26 giugno 2008

La sindrome del Titanic



Ecco servito il tricolore: il bianco luccicante e sprecone delle notti, il rosso dei conti pubblici e qualche esperienza verde che fa ben sperare. Un programma politico per la decrescita felice

Quanto a sprechi, inefficienze e cattiva gestione le amministrazioni comunali italiane sono imbattibili. I bilanci comunali delle grandi città sono sempre in rosso. Se ne conoscono i numeri in mezzo al polverone alzato al cambio rituale di legislatura, tra una giunta e l'altra, come nel caso del comune di Roma. Al di là della bagarre sui numeri la sostanza è sempre la stessa, per Roma si parla di 8 miliardi, 3 miliardi e mezzo a Milano, 3 miliardi di debito a Torino e così via... Ebbene, come si fa a sentirsi partecipi di una barca che cola a picco!

"Le città vivono la sindrome del Titanic" chiosa Maurizio Pallante al Convegno sui Centri per l'Energia e l'Ambiente del 21 giugno. "Le notti bianche non sono che la punta di un iceberg. Si fa festa con i soldi che non si hanno per nascondere gli scriccolii di un crollo sempre più vicino". Secondo il saggista, esperto in economia e questioni energetiche, la crisi dei mutui Subprime avrà il suo culmine nel prossimo autunno e i prezzi del petrolio saliranno intorno ai 180-200 euro al barile. I debiti contratti dalle nostre Amministrazioni sono dunque destinati ad aumentare vertiginosamente.

Ma per fortuna nel nostro Belpaese esistono anche dei buoni esempi, a cui Pallante ha dato voce nel suo libro fresco di stampa Un programma politico per la Decrescita Felice. Quelle dei Comuni Virtuosi sono sperimentazioni attive in tutto il territorio che meriterebbero di essere più conosciute e valorizzate e che per ora hanno come protagonisti solo di comuni medio piccoli. Si va dal primo piano urbanistico a crescita zero di Cassinetta di Lugagnano (MI), dall’efficienza energetica applicata su tutti gli edifici pubblici di un territorio all’illuminazione pubblica interamente a led del Comune di Torraca (SA). Esempi di distribuzione dei prodotti sfusi a cominciare dall’acqua del sindaco, come nel el comune di Traversetolo (PR) che prevede di eliminare le circa 9000 bottiglie di plastica distribuite nelle mense scolastiche. E poi ancora i gruppi di acquisto comunali per l’autoproduzione di energia pulita, le mense disimballate e autogestite e i campeggi comunali sostenibili.
di Gabriele Bindi -

Fonte: Associazione Paea

Il computer di sinistra e il computer di destra



Gli organi di stampa anglosassoni hanno dato una vasta eco al direttore generale dell’Interpol che avrebbe confermato i legami segreti tra il presidente Hugo Chavez e le FARC [Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia]. Invece, osserva Romain Migus, il rapporto dell’Interpol dice il contrario di quello che le agenzie di stampa hanno trasmesso: l’agenzia internazionale per la cooperazione di polizia ha constatato che il computer di un capo ribelle, entrato in possesso dell’esercito colombiano, è stato da questi profondamente manipolato in maniera tale che è impossibile autenticare i documenti che si pretende di averci trovato. Strano: nello stesso momento, il testimone chiave di un’altra inchiesta veniva estradato dalla Colombia con i documenti, questa volta autentici, di un altro computer. Documenti che coinvolgono gravemente il presidente colombiano Alvaro Uribe.

Il 1 marzo 2008, 10 bombe GBU 12 Paveway da 227 chilogrammi l’una esplodevano in piena giungla ecuadoregna radendo la vegetazione tutt’intorno e lasciando crateri di 2,40 metri di diametro e 1,80 metri di profondità [1]. La Colombia aveva violato la sovranità dell’Ecuador ed assassinato Paul Reyes, il principale negoziatore per la liberazione di Ingrid Bétancourt e degli altri ostaggi prigionieri della guerriglia.

A terra i combattenti delle FARC e alcuni studenti dell’Università del Messico non poterono resistere ad un bombardamento di una tale intensità. In compenso, nel bel mezzo dei crateri, giaceva un computer indistruttibile che contiene, secondo Bogotà, informazioni cruciali sulle alleanze nella regione.

Questo computer, la cui marca è sfortunatamente sconosciuta, era di Paul Reyes. E’ il computer di sinistra.

Rammentiamo, prima di proseguire oltre, che le relazioni con le FARC sono del tutto normali per i vicini della Colombia. L’ex vice-presidente venezuelano, José Vicente Rangel, ricordava poco tempo fa, che prima dell’avvento di Chavez al potere un responsabile delle FARC disponeva di un ufficio al Ministero degli Affari Esteri venezuelano, soprattutto per trattare dei danni collaterali del conflitto colombiano in Venezuela. Immaginate che un esercito di 15.000 uomini in guerra con il governo svizzero stazioni nei pressi del lago di Lemano. Si può scommettere che il governo francese, ma anche le autorità regionali e locali, intratterrebbero relazioni con i responsabili di questo esercito per evitare slittamenti in Francia.

Il Venezuela e l’Ecuador: bersagli per accuse

Il 3 marzo, ossia solo due giorni dopo l’aggressione all’Ecuador da parte della Colombia, il governo di Alvaro Uribe comincia a svelare una parte del contenuto del computer di sinistra. Abbonderebbero le prove a testimonianza di un’alleanza regionale tra l’Ecuador, il Venezuela e le FARC.
Nel caso del Venezuela, Chavez è accusato di aver ricevuto dalla guerriglia 100 milioni di pesos (circa 35.000 euro) al tempo in cui si trovava in prigione (1992-94) e, viceversa, di aver finanziato la guerriglia con 300 milioni di dollari. Ancora, il Venezuela è accusato di favorire il traffico di armi per conto delle FARC, ossia di armare i ribelli colombiani.
Per quanto riguarda l’Ecuador, le autorità colombiane accusano il Ministro dell’Interno ecuadoregno, Gustavo Larrea, di connivenza con le FARC. Una fotografia che si dice trovata nel computer di sinistra mostra Paul Reyes mentre conversa, secondo le autorità colombiane, con il Ministro ecuadoregno. La notizia fa il giro del mondo fino a quando Patricio Echegaray, segretario generale del Partito Comunista Argentino, dichiara di essere lui quello che appare nella foto. Che importa, ormai il danno è fatto. Inoltre, altri documenti proverebbero la connivenza di Quito con le FARC.

I governi ecuadoregno e venezuelano respingono le accuse, sottolineando l’inverosimile indistruttibilità del computer e il fatto che Bogotà avrebbe potuto fabbricare false prove.

Alvaro Uribe fa dunque appello all’Interpol per dare risonanza mediatica mondiale alle sue accuse.
Una unità di crisi viene inviata a Bogotà. E’ diretta da un ex direttore del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e già funzionario del Dipartimento della Giustizia di quel paese: Ronald Kenneth Noble, attualmente segretario generale dell’Interpol. Immaginiamo un istante che un ex funzionario cubano, bielorusso o iraniano fosse stato nominato capo della missione e che il suo rapporto fosse decisamente favorevole al Venezuela. Si può legittimamente pensare che la macchina mediatica avrebbe gridato all’inganno. Ma è risaputo che gli Stati Uniti non ingannano mai…


Firma dell'accordo tra l'Interpol e la Colombia che istituisce un'équipe di esperti per analizzare i computers delle FARC di cui è venuta in possesso la Colombia (12 marzo 2008)


Cosa dice il rapporto dell’Interpol

- Che i files dei computers, dei dischi rigidi esterni e della chiavi USB pesano 609,6 Gigabites, pari a 39,5 milioni di pagine Word.
In sede di conferenza stampa, Ronald Kenneth Noble, ha sottolineato che vista la grandezza dei files ci volevano più di “mille anni per verificarne il contenuto” e che l’Interpol non aveva verificato l’autenticità del contenuto delle prove. Detto altrimenti, quello che l’Interpol può fare in mille anni, i Colombiani l’hanno realizzato in 48 ore, dal 1 marzo data del bombardamento, al 3 marzo data della prima dichiarazione sulle presunte prove contenute nel computer di sinistra. Notiamo di passaggio che gli esperti informatici colombiani uniscono la fortuna alla rapidità poiché hanno aperto solamente i files che incriminano il Venezuela e l’Ecuador. Nulla sulle relazioni delle FARC con la Francia o il Brasile, per esempio.
Cosa è dunque successo in quelle 48 ore? Il rapporto dell’Interpol è limpido:
- “L’accesso ai dati contenuti negli otto elementi di prova informatici provenienti dalle FARC tra il 1 marzo 2008, data nella quale sono entrati in possesso delle autorità colombiane, e le ore 11 e 45 del 3 marzo 2008, quando sono stati consegnati al Grupo Investigativo de Delitos Informaticos della polizia giudiziaria colombiana, non è stato effettuato conformemente ai principi riconosciuti a livello internazionale in materia di trattamento degli elementi di prova elettronici (…) In altri termini, invece di darsi il tempo di creare delle immagini dei contenuti di ciascuno degli otto elementi di prova acquisiti e di proteggerli contro la scrittura prima di aprirli, si è acceduto direttamente ai dati in questione.

Bizzarramente, è esattamente durante questo lasso di tempo in cui la polizia giudiziaria colombiana attende i computers che vengono rivelate le supposte prove. Sarebbe a dire che tali presunte prove non sono il lavoro scientifico degli informatici della polizia ma di un laboratorio dell’esercito colombiano che non ha avuto l’accortezza di creare una copia dei contenuti dei documenti prima di aprirli.
- Inoltre, secondo il rapporto dell’Interpol, dopo il bombardamento del campo dei guerriglieri sono stati creati o modificati alcuni files di sistema:

83. L’esame dell’elemento di prova n. 26 – un computer portatile – ha rivelato le seguenti incidenze sui files il 1 marzo 2008 o successivamente a questa data: 273 files di sistema sono stati creati; 373 files di sistema e di uso sono stati oggetto di accessi; 786 files di sistema sono stati modificati; 488 files di sistema sono stati cancellati.
” (La situazione si ripete identica per tutti gli elementi di prova: si vedano i punti 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90 del rapporto).
- Certamente, il rapporto afferma che i files d’uso (testi word, foto, ecc.) non sono stati né modificati né creati dopo il 1 marzo. Ma nella stessa conclusione, l’Interpol sottolinea che in tutti gli elementi di prova esistono migliaia di files datati 2009 o 2010. Riguardo ad essi, l’Interpol conclude “che essi sono stati creati ad una data anteriore al 1 marzo 2008 su una o più macchine i cui parametri di data e di ora del sistema erano inesatti.
” Ora, come attestare l’autenticità dei files se è così semplice cambiare la data di creazione di un documento? In altre parole, il laboratorio dell’esercito colombiano che ha avuto per 48 ore gli elementi di prova avrebbe potuto benissimo creare un documento e pre-datarlo. Soprattutto se come rivela l’Interpol i files di sistema sono stati modificati.
Come si vede, il rapporto dell’Interpol solleva più domande sulla validità dei documenti del computer di sinistra di quante risposte fornisca. Poco importa, lo tsunami mediatico si è già abbattuto sul Venezuela (ma non sull’Ecuador, vai a sapere perché …). Marie Delcas di Le Monde, confondendo il lavoro di giudice con quello di giornalista, riprende dal canto suo le accuse del governo colombiano, quando, ricordiamolo, da una parte l’Interpol non si è pronunciata sui contenuti dei documenti, e dall’altra il rapporto getta forti dubbi sull’autentica origine degli stessi.
Ci piacerebbe che Marie Delcas potesse rispondere all’invito lanciato dal presidente ecuadoregno Rafael Correa da Parigi il 13 maggio scorso: “Noi non attribuiamo alcuna credibilità a questi computers, ma chi lo fa dovrebbe anche accordare credibilità quando le FARC accusano Uribe di essere un paramilitare e un narcotrafficante.” Finora, neanche una riga da parte di Le Monde o altri media su questo tema …
Eppure …

Il computer di destra

Nel computer di destra, acquisito nel 2006, sono state rinvenute le prove di oltre 50 omicidi perpetrati dai paramilitari [3] contro leader sindacali e di movimenti sociali nel 2005 e 2006.
In più, sta venendo alla luce una lista di eletti colombiani (senatori, deputati, sindaci, governatori regionali) sostenuti dai paramilitari. Decine di eletti beneficiano della protezione, del finanziamento, dei contatti e dei mezzi di pressione dei paramilitari. E, più grave ancora, il computer di destra contiene anche delle prove di brogli elettorali organizzati dai paramilitari in diverse elezioni tra cui quella del presidente Alvaro Uribe.
Il computer di destra sta diventando il detonatore dello scandalo della parapolitica in Colombia. Questo neologismo allude al legame che unisce certi uomini politici, membri dei servizi segreti e uomini d’affari con i gruppi mafiosi paramilitari, noti tra l’altro per fare a pezzi le loro vittime con la motosega e giocare a calcio con la loro testa.

C’è stato bisogno dell’Interpol per provare l’autenticità dei documenti trovati nel computer di destra? No, perché il suo proprietario, “Jorge 40”, ne ha successivamente confermato l’autenticità.
Ma “Jorge 40” non si ferma a questa testimonianza. Conferma l’esistenza degli Accordi di Ralito. Una alleanza ufficiale, sostenuta da documenti firmati, tra quattro capi paramilitari e 29 personalità politiche (deputati, senatori, sindaci, governatori di regioni), un giornalista e due proprietari terrieri per “rifondare la Patria” e “proteggere la proprietà privata”. Al momento della firma di questi accordi è stato notata la presenza del consigliere di Nicolas Sarkozy, il boia argentino Mario Sandoval [4].
Lo scandalo della parapolitica tocca ormai dei ministri e l’attuale vice-presidente, la cui famiglia è proprietaria dell’unico quotidiano a diffusione nazionale. Il cerchio si stringe intorno a Alvaro Uribe.
Malgrado ciò, gli Stati Uniti hanno ottenuto l’estradizione per “Jorge 40” e altri 12 capi paramilitari. “Jorge 40” e il suo computer non devono più rendere conto alla giustizia e al popolo colombiano. Il computer di destra era un problema e lo si è fatto discretamente sparire mentre tutti i media parlavano del computer di sinistra. Paul Reyes, lui, non c’è più a testimoniare sull’autenticità dei documenti del suo computer indistruttibile …


Paul Reyes


di Romain Migus

25 giugno 2008

Storie : dagli anni'70 a re Berlusconi


0. Una premessa di metodo

Questa rubrica ha nel suo dna il contrapporsi a una tesi, a un ragionamento, offrendo un’altra chiave di lettura possibile del fatto o del fenomeno di cui parla l’articolo scelto per il controcanto.

Quindi, risparmierò ogni volta di sottolineare e ripetere tutti i punti di accordo, che non mancheranno certo, per enfatizzare appunto gli elementi di contrasto… E quindi lo stile sarà volutamente apodittico e tranciante.

1. Una constatazione di fatto

C’è una differenza essenziale con gli anni Settanta: oggi la destra è maggioranza non solo quantitativa ma anche qualitativa nel Paese. Insieme ai numeri ha pure l’egemonia culturale. E non solo perché ha reclutato massicciamente a sinistra: dal professor Colletti (uno dei firmatari del famoso “appello pro lotta armata”, scomparso qualche anno fa dopo anni nei ranghi “azzurri”) a Giuliano Ferrara, da Paolo “Straccio” Liguori al tanto deprecato Vigorelli (pasdaran forzista al Tg 3 dopo la prima vittoria berlusconiana). Ma perché coglie il senso profondo di quello che pulsa nelle viscere della gente e che produce eruzioni come Ponticelli e il Pigneto.

2. Un chiarimento sull’oggetto

Non stiamo parlando dei fatti, ma della loro rappresentazione e dell’uso politico che di queste rappresentazioni viene fatto. Perché è vero che Primavalle rappresenta la perdita dell’innocenza da parte di Potere operaio (e non dell’intera sinistra rivoluzionaria: non bisogna dimenticare MAI che Calabresi è ucciso quasi un anno prima…) ma non per quello che è stato un TRAGICO ERRORE (lo so che ferisce e fa incazzare di più: non c’era la lucida volontà di uccidere; sicuramente l’incoscienza e la strafottenza per le potenziali conseguenze, come in centinaia di altre azioni militanti, ma non la premeditazione assassina). Il gruppo dirigente di Potop sapeva che quell’azione era opera di propri militanti sulla via di passare alle Br (di questo si trattava) ma non per questo li ha mollati. Anzi… La colpa originaria è quindi di aver mantenuto vigente il dovere di solidarietà insito in ogni organizzazione (non solo) rivoluzionaria, spingendosi fino alla menzogna più infame. E’ un dispositivo (senza quest’ultimo esito) ben noto ad Adinolfi, che rivendica il merito di aver aiutato Ciavardini latitante per aver partecipato a un’azione il cui obiettivo politico era l’implosione di Terza posizione.

Più ampia è invece la platea di chi riscrive la storia con la scolorina nella destra radicale e vuole credere a tutti i costi nell’assoluta estraneità dei neofascisti alle trame bianco-nere.

3. Il dovere e il piacere

Mi piace pensare che sia per questa ragione,

il comune senso morale di essere chiamati ad affrontare le conseguenze delle azioni dei propri “seguaci” anche quando sono state fatte “contro” la propria volontà e progettualità, che, alla necessaria distanza debita tra due avversari politici, Scalzone (nella foto) e Adinolfi si rispettino e si stimino assai (io sotto sotto penso che si vogliano anche un po’ bene, ma non lo ammetteranno mai, almeno per non scandalizzare il proprio “pubblico” …).

4 Il principio di realtà

E’ evidente che le narrazioni dei fatti di questi giorni che preoccupano Adinolfi sono ebbre e deliranti. Dalla cazzata biblica che vuole la camorra dietro ogni movimento reale che scuote Napoli (dalla rivolta di Pianura al pogrom di Ponticelli) alla vergognosa bugia degli studenti dei collettivi romani che triplicano la consistenza degli avversari per giustificare un esito inglorioso dello scontro: ma certo è più preoccupante la menzogna di Stato (fosse anche nella versione di un sindaco che pure è stato ministro degli Interni e cerca qualsiasi pretesto per rimuovere la responsabilità di un clamoroso fallimento politico) che la menzogna narcisistica di una banda giovanile.

C’è poi la farsa della farsa: i “ragazzi” di Casa Pound in giacca e cravatta che assaltano il Gay pride neanche il più cazzuto ufficio stampa di Cinecittà se lo sarebbe saputo inventare…

5. E’ il mercato, ragazzi

Non c’è nessuna Spectre della stampa “di sinistra”. Per banali ragioni di concorrenza in una fase di drammatica crisi dei quotidiani, “La Repubblica” ha inferto due colpacci all’immaginario della “sinistra”: sputtanando il dandy forcaiolo noto come Marco Travaglio, svelando la reale natura del raid del Pigneto. E quindi nelle altre testate scattano meccanismi di quello che nelle attività di brokeraggio si chiama “ricopertura”…

6. La luna e il dito

Abbiamo parlato delle rappresentazioni distorte. Ora possiamo attingere all’essenza dei fatti. Che sono drammatici: mentre taluni si baloccano con l’allarme “neofascista”, il governo Berlusconi si è spinto molto avanti sul terreno della militarizzazione e della criminalizzazione del dissenso, compiendo quello che, nei tanto formidabili anni 70, gran parte della sinistra estrema avrebbe definito GOLPE BIANCO. Ma i soliti noti preferiscono, in una situazione di totale crisi del pensiero, rassicurarsi con richiami identitari che nei momenti di confusione fanno bene.

7. La lezione di Balzac

Uno che ne capiva di queste cose spiegava che c’era molto di più da imparare sulla Francia orleanista dalla lucida narrativa di un reazionario come Balzac che dalla chiacchiera benintenzionata di certi progressisti. Vale tutt’oggi. Lo dimostra uno splendido articolo di un “dietologo” molto di destra come Maurizio Blondet (nella foto), che proponendoci un folgorante “Carl Schmitt alle vongole” chiarisce perfettamente i termini reali della questione.

8. Qualche citazione, per finire

# a. «Sovrano è chi decide lo stato d’eccezione».Se l’enunciato supremo di Carl Schmitt vale per tutte le situazioni (anche le farse), allora non c’è dubbio: abbiamo un sovrano.E’ Silvio Berlusconi.Come noto, egli ha dichiarato lo Stato d’eccezione-monnezza. In Campania, è sospeso il diritto ordinario. C’è una superprocura, un tribunale speciale alla monnezza. Chiariano, ha detto il sovrano, «è zona militare e sarà protetta. Coloro che si opporranno saranno perseguibili». Militarizzazione della monnezza. Allacciate le cinture, perchè comincia uno di quei periodi che il saggio cinese augurava ai suoi nemici: «interessante». Non scherzo. Quando uno evoca lo stato d’eccezione, la faccenda è sempre seria, gravida di prospettive e di pericoli. (M. Blondet, ivi)

# b. E’ proprio quel che avviene in Italia in questi giorni: nessuno pare aver preso coscienza di ciò che implica lo stato d’eccezione, anzi Napolitano - il supposto «custode della Costituzione» sospesa - pare favorevole, per non parlare dell’opposizione veltroniana. Si entra in un periodo di «fondazione» con la mente torbida, il senso del diritto obnubilato. I soli contrari sono i giudici ma - naturalmente - non per il motivo giusto, giuridico: lo sono per i loro interessi di casta. Temono di essere scavalcati, di essere privati di alcune loro «prerogative», e che si sia costituito un «precedente» per esautorarli. Il che è verissimo. (ibidem)

# c. Persino il questore Manganelli ha detto che c’è un indulto permanente in Italia, che la dittatura dei giudici ha avuto come risultato la non-certezza del diritto (e della pena). E’ un’altra richiesta implicita di stato d’eccezione. E’ questo il punto più gravido di rischi e di futuro. Nella repubblica di Weimar, era l’intera società onesta a chiedere uno stato d’eccezione, che la facesse finita con una «legalità» che favoriva solo l’arricchimento di mascalzoni speculatori, e la corruzione della società stessa in mano ai parassiti.

E qui da noi? Le emergenze sono tali e tante, gli egoismi così intrattabili e incurabili, da richiedere per ciascuna una «decisione sovrana», extra-costituzionale: le tre regioni almeno dove sovrana è la malavita organizzata, lo stato della scuola, il parlamento pletorico e servo delle lobby, la burocrazia inadempiente strapagata (la Casta), i particolarismi che ostacolano e impediscono ogni progettualità, lo strapotere bancario e sindacale, la violenza idiota e corpuscolare delle tifoserie, l’abuso di massa di cocaina persino tra gli operai… ciascuna richiederebbe tribunali speciali con procedure semplificate e misure extralegali per licenziare, punire, obbligare a fare. In nome della vita e a sua difesa.

Qui è il punto. L’Italia richiede uno stato d’eccezione totale. Una volta dichiarato uno stato d’eccezione, è quasi inevitabile la tentazione di dichiararne altri, tutti in sé necessari.

Non è ignoto che lo stato d’eccezione è la madre delle dittature social-nazionali, di «destra popolare» nel senso che è il popolo a dare loro «mano libera».

Ovviamente, lo stato d’eccezione introduce nell’ordinamento giuridico un elemento di arbitrio assoluto da parte del sovrano.

Ma se il sovrano è Berlusconi, c’è il rischio di una dichiarazione di «stato d’eccezione televisivo», per salvare Emilio Fede dal satellite e mantenere il monopolio Mediaset. Dico la verità:
preferirei che ci fosse, al suo posto, un capo risoluto come Adolf Hitler. (ibidem)
ugo maria tassinari

26 giugno 2008

La sindrome del Titanic



Ecco servito il tricolore: il bianco luccicante e sprecone delle notti, il rosso dei conti pubblici e qualche esperienza verde che fa ben sperare. Un programma politico per la decrescita felice

Quanto a sprechi, inefficienze e cattiva gestione le amministrazioni comunali italiane sono imbattibili. I bilanci comunali delle grandi città sono sempre in rosso. Se ne conoscono i numeri in mezzo al polverone alzato al cambio rituale di legislatura, tra una giunta e l'altra, come nel caso del comune di Roma. Al di là della bagarre sui numeri la sostanza è sempre la stessa, per Roma si parla di 8 miliardi, 3 miliardi e mezzo a Milano, 3 miliardi di debito a Torino e così via... Ebbene, come si fa a sentirsi partecipi di una barca che cola a picco!

"Le città vivono la sindrome del Titanic" chiosa Maurizio Pallante al Convegno sui Centri per l'Energia e l'Ambiente del 21 giugno. "Le notti bianche non sono che la punta di un iceberg. Si fa festa con i soldi che non si hanno per nascondere gli scriccolii di un crollo sempre più vicino". Secondo il saggista, esperto in economia e questioni energetiche, la crisi dei mutui Subprime avrà il suo culmine nel prossimo autunno e i prezzi del petrolio saliranno intorno ai 180-200 euro al barile. I debiti contratti dalle nostre Amministrazioni sono dunque destinati ad aumentare vertiginosamente.

Ma per fortuna nel nostro Belpaese esistono anche dei buoni esempi, a cui Pallante ha dato voce nel suo libro fresco di stampa Un programma politico per la Decrescita Felice. Quelle dei Comuni Virtuosi sono sperimentazioni attive in tutto il territorio che meriterebbero di essere più conosciute e valorizzate e che per ora hanno come protagonisti solo di comuni medio piccoli. Si va dal primo piano urbanistico a crescita zero di Cassinetta di Lugagnano (MI), dall’efficienza energetica applicata su tutti gli edifici pubblici di un territorio all’illuminazione pubblica interamente a led del Comune di Torraca (SA). Esempi di distribuzione dei prodotti sfusi a cominciare dall’acqua del sindaco, come nel el comune di Traversetolo (PR) che prevede di eliminare le circa 9000 bottiglie di plastica distribuite nelle mense scolastiche. E poi ancora i gruppi di acquisto comunali per l’autoproduzione di energia pulita, le mense disimballate e autogestite e i campeggi comunali sostenibili.
di Gabriele Bindi -

Fonte: Associazione Paea

Il computer di sinistra e il computer di destra



Gli organi di stampa anglosassoni hanno dato una vasta eco al direttore generale dell’Interpol che avrebbe confermato i legami segreti tra il presidente Hugo Chavez e le FARC [Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia]. Invece, osserva Romain Migus, il rapporto dell’Interpol dice il contrario di quello che le agenzie di stampa hanno trasmesso: l’agenzia internazionale per la cooperazione di polizia ha constatato che il computer di un capo ribelle, entrato in possesso dell’esercito colombiano, è stato da questi profondamente manipolato in maniera tale che è impossibile autenticare i documenti che si pretende di averci trovato. Strano: nello stesso momento, il testimone chiave di un’altra inchiesta veniva estradato dalla Colombia con i documenti, questa volta autentici, di un altro computer. Documenti che coinvolgono gravemente il presidente colombiano Alvaro Uribe.

Il 1 marzo 2008, 10 bombe GBU 12 Paveway da 227 chilogrammi l’una esplodevano in piena giungla ecuadoregna radendo la vegetazione tutt’intorno e lasciando crateri di 2,40 metri di diametro e 1,80 metri di profondità [1]. La Colombia aveva violato la sovranità dell’Ecuador ed assassinato Paul Reyes, il principale negoziatore per la liberazione di Ingrid Bétancourt e degli altri ostaggi prigionieri della guerriglia.

A terra i combattenti delle FARC e alcuni studenti dell’Università del Messico non poterono resistere ad un bombardamento di una tale intensità. In compenso, nel bel mezzo dei crateri, giaceva un computer indistruttibile che contiene, secondo Bogotà, informazioni cruciali sulle alleanze nella regione.

Questo computer, la cui marca è sfortunatamente sconosciuta, era di Paul Reyes. E’ il computer di sinistra.

Rammentiamo, prima di proseguire oltre, che le relazioni con le FARC sono del tutto normali per i vicini della Colombia. L’ex vice-presidente venezuelano, José Vicente Rangel, ricordava poco tempo fa, che prima dell’avvento di Chavez al potere un responsabile delle FARC disponeva di un ufficio al Ministero degli Affari Esteri venezuelano, soprattutto per trattare dei danni collaterali del conflitto colombiano in Venezuela. Immaginate che un esercito di 15.000 uomini in guerra con il governo svizzero stazioni nei pressi del lago di Lemano. Si può scommettere che il governo francese, ma anche le autorità regionali e locali, intratterrebbero relazioni con i responsabili di questo esercito per evitare slittamenti in Francia.

Il Venezuela e l’Ecuador: bersagli per accuse

Il 3 marzo, ossia solo due giorni dopo l’aggressione all’Ecuador da parte della Colombia, il governo di Alvaro Uribe comincia a svelare una parte del contenuto del computer di sinistra. Abbonderebbero le prove a testimonianza di un’alleanza regionale tra l’Ecuador, il Venezuela e le FARC.
Nel caso del Venezuela, Chavez è accusato di aver ricevuto dalla guerriglia 100 milioni di pesos (circa 35.000 euro) al tempo in cui si trovava in prigione (1992-94) e, viceversa, di aver finanziato la guerriglia con 300 milioni di dollari. Ancora, il Venezuela è accusato di favorire il traffico di armi per conto delle FARC, ossia di armare i ribelli colombiani.
Per quanto riguarda l’Ecuador, le autorità colombiane accusano il Ministro dell’Interno ecuadoregno, Gustavo Larrea, di connivenza con le FARC. Una fotografia che si dice trovata nel computer di sinistra mostra Paul Reyes mentre conversa, secondo le autorità colombiane, con il Ministro ecuadoregno. La notizia fa il giro del mondo fino a quando Patricio Echegaray, segretario generale del Partito Comunista Argentino, dichiara di essere lui quello che appare nella foto. Che importa, ormai il danno è fatto. Inoltre, altri documenti proverebbero la connivenza di Quito con le FARC.

I governi ecuadoregno e venezuelano respingono le accuse, sottolineando l’inverosimile indistruttibilità del computer e il fatto che Bogotà avrebbe potuto fabbricare false prove.

Alvaro Uribe fa dunque appello all’Interpol per dare risonanza mediatica mondiale alle sue accuse.
Una unità di crisi viene inviata a Bogotà. E’ diretta da un ex direttore del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e già funzionario del Dipartimento della Giustizia di quel paese: Ronald Kenneth Noble, attualmente segretario generale dell’Interpol. Immaginiamo un istante che un ex funzionario cubano, bielorusso o iraniano fosse stato nominato capo della missione e che il suo rapporto fosse decisamente favorevole al Venezuela. Si può legittimamente pensare che la macchina mediatica avrebbe gridato all’inganno. Ma è risaputo che gli Stati Uniti non ingannano mai…


Firma dell'accordo tra l'Interpol e la Colombia che istituisce un'équipe di esperti per analizzare i computers delle FARC di cui è venuta in possesso la Colombia (12 marzo 2008)


Cosa dice il rapporto dell’Interpol

- Che i files dei computers, dei dischi rigidi esterni e della chiavi USB pesano 609,6 Gigabites, pari a 39,5 milioni di pagine Word.
In sede di conferenza stampa, Ronald Kenneth Noble, ha sottolineato che vista la grandezza dei files ci volevano più di “mille anni per verificarne il contenuto” e che l’Interpol non aveva verificato l’autenticità del contenuto delle prove. Detto altrimenti, quello che l’Interpol può fare in mille anni, i Colombiani l’hanno realizzato in 48 ore, dal 1 marzo data del bombardamento, al 3 marzo data della prima dichiarazione sulle presunte prove contenute nel computer di sinistra. Notiamo di passaggio che gli esperti informatici colombiani uniscono la fortuna alla rapidità poiché hanno aperto solamente i files che incriminano il Venezuela e l’Ecuador. Nulla sulle relazioni delle FARC con la Francia o il Brasile, per esempio.
Cosa è dunque successo in quelle 48 ore? Il rapporto dell’Interpol è limpido:
- “L’accesso ai dati contenuti negli otto elementi di prova informatici provenienti dalle FARC tra il 1 marzo 2008, data nella quale sono entrati in possesso delle autorità colombiane, e le ore 11 e 45 del 3 marzo 2008, quando sono stati consegnati al Grupo Investigativo de Delitos Informaticos della polizia giudiziaria colombiana, non è stato effettuato conformemente ai principi riconosciuti a livello internazionale in materia di trattamento degli elementi di prova elettronici (…) In altri termini, invece di darsi il tempo di creare delle immagini dei contenuti di ciascuno degli otto elementi di prova acquisiti e di proteggerli contro la scrittura prima di aprirli, si è acceduto direttamente ai dati in questione.

Bizzarramente, è esattamente durante questo lasso di tempo in cui la polizia giudiziaria colombiana attende i computers che vengono rivelate le supposte prove. Sarebbe a dire che tali presunte prove non sono il lavoro scientifico degli informatici della polizia ma di un laboratorio dell’esercito colombiano che non ha avuto l’accortezza di creare una copia dei contenuti dei documenti prima di aprirli.
- Inoltre, secondo il rapporto dell’Interpol, dopo il bombardamento del campo dei guerriglieri sono stati creati o modificati alcuni files di sistema:

83. L’esame dell’elemento di prova n. 26 – un computer portatile – ha rivelato le seguenti incidenze sui files il 1 marzo 2008 o successivamente a questa data: 273 files di sistema sono stati creati; 373 files di sistema e di uso sono stati oggetto di accessi; 786 files di sistema sono stati modificati; 488 files di sistema sono stati cancellati.
” (La situazione si ripete identica per tutti gli elementi di prova: si vedano i punti 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90 del rapporto).
- Certamente, il rapporto afferma che i files d’uso (testi word, foto, ecc.) non sono stati né modificati né creati dopo il 1 marzo. Ma nella stessa conclusione, l’Interpol sottolinea che in tutti gli elementi di prova esistono migliaia di files datati 2009 o 2010. Riguardo ad essi, l’Interpol conclude “che essi sono stati creati ad una data anteriore al 1 marzo 2008 su una o più macchine i cui parametri di data e di ora del sistema erano inesatti.
” Ora, come attestare l’autenticità dei files se è così semplice cambiare la data di creazione di un documento? In altre parole, il laboratorio dell’esercito colombiano che ha avuto per 48 ore gli elementi di prova avrebbe potuto benissimo creare un documento e pre-datarlo. Soprattutto se come rivela l’Interpol i files di sistema sono stati modificati.
Come si vede, il rapporto dell’Interpol solleva più domande sulla validità dei documenti del computer di sinistra di quante risposte fornisca. Poco importa, lo tsunami mediatico si è già abbattuto sul Venezuela (ma non sull’Ecuador, vai a sapere perché …). Marie Delcas di Le Monde, confondendo il lavoro di giudice con quello di giornalista, riprende dal canto suo le accuse del governo colombiano, quando, ricordiamolo, da una parte l’Interpol non si è pronunciata sui contenuti dei documenti, e dall’altra il rapporto getta forti dubbi sull’autentica origine degli stessi.
Ci piacerebbe che Marie Delcas potesse rispondere all’invito lanciato dal presidente ecuadoregno Rafael Correa da Parigi il 13 maggio scorso: “Noi non attribuiamo alcuna credibilità a questi computers, ma chi lo fa dovrebbe anche accordare credibilità quando le FARC accusano Uribe di essere un paramilitare e un narcotrafficante.” Finora, neanche una riga da parte di Le Monde o altri media su questo tema …
Eppure …

Il computer di destra

Nel computer di destra, acquisito nel 2006, sono state rinvenute le prove di oltre 50 omicidi perpetrati dai paramilitari [3] contro leader sindacali e di movimenti sociali nel 2005 e 2006.
In più, sta venendo alla luce una lista di eletti colombiani (senatori, deputati, sindaci, governatori regionali) sostenuti dai paramilitari. Decine di eletti beneficiano della protezione, del finanziamento, dei contatti e dei mezzi di pressione dei paramilitari. E, più grave ancora, il computer di destra contiene anche delle prove di brogli elettorali organizzati dai paramilitari in diverse elezioni tra cui quella del presidente Alvaro Uribe.
Il computer di destra sta diventando il detonatore dello scandalo della parapolitica in Colombia. Questo neologismo allude al legame che unisce certi uomini politici, membri dei servizi segreti e uomini d’affari con i gruppi mafiosi paramilitari, noti tra l’altro per fare a pezzi le loro vittime con la motosega e giocare a calcio con la loro testa.

C’è stato bisogno dell’Interpol per provare l’autenticità dei documenti trovati nel computer di destra? No, perché il suo proprietario, “Jorge 40”, ne ha successivamente confermato l’autenticità.
Ma “Jorge 40” non si ferma a questa testimonianza. Conferma l’esistenza degli Accordi di Ralito. Una alleanza ufficiale, sostenuta da documenti firmati, tra quattro capi paramilitari e 29 personalità politiche (deputati, senatori, sindaci, governatori di regioni), un giornalista e due proprietari terrieri per “rifondare la Patria” e “proteggere la proprietà privata”. Al momento della firma di questi accordi è stato notata la presenza del consigliere di Nicolas Sarkozy, il boia argentino Mario Sandoval [4].
Lo scandalo della parapolitica tocca ormai dei ministri e l’attuale vice-presidente, la cui famiglia è proprietaria dell’unico quotidiano a diffusione nazionale. Il cerchio si stringe intorno a Alvaro Uribe.
Malgrado ciò, gli Stati Uniti hanno ottenuto l’estradizione per “Jorge 40” e altri 12 capi paramilitari. “Jorge 40” e il suo computer non devono più rendere conto alla giustizia e al popolo colombiano. Il computer di destra era un problema e lo si è fatto discretamente sparire mentre tutti i media parlavano del computer di sinistra. Paul Reyes, lui, non c’è più a testimoniare sull’autenticità dei documenti del suo computer indistruttibile …


Paul Reyes


di Romain Migus

25 giugno 2008

Storie : dagli anni'70 a re Berlusconi


0. Una premessa di metodo

Questa rubrica ha nel suo dna il contrapporsi a una tesi, a un ragionamento, offrendo un’altra chiave di lettura possibile del fatto o del fenomeno di cui parla l’articolo scelto per il controcanto.

Quindi, risparmierò ogni volta di sottolineare e ripetere tutti i punti di accordo, che non mancheranno certo, per enfatizzare appunto gli elementi di contrasto… E quindi lo stile sarà volutamente apodittico e tranciante.

1. Una constatazione di fatto

C’è una differenza essenziale con gli anni Settanta: oggi la destra è maggioranza non solo quantitativa ma anche qualitativa nel Paese. Insieme ai numeri ha pure l’egemonia culturale. E non solo perché ha reclutato massicciamente a sinistra: dal professor Colletti (uno dei firmatari del famoso “appello pro lotta armata”, scomparso qualche anno fa dopo anni nei ranghi “azzurri”) a Giuliano Ferrara, da Paolo “Straccio” Liguori al tanto deprecato Vigorelli (pasdaran forzista al Tg 3 dopo la prima vittoria berlusconiana). Ma perché coglie il senso profondo di quello che pulsa nelle viscere della gente e che produce eruzioni come Ponticelli e il Pigneto.

2. Un chiarimento sull’oggetto

Non stiamo parlando dei fatti, ma della loro rappresentazione e dell’uso politico che di queste rappresentazioni viene fatto. Perché è vero che Primavalle rappresenta la perdita dell’innocenza da parte di Potere operaio (e non dell’intera sinistra rivoluzionaria: non bisogna dimenticare MAI che Calabresi è ucciso quasi un anno prima…) ma non per quello che è stato un TRAGICO ERRORE (lo so che ferisce e fa incazzare di più: non c’era la lucida volontà di uccidere; sicuramente l’incoscienza e la strafottenza per le potenziali conseguenze, come in centinaia di altre azioni militanti, ma non la premeditazione assassina). Il gruppo dirigente di Potop sapeva che quell’azione era opera di propri militanti sulla via di passare alle Br (di questo si trattava) ma non per questo li ha mollati. Anzi… La colpa originaria è quindi di aver mantenuto vigente il dovere di solidarietà insito in ogni organizzazione (non solo) rivoluzionaria, spingendosi fino alla menzogna più infame. E’ un dispositivo (senza quest’ultimo esito) ben noto ad Adinolfi, che rivendica il merito di aver aiutato Ciavardini latitante per aver partecipato a un’azione il cui obiettivo politico era l’implosione di Terza posizione.

Più ampia è invece la platea di chi riscrive la storia con la scolorina nella destra radicale e vuole credere a tutti i costi nell’assoluta estraneità dei neofascisti alle trame bianco-nere.

3. Il dovere e il piacere

Mi piace pensare che sia per questa ragione,

il comune senso morale di essere chiamati ad affrontare le conseguenze delle azioni dei propri “seguaci” anche quando sono state fatte “contro” la propria volontà e progettualità, che, alla necessaria distanza debita tra due avversari politici, Scalzone (nella foto) e Adinolfi si rispettino e si stimino assai (io sotto sotto penso che si vogliano anche un po’ bene, ma non lo ammetteranno mai, almeno per non scandalizzare il proprio “pubblico” …).

4 Il principio di realtà

E’ evidente che le narrazioni dei fatti di questi giorni che preoccupano Adinolfi sono ebbre e deliranti. Dalla cazzata biblica che vuole la camorra dietro ogni movimento reale che scuote Napoli (dalla rivolta di Pianura al pogrom di Ponticelli) alla vergognosa bugia degli studenti dei collettivi romani che triplicano la consistenza degli avversari per giustificare un esito inglorioso dello scontro: ma certo è più preoccupante la menzogna di Stato (fosse anche nella versione di un sindaco che pure è stato ministro degli Interni e cerca qualsiasi pretesto per rimuovere la responsabilità di un clamoroso fallimento politico) che la menzogna narcisistica di una banda giovanile.

C’è poi la farsa della farsa: i “ragazzi” di Casa Pound in giacca e cravatta che assaltano il Gay pride neanche il più cazzuto ufficio stampa di Cinecittà se lo sarebbe saputo inventare…

5. E’ il mercato, ragazzi

Non c’è nessuna Spectre della stampa “di sinistra”. Per banali ragioni di concorrenza in una fase di drammatica crisi dei quotidiani, “La Repubblica” ha inferto due colpacci all’immaginario della “sinistra”: sputtanando il dandy forcaiolo noto come Marco Travaglio, svelando la reale natura del raid del Pigneto. E quindi nelle altre testate scattano meccanismi di quello che nelle attività di brokeraggio si chiama “ricopertura”…

6. La luna e il dito

Abbiamo parlato delle rappresentazioni distorte. Ora possiamo attingere all’essenza dei fatti. Che sono drammatici: mentre taluni si baloccano con l’allarme “neofascista”, il governo Berlusconi si è spinto molto avanti sul terreno della militarizzazione e della criminalizzazione del dissenso, compiendo quello che, nei tanto formidabili anni 70, gran parte della sinistra estrema avrebbe definito GOLPE BIANCO. Ma i soliti noti preferiscono, in una situazione di totale crisi del pensiero, rassicurarsi con richiami identitari che nei momenti di confusione fanno bene.

7. La lezione di Balzac

Uno che ne capiva di queste cose spiegava che c’era molto di più da imparare sulla Francia orleanista dalla lucida narrativa di un reazionario come Balzac che dalla chiacchiera benintenzionata di certi progressisti. Vale tutt’oggi. Lo dimostra uno splendido articolo di un “dietologo” molto di destra come Maurizio Blondet (nella foto), che proponendoci un folgorante “Carl Schmitt alle vongole” chiarisce perfettamente i termini reali della questione.

8. Qualche citazione, per finire

# a. «Sovrano è chi decide lo stato d’eccezione».Se l’enunciato supremo di Carl Schmitt vale per tutte le situazioni (anche le farse), allora non c’è dubbio: abbiamo un sovrano.E’ Silvio Berlusconi.Come noto, egli ha dichiarato lo Stato d’eccezione-monnezza. In Campania, è sospeso il diritto ordinario. C’è una superprocura, un tribunale speciale alla monnezza. Chiariano, ha detto il sovrano, «è zona militare e sarà protetta. Coloro che si opporranno saranno perseguibili». Militarizzazione della monnezza. Allacciate le cinture, perchè comincia uno di quei periodi che il saggio cinese augurava ai suoi nemici: «interessante». Non scherzo. Quando uno evoca lo stato d’eccezione, la faccenda è sempre seria, gravida di prospettive e di pericoli. (M. Blondet, ivi)

# b. E’ proprio quel che avviene in Italia in questi giorni: nessuno pare aver preso coscienza di ciò che implica lo stato d’eccezione, anzi Napolitano - il supposto «custode della Costituzione» sospesa - pare favorevole, per non parlare dell’opposizione veltroniana. Si entra in un periodo di «fondazione» con la mente torbida, il senso del diritto obnubilato. I soli contrari sono i giudici ma - naturalmente - non per il motivo giusto, giuridico: lo sono per i loro interessi di casta. Temono di essere scavalcati, di essere privati di alcune loro «prerogative», e che si sia costituito un «precedente» per esautorarli. Il che è verissimo. (ibidem)

# c. Persino il questore Manganelli ha detto che c’è un indulto permanente in Italia, che la dittatura dei giudici ha avuto come risultato la non-certezza del diritto (e della pena). E’ un’altra richiesta implicita di stato d’eccezione. E’ questo il punto più gravido di rischi e di futuro. Nella repubblica di Weimar, era l’intera società onesta a chiedere uno stato d’eccezione, che la facesse finita con una «legalità» che favoriva solo l’arricchimento di mascalzoni speculatori, e la corruzione della società stessa in mano ai parassiti.

E qui da noi? Le emergenze sono tali e tante, gli egoismi così intrattabili e incurabili, da richiedere per ciascuna una «decisione sovrana», extra-costituzionale: le tre regioni almeno dove sovrana è la malavita organizzata, lo stato della scuola, il parlamento pletorico e servo delle lobby, la burocrazia inadempiente strapagata (la Casta), i particolarismi che ostacolano e impediscono ogni progettualità, lo strapotere bancario e sindacale, la violenza idiota e corpuscolare delle tifoserie, l’abuso di massa di cocaina persino tra gli operai… ciascuna richiederebbe tribunali speciali con procedure semplificate e misure extralegali per licenziare, punire, obbligare a fare. In nome della vita e a sua difesa.

Qui è il punto. L’Italia richiede uno stato d’eccezione totale. Una volta dichiarato uno stato d’eccezione, è quasi inevitabile la tentazione di dichiararne altri, tutti in sé necessari.

Non è ignoto che lo stato d’eccezione è la madre delle dittature social-nazionali, di «destra popolare» nel senso che è il popolo a dare loro «mano libera».

Ovviamente, lo stato d’eccezione introduce nell’ordinamento giuridico un elemento di arbitrio assoluto da parte del sovrano.

Ma se il sovrano è Berlusconi, c’è il rischio di una dichiarazione di «stato d’eccezione televisivo», per salvare Emilio Fede dal satellite e mantenere il monopolio Mediaset. Dico la verità:
preferirei che ci fosse, al suo posto, un capo risoluto come Adolf Hitler. (ibidem)
ugo maria tassinari