23 febbraio 2008

La nazionalizzazione della Northern Rock


Il governo britannico ha annunciato la nazionalizzazione della banca Northern Rock il 18 febbraio, aumentando in un solo colpo il debito pubblico di 90 miliardi di sterline (circa 120 miliardi di euro). La decisione dovrebbe dare la sveglia a coloro che si oppongono alla proposta HBPA di riorganizzazione bancaria di Lyndon LaRouche, che prevede una “muraglia” tra le banche e i fondi speculativi. Gli avversari di questa proposta l'hanno recentemente attaccata in pubblico con l'argomento che essa consiste nella “nazionalizzazione” delle banche. La decisione britannica mostra che la verità è esattamente il contrario: è la politica delle banche centrali a condurre alle nazionalizzazioni e all'iperinflazione, mentre la proposta di LaRouche è l'unica via per salvare le banche, ricapitalizzarle e lanciare una ripresa economica. Una “muraglia” generale nel sistema bancario può oggi impedire una statalizzazione mussoliniana dell'economia.

Verso un altro tsunami finanziario
Un secondo choc sistemico, quello che il capo di Deutsche Bank Josef Ackermann ha definito uno tsunami finanziario peggiore della crisi dei subprime, è dietro l'angolo. L'insolvenza dei cosiddetti “monoline”, gli istituti che hanno assicurato titoli emessi sui mutui e su altri assets, è ormai questione di giorni, tanto che il governatore di New York Elliot Spitzer ha lanciato un ultimatum il 14 febbraio: o i monoline trovano il denaro fresco entro cinque giorni, riuscendo ad evitare la retrocessione del rating, oppure saranno smembrati. La precedente offerta di Warren Buffet di acquistare dai monoline la copertura assicurativa di bond municipali per un valore di 800 miliardi, con una spesa di 5 miliardi di dollari, ha portato i monoline ad un passo più vicino all'insolvenza.
La conseguenza di un'insolvenza, o di un ribasso del rating, saranno un ribasso del valore degli assets assicurati dai monoline. Le autorità di New York cercano di salvare i bond municipali trasferendoli dai monoline ad altre assicurazioni. Nel contenitore resteranno centinaia di miliardi di obbligazioni garantite da collaterale (CDO), il cui valore piomberà verso lo zero.
La banca svizzera UBS ha pubblicato una previsione secondo cui la prossima ondata di perdite sarà di almeno 203 miliardi di dollari. Questa cifra è composta da 120 miliardi di perdite per i CDO, 50 per i SIV, 18 per titoli emessi sui mutui e 15 per bonds LBO (emessi per finanziare le acquisizioni). Anche se le cifre della UBS sono ispirate alla cautela, esse comunque superano le perdite ufficiali delle banche dall'agosto 2007, che ammontano a 150 miliardi di dollari.
Un'altra conseguenza del crac in arrivo riguarda la “discarica napoletana” chiamata BCE, che comincia ad olezzare. La BCE ha accettato titoli tossici dalle banche come collaterale per crediti a breve. Le quantità attuali in deposito non sono note. A febbraio la BCE ha pubblicato i dati dello scorso settembre, da cui risulta che già in quel mese il volume degli strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti aveva raggiunto i 215 miliardi di euro. Si tratta di un incremento al 17% rispetto al 12% del 2006 (si presume che il resto siano titoli del tesoro). Il ricorso ai titoli emessi sui mutui per ottenere denaro dalla BCE è diventato sempre più frequente dopo settembre, ed è probabile che nel frattempo sia raddoppiato. Stando al suo stesso statuto, la BCE non dovrebbe accettare obbligazioni spazzatura come collaterale, ma il governatore Trichet sostiene che la BCE non ha cambiato le sue regole. Ha dovuto esibire la stessa foglia di fico in risposta a tre domande rivoltegli su questo tema da tre giornalisti diversi alla scorsa conferenza stampa a Francoforte. Tuttavia la BCE ammette che, diversamente da altre banche centrali, ha accettato un notevole volume di strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti che chiama “private label”, termine che designa titoli che non hanno garanzie da parte di enti di governo. La Federal Reserve USA non accetta strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione che non sono garantiti da enti di governo.
fonte: movisol

21 febbraio 2008

ONU: Cavi troncati internet forse è sabotaggio!



I cavi sottomarini troncati (cinque, pare confermato) nel Golfo Persico, che per giorni hanno impedito a milioni di «navigatori» in Medio Oriente di collegarsi a Internet, e ad altri milioni di telefonare, possono aver subito «un sabotaggio»: lo ha ammesso, bontà sua, la International Telecommunication Union, l’agenzia dell’ONU con sede a Ginevra che coordina le telecom mondiali, associando 191 nazioni ed oltre 700 imprese di telecomunicazione.

«Non vogliamo anticipare i risultati delle indagini in corso, ma non escludiamo che un atto di sabotaggio deliberato sia la causa dei danni ai cavi sottomarini di due settimane fa», ha detto il capo del settore sviluppo dell’agenzia ONU, Sami al-Murshed.
Lo ha detto a margine di una conferenza sui delitti elettronici in corso nel Katar.

«Alcuni esperti dubitano della opinione prevalente, ossia che i cavi siano stati troncati da ancore di navi per incidente, dato che tali cavi giacciono a notevole profondità e la navigazione sopra di essi è vietata», ha fraseggiato prudentemente il dottor Murshed.

In realtà, la filiale indiana della FLAG (Fiber-optic link around the Globe), il consorzio che gestisce i cavi danneggiati, continua a insistere che il cavo «Falcon» è stato danneggiato da un’ancora.
Ma si tace sui motivi degli altri quattro danneggiamenti.
In generale, su tutta la misteriosa faccenda i responsabili, e anche l’ONU, dicono pochissimo.
Forse è prudenza, forse al limite della reticenza.

Per esempio, gli scarni comunicati FLAG dicono che il cavo Falcon è stato riparato, così come il FEA (Flag Europe-Asia), che era stato interrotto nel Mediterraneo, tra l’Egitto e Palermo.
Sullo stato degli altri tre cavi a fibra ottica sabotati, silenzio.
Come sull’identità dei «sabotatori».

Si può forse dire che non può trattarsi di ragazzini in vena di scherzi, o di hacker improvvisati con pinne e maschera; sicuramente i sabotatori devono essere forniti di mezzi tecnici notevoli, per operare nelle profondità marine.

Nell’ambiente, gli «incidenti» stanno facendo discutere sulla necessità di tendere nuovi cavi per aumentare la ridondanza del sistema di telecomunicazioni.
Forse, qualche grossa impresa sta per guadagnare grasse commesse dagli incidenti.
Avrà motivo di ringraziare i sabotatori.
Maurizio Blondet

20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco

23 febbraio 2008

La nazionalizzazione della Northern Rock


Il governo britannico ha annunciato la nazionalizzazione della banca Northern Rock il 18 febbraio, aumentando in un solo colpo il debito pubblico di 90 miliardi di sterline (circa 120 miliardi di euro). La decisione dovrebbe dare la sveglia a coloro che si oppongono alla proposta HBPA di riorganizzazione bancaria di Lyndon LaRouche, che prevede una “muraglia” tra le banche e i fondi speculativi. Gli avversari di questa proposta l'hanno recentemente attaccata in pubblico con l'argomento che essa consiste nella “nazionalizzazione” delle banche. La decisione britannica mostra che la verità è esattamente il contrario: è la politica delle banche centrali a condurre alle nazionalizzazioni e all'iperinflazione, mentre la proposta di LaRouche è l'unica via per salvare le banche, ricapitalizzarle e lanciare una ripresa economica. Una “muraglia” generale nel sistema bancario può oggi impedire una statalizzazione mussoliniana dell'economia.

Verso un altro tsunami finanziario
Un secondo choc sistemico, quello che il capo di Deutsche Bank Josef Ackermann ha definito uno tsunami finanziario peggiore della crisi dei subprime, è dietro l'angolo. L'insolvenza dei cosiddetti “monoline”, gli istituti che hanno assicurato titoli emessi sui mutui e su altri assets, è ormai questione di giorni, tanto che il governatore di New York Elliot Spitzer ha lanciato un ultimatum il 14 febbraio: o i monoline trovano il denaro fresco entro cinque giorni, riuscendo ad evitare la retrocessione del rating, oppure saranno smembrati. La precedente offerta di Warren Buffet di acquistare dai monoline la copertura assicurativa di bond municipali per un valore di 800 miliardi, con una spesa di 5 miliardi di dollari, ha portato i monoline ad un passo più vicino all'insolvenza.
La conseguenza di un'insolvenza, o di un ribasso del rating, saranno un ribasso del valore degli assets assicurati dai monoline. Le autorità di New York cercano di salvare i bond municipali trasferendoli dai monoline ad altre assicurazioni. Nel contenitore resteranno centinaia di miliardi di obbligazioni garantite da collaterale (CDO), il cui valore piomberà verso lo zero.
La banca svizzera UBS ha pubblicato una previsione secondo cui la prossima ondata di perdite sarà di almeno 203 miliardi di dollari. Questa cifra è composta da 120 miliardi di perdite per i CDO, 50 per i SIV, 18 per titoli emessi sui mutui e 15 per bonds LBO (emessi per finanziare le acquisizioni). Anche se le cifre della UBS sono ispirate alla cautela, esse comunque superano le perdite ufficiali delle banche dall'agosto 2007, che ammontano a 150 miliardi di dollari.
Un'altra conseguenza del crac in arrivo riguarda la “discarica napoletana” chiamata BCE, che comincia ad olezzare. La BCE ha accettato titoli tossici dalle banche come collaterale per crediti a breve. Le quantità attuali in deposito non sono note. A febbraio la BCE ha pubblicato i dati dello scorso settembre, da cui risulta che già in quel mese il volume degli strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti aveva raggiunto i 215 miliardi di euro. Si tratta di un incremento al 17% rispetto al 12% del 2006 (si presume che il resto siano titoli del tesoro). Il ricorso ai titoli emessi sui mutui per ottenere denaro dalla BCE è diventato sempre più frequente dopo settembre, ed è probabile che nel frattempo sia raddoppiato. Stando al suo stesso statuto, la BCE non dovrebbe accettare obbligazioni spazzatura come collaterale, ma il governatore Trichet sostiene che la BCE non ha cambiato le sue regole. Ha dovuto esibire la stessa foglia di fico in risposta a tre domande rivoltegli su questo tema da tre giornalisti diversi alla scorsa conferenza stampa a Francoforte. Tuttavia la BCE ammette che, diversamente da altre banche centrali, ha accettato un notevole volume di strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione di crediti che chiama “private label”, termine che designa titoli che non hanno garanzie da parte di enti di governo. La Federal Reserve USA non accetta strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione che non sono garantiti da enti di governo.
fonte: movisol

21 febbraio 2008

ONU: Cavi troncati internet forse è sabotaggio!



I cavi sottomarini troncati (cinque, pare confermato) nel Golfo Persico, che per giorni hanno impedito a milioni di «navigatori» in Medio Oriente di collegarsi a Internet, e ad altri milioni di telefonare, possono aver subito «un sabotaggio»: lo ha ammesso, bontà sua, la International Telecommunication Union, l’agenzia dell’ONU con sede a Ginevra che coordina le telecom mondiali, associando 191 nazioni ed oltre 700 imprese di telecomunicazione.

«Non vogliamo anticipare i risultati delle indagini in corso, ma non escludiamo che un atto di sabotaggio deliberato sia la causa dei danni ai cavi sottomarini di due settimane fa», ha detto il capo del settore sviluppo dell’agenzia ONU, Sami al-Murshed.
Lo ha detto a margine di una conferenza sui delitti elettronici in corso nel Katar.

«Alcuni esperti dubitano della opinione prevalente, ossia che i cavi siano stati troncati da ancore di navi per incidente, dato che tali cavi giacciono a notevole profondità e la navigazione sopra di essi è vietata», ha fraseggiato prudentemente il dottor Murshed.

In realtà, la filiale indiana della FLAG (Fiber-optic link around the Globe), il consorzio che gestisce i cavi danneggiati, continua a insistere che il cavo «Falcon» è stato danneggiato da un’ancora.
Ma si tace sui motivi degli altri quattro danneggiamenti.
In generale, su tutta la misteriosa faccenda i responsabili, e anche l’ONU, dicono pochissimo.
Forse è prudenza, forse al limite della reticenza.

Per esempio, gli scarni comunicati FLAG dicono che il cavo Falcon è stato riparato, così come il FEA (Flag Europe-Asia), che era stato interrotto nel Mediterraneo, tra l’Egitto e Palermo.
Sullo stato degli altri tre cavi a fibra ottica sabotati, silenzio.
Come sull’identità dei «sabotatori».

Si può forse dire che non può trattarsi di ragazzini in vena di scherzi, o di hacker improvvisati con pinne e maschera; sicuramente i sabotatori devono essere forniti di mezzi tecnici notevoli, per operare nelle profondità marine.

Nell’ambiente, gli «incidenti» stanno facendo discutere sulla necessità di tendere nuovi cavi per aumentare la ridondanza del sistema di telecomunicazioni.
Forse, qualche grossa impresa sta per guadagnare grasse commesse dagli incidenti.
Avrà motivo di ringraziare i sabotatori.
Maurizio Blondet

20 febbraio 2008

Informazione,controllata da chi?


Ogni volta che prendiamo in mano il telecomando, per sapere che cosa è successo nel mondo, ci muoviamo ansiosi dalla Rai alla CNN alla Fox alla BBC, convinti di aver accesso a molteplici fonti, da paesi e culture diverse, per riuscire in qualche modo a mettere insiemi i frammenti del puzzle informativo.

In realtà molti hanno ormai capito che si tratta di un unico messaggio, trasmesso da dozzine di presentatori diversi, in lingue e da luoghi diversi, ciascuno incorniciato da una una grafica differente, ma perfettamente identico nella sostanza, ovunque nel mondo.

Ma come può avvenire – meccanicamente, intendo dire, nella realtà quotidiana - la propagazione effettiva di questo “messaggio unificato”, che sarebbe confezionato a monte della messa in onda? Dove nasce la notizia originale, chi decide quale debba essere, e in che modo costui riesce ad imporla con tale apparente facilità al mondo intero, praticamente nello stesso istante?

E’ davvero possibile che esista “un signore” (o un gruppo ristretto), seduto in qualche oscuro bugigattolo dei famosi “piani alti”, che analizza sistematicamente le notizie in arrivo, le manipola, e fa diffondere solo quelle che ha deciso lui, nel modo e con il taglio che vuole lui?

Se davvero esistesse questo “centro unificato di controllo”, come fa l’informazione mondiale a raggiungerlo in primo luogo? Se infatti i canali mainstream (i nostri televisori) rappresentano solo la fase di “uscita”, cioè l’emissione della notizia già manipolata, attraverso quali canali arriva al “bugigattolo” la notizia reale, “in entrata”?

Dobbiamo forse immaginare che tutti i reporter del mondo abbiano nel cellulare un “numero segreto”, da chiamare ogni volta che ritengono un fatto degno di essere riportato? Oppure, se non tutti i reporter - che sarebbe ovviamente assurdo – almeno tutti i direttori delle grandi testate mondiali?

Ve lo vedete, l’inviato di Chicago che chiama il direttore della CNN ad Atlanta e dice “Pare che ci fosse in atto un tentativo di far esplodere la Sears Tower, da parte di un gruppo di terroristi islamici. Che faccio, direttore, indago?” “Aspetta un attimo”, gli risponde il direttore, il quale telefona di nascosto al “Grande Vecchio” e gli chiede: “Può interessarle un tentativo di far esplodere la Sears Tower da parte di un gruppo di terroristi islamici?” “Uhm, sì sì, molto interessante. Manda, manda, che poi ti faccio sapere io come ne devi parlare”.

Proviamo davvero a immaginarlo, questo “centro di potere occulto”, un bugigattolo con mille linee telefoniche che viene tempestato ininterrottamente da tutti i direttori di testata mondiali, i quali cercano nello stesso momento di fargli avere le informazioni reali, “prima” che vengano manipolate e diffuse sui canali mainstream: poichè le news viaggiano in tempo reale, e nel mondo succede costantemente di tutto, ci vorrebbero come minimo venti batterie di telefoniste che ricevono, filtrano e riorganizzano le informazioni, per poi passarle ai livelli superiori.

I ”Grandi Vecchi” saranno anche potentissimi, ma di orecchie ne hanno due come tutti gli altri.

Se quindi quel bugigattolo esistesse, non potrebbe che avere le sembianze di una vera e propria redazione - come appunto quella della CNN - dove arrivano in continuazione informazioni da tutto il mondo, e vengono filtrate, riorganizzate e reindirizzate ai livelli superiori, prima di essere elaborate per la messa in onda.

E ai piani alti c’è il direttore, che già di suo normalmente filtra, scarta, seleziona, e modifica le notizia, prima che venga messa in onda. Lo fa perchè quello è il suo ruolo, ed è stato messo lì per quello.

Ma la “catena” della manipolazione si ferma lì, deve farlo per forza: la stessa notizia infatti arriva contemporaneamente alla Fox come alla Rai come alla BBC, e queste non aspettano certo la CNN per sapere cosa raccontare ai loro telespettatori, ma anzi cercano di batterla sul tempo, per fare bella figura con gli sponsor e incassare più soldi al rinnovo del contratto. Come fare allora ad accertarsi che esca contemporaneamente lo stesso messaggio in tutto il mondo, manipolato con la stessa angolazione e omologato in misura tale da essere effettivamente uno solo?

In realtà non c’è alcun bisogno di un Grande Vecchio, che passi le giornate a decidere di cosa debbano parlare le tv di tutto il mondo, perchè il sistema stesso è congegnato in modo da fare che ciò avvenga.

Due fatti, apparentemente non correlati, ci aiutano a capire meglio come funzioni l’attuale sistema di informazione mondiale, un baraccone rumoroso e appariscente, ma del tutto privo di sostanza.

Il primo fatto riguarda la retata mondiale antimafia avvenuta pochi giorni fa. Il giorno prima che si diffondesse la notizia, ho ricevuto da parte di un nostro iscritto una email che diceva:

“Ti scrivo per raccontarti un fatto che mi ha inquietato: qualche ora fa (alle 21.00 circa) ero seduto al tavolo di un bar in una zona centrale di Roma e al tavolo accanto c'era una signora che parlava al cellulare con un'amica. Non ho potuto fare a meno di origliare ed ecco cosa è venuto fuori: detta signora è una giornalista delle reti Sky (purtroppo non ha detto il suo nome), e ad un certo punto ha invitato la sua amica a seguire il suo intervento DOMANI alle 16.00 circa, spiegandole che succederà qualcosa di grosso tra Stati Uniti e Sicilia e lei, se non ho capito male, commenterà o comunque si occuperà di questo fatto sul sito di Sky (credo Sky TG). E' sembrato che l'amica chiedesse maggiori informazioni riguardo quello che deve accadere, ma la giornalista ha risposto (accortasi che stavo ascoltando) che non poteva dirglielo e di aspettare semplicemente domani.“

Che cosa significa tutto questo? Che il nostro amico si era per caso seduto proprio accanto al Grande Vecchio (con sembianze femminili, in quel caso), oppure accanto a qualcuno che gli è particolarmente vicino?

No di certo, visto che nessuno in una posizione così importante si metterebbe ad annunciare in pubblico – e su un cellulare oltretutto – quello che dovrebbe tenere rigorosamente per sè.

E nemmeno un giornalista serio, che avesse avuto quella dritta attraverso qualche canale privilegiato, sarebbe così stupido da rivelarlo pubblicamente, invece di sfruttarlo a proprio vantaggio professionale.

Quella era sicuramente una mezzacalza qualunque, che non ha resistito alla tentazione di vantarsi con l’amica per quello che evidentemente credeva essere lo scoop del secolo. E’ invece risultato che all’ora indicata non solo Sky News, ma il mondo intero riportasse la stessa identica notizia.

Se quindi lo sapeva in anticipo una “giornalista qualunque”, vuole dire che nell’ambiente lo sapevano più o meno tutti. C’era stato cioè, a monte, il classico “leaking” da parte di chi voleva accertarsi che la notizia uscisse con il dovuto peso, e non finisse invece relegata in qualche pagina interna, coperta magari da un fatto più importante.

In altre parole: conoscendo la natura competitiva del giornalismo, il modo migliore per far uscire una notizia in grande stile è quello di comunicarla “segretamente” ad una o più testate, facendo ovviamente credere a ciascuna di essere l’unica a saperlo (da cui l’eccitamento incontenibile della signora al cellulare). A quel punto saranno loro stessi a voler uscire con la notizia per primi, marcando addirittura l’ora esatta in cui comunicheranno al mondo il fatto appena avvenuto.

Se fai questo con una dozzina di testate importanti, ti sei garantito le prime pagine di tutto il mondo, perchè a quel punto le altre seguiranno a ruota, ansiose di non fare la figura degli sprovveduti.

I media quindi condizionano prima di tutto i media stessi: soprattutto ora che c’è Internet, le varie redazioni nel mondo passano la maggior parte del tempo a riaggiornare le prime pagine delle testate concorrenti, per vedere chi si muove per primo su una certa notizia, e come lo fa. A quel punto, basta che una notizia raggiunge la soglia critica, come presenza sulle testate importanti, che le altre si adegueranno tutte automaticanente, senza una sola eccezione.

(Lo abbiamo visto anche da noi, con l’undici settembre: prima era il silenzio più impenetrabile, poi uno di loro ha osato parlarne, e di colpo tutti gli altri si sono buttati a capofitto).

Veniamo ora al secondo esempio: la famosa notizia del crollo del WTC-7, data con oltre mezz’ora di anticipo dalla BBC di Londra.

Quando si scoprì che la BBC aveva dato la notizia verso le 16.50 (l’edificio è poi crollato alle 17.25), si è subito formato in rete un fronte di complottisti “all’ultimo stadio”, che sostenevano che i media “sanno già tutto in anticipo”, e che questo episodio lo dimostrasse in maniera inequivocabile.

Naturalmente, nessuno si è domandato perchè mai il “Grande Vecchio” avrebbe avuto interesse, in quel caso, a far sapere in anticipo alle TV del crollo, quando tutte le telecamere del mondo erano già puntate sul World Trade Center, e nessuna avrebbe comunque mancato di registrarlo in diretta mondiale.

Ma c’è soprattutto una spiegazione molto più semplice, per un episodio che è solo apparentemente “misterioso e sinistro” come questo. Poichè in strada già sapevano da alcune ore che il WTC sarebbe stato demolito (ci sono diverse testimonianze in questo senso, chiare e inequivocabili), la notizia in qualche modo deve aver raggiunto la redazione della CNN, che intorno alle 16.30 ha comunicato al mondo che “un altro edificio è crollato, o sta per crollare”.

A quel punto – fra la tensione di quella giornata, la confusione generale, e la tendenza istintiva di tutti i newscasters a dare le notizie prima possibile - non è difficile immaginare come quel dubbio sia potuto diventare una certezza prima ancora che il fatto avvenisse. (Oggi la cosa fa scalpore, poichè il WTC7 appare perfettamente in piedi alle spalle dell’annunciatrice che ci informa del suo crollo, ma a quel tempo nessuno avrebbe saputo riconoscerlo da un qualunque altro grattacielo di Downtown Manhattan. Inoltre la CNN aveva parlato di “un altro edificio”, senza specificare quale).

Questo secondo episodio sembra quindi confermare sia la difficoltà pratica di controllare le notizie in tempo reale, sia una certa caratteristica del sistema di informazione, che riesce da solo a generare i mostri più spaventosi senza nemmeno rendersene conto.

Quella dell’informazione è una macchina, enorme e complicata, nella quale è sufficiente piazzare i direttori giusti al posto giusto, per vederla funzionare a meraviglia. Una volta che costoro avranno filtrato e scartato – ciascuno in maniera del tutto indipendente, ma curiosamente omogenea, visto che sono gli stessi direttori ad assomigliarsi fra di loro – sarà la macchina stessa a fornire l’energia per replicare e diffondere all’infinito quello che non potrà che apparire come un messaggio unico sin dalla partenza.

di Massimo Mazzucco