14 maggio 2009

Il rapporto Onu accusa Israele

Il testo dell'inchiesta sull'operazione condotta alla fine del 2008
Ban Ki-moon: non è una sentenza. Ora passa al voto del Consiglio di sicurezza


"A Gaza furono colpiti i civili" il rapporto Onu accusa Israele





Famiglia palestinese tra le rovine della propria casa dopo un bombardamento israeliano a Jabaliya




ROMA
- Con una lettera al presidente di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il segretario generale Ban Ki-moon ha presentato una sintesi del rapporto sui "nove incidenti più gravi" accaduti durante l'operazione "Cast Lead" decisa da Israele alla fine del 2008 per fermare il lancio dei razzi Kassam da Gaza. Dal 27 dicembre al 19 gennaio 2009, data della tregua fra Israele e Hamas, molte scuole ed edifici dell'Onu a Gaza vennero colpite durante i combattimenti: dipendenti dell'Onu, ma anche civili rifugiati all'interno di scuole ed edifici delle Nazioni Unite furono uccisi o feriti da proiettili della IDF (Israel Defence Force).

Nella lettera con cui accompagna il rapporto fatto avere ieri al Consiglio di Sicurezza, Ban Ki-moon precisa che "il Board of Inquiry creato per questa investigazione non è una istituzione giudiziaria o una corte di giustizia, non riscontra fatti legali e non considera questioni di rispetto della legge". Questo per spiegare che il rapporto, non provenendo da un organismo giudiziario delle Nazioni Unite, non ha valore di "condanna" o "assoluzione" ai sensi della legislazione internazionale.

Ma la ricostruzione fatta dagli esperti Onu guidati da Ian Martin comunque accusa Israele di una serie di "gravi offese", innanzitutto di uso sproporzionato della forza e di aver colpito deliberatamente civili e istituzioni Onu.

Israele ha collaborato seriamente con il Board degli investigatori: durante il mese di febbraio il ministero degli Esteri e l'esercito israeliano hanno incontrato più volte la commissione d'inchiesta, mettendo a disposizione fotografie aeree, informazioni di intelligence e permettendo colloqui con ufficiali e soldati coinvolti in Cast Lead. Per questo, in vista della pubblicazione del rapporto e avendo capito di che tipo di lavoro si trattava, il ministero degli Esteri israeliano l'altroieri ha inviato all'Onu il suo nuovo segretario generale, Yossi Gal.



Dopo aver offerto il massimo della collaborazione, Israele si aspettava un rapporto che analizzasse anche il comportamento dei miliziani di Hamas, cosa che sarebbe stata possibile utilizzando il materiale di intelligence che era stato offerto al Board. Ma il rapporto non analizza nessun caso sospetto in cui sia stato coinvolto Hamas. Gli unici casi presi in esame sono i 9 episodi in cui l'Onu è stata colpita da Israele.

Si parte dal bombardamento della scuola femminile UNRWA di Khan Younis del 29 dicembre, per passare a quello della scuola elementare di Gaza City del 5 gennaio, alla scuola di Jabalya (6 gennaio), per arrivare ai morti provocati dai proiettili contro la scuola elementare di Beit Lahia (17 gennaio).
Con la sua missione al Palazzo di Vetro l'ambasciatore Gal sarebbe riuscito a limitare i danni politici per il suo paese, tanto che anche in una conferenza stampa tenuta per presentare il rapporto Ban Ki-moon ha confermato che il testo non ha valore giudiziario.
Lo studio del rapporto impegnerà gli esperti per parecchio tempo: ognuno dei nove episodi contestati ad Israele dovrà essere analizzato passo dopo passo. Ma per quasi tutti, ad iniziare dai proiettili caduti sulla scuola UNRWA di Jabalya per finire ai mezzi e alle ambulanze Onu colpite, il giudizio degli esperti Onu è duro per Israele: uso eccessivo della forza, uso della forza indiscriminato contro i civili, attacchi a sedi Onu pur sapendo che si trattava di edifici delle Nazioni Unite.

Ieri un diplomatico Usa ha spiegato alla stampa israeliana che "a parte l'accusa formale di crimini di guerra, questo rapporto ha tutto per mettere in imbarazzo Israele, è senza precedenti nella sua gravità nei confronti di Gerusalemme: potrebbe costituire un serio problema per molti anni se il testo verrà accettato nella sua versione finale".

Secondo fonti diplomatiche, mentre era a Roma impegnato negli incontri con il governo italiano, il ministro degli Esteri di Israele Avigdor Lieberman avrebbe telefonato a Ban chiedendo di rinviare la pubblicazione del rapporto e di modificare alcuni dei passaggi più duri, protestando poi perché il comportamento di Hamas non è stato preso in considerazione neppure marginalmente.

Per Israele il problema adesso è che il rapporto non venga approvato dal Consiglio di Sicurezza: gli Stati Uniti potrebbero bloccare il voto con il loro veto come hanno fatto altre volte, ma bocciare un testo di una commissione Onu, in questa fase politica, per l'amministrazione Obama sarebbe assai delicato.

13 maggio 2009

Crimini di guerra: processo a Israele



















La Corte Suprema d’Israele ha formulato una serie di accuse ai comportamenti dei vertici militari nazionali durante l’operazione “Piombo Fuso”. All’indomani di elezioni che hanno spostato a destra il quadro politico dello stato ebraico e a fronte di un compatto consenso dell’opinione pubblica alla guerra lampo su Gaza, la tela del potere si squarcia ed apre le porte ad un sofisticato problema giuridico: Israele ha violato o meno le convenzioni internazionali al punto di poter configurare l’accusa di crimini di guerra? Mentre la diplomazia mondiale riparte dalla questione mediorientale con il duo Obama - Mitchell a capo e il presidente iraniano Ahmadjnejad dichiara di voler lavorare alla soluzione di “due popoli due stati”, una parte del paese non chiude gli occhi, anzi ha il coraggio di guardarsi alla specchio,rilanciando sul tema della devastazione di Gaza. Una quaestio giuridica e morale che orienterà il dibattito politico e storico mondiale sui duri giorni del massacro nella Striscia.

I nodi giuridici più rilevanti riguardano la rottura dei vertici militari che hanno diretto l’operazione “Piombo Fuso” con le regole del diritto internazionale di guerra, incentrato sui dettami della Convenzione di Ginevra. Era necessario - ci si domanda - distruggere case, famiglie, ospedali e colpire persino i medici? E quelle fiammate di luce nel nero cielo di Gaza non sono quel fosforo proibito dagli accordi di guerra? Le accuse si rincorrono e formano un quadro fosco e oscuro che toccherà alla giustizia rischiarare.

Eccole, dunque. In primo luogo, Israele non ha distinto gli obiettivi militari da quelli civili. I droni hanno abbattuto case private e colpito ospedali perfettamente estranei agli obiettivi militari, quelli in cui si pensava di colpire il nemico manifesto di questa guerra, Hamas. I fatti in questione, ampiamente documentati dai dossier giornalistici di tutto il mondo, mostrano come il tema della sproporzione delle due parti in conflitto si sia risolto in un massacro di innocenti: si stenterebbe a chiamare semplicemente guerra un evento così connotato. La morte di tanti civili uccide giuridicamente il principio di necessità, come ben afferma The Guardian in un editoriale recente, attento ai temi dottrinari sollevati dal conflitto arabo- israeliano.

Quei morti erano davvero necessari visti i reali rapporti di forza tra le parti, un grande esercito contro un gruppo di miliziani? E poi: i medici sono stati i bersagli preferiti di “Piombo Fuso”. Molti gli ospedali distrutti e molti i medici ed il personale sanitario bersagliato in una Striscia completamente sigillata e isolata dal mondo intero. Sempre il noto quotidiano inglese afferma che anche l’uccisione di medici rientra, come pure ha lasciato intuire la Corte suprema israeliana, nel novero dei crimini di guerra. E ancora altri fatti, altri crimini: famiglie usate come scudi umani, senza distinzioni tra uomini, donne e bambini e massiccio uso di bombe al fosforo. Sembra che Israele abbia voluto agire al di sopra delle leggi, svilendo i principi di proporzionalità, necessità e distinzione propri del diritto internazionale. In ultima analisi, secondo la Corte, “Piombo Fuso” ha violato il complesso dei diritti umani accettati dalla comunità internazionale.

Ma Israele non è solo “Piombo Fuso” e il processo aperto sui crimini di guerra non significa la condanna di tutto il popolo israeliano. L’esclusione dei giornalisti da Gaza nei giorni duri della campagna militare nasce dalla volontà di Israele di assicurarsi quell’impunità dai crimini di guerra che la comunità internazionale stenta oggi – per fortuna - a riconoscerle. Osservatori umanitari e uomini dell’informazione adesso hanno avuto accesso alla Striscia. E hanno visto: gli israeliani dovranno spiegare la violenza che hanno perpetrato verso i palestinesi e fronteggiare l’accusa di aver condotto veri e propri crimini di guerra. Haartez ha riportato di recente le dichiarazioni dei soldati israeliani che avrebbero colpito intenzionalmente una donna e suoi tre bambini. Uno di loro avrebbe affermato che la vita di un palestinese conta meno di quella di un israeliano.

L’osservatorio per i diritti umani ha da tempo chiesto una commissione di inchiesta per i crimini di Gaza, mentre Richard Falk, dell’osservatorio dell’Onu per i diritti umani in Palestina, ha chiaramente ammesso che la storia del lancio dei razzi Quassam da parte di Hamas non determina il principio di una eguale responsabilità rispetto alla guerra. Ma l’attivazione della comunità internazionale sui crimini di Gaza riuscirà ad applicare la giustizia sui più grandi alleati dell’occidente dell’area mediorientale?

di Stefania Pavone

12 maggio 2009

L'ONU chiede 7,8 milioni di danni a Israele

MIDEAST ISRAEL ISRAELI SOLDIERS

La notizia trova spazio su tutti i maggiori quotidiani europei, ma i giornali italiani, troppo impegnati a seguire le vicende coniugali del premier ormai divenute argomento fisso delle prime pagine, hanno evitato di farne menzione o si sono limitati a relegarla in qualche trafiletto.
L’ONU, come dichiarato in conferenza stampa da Ban Ki – moon, ha fatto pervenire ad Israele una richiesta di risarcimento di 7,8 milioni di euro, in seguito alla relazione della commissione che ha indagato in merito agli attacchi contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, compiuti dall’esercito israeliano durante l'operazione Piombo Fuso dello scorso inverno che ha causato la morte di oltre 1500 palestinesi.


Il risarcimento riguarda i bombardamenti (in alcuni casi con l’utilizzo del fosforo bianco) a Gaza da parte dell’esercito israeliano di 3 scuole, un ospedale e la sede delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Bombardamenti che hanno causato circa 50 morti e in merito ai quali la commissione d’indagine ha individuato gravi colpe dei militari israeliani che non avrebbero preso le necessarie precauzioni, né fatto gli sforzi necessari, volti a garantire il rispetto dell’inviolabilità delle Nazioni Unite e la protezione delle migliaia di civili che avevano cercato rifugio negli edifici dell’ONU.
La commissione ha inoltre domandato l’apertura di un’indagine riguardante eventuali violazioni del diritto internazionale, concernenti l’utilizzo del fosforo bianco in zone densamente popolate, da parte dell’esercito israeliano, sempre nel corso dell’offensiva su Gaza.


L’iniziativa dell’ONU è estremamente importante, in quanto suona come una condanna senza appello nei confronti dei massacri di civili palestinesi, compiuti dall’esercito israeliano nel corso dell’operazione Piombo Fuso. Dispiace constatare una volta di più come i grandi giornali italiani, soggiogati dalla lobby che li gestisce, non abbiano saputo cogliere l’importanza della notizia, ma si siano limitati a constatarne la “scomodità”, relegandola nel novero dell’informazione da sottacere per non incorrere nell’ira del padrone.

di Marco Cedolin

14 maggio 2009

Il rapporto Onu accusa Israele

Il testo dell'inchiesta sull'operazione condotta alla fine del 2008
Ban Ki-moon: non è una sentenza. Ora passa al voto del Consiglio di sicurezza


"A Gaza furono colpiti i civili" il rapporto Onu accusa Israele





Famiglia palestinese tra le rovine della propria casa dopo un bombardamento israeliano a Jabaliya




ROMA
- Con una lettera al presidente di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il segretario generale Ban Ki-moon ha presentato una sintesi del rapporto sui "nove incidenti più gravi" accaduti durante l'operazione "Cast Lead" decisa da Israele alla fine del 2008 per fermare il lancio dei razzi Kassam da Gaza. Dal 27 dicembre al 19 gennaio 2009, data della tregua fra Israele e Hamas, molte scuole ed edifici dell'Onu a Gaza vennero colpite durante i combattimenti: dipendenti dell'Onu, ma anche civili rifugiati all'interno di scuole ed edifici delle Nazioni Unite furono uccisi o feriti da proiettili della IDF (Israel Defence Force).

Nella lettera con cui accompagna il rapporto fatto avere ieri al Consiglio di Sicurezza, Ban Ki-moon precisa che "il Board of Inquiry creato per questa investigazione non è una istituzione giudiziaria o una corte di giustizia, non riscontra fatti legali e non considera questioni di rispetto della legge". Questo per spiegare che il rapporto, non provenendo da un organismo giudiziario delle Nazioni Unite, non ha valore di "condanna" o "assoluzione" ai sensi della legislazione internazionale.

Ma la ricostruzione fatta dagli esperti Onu guidati da Ian Martin comunque accusa Israele di una serie di "gravi offese", innanzitutto di uso sproporzionato della forza e di aver colpito deliberatamente civili e istituzioni Onu.

Israele ha collaborato seriamente con il Board degli investigatori: durante il mese di febbraio il ministero degli Esteri e l'esercito israeliano hanno incontrato più volte la commissione d'inchiesta, mettendo a disposizione fotografie aeree, informazioni di intelligence e permettendo colloqui con ufficiali e soldati coinvolti in Cast Lead. Per questo, in vista della pubblicazione del rapporto e avendo capito di che tipo di lavoro si trattava, il ministero degli Esteri israeliano l'altroieri ha inviato all'Onu il suo nuovo segretario generale, Yossi Gal.



Dopo aver offerto il massimo della collaborazione, Israele si aspettava un rapporto che analizzasse anche il comportamento dei miliziani di Hamas, cosa che sarebbe stata possibile utilizzando il materiale di intelligence che era stato offerto al Board. Ma il rapporto non analizza nessun caso sospetto in cui sia stato coinvolto Hamas. Gli unici casi presi in esame sono i 9 episodi in cui l'Onu è stata colpita da Israele.

Si parte dal bombardamento della scuola femminile UNRWA di Khan Younis del 29 dicembre, per passare a quello della scuola elementare di Gaza City del 5 gennaio, alla scuola di Jabalya (6 gennaio), per arrivare ai morti provocati dai proiettili contro la scuola elementare di Beit Lahia (17 gennaio).
Con la sua missione al Palazzo di Vetro l'ambasciatore Gal sarebbe riuscito a limitare i danni politici per il suo paese, tanto che anche in una conferenza stampa tenuta per presentare il rapporto Ban Ki-moon ha confermato che il testo non ha valore giudiziario.
Lo studio del rapporto impegnerà gli esperti per parecchio tempo: ognuno dei nove episodi contestati ad Israele dovrà essere analizzato passo dopo passo. Ma per quasi tutti, ad iniziare dai proiettili caduti sulla scuola UNRWA di Jabalya per finire ai mezzi e alle ambulanze Onu colpite, il giudizio degli esperti Onu è duro per Israele: uso eccessivo della forza, uso della forza indiscriminato contro i civili, attacchi a sedi Onu pur sapendo che si trattava di edifici delle Nazioni Unite.

Ieri un diplomatico Usa ha spiegato alla stampa israeliana che "a parte l'accusa formale di crimini di guerra, questo rapporto ha tutto per mettere in imbarazzo Israele, è senza precedenti nella sua gravità nei confronti di Gerusalemme: potrebbe costituire un serio problema per molti anni se il testo verrà accettato nella sua versione finale".

Secondo fonti diplomatiche, mentre era a Roma impegnato negli incontri con il governo italiano, il ministro degli Esteri di Israele Avigdor Lieberman avrebbe telefonato a Ban chiedendo di rinviare la pubblicazione del rapporto e di modificare alcuni dei passaggi più duri, protestando poi perché il comportamento di Hamas non è stato preso in considerazione neppure marginalmente.

Per Israele il problema adesso è che il rapporto non venga approvato dal Consiglio di Sicurezza: gli Stati Uniti potrebbero bloccare il voto con il loro veto come hanno fatto altre volte, ma bocciare un testo di una commissione Onu, in questa fase politica, per l'amministrazione Obama sarebbe assai delicato.

13 maggio 2009

Crimini di guerra: processo a Israele



















La Corte Suprema d’Israele ha formulato una serie di accuse ai comportamenti dei vertici militari nazionali durante l’operazione “Piombo Fuso”. All’indomani di elezioni che hanno spostato a destra il quadro politico dello stato ebraico e a fronte di un compatto consenso dell’opinione pubblica alla guerra lampo su Gaza, la tela del potere si squarcia ed apre le porte ad un sofisticato problema giuridico: Israele ha violato o meno le convenzioni internazionali al punto di poter configurare l’accusa di crimini di guerra? Mentre la diplomazia mondiale riparte dalla questione mediorientale con il duo Obama - Mitchell a capo e il presidente iraniano Ahmadjnejad dichiara di voler lavorare alla soluzione di “due popoli due stati”, una parte del paese non chiude gli occhi, anzi ha il coraggio di guardarsi alla specchio,rilanciando sul tema della devastazione di Gaza. Una quaestio giuridica e morale che orienterà il dibattito politico e storico mondiale sui duri giorni del massacro nella Striscia.

I nodi giuridici più rilevanti riguardano la rottura dei vertici militari che hanno diretto l’operazione “Piombo Fuso” con le regole del diritto internazionale di guerra, incentrato sui dettami della Convenzione di Ginevra. Era necessario - ci si domanda - distruggere case, famiglie, ospedali e colpire persino i medici? E quelle fiammate di luce nel nero cielo di Gaza non sono quel fosforo proibito dagli accordi di guerra? Le accuse si rincorrono e formano un quadro fosco e oscuro che toccherà alla giustizia rischiarare.

Eccole, dunque. In primo luogo, Israele non ha distinto gli obiettivi militari da quelli civili. I droni hanno abbattuto case private e colpito ospedali perfettamente estranei agli obiettivi militari, quelli in cui si pensava di colpire il nemico manifesto di questa guerra, Hamas. I fatti in questione, ampiamente documentati dai dossier giornalistici di tutto il mondo, mostrano come il tema della sproporzione delle due parti in conflitto si sia risolto in un massacro di innocenti: si stenterebbe a chiamare semplicemente guerra un evento così connotato. La morte di tanti civili uccide giuridicamente il principio di necessità, come ben afferma The Guardian in un editoriale recente, attento ai temi dottrinari sollevati dal conflitto arabo- israeliano.

Quei morti erano davvero necessari visti i reali rapporti di forza tra le parti, un grande esercito contro un gruppo di miliziani? E poi: i medici sono stati i bersagli preferiti di “Piombo Fuso”. Molti gli ospedali distrutti e molti i medici ed il personale sanitario bersagliato in una Striscia completamente sigillata e isolata dal mondo intero. Sempre il noto quotidiano inglese afferma che anche l’uccisione di medici rientra, come pure ha lasciato intuire la Corte suprema israeliana, nel novero dei crimini di guerra. E ancora altri fatti, altri crimini: famiglie usate come scudi umani, senza distinzioni tra uomini, donne e bambini e massiccio uso di bombe al fosforo. Sembra che Israele abbia voluto agire al di sopra delle leggi, svilendo i principi di proporzionalità, necessità e distinzione propri del diritto internazionale. In ultima analisi, secondo la Corte, “Piombo Fuso” ha violato il complesso dei diritti umani accettati dalla comunità internazionale.

Ma Israele non è solo “Piombo Fuso” e il processo aperto sui crimini di guerra non significa la condanna di tutto il popolo israeliano. L’esclusione dei giornalisti da Gaza nei giorni duri della campagna militare nasce dalla volontà di Israele di assicurarsi quell’impunità dai crimini di guerra che la comunità internazionale stenta oggi – per fortuna - a riconoscerle. Osservatori umanitari e uomini dell’informazione adesso hanno avuto accesso alla Striscia. E hanno visto: gli israeliani dovranno spiegare la violenza che hanno perpetrato verso i palestinesi e fronteggiare l’accusa di aver condotto veri e propri crimini di guerra. Haartez ha riportato di recente le dichiarazioni dei soldati israeliani che avrebbero colpito intenzionalmente una donna e suoi tre bambini. Uno di loro avrebbe affermato che la vita di un palestinese conta meno di quella di un israeliano.

L’osservatorio per i diritti umani ha da tempo chiesto una commissione di inchiesta per i crimini di Gaza, mentre Richard Falk, dell’osservatorio dell’Onu per i diritti umani in Palestina, ha chiaramente ammesso che la storia del lancio dei razzi Quassam da parte di Hamas non determina il principio di una eguale responsabilità rispetto alla guerra. Ma l’attivazione della comunità internazionale sui crimini di Gaza riuscirà ad applicare la giustizia sui più grandi alleati dell’occidente dell’area mediorientale?

di Stefania Pavone

12 maggio 2009

L'ONU chiede 7,8 milioni di danni a Israele

MIDEAST ISRAEL ISRAELI SOLDIERS

La notizia trova spazio su tutti i maggiori quotidiani europei, ma i giornali italiani, troppo impegnati a seguire le vicende coniugali del premier ormai divenute argomento fisso delle prime pagine, hanno evitato di farne menzione o si sono limitati a relegarla in qualche trafiletto.
L’ONU, come dichiarato in conferenza stampa da Ban Ki – moon, ha fatto pervenire ad Israele una richiesta di risarcimento di 7,8 milioni di euro, in seguito alla relazione della commissione che ha indagato in merito agli attacchi contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, compiuti dall’esercito israeliano durante l'operazione Piombo Fuso dello scorso inverno che ha causato la morte di oltre 1500 palestinesi.


Il risarcimento riguarda i bombardamenti (in alcuni casi con l’utilizzo del fosforo bianco) a Gaza da parte dell’esercito israeliano di 3 scuole, un ospedale e la sede delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Bombardamenti che hanno causato circa 50 morti e in merito ai quali la commissione d’indagine ha individuato gravi colpe dei militari israeliani che non avrebbero preso le necessarie precauzioni, né fatto gli sforzi necessari, volti a garantire il rispetto dell’inviolabilità delle Nazioni Unite e la protezione delle migliaia di civili che avevano cercato rifugio negli edifici dell’ONU.
La commissione ha inoltre domandato l’apertura di un’indagine riguardante eventuali violazioni del diritto internazionale, concernenti l’utilizzo del fosforo bianco in zone densamente popolate, da parte dell’esercito israeliano, sempre nel corso dell’offensiva su Gaza.


L’iniziativa dell’ONU è estremamente importante, in quanto suona come una condanna senza appello nei confronti dei massacri di civili palestinesi, compiuti dall’esercito israeliano nel corso dell’operazione Piombo Fuso. Dispiace constatare una volta di più come i grandi giornali italiani, soggiogati dalla lobby che li gestisce, non abbiano saputo cogliere l’importanza della notizia, ma si siano limitati a constatarne la “scomodità”, relegandola nel novero dell’informazione da sottacere per non incorrere nell’ira del padrone.

di Marco Cedolin