18 luglio 2008

Gli anni di maialitudine




Bankitalia vede nero. Precipitano i consumi. Le borse vanno a picco.
Ah… un bel respiro profondo. Che soddisfazione. Talvolta le notizie sono ottime. Raramente a dir la verità. Ma quelle poche volte si gode davvero. Del resto è la qualità che conta non la quantità. Guardo fuori le colline verdi e il sole alto, solitario in un cielo azzurro nitidissimo.
La maialitudine sta terminando. Checché se ne dica sta terminando.
L’involuzione ferocemente, e stavolta davvero darwiniana, dalla società pressoché preindustriale dell’anteguerra, dove tutti si era contadini, persone semplici, che allevavamo animali tra cui anche maiali e ci autoproducevamo una buon parte di quello che ci serviva, alla società postindustriale dove tutti siamo diventati dei maiali d’allevamento, incubati dal sistema sin dall’infanzia, incapaci di ogni abilità manuale, grassi, lussuriosi oltremisura, degenerati, privi di umanità, pronti a sbranarci l’uno con l’altro per l’ultimo modello di cellulare o per un last minute plastificato alle Mauritius, questa involuzione dicevo, sta finalmente esaurendo la sua carica, proprio come la mia sveglia a molla quando suona al mattino e lentamente si zittisce scampanellando sempre più fiocamente. Ma nonostante la sveglia tutti continuano a dormire…
Eppure sta terminando. I segnali sono talmente chiari da essere più che altro dolorosi.
Uno sugli altri la totale frantumazione dei tempi, ingestibile ormai per la maggior parte di tutti noi. La risorsa più scarsa non è il petrolio. No. È il tempo. La guerra ci sarà non per il petrolio o per il gas (che del resto c’è già). No. Ma per una manciata di secondi di libertà. E sarà cruentissima. Lo è già.
Non abbiamo più il controllo sul nostro tempo… e sul nostro peso.
Eppure il segreto del riappropriarsi della propria vita, anziché guardarla passare intanto che si è occupati a fare qualcos’altro, sta proprio nelle attività quotidiane che scegliamo, negli strumenti materiali che utilizziamo e nelle finalità che ci siamo dati nell’esistenza.
Quando gli strumenti che usiamo sono più “grezzi”, primitivi, lenti, il tempo inizia a scorrere più lentamente. È inevitabile. Meno cose riusciamo a fare in fretta e più tempo avremo per rilassarci e magari leggere un buon libro senza ansia, come non riuscivamo a fare da tempo. Quando il tempo scorre più lento ha maggiore capienza. Accelerando il ritmo dell’esistenza si riduce in realtà l’ampiezza del singolo attimo e tutto intorno a noi si contrae. Anche il nostro stomaco… che chiede mangime per far fronte allo stress.
Ma il mangime da ingrasso veloce non può competere con una zuppa di farro integrale cotta sulla stufa per due ore ma che ti riempie per due giorni.
Banalità. Eppure concrete. Niente di romantico.
Uscire dal porcile si può. La maialitudine sta terminando. E senza orpelli si cammina meglio.
Nel bosco, in cerca di funghi, che è quasi stagione.

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18 luglio 2008

Gli anni di maialitudine




Bankitalia vede nero. Precipitano i consumi. Le borse vanno a picco.
Ah… un bel respiro profondo. Che soddisfazione. Talvolta le notizie sono ottime. Raramente a dir la verità. Ma quelle poche volte si gode davvero. Del resto è la qualità che conta non la quantità. Guardo fuori le colline verdi e il sole alto, solitario in un cielo azzurro nitidissimo.
La maialitudine sta terminando. Checché se ne dica sta terminando.
L’involuzione ferocemente, e stavolta davvero darwiniana, dalla società pressoché preindustriale dell’anteguerra, dove tutti si era contadini, persone semplici, che allevavamo animali tra cui anche maiali e ci autoproducevamo una buon parte di quello che ci serviva, alla società postindustriale dove tutti siamo diventati dei maiali d’allevamento, incubati dal sistema sin dall’infanzia, incapaci di ogni abilità manuale, grassi, lussuriosi oltremisura, degenerati, privi di umanità, pronti a sbranarci l’uno con l’altro per l’ultimo modello di cellulare o per un last minute plastificato alle Mauritius, questa involuzione dicevo, sta finalmente esaurendo la sua carica, proprio come la mia sveglia a molla quando suona al mattino e lentamente si zittisce scampanellando sempre più fiocamente. Ma nonostante la sveglia tutti continuano a dormire…
Eppure sta terminando. I segnali sono talmente chiari da essere più che altro dolorosi.
Uno sugli altri la totale frantumazione dei tempi, ingestibile ormai per la maggior parte di tutti noi. La risorsa più scarsa non è il petrolio. No. È il tempo. La guerra ci sarà non per il petrolio o per il gas (che del resto c’è già). No. Ma per una manciata di secondi di libertà. E sarà cruentissima. Lo è già.
Non abbiamo più il controllo sul nostro tempo… e sul nostro peso.
Eppure il segreto del riappropriarsi della propria vita, anziché guardarla passare intanto che si è occupati a fare qualcos’altro, sta proprio nelle attività quotidiane che scegliamo, negli strumenti materiali che utilizziamo e nelle finalità che ci siamo dati nell’esistenza.
Quando gli strumenti che usiamo sono più “grezzi”, primitivi, lenti, il tempo inizia a scorrere più lentamente. È inevitabile. Meno cose riusciamo a fare in fretta e più tempo avremo per rilassarci e magari leggere un buon libro senza ansia, come non riuscivamo a fare da tempo. Quando il tempo scorre più lento ha maggiore capienza. Accelerando il ritmo dell’esistenza si riduce in realtà l’ampiezza del singolo attimo e tutto intorno a noi si contrae. Anche il nostro stomaco… che chiede mangime per far fronte allo stress.
Ma il mangime da ingrasso veloce non può competere con una zuppa di farro integrale cotta sulla stufa per due ore ma che ti riempie per due giorni.
Banalità. Eppure concrete. Niente di romantico.
Uscire dal porcile si può. La maialitudine sta terminando. E senza orpelli si cammina meglio.
Nel bosco, in cerca di funghi, che è quasi stagione.

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