le sanzioni. Il suo discorso ha cambiato l’opinione di tanti. Purtroppo, questa semplice e bella storia di cooperazione internazionali tra le nazioni, come molte altre, non ha portato effetti positivi.
 
Il massonico Bilderberg smascherato
“ Non è la Trilateral Commission”, a dirigere il mondo. E’ il Council on Foreign Relations (CFR) a farlo”. Parole di Sir Winston Lord, Presidente del CFR (1978); Vice Segretario di Stato, membro del Dipartimento di Stato USA, membro dell’Ordine “Skull & Bones”.
Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori della democrazia americana, usava affermare: “I singoli atti compiuti da un tiranno li si possono ascrivere all’opinione occasionale di quel giorno, ma una serie di soprusi, iniziata in un determinato periodo e portata avanti in modo continuativo durante l’avvicendarsi dei Presidenti, dimostra fin troppo chiaramente che esiste un piano sistematico, volto a ridurci in schiavitù”. La caratteristica più profonda di questo gruppo mondiale, quasi esclusivamente maschile e corporativo, fu espressa da David Rockefeller nel giugno del 1991, durante il meeting del Bilderberg di Baden-Baden, in Germania, quando affermò che una “sovranità sovranazionale, esercitata da una élite intellettuale e di banchieri mondiali, è sicuramente preferibile all’autodeterminazione delle nazioni, come avveniva nei secoli scorsi”. Il 9 dicembre del 2001, il professore John Mc Murthy, dell’Università di Guelph (Canada), disse nel suo discorso di apertura di un forum intitolato “Cosa può fare, il Canada, di fronte al terrorismo e alla guerra?”: “In quanto struttura di potere a livello mondiale, messa in piedi dalle stesse forze finanziarie e dal sistema dei mass media, ha posto Tony Blair a guida della Gran Bretagna e George W. Bush alla Casa Bianca, nonostante la maggioranza dei votanti fosse contraria. Le multinazionali hanno finanziato e comprato questi leader politici per essere certi che questi uomini corrotti servissero i loro piani più di quanto non avrebbero fatto dei governi liberamente eletti dal popolo, e hanno fatto in modo, attraverso la creazione di entità plenipotenziarie e provvedimenti per mercati transnazionali, che i governi non potessero ostacolare i loro piani a lungo, senza infrangere le nuove leggi commerciali e finanziarie, con cui vengono tutelati solo i diritti di queste grandi multinazionali”.
Quello che lascia perplesso, basiti ed attoniti, è che le persone non riescano a vedere con i loro occhi i pericoli nascosti dietro a tutto questo. Dipende forse dal fatto che la conoscenza porta responsabilità e spinge a impegnarsi per ottenere un cambiamento? Se tutti noi ci rendessimo conto che esiste un potere molto più forte dei vari presidenti eletti dal popolo, un’autorità spirituale molto più potente del Papa, un potere invisibile; il sistema bancario internazionale, il più potente sistema di propaganda della storia dell’umanità, che controlla gli apparati di tutti gli eserciti e tutti i servizi segreti del mondo, saremmo costretti a concludere che la democrazia, nelle migliori delle ipotesi, è un’illusione e, nella peggiore, rappresenta il preludio per quella dittatura che si chiama Nuovo Ordine Mondiale. Micheal Thomas, un operatore di Wall Street, molto apprezzato come scrittore e considerato uno dei commentatori più incisivi sull’era Reagan-Bush, il 28 maggio 1999 ha dichiarato al SHC News che “se i membri del Bilderberg sembrano essere più restii del solito ad apparire sui media, è perché, tra le altre ragioni, si rendono conto che le loro principali strutture, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, hanno causato un numero di devastazioni umane superiore a quello seguito alla II Guerra Mondiale”. “L’infelice risultato”, scrive l’ex giornalista della BBC Tony Gosling, “è l’immagine di una democrazia occidentale ridimensionata, nella quale le persone incaricate di prendere decisioni non tengono conto dei bisogni della gente, come la giustizia sociale, il bene comune e una buona qualità della vita; al contrario, causando una forte austerità economica, vogliono favorire gli interessi delle élite politiche e delle multinazionali”. Nonostante le prove siano evidenti, la maggioranza della gente ritiene di essere troppo occupata a risolvere i problemi quotidiani che è costretta ad affrontare, per perdere tempo con le teorie della cospirazione. Questo è esattamente il tipo di lavaggio di cervello, che Tavistock aveva in mente per noi. Di fronte al caos totale, stiamo reagendo come fece Nixon, che venne prima isolato, poi manipolato e infine distrutto dagli organizzatori della globalizzazione. Demoralizzate e manipolate, private della propria autostima, insicure verso il futuro, le persone sono sempre più poste nella condizione di desiderare l’arrivo del “Messia”, l’avvento di un Nuovo Ordine, che prometta di eliminare la droga, la pornografia, la prostituzione minorile, l’aumento della criminalità, le guerre, le carestie e la sofferenza, garantendo al contempo una società basata sull’ordine, in cui le persone vivranno in armonia. Ma questa nuova armonia, così dipinta, finirà con l’incidere sulla nostra libertà, sui diritti umani, sulla libertà di pensiero e, in generale, su tutta la nostra esistenza. Armonia significherà una società socialista; diventeremo semplicemente dei numeri, in un sistema dominato dalla burocrazia del Nuovo Ordine Mondiale. Chi non si conformerà, sarà internato in campi di concentramento creati sul modello della prigione di Guantanamo. Tutto questo accadrà, se noi, la gente di quello che rimane del mondo libero, non inizieremo una volta per tutte a combattere per difendere i nostri ideali nazionali, invece di lasciare tutto nelle mani dei governanti, di commissari dell’Unione Europea, dei rappresentanti alle Nazioni Unite e della famiglie reali, tutti soggetti che ci stanno ed hanno tradito. Questi graziosi, ben educati membri delle famiglie reali europee, queste anziane donne dai modi eleganti e questi gentiluomini bonari, sono in realtà persone assolutamente spietate. Sfruttano le sofferenze delle nazioni e spendono le loro ricchezze per proteggere il loro privilegiato stile di vita. Le fortune dell’aristocrazia sono inestricabilmente legate e intrecciate con il mercato della droga, dell’oro, dei diamanti e delle armi; con il sistema bancario, del commercio e dell’industria, del petrolio; con il controllo dei media e dell’industria dell’intrattenimento. Come si possono verificare questi fatti, se è praticamente impossibile penetrare all’interno del Gruppo Bilderberg? Alcuni di essi sono indimostrabili, perché le informazioni che riceviamo arrivano direttamente dai servizi segreti, in modo che solo una minoranza privilegiata possa venire a conoscenza della realtà. Non aspettatevi mai che i principali telegiornali possano dare notizie sulla cospirazione che sta avvenendo alle nostre spalle. La stampa è sotto il totale controllo di questi gentili signore e signori, che spendono tanto tempo impegnandosi in attività di beneficenza. Molta gente, non vedendo i motivi dietro le cose descritte, dato che non ne parlano né le televisioni, né i giornali, né le radio; è convinta che debba per forza trattarsi di una teoria della cospirazione, quindi da ignorare o deridere, ma comunque da rifiutare. Vogliono prove concrete, ma sono difficili da trovare. Questo è ciò che il sistema di lavaggio del cervello di Tavistock ha fatto alla razza umana. Il Nuovo Ordine Mondiale si è impegnato a neutralizzare l’unica arma che noi, persone comuni, potevamo utilizzare per ostacolare i suoi progetti. Sto cercando di strappare via la maschera dal volto del Nuovo Ordine Mondiale, per mostrare ciò che esso normalmente è.
Il Bilderberg ed i tentacoli del CFR (Council on Foreign Relations), il Consiglio sulle relazioni estere
“Non è la Trilateral Commission, a dirigere il mondo. E’ il Council on Foreign Relations a farlo”. Parole di Sir Winston Lord, Presidente del Council on Foreign Relations, 1978.
Esistono attualmente diverse organizzazioni derivanti dal Gruppo Bilderberg: La più grossa è la “Tavola Rotonda”, che comprende il “Britains Royal Institute of International Affairs”, gli Istituti di Affari Internazionali del Canada, dell’Australia, del Sud Africa, dell’India e dell’Olanda, e gli “Institute of Pacific Relations” di Cina, Russia e Giappone. Uno dei distaccamenti della “Tavola Rotonda”, con sede negli Stati Uniti, si chiama “Council on Foreign Relations”, abbreviato in CFR. L’origine del CFR risale al 1921 e uno dei suoi fondatori, Edward Mandell House, che è stato il principale consigliere politico del presidente Woodrow Wilson, venne accusato di essere il vero manovratore dell’amministrazione Wilson dal 1913 al 1921. Per ironia, House era un noto marxista. Interpretava il socialismo come una forma di totalitarismo e, seguendo la sua concezione, fece istituire dalla casa Bianca una Banca Centrale indipendente, che controllasse la valuta degli Stati Uniti. Fino al 1913 il Congresso degli Stati Uniti aveva controllato l’emissione del denaro, ma solo un anno dopo venne varato il “Federal Reserve Act”, che attuò il passaggio di questo potere dal Congresso a una banca centrale privata. House, inoltre, propose il sedicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che introdusse l’imposta sul reddito, un’altra idea presa da Karl Marx. House scrisse il programma per la “Lega delle Nazioni”, che fu la proposta avanzata dal presidente Wilson alla “Conferenza di Pace” di Parigi del 1919. Il biografo ufficiale di House, Charles Seymour, disse che Wilson “approvò il disegno di House praticamente in toto; il suo intervento personale fu limitato solo alla fraseologia”. Al termine del mandato di Wilson, nel 1921, House e i suoi sostenitori avevano istituito il “Council on Foreign Relations” (CFR). Fin dal principio, il loro intento era quello di creare un Governo Unico Mondiale, basato su un sistema finanziario centralizzato, caratterizzato da un particolare mix di capitalismo e di socialismo, di opportunismo e di idealismo. Al primo meeting del CFR, si ritrovarono gli appartenenti alla élite più ricca e famosa degli Stati Uniti. Entro il primo anno, la Fondazione Rockefeller e la Carnegie stanziarono dei finanziamenti per il CFR, che così poté espendersi. Al Presidente Franklin Roosvelt va addossata la responsabilità di avere riempito il Dipartimento di Stato di membri del CFR nel 1940, così che la seguente generazione di membri del CFR si trovò già inserita nei centri del potere. In Quartiere Generale del CFR si trova a New York, nella Harold Pratt House, una storica residenza situata all’angolo tra la Park Avenue e la 68esima strada; rappresenta il lascito di un erede della ricchezza della “Standard Oil”dei Rockefeller, Charles Pratt, il quale donò l’edificio nel 1929. Nel 2006, oltre quattromila appartenenti all’establishment del potere degli Stati Uniti erano membri del CFR.
Nonostante il CFR svolga un ruolo importante nella formazione delle decisioni prese dal Governo, resta sconosciuto a molti cittadini. Solo una persona su cinquemila conosce l’organizzazione, e una percentuale ancora minore è al corrente dei suoi reali scopi. Durante i primi 50 anni della sua esistenza, il CFR ha suscitato scarso interesse, da parte dei media. Un così grande anonimato vi potrà apparire strano, almeno finché non avrete visto la lista dei membri del CFR; infatti essa include i principali dirigenti del New York Times, del Washington Post, del Los Angeles Times, del Wall Street Journal, della NBC, della CBS, della ABC, della FOX, del Time, di Fortune, di Business Week, di U.S. News e di World Report e di molte altre testate giornalistiche. Finché i media prendono parte alle conferenze, perché dovremmo pensare che siano discreti, al riguardo? Se non c’è niente di male, perché dovrebbero autocensurarsi? Lo storico Arthur Schlesinger Junior ha definito il CFR una “organizzazione centrale” nel cuore dell’establishment americano. Il Newsweek ha definito i leader del CFR come “l’establishment che determina la politica estera degli Stati Uniti”. Richard Rovere, scrivendo sulla rivista Esquire, individuò in loro “una sorta di presidio della parte dell’establishment che determina il nostro futuro come nazione”. Sono oltre duecento, tra giornalisti, corrispondenti e responsabili della comunicazione, i membri che difendono il diritto del CFR a tenere riunioni riservate, sulla base di una presunta necessità di avere un luogo in cui i leader coinvolti possano parlare liberamente, per analizzare gli eventi cruciali che spingono la politica degli Stati Uniti verso un mondo dominato dall’economia e cercare di raggiungere delle intese per le soluzioni politiche da prendere. Una volta che queste soluzioni politiche vengono trovate, allora la stampa e i pubblici dibattiti vengono accettati dal CFR. Quando una qualunque organizzazione non accetta che vengano rese pubbliche le sue discussioni e le sue attività, dobbiamo dubitare delle informazioni che ci fornisce. I documenti del CFR, rappresentano i fatti reali o ciò che il Council vuole che noi vediamo e crediamo? Nel libro di Jim Marrs “Rule by Secrecy”, l’economista Kenneth Galbraith, ex membro dell’organizzazione, definisce le pratiche del CFR uno scandalo. Egli si chiede “perché degli uomini d’affari dovrebbero incontrarsi con degli esponenti del Governo per discutere di informazioni da non rendere disponibili alla pubblica opinione, soprattutto quando queste possono essere economicamente vantaggiose?”. Esiste un’altra organizzazione con lo stesso obiettivo di Governo Unico Mondiale, la quale si differenzia solo per il fatto che i suoi membri rappresentano l’alleanza mondiale del commercio, che comprende il Nord America, l’Europa Occidentale e l’Asia. Si chiama “Trilateral Commission” ed è stata fondata e finanziata da David Rockefeller nel 1973. Prima di formare questa organizzazione, egli ha testato l’idea di darle vita, durante il meeting del Gruppo Bilderberg del 1972 a Knokke, in Belgio. Non molti sanno che gli stessi individui che appartengono al CFR e al Bilderberg partecipano anche alla Trilateral Commission. Il CFR coinvolge solo membri americani. Al Bilderberg partecipano solo personalità degli Stati Uniti, del Canada, dell’Europa Occidentale. La Trilateral Commission coinvolge tutto il potere finanziario del mondo. David Rockefeller, la cui famiglia ha finanziato il CFR, è il comune denominatore di tutti questi gruppi paralleli. Non è solo il presidente emerito del CFR, ma fornisce anche il suo personale supporto e continui finanziamenti al CFR, alla TC e al Gruppo Bilderberg. Queste tre organizzazioni appartengono ad una élite egoista, che protegge la propria ricchezza e i propri investimenti in banche internazionali e in multinazionali attraverso l’espansione dell’economia, a discapito dello sviluppo delle nazioni e dei Paesi del Terzo e del Quarto Mondo: le politiche che esse promuovono portano benefici unicamente a loro, sottomettendoci ad un unico Governo Mondiale. Per capire l’estensione del Bilderberg, del CFR e della TC, è sufficiente ricordare che quasi tutti i candidati, di entrambi i partiti, alle presidenziali degli Stati Uniti, appartengono ad almeno a una di queste organizzazioni, e lo stesso discorso vale per molti senatori e membri del Congresso, per la maggior parte dei protagonisti politici del Paese, specialmente nel settore della politica estera, per molti membri della stampa, per molti appartenenti alla leadership della CIA, dell’FBI, dell’IRS (il Fisco americano) e per molti membri delle altre organizzazioni rimanenti che agiscono a Washington.
Per quanto riguarda i presidenti degli Stati Uniti, abbiamo una lunga serie di candidati, cha hanno partecipato e/o vinto le elezioni ogni quattro anni e che facevano parte del CFR. Nel 1952 e nel 1956, il membro del CFR Adlai Stevenson sfidò Eisenhower. Nel 1960, fu la volta di una sfida tra membri del CFR, Nixon contro Kennedy. Nel 1964, l’ala conservatrice del Partito Repubblicano sconvolse l’establishment, candidando il suo esponente, Barry Goldwater, contro quello appoggiato da Nelson Rockefeller, Johnson; Rockefeller, insieme all’ala del CFR, dipinse Goldwater, come un “pericoloso radicale, che vorrebbe abolire la Sicurezza Sociale e sganciare la bomba atomica su Hanoi, e in generale lo definirono una reincarnazione di Mussolini, il dittatore fascista”; Goldwater venne umiliato e Johnson vinse alla grande. Nel 1968, vi fu ancora una volta una sfida all’interno del CFR: Nixon contro il democratico Hurbert Humphrey. Nel 1972, di nuovo due membri del CFR: il presidente Nixon contro lo sfidante democratico George McGovern. Nel 1976, il presidente repubblicano Gerald Ford, del CFR, contro lo sfidante, del CFR e della Trilateral Commission (TC), Carter. Nle 1980, il presidente Carter venne sconfitto da Ronald Reagan, che, pur non essendo un membro del CFR, ne aveva uno come vicepresidente: George H.W. Bush; Reagan, dopo essere diventato presidente, posizionò nel suo staff 313 membri del CFR. Per curiosità: anche il terzo candidato, l’indipendente John Anderson era un membro del CFR. Nel 1984, il presidente Reagan si scontrò con il democratico Walter Mondale, membro del CFR. Nel 1988, George H.W. Bush, ex boss della CIA e membro del CFR, fu sfidato dal poco conosciuto Governatore del Massachussets, Michael Dukakis, membro anche lui del CFR. Nel 1992, il presidente Bush si trovò contro uno sconosciuto Governatore del poco importante Stato dell’Arkansas: era Bill Clinton, membro sia del Bilderberg che del CFR e della TC. Quando Clinton divenne presidente, mise un centinaio di membri del CFR nella sua amministrazione; inoltre, il team di Clinton e di Gore fu supportato e finanziato dai membri del CFR. Nel 1996, Clinton venne sfidato dal veterano repubblicano, e membro del CFR, Robert Dole. Nel 2000, il democratico Al Gore, del CFR, venne battuto dal Governatore del Texas, George W. Bush, figlio dell’ex presidente George H.W. Bush. Il vincitore, pur non facendo parte del CFR, venne supportato dai suoi membri durante la conquista del potere. Nello staff di Bush erano inclusi Condoleeza Rice, Dick Cheney, Richard Perle, Paul Wolfowitz, Lewis Libby, Colin Powell e Robert Zoellick, tutti membri del CFR. Nel 2004, Bush si riconfermò presidente contro un altro membro del CFR, il democratico John Kerry. Questo dimostra che, tra il 1928 e il 1972, ha sempre vinto le elezioni presidenziali un membro del CFR (escluso Lyndon Johnson, che ha comunque ripagato l’organizzazione, posizionando i suoi membri in tutti i ruoli chiave del governo). George H.W. Bush aveva 387 membri del CFR e della TC nella sua amministrazione. Nixon, all’inizio del suo mandato, posizionò 115 membri del CFR nel ruoli chiave dell’esecutivo. Dei primi 82 nominativi, appartenenti alla lista stilata dal presidente Kennedy, per il Dipartimento di Stato, 63 erano di esponenti del CFR, secondo quanto riferisce un documento scritto da Arnold Beichmann, apparso sul Christian Science Monitor l’1 settembre 1961. L’articolo si intitolava semplicemente “Council on Foreign Relations”. In pratica, il CFR ha funzionato come ufficio di collocamento virtuale, per il Governo Federale, sia che fosse composto da democratici o da repubblicani, indifferentemente. L’editorialista Edith Kermit Roosevelt, pronipote del presidente Theodore Roosevelt, ha affermato, in proposito, che “molte persone sono all’oscuro dell’esistenza di questa mafia legalizzata. Il potere di questa organizzazione coinvolge tanto il professore, che ottiene una borsa di studio dall’organizzazione, quanto il candidato a un posto nel governo o nel Dipartimento di Stato. Determina le politiche nazionali, in quasi tutti i settori”.
George Wallace, il candidato democratico alle presidenziali in quattro circostanze, negli anni Sessanta e Settanta, coniò un famoso slogan: “Non c’è la benché minima differenza tra Democratici e Repubblicani”. E aveva ragione. Che il presidente sia un democratico o un repubblicano, un conservatore o un liberale, la critica degli oppositori gli si scaglia contro comunque, senza in realtà colpire chi gestisce realmente il potere; infatti a prendere le decisioni sono sempre loro, i membri del CFR. I presidenti degli Stati Uniti vanno e vengono, ma il potere e il programma del CFR restano sempre invariati. L’elettore medio non è così stupido. L’opinione pubblica si rende conto che c’è qualcosa che non va. Un sondaggio sulla politica evidenzia che è sempre più forte l’idea che niente cambi, nel governo, a prescindere da chi si vota. Questa sensazione diffusa ha fatto in modo che calasse costantemente l’affluenza alle urne e che si diffondesse il cinismo tra i cittadini. A prescindere da quello che sente l’opinione pubblica, lo scopo del CFR non è cambiato fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1921, all’Hotel Majestic di Parigi. Kingman Brewster Jr., ambasciatore degli Stati Uniti in Gran Bretagna e rettore dell’Università di Yale, ha dato il suo contributo alla stesura dell’articolo “Riflessioni sugli obiettivi per la nostra Nazione”. Come membro del CFR, Brewster non si distanzia dagli obiettivi del Concilio, quando afferma che il “nostro obiettivo nazionale deve essere l’abolizione della sovranità americana: dobbiamo assumerci il rischio di invitare le altre nazioni a fondere la loro con la nostra”. Questi rischi includono il disarmo, al punto tale che l’America non sarebbe in grado di opporsi ad una missione di pace organizzata dalle Nazioni Unite. Poi l’America dovrebbe cedere allegramente la propria sovranità al Governo Mondiale, per favorire la formazione di quella che è definita la “Comunità Mondiale”. James Warburg, figlio di Paul Warburg, uno dei fondatori del CFR, il 17 febbraio del 1950 rilasciò una schietta dichiarazione alla Commissione Senatoriale per gli Affari Esteri: “Formeremo un Governo Mondiale, che vi piaccia o no, e lo otterremo o col consenso o con la forza”.
Nel suo libro “Il Futuro del Federalismo”, Nelson Rockefeller afferma: “Nessuna nazione, oggi, può difendere la propria libertà o garantire la soddisfazione della totalità dei bisogni e delle aspirazioni dei propri cittadini, agendo solamente entro i propri confini e sfruttando solo le proprie risorse, quindi lo Stato Nazionale, che agisce da solo, risulta, sotto molti aspetti, anacronistico, come lo diventarono a un certo punto le città-stato greche nell’antichità”.
Di fatto, il CFR stava pianificando il Nuovo Ordine Mondiale già prima del 1942. Un editoriale, apparso a pagina 2 del Baltimore News-Post l’8 dicembre 1941, il giorno dopo il bombardamento di Pearl Harbour, prediceva la formazione di una nuova alleanza mondiale, che avrebbe elaborato una dichiarazione dei diritti fondamentali dell’Uomo…e per proteggere tali diritti, si doterà di strutture e poteri tali da punire i singoli individui che li violeranno, inoltre le Nazioni Unite sono guidate da un gruppo di membri del CFR, chiamato “Informal Agenda Group”. Questo gruppo ha già stabilito gli scopi delle Nazioni Unite e ha contattato tre procuratori legali del CFR, che hanno dato loro forza costituzionale. Dopodiché hanno presentato tali scopi al Presidente Roosevelt, che nei giorni successivi li ha resi noti all’opinione pubblica. Quando si è tenuta la conferenza costitutiva delle Nazioni Unite a San Francisco, più di quaranta delegati degli Stati Uniti erano membri del CFR. Successivamente, le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Prima, la legge internazionale controllava unicamente come le varie nazioni regolavano i diritti dei propri cittadini. Ora, le Nazioni Unite hanno il diritto di rapire un singolo individuo, all’interno dei confini di una nazione indipendente, per trascinarlo davanti al Tribunale dell’Aja. Anche se i crimini di guerra sono atroci, ogni nazione è in grado di punire i colpevoli con le proprie leggi. Finora, comunque, non si registrano particolari proteste contro questa clamorosa violazione della giustizia internazionale. Nel 1941 Quincy Wright, docente universitario presso l’Università di Chicago, membro del CFR ed esperto di Diritto Internazionale, ha espresso come deve essere il Nuovo Ordine Mondiale: “Un solo governo per tutto il mondo, che limiti le varie sovranità e l’indipendenza delle nazioni. Il fatto che queste dichiarazioni, rilasciate all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, non siano state paragonate alla politica di Hitler del Nuovo Ordine, dimostra quanto era radicato l’isolazionismo americano all’epoca. Terry Boardman, nel corso di una conferenza nell’ottobre del 1988, in merito alla visione del dottor Wright, questa prevedeva tre sistemi continentali: gli Stati Uniti d’Europa, un Sistema Asiatico e una Unione Pan-Americana, e inoltre ogni sistema continentale avesse un unico esercito e che le singole forze militari venissero gradualmente ridotte o eliminate. Ancora, con l’avvento del Governo Mondiale, si sarebbe dato vita ad un unico esercito mondiale e ad un’unica valuta mondiale. Perché la famiglia Rockefeller voleva eliminare la sovranità nazionale degli Stati Uniti, già da loro controllata, e porla sotto il controllo del Governo Mondiale? Perché non si preoccupava che il suo potere e la sua ricchezza potessero essere minacciati dal Nuovo Ordine Mondiale? Perché i Rockefeller, il Gruppo Bilderberg, il CFR e la Trilateral Commission sapevano benissimo che sarebbero stati loro a controllare il Nuovo Governo Mondiale. Se questi sono i loro scopi, creare un solo mercato globale, governato da un unico governo mondiale, che controlli i tribunali, i sistemi scolastici, ciò che la gente legge e pensa, in cui esista un solo esercito mondiale, gestito finanziariamente da un’unica banca mondiale attraverso un’unica moneta mondiale; saremmo molto stupidi, se continuassimo ad ignorare quello che sta succedendo a noi e al mondo in cui viviamo. In una dichiarazione di G. William Domhoff, scrittore e studioso, dice che il CFR ha storicamente operato attraverso piccoli gruppi di circa 25 persone, che riuniscono i leader dei 6 gruppi socialmente più importanti, industriali, speculatori finanziari, ideologi, militari, professionisti specializzati come avvocati, medici, dottori e sindacalisti, che discutono di temi specifici riguardanti la politica estera. Nel suo libro “The Higher Circles” del 1970, spiegava come questa élite di potere determini la politica estera: “Gruppi di discussione analizzano il problema a livello generale, cercando di definire proposte e alternative. Molti di questi gruppi, successivamente, formano ulteriori gruppi di studio, che forniscono i loro risultati a gruppi di ricerca del CFR o a singoli membri.
Durante uno di questi gruppi di discussione, nel 1968, l’ex direttore operativo della CIA, Richard Bissell, che è stato anche consigliere della “Ford Foundation”, manifestò la volontà di aumentare le presenze di membri del CFR nelle operazioni segrete della CIA, in modo che, al momento del coinvolgimento del CFR nelle operazioni, la cosa apparisse più discreta. “Se l’Agenzia vuole essere efficace, deve coinvolgere in modo sempre maggiore le organizzazioni private, quindi vanno migliorate le relazioni che si sono già instaurate. Ma abbiamo bisogno di operare in modo ancora più segreto, ponendo maggiore attenzione agli intermediari. Gli interfaccia della CIA con il resto del mondo hanno bisogno di maggiore protezione. Se molti gruppi non saranno in grado di ricevere aiuti sotto forma di finanziamenti, i danni conseguiti saranno più gravi di quanto si possa immaginare. Gli interfaccia della CIA con altre organizzazioni sono formati da gruppi d’affari e di studio, e questi vanno sostenuti”. L’influenza del CFR sembra coprire l’intero sistema di vita dell’America. Nel libro Domhoff cita il politologo Lester Milbrath, il quale affermava che “il CFR pur non essendo finanziato dal Governo, collabora con esso talmente a stretto contatto che risulta difficile distinguere le azioni suggerite dal CFR da quelle assunte liberamente dal Governo. Le sue forme più importanti di finanziamento sono le multinazionali e le più importanti organizzazioni di potere”. Delle organizzazioni di cui parla Milbrath, quelle che maggiormente l’hanno finanziato nel corso degli anni, sono la Rockefeller Foundation, la Carnagie Foundation, e la Ford Foundation. Domhoff conclude nel libro: “Queste organizzazioni che sostengono il CFR, sono nelle mani degli uomini della Bechtel Construction, oppure della Chase Manhattan, o della Kimberly-Clark, o della Monsanto Chemical, o di decine di altre multinazionali. Per chiudere il cerchio, infatti, molti dirigenti di queste multinazionali sono membri del CFR. Agli inizi degli anni Sessanta, Dan Smoot scoprì che 12 dei 20 membri del consiglio di amministrazione della “Rockefeller Foundation”, 10 su 15 di quelli della “Ford Foundation”, e 10 su 14 di quelli della “Carnagie Foundation” erano membri del CFR.
di Davide Caluppi 

L’art. 66 Cost.: autodichia e divisione dei poteri nel caso Berlusconi



UNA CORRETTA SOLUZIONE COSTITUZIONALE PER B E PER IL GOVERNO?
L’art. 66 Cost. stabilisce che sono le camere a giudicare (sì, la Costituzione dice proprio: giudicare)  sull’eleggibilità e sull’incompatibilità ciascuna dei suoi propri membri. Questo tipo di giudizio si definisce “autodikìa” (autogiustizia) e si tratta di un vero e proprio giudizio, di un atto di applicazione del diritto oggettivo, non di un atto politico o legislativo.
La funzione di questa norma costituzionale, notoriamente, è quella di tutelare l’indipendenza delle camere nelle persone dei loro membri, quali espressioni dirette della volontà-sovranità popolare, contro la possibilità di ingerenze, condizionamenti, intimidazioni, arresti abusivi da parte di portatori del potere giudiziario, ossia di magistrati.
L’autodikìa è una deroga al principio di separazione dei poteri, secondo il quale il potere giudiziario deve essere esercitato dai giudici soltanto. Scrive Wikipedia alla voce autodichia: “la generalità delle costituzioni prevede l’autodichia del parlamento (ed eventualmente di altri organi costituzionali) in relazione a controversie riguardanti atti e attività che si svolgono al suo interno (i cosiddetti interna corporis), in modo da sottrarlo ad ingerenze di altri poteri dello Stato e salvaguardare così la sua indipendenza. In campo parlamentare, il principio di autodichia riguarda essenzialmente “il diritto del Parlamento di essere giudice delle controversie che riguardano i propri dipendenti”. La Corte costituzionale ha stabilito la legittimità di tale forma di giurisdizione, ritenendo che deroghe al divieto costituzionale di istituire giudici speciali (art. 102, 2º co. Cost.) sono ammissibili “nei confronti degli organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, situati ai vertici dell’ordinamento, in posizione di assoluta autonomia ed indipendenza”.”

Di fronte a un caso come il caso B., l’art. 66 Cost. Comporta pertanto che il Senato non debba e non possa affatto recepire acriticamente (“rispettosamente”) la sentenza, ma che esso dovrà indagare e assicurarsi, ai fini suddetti,
-che le norme in questione non appaiano incostituzionali – nel qual caso il Senato dovrebbe rimetterle alla Corte Costituzionale per la sua valutazione;
-che effettivamente prescrivano la decadenza degli eletti e non solo l’incandidabilità di chi non è ancora eletto;
-che le norme stabilenti l’ineleggibilità, l’incandidabilità o la decadenza non abbiano carattere penale, perché in tal caso non potrebbero essere applicate a fatti anteriori al loro venire in essere;
-che i giudici che hanno condannato B. abbiano operato nel rispetto dei principi fondamentali di indipendenza e di neutralità (quindi devono valutare se le dichiarazioni del presidente della Corte dr Esposito rivelino pregiudizio od ostilità verso B.);
-che i detti giudici abbiano rispettato i diritti della difesa e del giusto processo (quindi che non gli abbiano, ad es., impedito di portare testimoni rilevanti a sua difesa, come egli sostiene);
-che i giudici abbiano motivato la condanna, e che non lo abbiano fatto in modo fittizio o con palesi forzature, tali da suggerire un intento persecutorio.
Solo se tutti questi punti saranno soddisfatti, il Senato potrà legittimamentedichiarare decaduto B. Si noti come, con rare eccezioni, i suoi avversari politici disconoscano la doverosità delle verifiche suddette.
Naturalmente, nel fare queste valutazioni, la giunta e poi il Senato devono tener conto anche del fatto che B. ha subito un altissimo numero di indagini penali da quando è in politica, e indagare se vi sia il fumus di una strategia politico-giudiziaria contro di lui.
Dovranno anche tener conto di fattori generali, ossia:
-dell’alto grado di partiticizzazione dei magistrati in Italia, paese in cui, senza che nessuna istituzione di garanzia reagisca, molti magistrati dichiarano pubblicamente e liberamente di coordinare le loro azioni e il loro uso di poteri giudiziari a fini politici e ideologici; sicché il grado-base di probabilità di uso improprio dello strumento giudiziario è elevato;
-della bassissima qualità media della giustizia italiana, che si colloca a livello di Africa nera (157° posto al mondo) e che viene continuamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle regole del giusto processo.
In tutto questo procedimento, o processus judicii, a B. deve essere dato modo di difendersi portando prove, ad esempio, dell’intendo persecutorio o della non-neutralità dei suoi giudici.

di Marco Della Luna