30 aprile 2009
L'inevitabile default impero USA
Mentre Tremonti e la Marcegaglia affermano che ormai la crisi è passata, sempre fedeli a rilanciare ogni flebile sussurro della troppo-grande-per-fallire Goldman Sachs (vedremo fino a quando), le Borse rispondono con una netta caduta come non se ne vedevano da un po’. Mentre scriviamo, infatti, Milano perde il 4%. Oltreoceano, Citigroup prosegue le montagne russe con una perdita del 15% ed un ritorno a 3 dollari per azione.
Ampio risalto viene anche dato dai media alle dichiarazioni iraniane su Israele stato razzista. Ci sarebbe davvero molto da approfondire a riguardo, ma un post non basterebbe.
Nessuna parola invece sul GEAB Report numero 34, che eppure parla di cose molto interessanti, a partire dal prossimo default degli USA sul loro debito.
Come promesso nel post precedente, eccovi la seconda parte di tre. Se vi siete persi la prima parte, leggetela prima di procedere: racconta quella che sarà la Grande Fuga della Cina dal Dollaro.
Inevitabile default degli USA - GEAB 34 parte II
Tutti coloro che hanno letto la nostra Lettera Aperta ai leader del G20 pubblicata sul Financial Times il 24 Marzo (qui la nostra traduzione della lettera, NDFC) hanno già un’idea della nostra analisi di questo Summit di Londra. Ma dobbiamo ammettere che i risultati sono ancora peggiori di quanto immaginato.
[...]
Secondo LEAP/Europe2020, durante l’attuale crisi gli USA stanno scivolando giorno dopo giorno in una depressione che non ha pari nella storia della nazione e che sta arrivando ora al suo punto di rottura politico e sociale.
[...]
L’ipotetico appuntamento (del prossimo G20, NDFC) che hanno scelto per il loro prossimo incontro: a New York il prossimo Settembre, con l’occasione della Assemblea Generale annuale dell’ONU, è decisamente rivelatore.
Non hanno nemmeno concordato su uno specifico (tema dell’) incontro, per paura di dover tenere conto di quanto dichiarato a Londra, e perchè sanno per certo che non possono aggiungere altro a quanto detto a Londra.
All’interno della cornice delle Nazioni Unite, il G20 passerà sotto silenzio.
Inconsciamente, i leader del G20 hanno deciso di radunarsi a New York, a Settembre, al centro della crisi attuale, a pochi isolati da Wall Street e da Ground Zero… molto simbolico!
Il nostro team anticipa che, anzichè imbrigliare il processo della dislocazione geopolitica globale, probabilmente vedreanno i primi caotici passi dell’era postdollaro.
A New York, nel Settembre 2009, i leader del G20, così come tutti i leader che prenderanno parte alla Assemblea generale dell’ONU, saranno solo in grado di riconoscere la gravità della crisi che sta sopraffacendo gli USA, alle prese con povertà sociale (non è una buona notizia quando un cittadino americano su 2 dichiara di essere a due stipendi di distanza dalla bancarotta), violenza urbana e omicidi in crescita, peggioramento della recessione economica (già visibile nelle vie di manhattan)
…senza dubbio si focalizzeranno sul fallimento del piano di Obama di stimolo all’economia, volontariamente preso in ostaggio dai finanzieri di Wall Street, e punteranno ai prestiti del governo fuori controllo sotto gli effetti combinati di aumento della spesa e diminuzione dei redditi da tasse, come descritto in questo report.
Senza dubbio, questa processo riguarderà loro direttamente attraverso la crisi monetaria internazionale indotta dal default americano e dalla crisi del dollaro.
Ci concentreremo ora su quale sarà la forma che prenderà questo default.
[...]
Le 4 più probabili modalità di default USA
Il default americano puo’ prendere diverse forme in funzione di come sarà anticipato dalle autorità americane e dai loro principali creditori.
Abbiamo deciso di concentrarci su 4 di queste modalità, che probabilmente si combineranno tra loro. Le prime due si riferiscono a processi organizzati, mentre le ultime due sono processi caotici.
1) il FMI porta il budget federale sotto la sua ala (come fa sempre) e impone severi tagli di budget (probabilmente sulla spesa militare e sui programmi sociali) - questa è una opzione altamente improbabile a questo livello per ragioni politiche, con un significativo rischio di colpo di stato durante il processo.
2) il dipartimento del Tesoro decide di emettere buoni del Tesoro denominati in Euro, Yuan o Yen anzichè denominati in dollari. Questo è già accaduto (emissioni in Marchi e Yen) su scala minore alla fine degli anni 70, durante una precendente crisi del dollaro (incomparabile con quella attuale) - questa è l’opzione più soft, ma probabilmente insufficiente, perchè la quantità di bond da emettere provocherebbe seri problemi alle nazioni interessate. [...]
3) il valore del dollaro viene improvvisamente dimezzato nei confronti delle altre monete così che il governo americano puo’ finanziare il budget federale ed i suoi titoli in mani straniere con dollari deprezzati - questa opzione creerebbe un parallelo tra Obama e Nixon, anzichè Kennedy. Comunque, questa opzione ha certamente dei sostenitori a Washington perchè potrebbe essere la meno dolorosa in politica interna USA nel breve periodo.
4) a causa delle crescenti difficoltà nel vendere buoni del tesoro all’estero, la Fed deve aumentare il programma TARP, automaticamente avviando la svalutazione del dollaro, in cambio riducendo l’appetito degli investitori per i beni denominati in dollari - questa opzione è già avviata. La domanda è: finirà nel modo qui descritto o una o più delle altre opzioni si materializzeranno prima?
Le prime due opzioni necessitano una comunità internazionale coinvolta e ferma nel suo impegno.
Il G20 non mostra ottimismo a riguardo. Le ultime due, in pratica, consistono nel lasciare che gli eventi seguano il percorso della minore resistenza.
Questo tipo di approccio finisce sempre in disastro, ma è il più facile per tutti in fase iniziale.
di Felice Capretta
29 aprile 2009
Ecco come l'impero tesse la sua ragnatela
Intervista a Eva Gollinger
«L'ingerenza Usa in Venezuela assumerà forme più insidiose: la nuova amministrazione ha già aumentato del 35% il finanziamento alla Usaid e alla Ned». Al centro sociale milanese Vittoria, l'avvocata statunitense-venezuelana Eva Golinger parla senza illusioni del nuovo governo Obama. Da anni, indaga il lato occulto di organizzazioni e fondazioni come l'United States Agency for International Development (Usaid), o la National Endowment for Democracy (il fondo nazionale per la democrazia, la Ned). L'ultimo suo libro in tema, scritto con il giornalista Romani Migus, s'intitola La teleraña imperial (La ragnatela dell'impero). Dopo Il codice Chavez «un'enciclopedia dell'ingerenza e della sovversione». Non si tratta però di un libro «di complotti - spiega l'autrice al manifesto -, ma di una mappa interattiva della complessa rete di fondazioni, imprese, forze armate, mezzi di comunicazione, organizzazioni non governative che difendono le classi dominanti: il lato oscuro del capitale. Stiamo organizzando - aggiunge - un centro di studi strategici, si accettano suggerimenti (fundacioncese@gmail.com)»
Come si evidenzia la ragnatela?
Nel direttivo di grandi multinazionali come Chevron o Carlyle Group figurano membri di organismi che si dicono indipendenti come Human Rights watch, Ford foundation, Freedom house, National endowment for democracy. Vi si ritrovano alti funzionari della Cia, del Dipartimento di stato, del Pentagono, che utilizzano ong come Sumate in Venezuela o altri partiti politici per i loro piani destabilizzanti, e li finanziano attraverso i loro alleati: l'Istituto repubblicano internazionale (Iri), la Fondazione Konrad Adenauer in Germania, la Fondacion Faes in Spagna... Istituti e agenzie come Usaid e Ned filtrano denaro a diversi gruppi in Venezuela, Bolivia, Ecuador e in oltre 70 paesi del mondo. In Venezuela oltre 350 organizzazioni, partiti politici, ong ricevono finanziamenti.
Dieci anni di governo Chavez e un nuovo corso per l'America latina. Cosa farà Obama?
Nel libro precedente ho mostrato le responsabilità di Washington nel colpo di stato dell'11 aprile 2002 in Venezuela. Nel 2004, gli Usa finanziarono con 10 milioni di dollari il referendum contro il presidente Chavez, che però vinse con un ampio margine. Perciò, nel 2005 Washington modificò la propria strategia, che oggi si basa su tre assi principali: politico, psicologico e militare. L'asse politico dell'ingerenza poggia sul cosiddetto sviluppo della democrazia: la Ned crea il movimento mondiale per la democrazia, e dentro una gran quantità di organizzazioni spagnole, tedesche, norvegesi portano avanti il loro lavoro di sovversione. Il secondo aspetto poggia sulla guerra mediatica: demonizzare Chavez serve a preparare l'opinione pubblica a un'eventuale aggressione militare. Contro il Venezuela in soli 4 anni di questa strategia, a forza di titoloni sui giornali, Chavez risulta un «dittatore», dagli Usa all'Europa. Nel 2008, Bush voleva inserire il Venezuela fra i paesi canaglia, ma c'era un problema serio: il petrolio. Il terzo aspetto è quello militare: l'anno scorso gli Usa hanno riattivato la Quarta flotta, un comando regionale che non era più presente dal 1950. Nel rapporto del nuovo capo della Cia, nominato da Obama, il Venezuela resta una minaccia.
Contro il Venezuela - lei scrive - gli Usa stanno organizzando un «golpe suave», un golpe morbido. In che modo?
Il modello è quello della rivoluzione arancione, inaugurata in Serbia, ripetuta in Georgia, in Ucraina, in Libano, tentata senza successo in Bielorussia nel 2007. Un processo di più lunga durata in cui attori e scopi non si identificano subito. In Serbia è comparso a un certo punto un simpatico movimento di giovani che lottava per la libertà e la democrazia, il gruppo si chiamava Otpor, Resistenza, ed era finanziato dalla Ned, la Usaid, l'Iri, l'Ndi, la Cia. C'era anche la Albert Einstein Institution (Aei), fondata da Gene Sharp, autore di libri sulla non-violenza. Solo che il direttore della fondazione è un colonnello dell'esercito Usa. Alcuni giovani venezuelani della classe medio-alta nel 2008 sono andati in Bolivia a sostenere il referendum separatista contro Morales a Santa Cruz. Poi comparve un gruppo simile alla Otpor anche in Venezuela: dietro, sempre Usaid, Ned e altre istituzioni europee come la Faes, vicina ad Aznar, a finanziare una massiccia strategia di marketing «giovane».
Anche Obama vuole balcanizzare l'America latina?
Il golpe morbido viene portato avanti sempre in paesi che hanno importanti risorse naturali, soffiando sul fuoco di conflitti regionali preesistenti, fomentando i separatismi, come nella ex-Yugoslavia. Nel caso del Venezuela, questa strategia si è concentrata nello stato petrolifero dello Zulia, il bastione dell'opposizione, e lì c'è un movimento indipendentista. In Bolivia nella zona della mezzaluna dove si trova Santa Cruz e sono concentrate tutte le risorse di gas e di acqua. In Ecuador il movimento separatista è a Guayaquil, sede del potere economico.
Perché il Venezuela resta una minaccia per gli Usa?
Perché possiede la maggior riserva petrolifera al mondo. Perché la politica estera del Venezuela è basata su integrazione, cooperazione e solidarietà e non sullo sfruttamento modello Fmi. Perché, come dice Chomsky, è la minaccia del buon esempio: in Venezuela milioni di invisibili oggi si fanno sentire.
28 aprile 2009
Democrazia capovolta
Secondo la Costituzione il voto è un “dovere civico”. Ma poteva andare bene nel 1948.
Oggi è il non-voto a essere un dovere. Morale
Oggi di italiani contenti se ne trovano pochi.
Che siano di destra, di sinistra o indecisi, ormai quasi tutti sentono il fiato della crisi economica sul collo, e si lamentano sistematicamente ai quattro venti.“Paese di merda!” “Io me ne vado, qui non si può vivere”. “Siamo governati da una banda di delinquenti”.
Naturalmente lo sappiamo tutti che quella “banda di delinquenti” la votiamo noi, ma se qualcuno prova solo a suggerire di smettere di votarli, si sente rispondere con disdegno che "tanto non cambia nulla".
Il problema è tutto qui.
Cinismo, pigrizia mentale e pochezza morale concorrono ad una situazione paradossale che si potrebbe sintetizzare in questo modo: mi faccio del male da solo, ma non ho alternative, e quindi continuo a farmelo. Apparentemente, la cosa può sembrare vera: anche se uno non vota lo fanno tutti gli altri, e quindi il problema rimane. Un pò come agli incroci cittadini, che nell’ora di punta tutti occupano disordinatamente, pur di arrivare a casa “prima dell’altro”, invece di rispettare il semaforo. Se lo facessero tutti – dice ciascuno – io sarei il primo a rispettare il semaforo. Se invece lo fai da solo, non solo non serve a niente, ma ti prendi anche del cretino da quello dietro, che ti suona per farti passare a tutti i costi, nonostante il rosso. Dall’alto del suo palazzo il potente osserva soddisfatto i suoi popolani, che si scannano fra di loro invece di organizzarsi per un vantaggio comune.
Ora, finchè si tratta di intasare un incrocio “perchè tanto lo fanno tutti”, si perde al massimo un pò di tempo sulla strada di casa. Quando invece continui a votare dei delinquenti, “perchè tanto lo fanno tutti”, diventi un delinquente come loro. Il motivo è molto semplice: la nostra è una democrazia rappresentativa, nella quale tu eleggi un tuo concittadino perchè vada a rappresentare la tua volontà in parlamento. Se poi quel parlamento decide, ad esempio, di privatizzare l’acqua, lo avrà fatto in tuo nome, e quindi sarai tu a dover rispondere alla storia per aver rinunciato al libero uso di uno dei beni più essenziali di cui disponga l’umanità. E la cosa più divertente è che non solo non trarrai il minimo beneficio economico da questa privatizzazione, ma sarai proprio tu ad arricchire la nuova società dell’acqua, che da oggi dovrai pagare a peso d’oro.
Pensa che meraviglia: hai scelto qualcuno che rappresentasse la tua volontà, e costui ha deciso di danneggiarti in modo palese, sostanziale e duraturo. E tu alla fine del mandato, invece di chiedergli conto di quello che ha fatto, torni a votarlo dicendo che “tanto non c’è alternativa”. Nemmeno il peggiore dei masochisti arriverebbe a tanto. Qualcuno potrà obiettare che in realtà lui ha votato un partito, e che è stato il partito a scegliere chi mandare in parlamento. Ma il problema non cambia: se torni a votare un partito che in passato ha mandato delinquenti in parlamento, a) lo stai autorizzando a fare la stessa cosa, e b) implicitamente approvi quello che hanno fatto in passato.
E finora abbiamo parlato solo di acqua, ma quello che hanno fatto i nostri governi – sia di destra che di sinistra, indistintamente – negli ultimi 20 anni va ben oltre la privatizzazione di un bene comune. A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno sistematicamente svenduto l’Italia agli stranieri, rendendoci ancora più schiavi del capitale estero, invece di liberarci una volta per tutte dalla morsa del piano Marshall.
A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno sistematicamente soggiaciuto al potere del Vaticano, invece di liberarci una volta per tutte da una schiavitù – psicologica, morale e materiale – che dura da millenni. A partire dagli anni ’90, invece di proseguire sulla strada indicata da Tangentopoli, i nostri politici hanno ripreso, incrementato e perfezionato il sistema di spartizione del denaro pubblico, moltiplicando il livello di corruzione fino quasi ad istituzionalizzarlo: oggi non c’è pubblico incarico che non si muova senza un equivalente movimento di denaro, come naturalmente non c’è spesa pubblica che non contenga una quota sostanziale di tangenti, per ciascuno dei livelli coinvolti. Ne risulta che da una parte il cittadino lavora per mandare soldi allo stato, e dall’altra manda al governo gente che sistematicamente glielo ruba. A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno mandato più volte in guerra i nostri soldati in palese violazione della nostra Costituzione. Ogni volta che l’Italia ha partecipato ad attacchi o invasioni di nazioni sovrane, inoltre, violava i più importanti accordi internazionali, e i più fondamentali principi del rispetto della vita umana.
Le chiamavano missioni di pace, ma da Aviano partivano bombardieri carichi di ordigni all’uranio impoverito, che venivano sganciati senza pietà sui civili della ex-Jugoslavia. Persino in una guerra convenzionale – per quanto legittima la si possa considerare - questo tipo di azioni sarebbe severamente proibito dalla Convenzione di Ginevra, a cui l’Italia ha aderito sin dal primo giorno. Abbiamo scelto a rappresentarci delle persone che hanno violato leggi, convenzioni e costituzioni, e che hanno ucciso distrutto e devastato nel nostro nome – rendendo noi stessi degli assassini - e noi torniamo tranquillamente a votarle, perchè “tanto non c’è alternativa”. La democrazia - ti dirà il solito cinico – è solo una presa in giro. In realtà è un sistema di controllo inventato apposta per illudere le masse di gestire il potere, mentre al potere ci saranno le stesse persone di sempre, alle quali delle masse non può importare di meno.
Ma siamo proprio sicuri, che non esista una alternativa? La democrazia infatti non è un obbligo, che ti impone di votare qualcuno a tutti costi, ma un privilegio, che ti permette di scegliere da chi vuoi essere rappresentato nella gestione della cosa pubblica. Se quindi vai alle urne, e non trovi nessuno degno di rappresentarti, semplicemente non voti per nessuno e torni a casa. Al massimo, avrai fatto una bella passeggiata fino alla scuola comunale.
è il principio di accettare per buona la rosa dei candidati che ci viene offerta, a farci concludere che “tanto non c’è niente da fare”. Certo, con quei candidati non ci sarà mai nulla da fare, che discorsi! Sono figli di un sistema marcio alla radice, che non poteva che generare gente dello stesso spessore morale. Quando mai uno scarafaggio ha dato luce a una farfalla? Ma non sta scritto da nessuna parte che si debbano accettare per forza quei candidati, nè i partiti che poi li sceglieranno. Se nessuno ti soddisfa, trattieni il tuo voto e torni a casa.
A questo punto il cinico dice: “non votare non serve a nulla, perchè tanto votano gli altri”. La prima risposta è questa: non importa se serve o non serve. Innanzitutto, non votare una classe politica criminale significa a) non approvare i loro crimini passati, e b) non autorizzarla a commetterne di nuovi. Questo già dovrebbe bastare, ad un individuo con un minimo di rettitudine morale.
In secondo luogo, bisogna vedere se davvero “non serve a nulla” trattenere il nostro voto, o se sia invece questo ragionamento a nullificare l’intero concetto di rappresentatività popolare. Perchè mai credete che i politici, che ignorano sistematicamente le nostre necessità quando stanno al governo, ci corrono dietro come delle mammolette appena inizia il periodo elettorale? Come si spiega che per cinque anni rubino svendano e distruggano a piacimento, senza minimamente curarsi di noi, ma poi diventino degli angioletti, pieni di belle parole e di buone intenzioni, in campagna elettorale? Proprio perchè la nostra è una democrazia rappresentativa, e senza il nostro voto loro non possono più fare nulla. Senza il nostro voto loro non esistono più.
A questo punto anche un bambino capirebbe che il coltello dalla parte del manico l’abbiamo noi, e che quindi saremmo perfettamente in grado di dettare le nostre condizioni, prima di dare quel voto. Invece ci sediamo incantati ad ascoltare le loro favolette, che parlano vagamente di “riforme”, di “crescita” e di “posti di lavoro”, e poi ci torturiamo per intere settimane per decidere chi sia meglio e chi sia peggio. Alla fine regaliamo il nostro voto al “meno peggio” – pur di non rinunciare a dire la nostra - e corriamo a casa per iniziare a bestemmiare contro di lui.
Questa non è democrazia. è criminalità organizzata. E le elezioni non sono un mandato a governare, ma un’autorizzazione a delinquere. Che firmiamo noi di nostro pugno, legislatura dopo legislatura.
Certo che la democrazia è una presa in giro, se praticata in questo modo, ma siamo noi a renderla tale, usandola senza ragionare, e senza il minimo senso di responsabilità. Se il politico ha un bisognotalmente disperato del nostro voto da arrivare a rendersi ridicolo, con le sue favolette elettorali, come si può pensare che non cambi nulla nel non darglielo? Se questa gente corre su e giù per l’Italia come un criceto impazzito, pur di raggranellare mezzo voto in più, vorrà dire che quei voti le servono a qualcosa, non credete? Le servono per tornare in quel posto meraviglioso dove prendi uno stipendio esorbitante per non fare nulla di utile, mentre gestisci con grande “elasticità” milioni di miliardi di euro prodotti dal sudore della gente che lavora. Chi non vorrebbe tornarci, in un posto del genere? E chi non sarebbe disposto a calpestare persino la madre, la moglie o la sorella, pur di farlo? Cosa vuoi che sia, firmare una leggiucola che privatizza l’acqua sorgiva, quando ho la possibilità di entrare in quota nella nuova società che la venderà a peso d’oro? Tanto - ragiona il politico - fra cinque anni chi mi ha votato non se ne ricorderà più, e al massimo sto fuori un turno, che mi serve per preparare meglio la mia rete di contatti, e rientrare alla grande in quello successivo. La vera alternanza politica è questa: chi ruba, e chi sta all’asciutto. Facciamo un po’ per uno, e lasciamo che sia il popolo a decidere ogni volta a chi tocca.
Ma questa non è democrazia, è criminalità organizzata, e le elezioni non sono un mandato a governare, ma una vera e propria autorizzazione a delinquere. Che firmiamo noi, di nostro pugno, legislatura dopo legislatura. D’altronde, finchè continueremo a dare il voto a questa gente, senza pretendere nulla in cambio, non potremo illuderci che costoro si sforzino di fare meglio la volta successiva. Perchè mai dovrebbero provarci? è quindi “votando comunque”, casomai, che non cambia niente. La democrazia prevede una forte responsabilità in chi demanda il proprio potere decisionale, e una responsabilità ancora maggiore in chi viene incaricato di esercitarlo. è quindi naturale che fra le due parti debba esserci prima un accordo chiaro e dettagliato, in modo da poter rispondere ciascuno delle proprie responsabilità, alla fine del mandato. Non si può mandare al governo gente che dice “farò le riforme” mentre si mette annoiata le dita nel naso, senza chiedergli di specificare tempi, modalità e termini precisi di tali riforme.
- Quali riforme farai, se vieni eletto?
- Farò la riforma della scuola.
- Bravo, ci voleva. E come la farai?
- Darò più soldi agli insegnanti, e aumenterò il budget per i libri scolastici.
- Benissimo, ma non mi basta. Toglierai i crocefissi dalle aule?
- Beh, insomma, proprio toglierli…. mi sembra un pò troppo.
- Perchè troppo? Non sei d’accordo che la loro presenza viola il diritto costituzionale delle altre religioni?
- Si va beh, tecnicamente parlando…
- La costituzione va rispettata, e se tu non intendi farlo io non ti voto.
- E per chi voti allora? Non credo che troverai qualcuno disposto a togliere i crocefissi dalle aule, in questo momento.
- Vorrà dire che aspetterò. Io non ho fretta. Sei tu che sbavi per avere il mio voto a tutti i costi, ma per me dartelo o non dartelo non cambia nulla, perchè si continuerà comunque con la stessa merda. Quindi me lo tengo, e ti faccio tanti auguri. Se fra cinque anni ci hai ripensato, fatti sentire.
- Ma scusa, se hai detto che per te non cambia niente, non potresti darmelo comunque il voto? Cosa ti costa, scusa?
- Mi costa che non voglio sentirmi responsabile di tutti i disastri che combinate. Saluti.
A quel punto magari succede che ti allontani, e dopo un pò ti senti richiamare.
- Senti, scusa…. Mi è venuta un’idea – ti dice il candidato, raggiungendoti ansimante.
- Dimmi.
- E se i crocefissi li facessimo spostare nei corridoi, invece che toglierli del tutto? Perchè sai, toglierli proprio la Chiesa non ci sta, e lì viene giù un casino. Se invece li convinciamo a spostarli nei corridoi, intanto abbiamo fatto un passo avanti, no?
- Si può fare. Ma tu sei in grado di convincerli a spostarli?
- Guarda, al 100% non te lo posso garantire, però a naso direi che la cosa è fattibile. Con la giusta delicatezza, e con i tempi giusti, credo che sia possibile.
- Entro cinque anni?
- Entro cinque anni.
- Va bene, ti do il voto. Fra cinque anni vedremo cosa sei riuscito a fare. Se li hai fatti spostare in corridoio, ti voto di nuovo per toglierli del tutto. Altrimenti comprati una canna da pesca, perchè hai finito di rappresentare la gente come me.
Ecco chi comanda, in democrazia. Siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico. Però dobbiamo sapere con precisione cosa vogliamo, prima di scegliere qualcuno che vada a farlo per nostro conto. Per poter utilizzare quel coltello nel modo giusto, infatti, dobbiamo poter chiedere conto al candidato del suo operato con estrema precisione, alla fine del mandato, e questo è possibile solo se i suoi impegni iniziali erano stati altrettanto precisi e dettagliati.
Sia chiaro: per non-voto non si intende affatto non andare a votare, ma recarsi regolarmente al seggio e ritirare la scheda. E poi riconsegnarla in bianco. O, ancora meglio, annullata. Così da evitare ogni rischio di “appropriamenti indebiti”.
Non c’è bisogno di limitare per legge - a due, o tre legislature - la presenza in parlamento dei deputati. Saremo noi a rimandarceli se ci hanno soddisfatto in quella precedente, e a cancellarli per sempre dalla lista dei “deputabili”, se invece hanno tradito i loro impegni. (Idem per i partiti, se votassimo quelli). Invece ce ne stiamo qui seduti come degli imbecilli a farci raccontare delle favolette senza senso, durante le campagne elettorali, e poi mandiamo questa gente al governo con un impegno talmente vago che non solo loro si fanno i porci comodi, ma alla fine noi non sappiamo nemmeno più con chi prendercela. Se ciascun cittadino rispettasse il semplice principio della democrazia rappresentativa, che prevede di eleggere chi si impegni a fare per tuo conto ciò che tu ritieni giusto – e non “il meno peggio” - i non-voti sarebbero talmente tanti che i politici sarebbero immediatamente obbligati a scendere a patti con il proprio elettorato. Sia chiaro: per non-voto si intende schede bianche, o preferibilmente nulle (per evitare “appropriamenti indebiti”), non si intende assolutamente di non andare a votare. Alle urne bisogna recarsi fisicamente, per fare la propria parte. Se poi non c’è nessuno che riteniamo degno di rappresentarci (persona o partito fa poca differenza), annulliamo semplicemente la scheda e torniamo a casa.
Certo, non è facile rinunciare al diritto di far sentire la propria voce, ma dobbiamo renderci conto che un non-voto di questo tipo è forse la voce più potente che si possa esprimere nella nostra attuale situazione, mentre usufruire di quel diritto senza avere una reale scelta di fronte è solo una colossale presa in giro. Inizialmente, le bianche e le nulle potranno anche finire nel calderone degli altri (si dividono persino quelle, pur di rafforzare la loro legittimazione), ma quando le quote di voti effettivi cominciassero davvero a calare, nessun politico potrebbe permettersi di andare al governo senza un reale mandato.
Lo strumento per governare correttamente ce l’abbiamo, dobbiamo solo capovolgerlo prima dell’uso.
Massimo Mazzucco -
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30 aprile 2009
L'inevitabile default impero USA
Mentre Tremonti e la Marcegaglia affermano che ormai la crisi è passata, sempre fedeli a rilanciare ogni flebile sussurro della troppo-grande-per-fallire Goldman Sachs (vedremo fino a quando), le Borse rispondono con una netta caduta come non se ne vedevano da un po’. Mentre scriviamo, infatti, Milano perde il 4%. Oltreoceano, Citigroup prosegue le montagne russe con una perdita del 15% ed un ritorno a 3 dollari per azione.
Ampio risalto viene anche dato dai media alle dichiarazioni iraniane su Israele stato razzista. Ci sarebbe davvero molto da approfondire a riguardo, ma un post non basterebbe.
Nessuna parola invece sul GEAB Report numero 34, che eppure parla di cose molto interessanti, a partire dal prossimo default degli USA sul loro debito.
Come promesso nel post precedente, eccovi la seconda parte di tre. Se vi siete persi la prima parte, leggetela prima di procedere: racconta quella che sarà la Grande Fuga della Cina dal Dollaro.
Inevitabile default degli USA - GEAB 34 parte II
Tutti coloro che hanno letto la nostra Lettera Aperta ai leader del G20 pubblicata sul Financial Times il 24 Marzo (qui la nostra traduzione della lettera, NDFC) hanno già un’idea della nostra analisi di questo Summit di Londra. Ma dobbiamo ammettere che i risultati sono ancora peggiori di quanto immaginato.
[...]
Secondo LEAP/Europe2020, durante l’attuale crisi gli USA stanno scivolando giorno dopo giorno in una depressione che non ha pari nella storia della nazione e che sta arrivando ora al suo punto di rottura politico e sociale.
[...]
L’ipotetico appuntamento (del prossimo G20, NDFC) che hanno scelto per il loro prossimo incontro: a New York il prossimo Settembre, con l’occasione della Assemblea Generale annuale dell’ONU, è decisamente rivelatore.
Non hanno nemmeno concordato su uno specifico (tema dell’) incontro, per paura di dover tenere conto di quanto dichiarato a Londra, e perchè sanno per certo che non possono aggiungere altro a quanto detto a Londra.
All’interno della cornice delle Nazioni Unite, il G20 passerà sotto silenzio.
Inconsciamente, i leader del G20 hanno deciso di radunarsi a New York, a Settembre, al centro della crisi attuale, a pochi isolati da Wall Street e da Ground Zero… molto simbolico!
Il nostro team anticipa che, anzichè imbrigliare il processo della dislocazione geopolitica globale, probabilmente vedreanno i primi caotici passi dell’era postdollaro.
A New York, nel Settembre 2009, i leader del G20, così come tutti i leader che prenderanno parte alla Assemblea generale dell’ONU, saranno solo in grado di riconoscere la gravità della crisi che sta sopraffacendo gli USA, alle prese con povertà sociale (non è una buona notizia quando un cittadino americano su 2 dichiara di essere a due stipendi di distanza dalla bancarotta), violenza urbana e omicidi in crescita, peggioramento della recessione economica (già visibile nelle vie di manhattan)
…senza dubbio si focalizzeranno sul fallimento del piano di Obama di stimolo all’economia, volontariamente preso in ostaggio dai finanzieri di Wall Street, e punteranno ai prestiti del governo fuori controllo sotto gli effetti combinati di aumento della spesa e diminuzione dei redditi da tasse, come descritto in questo report.
Senza dubbio, questa processo riguarderà loro direttamente attraverso la crisi monetaria internazionale indotta dal default americano e dalla crisi del dollaro.
Ci concentreremo ora su quale sarà la forma che prenderà questo default.
[...]
Le 4 più probabili modalità di default USA
Il default americano puo’ prendere diverse forme in funzione di come sarà anticipato dalle autorità americane e dai loro principali creditori.
Abbiamo deciso di concentrarci su 4 di queste modalità, che probabilmente si combineranno tra loro. Le prime due si riferiscono a processi organizzati, mentre le ultime due sono processi caotici.
1) il FMI porta il budget federale sotto la sua ala (come fa sempre) e impone severi tagli di budget (probabilmente sulla spesa militare e sui programmi sociali) - questa è una opzione altamente improbabile a questo livello per ragioni politiche, con un significativo rischio di colpo di stato durante il processo.
2) il dipartimento del Tesoro decide di emettere buoni del Tesoro denominati in Euro, Yuan o Yen anzichè denominati in dollari. Questo è già accaduto (emissioni in Marchi e Yen) su scala minore alla fine degli anni 70, durante una precendente crisi del dollaro (incomparabile con quella attuale) - questa è l’opzione più soft, ma probabilmente insufficiente, perchè la quantità di bond da emettere provocherebbe seri problemi alle nazioni interessate. [...]
3) il valore del dollaro viene improvvisamente dimezzato nei confronti delle altre monete così che il governo americano puo’ finanziare il budget federale ed i suoi titoli in mani straniere con dollari deprezzati - questa opzione creerebbe un parallelo tra Obama e Nixon, anzichè Kennedy. Comunque, questa opzione ha certamente dei sostenitori a Washington perchè potrebbe essere la meno dolorosa in politica interna USA nel breve periodo.
4) a causa delle crescenti difficoltà nel vendere buoni del tesoro all’estero, la Fed deve aumentare il programma TARP, automaticamente avviando la svalutazione del dollaro, in cambio riducendo l’appetito degli investitori per i beni denominati in dollari - questa opzione è già avviata. La domanda è: finirà nel modo qui descritto o una o più delle altre opzioni si materializzeranno prima?
Le prime due opzioni necessitano una comunità internazionale coinvolta e ferma nel suo impegno.
Il G20 non mostra ottimismo a riguardo. Le ultime due, in pratica, consistono nel lasciare che gli eventi seguano il percorso della minore resistenza.
Questo tipo di approccio finisce sempre in disastro, ma è il più facile per tutti in fase iniziale.
di Felice Capretta
29 aprile 2009
Ecco come l'impero tesse la sua ragnatela
Intervista a Eva Gollinger
«L'ingerenza Usa in Venezuela assumerà forme più insidiose: la nuova amministrazione ha già aumentato del 35% il finanziamento alla Usaid e alla Ned». Al centro sociale milanese Vittoria, l'avvocata statunitense-venezuelana Eva Golinger parla senza illusioni del nuovo governo Obama. Da anni, indaga il lato occulto di organizzazioni e fondazioni come l'United States Agency for International Development (Usaid), o la National Endowment for Democracy (il fondo nazionale per la democrazia, la Ned). L'ultimo suo libro in tema, scritto con il giornalista Romani Migus, s'intitola La teleraña imperial (La ragnatela dell'impero). Dopo Il codice Chavez «un'enciclopedia dell'ingerenza e della sovversione». Non si tratta però di un libro «di complotti - spiega l'autrice al manifesto -, ma di una mappa interattiva della complessa rete di fondazioni, imprese, forze armate, mezzi di comunicazione, organizzazioni non governative che difendono le classi dominanti: il lato oscuro del capitale. Stiamo organizzando - aggiunge - un centro di studi strategici, si accettano suggerimenti (fundacioncese@gmail.com)»
Come si evidenzia la ragnatela?
Nel direttivo di grandi multinazionali come Chevron o Carlyle Group figurano membri di organismi che si dicono indipendenti come Human Rights watch, Ford foundation, Freedom house, National endowment for democracy. Vi si ritrovano alti funzionari della Cia, del Dipartimento di stato, del Pentagono, che utilizzano ong come Sumate in Venezuela o altri partiti politici per i loro piani destabilizzanti, e li finanziano attraverso i loro alleati: l'Istituto repubblicano internazionale (Iri), la Fondazione Konrad Adenauer in Germania, la Fondacion Faes in Spagna... Istituti e agenzie come Usaid e Ned filtrano denaro a diversi gruppi in Venezuela, Bolivia, Ecuador e in oltre 70 paesi del mondo. In Venezuela oltre 350 organizzazioni, partiti politici, ong ricevono finanziamenti.
Dieci anni di governo Chavez e un nuovo corso per l'America latina. Cosa farà Obama?
Nel libro precedente ho mostrato le responsabilità di Washington nel colpo di stato dell'11 aprile 2002 in Venezuela. Nel 2004, gli Usa finanziarono con 10 milioni di dollari il referendum contro il presidente Chavez, che però vinse con un ampio margine. Perciò, nel 2005 Washington modificò la propria strategia, che oggi si basa su tre assi principali: politico, psicologico e militare. L'asse politico dell'ingerenza poggia sul cosiddetto sviluppo della democrazia: la Ned crea il movimento mondiale per la democrazia, e dentro una gran quantità di organizzazioni spagnole, tedesche, norvegesi portano avanti il loro lavoro di sovversione. Il secondo aspetto poggia sulla guerra mediatica: demonizzare Chavez serve a preparare l'opinione pubblica a un'eventuale aggressione militare. Contro il Venezuela in soli 4 anni di questa strategia, a forza di titoloni sui giornali, Chavez risulta un «dittatore», dagli Usa all'Europa. Nel 2008, Bush voleva inserire il Venezuela fra i paesi canaglia, ma c'era un problema serio: il petrolio. Il terzo aspetto è quello militare: l'anno scorso gli Usa hanno riattivato la Quarta flotta, un comando regionale che non era più presente dal 1950. Nel rapporto del nuovo capo della Cia, nominato da Obama, il Venezuela resta una minaccia.
Contro il Venezuela - lei scrive - gli Usa stanno organizzando un «golpe suave», un golpe morbido. In che modo?
Il modello è quello della rivoluzione arancione, inaugurata in Serbia, ripetuta in Georgia, in Ucraina, in Libano, tentata senza successo in Bielorussia nel 2007. Un processo di più lunga durata in cui attori e scopi non si identificano subito. In Serbia è comparso a un certo punto un simpatico movimento di giovani che lottava per la libertà e la democrazia, il gruppo si chiamava Otpor, Resistenza, ed era finanziato dalla Ned, la Usaid, l'Iri, l'Ndi, la Cia. C'era anche la Albert Einstein Institution (Aei), fondata da Gene Sharp, autore di libri sulla non-violenza. Solo che il direttore della fondazione è un colonnello dell'esercito Usa. Alcuni giovani venezuelani della classe medio-alta nel 2008 sono andati in Bolivia a sostenere il referendum separatista contro Morales a Santa Cruz. Poi comparve un gruppo simile alla Otpor anche in Venezuela: dietro, sempre Usaid, Ned e altre istituzioni europee come la Faes, vicina ad Aznar, a finanziare una massiccia strategia di marketing «giovane».
Anche Obama vuole balcanizzare l'America latina?
Il golpe morbido viene portato avanti sempre in paesi che hanno importanti risorse naturali, soffiando sul fuoco di conflitti regionali preesistenti, fomentando i separatismi, come nella ex-Yugoslavia. Nel caso del Venezuela, questa strategia si è concentrata nello stato petrolifero dello Zulia, il bastione dell'opposizione, e lì c'è un movimento indipendentista. In Bolivia nella zona della mezzaluna dove si trova Santa Cruz e sono concentrate tutte le risorse di gas e di acqua. In Ecuador il movimento separatista è a Guayaquil, sede del potere economico.
Perché il Venezuela resta una minaccia per gli Usa?
Perché possiede la maggior riserva petrolifera al mondo. Perché la politica estera del Venezuela è basata su integrazione, cooperazione e solidarietà e non sullo sfruttamento modello Fmi. Perché, come dice Chomsky, è la minaccia del buon esempio: in Venezuela milioni di invisibili oggi si fanno sentire.
28 aprile 2009
Democrazia capovolta
Secondo la Costituzione il voto è un “dovere civico”. Ma poteva andare bene nel 1948.
Oggi è il non-voto a essere un dovere. Morale
Oggi di italiani contenti se ne trovano pochi.
Che siano di destra, di sinistra o indecisi, ormai quasi tutti sentono il fiato della crisi economica sul collo, e si lamentano sistematicamente ai quattro venti.“Paese di merda!” “Io me ne vado, qui non si può vivere”. “Siamo governati da una banda di delinquenti”.
Naturalmente lo sappiamo tutti che quella “banda di delinquenti” la votiamo noi, ma se qualcuno prova solo a suggerire di smettere di votarli, si sente rispondere con disdegno che "tanto non cambia nulla".
Il problema è tutto qui.
Cinismo, pigrizia mentale e pochezza morale concorrono ad una situazione paradossale che si potrebbe sintetizzare in questo modo: mi faccio del male da solo, ma non ho alternative, e quindi continuo a farmelo. Apparentemente, la cosa può sembrare vera: anche se uno non vota lo fanno tutti gli altri, e quindi il problema rimane. Un pò come agli incroci cittadini, che nell’ora di punta tutti occupano disordinatamente, pur di arrivare a casa “prima dell’altro”, invece di rispettare il semaforo. Se lo facessero tutti – dice ciascuno – io sarei il primo a rispettare il semaforo. Se invece lo fai da solo, non solo non serve a niente, ma ti prendi anche del cretino da quello dietro, che ti suona per farti passare a tutti i costi, nonostante il rosso. Dall’alto del suo palazzo il potente osserva soddisfatto i suoi popolani, che si scannano fra di loro invece di organizzarsi per un vantaggio comune.
Ora, finchè si tratta di intasare un incrocio “perchè tanto lo fanno tutti”, si perde al massimo un pò di tempo sulla strada di casa. Quando invece continui a votare dei delinquenti, “perchè tanto lo fanno tutti”, diventi un delinquente come loro. Il motivo è molto semplice: la nostra è una democrazia rappresentativa, nella quale tu eleggi un tuo concittadino perchè vada a rappresentare la tua volontà in parlamento. Se poi quel parlamento decide, ad esempio, di privatizzare l’acqua, lo avrà fatto in tuo nome, e quindi sarai tu a dover rispondere alla storia per aver rinunciato al libero uso di uno dei beni più essenziali di cui disponga l’umanità. E la cosa più divertente è che non solo non trarrai il minimo beneficio economico da questa privatizzazione, ma sarai proprio tu ad arricchire la nuova società dell’acqua, che da oggi dovrai pagare a peso d’oro.
Pensa che meraviglia: hai scelto qualcuno che rappresentasse la tua volontà, e costui ha deciso di danneggiarti in modo palese, sostanziale e duraturo. E tu alla fine del mandato, invece di chiedergli conto di quello che ha fatto, torni a votarlo dicendo che “tanto non c’è alternativa”. Nemmeno il peggiore dei masochisti arriverebbe a tanto. Qualcuno potrà obiettare che in realtà lui ha votato un partito, e che è stato il partito a scegliere chi mandare in parlamento. Ma il problema non cambia: se torni a votare un partito che in passato ha mandato delinquenti in parlamento, a) lo stai autorizzando a fare la stessa cosa, e b) implicitamente approvi quello che hanno fatto in passato.
E finora abbiamo parlato solo di acqua, ma quello che hanno fatto i nostri governi – sia di destra che di sinistra, indistintamente – negli ultimi 20 anni va ben oltre la privatizzazione di un bene comune. A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno sistematicamente svenduto l’Italia agli stranieri, rendendoci ancora più schiavi del capitale estero, invece di liberarci una volta per tutte dalla morsa del piano Marshall.
A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno sistematicamente soggiaciuto al potere del Vaticano, invece di liberarci una volta per tutte da una schiavitù – psicologica, morale e materiale – che dura da millenni. A partire dagli anni ’90, invece di proseguire sulla strada indicata da Tangentopoli, i nostri politici hanno ripreso, incrementato e perfezionato il sistema di spartizione del denaro pubblico, moltiplicando il livello di corruzione fino quasi ad istituzionalizzarlo: oggi non c’è pubblico incarico che non si muova senza un equivalente movimento di denaro, come naturalmente non c’è spesa pubblica che non contenga una quota sostanziale di tangenti, per ciascuno dei livelli coinvolti. Ne risulta che da una parte il cittadino lavora per mandare soldi allo stato, e dall’altra manda al governo gente che sistematicamente glielo ruba. A partire dagli anni ‘90 i nostri governi hanno mandato più volte in guerra i nostri soldati in palese violazione della nostra Costituzione. Ogni volta che l’Italia ha partecipato ad attacchi o invasioni di nazioni sovrane, inoltre, violava i più importanti accordi internazionali, e i più fondamentali principi del rispetto della vita umana.
Le chiamavano missioni di pace, ma da Aviano partivano bombardieri carichi di ordigni all’uranio impoverito, che venivano sganciati senza pietà sui civili della ex-Jugoslavia. Persino in una guerra convenzionale – per quanto legittima la si possa considerare - questo tipo di azioni sarebbe severamente proibito dalla Convenzione di Ginevra, a cui l’Italia ha aderito sin dal primo giorno. Abbiamo scelto a rappresentarci delle persone che hanno violato leggi, convenzioni e costituzioni, e che hanno ucciso distrutto e devastato nel nostro nome – rendendo noi stessi degli assassini - e noi torniamo tranquillamente a votarle, perchè “tanto non c’è alternativa”. La democrazia - ti dirà il solito cinico – è solo una presa in giro. In realtà è un sistema di controllo inventato apposta per illudere le masse di gestire il potere, mentre al potere ci saranno le stesse persone di sempre, alle quali delle masse non può importare di meno.
Ma siamo proprio sicuri, che non esista una alternativa? La democrazia infatti non è un obbligo, che ti impone di votare qualcuno a tutti costi, ma un privilegio, che ti permette di scegliere da chi vuoi essere rappresentato nella gestione della cosa pubblica. Se quindi vai alle urne, e non trovi nessuno degno di rappresentarti, semplicemente non voti per nessuno e torni a casa. Al massimo, avrai fatto una bella passeggiata fino alla scuola comunale.
è il principio di accettare per buona la rosa dei candidati che ci viene offerta, a farci concludere che “tanto non c’è niente da fare”. Certo, con quei candidati non ci sarà mai nulla da fare, che discorsi! Sono figli di un sistema marcio alla radice, che non poteva che generare gente dello stesso spessore morale. Quando mai uno scarafaggio ha dato luce a una farfalla? Ma non sta scritto da nessuna parte che si debbano accettare per forza quei candidati, nè i partiti che poi li sceglieranno. Se nessuno ti soddisfa, trattieni il tuo voto e torni a casa.
A questo punto il cinico dice: “non votare non serve a nulla, perchè tanto votano gli altri”. La prima risposta è questa: non importa se serve o non serve. Innanzitutto, non votare una classe politica criminale significa a) non approvare i loro crimini passati, e b) non autorizzarla a commetterne di nuovi. Questo già dovrebbe bastare, ad un individuo con un minimo di rettitudine morale.
In secondo luogo, bisogna vedere se davvero “non serve a nulla” trattenere il nostro voto, o se sia invece questo ragionamento a nullificare l’intero concetto di rappresentatività popolare. Perchè mai credete che i politici, che ignorano sistematicamente le nostre necessità quando stanno al governo, ci corrono dietro come delle mammolette appena inizia il periodo elettorale? Come si spiega che per cinque anni rubino svendano e distruggano a piacimento, senza minimamente curarsi di noi, ma poi diventino degli angioletti, pieni di belle parole e di buone intenzioni, in campagna elettorale? Proprio perchè la nostra è una democrazia rappresentativa, e senza il nostro voto loro non possono più fare nulla. Senza il nostro voto loro non esistono più.
A questo punto anche un bambino capirebbe che il coltello dalla parte del manico l’abbiamo noi, e che quindi saremmo perfettamente in grado di dettare le nostre condizioni, prima di dare quel voto. Invece ci sediamo incantati ad ascoltare le loro favolette, che parlano vagamente di “riforme”, di “crescita” e di “posti di lavoro”, e poi ci torturiamo per intere settimane per decidere chi sia meglio e chi sia peggio. Alla fine regaliamo il nostro voto al “meno peggio” – pur di non rinunciare a dire la nostra - e corriamo a casa per iniziare a bestemmiare contro di lui.
Questa non è democrazia. è criminalità organizzata. E le elezioni non sono un mandato a governare, ma un’autorizzazione a delinquere. Che firmiamo noi di nostro pugno, legislatura dopo legislatura.
Certo che la democrazia è una presa in giro, se praticata in questo modo, ma siamo noi a renderla tale, usandola senza ragionare, e senza il minimo senso di responsabilità. Se il politico ha un bisognotalmente disperato del nostro voto da arrivare a rendersi ridicolo, con le sue favolette elettorali, come si può pensare che non cambi nulla nel non darglielo? Se questa gente corre su e giù per l’Italia come un criceto impazzito, pur di raggranellare mezzo voto in più, vorrà dire che quei voti le servono a qualcosa, non credete? Le servono per tornare in quel posto meraviglioso dove prendi uno stipendio esorbitante per non fare nulla di utile, mentre gestisci con grande “elasticità” milioni di miliardi di euro prodotti dal sudore della gente che lavora. Chi non vorrebbe tornarci, in un posto del genere? E chi non sarebbe disposto a calpestare persino la madre, la moglie o la sorella, pur di farlo? Cosa vuoi che sia, firmare una leggiucola che privatizza l’acqua sorgiva, quando ho la possibilità di entrare in quota nella nuova società che la venderà a peso d’oro? Tanto - ragiona il politico - fra cinque anni chi mi ha votato non se ne ricorderà più, e al massimo sto fuori un turno, che mi serve per preparare meglio la mia rete di contatti, e rientrare alla grande in quello successivo. La vera alternanza politica è questa: chi ruba, e chi sta all’asciutto. Facciamo un po’ per uno, e lasciamo che sia il popolo a decidere ogni volta a chi tocca.
Ma questa non è democrazia, è criminalità organizzata, e le elezioni non sono un mandato a governare, ma una vera e propria autorizzazione a delinquere. Che firmiamo noi, di nostro pugno, legislatura dopo legislatura. D’altronde, finchè continueremo a dare il voto a questa gente, senza pretendere nulla in cambio, non potremo illuderci che costoro si sforzino di fare meglio la volta successiva. Perchè mai dovrebbero provarci? è quindi “votando comunque”, casomai, che non cambia niente. La democrazia prevede una forte responsabilità in chi demanda il proprio potere decisionale, e una responsabilità ancora maggiore in chi viene incaricato di esercitarlo. è quindi naturale che fra le due parti debba esserci prima un accordo chiaro e dettagliato, in modo da poter rispondere ciascuno delle proprie responsabilità, alla fine del mandato. Non si può mandare al governo gente che dice “farò le riforme” mentre si mette annoiata le dita nel naso, senza chiedergli di specificare tempi, modalità e termini precisi di tali riforme.
- Quali riforme farai, se vieni eletto?
- Farò la riforma della scuola.
- Bravo, ci voleva. E come la farai?
- Darò più soldi agli insegnanti, e aumenterò il budget per i libri scolastici.
- Benissimo, ma non mi basta. Toglierai i crocefissi dalle aule?
- Beh, insomma, proprio toglierli…. mi sembra un pò troppo.
- Perchè troppo? Non sei d’accordo che la loro presenza viola il diritto costituzionale delle altre religioni?
- Si va beh, tecnicamente parlando…
- La costituzione va rispettata, e se tu non intendi farlo io non ti voto.
- E per chi voti allora? Non credo che troverai qualcuno disposto a togliere i crocefissi dalle aule, in questo momento.
- Vorrà dire che aspetterò. Io non ho fretta. Sei tu che sbavi per avere il mio voto a tutti i costi, ma per me dartelo o non dartelo non cambia nulla, perchè si continuerà comunque con la stessa merda. Quindi me lo tengo, e ti faccio tanti auguri. Se fra cinque anni ci hai ripensato, fatti sentire.
- Ma scusa, se hai detto che per te non cambia niente, non potresti darmelo comunque il voto? Cosa ti costa, scusa?
- Mi costa che non voglio sentirmi responsabile di tutti i disastri che combinate. Saluti.
A quel punto magari succede che ti allontani, e dopo un pò ti senti richiamare.
- Senti, scusa…. Mi è venuta un’idea – ti dice il candidato, raggiungendoti ansimante.
- Dimmi.
- E se i crocefissi li facessimo spostare nei corridoi, invece che toglierli del tutto? Perchè sai, toglierli proprio la Chiesa non ci sta, e lì viene giù un casino. Se invece li convinciamo a spostarli nei corridoi, intanto abbiamo fatto un passo avanti, no?
- Si può fare. Ma tu sei in grado di convincerli a spostarli?
- Guarda, al 100% non te lo posso garantire, però a naso direi che la cosa è fattibile. Con la giusta delicatezza, e con i tempi giusti, credo che sia possibile.
- Entro cinque anni?
- Entro cinque anni.
- Va bene, ti do il voto. Fra cinque anni vedremo cosa sei riuscito a fare. Se li hai fatti spostare in corridoio, ti voto di nuovo per toglierli del tutto. Altrimenti comprati una canna da pesca, perchè hai finito di rappresentare la gente come me.
Ecco chi comanda, in democrazia. Siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico. Però dobbiamo sapere con precisione cosa vogliamo, prima di scegliere qualcuno che vada a farlo per nostro conto. Per poter utilizzare quel coltello nel modo giusto, infatti, dobbiamo poter chiedere conto al candidato del suo operato con estrema precisione, alla fine del mandato, e questo è possibile solo se i suoi impegni iniziali erano stati altrettanto precisi e dettagliati.
Sia chiaro: per non-voto non si intende affatto non andare a votare, ma recarsi regolarmente al seggio e ritirare la scheda. E poi riconsegnarla in bianco. O, ancora meglio, annullata. Così da evitare ogni rischio di “appropriamenti indebiti”.
Non c’è bisogno di limitare per legge - a due, o tre legislature - la presenza in parlamento dei deputati. Saremo noi a rimandarceli se ci hanno soddisfatto in quella precedente, e a cancellarli per sempre dalla lista dei “deputabili”, se invece hanno tradito i loro impegni. (Idem per i partiti, se votassimo quelli). Invece ce ne stiamo qui seduti come degli imbecilli a farci raccontare delle favolette senza senso, durante le campagne elettorali, e poi mandiamo questa gente al governo con un impegno talmente vago che non solo loro si fanno i porci comodi, ma alla fine noi non sappiamo nemmeno più con chi prendercela. Se ciascun cittadino rispettasse il semplice principio della democrazia rappresentativa, che prevede di eleggere chi si impegni a fare per tuo conto ciò che tu ritieni giusto – e non “il meno peggio” - i non-voti sarebbero talmente tanti che i politici sarebbero immediatamente obbligati a scendere a patti con il proprio elettorato. Sia chiaro: per non-voto si intende schede bianche, o preferibilmente nulle (per evitare “appropriamenti indebiti”), non si intende assolutamente di non andare a votare. Alle urne bisogna recarsi fisicamente, per fare la propria parte. Se poi non c’è nessuno che riteniamo degno di rappresentarci (persona o partito fa poca differenza), annulliamo semplicemente la scheda e torniamo a casa.
Certo, non è facile rinunciare al diritto di far sentire la propria voce, ma dobbiamo renderci conto che un non-voto di questo tipo è forse la voce più potente che si possa esprimere nella nostra attuale situazione, mentre usufruire di quel diritto senza avere una reale scelta di fronte è solo una colossale presa in giro. Inizialmente, le bianche e le nulle potranno anche finire nel calderone degli altri (si dividono persino quelle, pur di rafforzare la loro legittimazione), ma quando le quote di voti effettivi cominciassero davvero a calare, nessun politico potrebbe permettersi di andare al governo senza un reale mandato.
Lo strumento per governare correttamente ce l’abbiamo, dobbiamo solo capovolgerlo prima dell’uso.
Massimo Mazzucco -
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