18 luglio 2008

Da Englaro a Guzzanti: storie di ordinaria manipolazione mediatica

È sempre affascinante studiare i meccanismi mediatici e il modo in cui l’uomo della strada viene pilotato qualitativamente e quantitativamente là dove comanda la ragion di Stato.

Nelle ultime settimane abbiamo potuto assistere a un paio di interessanti applicazioni pratiche di questo concetto: 1) il caso Englaro e 2) il caso Guzzanti.

Si tratta di due accadimenti che sono stati presentati al pubblico non nella loro fattualità, bensì nella loro dimensione evocativa (mi azzarderei a dire mitopoietica se non temessi di apparire esagerata), che ha scatenato come al solito l’hooligan ideologico sopito in ognuno di noi.

Partiamo dal caso 2, che è più divertente. I fatti, data la piccante materia del contendere, sono ben noti: Sabina Guzzanti (che non è proprio più quella dei tempi di Avanzi e Tv delle ragazze) ha pronunciato una severa invettiva contro il cav. Berlusconi e la signorina Carfagna — la quale, per essersi gentilmente prostrata ai desideri dell’attuale premier, ne è stata ricompensata con una bella poltrona, comoda e accogliente che neanche una Frau.

Il fatto che Guzzanti, da non vera signora, si sia espressa con quello che in altri tempi si sarebbe definito umorismo da trivio ha contribuito grandemente a distogliere l’attenzione dal vero punctum dolens: che non è la vera o presunta fellatio carfagnana a beneficio del Cavaliere, bensì l’acquiescenza con cui le Caste di ogni ordine e grado hanno accolto la nomina della signorina a ministro, ignorando se la stessa disponesse di altrettante competenze in campi diversi, e concedendo così tacitamente a Berlusconi poteri da satrapo. Una carica governativa dovrebbe pur avere un suo peso, ed è troppo comodo svillaneggiare Caligola a duemila anni di distanza.

Tant’è: il putiferio mediatico si è abbattuto sulla vicenda, e quest’estate malata ha conosciuto un clima finalmente un po’ caldo. Che per la verità lo era già a partire dal caso 2.

Con un decreto datato 25 giugno 2008, la Corte d’Appello di Milano – Prima Sezione Civile, nelle persone del presidente Patrone e dei consiglieri Lamanna e Negri Della Torre, ha accolto l’istanza di «autorizzazione a disporre l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale di [Eluana Englaro], realizzato mediante alimentazione e idratazione con sondino naso-gastrico».

In linguaggio più semplice, si è finalmente e saggiamente deciso di porre fine alle sofferenze di Eluana Englaro, la ragazza ridotta in coma vegetativo da 16 anni e costretta a una sopravvivenza artificiale attraverso l’alimentazione forzata. Il padre si batte strenuamente da anni per offrire alla figlia una dignitosa uscita da questo mondo, ma si è trovato a dover combattere non soltanto contro le lungaggini burocratiche bensì anche contro le ingerenze di Chiesa e opinione pubblica in nome di un non ben chiarito “diritto alla vita”: il quale poi, in concreto, sembra essere piuttosto il diritto di ficcare il naso nei fatti altrui. È vero che anni di trasmissioni come il Grande Fratello e I fatti vostri hanno il loro peso nella mala educazione odierna; ma è vero anche il secolare penchant del Vaticano a occuparsi (spesso assai indebitamente) dei fatti di chi pure si chiama fuori dal suo sacro recinto. Non a caso Beppino Englaro, il padre di Eluana, ha precisato che, pur col massimo rispetto per il Vaticano, quello che dice la Chiesa vale per la Chiesa e per chi la segue, ma non per chi dalla Chiesa è fuori. Apriti cielo.

Implacabile e ratto nonostante la mole, Giulianone Ferrara ha annusato il sangue e l’occasione: e ha lanciato la sua personale crociata delle bottiglie d’acqua in piazza Duomo a Milano (già bastantemente oltraggiata anche senza certi pruriti buonisti) per dimostrare quanto numerosi siano gli italiani attenti alla vita biologica di Eluana. In compenso i coraggiosi (perché qui sì che si tratta di coraggio, lo si dica) — dunque i coraggiosi giudici che si sono assunti il non facile compito di decretare l’interruzione del trattamento sono già bersaglio di insulti e anatemi parrocchiali — a dimostrazione di quanto numerosi sono gli italiani di lesta lacrimazione per vicende che, se non fossero pubblicizzate così da offrire anche a loro un riflesso di visibilità mediatica, neanche susciterebbero il loro interesse di cuori di pietra abituali.

È il sistema, bellezza.

di Alessandra Colla

Fannie e Freddie segnalano l'imminente esplosione


La crisi delle due finanziarie USA Fannie Mae e Freddie Mac non deve essere vista come la crisi di questi due enti, ma come il collasso concentrato dell'intera bolla globalizzata del debito creata da Alan Greenspan. Esso segnala l'arrivo dell'esplosione totale del sistema finanziario.



Fannie e Freddie sono il soprannome della Federal National Mortgage Association e della Federal Home Loan Mortgage Corporation, due finanziarie che godono dello status di GSE, Government-sponsored Enterprises, che acquistano e garantiscono mutui immobiliari. Fannie fu creata nel 1938 da F.D. Roosevelt, mentre Freddie nacque nel 1970. Assieme, esse rappresentano oltre il 50% dell'intero mercato ipotecario americano, con un portafogli di oltre 5.200 miliardi di dollari. La loro gigantesca esposizione nel mercato delle cartolarizzazioni, con il risultante effetto leva del debito, non corrisponde alla funzione definita per Fannie Mae nel New Deal di Roosevelt. Invece, i due enti sono stati violentati dal capo della Federal Reserve, Alan Greenspan, che li ha usati per creare le enormi bolle immobiliari a partire dal 1990.

Ora che le bolle sono scoppiate, le due finanziarie hanno subito ingenti perdite e sono praticamente insolventi. Il loro valore azionario è sceso ai minimi quindicennali, e non è finita qui. Il costo dei finanziamenti è salito di due punti sopra i titoli del Tesoro, cosa che non ha precedenti. Di fronte al disastro, il governo USA ha annunciato domenica 13 luglio che, in vista dell'asta dei titoli di Freddie Mac il giorno successivo, sia Fannie che Freddie avrebbero ottenuto accesso illimitato allo sportello di sconto della Fed (questo sportello è stato aperto per la prima volta di recente anche alle banche d'affari, a seguito del salvataggio di Bear Stearns). E il Tesoro ha ricevuto l'autorizzazione all'acquisto dei bonds e delle azioni di Fannie e Freddie nel caso di un crollo degli acquisti privati.

Questo annuncio ha fatto seguito alle dichiarazioni dell'ex presidente della Fed di St. Louis, William Poole, che, in un'intervista a Bloomberg News il 9 luglio, ha dichiarato che "Il Congresso deve riconoscere che questi enti sono insolventi e che ne continua a permettere l'esistenza come bastioni di privilegi, finanziati dai contribuenti". Successivamente, Poole ha detto al New York Times che "stiamo potenzialmente assistendo ad una crisi e non possiamo permettere che scoppi. Il governo deve intervenire". L'EIR ha poi appreso che Wall Street ha insediato una "Unità di crisi" per far sì che l'intervento pubblico vada a salvare gli speculatori e non la popolazione, in pratica il contrario del tipo di misure, come il "Firewall", che propone LaRouche. L'unità di crisi, riferiscono le fonti dell'EIR, è gestita dalla Morgan Stanley.

Un altro fattore che ha contribuito al diffondersi del panico negli Stati Uniti è stata la decisione, presa l'11 luglio, di chiudere la banca IndyMac a causa di illiquidità e trasferirne la gestione alla Federal Deposit Insurance Corporation. Si tratta del secondo più grande fallimento bancario da quello della Continental Illinois nel 1984. Le autorità hanno cercato di calmare i risparmiatori, senza troppi risultati. Secondo il Los Angeles Times, IndyMac ha almeno un miliardo di dollari di depositi non coperti dall'assicurazione FDIC, che riguardano circa 10 mila risparmiatori.

Fonte:Movisol


Gli anni di maialitudine




Bankitalia vede nero. Precipitano i consumi. Le borse vanno a picco.
Ah… un bel respiro profondo. Che soddisfazione. Talvolta le notizie sono ottime. Raramente a dir la verità. Ma quelle poche volte si gode davvero. Del resto è la qualità che conta non la quantità. Guardo fuori le colline verdi e il sole alto, solitario in un cielo azzurro nitidissimo.
La maialitudine sta terminando. Checché se ne dica sta terminando.
L’involuzione ferocemente, e stavolta davvero darwiniana, dalla società pressoché preindustriale dell’anteguerra, dove tutti si era contadini, persone semplici, che allevavamo animali tra cui anche maiali e ci autoproducevamo una buon parte di quello che ci serviva, alla società postindustriale dove tutti siamo diventati dei maiali d’allevamento, incubati dal sistema sin dall’infanzia, incapaci di ogni abilità manuale, grassi, lussuriosi oltremisura, degenerati, privi di umanità, pronti a sbranarci l’uno con l’altro per l’ultimo modello di cellulare o per un last minute plastificato alle Mauritius, questa involuzione dicevo, sta finalmente esaurendo la sua carica, proprio come la mia sveglia a molla quando suona al mattino e lentamente si zittisce scampanellando sempre più fiocamente. Ma nonostante la sveglia tutti continuano a dormire…
Eppure sta terminando. I segnali sono talmente chiari da essere più che altro dolorosi.
Uno sugli altri la totale frantumazione dei tempi, ingestibile ormai per la maggior parte di tutti noi. La risorsa più scarsa non è il petrolio. No. È il tempo. La guerra ci sarà non per il petrolio o per il gas (che del resto c’è già). No. Ma per una manciata di secondi di libertà. E sarà cruentissima. Lo è già.
Non abbiamo più il controllo sul nostro tempo… e sul nostro peso.
Eppure il segreto del riappropriarsi della propria vita, anziché guardarla passare intanto che si è occupati a fare qualcos’altro, sta proprio nelle attività quotidiane che scegliamo, negli strumenti materiali che utilizziamo e nelle finalità che ci siamo dati nell’esistenza.
Quando gli strumenti che usiamo sono più “grezzi”, primitivi, lenti, il tempo inizia a scorrere più lentamente. È inevitabile. Meno cose riusciamo a fare in fretta e più tempo avremo per rilassarci e magari leggere un buon libro senza ansia, come non riuscivamo a fare da tempo. Quando il tempo scorre più lento ha maggiore capienza. Accelerando il ritmo dell’esistenza si riduce in realtà l’ampiezza del singolo attimo e tutto intorno a noi si contrae. Anche il nostro stomaco… che chiede mangime per far fronte allo stress.
Ma il mangime da ingrasso veloce non può competere con una zuppa di farro integrale cotta sulla stufa per due ore ma che ti riempie per due giorni.
Banalità. Eppure concrete. Niente di romantico.
Uscire dal porcile si può. La maialitudine sta terminando. E senza orpelli si cammina meglio.
Nel bosco, in cerca di funghi, che è quasi stagione.

18 luglio 2008

Da Englaro a Guzzanti: storie di ordinaria manipolazione mediatica

È sempre affascinante studiare i meccanismi mediatici e il modo in cui l’uomo della strada viene pilotato qualitativamente e quantitativamente là dove comanda la ragion di Stato.

Nelle ultime settimane abbiamo potuto assistere a un paio di interessanti applicazioni pratiche di questo concetto: 1) il caso Englaro e 2) il caso Guzzanti.

Si tratta di due accadimenti che sono stati presentati al pubblico non nella loro fattualità, bensì nella loro dimensione evocativa (mi azzarderei a dire mitopoietica se non temessi di apparire esagerata), che ha scatenato come al solito l’hooligan ideologico sopito in ognuno di noi.

Partiamo dal caso 2, che è più divertente. I fatti, data la piccante materia del contendere, sono ben noti: Sabina Guzzanti (che non è proprio più quella dei tempi di Avanzi e Tv delle ragazze) ha pronunciato una severa invettiva contro il cav. Berlusconi e la signorina Carfagna — la quale, per essersi gentilmente prostrata ai desideri dell’attuale premier, ne è stata ricompensata con una bella poltrona, comoda e accogliente che neanche una Frau.

Il fatto che Guzzanti, da non vera signora, si sia espressa con quello che in altri tempi si sarebbe definito umorismo da trivio ha contribuito grandemente a distogliere l’attenzione dal vero punctum dolens: che non è la vera o presunta fellatio carfagnana a beneficio del Cavaliere, bensì l’acquiescenza con cui le Caste di ogni ordine e grado hanno accolto la nomina della signorina a ministro, ignorando se la stessa disponesse di altrettante competenze in campi diversi, e concedendo così tacitamente a Berlusconi poteri da satrapo. Una carica governativa dovrebbe pur avere un suo peso, ed è troppo comodo svillaneggiare Caligola a duemila anni di distanza.

Tant’è: il putiferio mediatico si è abbattuto sulla vicenda, e quest’estate malata ha conosciuto un clima finalmente un po’ caldo. Che per la verità lo era già a partire dal caso 2.

Con un decreto datato 25 giugno 2008, la Corte d’Appello di Milano – Prima Sezione Civile, nelle persone del presidente Patrone e dei consiglieri Lamanna e Negri Della Torre, ha accolto l’istanza di «autorizzazione a disporre l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale di [Eluana Englaro], realizzato mediante alimentazione e idratazione con sondino naso-gastrico».

In linguaggio più semplice, si è finalmente e saggiamente deciso di porre fine alle sofferenze di Eluana Englaro, la ragazza ridotta in coma vegetativo da 16 anni e costretta a una sopravvivenza artificiale attraverso l’alimentazione forzata. Il padre si batte strenuamente da anni per offrire alla figlia una dignitosa uscita da questo mondo, ma si è trovato a dover combattere non soltanto contro le lungaggini burocratiche bensì anche contro le ingerenze di Chiesa e opinione pubblica in nome di un non ben chiarito “diritto alla vita”: il quale poi, in concreto, sembra essere piuttosto il diritto di ficcare il naso nei fatti altrui. È vero che anni di trasmissioni come il Grande Fratello e I fatti vostri hanno il loro peso nella mala educazione odierna; ma è vero anche il secolare penchant del Vaticano a occuparsi (spesso assai indebitamente) dei fatti di chi pure si chiama fuori dal suo sacro recinto. Non a caso Beppino Englaro, il padre di Eluana, ha precisato che, pur col massimo rispetto per il Vaticano, quello che dice la Chiesa vale per la Chiesa e per chi la segue, ma non per chi dalla Chiesa è fuori. Apriti cielo.

Implacabile e ratto nonostante la mole, Giulianone Ferrara ha annusato il sangue e l’occasione: e ha lanciato la sua personale crociata delle bottiglie d’acqua in piazza Duomo a Milano (già bastantemente oltraggiata anche senza certi pruriti buonisti) per dimostrare quanto numerosi siano gli italiani attenti alla vita biologica di Eluana. In compenso i coraggiosi (perché qui sì che si tratta di coraggio, lo si dica) — dunque i coraggiosi giudici che si sono assunti il non facile compito di decretare l’interruzione del trattamento sono già bersaglio di insulti e anatemi parrocchiali — a dimostrazione di quanto numerosi sono gli italiani di lesta lacrimazione per vicende che, se non fossero pubblicizzate così da offrire anche a loro un riflesso di visibilità mediatica, neanche susciterebbero il loro interesse di cuori di pietra abituali.

È il sistema, bellezza.

di Alessandra Colla

Fannie e Freddie segnalano l'imminente esplosione


La crisi delle due finanziarie USA Fannie Mae e Freddie Mac non deve essere vista come la crisi di questi due enti, ma come il collasso concentrato dell'intera bolla globalizzata del debito creata da Alan Greenspan. Esso segnala l'arrivo dell'esplosione totale del sistema finanziario.



Fannie e Freddie sono il soprannome della Federal National Mortgage Association e della Federal Home Loan Mortgage Corporation, due finanziarie che godono dello status di GSE, Government-sponsored Enterprises, che acquistano e garantiscono mutui immobiliari. Fannie fu creata nel 1938 da F.D. Roosevelt, mentre Freddie nacque nel 1970. Assieme, esse rappresentano oltre il 50% dell'intero mercato ipotecario americano, con un portafogli di oltre 5.200 miliardi di dollari. La loro gigantesca esposizione nel mercato delle cartolarizzazioni, con il risultante effetto leva del debito, non corrisponde alla funzione definita per Fannie Mae nel New Deal di Roosevelt. Invece, i due enti sono stati violentati dal capo della Federal Reserve, Alan Greenspan, che li ha usati per creare le enormi bolle immobiliari a partire dal 1990.

Ora che le bolle sono scoppiate, le due finanziarie hanno subito ingenti perdite e sono praticamente insolventi. Il loro valore azionario è sceso ai minimi quindicennali, e non è finita qui. Il costo dei finanziamenti è salito di due punti sopra i titoli del Tesoro, cosa che non ha precedenti. Di fronte al disastro, il governo USA ha annunciato domenica 13 luglio che, in vista dell'asta dei titoli di Freddie Mac il giorno successivo, sia Fannie che Freddie avrebbero ottenuto accesso illimitato allo sportello di sconto della Fed (questo sportello è stato aperto per la prima volta di recente anche alle banche d'affari, a seguito del salvataggio di Bear Stearns). E il Tesoro ha ricevuto l'autorizzazione all'acquisto dei bonds e delle azioni di Fannie e Freddie nel caso di un crollo degli acquisti privati.

Questo annuncio ha fatto seguito alle dichiarazioni dell'ex presidente della Fed di St. Louis, William Poole, che, in un'intervista a Bloomberg News il 9 luglio, ha dichiarato che "Il Congresso deve riconoscere che questi enti sono insolventi e che ne continua a permettere l'esistenza come bastioni di privilegi, finanziati dai contribuenti". Successivamente, Poole ha detto al New York Times che "stiamo potenzialmente assistendo ad una crisi e non possiamo permettere che scoppi. Il governo deve intervenire". L'EIR ha poi appreso che Wall Street ha insediato una "Unità di crisi" per far sì che l'intervento pubblico vada a salvare gli speculatori e non la popolazione, in pratica il contrario del tipo di misure, come il "Firewall", che propone LaRouche. L'unità di crisi, riferiscono le fonti dell'EIR, è gestita dalla Morgan Stanley.

Un altro fattore che ha contribuito al diffondersi del panico negli Stati Uniti è stata la decisione, presa l'11 luglio, di chiudere la banca IndyMac a causa di illiquidità e trasferirne la gestione alla Federal Deposit Insurance Corporation. Si tratta del secondo più grande fallimento bancario da quello della Continental Illinois nel 1984. Le autorità hanno cercato di calmare i risparmiatori, senza troppi risultati. Secondo il Los Angeles Times, IndyMac ha almeno un miliardo di dollari di depositi non coperti dall'assicurazione FDIC, che riguardano circa 10 mila risparmiatori.

Fonte:Movisol


Gli anni di maialitudine




Bankitalia vede nero. Precipitano i consumi. Le borse vanno a picco.
Ah… un bel respiro profondo. Che soddisfazione. Talvolta le notizie sono ottime. Raramente a dir la verità. Ma quelle poche volte si gode davvero. Del resto è la qualità che conta non la quantità. Guardo fuori le colline verdi e il sole alto, solitario in un cielo azzurro nitidissimo.
La maialitudine sta terminando. Checché se ne dica sta terminando.
L’involuzione ferocemente, e stavolta davvero darwiniana, dalla società pressoché preindustriale dell’anteguerra, dove tutti si era contadini, persone semplici, che allevavamo animali tra cui anche maiali e ci autoproducevamo una buon parte di quello che ci serviva, alla società postindustriale dove tutti siamo diventati dei maiali d’allevamento, incubati dal sistema sin dall’infanzia, incapaci di ogni abilità manuale, grassi, lussuriosi oltremisura, degenerati, privi di umanità, pronti a sbranarci l’uno con l’altro per l’ultimo modello di cellulare o per un last minute plastificato alle Mauritius, questa involuzione dicevo, sta finalmente esaurendo la sua carica, proprio come la mia sveglia a molla quando suona al mattino e lentamente si zittisce scampanellando sempre più fiocamente. Ma nonostante la sveglia tutti continuano a dormire…
Eppure sta terminando. I segnali sono talmente chiari da essere più che altro dolorosi.
Uno sugli altri la totale frantumazione dei tempi, ingestibile ormai per la maggior parte di tutti noi. La risorsa più scarsa non è il petrolio. No. È il tempo. La guerra ci sarà non per il petrolio o per il gas (che del resto c’è già). No. Ma per una manciata di secondi di libertà. E sarà cruentissima. Lo è già.
Non abbiamo più il controllo sul nostro tempo… e sul nostro peso.
Eppure il segreto del riappropriarsi della propria vita, anziché guardarla passare intanto che si è occupati a fare qualcos’altro, sta proprio nelle attività quotidiane che scegliamo, negli strumenti materiali che utilizziamo e nelle finalità che ci siamo dati nell’esistenza.
Quando gli strumenti che usiamo sono più “grezzi”, primitivi, lenti, il tempo inizia a scorrere più lentamente. È inevitabile. Meno cose riusciamo a fare in fretta e più tempo avremo per rilassarci e magari leggere un buon libro senza ansia, come non riuscivamo a fare da tempo. Quando il tempo scorre più lento ha maggiore capienza. Accelerando il ritmo dell’esistenza si riduce in realtà l’ampiezza del singolo attimo e tutto intorno a noi si contrae. Anche il nostro stomaco… che chiede mangime per far fronte allo stress.
Ma il mangime da ingrasso veloce non può competere con una zuppa di farro integrale cotta sulla stufa per due ore ma che ti riempie per due giorni.
Banalità. Eppure concrete. Niente di romantico.
Uscire dal porcile si può. La maialitudine sta terminando. E senza orpelli si cammina meglio.
Nel bosco, in cerca di funghi, che è quasi stagione.