06 luglio 2008

Gli stipendi dei banchieri fanno male al sistema



Secondo il professor Nouriel Roubini, la devastante crisi finanziaria che, associata a quella economica, minaccia di mettere in ginocchio interi continenti e di modificare per sempre il nostro modo di vivere, ha cause precise che possono essere sinteticamente elencate: un modello di business basato sul cosiddetto “originate and distribute” (“creare [prodotti finanziari complessi] per poi rivenderli immediatamente a qualcun altro - ossia la versione di lusso del gioco del cerino acceso); il fatto che la gran parte dell’intermediazione finanziaria dei prodotti potenzialmente “tossici” transiti ormai attraverso un sistema finanziario parallelo - ad esempio broker, hedge fund, “veicoli” speciali e via dicendo - non soggetto (come le banche) a regolamentazione pubblica; un tipo di regolamentazione incline a far leva su autodisciplina e standard di mercato più che su obblighi di legge; la scarsa capacità delle attuali pratiche contabili a valutare e gestire crisi di liquidità; i conflitti di interesse in cui sono incorse le agenzie di rating facendo gran parte dei loro profitti valutando prodotti finanziari infarciti di derivati complessi ed “esotici”.

Un’altra delle distorsioni che hanno prodotto le esplosive perdite realizzate quest’anno dalle banche d’affari è il modo in cui vengono remunerati i loro manager: i bonus, infatti, sono legati alle performance di breve periodo e si muovono in una sola direzione: verso l’alto. In questo modo i dirigenti sono strapagati quando le cose vanno bene, ma quando i profitti potenziali diventano vere perdite sui libri contabili, il massimo che può loro succedere è vedersi azzerato il bonus per quell’esercizio. E’ facile concludere con Raghuram Rajan, un altro economista, che questo metodo di retribuzione, oltre che iniquo, costituisce un robusto incentivo a mettere in atto comportamenti pericolosi.

Che ormai i bonus dei dirigenti delle merchant bank abbiano un andamento del tutto scollegato dai risultati aziendali è evidente: si pensi che la banca d’affari americana Morgan Stanley, pur avendo annunciato 9,4 miliardi di dollari di perdite nel quarto trimestre 2007, ha visto nello stesso esercizio crescere del 18% il valore delle risorse destinate ai bonus. Per quanto possa sembrare paradossale, insomma, i peggiori nemici dei capitalisti sono proprio i capitalisti: lo sostiene del resto lo stesso Raghuram Rajan, che assieme al collega Luigi Zingales, ha dedicato all’argomento un libro dal titolo ironico (“Salvare il capitalismo dai capitalisti”).

Per aggiungere valore (o "alfa"), un buon finanziere deve essere dotato di fiuto, dinamismo e creatività. Si ha fiuto quando si riesce a capire quali attività sul mercato sono valutate meno delle loro effettive potenzialità. Per dinamismo si intende l'abilità di "comprare controllo" in un'azienda e lavorarci sopra, in modo tale da modificare il rendimento del titolo azionario che la rappresenta. Quando si creano a tavolino strumenti o flussi di cassa ritagliati per investitori o esigenze specifiche, invece, si è creativi, a meno che non si stiano sfruttando i punti deboli o l'ignoranza della controparte (ed è noto dalle cronache che spesso è proprio questo ciò che accade).

Secondo Raghuram, solo un pugno di individui ha la stoffa per creare vero "alfa"; un sistema premiante basato sul profitto di breve periodo tende però a far prosperare altri soggetti che generano "falso alfa" mettendo in atto strategie con ritorni sensibilmente superiori alla media quale contropartita di una perdita drastica anche se assai improbabile. Esattamente la strategia seguita dalla Northern Rock, la banca britannica fallita e recentemente nazionalizzata, che prendeva a prestito a breve offrendo credito a lungo periodo; si suppone che i suoi capi di quando in quando si raccogliessero in preghiera per scongiurare l'improbabile crisi di liquidità che si è però realmente verificata, azzerando il bilancio.

Poiché dunque l'abilità dei manager finanziari si dovrebbe misurare nel lungo periodo, Raghuram Rajan propone di mantenere una parte rilevante del loro stipendio in un conto vincolato, con la possibilità per gli azionisti di riprenderselo in tutto o in parte se la strategia che ha funzionato bene per un po' finisce in un disastro. Sono tempi strani: tocca pure vedere il Financial Times argomentare a favore dell’equità e del controllo pubblico. Chi l'avrebbe mai detto?

Europa e potere: cancellata la democrazia



Cosa significa essere in democrazia? E’ un tema che dura ormai da svariati secoli e finora non ha portato a una conclusione definitiva. Ma quello che è un dato comune a tutti i pensatori è che come elemento base ci deve essere il potere, politico e legislativo, in mano al popolo. Poi che esso lo eserciti direttamente o tramite rappresentanti è relativo, ma l’origine del potere di fare leggi deve essere nella volontà popolare. In questo momento storico, la democrazia ha assunto la forma di quella rappresentativa, cioè il popolo elegge i rappresentanti che prenderanno le decisioni a loro nome. Più o meno è cosi dappertutto, tranne che in Europa. Infatti, tutti noi, non viviamo più in una democrazia, ma in una oligarchia tecnocratica. I nostri rappresentanti politici non contano più nulla, o per lo meno contano solo fino a dove i veri padroni della nostra vita, gli oligarchi appunto, decidono che possano contare. Chi sono i nostri veri padroni? I signori della BCE, la Banca Centrale Europea. Esagero? Vediamo un esempio molto chiaro.



Da qualche tempo, ci dicono che il vero nemico dell’economia è l’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi, e che questo va fortemente combattuto. Solitamente sono due le vie per farlo: o viene favorita la produzione, in modo che l’aumento dell’offerta faccia abbassare i prezzi; oppure viene diminuita la massa di denaro circolante, in modo che non avendo soldi da spendere calino i consumi e quindi i prezzi devono calare per poter venire incontro alla nuove penuria di contanti da parte dei compratori. Uno dei problemi di questa seconda strada è che anche i salari calano, col risultato che il cittadino si trova con meno soldi da spendere. Chi dovrebbe scegliere come e se intervenire in settori così delicati e che toccano la vita di tutti noi? Beh, in democrazia la risposta è scontata: il popolo, quindi attualmente i governi che lo rappresentano!!! Esatto, in democrazia…ma la UE non è una democrazia; infatti decide il Consiglio Direttivo della BCE, che si badi bene, è un organo privato, che rappresenta esclusivamente i suoi soci, banche e assicurazioni (lo dice il suo Statuto) e solo ad essi risponde. Quale è il potere di una banca centrale in questo campo? La gestione dei tassi d’interesse. Quando tutti noi chiediamo un prestito o un mutuo, e questo vale anche per gli Stati che li usano per le opere pubbliche, la banca ci chiede gli interessi, secondo il tasso di sconto. Più questo è basso, più la gente (o gli Stati) sono invogliati a spendere chiedendo denaro in prestito; di contro, più sarà alto, meno denaro circolerà, abbassando di conseguenza consumi e prezzi.


Praticamente tutti i governi d’Europa si sono espressi contro la decisione, già ventilata nei giorni scorsi, di aumentare i tassi. In effetti, già i consumi sono quasi inesistenti, con perdita di posti di lavoro e aumento della povertà diffusa, chiedendo quindi a Trichet, il Presidente della BCE, di non aumentare i tassi.


Come già detto, lo so che divento ripetitivo ma è un concetto chiave, dovrebbero essere i governi a decidere la vita dei cittadini, mentre i banchieri dovrebbero essere solo dei tecnici che eseguono la volontà popolare. Bene, ieri il Consiglio Direttivo della Banca Centrale ha deciso all’unanimità di aumentare il costo del denaro di un quarto di punto, portandolo al 4,25%, il massimo da quasi 7 anni!!! Motivo? Trichet ha tenuto a ribadire che loro sono “indipendenti” (tradotto: facciamo quello che ci pare, che il popolo voglia o no!!!) e che la crescita economica aumenterà in modo costante, pur se moderato. In realtà, la vera motivazione l’ha spiegata poco dopo, quando ha affermato, che se non facessero qualcosa, “dove andrebbero a finire i tassi di lungo termine dei titoli a 10, 20 o 50 anni?”. Piccola spiegazione. Più i tassi di interesse sono alti, più arrivano nelle casse delle banche capitali dall’estero; infatti ovviamente i grandi speculatori spostano i capitali dove più guadagnano, e le rendite sui titoli dipendono proprio dai tassi d’interesse. E’ esattamente la politica attuata dalla Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, sotto la guida di Allan Greenspan, che teneva proprio alti i tassi per favorire i guadagni delle grandi banche di Wall Street. Peccato, che a lungo andare i mutui erano diventati talmente alti, che la gente ha perso la casa e si è paurosamente impoverita, tanto che Bernanke, il nuovo Presidente, ha deciso di calare, per la prima volta dopo moltissimi anni, il costo del denaro, ma ormai era troppo tardi, e quello che è successo lo sappiamo tutti.


Ecco la verità, la BCE ha deciso che l’importante è che guadagnino le grandi banche, se poi la gente morirà di fame chi se ne frega, quindi prepariamoci a fare la fine degli statunitensi: perdere la propria casa e a vivere con pochi spicci in tasca,ancora meno di quelli che abbiamo adesso!!!


D’altronde, visto che chi comanda in Europa è un gruppo di società private, è ovvio che loro guardino ai loro bilanci, mica alla vita di milioni di persone.



Cosa possiamo fare noi umili cittadini? Semplice, combattere tutte le forme di potere oligarchico che fanno capo all’Unione Europea, cominciando a protestare contro la ratifica del Trattato di Lisbona, chiedendo che, come avvenuto in Irlanda, questa decisione venga posta al vaglio di un referendum popolare.


Invece, questi politicanti da quattro soldi, e tutti i loro seguaci inebetiti da giornali e telegiornali di partito, ci tengono buoni con manifestazioni contro qualche insignificante decreto sui processi o su “Rete 4”, intanto la democrazia viene cancellata dall’Europa e dalle nostre vite!



M. Zanarini

Berlusconi nella trappola



Dunque Berlusconi ha appeso il governo – un governo che fa benino – alla sua erezione. Oltretutto pericolante, è dato capire. Erezione da settantenne, dipendente da molto Viagra.

Rispondo a quei lettori fanatici cui la definizione di Berlusconi come «Salame» pare ancora filo-berlusconismo mascherato, e continuano a ripetere che quello è un mascalzone, un disonesto e un dittatore .

Un disonesto normale, un dittatore o aspirante tale, regala all’ennesima velina o passerina con cui va a letto un brillante a 22 carati, pellicce di zibellino, un attico a Montparnasse. Solo un Salame assegna alla passerina un ministero, si fa inoltre intercettare mentre ne vanta le qualità saffiche, mettendo così nelle mani dei suoi nemici la conferma del loro argomento principale: Berlusconi usa la politica per suo privato piacere, per lui è un tutt’uno.

Solo un Salame può strillare sul «gossip», ossia non capire che s’è reso indifendibile: sulle questioni «di gnocca» (per dirla alla Feltri), gli italiani sono indulgenti. Ma quando l’amante delle «gnocche» le mette al ministero a comandarci, allora non è più gossip, è la vergogna politica, la perdita di ogni minima autorità. Non ha più scuse. Deve anzi scusarsi coi suoi elettori.

Escano o no le intercettazioni, di cui tutti i media hanno almeno qualcosa e tutti ormai sanno tutto, Berlusconi – per un’erezione-Viagra – s’è politicamente castrato. E ha castrato il tentativo di Tremonti e di Brunetta e degli altri ministri non da letto di riformare l’amministrazione pubblica inadempiente, di mettere al suo posto la casta giudiziaria.

S’è impiccato da sè alle sue ossessioni sessuali da vecchio bavoso, gettando via un’occasione che all’elettorato italiano non si presenterà mai più. Il che conferma l’assunto di Talleyrand: essere un cretino, in politica, è peggio che essere un delinquente.

Mi si darà atto che avevo diagnosticato nel Salame una turba psichiatrica. Molti dei suoi atti si spiegano, avevo scritto, come sindrome maniaco-depressiva, con accento sul «maniacale»: facilismo euforico, eccessiva sicurezza di sè, vanterie sessuali, ottimismo immotivato, sventatezza da sottovalutazione dei problemi (già visto per Alitalia).

Oggi si manifesta il lato depressivo: sotto forma di pusillanimità. Dopo aver minacciato decreti e grandi battaglie mediatiche (andando a Matrix...) contro i giudici che lo perseguitano, rinuncia, si fa piccolo, si mette nelle mani di Napolitano che ha promesso di far sparire le intercettazioni, se lui lascia la Casta al potere reale.

«Con un capo impaurito dalle chiacchiere hard la maggioranza non avrà la forza di attuare il programma», scrive Feltri, e coglie il punto politico essenziale. Una notevolissima maggioranza di elettori l’avevano votato per quel programma necessario. Ora, letteralmente, la testa di c. ha rovinato tutto, anche se stesso.

Resta solo da decidere se quella del Salame è più una malattia mentale o una malattia morale. Forse, l’una e l’altra. O l’una dipendente dall’altra.

Chiaramente, quell’assatanamento continuo, sostenuto da pillole blu, quel parlarne incessante e quel vantarsi ossessivo delle sue performances – tanto, si dice, da minargli la salute - è un modo infantile, patologico-salamesco, di esorcizzare il pensiero della morte, inevitabile e quotidiano dopo i 70: guardatemi, sono forte! Macchè vecchio, sono ancora giovane, guardate quanto mi tira! Mi tira tantissimo! Ogni donna mi cede! Brambille e Carfagne, le bastono tutte! (ma poi deve pagarle con un ministero, non basta nemmeno uno zibellino).

Addio riforme, separazione delle carriere, abbassamento della tutela indebita che il sindacato giudiziario si è arrogato sui poteri legislativo ed esecutivo.

Avvertimento per i lettori fanatici che mi accusano di berlusconismo: Berlusconi, il bersaglio del loro odio psichiatrico, cadrà, forse entro pochi mesi. Politicamente è già defunto. La Casta, che ha vinto, ce l’avremo sul collo per i secoli dei secoli; compresa quella magistratura di Napoli che non ha mai intercettato un camorrista sì che ha fatto di Napoli una discarica, ma ha trovato urgente intercettare le vanterie «di «Silvio» a «Fedele» sulle ragioni postribolari dell’ingresso di qualche ministra nel governo, sulle virtù di una giovane signora passata dallo «spettacolo alla politica». Via Silvio, la spazzatura fisica e morale di questo Paese resterà, vittoriosa, anzi invincibile.

A quei lettori che possono accoglierlo, erogo – essendo la politica perdita – un consiglio spirituale: convertitevi da giovani, finchè la natura è flessibile. Come vedete dal lugubre esempio di «Silvio», da vecchi è quasi impossibile. Solo molto ipoteticamente la vecchiaia è saggezza, è seria e serena preparazione al giudizio eterno. Una vita lunga, mal vissuta, costruisce attorno ai vecchi malvissuti un muro di abitudini, vizii, ossessioni, che diventa sempre più duro e imperforabile; il karma, per dirla con i buddhisti, nell’età senile diventa un binario di ferro verso l’inferno, da cui ogni deviazione è impossibile salvo un miracolo.

Lo dico per esperienza anche personale. A parte che mi sono morti amici, che ho visto arrivare impenitenti all’agonia, incapaci di perdonare, di pentirsi, di smettere di fare ciò che facevano, fosse lavoro folle e ormai insensato, fosse sesso o altro vizio. Vedo la stessa rigidità in me. Prego per quei miei amici, spero – anche per loro – la chiara visione che la Misericordia divina può dare negli ultimi istanti. Ma se fossi in voi, non ci farei conto; imparate da giovani a morire bene.

Vedete Berlusconi, come s’è intrappolato nel suo labirinto, che s’è costruito a forza di «successi» e di «veline» e di Viagra: quello è già il suo inferno personale, il suo eterno lager, e solo perchè è un Salame lo scambia per un quasi-paradiso.

M. Blondet

06 luglio 2008

Gli stipendi dei banchieri fanno male al sistema



Secondo il professor Nouriel Roubini, la devastante crisi finanziaria che, associata a quella economica, minaccia di mettere in ginocchio interi continenti e di modificare per sempre il nostro modo di vivere, ha cause precise che possono essere sinteticamente elencate: un modello di business basato sul cosiddetto “originate and distribute” (“creare [prodotti finanziari complessi] per poi rivenderli immediatamente a qualcun altro - ossia la versione di lusso del gioco del cerino acceso); il fatto che la gran parte dell’intermediazione finanziaria dei prodotti potenzialmente “tossici” transiti ormai attraverso un sistema finanziario parallelo - ad esempio broker, hedge fund, “veicoli” speciali e via dicendo - non soggetto (come le banche) a regolamentazione pubblica; un tipo di regolamentazione incline a far leva su autodisciplina e standard di mercato più che su obblighi di legge; la scarsa capacità delle attuali pratiche contabili a valutare e gestire crisi di liquidità; i conflitti di interesse in cui sono incorse le agenzie di rating facendo gran parte dei loro profitti valutando prodotti finanziari infarciti di derivati complessi ed “esotici”.

Un’altra delle distorsioni che hanno prodotto le esplosive perdite realizzate quest’anno dalle banche d’affari è il modo in cui vengono remunerati i loro manager: i bonus, infatti, sono legati alle performance di breve periodo e si muovono in una sola direzione: verso l’alto. In questo modo i dirigenti sono strapagati quando le cose vanno bene, ma quando i profitti potenziali diventano vere perdite sui libri contabili, il massimo che può loro succedere è vedersi azzerato il bonus per quell’esercizio. E’ facile concludere con Raghuram Rajan, un altro economista, che questo metodo di retribuzione, oltre che iniquo, costituisce un robusto incentivo a mettere in atto comportamenti pericolosi.

Che ormai i bonus dei dirigenti delle merchant bank abbiano un andamento del tutto scollegato dai risultati aziendali è evidente: si pensi che la banca d’affari americana Morgan Stanley, pur avendo annunciato 9,4 miliardi di dollari di perdite nel quarto trimestre 2007, ha visto nello stesso esercizio crescere del 18% il valore delle risorse destinate ai bonus. Per quanto possa sembrare paradossale, insomma, i peggiori nemici dei capitalisti sono proprio i capitalisti: lo sostiene del resto lo stesso Raghuram Rajan, che assieme al collega Luigi Zingales, ha dedicato all’argomento un libro dal titolo ironico (“Salvare il capitalismo dai capitalisti”).

Per aggiungere valore (o "alfa"), un buon finanziere deve essere dotato di fiuto, dinamismo e creatività. Si ha fiuto quando si riesce a capire quali attività sul mercato sono valutate meno delle loro effettive potenzialità. Per dinamismo si intende l'abilità di "comprare controllo" in un'azienda e lavorarci sopra, in modo tale da modificare il rendimento del titolo azionario che la rappresenta. Quando si creano a tavolino strumenti o flussi di cassa ritagliati per investitori o esigenze specifiche, invece, si è creativi, a meno che non si stiano sfruttando i punti deboli o l'ignoranza della controparte (ed è noto dalle cronache che spesso è proprio questo ciò che accade).

Secondo Raghuram, solo un pugno di individui ha la stoffa per creare vero "alfa"; un sistema premiante basato sul profitto di breve periodo tende però a far prosperare altri soggetti che generano "falso alfa" mettendo in atto strategie con ritorni sensibilmente superiori alla media quale contropartita di una perdita drastica anche se assai improbabile. Esattamente la strategia seguita dalla Northern Rock, la banca britannica fallita e recentemente nazionalizzata, che prendeva a prestito a breve offrendo credito a lungo periodo; si suppone che i suoi capi di quando in quando si raccogliessero in preghiera per scongiurare l'improbabile crisi di liquidità che si è però realmente verificata, azzerando il bilancio.

Poiché dunque l'abilità dei manager finanziari si dovrebbe misurare nel lungo periodo, Raghuram Rajan propone di mantenere una parte rilevante del loro stipendio in un conto vincolato, con la possibilità per gli azionisti di riprenderselo in tutto o in parte se la strategia che ha funzionato bene per un po' finisce in un disastro. Sono tempi strani: tocca pure vedere il Financial Times argomentare a favore dell’equità e del controllo pubblico. Chi l'avrebbe mai detto?

Europa e potere: cancellata la democrazia



Cosa significa essere in democrazia? E’ un tema che dura ormai da svariati secoli e finora non ha portato a una conclusione definitiva. Ma quello che è un dato comune a tutti i pensatori è che come elemento base ci deve essere il potere, politico e legislativo, in mano al popolo. Poi che esso lo eserciti direttamente o tramite rappresentanti è relativo, ma l’origine del potere di fare leggi deve essere nella volontà popolare. In questo momento storico, la democrazia ha assunto la forma di quella rappresentativa, cioè il popolo elegge i rappresentanti che prenderanno le decisioni a loro nome. Più o meno è cosi dappertutto, tranne che in Europa. Infatti, tutti noi, non viviamo più in una democrazia, ma in una oligarchia tecnocratica. I nostri rappresentanti politici non contano più nulla, o per lo meno contano solo fino a dove i veri padroni della nostra vita, gli oligarchi appunto, decidono che possano contare. Chi sono i nostri veri padroni? I signori della BCE, la Banca Centrale Europea. Esagero? Vediamo un esempio molto chiaro.



Da qualche tempo, ci dicono che il vero nemico dell’economia è l’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi, e che questo va fortemente combattuto. Solitamente sono due le vie per farlo: o viene favorita la produzione, in modo che l’aumento dell’offerta faccia abbassare i prezzi; oppure viene diminuita la massa di denaro circolante, in modo che non avendo soldi da spendere calino i consumi e quindi i prezzi devono calare per poter venire incontro alla nuove penuria di contanti da parte dei compratori. Uno dei problemi di questa seconda strada è che anche i salari calano, col risultato che il cittadino si trova con meno soldi da spendere. Chi dovrebbe scegliere come e se intervenire in settori così delicati e che toccano la vita di tutti noi? Beh, in democrazia la risposta è scontata: il popolo, quindi attualmente i governi che lo rappresentano!!! Esatto, in democrazia…ma la UE non è una democrazia; infatti decide il Consiglio Direttivo della BCE, che si badi bene, è un organo privato, che rappresenta esclusivamente i suoi soci, banche e assicurazioni (lo dice il suo Statuto) e solo ad essi risponde. Quale è il potere di una banca centrale in questo campo? La gestione dei tassi d’interesse. Quando tutti noi chiediamo un prestito o un mutuo, e questo vale anche per gli Stati che li usano per le opere pubbliche, la banca ci chiede gli interessi, secondo il tasso di sconto. Più questo è basso, più la gente (o gli Stati) sono invogliati a spendere chiedendo denaro in prestito; di contro, più sarà alto, meno denaro circolerà, abbassando di conseguenza consumi e prezzi.


Praticamente tutti i governi d’Europa si sono espressi contro la decisione, già ventilata nei giorni scorsi, di aumentare i tassi. In effetti, già i consumi sono quasi inesistenti, con perdita di posti di lavoro e aumento della povertà diffusa, chiedendo quindi a Trichet, il Presidente della BCE, di non aumentare i tassi.


Come già detto, lo so che divento ripetitivo ma è un concetto chiave, dovrebbero essere i governi a decidere la vita dei cittadini, mentre i banchieri dovrebbero essere solo dei tecnici che eseguono la volontà popolare. Bene, ieri il Consiglio Direttivo della Banca Centrale ha deciso all’unanimità di aumentare il costo del denaro di un quarto di punto, portandolo al 4,25%, il massimo da quasi 7 anni!!! Motivo? Trichet ha tenuto a ribadire che loro sono “indipendenti” (tradotto: facciamo quello che ci pare, che il popolo voglia o no!!!) e che la crescita economica aumenterà in modo costante, pur se moderato. In realtà, la vera motivazione l’ha spiegata poco dopo, quando ha affermato, che se non facessero qualcosa, “dove andrebbero a finire i tassi di lungo termine dei titoli a 10, 20 o 50 anni?”. Piccola spiegazione. Più i tassi di interesse sono alti, più arrivano nelle casse delle banche capitali dall’estero; infatti ovviamente i grandi speculatori spostano i capitali dove più guadagnano, e le rendite sui titoli dipendono proprio dai tassi d’interesse. E’ esattamente la politica attuata dalla Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, sotto la guida di Allan Greenspan, che teneva proprio alti i tassi per favorire i guadagni delle grandi banche di Wall Street. Peccato, che a lungo andare i mutui erano diventati talmente alti, che la gente ha perso la casa e si è paurosamente impoverita, tanto che Bernanke, il nuovo Presidente, ha deciso di calare, per la prima volta dopo moltissimi anni, il costo del denaro, ma ormai era troppo tardi, e quello che è successo lo sappiamo tutti.


Ecco la verità, la BCE ha deciso che l’importante è che guadagnino le grandi banche, se poi la gente morirà di fame chi se ne frega, quindi prepariamoci a fare la fine degli statunitensi: perdere la propria casa e a vivere con pochi spicci in tasca,ancora meno di quelli che abbiamo adesso!!!


D’altronde, visto che chi comanda in Europa è un gruppo di società private, è ovvio che loro guardino ai loro bilanci, mica alla vita di milioni di persone.



Cosa possiamo fare noi umili cittadini? Semplice, combattere tutte le forme di potere oligarchico che fanno capo all’Unione Europea, cominciando a protestare contro la ratifica del Trattato di Lisbona, chiedendo che, come avvenuto in Irlanda, questa decisione venga posta al vaglio di un referendum popolare.


Invece, questi politicanti da quattro soldi, e tutti i loro seguaci inebetiti da giornali e telegiornali di partito, ci tengono buoni con manifestazioni contro qualche insignificante decreto sui processi o su “Rete 4”, intanto la democrazia viene cancellata dall’Europa e dalle nostre vite!



M. Zanarini

Berlusconi nella trappola



Dunque Berlusconi ha appeso il governo – un governo che fa benino – alla sua erezione. Oltretutto pericolante, è dato capire. Erezione da settantenne, dipendente da molto Viagra.

Rispondo a quei lettori fanatici cui la definizione di Berlusconi come «Salame» pare ancora filo-berlusconismo mascherato, e continuano a ripetere che quello è un mascalzone, un disonesto e un dittatore .

Un disonesto normale, un dittatore o aspirante tale, regala all’ennesima velina o passerina con cui va a letto un brillante a 22 carati, pellicce di zibellino, un attico a Montparnasse. Solo un Salame assegna alla passerina un ministero, si fa inoltre intercettare mentre ne vanta le qualità saffiche, mettendo così nelle mani dei suoi nemici la conferma del loro argomento principale: Berlusconi usa la politica per suo privato piacere, per lui è un tutt’uno.

Solo un Salame può strillare sul «gossip», ossia non capire che s’è reso indifendibile: sulle questioni «di gnocca» (per dirla alla Feltri), gli italiani sono indulgenti. Ma quando l’amante delle «gnocche» le mette al ministero a comandarci, allora non è più gossip, è la vergogna politica, la perdita di ogni minima autorità. Non ha più scuse. Deve anzi scusarsi coi suoi elettori.

Escano o no le intercettazioni, di cui tutti i media hanno almeno qualcosa e tutti ormai sanno tutto, Berlusconi – per un’erezione-Viagra – s’è politicamente castrato. E ha castrato il tentativo di Tremonti e di Brunetta e degli altri ministri non da letto di riformare l’amministrazione pubblica inadempiente, di mettere al suo posto la casta giudiziaria.

S’è impiccato da sè alle sue ossessioni sessuali da vecchio bavoso, gettando via un’occasione che all’elettorato italiano non si presenterà mai più. Il che conferma l’assunto di Talleyrand: essere un cretino, in politica, è peggio che essere un delinquente.

Mi si darà atto che avevo diagnosticato nel Salame una turba psichiatrica. Molti dei suoi atti si spiegano, avevo scritto, come sindrome maniaco-depressiva, con accento sul «maniacale»: facilismo euforico, eccessiva sicurezza di sè, vanterie sessuali, ottimismo immotivato, sventatezza da sottovalutazione dei problemi (già visto per Alitalia).

Oggi si manifesta il lato depressivo: sotto forma di pusillanimità. Dopo aver minacciato decreti e grandi battaglie mediatiche (andando a Matrix...) contro i giudici che lo perseguitano, rinuncia, si fa piccolo, si mette nelle mani di Napolitano che ha promesso di far sparire le intercettazioni, se lui lascia la Casta al potere reale.

«Con un capo impaurito dalle chiacchiere hard la maggioranza non avrà la forza di attuare il programma», scrive Feltri, e coglie il punto politico essenziale. Una notevolissima maggioranza di elettori l’avevano votato per quel programma necessario. Ora, letteralmente, la testa di c. ha rovinato tutto, anche se stesso.

Resta solo da decidere se quella del Salame è più una malattia mentale o una malattia morale. Forse, l’una e l’altra. O l’una dipendente dall’altra.

Chiaramente, quell’assatanamento continuo, sostenuto da pillole blu, quel parlarne incessante e quel vantarsi ossessivo delle sue performances – tanto, si dice, da minargli la salute - è un modo infantile, patologico-salamesco, di esorcizzare il pensiero della morte, inevitabile e quotidiano dopo i 70: guardatemi, sono forte! Macchè vecchio, sono ancora giovane, guardate quanto mi tira! Mi tira tantissimo! Ogni donna mi cede! Brambille e Carfagne, le bastono tutte! (ma poi deve pagarle con un ministero, non basta nemmeno uno zibellino).

Addio riforme, separazione delle carriere, abbassamento della tutela indebita che il sindacato giudiziario si è arrogato sui poteri legislativo ed esecutivo.

Avvertimento per i lettori fanatici che mi accusano di berlusconismo: Berlusconi, il bersaglio del loro odio psichiatrico, cadrà, forse entro pochi mesi. Politicamente è già defunto. La Casta, che ha vinto, ce l’avremo sul collo per i secoli dei secoli; compresa quella magistratura di Napoli che non ha mai intercettato un camorrista sì che ha fatto di Napoli una discarica, ma ha trovato urgente intercettare le vanterie «di «Silvio» a «Fedele» sulle ragioni postribolari dell’ingresso di qualche ministra nel governo, sulle virtù di una giovane signora passata dallo «spettacolo alla politica». Via Silvio, la spazzatura fisica e morale di questo Paese resterà, vittoriosa, anzi invincibile.

A quei lettori che possono accoglierlo, erogo – essendo la politica perdita – un consiglio spirituale: convertitevi da giovani, finchè la natura è flessibile. Come vedete dal lugubre esempio di «Silvio», da vecchi è quasi impossibile. Solo molto ipoteticamente la vecchiaia è saggezza, è seria e serena preparazione al giudizio eterno. Una vita lunga, mal vissuta, costruisce attorno ai vecchi malvissuti un muro di abitudini, vizii, ossessioni, che diventa sempre più duro e imperforabile; il karma, per dirla con i buddhisti, nell’età senile diventa un binario di ferro verso l’inferno, da cui ogni deviazione è impossibile salvo un miracolo.

Lo dico per esperienza anche personale. A parte che mi sono morti amici, che ho visto arrivare impenitenti all’agonia, incapaci di perdonare, di pentirsi, di smettere di fare ciò che facevano, fosse lavoro folle e ormai insensato, fosse sesso o altro vizio. Vedo la stessa rigidità in me. Prego per quei miei amici, spero – anche per loro – la chiara visione che la Misericordia divina può dare negli ultimi istanti. Ma se fossi in voi, non ci farei conto; imparate da giovani a morire bene.

Vedete Berlusconi, come s’è intrappolato nel suo labirinto, che s’è costruito a forza di «successi» e di «veline» e di Viagra: quello è già il suo inferno personale, il suo eterno lager, e solo perchè è un Salame lo scambia per un quasi-paradiso.

M. Blondet