15 giugno 2010

America, dove il denaro conta più della vita


america tassa successione
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità. Nonostante i tentativi di abolirla risalenti al 2001, infatti, negli Stati Uniti esiste ancora una pesante tassa di successione, che prevede un’aliquota del 45% applicata al patrimonio dei ricchi che lasciano questo mondo – la soglia di imponibile sotto la quale scatta l’esenzione è di 2,6 milioni di euro –, che obbliga gli eredi a corrispondere allo Stato quasi metà del patrimonio che si apprestano a ricevere. Oggetto di aspri scontri in Congresso fin dall’amministrazione Clinton, la tassa ha resistito fino all’insediamento di Obama, il quale ha dichiarato di voler porre fine alla manovra avviata da Bush per abolirla.

C’è però un piccolo inconveniente: sembra che per un motivo non meglio precisato, il Congresso di Washington si sia “scordato” di votare la proroga per il 2010 e che in attesa del 2011, quando si potrà riportare in vigore la tassa a un’aliquota maggiorata (55%), si sia creata una specie di finestra di esenzione fiscale che permette agli ereditieri dei più ricchi (e anziani) americani di ricevere le fortune dei padri senza sganciare un solo dollaro allo Stato.

Perché questo accada deve però realizzarsi un evento non di poco conto: il riccone deve tirare le cuoia entro il 31 dicembre 2010. Questo grazie a una dimenticanza che, considerando i tempi che corrono, appare più che mai sospetta. Il gettito netto garantito da questa tassa ammonta infatti a 23 miliardi di dollari e pare molto strano che i parlamentari americani abbiano rinunciato a tale somma – vitale per un paese che ha un deficit di 1200 miliardi – solo perché hanno controllato male la propria agenda. Che sia stato invece una specie di gentile omaggio che Obama abbia voluto fare ai ricchi e potenti contribuenti americani…?

Al di là delle considerazioni politiche e del tono quasi scherzoso con cui si descrive la situazione, ci sono da fare alcune considerazioni di ordine ben più alto che testimoniano la gravità della condizione culturale e spirituale dell’uomo moderno e occidentale. Il punto da cui sono partiti giornalisti e osservatori per commentare il fatto è stata la morte di Dan Duncan, ricco imprenditore texano del settore del gas naturale, che è deceduto a marzo lasciando una fortuna ammontante a 9 miliardi di dollari di cui, in virtù del buco legislativo citato prima, neanche un dollaro è andato all’erario.

anziani duncan morte tassa successione america
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco, contro cui Duncan ha lottato tutta la vita a suon di iniziative benefiche tax free e finanziamenti a enti di volontariato che davano diritto a consistenti agevolazioni fiscali. Allargando l’obiettivo, molti hanno pensato che i numerosi ricchi e vecchi americani, diversi dei quali tenuti in vita da macchinari e respiratori artificiali, abbiano fatto un serio pensiero all’opportunità di togliersi la vita per risparmiare sulle tasse. Senza contare che il sistema sanitario americano, di fatto privatizzato, è uno dei più cari del mondo.

Senza voler entrare nel campo dell’eutanasia, troppo spinoso e soggettivo per poterne discutere in un articoletto di attualità, si ritiene comunque gravissimo il fatto che molti abbiano anche solo pensato a dare un prezzo alla vita. Anch’essa quindi, bene supremo e intangibile, viene contabilizzata nella società occidentale, materialista e utilitarista, il cui obiettivo è quello di massimizzare costantemente i guadagni e minimizzare le perdite.

Del disprezzo della vita altrui ce n’eravamo accorti tutti da tempo: le inutili guerre, i crimini umanitari, i cibi tossici, i disastri ambientali ci fanno capire ogni giorno come per questa gente la vita del prossimo abbia un valore pari a zero. Ma, pur in questo scenario sconcertante, pensavamo magari che il loro egoismo li tenesse attaccati quantomeno alla propria di vita. Invece non è così: pur di godere di un’esenzione fiscale, pur di mantenere intatto un patrimonio che – per chi crede nell’aldilà – dove stanno andando loro non servirà a un bel niente, sono disposti a valutare addirittura la possibilità di togliersi la vita, volontariamente e con una tempistica calcolata con precisione.

Sarà banale, ma davanti a situazioni come questa viene proprio da chiedersi: ma dove stiamo andando…?

di Francesco Bevilacqua

14 giugno 2010

Berlino verso la stangata sui ricchi. L'Italia non la prevede

Siamo anche uno dei pochissimi Paesi a non colpire le rendite di tipo finanziario


L´euroausterity non è fatta solo di tagli alla spesa pubblica e sacrifici per gli statali, ma arriva anche l´aumento delle tasse. Per ora solo l´Italia sembra smarcarsi dalla nuova tendenza continentale, che attraversa trasversalmente destra e sinistra, e che per recuperare risorse e per dare il senso dell´equità alle manovre di bilancio, non esita a ritoccare le aliquote per i redditi alti, ad elevare il prelievo su rendite finanziarie, stock option e superstipendi. A rompere il tabu anche il governo di centrodestra tedesco di Angela Merkel: proprio ieri il ministro delle Finanze Schaeuble non ha escluso un aumento dell´aliquota Irpef più alta oggi ferma al 42%. Gordon Brown, prima di cedere il passo al conservatore Cameron, nei mesi scorsi aveva già provveduto ad introdurre una nuova aliquota massima del 50% oltre le 150 mila sterline di reddito e il nuovo governo non sembra intenzionato a fare retromarcia. I due leader socialisti di Spagna e Portogallo, Zapatero e Socrates, hanno già applicato o stanno per varare nuove aliquote sui redditi alti. Sarkozy, in Francia, ha dovuto annunciare un prelievo straordinario sui più ricchi. Solo in Italia l´aliquota sopra i 75 mila euro resta inchiodata al 43%.
In un periodo in cui la finanza è nel mirino per il ruolo avuto nella recente crisi internazionale, le grandi banche e i manager dagli stipendi d´oro non potevano rimanere fuori. La Francia e il Regno Unito hanno annunciato tasse straordinarie sulle banche, il Portogallo ha già varato un´imposta del 2,5% sugli utili degli istituti di credito. La Germania ha tassato le società energetiche: anche in questo caso il nostro paese, spiegando che il nostro sistema bancario non ha avuto bisogno di aiuti durante il crac del 2007-2009, ha evitato nuove addizionali sul credito.
Quanto alle remunerazioni speciali di banchieri e uomini della finanza, l´Italia - come dimostra un rapporto dello Studio Maisto di Milano - ha agito: nella manovra è stata introdotta una addizionale del 10% su bonus e stock options che superino di tre volte lo stipendio base ma che molti giudicano un´arma destinata a colpire solo una manciata di manager. Più dura la mano della Francia (che ha varato un´imposta straordinaria del 50% per i bonus oltre il tetto di 27.500 euro), del Regno Unito (che ha deciso un tassa del 50% oltre 25 mila sterline per i dirigenti di banche) e della Germania (che ha imposto un tetto ai compensi manager di banche salvate dallo Stato).
Mentre in Italia ancora si discute se uniformare al 20% le tasse su titoli di Stato e rendite finanziarie, in Europa i governi sull´onda della crisi si sono già mossi: in Spagna è stato varato un aumento dell´aliquota sui redditi da capitale dal 18 al 19-21%. In Portogallo è stata introdotta una tassa del 20% sulle plusvalenze azionarie, e una stretta è in atto in Inghilterra. Mentre in Francia si è preferito adottare una ritenuta alla fonte del 50% per chi si stabilisce nei paradisi fiscali.
Infine i redditi dei pubblici funzionari. In Italia i funzionari dello Stato sono stati sottoposti ad un prelievo del 5-10% oltre i 90 mila euro di stipendio annui. In Spagna, in Portogallo e Francia sono state introdotte misure simili. Forse non è finita qui e i tempi della Thatcher oggi sembrano preistoria.
di Roberto Pietrini -

13 giugno 2010

L’agenda 2010 del Bilderberg



bilderbergIl Bilderberg è il club più esclusivo del mondo, a cui partecipano grandi leader politici e dell’economia americani ed europei. Quel che caratterizza questo club è l’assoluta segretezza. Esistono altri consessi di potenti, come il Forum di Davos; ma nessuno di questi agisce nel riserbo totale e a nessuno dei partecipanti è imposto di non svelare nulla degli argomenti discussi durante i lavori.

Al Bilderberg invece vige la regola del silenzio assoluto: non solo non si può riferire niente, ma non si può nemmeno ammettere di farne parte.

Da qualche anno,però, le liste dei partecipanti escono grazie a qualche talpa. Se volete sapere chi c’era al vertice che si è appena svolto in Spagna potete cliccare qui. Troverete l’élite mondiali e molti nomi italiani importanti:

- Franco Bernabé,amministratore delegato Telecom Italia, ex presidente Eni

- Fulvio Conti, numero uno dell’Enel

- John Elkann, presidente della Fiat

- Mario Monti, presidente della Bocconi ed commissario Ue

- Tommaso Padoa Schioppa, ex ministro del Tesoro

- Gianfelice Rocca, presidente di Techint

- Paolo Scaroni, Ceo dell’Eni

Secondo i cospirazionisti il Bilderberg è il vero governo del mondo, composto di due organismi, lo Steering Commitee, formato da 33 persone, e l’assemblea plenaria.

Io penso invece che il Bilderberg sia il luogo dove le élite vengono selezionate e dove vengono trasmesse idee e programmi. Questa mia impressione è rafforzata dalla citazione più importante che ho trovato in questi giorni, sul Guardian, l’unico quotidiano di rilevanza internazionale che ha tentato di seguire il vertice.Impresa difficile, perché il summit era protetto da un dispositivo di sicrezza impressionante.

Come riferisce l’inviato Charlie Skelton , l’ex segretario della Nato, Willy Claes, membro del Bilderberg negli anni Novanta, si è scoperto, forse involontariamente. Parlando a una radio belga pochi giorni fa ha dichiarato che “ogni partecipante riceve un documento e si ritiene che i membri lo usino per determinare le politiche nelle rispettive aree di influenza”.

Ovvero: il Bilderberg stabilisce un’agenda e impartisce direttive ai suoi membri. Un segretario generale della Nato mi sembra una fonte credibile e l’ammissione è inquietante. Sorgono alcuni dubbi:

Quali indicazioni contiene il report distribuito quest’anno?

I membri sono obbligati ad applicarne le direttive o si tratta soltanto di un auspicio?

E’ emersa una linea comune al vertice in Spagna?

A chi viene dato il documento oltre ai presenti?

Sono domande doverose per un giornalista, tanto più se riguardano personaggi importanti, come i numeri uno delle principali società italiane e il presidente della Banca d’Italia, Mario Draghi, da tempo membro del Bilderberg (anche se, a quanto pare, in Spagna era assente). Ma credo che nessuno risponderà e che nessuno dei giornalisti membri del club (della Washington Post, del Financial Times, dell’Economist, del New York Times), violerà le consegne.

Eppure l’opinione pubblica dovrebbe sapere. O sbaglio?

AGGIORNAMENTO In queste ore è emersa una novità importante. Il Bilderberg ha aperto un sito ufficiale. E’ minimalista, fatto in grande economia (hanno chiaramente adottato un template gratuito) e dice di fatto pochissimo. Probabilmente sono stati spaventati dal fatto che il Guardian si sia occupato per due anni di fila di loro e tentano di apparire meno chiusi e misteriosi.

Al contempo ho scoperto un altro dettaglio importante: la lista degli invitati non è esaustiva. A molti membri è consentito di non apparire in alcun modo, nemmeno nei documenti interni. Arrivano, partecipano ma della loro presenza non rimane traccia. Ad esempio, secondo fonti credibili nel 2008 sia Hillary Clinton che Barack Obama parteciparono al summit che si svolse a Chantily, in Virginia; ma negli elenchi i loro nomi non appare. Così è molto probabile che molti altri personaggi abbiano partecipato al vertice in Spagna. Secondo liste informali ci sarebbero stati anche Mario Draghi, Domenico Siniscalco e Romano Prodi o comunque sarebbero stati invitati.

di Marcello Foa -

15 giugno 2010

America, dove il denaro conta più della vita


america tassa successione
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità
"Morirei piuttosto che farmi spillare soldi dal fisco!". Quello che sembra lo sfogo sarcastico di qualche evasore fiscale rischia di diventare l’agghiacciante realtà nella Terra delle opportunità. Nonostante i tentativi di abolirla risalenti al 2001, infatti, negli Stati Uniti esiste ancora una pesante tassa di successione, che prevede un’aliquota del 45% applicata al patrimonio dei ricchi che lasciano questo mondo – la soglia di imponibile sotto la quale scatta l’esenzione è di 2,6 milioni di euro –, che obbliga gli eredi a corrispondere allo Stato quasi metà del patrimonio che si apprestano a ricevere. Oggetto di aspri scontri in Congresso fin dall’amministrazione Clinton, la tassa ha resistito fino all’insediamento di Obama, il quale ha dichiarato di voler porre fine alla manovra avviata da Bush per abolirla.

C’è però un piccolo inconveniente: sembra che per un motivo non meglio precisato, il Congresso di Washington si sia “scordato” di votare la proroga per il 2010 e che in attesa del 2011, quando si potrà riportare in vigore la tassa a un’aliquota maggiorata (55%), si sia creata una specie di finestra di esenzione fiscale che permette agli ereditieri dei più ricchi (e anziani) americani di ricevere le fortune dei padri senza sganciare un solo dollaro allo Stato.

Perché questo accada deve però realizzarsi un evento non di poco conto: il riccone deve tirare le cuoia entro il 31 dicembre 2010. Questo grazie a una dimenticanza che, considerando i tempi che corrono, appare più che mai sospetta. Il gettito netto garantito da questa tassa ammonta infatti a 23 miliardi di dollari e pare molto strano che i parlamentari americani abbiano rinunciato a tale somma – vitale per un paese che ha un deficit di 1200 miliardi – solo perché hanno controllato male la propria agenda. Che sia stato invece una specie di gentile omaggio che Obama abbia voluto fare ai ricchi e potenti contribuenti americani…?

Al di là delle considerazioni politiche e del tono quasi scherzoso con cui si descrive la situazione, ci sono da fare alcune considerazioni di ordine ben più alto che testimoniano la gravità della condizione culturale e spirituale dell’uomo moderno e occidentale. Il punto da cui sono partiti giornalisti e osservatori per commentare il fatto è stata la morte di Dan Duncan, ricco imprenditore texano del settore del gas naturale, che è deceduto a marzo lasciando una fortuna ammontante a 9 miliardi di dollari di cui, in virtù del buco legislativo citato prima, neanche un dollaro è andato all’erario.

anziani duncan morte tassa successione america
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco
Più di un giornalista ha avanzato il sospetto che la morte del facoltoso settantasettenne sia stata in qualche modo calcolata per evitare di cedere al fisco, contro cui Duncan ha lottato tutta la vita a suon di iniziative benefiche tax free e finanziamenti a enti di volontariato che davano diritto a consistenti agevolazioni fiscali. Allargando l’obiettivo, molti hanno pensato che i numerosi ricchi e vecchi americani, diversi dei quali tenuti in vita da macchinari e respiratori artificiali, abbiano fatto un serio pensiero all’opportunità di togliersi la vita per risparmiare sulle tasse. Senza contare che il sistema sanitario americano, di fatto privatizzato, è uno dei più cari del mondo.

Senza voler entrare nel campo dell’eutanasia, troppo spinoso e soggettivo per poterne discutere in un articoletto di attualità, si ritiene comunque gravissimo il fatto che molti abbiano anche solo pensato a dare un prezzo alla vita. Anch’essa quindi, bene supremo e intangibile, viene contabilizzata nella società occidentale, materialista e utilitarista, il cui obiettivo è quello di massimizzare costantemente i guadagni e minimizzare le perdite.

Del disprezzo della vita altrui ce n’eravamo accorti tutti da tempo: le inutili guerre, i crimini umanitari, i cibi tossici, i disastri ambientali ci fanno capire ogni giorno come per questa gente la vita del prossimo abbia un valore pari a zero. Ma, pur in questo scenario sconcertante, pensavamo magari che il loro egoismo li tenesse attaccati quantomeno alla propria di vita. Invece non è così: pur di godere di un’esenzione fiscale, pur di mantenere intatto un patrimonio che – per chi crede nell’aldilà – dove stanno andando loro non servirà a un bel niente, sono disposti a valutare addirittura la possibilità di togliersi la vita, volontariamente e con una tempistica calcolata con precisione.

Sarà banale, ma davanti a situazioni come questa viene proprio da chiedersi: ma dove stiamo andando…?

di Francesco Bevilacqua

14 giugno 2010

Berlino verso la stangata sui ricchi. L'Italia non la prevede

Siamo anche uno dei pochissimi Paesi a non colpire le rendite di tipo finanziario


L´euroausterity non è fatta solo di tagli alla spesa pubblica e sacrifici per gli statali, ma arriva anche l´aumento delle tasse. Per ora solo l´Italia sembra smarcarsi dalla nuova tendenza continentale, che attraversa trasversalmente destra e sinistra, e che per recuperare risorse e per dare il senso dell´equità alle manovre di bilancio, non esita a ritoccare le aliquote per i redditi alti, ad elevare il prelievo su rendite finanziarie, stock option e superstipendi. A rompere il tabu anche il governo di centrodestra tedesco di Angela Merkel: proprio ieri il ministro delle Finanze Schaeuble non ha escluso un aumento dell´aliquota Irpef più alta oggi ferma al 42%. Gordon Brown, prima di cedere il passo al conservatore Cameron, nei mesi scorsi aveva già provveduto ad introdurre una nuova aliquota massima del 50% oltre le 150 mila sterline di reddito e il nuovo governo non sembra intenzionato a fare retromarcia. I due leader socialisti di Spagna e Portogallo, Zapatero e Socrates, hanno già applicato o stanno per varare nuove aliquote sui redditi alti. Sarkozy, in Francia, ha dovuto annunciare un prelievo straordinario sui più ricchi. Solo in Italia l´aliquota sopra i 75 mila euro resta inchiodata al 43%.
In un periodo in cui la finanza è nel mirino per il ruolo avuto nella recente crisi internazionale, le grandi banche e i manager dagli stipendi d´oro non potevano rimanere fuori. La Francia e il Regno Unito hanno annunciato tasse straordinarie sulle banche, il Portogallo ha già varato un´imposta del 2,5% sugli utili degli istituti di credito. La Germania ha tassato le società energetiche: anche in questo caso il nostro paese, spiegando che il nostro sistema bancario non ha avuto bisogno di aiuti durante il crac del 2007-2009, ha evitato nuove addizionali sul credito.
Quanto alle remunerazioni speciali di banchieri e uomini della finanza, l´Italia - come dimostra un rapporto dello Studio Maisto di Milano - ha agito: nella manovra è stata introdotta una addizionale del 10% su bonus e stock options che superino di tre volte lo stipendio base ma che molti giudicano un´arma destinata a colpire solo una manciata di manager. Più dura la mano della Francia (che ha varato un´imposta straordinaria del 50% per i bonus oltre il tetto di 27.500 euro), del Regno Unito (che ha deciso un tassa del 50% oltre 25 mila sterline per i dirigenti di banche) e della Germania (che ha imposto un tetto ai compensi manager di banche salvate dallo Stato).
Mentre in Italia ancora si discute se uniformare al 20% le tasse su titoli di Stato e rendite finanziarie, in Europa i governi sull´onda della crisi si sono già mossi: in Spagna è stato varato un aumento dell´aliquota sui redditi da capitale dal 18 al 19-21%. In Portogallo è stata introdotta una tassa del 20% sulle plusvalenze azionarie, e una stretta è in atto in Inghilterra. Mentre in Francia si è preferito adottare una ritenuta alla fonte del 50% per chi si stabilisce nei paradisi fiscali.
Infine i redditi dei pubblici funzionari. In Italia i funzionari dello Stato sono stati sottoposti ad un prelievo del 5-10% oltre i 90 mila euro di stipendio annui. In Spagna, in Portogallo e Francia sono state introdotte misure simili. Forse non è finita qui e i tempi della Thatcher oggi sembrano preistoria.
di Roberto Pietrini -

13 giugno 2010

L’agenda 2010 del Bilderberg



bilderbergIl Bilderberg è il club più esclusivo del mondo, a cui partecipano grandi leader politici e dell’economia americani ed europei. Quel che caratterizza questo club è l’assoluta segretezza. Esistono altri consessi di potenti, come il Forum di Davos; ma nessuno di questi agisce nel riserbo totale e a nessuno dei partecipanti è imposto di non svelare nulla degli argomenti discussi durante i lavori.

Al Bilderberg invece vige la regola del silenzio assoluto: non solo non si può riferire niente, ma non si può nemmeno ammettere di farne parte.

Da qualche anno,però, le liste dei partecipanti escono grazie a qualche talpa. Se volete sapere chi c’era al vertice che si è appena svolto in Spagna potete cliccare qui. Troverete l’élite mondiali e molti nomi italiani importanti:

- Franco Bernabé,amministratore delegato Telecom Italia, ex presidente Eni

- Fulvio Conti, numero uno dell’Enel

- John Elkann, presidente della Fiat

- Mario Monti, presidente della Bocconi ed commissario Ue

- Tommaso Padoa Schioppa, ex ministro del Tesoro

- Gianfelice Rocca, presidente di Techint

- Paolo Scaroni, Ceo dell’Eni

Secondo i cospirazionisti il Bilderberg è il vero governo del mondo, composto di due organismi, lo Steering Commitee, formato da 33 persone, e l’assemblea plenaria.

Io penso invece che il Bilderberg sia il luogo dove le élite vengono selezionate e dove vengono trasmesse idee e programmi. Questa mia impressione è rafforzata dalla citazione più importante che ho trovato in questi giorni, sul Guardian, l’unico quotidiano di rilevanza internazionale che ha tentato di seguire il vertice.Impresa difficile, perché il summit era protetto da un dispositivo di sicrezza impressionante.

Come riferisce l’inviato Charlie Skelton , l’ex segretario della Nato, Willy Claes, membro del Bilderberg negli anni Novanta, si è scoperto, forse involontariamente. Parlando a una radio belga pochi giorni fa ha dichiarato che “ogni partecipante riceve un documento e si ritiene che i membri lo usino per determinare le politiche nelle rispettive aree di influenza”.

Ovvero: il Bilderberg stabilisce un’agenda e impartisce direttive ai suoi membri. Un segretario generale della Nato mi sembra una fonte credibile e l’ammissione è inquietante. Sorgono alcuni dubbi:

Quali indicazioni contiene il report distribuito quest’anno?

I membri sono obbligati ad applicarne le direttive o si tratta soltanto di un auspicio?

E’ emersa una linea comune al vertice in Spagna?

A chi viene dato il documento oltre ai presenti?

Sono domande doverose per un giornalista, tanto più se riguardano personaggi importanti, come i numeri uno delle principali società italiane e il presidente della Banca d’Italia, Mario Draghi, da tempo membro del Bilderberg (anche se, a quanto pare, in Spagna era assente). Ma credo che nessuno risponderà e che nessuno dei giornalisti membri del club (della Washington Post, del Financial Times, dell’Economist, del New York Times), violerà le consegne.

Eppure l’opinione pubblica dovrebbe sapere. O sbaglio?

AGGIORNAMENTO In queste ore è emersa una novità importante. Il Bilderberg ha aperto un sito ufficiale. E’ minimalista, fatto in grande economia (hanno chiaramente adottato un template gratuito) e dice di fatto pochissimo. Probabilmente sono stati spaventati dal fatto che il Guardian si sia occupato per due anni di fila di loro e tentano di apparire meno chiusi e misteriosi.

Al contempo ho scoperto un altro dettaglio importante: la lista degli invitati non è esaustiva. A molti membri è consentito di non apparire in alcun modo, nemmeno nei documenti interni. Arrivano, partecipano ma della loro presenza non rimane traccia. Ad esempio, secondo fonti credibili nel 2008 sia Hillary Clinton che Barack Obama parteciparono al summit che si svolse a Chantily, in Virginia; ma negli elenchi i loro nomi non appare. Così è molto probabile che molti altri personaggi abbiano partecipato al vertice in Spagna. Secondo liste informali ci sarebbero stati anche Mario Draghi, Domenico Siniscalco e Romano Prodi o comunque sarebbero stati invitati.

di Marcello Foa -