29 luglio 2008

Le somiglianze tra il 1929 e il 2008



Vedere Wall Street e il mercato immobiliare americano crollare negli scorsi 10 mesi non ha ispirato molta fiducia nella nostra meravigliosa economia del libero mercato o nei pirati che la gestiscono. Avendo da poco lottato con cause e conseguenze della Grande Depressione ho trovato l'attuale naufragio ecomomico non semlicemente sinistro, ma realmente terrificante.

Il lavoro di storico è qualcosa di scoraggiante. Nessuno sembra imparare alcunchè dalla storia - questo è abbastanza palese - ma noi continuiamo a sperare. Essendo uno storico dell'america occidentale del 1900 ebbi un lavoro su misura per me quando un'amica mi chiese di scrivere una biografia di suo padre -- il giudice Wilson McCarthy.

Herbert Hoover nominò McCarthy a rappresentare i democratici occidentali nel consiglio di amministrazione della Reconstruction Finance Corporation [Azienda per la Ricostruzione Finanziaria n.d.t.], la sola risposta di Hoover al peggior disastro economico della storia americana. La RFC tentò di riportare liquidità nell'economia ricavando contante dai materassi che vi erano sotto e rimettendolo in circolazione.

L'anno scorso dovetti cercare il termine "liquidità" nel vocabolario per ricordarmene il significato. Oggi ho potuto scegliere tra 23.2 milioni di segnalazioni di Google per saperne di più. Mark Twain disse che "La storia non si ripete, ma rima con se stessa", le somiglianze tra le condizioni economiche del 1929 e quelle del 2008 fanno rima come 'hickory -- dickory -- dock'. Già nel 1935 l'"organizzatore di cervelli" Rexford Tugwell identificò la causa alla radice della Grande Depressione nell'incapacità di "passare una porzione onesta della spettacolare produttività degli anni '20" tanto ai lavoratori quanto ai consumatori.

Una duratura depressione agricola, la distribuzione della ricchezza fortemente iniqua, un massiccio debito del consumatore, tagli alle tasse per i ricchi e quella che lo storico Robert S. McElvaine chiamò "la selvaggia speculazione dell'orgia di avidità del decennio", tutte resero le cose peggiori. Questa bancarotta dalle diverse sfaccettature portò alla Grande Depressione, ma una massiccia corruzione nelle aziende e l'incompetenza della classe di governo sono dei fattori sottostimati, ma familiari, nella creazione della catastrofe.

I sostenitori del libero mercato lottano per spiegare in altro modo il crollo dell'economia virtualmente priva di regole dei Ruggenti Anni 20. Nel 1963 l'economista Milton Friedman spiegò il fallimento del laissez faire come "la tragica testimonianza dell'importanza delle forze monetarie." I discepoli di Adam Smith diedero la colpa agli organismi regolatori, in particolare al tentativo da parte del Board della Federal Reserve di regnare nella speculazione di Wall Street.

Ai festeggiamenti per i 90 anni di Milton Friedman nel 2002 l'allora membro del board della Fed Ben Bernanke disse: "Avevi ragione, siamo stati noi. Ci dispiace davvero". Mi chiedo di cosa si dispiaccia ora il Presidente della Fed Bernanke.

Herbert Hoover disse a un giornalista che l'unico problema del capitalismo sono i capitalisti: "Sono troppo dannatamente avidi". La Depressione mostrò che aveva ragione. "Dobbiamo tutti fare la nostra parte" disse J. P. Morgan, ma il grande finanziere non pagò un solo nickel di tasse federali sul reddito nel 1930, e né lui né i suoi partner pagarono alcunché nel 1931 e nel 1932.

[Herbert Hoover (sinistra) e J.P. Morgan (destra)]

Il Segretario al Tesoro Ogden Mills assegnò alle proprietà di suo padre 6 milioni di dollari di esenzioni con quella che è ora chiamata "tassa della morte" [death tax]. Il Chicago Tribune chiese ai cittadini di pagare tutte le loro tasse, mentre il suo editore, il tycoon Robert R. McCormick, pagò solo 1515 dollari. Il banchiere investitore S.J.T. Strauss pagò la cifra strabiliante di 18 dollari di tasse. Nello stesso momento, durante i primi mesi del 1932, i ricchi americani mandavano 100 milioni di dollari in oro verso l'Europa ogni settimana.

Da sopravvissuto di quello che chiamò "the Great Slump," [Il Grande Crollo n.d.t.] il grande storico europeo Eric Hobsbawm trovò quasi impossibile comprendere come l'ortodossia del libero mercato, così ovviamente screditata nel 1933, "sia tornata ancora una volta a presiedere il periodo di depressione globale dei tardi anni '80 e degli anni '90".

Hobsbawm credeva che questo strano fenomeno evocasse "l'incredibile brevità di memoria tanto dei teorici quanto dei praticanti dell'economia." Mostrava anche perchè la società avesse bisogno degli storici che agissero come "promemoria professionisti di ciò che i loro concittadini desiderano dimenticare".

Ci sono dfferenze tra oggi e il 1929; per esempio il dollaro era in ottima forma e il deficit era praticamente inesistente. Dunque perché preoccuparsi? Gran parte degli storici ritengono che la storia non si ripete. Sembra solo così.

WILL BAGLEY è un autore, editore e storico. La Utah State University Press ha pubblicato il suo "Always a Cowboy: Judge Wilson McCarthy and the Rescue of the Denver & Rio Grande Western Railroad" [Sempre un cowboy: il giudice Wilson McCarthy e il salvataggio della Denver & Rio Grande Western Railroad].


26 luglio 2008

Imminente la morte di Internet libero e gratuito?



Il Canada farà da cavia

Negli ultimi 15 anni o giù di lì, grazie ad Internet, la nostra società ha avuto accesso a più informazione che in tutto il resto della precedente storia moderna. C'è approssimativamente un miliardo di utilizzatori di Internet in tutto il mondo, ed ognuno di essi può teoricamente comunicare in tempo reale con chiunque altro sul pianeta. Internet è stato, fino ad oggi, la più grande conquista tecnologica del XX° Secolo, e come tale è riconosciuto dalla comunità globale.

Il libero trasferimento di illimitate informazioni non censurate e non manipolate, tuttora sembra essere un sogno, se ci pensate bene. Di qualunque cosa si parli, istruzione, commercio, governo, notizie, svago, politica, ed un'infinità di altre aree, tutto è stato radicalmente influenzato dall'introduzione di Internet. E, per la maggior parte, si tratta di un'ottima notizia, salvo quando si danno giudizi scadenti e si prende in giro la gente; in tal caso è bene verificare e controllare, specialmente se ci sono coinvolti bambini.

Purtroppo però, quando ci sono possibilità di profitto aperte alle grandi imprese, le esigenze della società non contano. Prendete il recente caso in Canada dei colossi Telus e Rogers che, senza alcun preavviso al pubblico, hanno applicato un costo ad ogni spedizione di messaggi di testo. E' stata una mossa arrogante e rischiosa per questi giganti delle telecomunicazioni, perché gli è esplosa in faccia. La gente, in effetti, ha utilizzato la tecnologia di Internet per trasmettere un messaggio forte e chiaro a queste aziende, cioè di buttare nella spazzatura quell'extra costo; la gente ha utilizzato la potenza di Internet contro i ragazzi grandi, e così i piccoli hanno vinto.

Comunque, il caso dei messaggi di testo è soltanto un piccolo segnale sugli schermi radar di Telus e di un'altra compagnia, la Bell Canada, i due maggiori Internet Service Providers (ISP's) di tutto il Canada. Il nostro paese viene usato come cavia per cambiare, radicalmente e per sempre, la fornitura dell'accesso a Internet; e il cambiamento sarà così radicale da avere il potenziale per rimandarci indietro ai tempi del cavallo e della condivisione dell'accesso all'informazione (circa 35 anni fa, prima dei mini-elaboratori e delle reti di computers, n.d.t.).

Nelle settimane a venire tenete d'occhio un articolo di Time Magazine che tenterà di smussare gli angoli molto vivi di un diabolico complotto, portato avanti dalla Bell Canada e dalla Telus, volto a cominciare ad applicare canoni d'accesso alla maggior parte dei siti Internet. Il piano è quello di trasformare Internet in un sistema tipo TV via cavo, dove i clienti si iscrivono a determinati siti Web e devono poi pagare per visitare siti ulteriori.

Grazie al mio attuale navigare (su questo Internet ancora gratuito) ho scoperto che la "dismissione" dell'accesso gratuito ad Internet è prevista, in Canada, per il 2010, e due anni più tardi nel resto del mondo. Il Canada è considerato una buona scelta per rendere effettivo un cambiamento così vergognoso e sinistro, perché i Canadesi vengono visti come accomodanti, politicamente disinformati e perciò facili bersagli. Gli sciacalli aziendali faranno prima in modo di lisciare l'eventuale pelo arruffato dei canadesi, e poi diffonderanno la nuova versione castrata di Internet nel resto del mondo, probabilmente senza molta fanfara, se si eccettuano alcuni foschi avvertimenti circa i pericoli di Internet (gratuito) e lo sproloquiare degli amministratori delegati a proposito della "sicurezza". Normalmente queste fumosità funzionano bene.

A cosa somiglierà Internet in Canada nel 2010? Sospetto che gli ISP forniranno un programma "pacchetto", come fa attualmente la Cogeco (società televisiva via cavo, n.d.t.); i clienti dovranno pagare per una serie di siti Web, esattamente come fanno adesso per i canali televisivi. Le stazioni televisive saranno disponibili on-line come parte di questi "pacchetti", cosa che renderà felici i networks televisivi, dato che hanno perso gran parte del mercato dei giovani che invece, di sera, naviga e chiacchiera sul proprio computer. In questo modo comunque, come nel caso della televisione via cavo, se scegliete qualcosa che non fa parte del pacchetto, sapete quello che accade: pagate un extra.

Ed è qui che l'Internet (gratuito) che conosciamo sarà quasi immediatamente strangolato economicamente; migliaia e migliaia di siti Internet non faranno parte dei pacchetti, e così quindi gli utenti dovranno pagare costi addizionali per visitare quei siti. In appena un'ora o due è possibile visitare 20, 30 o più siti, cercando informazioni. Immaginate quanto alti saranno i costi

Attualmente il mondo condanna la Cina perché impedisce l'accesso a certi siti Web: "Sono anti-democratici, tolgono la libertà al popolo, non rispettano i diritti dell'individuo, censurano l'informazione." Questi sono alcuni dei commenti che sentiamo. Ma quello che la Bell Canada e la Telus hanno programmato per noi Canadesi è di gran lunga peggio di questo: stanno pianificando la morte dell'Internet (gratuito/libero) così come noi lo conosciamo, ed io temo che difficilmente i Canadesi si lamenteranno. Fa tutto parte del piano aziendale per il Nuovo Ordine Mondiale e, virtualmente, è un colpo da maestro che porterà alla creazione di miliardi e miliardi di dollari di profitti aziendali a spese delle classi medie e lavoratrici.

Ci sono così tante altre implicazioni come risultato di questi cambiamenti, fin troppi per poterne discutere qui. Siate coscienti del fatto che perderemo tutta la nostra privacy perché di tutti i siti web ci sarà traccia nel processo di fatturazione, e saremo letteralmente tagliati fuori dal 90% delle informazioni a cui abbiamo accesso oggi. I piccoli della Rete cadranno come mosche; i bloggers e gli operatori dei piccoli siti faranno una rapida morte perché la gente non pagherà per visitare i loro siti e leggere le loro pagine.

Per ironia della sorte l'unico mezzo che può salvarci è proprio quelle che stiamo cercando di salvare: Internet libero/gratuito. Questo articolo verrà postato sul mio blog www.realitycheck.typepad.com e vorrei incoraggiare singoli e gruppi a documentarsi maggiormente su questo argomento. I Canadesi possono mantenere libero e gratuito Internet proprio come hanno mantenuto gratuiti i messaggi di testo. Non state ad aspettare i politici federali: non faranno niente per aiutarci.

Vedrei con piacere una lettera di un portavoce ufficiale della Bell Canada o della Telus all'editore dello Standard Freeholder in cui si affermasse che tutto quello che ho scritto è completamente erroeno, che non è previsto alcun cambiamento di tal genere nell'accesso ad Internet e che l'accesso a tutti i siti rimarrà LIBERO E GRATUITO negli anni a venire. Contemporaneamente vorrei invitare tutti voi a scrivere ai media, a fare domande, a telefonare alle stazioni radio, agli amici, o a pensare qualunque altra cosa che possa contribuire ad evitare ciò che a me sembra inevitabile.

Mantenere libero e gratuito l'accesso a Internet è l'unica occasione che abbiamo di contrastare la scalata globale, l'Unione Nord-Americana ed una lunga lista di altre fatali appropriazioni che le elites della società hanno programmato a nostro danno. Ieri era già troppo tardi per tentare di proteggere i nostri diritti e le nostre libertà; dobbiamo raddoppiare gli sforzi per far sì che i nostri figli ed i nostri nipoti abbiano un'occasione di combattere per il proprio futuro.

(N.d.t.: l'aggettivo inglese "free" indica sia libero che gratuito; in questo caso il gioco di parole è traducibile solo nel contesto della frase ed a questo è dovuto il doppio aggettivo in italiano.)

Kevin Parkinson per Global Research

I giudici del fisco


Tempo è potere. E loro lo sanno bene. Gestiscono un potere immenso: possono far sparire le tasse. O meglio, possono cancellare le multe inflitte a chi evade il fisco. Si chiamano commissioni tributarie, termine ignoto ai più ma citato con venerazione da professionisti, commercianti e imprenditori: per il popolo delle partite Iva sono delle divinità. E non solo per loro: hanno in mano fascicoli da milioni di euro. Ma questi cinquemila giudici delle tasse, chiamati a pronunciarsi sulle bastonate inflitte dalla Guardia di finanza e dagli ispettori delle Entrate, non sono nemmeno tutti magistrati. Nelle corti dei tributi le toghe sono una minoranza, il resto sono docenti, commercialisti, avvocati, ragionieri e qualche volta persino architetti. Professionisti chiamati a pronunciarsi sul lavoro di loro colleghi: un paradosso nell'Italia del nero dilagante. La differenza tra le multe milionarie inflitte agli evasori e gli importi spesso magri realmente incassati e soprattutto l'età geologica che trascorre dalla sanzione al versamento dipendono da loro. Perché per loro decidere le controversie fiscali è un secondo lavoro o addirittura un terzo. Volete una cifra? L'arretrato è di circa 593 mila ricorsi pendenti al dicembre 2006: se anche si trattasse di duemila euro a fascicolo - nessuno fa ricorso per cifre inferiori - si potrebbe stimare che siedano su un tesoro potenziale da un miliardo. Ma c'è chi stima in oltre 5.000 milioni il valore del contenzioso chiuso nei loro cassetti. Niente male per le finanze statali in crisi: bisognerebbe imporre ritmi serrati per fare cassa. Magari recuperando anche i 44 miliardi accertati agli evasori e iscritti a ruolo e di cui nel 2007 l'amministrazione finanziaria è riuscita a riscuotere solo il 7 per cento (circa 3 miliardi).



Tasse ingolfate

Invece la produttività delle commissioni è in calo. In appello, per esempio, si passa dalle dodici pratiche trattate in ogni udienza nel 2000 a solo otto nel 2005. Mentre il tempo fa svanire per decorrenza pile di multe e dissolve il recupero dei bottini in nero. E altre cause si accumulano: nel 2005 ne vengono presentate 300 mila. Le corti si impegnano, ne affrontano 364 mila: un ottimo risultato, che elimina un decimo dell'arretrato. Ma quando si passa dalla quantità alla qualità, la situazione cambia. Anzitutto emerge una corsa al ricorso, sperando in esiti migliori. Davanti alle commissioni provinciali, dove si impugnano le multe più sostanziose, nel 2005 i ricorsi sono stati 255 mila: ottantamila in più rispetto all'anno precedente. In questo caso, i procedimenti chiusi non riescono a intaccare l'arretrato. E quando si cerca di capire le cause di questa lentezza, spuntano spiegazioni sorprendenti. Udienze saltate a Imperia perché il 'giudice' Eugenio Donato è andato a Modena per gli impegni assunti "in quanto presidente della fondazione Orchestra sinfonica di Sanremo"; o a Bologna dove Paolo Angeli, avvocato e 'giudice' emiliano, attribuisce la sua defaillance alla "necessità di studio gravoso di un procedimento penale". Se poi alle agende fitte dei commissari si aggiungono i ritardi nel deposito delle sentenze si comprende perché lo Stato fatica nella lotta all'evasione. Un processo tributario dura mediamente 766 giorni: è un giudizio che si fa sulle carte, un ricorso rispetto alle decisioni già prese. Ma c'è chi ci mette molto di più. Il giudice Giovanni Scalese di Latina che solo nel 2004-2005 ha mancato di consegnare 141 sentenze. O il collega Nicolino Tamilia, commercialista, che giustifica le dimenticanze nelle sentenze con l'angoscia per "un problema economico legato a un investimento sbagliato".



'L'espresso' per la prima volta ha messo il naso nelle anomalie della giustizia tributaria, un settore che da anni si vuole riformare. Oggi è facile trovare storie di commissari che sfruttano la carica per fare favori o che sembrano dedicare a questa attività solo briciole di tempo, come se si trattasse di un hobby. In tutto sono cinquemila, che rivendicano la parificazione con i magistrati 'veri'. Ma la verità, visto "il livello scarso di preparazione culturale di alcuni giudici che ancora non riescono a scrivere una sentenza in modo decente", come sostiene Salvatore Paracampo, presidente della commissione tributaria regionale Puglia, "è che ci vorrebbe un giudice tributario togato". Magari con maggiori verifiche sulle attività delle commissioni "così come avviene nella magistratura ordinaria". E se si scartabellano i verbali del Consiglio di presidenza, l'organo di autogoverno della categoria, si comprende l'urgenza di questi controlli sui controllori fiscali più importanti.

Giudice ma imputato


A differenza dei riflettori sempre accesi sui magistrati ordinari o amministrativi, dei giudici tributari si conosce pochissimo. Anche degli scandali passati al vaglio del Consiglio di presidenza (11 membri di cui 4 di nomina parlamentare), che li esamina con grande calma. Una storia esemplare è quella di Vittorio



Metta, l'ex magistrato della corte di appello di Roma. Nel 1996 Metta finisce sotto inchiesta con l'accusa di corruzione per avere venduto a Berlusconi la sentenza del Lodo Mondadori. Tre anni dopo viene rinviato a giudizio, ma lui può ancora giudicare le tasse degli altri: solo nel 2003 (quando subisce la prima condanna a 13 anni di carcere) viene sospeso dall'incarico, mentre per la radiazione bisogna aspettare addirittura il marzo 2008. E Metta non è l'unico giudice-imputato. L'avvocato Paolo Valeri, della commissione regionale (ctr) Emilia Romagna, è finito in carcere a Cuba dove è stato condannato a 7 anni per induzione alla prostituzione minorile; Franco Nobili (Livorno), condannato a 4 mesi di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per corruzione in atti giudiziari; Tullio Steno (Trieste), denunciato per evasione fiscale; Ercole Navarra ( Roma), finito agli arresti domiciliari per il fallimento del Perugia calcio di Luciano Gaucci, società della quale era sindaco. Felicia Genovese, pm della direzione antimafia di Potenza e vicepresidente della Commissione Basilicata, indagata nell'inchiesta 'toghe lucane'. E l'elenco potrebbe continuare.

Casta Fiscale
I magistrati tributari sbarcano anche in Parlamento come Felice Belisario, avvocato potentino, capogruppo dell'Idv al Senato, o Donatella Ferranti, giudice presso la ctr Lazio, eletta deputata del Pd. Per non parlare di Giacomo Caliendo che è appena diventato sottosegretario alla Giustizia. La carica è infatti molto ambita tra i dipendenti pubblici, sia per il trattamento economico (tra compenso fisso e quello variabile legato al numero delle sentenze definite si può arrivare a 72 mila euro l'anno) che per il prestigio che comporta. Per diventarlo non è necessario superare concorsi: basta dare la propria disponibilità e non aver riportato condanne per delitti non colposi e reati tributari. La scelta si basa sui titoli: vengono arruolati docenti universitari, avvocati, notai, ragionieri, commercialisti; ufficiali della Guardia di finanza in congedo; ex avvocati dello Stato; ma soprattutto magistrati ordinari, amministrativi o militari in servizio o a riposo, ai quali toccano le presidenze delle commissioni. I nomi illustri reclutati sono tantissimi: in passato Francesco Saverio Borrelli, il procuratore di Milano, che è stato presidente di sezione alla commissione Lombardia; mentre tra quelli in carica spiccano Giovanni Tinebra, procuratore generale a Catania e presidente della commissione della stessa città, e Bruno Tinti, procuratore aggiunto a Torino. Sulla base dei titoli presentati è il Consiglio di presidenza a stilare le graduatorie d'ingresso che permettono al presidente della Repubblica di emettere i decreti di nomina. Si presta il giuramento e si entra in carica, senza limiti di scadenza se non quello dei 75 anni di età.

Ci sono magistrati che per decenni hanno unito la guida della procura penale e quella della commissione tributaria: un doppio potere, che diventa schiacciante nelle piccole città di provincia. L'appeal della poltrona invece non è così forte per professionisti di fama che possono ben guadagnare con i loro studi: per questo c'è un buco mostruoso nell'organico, con quasi tremila commissari in meno registrati nel 2005. In Lombardia ne mancano 450, in Piemonte 300, in Liguria metà dell'organico è sguarnito.

Le regole
Ci sono ferree norme per garantire moralità, terzietà e soprattutto evitare casi di incompatibilità: non si può essere parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali; dipendenti dell'amministrazione finanziaria, membri della Guardia di finanza. Ma, soprattutto, l'accesso è vietato a coloro che esercitano consulenza tributaria, assistenza e rappresentanza di contribuenti nei rapporti con l'amministrazione finanziaria o nei processi tributari. E, ancora, a coniugi o parenti fino al secondo grado di coloro che sono iscritti negli albi professionali nella sede della commissione o che esercitano la professione dinanzi alla stessa. In questi casi è prevista la decadenza dall'incarico (nel 2006 ne sono state decretate otto). Una cosa seria, insomma. Se le regole venissero rispettate.

Affari loro
'L'espresso' ha scoperto che molti giudici delle norme se ne infischiano. E ci provano: sfruttando la carica per rimpinguare la clientela dei loro studi privati di commercialisti o avvocati. Emblematico il caso dell'avvocato Gaetano Dell'Acqua (decaduto), della commissione di Roma. Nell'aprile 2007 è stata l'agenzia delle Entrate a presentare un esposto al Consiglio di presidenza con la copia di un ricorso indirizzato alla commissione romana in cui il contribuente dichiara di "essere elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avvocato Gaetano Dell'Acqua, difeso e rappresentato dagli avvocati Giuseppe Dell'Acqua e Barbara Sabatino". Chi sono costoro? Il padre del giudice e un altro avvocato che lavora nello studio. Allegata all'esposto c'è anche copia della sentenza che ha deciso la vertenza. Come? Ovviamente, a favore del protettissimo contribuente. Anche Gian Paolo Porcu (decaduto pure lui) è stato pizzicato dall'Agenzia delle entrate. Commercialista e titolare di uno studio, Porcu è risultato sindaco di ben 10 società. Ma, soprattutto, mentre lui emetteva sentenze, nei suoi uffici svolgeva consulenza tributaria la ragioniera Maria Louise Pinna. A lei Porcu aveva girato alcune società: Sella e Mosca, Agrisarda, eccetera. E non solo: Pinna faceva anche assistenza dei contribuenti dinanzi alle commissione di Cagliari, la stessa di cui Porcu era vicepresidente. In più, elargiva al giudice "continui ed elevati compensi".

Procedimento di decadenza anche per Vittorino Tedde, della ctr Sardegna, sezione di Sassari. Pure a suo carico è arrivata una segnalazione delle Entrate: rivela che Tedde è un commercialista che cura fallimenti; che è rappresentante di una società estera con contenzioso tributario in Italia: che nello studio Tedde svolge attività il commercialista Lisi che riceve compensi da Tedde. Come si difende il giudice? Ribattendo di essere oggetto di inquisizione da parte dell'Agenzia delle entrate perché nella sua sezione "l'esito negativo dei ricorsi per l'amministrazione sarebbe di numero più elevato rispetto ad altre sezioni della commissione". Clamoroso poi il caso di Antonino Arizia, che in qualità di presidente della commissione di Messina nel gennaio 2005 ha emesso sentenza favorevole nei confronti della Loma srl della quale nel gennaio 2006 è poi diventato procuratore generale.

Gli sfacciati
Un lavoraccio, insomma, quello del Consiglio di presidenza davanti a tanti giudici che cercano in ogni modo di aggirare le regole. Stefano Pantezzi, avvocato e presidente della commissione di Trento, è risultato firmatario di tre ricorsi contro cartelle esattoriali: assegnati a due sezioni diverse, "come difensore dei ricorrenti Pantezzi è intervenuto in entrambe le camere di consiglio". Poi ci sono i casi di incompatibilità per le attività vietate ma sfacciatamente svolte dai familiari. Qualche perla: il giudice Orlando Navarra (Aosta) ha la moglie, Manuela Ghillino, avvocato, che fa assistenza tributaria in commissione; Giuseppina Potestà (Sicilia) ha sia il marito Francesco Grande che il figlio Antonio (commercialista) che esercitano assistenza fiscale e giurisdizionale a Ragusa: Aldo Paci ( Palermo), segnalato nel 2007 dall'allora direttore delle Entrate Massimo Romano, perché titolare dello 'studio legale associato Paci' con la moglie tributarista, le cui cause vengono discusse dalla stessa commissione di Palermo.

In questa palude, per la verità, c'è anche qualche presidente che prova a fare rispettare le regole. È il caso di Aldo Scola, consigliere di Stato e presidente della ctr Emilia Romagna che nel 2005 ha denunciato al Consiglio di presidenza e alla magistratura due casi clamorosi. Il primo riguarda Vitaliano Brasini, giudice a Forlì, che era riuscito a partecipare ad appena 18 udienze in circa dieci anni. La seconda addirittura il procuratore della Repubblica di Ferrara, Severino Messina, presidente di commissione nella stessa città. Scola ha accusato Messina di avere tenuto "un comportamento lesivo dell'immagine e del decoro della funzione di presidente di una commissione": un comportamento che si è concretizzato in assenze dalle udienze che avrebbe dovuto presiedere e in un consistente danno erariale avendo pure Messina continuato a percepire il compenso fisso mensile. Da esperto magistrato Messina si è ben difeso ed è a ancora saldamente in carica. Il caso Serpico
Alcuni sembrano essere dei serial killer del conflitto di interessi. Come Graziano Serpico, commercialista di Nola. Il suo è un caso da manuale: nel maggio 2000 decade da giudice tributario di Napoli per incompatibilità. La ragione? Lui stesso, nel 1999, aveva ammesso di svolgere attività in campo fiscale. Fine della storia? Cacciato nel 2000 a Serpico è riuscito il miracolo di farsi rinominare a Napoli dopo aver vinto un nuovo 'concorso'. Solo che nel 2007 l'Agenzia delle entrate ha segnalato di nuovo le sue irregolarità: è risultato depositario di scritture contabili di 11 società e presidente del collegio sindacale della Nusco Porte di Nola, società con una vertenza fiscale in corso. Piccole storie? No, milioni e milioni di euro di multe. Anni di indagini delle Fiamme Gialle e degli ispettori delle Entrate. Che si perdono così nel nulla.

Stato masochista
Il campione di illeciti apre la strada a cattivi pensieri. Perché lo Stato perde così spesso nei ricorsi? Sì. Fisco e Finanza vengono sconfitti in primo grado nel 57 per cento dei casi, risultato che si ripete in appello. Una pagina nera con punte scandalose in alcune commissioni provinciali (vedere tabella a pag. 55). Ma i giudici tributari accusano: è colpa dell'amministrazione finanziaria che cura male le cause. Recita la relazione 2006 del Consiglio di presidenza al ministro dell'Economia: "La difesa dell'amministrazione appare carente o insufficente. Sembrano frequenti i casi in cui non si costituisce in giudizio o non compare in udienza". Sei multe su dieci vengono cancellate, altre si dissolvono per decorrenza, altre ancora vengono incassate dopo anni. Ed ecco perché la lotta all'evasione resta solo uno slogan. In attesa di una delle tante riforme che tutti ritengono indispensabile ma che non arriva mai.

di Primo di Nicola

ha collaborato Chiara Andreola

29 luglio 2008

Le somiglianze tra il 1929 e il 2008



Vedere Wall Street e il mercato immobiliare americano crollare negli scorsi 10 mesi non ha ispirato molta fiducia nella nostra meravigliosa economia del libero mercato o nei pirati che la gestiscono. Avendo da poco lottato con cause e conseguenze della Grande Depressione ho trovato l'attuale naufragio ecomomico non semlicemente sinistro, ma realmente terrificante.

Il lavoro di storico è qualcosa di scoraggiante. Nessuno sembra imparare alcunchè dalla storia - questo è abbastanza palese - ma noi continuiamo a sperare. Essendo uno storico dell'america occidentale del 1900 ebbi un lavoro su misura per me quando un'amica mi chiese di scrivere una biografia di suo padre -- il giudice Wilson McCarthy.

Herbert Hoover nominò McCarthy a rappresentare i democratici occidentali nel consiglio di amministrazione della Reconstruction Finance Corporation [Azienda per la Ricostruzione Finanziaria n.d.t.], la sola risposta di Hoover al peggior disastro economico della storia americana. La RFC tentò di riportare liquidità nell'economia ricavando contante dai materassi che vi erano sotto e rimettendolo in circolazione.

L'anno scorso dovetti cercare il termine "liquidità" nel vocabolario per ricordarmene il significato. Oggi ho potuto scegliere tra 23.2 milioni di segnalazioni di Google per saperne di più. Mark Twain disse che "La storia non si ripete, ma rima con se stessa", le somiglianze tra le condizioni economiche del 1929 e quelle del 2008 fanno rima come 'hickory -- dickory -- dock'. Già nel 1935 l'"organizzatore di cervelli" Rexford Tugwell identificò la causa alla radice della Grande Depressione nell'incapacità di "passare una porzione onesta della spettacolare produttività degli anni '20" tanto ai lavoratori quanto ai consumatori.

Una duratura depressione agricola, la distribuzione della ricchezza fortemente iniqua, un massiccio debito del consumatore, tagli alle tasse per i ricchi e quella che lo storico Robert S. McElvaine chiamò "la selvaggia speculazione dell'orgia di avidità del decennio", tutte resero le cose peggiori. Questa bancarotta dalle diverse sfaccettature portò alla Grande Depressione, ma una massiccia corruzione nelle aziende e l'incompetenza della classe di governo sono dei fattori sottostimati, ma familiari, nella creazione della catastrofe.

I sostenitori del libero mercato lottano per spiegare in altro modo il crollo dell'economia virtualmente priva di regole dei Ruggenti Anni 20. Nel 1963 l'economista Milton Friedman spiegò il fallimento del laissez faire come "la tragica testimonianza dell'importanza delle forze monetarie." I discepoli di Adam Smith diedero la colpa agli organismi regolatori, in particolare al tentativo da parte del Board della Federal Reserve di regnare nella speculazione di Wall Street.

Ai festeggiamenti per i 90 anni di Milton Friedman nel 2002 l'allora membro del board della Fed Ben Bernanke disse: "Avevi ragione, siamo stati noi. Ci dispiace davvero". Mi chiedo di cosa si dispiaccia ora il Presidente della Fed Bernanke.

Herbert Hoover disse a un giornalista che l'unico problema del capitalismo sono i capitalisti: "Sono troppo dannatamente avidi". La Depressione mostrò che aveva ragione. "Dobbiamo tutti fare la nostra parte" disse J. P. Morgan, ma il grande finanziere non pagò un solo nickel di tasse federali sul reddito nel 1930, e né lui né i suoi partner pagarono alcunché nel 1931 e nel 1932.

[Herbert Hoover (sinistra) e J.P. Morgan (destra)]

Il Segretario al Tesoro Ogden Mills assegnò alle proprietà di suo padre 6 milioni di dollari di esenzioni con quella che è ora chiamata "tassa della morte" [death tax]. Il Chicago Tribune chiese ai cittadini di pagare tutte le loro tasse, mentre il suo editore, il tycoon Robert R. McCormick, pagò solo 1515 dollari. Il banchiere investitore S.J.T. Strauss pagò la cifra strabiliante di 18 dollari di tasse. Nello stesso momento, durante i primi mesi del 1932, i ricchi americani mandavano 100 milioni di dollari in oro verso l'Europa ogni settimana.

Da sopravvissuto di quello che chiamò "the Great Slump," [Il Grande Crollo n.d.t.] il grande storico europeo Eric Hobsbawm trovò quasi impossibile comprendere come l'ortodossia del libero mercato, così ovviamente screditata nel 1933, "sia tornata ancora una volta a presiedere il periodo di depressione globale dei tardi anni '80 e degli anni '90".

Hobsbawm credeva che questo strano fenomeno evocasse "l'incredibile brevità di memoria tanto dei teorici quanto dei praticanti dell'economia." Mostrava anche perchè la società avesse bisogno degli storici che agissero come "promemoria professionisti di ciò che i loro concittadini desiderano dimenticare".

Ci sono dfferenze tra oggi e il 1929; per esempio il dollaro era in ottima forma e il deficit era praticamente inesistente. Dunque perché preoccuparsi? Gran parte degli storici ritengono che la storia non si ripete. Sembra solo così.

WILL BAGLEY è un autore, editore e storico. La Utah State University Press ha pubblicato il suo "Always a Cowboy: Judge Wilson McCarthy and the Rescue of the Denver & Rio Grande Western Railroad" [Sempre un cowboy: il giudice Wilson McCarthy e il salvataggio della Denver & Rio Grande Western Railroad].


26 luglio 2008

Imminente la morte di Internet libero e gratuito?



Il Canada farà da cavia

Negli ultimi 15 anni o giù di lì, grazie ad Internet, la nostra società ha avuto accesso a più informazione che in tutto il resto della precedente storia moderna. C'è approssimativamente un miliardo di utilizzatori di Internet in tutto il mondo, ed ognuno di essi può teoricamente comunicare in tempo reale con chiunque altro sul pianeta. Internet è stato, fino ad oggi, la più grande conquista tecnologica del XX° Secolo, e come tale è riconosciuto dalla comunità globale.

Il libero trasferimento di illimitate informazioni non censurate e non manipolate, tuttora sembra essere un sogno, se ci pensate bene. Di qualunque cosa si parli, istruzione, commercio, governo, notizie, svago, politica, ed un'infinità di altre aree, tutto è stato radicalmente influenzato dall'introduzione di Internet. E, per la maggior parte, si tratta di un'ottima notizia, salvo quando si danno giudizi scadenti e si prende in giro la gente; in tal caso è bene verificare e controllare, specialmente se ci sono coinvolti bambini.

Purtroppo però, quando ci sono possibilità di profitto aperte alle grandi imprese, le esigenze della società non contano. Prendete il recente caso in Canada dei colossi Telus e Rogers che, senza alcun preavviso al pubblico, hanno applicato un costo ad ogni spedizione di messaggi di testo. E' stata una mossa arrogante e rischiosa per questi giganti delle telecomunicazioni, perché gli è esplosa in faccia. La gente, in effetti, ha utilizzato la tecnologia di Internet per trasmettere un messaggio forte e chiaro a queste aziende, cioè di buttare nella spazzatura quell'extra costo; la gente ha utilizzato la potenza di Internet contro i ragazzi grandi, e così i piccoli hanno vinto.

Comunque, il caso dei messaggi di testo è soltanto un piccolo segnale sugli schermi radar di Telus e di un'altra compagnia, la Bell Canada, i due maggiori Internet Service Providers (ISP's) di tutto il Canada. Il nostro paese viene usato come cavia per cambiare, radicalmente e per sempre, la fornitura dell'accesso a Internet; e il cambiamento sarà così radicale da avere il potenziale per rimandarci indietro ai tempi del cavallo e della condivisione dell'accesso all'informazione (circa 35 anni fa, prima dei mini-elaboratori e delle reti di computers, n.d.t.).

Nelle settimane a venire tenete d'occhio un articolo di Time Magazine che tenterà di smussare gli angoli molto vivi di un diabolico complotto, portato avanti dalla Bell Canada e dalla Telus, volto a cominciare ad applicare canoni d'accesso alla maggior parte dei siti Internet. Il piano è quello di trasformare Internet in un sistema tipo TV via cavo, dove i clienti si iscrivono a determinati siti Web e devono poi pagare per visitare siti ulteriori.

Grazie al mio attuale navigare (su questo Internet ancora gratuito) ho scoperto che la "dismissione" dell'accesso gratuito ad Internet è prevista, in Canada, per il 2010, e due anni più tardi nel resto del mondo. Il Canada è considerato una buona scelta per rendere effettivo un cambiamento così vergognoso e sinistro, perché i Canadesi vengono visti come accomodanti, politicamente disinformati e perciò facili bersagli. Gli sciacalli aziendali faranno prima in modo di lisciare l'eventuale pelo arruffato dei canadesi, e poi diffonderanno la nuova versione castrata di Internet nel resto del mondo, probabilmente senza molta fanfara, se si eccettuano alcuni foschi avvertimenti circa i pericoli di Internet (gratuito) e lo sproloquiare degli amministratori delegati a proposito della "sicurezza". Normalmente queste fumosità funzionano bene.

A cosa somiglierà Internet in Canada nel 2010? Sospetto che gli ISP forniranno un programma "pacchetto", come fa attualmente la Cogeco (società televisiva via cavo, n.d.t.); i clienti dovranno pagare per una serie di siti Web, esattamente come fanno adesso per i canali televisivi. Le stazioni televisive saranno disponibili on-line come parte di questi "pacchetti", cosa che renderà felici i networks televisivi, dato che hanno perso gran parte del mercato dei giovani che invece, di sera, naviga e chiacchiera sul proprio computer. In questo modo comunque, come nel caso della televisione via cavo, se scegliete qualcosa che non fa parte del pacchetto, sapete quello che accade: pagate un extra.

Ed è qui che l'Internet (gratuito) che conosciamo sarà quasi immediatamente strangolato economicamente; migliaia e migliaia di siti Internet non faranno parte dei pacchetti, e così quindi gli utenti dovranno pagare costi addizionali per visitare quei siti. In appena un'ora o due è possibile visitare 20, 30 o più siti, cercando informazioni. Immaginate quanto alti saranno i costi

Attualmente il mondo condanna la Cina perché impedisce l'accesso a certi siti Web: "Sono anti-democratici, tolgono la libertà al popolo, non rispettano i diritti dell'individuo, censurano l'informazione." Questi sono alcuni dei commenti che sentiamo. Ma quello che la Bell Canada e la Telus hanno programmato per noi Canadesi è di gran lunga peggio di questo: stanno pianificando la morte dell'Internet (gratuito/libero) così come noi lo conosciamo, ed io temo che difficilmente i Canadesi si lamenteranno. Fa tutto parte del piano aziendale per il Nuovo Ordine Mondiale e, virtualmente, è un colpo da maestro che porterà alla creazione di miliardi e miliardi di dollari di profitti aziendali a spese delle classi medie e lavoratrici.

Ci sono così tante altre implicazioni come risultato di questi cambiamenti, fin troppi per poterne discutere qui. Siate coscienti del fatto che perderemo tutta la nostra privacy perché di tutti i siti web ci sarà traccia nel processo di fatturazione, e saremo letteralmente tagliati fuori dal 90% delle informazioni a cui abbiamo accesso oggi. I piccoli della Rete cadranno come mosche; i bloggers e gli operatori dei piccoli siti faranno una rapida morte perché la gente non pagherà per visitare i loro siti e leggere le loro pagine.

Per ironia della sorte l'unico mezzo che può salvarci è proprio quelle che stiamo cercando di salvare: Internet libero/gratuito. Questo articolo verrà postato sul mio blog www.realitycheck.typepad.com e vorrei incoraggiare singoli e gruppi a documentarsi maggiormente su questo argomento. I Canadesi possono mantenere libero e gratuito Internet proprio come hanno mantenuto gratuiti i messaggi di testo. Non state ad aspettare i politici federali: non faranno niente per aiutarci.

Vedrei con piacere una lettera di un portavoce ufficiale della Bell Canada o della Telus all'editore dello Standard Freeholder in cui si affermasse che tutto quello che ho scritto è completamente erroeno, che non è previsto alcun cambiamento di tal genere nell'accesso ad Internet e che l'accesso a tutti i siti rimarrà LIBERO E GRATUITO negli anni a venire. Contemporaneamente vorrei invitare tutti voi a scrivere ai media, a fare domande, a telefonare alle stazioni radio, agli amici, o a pensare qualunque altra cosa che possa contribuire ad evitare ciò che a me sembra inevitabile.

Mantenere libero e gratuito l'accesso a Internet è l'unica occasione che abbiamo di contrastare la scalata globale, l'Unione Nord-Americana ed una lunga lista di altre fatali appropriazioni che le elites della società hanno programmato a nostro danno. Ieri era già troppo tardi per tentare di proteggere i nostri diritti e le nostre libertà; dobbiamo raddoppiare gli sforzi per far sì che i nostri figli ed i nostri nipoti abbiano un'occasione di combattere per il proprio futuro.

(N.d.t.: l'aggettivo inglese "free" indica sia libero che gratuito; in questo caso il gioco di parole è traducibile solo nel contesto della frase ed a questo è dovuto il doppio aggettivo in italiano.)

Kevin Parkinson per Global Research

I giudici del fisco


Tempo è potere. E loro lo sanno bene. Gestiscono un potere immenso: possono far sparire le tasse. O meglio, possono cancellare le multe inflitte a chi evade il fisco. Si chiamano commissioni tributarie, termine ignoto ai più ma citato con venerazione da professionisti, commercianti e imprenditori: per il popolo delle partite Iva sono delle divinità. E non solo per loro: hanno in mano fascicoli da milioni di euro. Ma questi cinquemila giudici delle tasse, chiamati a pronunciarsi sulle bastonate inflitte dalla Guardia di finanza e dagli ispettori delle Entrate, non sono nemmeno tutti magistrati. Nelle corti dei tributi le toghe sono una minoranza, il resto sono docenti, commercialisti, avvocati, ragionieri e qualche volta persino architetti. Professionisti chiamati a pronunciarsi sul lavoro di loro colleghi: un paradosso nell'Italia del nero dilagante. La differenza tra le multe milionarie inflitte agli evasori e gli importi spesso magri realmente incassati e soprattutto l'età geologica che trascorre dalla sanzione al versamento dipendono da loro. Perché per loro decidere le controversie fiscali è un secondo lavoro o addirittura un terzo. Volete una cifra? L'arretrato è di circa 593 mila ricorsi pendenti al dicembre 2006: se anche si trattasse di duemila euro a fascicolo - nessuno fa ricorso per cifre inferiori - si potrebbe stimare che siedano su un tesoro potenziale da un miliardo. Ma c'è chi stima in oltre 5.000 milioni il valore del contenzioso chiuso nei loro cassetti. Niente male per le finanze statali in crisi: bisognerebbe imporre ritmi serrati per fare cassa. Magari recuperando anche i 44 miliardi accertati agli evasori e iscritti a ruolo e di cui nel 2007 l'amministrazione finanziaria è riuscita a riscuotere solo il 7 per cento (circa 3 miliardi).



Tasse ingolfate

Invece la produttività delle commissioni è in calo. In appello, per esempio, si passa dalle dodici pratiche trattate in ogni udienza nel 2000 a solo otto nel 2005. Mentre il tempo fa svanire per decorrenza pile di multe e dissolve il recupero dei bottini in nero. E altre cause si accumulano: nel 2005 ne vengono presentate 300 mila. Le corti si impegnano, ne affrontano 364 mila: un ottimo risultato, che elimina un decimo dell'arretrato. Ma quando si passa dalla quantità alla qualità, la situazione cambia. Anzitutto emerge una corsa al ricorso, sperando in esiti migliori. Davanti alle commissioni provinciali, dove si impugnano le multe più sostanziose, nel 2005 i ricorsi sono stati 255 mila: ottantamila in più rispetto all'anno precedente. In questo caso, i procedimenti chiusi non riescono a intaccare l'arretrato. E quando si cerca di capire le cause di questa lentezza, spuntano spiegazioni sorprendenti. Udienze saltate a Imperia perché il 'giudice' Eugenio Donato è andato a Modena per gli impegni assunti "in quanto presidente della fondazione Orchestra sinfonica di Sanremo"; o a Bologna dove Paolo Angeli, avvocato e 'giudice' emiliano, attribuisce la sua defaillance alla "necessità di studio gravoso di un procedimento penale". Se poi alle agende fitte dei commissari si aggiungono i ritardi nel deposito delle sentenze si comprende perché lo Stato fatica nella lotta all'evasione. Un processo tributario dura mediamente 766 giorni: è un giudizio che si fa sulle carte, un ricorso rispetto alle decisioni già prese. Ma c'è chi ci mette molto di più. Il giudice Giovanni Scalese di Latina che solo nel 2004-2005 ha mancato di consegnare 141 sentenze. O il collega Nicolino Tamilia, commercialista, che giustifica le dimenticanze nelle sentenze con l'angoscia per "un problema economico legato a un investimento sbagliato".



'L'espresso' per la prima volta ha messo il naso nelle anomalie della giustizia tributaria, un settore che da anni si vuole riformare. Oggi è facile trovare storie di commissari che sfruttano la carica per fare favori o che sembrano dedicare a questa attività solo briciole di tempo, come se si trattasse di un hobby. In tutto sono cinquemila, che rivendicano la parificazione con i magistrati 'veri'. Ma la verità, visto "il livello scarso di preparazione culturale di alcuni giudici che ancora non riescono a scrivere una sentenza in modo decente", come sostiene Salvatore Paracampo, presidente della commissione tributaria regionale Puglia, "è che ci vorrebbe un giudice tributario togato". Magari con maggiori verifiche sulle attività delle commissioni "così come avviene nella magistratura ordinaria". E se si scartabellano i verbali del Consiglio di presidenza, l'organo di autogoverno della categoria, si comprende l'urgenza di questi controlli sui controllori fiscali più importanti.

Giudice ma imputato


A differenza dei riflettori sempre accesi sui magistrati ordinari o amministrativi, dei giudici tributari si conosce pochissimo. Anche degli scandali passati al vaglio del Consiglio di presidenza (11 membri di cui 4 di nomina parlamentare), che li esamina con grande calma. Una storia esemplare è quella di Vittorio



Metta, l'ex magistrato della corte di appello di Roma. Nel 1996 Metta finisce sotto inchiesta con l'accusa di corruzione per avere venduto a Berlusconi la sentenza del Lodo Mondadori. Tre anni dopo viene rinviato a giudizio, ma lui può ancora giudicare le tasse degli altri: solo nel 2003 (quando subisce la prima condanna a 13 anni di carcere) viene sospeso dall'incarico, mentre per la radiazione bisogna aspettare addirittura il marzo 2008. E Metta non è l'unico giudice-imputato. L'avvocato Paolo Valeri, della commissione regionale (ctr) Emilia Romagna, è finito in carcere a Cuba dove è stato condannato a 7 anni per induzione alla prostituzione minorile; Franco Nobili (Livorno), condannato a 4 mesi di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per corruzione in atti giudiziari; Tullio Steno (Trieste), denunciato per evasione fiscale; Ercole Navarra ( Roma), finito agli arresti domiciliari per il fallimento del Perugia calcio di Luciano Gaucci, società della quale era sindaco. Felicia Genovese, pm della direzione antimafia di Potenza e vicepresidente della Commissione Basilicata, indagata nell'inchiesta 'toghe lucane'. E l'elenco potrebbe continuare.

Casta Fiscale
I magistrati tributari sbarcano anche in Parlamento come Felice Belisario, avvocato potentino, capogruppo dell'Idv al Senato, o Donatella Ferranti, giudice presso la ctr Lazio, eletta deputata del Pd. Per non parlare di Giacomo Caliendo che è appena diventato sottosegretario alla Giustizia. La carica è infatti molto ambita tra i dipendenti pubblici, sia per il trattamento economico (tra compenso fisso e quello variabile legato al numero delle sentenze definite si può arrivare a 72 mila euro l'anno) che per il prestigio che comporta. Per diventarlo non è necessario superare concorsi: basta dare la propria disponibilità e non aver riportato condanne per delitti non colposi e reati tributari. La scelta si basa sui titoli: vengono arruolati docenti universitari, avvocati, notai, ragionieri, commercialisti; ufficiali della Guardia di finanza in congedo; ex avvocati dello Stato; ma soprattutto magistrati ordinari, amministrativi o militari in servizio o a riposo, ai quali toccano le presidenze delle commissioni. I nomi illustri reclutati sono tantissimi: in passato Francesco Saverio Borrelli, il procuratore di Milano, che è stato presidente di sezione alla commissione Lombardia; mentre tra quelli in carica spiccano Giovanni Tinebra, procuratore generale a Catania e presidente della commissione della stessa città, e Bruno Tinti, procuratore aggiunto a Torino. Sulla base dei titoli presentati è il Consiglio di presidenza a stilare le graduatorie d'ingresso che permettono al presidente della Repubblica di emettere i decreti di nomina. Si presta il giuramento e si entra in carica, senza limiti di scadenza se non quello dei 75 anni di età.

Ci sono magistrati che per decenni hanno unito la guida della procura penale e quella della commissione tributaria: un doppio potere, che diventa schiacciante nelle piccole città di provincia. L'appeal della poltrona invece non è così forte per professionisti di fama che possono ben guadagnare con i loro studi: per questo c'è un buco mostruoso nell'organico, con quasi tremila commissari in meno registrati nel 2005. In Lombardia ne mancano 450, in Piemonte 300, in Liguria metà dell'organico è sguarnito.

Le regole
Ci sono ferree norme per garantire moralità, terzietà e soprattutto evitare casi di incompatibilità: non si può essere parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali; dipendenti dell'amministrazione finanziaria, membri della Guardia di finanza. Ma, soprattutto, l'accesso è vietato a coloro che esercitano consulenza tributaria, assistenza e rappresentanza di contribuenti nei rapporti con l'amministrazione finanziaria o nei processi tributari. E, ancora, a coniugi o parenti fino al secondo grado di coloro che sono iscritti negli albi professionali nella sede della commissione o che esercitano la professione dinanzi alla stessa. In questi casi è prevista la decadenza dall'incarico (nel 2006 ne sono state decretate otto). Una cosa seria, insomma. Se le regole venissero rispettate.

Affari loro
'L'espresso' ha scoperto che molti giudici delle norme se ne infischiano. E ci provano: sfruttando la carica per rimpinguare la clientela dei loro studi privati di commercialisti o avvocati. Emblematico il caso dell'avvocato Gaetano Dell'Acqua (decaduto), della commissione di Roma. Nell'aprile 2007 è stata l'agenzia delle Entrate a presentare un esposto al Consiglio di presidenza con la copia di un ricorso indirizzato alla commissione romana in cui il contribuente dichiara di "essere elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avvocato Gaetano Dell'Acqua, difeso e rappresentato dagli avvocati Giuseppe Dell'Acqua e Barbara Sabatino". Chi sono costoro? Il padre del giudice e un altro avvocato che lavora nello studio. Allegata all'esposto c'è anche copia della sentenza che ha deciso la vertenza. Come? Ovviamente, a favore del protettissimo contribuente. Anche Gian Paolo Porcu (decaduto pure lui) è stato pizzicato dall'Agenzia delle entrate. Commercialista e titolare di uno studio, Porcu è risultato sindaco di ben 10 società. Ma, soprattutto, mentre lui emetteva sentenze, nei suoi uffici svolgeva consulenza tributaria la ragioniera Maria Louise Pinna. A lei Porcu aveva girato alcune società: Sella e Mosca, Agrisarda, eccetera. E non solo: Pinna faceva anche assistenza dei contribuenti dinanzi alle commissione di Cagliari, la stessa di cui Porcu era vicepresidente. In più, elargiva al giudice "continui ed elevati compensi".

Procedimento di decadenza anche per Vittorino Tedde, della ctr Sardegna, sezione di Sassari. Pure a suo carico è arrivata una segnalazione delle Entrate: rivela che Tedde è un commercialista che cura fallimenti; che è rappresentante di una società estera con contenzioso tributario in Italia: che nello studio Tedde svolge attività il commercialista Lisi che riceve compensi da Tedde. Come si difende il giudice? Ribattendo di essere oggetto di inquisizione da parte dell'Agenzia delle entrate perché nella sua sezione "l'esito negativo dei ricorsi per l'amministrazione sarebbe di numero più elevato rispetto ad altre sezioni della commissione". Clamoroso poi il caso di Antonino Arizia, che in qualità di presidente della commissione di Messina nel gennaio 2005 ha emesso sentenza favorevole nei confronti della Loma srl della quale nel gennaio 2006 è poi diventato procuratore generale.

Gli sfacciati
Un lavoraccio, insomma, quello del Consiglio di presidenza davanti a tanti giudici che cercano in ogni modo di aggirare le regole. Stefano Pantezzi, avvocato e presidente della commissione di Trento, è risultato firmatario di tre ricorsi contro cartelle esattoriali: assegnati a due sezioni diverse, "come difensore dei ricorrenti Pantezzi è intervenuto in entrambe le camere di consiglio". Poi ci sono i casi di incompatibilità per le attività vietate ma sfacciatamente svolte dai familiari. Qualche perla: il giudice Orlando Navarra (Aosta) ha la moglie, Manuela Ghillino, avvocato, che fa assistenza tributaria in commissione; Giuseppina Potestà (Sicilia) ha sia il marito Francesco Grande che il figlio Antonio (commercialista) che esercitano assistenza fiscale e giurisdizionale a Ragusa: Aldo Paci ( Palermo), segnalato nel 2007 dall'allora direttore delle Entrate Massimo Romano, perché titolare dello 'studio legale associato Paci' con la moglie tributarista, le cui cause vengono discusse dalla stessa commissione di Palermo.

In questa palude, per la verità, c'è anche qualche presidente che prova a fare rispettare le regole. È il caso di Aldo Scola, consigliere di Stato e presidente della ctr Emilia Romagna che nel 2005 ha denunciato al Consiglio di presidenza e alla magistratura due casi clamorosi. Il primo riguarda Vitaliano Brasini, giudice a Forlì, che era riuscito a partecipare ad appena 18 udienze in circa dieci anni. La seconda addirittura il procuratore della Repubblica di Ferrara, Severino Messina, presidente di commissione nella stessa città. Scola ha accusato Messina di avere tenuto "un comportamento lesivo dell'immagine e del decoro della funzione di presidente di una commissione": un comportamento che si è concretizzato in assenze dalle udienze che avrebbe dovuto presiedere e in un consistente danno erariale avendo pure Messina continuato a percepire il compenso fisso mensile. Da esperto magistrato Messina si è ben difeso ed è a ancora saldamente in carica. Il caso Serpico
Alcuni sembrano essere dei serial killer del conflitto di interessi. Come Graziano Serpico, commercialista di Nola. Il suo è un caso da manuale: nel maggio 2000 decade da giudice tributario di Napoli per incompatibilità. La ragione? Lui stesso, nel 1999, aveva ammesso di svolgere attività in campo fiscale. Fine della storia? Cacciato nel 2000 a Serpico è riuscito il miracolo di farsi rinominare a Napoli dopo aver vinto un nuovo 'concorso'. Solo che nel 2007 l'Agenzia delle entrate ha segnalato di nuovo le sue irregolarità: è risultato depositario di scritture contabili di 11 società e presidente del collegio sindacale della Nusco Porte di Nola, società con una vertenza fiscale in corso. Piccole storie? No, milioni e milioni di euro di multe. Anni di indagini delle Fiamme Gialle e degli ispettori delle Entrate. Che si perdono così nel nulla.

Stato masochista
Il campione di illeciti apre la strada a cattivi pensieri. Perché lo Stato perde così spesso nei ricorsi? Sì. Fisco e Finanza vengono sconfitti in primo grado nel 57 per cento dei casi, risultato che si ripete in appello. Una pagina nera con punte scandalose in alcune commissioni provinciali (vedere tabella a pag. 55). Ma i giudici tributari accusano: è colpa dell'amministrazione finanziaria che cura male le cause. Recita la relazione 2006 del Consiglio di presidenza al ministro dell'Economia: "La difesa dell'amministrazione appare carente o insufficente. Sembrano frequenti i casi in cui non si costituisce in giudizio o non compare in udienza". Sei multe su dieci vengono cancellate, altre si dissolvono per decorrenza, altre ancora vengono incassate dopo anni. Ed ecco perché la lotta all'evasione resta solo uno slogan. In attesa di una delle tante riforme che tutti ritengono indispensabile ma che non arriva mai.

di Primo di Nicola

ha collaborato Chiara Andreola