Dall’imponenza del fondo messo a disposizione della Bce, pari a 750 miliardi di euro, nei confronti dei paesi europei in crisi, sembrerebbe che Obama abbia trovato un certo accordo con la leader tedesca Merkel, quale rappresentante del paese europeo più sviluppato.
Una certificazione di solvibilità concessa dal buon Obama secondo le regole imposte dell’onnipresente Fmi (reale strumento finanziario al servizio di ogni geostrategia Usa), da mettere nel conto di un maggiore indebitamento e da far pesare sul groppone dei cittadini dell’Europa, così da protrarre (ma per quanto?) l’unità monetaria (europea) ed essere certi che la spremitura finanziaria americana possa continuare; gli stessi accordi di Maastricht (‘92) vanno viepiù stringendo la corda intorno alle ridotte industrie nazionali trasformate sempre più in pozzi finanziari per i bisogni del paese dominante.
A onore della memoria, con “Mani pulite”(’92) si dette il via libera all’attacco speculativo della “Lira”; una prima esercitazione sul campo fatta dalle solite (note) banche d’affari americane con il soccorso provvidenziale dei “salvatori della patria” (Ciampi e Amato), che bruciarono, inutilmente (così si disse poi), una cifra colossale e spropositata delle riserve valutarie della Banca d’Italia, nel vano tentativo di mantenere la parità della Lira con le monete più forti. E finanche una prova di forza più generale degli accordi di Maastricht (’93) ideati dalle servizievoli menti dei governanti europei, allo scopo di rendere più facile un lavoro di riposizionamento della strategia geopolitica Usa, dopo la dissoluzione dell'antagonista Urss, al di là dei margini del defunto mondo bipolare della “Guerra Fredda”.
Dietro le euforie delle borse, facendo seguito dell’assemblaggio del Fondo europeo messo a disposizione dalla Bce per riempire le falle già si intravedono i nuovi attacchi speculativi delle stesse banche d’affari (Usa) che fanno il bello o il cattivo tempo: speculazioni al rialzo o al ribasso, fate voi. Anche se l'eccitazione per i rialzi-ribassi cederà presto il posto della disperazione.
In tutto questo bailamme si dimentica la ricaduta,della carta straccia finanziaria sull’economia reale. Anzitutto, il piano proposto per uscire dalla crisi è costituito dagli acquisti della Bce di titoli di Stato emessi dai paesi “sotto attacco”. Tali capitali finanziari messi a disposizione dei paesi europei andranno a sommarsi alla massa enorme di liquidità che già il governo americano di Obama (di due anni fa) dovette affrontare con iniezioni sul mercato monetario, di migliaia di miliardi di dollari,in “debiti sovrani”, così chiamati, e non a caso, dallo Stato Sovrano Usa. Inoltre, l’uscita dalla crisi prevede che i debiti sovrani siano riassorbiti gradualmente, in un periodo di circa 3-5 anni, con ovvi risvolti di crescente inflazione man mano che la massa monetaria sarà assorbita dall’economia reale.
E nel contempo, altrettanto ovvia sarà l’idea che la speculazione finanziaria non si fermerà; anzi che le Banche d’affari Usa concentreranno maggiormente la loro attenzione sulla massa monetaria e finanziaria, che verrà rilasciata di volta in volta dalla Bce, nei confronti dei paesi europei maggiormente presi dalla crisi, annullando così gli effetti degli aiuti finanziari, per rimettere in carreggiata sistemi economici sempre più emarginati, con l’incubo di una ripresa appunto dell’inflazione (europea) sempre più tendente ad una “stagflazione” (inflazione + recessione).
E non finisce qui, perché eventuali governi della sinistra non potranno più aumentare la spesa pubblica, così come quelli della destra non potranno abbassare le tasse (i rispettivi cavalli di battaglia), e per entrambi avanzerà il timore di sfondare il deficit programmato. L’elaborazione di politiche nazionali serie ed indipendenti diventeranno sempre pallidi ricordi. Creare ricchezza non significa produrre carta o moneta stampata, con misure tampone soltanto provvisorie; si può far ripartire l’economia, quella vera cioè reale, non certamente con un Fondo finanziario gestito da una Europa composta da stati non sovrani e non in grado cioè di indirizzare selettivamente i finanziamenti secondo le proprie priorità nazionali, per la salvaguardia fondamentale della competizione e dello sviluppo delle proprie industrie.
Da qui si deve ripartire per una riflessione che non confonda l’apparenza con la realtà e/o sappia discernere “il gran dall’oglio”; del resto, se si fa il confronto tra la lunga e dolorosa storia del passato e quella presente qualche dubbio rimane in sospeso: la storia insegna ancora qualcosa o dobbiamo sempre ripercorrerla nello stesso drammatico modo?
di Gianni Duchini