30 settembre 2010

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

29 settembre 2010

Basilea III: banche mondiali sull'orlo del precipizio







Le banche “Troppo Grandi Per Fallire” di tutto il mondo si trovano in una condizione così precaria che, nei prossimi mesi, letteralmente qualsiasi cosa può provocare un crollo.

Ho letto commenti recenti su Basilea III postati su vari siti web e pubblicazioni finanziarie importanti ma questi non hanno colto (o hanno sviato di proposito) il messaggio sottinteso delle proposte, la cui implementazione sarà posticipata in parte al 2017 e in parte al 2019.

Basilea III è pura propaganda e il momento per la sua introduzione è stato scelto per placare i forti timori che non ci siano soluzioni in vista per trarre in salvo il sistema della moneta a corso forzoso e il sistema bancario a riserva frazionaria.



IL PROBLEMA

Le principali banche mondiali sono tutte sottocapitalizzate e questo è apparso del tutto evidente quando è crollata Lehman Brothers. Le banche stavano prendendo a prestito così tanti soldi e giocavano in modo così spericolato nel casinò globale che quando le scommesse sono andate a rotoli, si sono trovate di fronte ad un buco nero nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari. In realtà le banche sono tutte insolventi.

Il problema si è aggravato quando i banchieri centrali (tutti corrotti, senza eccezioni) e i regolatori hanno chiuso un occhio sul modo con cui i banchieri avevano definito gli elementi che costituivano il “capitale”, così da aggirare la necessità di mantenere il rapporto di capitale.

LA SOLUZIONE DI BASILEA III

Nella sua riunione del 12 settembre 2010, il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori, l’organismo di controllo della Commissione di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha annunciato un importante rafforzamento dei requisiti sul capitale esistente e ha approvato all’unanimità l’accordo che aveva raggiunto il 26 luglio 2010. Queste riforme sul capitale, insieme all’introduzione di uno standard sulla liquidità globale, sono al centro del programma di riforma finanziaria globale e saranno presentate al summit dei leader del G20 che si terrà a Seul a novembre.

Il pacchetto di riforme della Commissione aumenterà i requisiti minimi di common equity dal 2% al 4,5%

Inoltre, alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto di capitali del 2,5% per sostenere futuri periodi di sollecitazioni, il che porta i requisiti complessivi di common equity al 7%.


Questo consolida la definizione più stringente di capitale concordata dai Governatori e dai Supervisori a luglio e i requisiti di capitale più elevati per le attività di trading, sui derivati e di cartolarizzazione che saranno introdotti alla fine del 2011.

Aumento dei requisiti di capitale

Secondo gli accordi raggiunti, i requisiti minimi per il common equity, la forma più alta di capitale in grado di assorbire le perdite, saranno innalzati dal livello attuale del 2%, prima dell’applicazione delle modifiche regolamentari, al 4,5% dopo l’applicazione di modifiche più severe.

Tutto questo sarà introdotto gradualmente entro il 1° gennaio 2015.

I requisiti di capitale Tier 1, che comprende il common equity ed altri strumenti finanziari che si basano su criteri più severi, aumenteranno dal 4% al 6% nel corso dello stesso periodo.


Il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori ha inoltre convenuto sul fatto che il cuscinetto di conservazione del capitale oltre i requisiti minimi regolamentari verrà tarato al 2,5% e dovrà coincidere con il common equity, al netto delle deduzioni.

Lo scopo del cuscinetto di conservazione è quello di garantire che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter utilizzare per assorbire le perdite nel corso di periodi di sollecitazioni finanziarie ed economiche.

Mentre alle banche viene permesso di attingere al cuscinetto nel corso di tali periodi di sollecitazioni, più si assottiglierà il rapporto sui requisiti minimi di capitale e maggiori saranno i vincoli sulla ripartizione degli utili.

Questa struttura consoliderà l’obiettivo di una supervisione e di una governance bancaria efficace e affronterà il problema dell’azione collettiva che ha impedito ad alcune banche di limitare le ripartizioni (come i bonus discrezionali ed i grossi dividendi), anche di fronte a situazioni con capitale in deterioramento. Un cuscinetto anticiclico che va dallo 0% al 2,5% di common equity o di altro capitale in grado di assorbire le perdite sarà implementato a seconda delle circostanze dei singoli stati nazionali.

Lo scopo del cuscinetto anticiclico è quello di raggiungere l’obiettivo macroprudenziale più ampio di proteggere il settore bancario dai periodi di eccessiva crescita del credito aggregato.

Per ogni paese, questo cuscinetto sarà in vigore solamente quando ci sarà una crescita eccessiva di credito che avrà come risultato un innalzamento del rischio a livello di sistema.

Il cuscinetto anticiclico, quando sarà in vigore, verrebbe introdotto come un’estensione del cuscinetto di conservazione.

Questi requisiti di capitale sono integrati da un rapporto sulla leva non basato sul rischio che servirà di rinforzo alle misure basate sul rischio descritte sopra.

A luglio, i Governatori e i Supervisori avevano convenuto di testare un rapporto minimo sulla leva del Tier 1 del 3% nel corso del periodo di prova in parallelo.

Sulla base ai risultati del periodo di prova in parallelo, le ultime modifiche verrebbero effettuate nella prima metà del 2017 con la prospettiva di migrare al trattamento del Pillar 1 il 1° gennaio 2018, sulla base di una corretta verifica e taratura.

In modo sistemico le banche importanti dovrebbero avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore agli standard annunciati oggi e il lavoro su questa questione continua nei gruppi di attività del Financial Stability Board e della Commissione di Basilea.

LA SCAPPATOIA & L’AMMISSIONE DI INSOLVENZA

Fin dall’inizio della crisi le banche si sono assunte l’impegno di aumentare i loro livelli di capitale.

Tuttavia, i risultati preliminari dell’esauriente studio sull’impatto quantitativo condotto dalla Commissione mostra che, a partire dalla fine del 2009, le grandi banche avranno bisogno, in totale, di una quantità significativa di capitale aggiuntivo per rispondere a questi nuovi requisiti.

Le banche più piccole, particolarmente importanti per i prestiti erogati alle piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi rispondono già a questi standard più elevati.

I Governatori ed i Supervisori hanno anche convenuto su accordi di transizione per implementare i nuovi standard.

Questo per garantire che il settore bancario possa soddisfare gli standard più elevati sui capitali attraverso trattenute equilibrate sugli utili e aumenti di capitale, e nel contempo continuando ad erogare prestiti all’economia.

LA PROVA INCONFUTABILE CHE LE BANCHE SI TROVANO NELLA MERDA FINO AL COLLO

Siete pregati di leggere tutti i passaggi che ho evidenziato in grassetto sopra. Se le banche fossero sempre capitalizzate in modo adeguato e se ai banchieri centrali collusi con questi bankster fosse impedito di effettuare manipolazioni, non ci sarebbe alcun bisogno delle regole di Basilea III.

Nel dire questo non sto assolutamente ammettendo che con questi nuovi requisiti le banche saranno capitalizzate in modo adeguato.

La semplice verità è che fintanto che il casinò dei derivati sarà aperto e alle banche sarà concesso di continuare le loro attività fuori bilancio, non si risolverà nulla. Le due tabelle qui sotto la dicono tutta:




Fonte: Basel iii Compliance Professionals Association (B iii CPA)


Come può essere sufficiente un requisito finale di capitale dell’8 per cento quando la leva, secondo Basilea III, può ancora essere al livello astronomico di 33 a 1 ? Nella seconda tabella, non ci vuole un genio per concludere che la crisi del settore bancario (se saremo fortunati) potrebbe “risolversi” entro il 2015 ma è più probabile che potrà risolversi soltanto entro il 2017/2018.

Questa è una chiara ammissione del fatto che tutte le banche avrebbero bisogno di un simile periodo di transizione per adeguarsi ai nuovi requisiti!

La cruda realtà è che in questo momento critico le banche “Troppo Grandi Per Fallire” non hanno né la capacità né i mezzi per aumentare il capitale. Per usare un’analogia, il paziente bancario sarà in terapia intensiva fino al 2017, cosa piuttosto ottimistica perché questa previsione crede che il paziente sarà in grado di riprendersi.

La mia opinione è che Basilea III sia pura propaganda e sia intesa per dare l’impressione che i banchieri centrali e i regolatori abbiano tutto sotto controllo. Ma è una grossa bugia!

Avevo detto in un mio articolo precedente che la FED, attraverso il QE I, aveva acquistato degli asset tossici dalle banche: una parte di quei fondi erano stati utilizzati per sostenere le riserve mentre un’altra parte per acquistare Buoni del Tesoro (per dare l’illusione di asset di qualità migliore nei bilanci delle banche). Ce ne sono molti di più, migliaia di miliardi di dollari di rifiuti tossici che nessun QE (quantitative easing) può eliminare. Questa situazione non tiene nemmeno in considerazione i rifiuti tossici negli SPV – quelle cose astruse tenute fuori bilancio. La FED e gli organismi di controllo hanno sospeso le norme contabili che hanno permesso alle banche di nascondere questa spazzatura tossica negli SPV e di non doverla annoverare nei loro bilanci.

SUPPORTO VITALE

Il QE I ha solamente permesso alle banche “Troppo Grandi Per Fallire” di continuare un qualche genere di attività bancaria nascondendo pertanto all’opinione pubblica che erano insolventi, e quindi impedendo una corsa agli sportelli.

Ma i banchieri centrali non possono avere la botte piena e la moglie ubriaca. Nel tentativo di sostenere la fiducia dell’opinione pubblica nelle banche con l’introduzione di Basilea III, hanno senza volere sputato il rospo e, come mostrano le due tabelle, le banche sono tutte insolventi.

Inoltre, qualunque siano le riserve accumulate, queste sono insufficienti per incentivare ulteriormente i prestiti, perché le banche hanno raggiunto i loro limiti in base al sistema di riserva frazionaria. Questo è il motivo della contrazione del credito e non, come ha ipotizzato un commentatore, che Basilea III “contrarrebbe il credito”.

Due sono i problemi che gravano sulle banche:

1) capitale insufficiente per far fronte alle passività (prestiti); e

2) riserve insufficienti nel sistema a riserva frazionaria.

Questo è un grosso casino!

IL GIOCO DELLA FIDUCIA

In questo momento non riesco a dare una tempistica precisa su quanto la FED e i banchieri centrali di tutto il mondo possano ancora prolungare il gioco della fiducia, illudendo l’opinione pubblica e i creditori sovrani che vada tutto bene.

Quando, per qualsiasi ragione, la fiducia nelle banche svanirà, le conseguenza saranno terribili e ci saranno grandissime rivolte in tutto il mondo. Il primo segnale che il gioco sta per finire sarà quando la FED aumenterà gli acquisti di Buoni del Tesoro americano per compensare i deficit dei creditori stranieri e per finanziare la crescita del deficit degli Stati Uniti.

Tutto ad un tratto alcuni enti potrebbero iniziare veramente ad innervosirsi e a disfarsi dei Buoni del Tesoro, e la FED interverrebbe per sostenerli. Quindi verrà raggiunto il punto di non ritorno e si scatenerà l’inferno!

Anche la Cina fa parte di questo gioco della fiducia.

Ma, contrariamente al FMI e ad altri rinomati economisti che stanno scommettendo sulle cosiddette forze economiche di Cina e Asia, sono del parere che i Buoni del Tesoro americano crolleranno, la fiducia in tutta la moneta a corso forzoso svanirà in modo analogo e ci sarà un enorme flusso di capitale verso le materie prime, specialmente oro, argento e petrolio.

I mercati azionari asiatici saranno devastati e ci sarà una forte volatilità nei prezzi delle valute.

Quindi è pura follia e sconsideratezza quella della banca centrale malaysiana (Bank Negara) e del governo anche solo prendere in considerazione lo scambio di ringgit. Quando svanirà la fiducia negli asset espressi in dollari, la Cina sarà colpita in pieno. La terza e ultima fase dello Tsunami Finanziario Globale devasterà le economie asiatiche e questo avrà come conseguenza la più grande depressione della storia.

Tempistiche?

Tra oggi e un qualunque periodo del 2011.

Al massimo, il 2012.

Dio ci aiuti.

di Matthias Chang

Fonte: www.globalresearch.ca

28 settembre 2010

I servizi segreti nell'ambito dei tre poteri dello Stato


Sommario. 1. Premessa. La teoria della tripartizione. 2. Come funzionano i servizi segreti in teoria. 3. Come funzionano i servizi segreti in pratica. 4. Il vero potere dello stato il potere economico. 5. Conseguenze e ricadute giuridiche. 6. Conclusioni e prospettive di riforma. 7. Una storia finale.

1. Premessa. La teoria della tripartizione.

Come abbiamo più volte sottolineato in questo blog, e come è noto a chi si informa da fonti non ufficiali, ogni cittadino, non solo italiano, viene bombardato di false notizie fin dall’infanzia, in modo che non abbia chiara la percezione di come funziona il mondo.
La disinformazione fa da padrona anche nell’Università, che in teoria dovrebbe essere il tempio del sapere.
Per quanto riguarda la facoltà di legge, una delle bufale che ci propinano fin dal primo anno, all’esame di diritto costituzionale, è quella della teoria della tripartizione.

Questa teoria risalirebbe a Montesquieu, e sarebbe valida ancora oggi perché lo stato moderno sarebbe fondato, secondo tutti gli studiosi concordi, sui suoi principi.

In base ad essa i poteri dello stato sarebbero tre:
legislativo (il parlamento);
esecutivo (il governo);
giudiziario (la magistratura).

Tale teoria la troviamo trasposta anche nella Costituzione, ove la parte II si intitola infatti “Ordinamento della Repubblica”, ed è divisa in: Parlamento, Governo, Magistratura.

Questi tre poteri sarebbero direttamente riconducibili alla volontà popolare, secondo l’articolo 1 che enuncia: “la sovranità appartiene al popolo”.
Il popolo infatti eleggerebbe i rappresentanti in parlamento: i politici eletti farebbero le leggi; il governo dovrebbe eseguire le leggi; e la magistratura dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione delle leggi.
Tutti i poteri in altre parole discenderebbero dal popolo, che sarebbe, appunto, sovrano.

Questa ricostruzione è una balla colossale per due ragioni.
Anzitutto perché in realtà il popolo non è affatto sovrano, in quanto non ha il potere di scegliere i suoi rappresentanti; le ultime leggi elettorali, infatti, hanno completamente azzerato il rapporto diretto tra eletti ed elettori.
In secondo luogo, i politici dipendono strettamente dal potere economico, e dai servizi segreti, di cui eseguono supinamente le direttive.

Se ciò che dico pare esagerato, vediamo di affrontare meglio la questione.

2. Come funzionano i servizi segreti in teoria.

I servizi segreti, in ogni paese, sono quegli organi deputati alla difesa dello Stato, con il compito di raccogliere informazioni rilevanti per il governo e il parlamento; la loro particolarità è che possono agire anche con mezzi non ortodossi, ovverosia illegali, commettendo reati. E dispongono di fondi, molti dei quali fuori da ogni controllo istituzionale.

Per capire come funzionano i servizi segreti sono fondamentali due libri: quello di Aldo Giannuli, divulgativo e di facile lettura, che ne spiega il funzionamento in teoria (sia pure con molti esempi pratici); e quello di Giuseppe De Lutiis, I servizi segreti in Italia, che traccia la storia dei nostri servizi segreti, dimostrando, dati e fatti alla mano, come tale organo abbia influenzato la politica italiana nel corso di questi ultimi decenni, a tal punto che si può affermare che sono loro il vero motore del paese.

Partiamo da una prima constatazione. I servizi segreti sono denominati in realtà “servizi di informazione”.
I loro nomi sono infatti attualmente AISE (agenzia di informazioni e sicurezza esterna) e AISI (agenzia di informazioni e sicurezza interna).

Il vero compito di un servizio segreto, infatti, non è solo uccidere, combattere i servizi segreti di altri paesi, sventare attentati, sequestrare e uccidere politici come Moro, ecc. Quella è una parte poco rilevante dell’attività dei servizi, tra le meno importanti.

L’attività principale di un servizio segreto è quella di raccogliere informazioni.
In teoria un servizio segreto (un servizio segreto vero, intendo), che sia al soldo di un governo veramente democratico, dovrebbe raccogliere informazioni su chiunque (anche semplici cittadini, perché no? nonché politici magistrati, ma soprattutto su criminalità organizzata, terrorismo, ecc.) e poi relazionare al governo, o agli organi che lo richiedono, affinché si neutralizzino i pericoli per la democrazia e il paese.
Il compito di neutralizzare i pericoli non spetta poi al servizio segreto, ma a tre organi diversi:
1) alla polizia (quando si tratta di pericoli derivanti dalla criminalità comune),
2) all’esercito (quando il pericolo deriva da uno stato estero),
3) o al parlamento.
Ad esempio: i ministri di un governo da poco insediato, con politici magari al loro primo incarico, saranno completamente all’oscuro dei pericoli derivanti da stati esteri, del modo di agire delle varie mafie, delle cellule terroristiche presenti nel territorio, ecc. Spetterà quindi ai servizi segreti fare relazioni sui pericoli prioritari per la sicurezza nazionale, allertare chi di dovere di eventuali infiltrati negli apparati di governo, ecc.
E in base a queste informazioni il governo deciderà poi dove e come stanziare fondi, se per la lotta alla droga, alla mafia, al terrorismo, ecc., le zone in cui operare, ecc.

In tal modo è ovvio che si influenza in modo decisivo la linea di politica interna ed esterna.

Ora, date queste caratteristiche, le loro operazioni, nelle mani giuste (cioè con i politici giusti e con le leggi giuste) possono trasformare un paese in un’oasi di sicurezza e di pace.
In uno Stato realmente democratico, ove i funzionari dei servizi fossero scelti per meriti, per lealtà allo Stato, e per onestà, il servizio segreto sarebbe un organo vitale per la difesa dei cittadini e della democrazia.

3. Come funzionano i servizi segreti in pratica.

Fin qui la teoria.
Nella pratica però inizia il problema.
Nelle mani sbagliate i servizi segreti possono trasformarsi in un micidiale strumento di morte e di sopraffazione della popolazione.
Dal momento che sono in possesso di informazioni vitali su stati esteri, criminalità interna esterna, cittadini, politici, aziende, ecc., possono condizionare a loro piacimento la politica del paese.

Se i servizi segreti utilizzano male il loro potere, possono distorcere le informazioni, e piegare gli organi costituzionali, siano essi il governo, il parlamento o la magistratura, ai loro scopi.

Inoltre potendo operare nell’illegalità, e potendo trincerarsi dietro al “segreto” apposto sulle loro operazioni, possono compiere qualsiasi tipo di operazione illegale.

Qui nasce il pericolo.

Infatti il servizio segreto ha il potere di inventare pericoli inesistenti; di minimizzare il rischio derivanti da singoli settori della criminalità, ecc.
Inventando pericoli militari inesistenti possono ad esempio far affluire soldi al ministro della difesa piuttosto che a quello dell’istruzione.
Minimizzando la potenza delle varie mafie distoglieranno fondi dalle forze di polizia, ecc.
Confezionando scandali ad hoc potranno far saltare poltrone, promuovere la nomina di determinate persone; possono uccidere testimoni scomodi, possono ditruggere organizzazioni politiche infiltrandole ed eterodirigendone i fini, possono ricattare.

E questo pericolo è tanto più concreto, quanto più il sistema di reclutamento dei funzionari dei servizi sia poco trasparente e corrotto; ora, dal momento che è noto il grado di corruzione a tutti i livelli, dei politici e dei funzionari pubblici in generale, va da sé che con lo stesso metodo saranno reclutati i dipendenti del servizio segreto.
Con quale risultato è facile immaginare. E’ sufficiente rammentare alcuni fatti:

- in ogni strage italiana, da Capaci, a Portella della Ginestra, passando per casi eclatanti come il sequestro Moro, c’era sempre dietro lo zampino dei servizi che – quanto meno – hanno depistato e deviato le indagini.

In alcuni casi, come quello del sequestro Moro, c’è praticamente la certezza che i servizi abbiano organizzato e condotto tutto il sequestro, come abbiamo avuto modo di vedere proprio su questo blog.

Per le stragi di Capaci e via D’Amelio, è praticamente provato che il telecomando che fece saltare in aria Borsellino fu azionato dal Cerisde di Palermo, situato a Castel Utveggio, sede dei servizi segreti; e che dalla stessa sede partì la telefonata che avvertì Brusca dell’arrivo di Falcone a Punta Raisi.
Di più. La strage di Via D’Amelio pare sia stata organizzata dai SOLI servizi segreti, senza la mafia, che si è solo presa la colpa, così come a suo tempo i brigatisti rossi si presero la responsabilità del sequestro Moro (ma è stato dimostrato che i brigatisti più noti erano in realtà uomini dei servizi).

E questi sono esempi.

In compenso non esiste una sola strage in Italia, o un solo evento importante, che i servizi segreti abbiano contribuito a risolvere, facendo arrestare i colpevoli. Anzi. Nei vari processi per strage italiani, da Ustica a Piazza della Loggia al Mostro di Firenze, si riscontra sempre, inevitabilmente, con una precisione quasi chirurgica, la morte di tutti i testimoni chiave, degli investigatori, ecc. Sono morti per incidenti, per malori improvvisi, ecc., ma – come abbiamo trattato diffusamente in molti articoli del nostro blog – si tratta di morti effettuate con la stessa tecnica, con le stesse modalità, con la stessa tempistica, addirittura con identici simbolismi; e queste morti non sono attribuibili alla mafia, o alla criminalità organizzata in genere. Tecniche così sofisticate e precise possono essere il frutto unicamente di un lavoro effettuato dai servizi segreti.

. Ricordiamo poi vicende come quella del Generale Santovito, imputato nel traffico d’armi in una vicenda che coinvolgeva OLP e BR, morto prima della sentenza. O quella del generale dei ROS Ganzer, condannato a 14 anni per traffico di stupefacenti; poi i depistaggi dei servizi nella vicenda Toni e De Palo, ecc. L’elenco è infinito e potrebbe continuare a lungo.

- i funzionari dei servizi corrotti, o implicati in qualche scandalo, sono stati non arrestati e degradati, come dovrebbe essere, ma addirittura promossi o collocati in posti di prestigio. Ricordiamo ad esempio il caso del generale Mori che, messo sotto inchiesta per la mancata perquisizione al covo di Riina, è stato prima nominato capo della sicurezza del Porto di Gioia Tauro, e poi capo della sicurezza del Comune di Roma, da Alemanno.

Il genersale Miceli, capo del SID, arrestato per cospirazione contro lo stato, e sospettato di essere coinvolto in attentati, stragi, nel Golpe Borghese e delitti vari (in quanto faceva parte dell'organizzazione Rosa dei venti), coinvolto nella P2, fu assolto e promosso a generale d'armata. E, giusto per non farsi mancare niente, come ulteriore premio fu eletto deputato nell'MSI.

A questi dati ne dobbiamo aggiungere un altro:

- I vertici dei servizi, per anni, sono stati anche membri della P2 o della massoneria. Nella lista della P2 c'erano 22 generali dell'esercito e 12 generali dei Caraninieri. Nonchè tutti i vertici dei servizi segreti, Miceli, Santovito, Pelosi, Allavena, Grassini, La Bruna.

Che significa questo?
Significa che è fortissimo il legame tra servizi segreti e massoneria. Per dirla tutta, e con parole chiare, il sospetto è che i servizi segreti dipendano in realtà non dal ministro in carica, ma dai vertici della massoneria. E che cariche, compiti, fini, siano decisi non a livello politico ma massonico.

I risultati pratici ed operativi di questa situazione possono essere riassunti con alcuni esempi.

Si deve far saltare la poltrona su cui siede Marrazzo? Ecco confezionato ad hoc lo scandalo dei trans. La firma dei servizi è inequivocabile, non solo per la tecnica usata, ma anche perché il luogo dello scandalo era quella famosa via Gradoli, dove dicono fu tenuto Moro prigioniero, che altro non è se non uno stabile di proprietà dei servizi segreti.

Si deve mandare un pesante avvertimento ad Andreotti? Ecco lì belli e pronti alcuni falsi pentiti che dichiarano pure di aver visto Andreotti baciarsi con Riina.
Beninteso: non sto dicendo che le accuse mosse ad Andreotti fossero false. Sto solo dicendo che ad essere falso era in realtà il processo, perché i sospetti sulla collusioni di Andreotti con la mafia (per non dire le certezze) esistevano da molto tempo (dai tempi in cui Nando Dalla Chiesa scrisse “Delitto imperfetto”). Il punto è che le accuse sono emerse solo dopo molto tempo, e solo quando si trattava di punire Andreotti per ben altri motivi; motivi tutti interni alla massoneria internazionale, e che nulla hanno a che vedere con ragioni come legalità e giustizia.

Stessa cosa è stata fatta per Berlusconi. Le accuse di collusioni con la mafia ci sono da anni; sono note le vicende di Mangano, la condanna di Dell’Utri per associazione a delinquere di stampo mafioso, ecc., ma la notizia delle collusioni tra mafia e Forza Italia è stata sparata su tutti i giornali e sulle stesse TV di Berlusconi solo al momento giusto, quando cioè si trattava di dare un ulteriore colpo a Berlusconi, per affossarne la leadership. C’è poco da dubitare che le dichiarazioni del pentito Spatuzza (irrilevanti a livello giuridico, come abbiamo detto in un altro nostro articolo) siano un’operazione ben congegnata dei servizi.

Si deve mandare un messaggio trasversale, un ricatto, una minaccia? Ecco pronto il dossier sull’acquisto irregolare di una casa per Fini, per D’Alema, e per chiunque, detto in parole povere, rompa i coglioni.

E' nata un'organizzazione politica che si impegna troppo nel sociale? E' stato creato un centro sociale che potrebbe attivarsi troppo per far capire alla gente come funziona il sistema?
Ecco inviati un bel po' di infiltrati dei servizi, che in poco tempo distruggono l'organizzazione, o la rendono innocua uccidendo o mettendo fuori gioco i membri più pericolosi. Qualche esempio pratico? Eccolo.

Forza Nuova ha un programma troppo smaccatamente antisistema e troppo pericoloso? Ecco belli pronti e confezionati degli articoli di giornale che li presentano come razzisti e fascisti; ecco confezionato qualche bell'incidente che coinvolga i Forzanovisti, magari con qualche morto (come quello di Nicola Tommasoli) in modo che la gente associ il nome di Forza Nuova a quello di razzisti assassini. Non a caso Forza Nuova è l'unico movimento che si batte avendo tra i 9 punti del suo programma ufficiale l'abolizione dei servizi segreti.

Il centro sociale Leoncavallo è troppo attivo? Ecco qui belli e pronti incidenti stradali per i più pericolosi:
- un bel suicidio per l'avvocato del leoncavallo Lucio Iassa;
- una morte tra le fiamme, per Betty Altomare,
- un assassinio per Fausto e Iaio (ovviamente attribuito ai fascisti) ecc.
- Se poi qualche giornalista, come Mauro Brutto, inizia a sospettare che dietro ai due omicidi non ci sono i fascisti, ma i servizi segreti, no problem: lo si fa investire da una Simca 1100 che toglie di mezzo il rompicoglioni.

Delle morti sospette nei centri sociali ne abbiamo parlato più diffusamente qui.:

http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/01/lettere-da-una-lettrice-sui-centri.html

L’immenso potere dei servizi spiega, ad esempio, come possa essere eletto parlamentare un politico come D’Elia, che si è fatto venti anni di galera per aver ucciso a sangue freddo un poliziotto; non perché – come ha detto il prode difensore dei deboli Bertinotti – è un uomo che ha pagato il suo debito con la giustizia, ma perché era un uomo dei servizi, che ha agito sotto copertura, e che poi è stato premiato per il “servizio” reso ai “servizi”.

4. Il vero potere dello Stato. Il potere economico.

A questo punto però c’è da rispondere ad una domanda fondamentale.
A chi rispondono i servizi?
Se è vero infatti che sono questi l’organo più potente dello Stato, è anche vero che essi non hanno finalità proprie, ma dipendono a loro volta da altri poteri.
Per rispondere occorre conoscere la storia, il diritto, e la cronaca giudiziaria, per capire che sono tre gli enti cui fanno realmente capo i servizi, ma nessuno di essi è un organo regolare.
Andiamo con ordine.

Dal punto di vista giuridico, occorre leggere la nostra costituzione e alcune leggi che riguardano gli organi statali più importanti, e allora è facile individuare la prima risposta: le banche. Senza leggere teorie complottiste o autori notoriamente antisistema, è sufficiente leggere la legge con cui viene regolato il funzionamento della Banca D’Italia e della BCE, per capire che sono le banche i veri padroni del sistema in cui viviamo (capisaldi di questa legislazione delirante sono: le immunità di cui godono gli amministratori della BCE, la completa indipendenza da parlamenti e governi, e il totale assoggettamento delle banche centrali al potere delle banche private anche estere).

Dal punto di vista storico, un’analisi dei rapporti tra il nostro Stato e gli USA ci fa capire che noi siamo uno Stato a sovranità limitata, nel senso che dipendiamo sia economicamente sia dal punto di vista militare dagli USA, quindi dalla CIA. Lo dimostrano, a tacer d’altro, le innumerevoli basi NATO sparse sul territorio nazionale, che sarebbero impensabili in uno Stato veramente sovrano.

Infine, la cronaca giudiziaria – che ha dimostrato come i vertici dei servizi per decenni fossero tutti scelti all’interno della P2 – ha dimostrato che l’ente più potente, che comanda direttamente i servizi segreti, è un ente non statale: la massoneria.

Massoneria, banche e servizi segreti costituiscono quindi un connubio indissolubile, e sono portatori di interessi unitari; interessi che vengono perseguiti tramite i servizi segreti, che sono quindi un organo non al servizio del nostro governo (spesso i ministri in carica non sanno neanche come funzionano nella pratica, i servizi) ma al servizio del potere economico internazionale.
A tal proposito mi ricordo un colloquio che ebbi con l’onorevole Falco Accame, tempo fa, il quale mi disse che all’epoca in cui fu nominato sottosegretario alla Difesa, passando per gli uffici della Difesa notava degli uffici con scritto “Ufficio SB”; racconta che con alcuni suoi amici, non sapendo di cosa si trattasse, e non riuscendo a capire quali funzioni avessero questi uffici, ironizzava su di essi e li chiamavano “uffici servizi bassi”. Solo dopo molto tempo capì che era “ufficio Stay Behind”: Gladio, insomma.

5. Ricadute giuridiche di questa situazione.

In altre parole, e concludendo, viviamo in un paese ove l’organo più delicato e potente dello Stato non ha alcuna garanzia costituzionale e opera fuori da ogni controllo e al soldo di poteri che non sono affatto previsti dalla Costituzione.
Le ricadute di questa situazione dal punto di vista giuridico sono molteplici.

Primo. La sovranità non appartiene al popolo, ma al potere economico. Non a caso la sovranità monetaria, una delle più importanti forme di sovranità statale, è in mano alle banche private.
Se ne va a farsi benedire quindi l’articolo 1 della Costituzione.

Secondo. Il diritto all’informazione è una vana chimera. La verità è che le informazioni sono filtrate, manipolate, condizionate dai servizi segreti. Talvolta le notizie non sono semplicemente manipolate: sono addirittura create ad hoc (si pensi al falso dossier sulle famigerate armi chimiche inesistenti di Saddam Hussein, preparato dal nostro governo, che fu – ufficialmente – la scintilla che fece scoppiare la guerra in Iraq).
Viene vanificato cioè l’articolo 21 della Costituzione.

Terzo. Il diritto alla giustizia è, nei casi più gravi, nulla più che una chimera. I processi più importanti sono manipolati in modo da lasciare impuniti i colpevoli, in quanto la giustizia viene condizionata in vario modo, dall’uccisione dei testimoni alla corruzione dei magistrati, fino all’eliminazione fisica di magistrati, poliziotti o carabinieri che conducono seriamente le indagini.
Come abbiamo detto, è da spiegare nell’intervento costante dei servizi segreti in ogni strage italiana, nonché nei delitti più importanti, il motivo della mancata assicurazione alla giustizia dei responsabili.
In poche parole, viene reso come carta straccia tutto il titolo IV della Costituzione, dedicato alla magistratura.

Quarto. Una chimera senza fondamento è l’articolo 28, secondo cui i funzionari dello Stato sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. La recente legge sui servizi segreti, infatti, la L. 124/2007 ha addirittura rafforzato la possibilità per i dipendenti di questi organi, la possibilità di commettere reati e l’impunità per la loro commissione.
Quindi la verità è che ad essere responsabili saranno tutt’al più alcuni dipendenti pubblici in settori non vitali della Repubblica; ma i funzionari che ricoprono incarichi più delicati potranno fare quello che vogliono, sicuri della totale immunità.

6. Conclusioni e prospettive di riforma.

La situazione che abbiamo delineato sembrerebbe drammatica ma non lo è così tanto, sol che si pensi che la nostra nazione è diventata democratica da poco più di un secolo; e la monarchia è scomparsa definitivamente solo dal ’47 in poi.

Poco più di sessanta anni non possono garantire un passaggio da millenni di stato assoluto ad uno stato democratico. Per far questo ci vorranno ancora molti decenni, molto sangue, molte ingiustizie.
Presa coscienza del problema, i primi progetti politici seri dovranno essere quelli di una riforma dei servizi in senso democratico, dando a questo organo delle garanzie costituzionali; riforma non disgiunta da una completa revisione della Costituzione, in modo che siano veramente assicurati i diritto fondamentali ad ogni individuo.

In particolare, sarà necessario adeguare sempre di più i servizi al quel principio di trasparenza che, in teoria, dovrebbe permeare tutto il sistema amministrativo italiano, ricordandoci che anche tali organi sono pur sempre organi amministrativi, soggetti alle regole del diritto costituzionale e amministrativo.

Per ora, noi cittadini dobbiamo accontentarci di capire il sistema, sperando che sensibilizzando un numero maggiore di persone, venga presto il giorno in cui saranno in molti a chiedere una riforma dei servizi segreti, per trasformarli in un organo realmente a difesa del cittadino.
Tale trasformazione dovrebbe essere chiesta anche dagli appartenenti ai servizi stessi, perché i primi a pagare il prezzo di questo sistema sono i dipendenti dei servizi stessi, che – vivendo nell’illegalità e nell’ombra – possono essere uccisi da un momento all’altro quando giudicati scomodi per qualche motivo, o quando siano portatori di segreti troppo pericolosi.
Per esemplificare la drammatica situazione in cui vivono i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, il cui padre era un funzionario dei servizi segreti. All’età di dodici anni gli uccisero il padre, e la cosa – manco a dirlo – fu fatta passare per suicidio. In quello stesso periodo si “suicidarono” altri due funzionari dei servizi nel paese in cui viveva, Bracciano.

7. Una storia finale.

Per esemplificare la drammatica situazione in cui hanno sempre vissuto i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, che per comodità potremmo chiamare Giulio, Adriano o Cesare.
Il padre era un funzionario dei servizi segreti durante gli “anni di piombo”.
All’età di dodici anni perse il padre, secondo quella che definirei una “moda intramontabile”, ovvero il suicidio. Naturalmente, con il passare del tempo e l’aumento di queste morti a dir poco sospette, la storia ufficiale ha riconosciuto, con un abile gioco di parole, che non “si suicidarono” ma “furono suicidati”. D’altronde - mi racconta Giulio - era in corso una vera e propria guerra, nella quale era difficile comprendere quali fazioni fossero al servizio dello Stato e quali invece fossero “deviate”, tanto che fin troppo spesso questa verità era ignota anche agli stessi agenti.
Il trasferimento da un nuovo incarico, anche di maggior prestigio, non rappresentava quasi mai una promozione, ma solo la morte di un collega: per questo, appena giunta la notizia del richiamo in patria, il padre di Giulio comprese immediatamente la situazione. Sapeva che sarebbe morto e ne rese partecipe la famiglia, cercando di prepararla alle difficili situazioni che sarebbero seguite.
Purtroppo al peggio non c’è limite e neanche il momento di maggior dolore è in grado di allontanare la “guerra” dai superstiti, i familiari, vittime anch’essi di questi giochi di potere. La storia delle famiglie di almeno un’ottantina di fedeli servitori dello Stato è stata sempre la stessa:
- sequestro dei corpi ed esami autoptici condotti da medici legali “autorizzati”;

- perquisizioni effettuate tra i parenti in lacrime, finalizzate alla ricerca di armi, documenti ed effetti personali;

- funerali blindati, ai quali non è mai intervenuta nessuna autorità, né collega;

- blocco dei conti bancari noti ed insabbiamento delle pratiche pensionistiche, qualora una famiglia osi chiedere il riconoscimento della morte in servizio o per cause inerenti il servizio: in questo caso, nell’ottica che infangare è più semplice che premiare (ovvero spiegare al popolo fatti oggettivamente scomodi), sono stati versati fiumi di veleno che giustificassero quanto avvenuto. Il padre di Giulio, come gli altri, fu descritto come uno che aveva avuto relazioni extraconiugali, debiti, che amava la bella vita, le auto di lusso e le donne: al tempo stesso però, la sera era sempre rientrato a casa, giocava con i figli e non litigava mai con la moglie. Aveva un orticello dove coltivava la terra e trascorreva le poche giornate libere con la famiglia e gli amici e Giulio non vide mai queste belle donne e queste macchine.

Fortunatamente però le giornate duravano solo 24 ore anche per gli agenti dei servizi segreti, e quindi Giulio non credette mai a quanto veniva riportato dai giornali. Sua madre, una donna dal carattere molto forte e legata al marito da un amore indissolubile, gli ricordò quanto aveva detto suo padre ed intraprese la strada più difficile, passando attraverso tutte le tappe, tra ricatti, difficoltà economiche e minacce di morte.

Ad ogni loro mossa venivano avvicinati da uno sconosciuto che gli consigliava di salutarsi, perché magari Giulio non sarebbe tornato da scuola o non avrebbe trovato la madre al suo ritorno. Ogni mattina Giulio trovava sul cammino da casa a scuola uno sconosciuto che gli diceva "Bambino, saluta tua madre, perchè non sai se la rivedrai al tuo ritorno". Con questo stato d’animo Giulio veniva a scuola senza raccontare a nessuno quel che gli succedeva, perché non avrebbero capito. In questa situazione hanno vissuto e vivono tuttora molte famiglie di persone che sono morte credendo di fare qualcosa di buono per lo stato; credendo che il loro lavoro servisse per un fine più nobile di uno sporco gioco di potere.

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A Giulio che ho rincontrato dopo oltre venti anni e che è rimasto come allora.
Quando eravamo adolescenti dicevo spesso “mi sta molto simpatico ma nasconde qualcosa. Ride troppo e scherza troppo”.
Oggi ho capito cosa nascondeva.
Che il sacrificio di tuo padre in futuro si trasformi in energia positiva e possa essere un piccolo contributo per un miglioramento futuro della nostra società.
E che questa carneficina possa finire un giorno.

di Paolo Franceschetti

30 settembre 2010

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

29 settembre 2010

Basilea III: banche mondiali sull'orlo del precipizio







Le banche “Troppo Grandi Per Fallire” di tutto il mondo si trovano in una condizione così precaria che, nei prossimi mesi, letteralmente qualsiasi cosa può provocare un crollo.

Ho letto commenti recenti su Basilea III postati su vari siti web e pubblicazioni finanziarie importanti ma questi non hanno colto (o hanno sviato di proposito) il messaggio sottinteso delle proposte, la cui implementazione sarà posticipata in parte al 2017 e in parte al 2019.

Basilea III è pura propaganda e il momento per la sua introduzione è stato scelto per placare i forti timori che non ci siano soluzioni in vista per trarre in salvo il sistema della moneta a corso forzoso e il sistema bancario a riserva frazionaria.



IL PROBLEMA

Le principali banche mondiali sono tutte sottocapitalizzate e questo è apparso del tutto evidente quando è crollata Lehman Brothers. Le banche stavano prendendo a prestito così tanti soldi e giocavano in modo così spericolato nel casinò globale che quando le scommesse sono andate a rotoli, si sono trovate di fronte ad un buco nero nell’ordine di migliaia di miliardi di dollari. In realtà le banche sono tutte insolventi.

Il problema si è aggravato quando i banchieri centrali (tutti corrotti, senza eccezioni) e i regolatori hanno chiuso un occhio sul modo con cui i banchieri avevano definito gli elementi che costituivano il “capitale”, così da aggirare la necessità di mantenere il rapporto di capitale.

LA SOLUZIONE DI BASILEA III

Nella sua riunione del 12 settembre 2010, il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori, l’organismo di controllo della Commissione di Basilea sulla vigilanza bancaria, ha annunciato un importante rafforzamento dei requisiti sul capitale esistente e ha approvato all’unanimità l’accordo che aveva raggiunto il 26 luglio 2010. Queste riforme sul capitale, insieme all’introduzione di uno standard sulla liquidità globale, sono al centro del programma di riforma finanziaria globale e saranno presentate al summit dei leader del G20 che si terrà a Seul a novembre.

Il pacchetto di riforme della Commissione aumenterà i requisiti minimi di common equity dal 2% al 4,5%

Inoltre, alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto di capitali del 2,5% per sostenere futuri periodi di sollecitazioni, il che porta i requisiti complessivi di common equity al 7%.


Questo consolida la definizione più stringente di capitale concordata dai Governatori e dai Supervisori a luglio e i requisiti di capitale più elevati per le attività di trading, sui derivati e di cartolarizzazione che saranno introdotti alla fine del 2011.

Aumento dei requisiti di capitale

Secondo gli accordi raggiunti, i requisiti minimi per il common equity, la forma più alta di capitale in grado di assorbire le perdite, saranno innalzati dal livello attuale del 2%, prima dell’applicazione delle modifiche regolamentari, al 4,5% dopo l’applicazione di modifiche più severe.

Tutto questo sarà introdotto gradualmente entro il 1° gennaio 2015.

I requisiti di capitale Tier 1, che comprende il common equity ed altri strumenti finanziari che si basano su criteri più severi, aumenteranno dal 4% al 6% nel corso dello stesso periodo.


Il Gruppo dei Governatori e dei Supervisori ha inoltre convenuto sul fatto che il cuscinetto di conservazione del capitale oltre i requisiti minimi regolamentari verrà tarato al 2,5% e dovrà coincidere con il common equity, al netto delle deduzioni.

Lo scopo del cuscinetto di conservazione è quello di garantire che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter utilizzare per assorbire le perdite nel corso di periodi di sollecitazioni finanziarie ed economiche.

Mentre alle banche viene permesso di attingere al cuscinetto nel corso di tali periodi di sollecitazioni, più si assottiglierà il rapporto sui requisiti minimi di capitale e maggiori saranno i vincoli sulla ripartizione degli utili.

Questa struttura consoliderà l’obiettivo di una supervisione e di una governance bancaria efficace e affronterà il problema dell’azione collettiva che ha impedito ad alcune banche di limitare le ripartizioni (come i bonus discrezionali ed i grossi dividendi), anche di fronte a situazioni con capitale in deterioramento. Un cuscinetto anticiclico che va dallo 0% al 2,5% di common equity o di altro capitale in grado di assorbire le perdite sarà implementato a seconda delle circostanze dei singoli stati nazionali.

Lo scopo del cuscinetto anticiclico è quello di raggiungere l’obiettivo macroprudenziale più ampio di proteggere il settore bancario dai periodi di eccessiva crescita del credito aggregato.

Per ogni paese, questo cuscinetto sarà in vigore solamente quando ci sarà una crescita eccessiva di credito che avrà come risultato un innalzamento del rischio a livello di sistema.

Il cuscinetto anticiclico, quando sarà in vigore, verrebbe introdotto come un’estensione del cuscinetto di conservazione.

Questi requisiti di capitale sono integrati da un rapporto sulla leva non basato sul rischio che servirà di rinforzo alle misure basate sul rischio descritte sopra.

A luglio, i Governatori e i Supervisori avevano convenuto di testare un rapporto minimo sulla leva del Tier 1 del 3% nel corso del periodo di prova in parallelo.

Sulla base ai risultati del periodo di prova in parallelo, le ultime modifiche verrebbero effettuate nella prima metà del 2017 con la prospettiva di migrare al trattamento del Pillar 1 il 1° gennaio 2018, sulla base di una corretta verifica e taratura.

In modo sistemico le banche importanti dovrebbero avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore agli standard annunciati oggi e il lavoro su questa questione continua nei gruppi di attività del Financial Stability Board e della Commissione di Basilea.

LA SCAPPATOIA & L’AMMISSIONE DI INSOLVENZA

Fin dall’inizio della crisi le banche si sono assunte l’impegno di aumentare i loro livelli di capitale.

Tuttavia, i risultati preliminari dell’esauriente studio sull’impatto quantitativo condotto dalla Commissione mostra che, a partire dalla fine del 2009, le grandi banche avranno bisogno, in totale, di una quantità significativa di capitale aggiuntivo per rispondere a questi nuovi requisiti.

Le banche più piccole, particolarmente importanti per i prestiti erogati alle piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi rispondono già a questi standard più elevati.

I Governatori ed i Supervisori hanno anche convenuto su accordi di transizione per implementare i nuovi standard.

Questo per garantire che il settore bancario possa soddisfare gli standard più elevati sui capitali attraverso trattenute equilibrate sugli utili e aumenti di capitale, e nel contempo continuando ad erogare prestiti all’economia.

LA PROVA INCONFUTABILE CHE LE BANCHE SI TROVANO NELLA MERDA FINO AL COLLO

Siete pregati di leggere tutti i passaggi che ho evidenziato in grassetto sopra. Se le banche fossero sempre capitalizzate in modo adeguato e se ai banchieri centrali collusi con questi bankster fosse impedito di effettuare manipolazioni, non ci sarebbe alcun bisogno delle regole di Basilea III.

Nel dire questo non sto assolutamente ammettendo che con questi nuovi requisiti le banche saranno capitalizzate in modo adeguato.

La semplice verità è che fintanto che il casinò dei derivati sarà aperto e alle banche sarà concesso di continuare le loro attività fuori bilancio, non si risolverà nulla. Le due tabelle qui sotto la dicono tutta:




Fonte: Basel iii Compliance Professionals Association (B iii CPA)


Come può essere sufficiente un requisito finale di capitale dell’8 per cento quando la leva, secondo Basilea III, può ancora essere al livello astronomico di 33 a 1 ? Nella seconda tabella, non ci vuole un genio per concludere che la crisi del settore bancario (se saremo fortunati) potrebbe “risolversi” entro il 2015 ma è più probabile che potrà risolversi soltanto entro il 2017/2018.

Questa è una chiara ammissione del fatto che tutte le banche avrebbero bisogno di un simile periodo di transizione per adeguarsi ai nuovi requisiti!

La cruda realtà è che in questo momento critico le banche “Troppo Grandi Per Fallire” non hanno né la capacità né i mezzi per aumentare il capitale. Per usare un’analogia, il paziente bancario sarà in terapia intensiva fino al 2017, cosa piuttosto ottimistica perché questa previsione crede che il paziente sarà in grado di riprendersi.

La mia opinione è che Basilea III sia pura propaganda e sia intesa per dare l’impressione che i banchieri centrali e i regolatori abbiano tutto sotto controllo. Ma è una grossa bugia!

Avevo detto in un mio articolo precedente che la FED, attraverso il QE I, aveva acquistato degli asset tossici dalle banche: una parte di quei fondi erano stati utilizzati per sostenere le riserve mentre un’altra parte per acquistare Buoni del Tesoro (per dare l’illusione di asset di qualità migliore nei bilanci delle banche). Ce ne sono molti di più, migliaia di miliardi di dollari di rifiuti tossici che nessun QE (quantitative easing) può eliminare. Questa situazione non tiene nemmeno in considerazione i rifiuti tossici negli SPV – quelle cose astruse tenute fuori bilancio. La FED e gli organismi di controllo hanno sospeso le norme contabili che hanno permesso alle banche di nascondere questa spazzatura tossica negli SPV e di non doverla annoverare nei loro bilanci.

SUPPORTO VITALE

Il QE I ha solamente permesso alle banche “Troppo Grandi Per Fallire” di continuare un qualche genere di attività bancaria nascondendo pertanto all’opinione pubblica che erano insolventi, e quindi impedendo una corsa agli sportelli.

Ma i banchieri centrali non possono avere la botte piena e la moglie ubriaca. Nel tentativo di sostenere la fiducia dell’opinione pubblica nelle banche con l’introduzione di Basilea III, hanno senza volere sputato il rospo e, come mostrano le due tabelle, le banche sono tutte insolventi.

Inoltre, qualunque siano le riserve accumulate, queste sono insufficienti per incentivare ulteriormente i prestiti, perché le banche hanno raggiunto i loro limiti in base al sistema di riserva frazionaria. Questo è il motivo della contrazione del credito e non, come ha ipotizzato un commentatore, che Basilea III “contrarrebbe il credito”.

Due sono i problemi che gravano sulle banche:

1) capitale insufficiente per far fronte alle passività (prestiti); e

2) riserve insufficienti nel sistema a riserva frazionaria.

Questo è un grosso casino!

IL GIOCO DELLA FIDUCIA

In questo momento non riesco a dare una tempistica precisa su quanto la FED e i banchieri centrali di tutto il mondo possano ancora prolungare il gioco della fiducia, illudendo l’opinione pubblica e i creditori sovrani che vada tutto bene.

Quando, per qualsiasi ragione, la fiducia nelle banche svanirà, le conseguenza saranno terribili e ci saranno grandissime rivolte in tutto il mondo. Il primo segnale che il gioco sta per finire sarà quando la FED aumenterà gli acquisti di Buoni del Tesoro americano per compensare i deficit dei creditori stranieri e per finanziare la crescita del deficit degli Stati Uniti.

Tutto ad un tratto alcuni enti potrebbero iniziare veramente ad innervosirsi e a disfarsi dei Buoni del Tesoro, e la FED interverrebbe per sostenerli. Quindi verrà raggiunto il punto di non ritorno e si scatenerà l’inferno!

Anche la Cina fa parte di questo gioco della fiducia.

Ma, contrariamente al FMI e ad altri rinomati economisti che stanno scommettendo sulle cosiddette forze economiche di Cina e Asia, sono del parere che i Buoni del Tesoro americano crolleranno, la fiducia in tutta la moneta a corso forzoso svanirà in modo analogo e ci sarà un enorme flusso di capitale verso le materie prime, specialmente oro, argento e petrolio.

I mercati azionari asiatici saranno devastati e ci sarà una forte volatilità nei prezzi delle valute.

Quindi è pura follia e sconsideratezza quella della banca centrale malaysiana (Bank Negara) e del governo anche solo prendere in considerazione lo scambio di ringgit. Quando svanirà la fiducia negli asset espressi in dollari, la Cina sarà colpita in pieno. La terza e ultima fase dello Tsunami Finanziario Globale devasterà le economie asiatiche e questo avrà come conseguenza la più grande depressione della storia.

Tempistiche?

Tra oggi e un qualunque periodo del 2011.

Al massimo, il 2012.

Dio ci aiuti.

di Matthias Chang

Fonte: www.globalresearch.ca

28 settembre 2010

I servizi segreti nell'ambito dei tre poteri dello Stato


Sommario. 1. Premessa. La teoria della tripartizione. 2. Come funzionano i servizi segreti in teoria. 3. Come funzionano i servizi segreti in pratica. 4. Il vero potere dello stato il potere economico. 5. Conseguenze e ricadute giuridiche. 6. Conclusioni e prospettive di riforma. 7. Una storia finale.

1. Premessa. La teoria della tripartizione.

Come abbiamo più volte sottolineato in questo blog, e come è noto a chi si informa da fonti non ufficiali, ogni cittadino, non solo italiano, viene bombardato di false notizie fin dall’infanzia, in modo che non abbia chiara la percezione di come funziona il mondo.
La disinformazione fa da padrona anche nell’Università, che in teoria dovrebbe essere il tempio del sapere.
Per quanto riguarda la facoltà di legge, una delle bufale che ci propinano fin dal primo anno, all’esame di diritto costituzionale, è quella della teoria della tripartizione.

Questa teoria risalirebbe a Montesquieu, e sarebbe valida ancora oggi perché lo stato moderno sarebbe fondato, secondo tutti gli studiosi concordi, sui suoi principi.

In base ad essa i poteri dello stato sarebbero tre:
legislativo (il parlamento);
esecutivo (il governo);
giudiziario (la magistratura).

Tale teoria la troviamo trasposta anche nella Costituzione, ove la parte II si intitola infatti “Ordinamento della Repubblica”, ed è divisa in: Parlamento, Governo, Magistratura.

Questi tre poteri sarebbero direttamente riconducibili alla volontà popolare, secondo l’articolo 1 che enuncia: “la sovranità appartiene al popolo”.
Il popolo infatti eleggerebbe i rappresentanti in parlamento: i politici eletti farebbero le leggi; il governo dovrebbe eseguire le leggi; e la magistratura dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione delle leggi.
Tutti i poteri in altre parole discenderebbero dal popolo, che sarebbe, appunto, sovrano.

Questa ricostruzione è una balla colossale per due ragioni.
Anzitutto perché in realtà il popolo non è affatto sovrano, in quanto non ha il potere di scegliere i suoi rappresentanti; le ultime leggi elettorali, infatti, hanno completamente azzerato il rapporto diretto tra eletti ed elettori.
In secondo luogo, i politici dipendono strettamente dal potere economico, e dai servizi segreti, di cui eseguono supinamente le direttive.

Se ciò che dico pare esagerato, vediamo di affrontare meglio la questione.

2. Come funzionano i servizi segreti in teoria.

I servizi segreti, in ogni paese, sono quegli organi deputati alla difesa dello Stato, con il compito di raccogliere informazioni rilevanti per il governo e il parlamento; la loro particolarità è che possono agire anche con mezzi non ortodossi, ovverosia illegali, commettendo reati. E dispongono di fondi, molti dei quali fuori da ogni controllo istituzionale.

Per capire come funzionano i servizi segreti sono fondamentali due libri: quello di Aldo Giannuli, divulgativo e di facile lettura, che ne spiega il funzionamento in teoria (sia pure con molti esempi pratici); e quello di Giuseppe De Lutiis, I servizi segreti in Italia, che traccia la storia dei nostri servizi segreti, dimostrando, dati e fatti alla mano, come tale organo abbia influenzato la politica italiana nel corso di questi ultimi decenni, a tal punto che si può affermare che sono loro il vero motore del paese.

Partiamo da una prima constatazione. I servizi segreti sono denominati in realtà “servizi di informazione”.
I loro nomi sono infatti attualmente AISE (agenzia di informazioni e sicurezza esterna) e AISI (agenzia di informazioni e sicurezza interna).

Il vero compito di un servizio segreto, infatti, non è solo uccidere, combattere i servizi segreti di altri paesi, sventare attentati, sequestrare e uccidere politici come Moro, ecc. Quella è una parte poco rilevante dell’attività dei servizi, tra le meno importanti.

L’attività principale di un servizio segreto è quella di raccogliere informazioni.
In teoria un servizio segreto (un servizio segreto vero, intendo), che sia al soldo di un governo veramente democratico, dovrebbe raccogliere informazioni su chiunque (anche semplici cittadini, perché no? nonché politici magistrati, ma soprattutto su criminalità organizzata, terrorismo, ecc.) e poi relazionare al governo, o agli organi che lo richiedono, affinché si neutralizzino i pericoli per la democrazia e il paese.
Il compito di neutralizzare i pericoli non spetta poi al servizio segreto, ma a tre organi diversi:
1) alla polizia (quando si tratta di pericoli derivanti dalla criminalità comune),
2) all’esercito (quando il pericolo deriva da uno stato estero),
3) o al parlamento.
Ad esempio: i ministri di un governo da poco insediato, con politici magari al loro primo incarico, saranno completamente all’oscuro dei pericoli derivanti da stati esteri, del modo di agire delle varie mafie, delle cellule terroristiche presenti nel territorio, ecc. Spetterà quindi ai servizi segreti fare relazioni sui pericoli prioritari per la sicurezza nazionale, allertare chi di dovere di eventuali infiltrati negli apparati di governo, ecc.
E in base a queste informazioni il governo deciderà poi dove e come stanziare fondi, se per la lotta alla droga, alla mafia, al terrorismo, ecc., le zone in cui operare, ecc.

In tal modo è ovvio che si influenza in modo decisivo la linea di politica interna ed esterna.

Ora, date queste caratteristiche, le loro operazioni, nelle mani giuste (cioè con i politici giusti e con le leggi giuste) possono trasformare un paese in un’oasi di sicurezza e di pace.
In uno Stato realmente democratico, ove i funzionari dei servizi fossero scelti per meriti, per lealtà allo Stato, e per onestà, il servizio segreto sarebbe un organo vitale per la difesa dei cittadini e della democrazia.

3. Come funzionano i servizi segreti in pratica.

Fin qui la teoria.
Nella pratica però inizia il problema.
Nelle mani sbagliate i servizi segreti possono trasformarsi in un micidiale strumento di morte e di sopraffazione della popolazione.
Dal momento che sono in possesso di informazioni vitali su stati esteri, criminalità interna esterna, cittadini, politici, aziende, ecc., possono condizionare a loro piacimento la politica del paese.

Se i servizi segreti utilizzano male il loro potere, possono distorcere le informazioni, e piegare gli organi costituzionali, siano essi il governo, il parlamento o la magistratura, ai loro scopi.

Inoltre potendo operare nell’illegalità, e potendo trincerarsi dietro al “segreto” apposto sulle loro operazioni, possono compiere qualsiasi tipo di operazione illegale.

Qui nasce il pericolo.

Infatti il servizio segreto ha il potere di inventare pericoli inesistenti; di minimizzare il rischio derivanti da singoli settori della criminalità, ecc.
Inventando pericoli militari inesistenti possono ad esempio far affluire soldi al ministro della difesa piuttosto che a quello dell’istruzione.
Minimizzando la potenza delle varie mafie distoglieranno fondi dalle forze di polizia, ecc.
Confezionando scandali ad hoc potranno far saltare poltrone, promuovere la nomina di determinate persone; possono uccidere testimoni scomodi, possono ditruggere organizzazioni politiche infiltrandole ed eterodirigendone i fini, possono ricattare.

E questo pericolo è tanto più concreto, quanto più il sistema di reclutamento dei funzionari dei servizi sia poco trasparente e corrotto; ora, dal momento che è noto il grado di corruzione a tutti i livelli, dei politici e dei funzionari pubblici in generale, va da sé che con lo stesso metodo saranno reclutati i dipendenti del servizio segreto.
Con quale risultato è facile immaginare. E’ sufficiente rammentare alcuni fatti:

- in ogni strage italiana, da Capaci, a Portella della Ginestra, passando per casi eclatanti come il sequestro Moro, c’era sempre dietro lo zampino dei servizi che – quanto meno – hanno depistato e deviato le indagini.

In alcuni casi, come quello del sequestro Moro, c’è praticamente la certezza che i servizi abbiano organizzato e condotto tutto il sequestro, come abbiamo avuto modo di vedere proprio su questo blog.

Per le stragi di Capaci e via D’Amelio, è praticamente provato che il telecomando che fece saltare in aria Borsellino fu azionato dal Cerisde di Palermo, situato a Castel Utveggio, sede dei servizi segreti; e che dalla stessa sede partì la telefonata che avvertì Brusca dell’arrivo di Falcone a Punta Raisi.
Di più. La strage di Via D’Amelio pare sia stata organizzata dai SOLI servizi segreti, senza la mafia, che si è solo presa la colpa, così come a suo tempo i brigatisti rossi si presero la responsabilità del sequestro Moro (ma è stato dimostrato che i brigatisti più noti erano in realtà uomini dei servizi).

E questi sono esempi.

In compenso non esiste una sola strage in Italia, o un solo evento importante, che i servizi segreti abbiano contribuito a risolvere, facendo arrestare i colpevoli. Anzi. Nei vari processi per strage italiani, da Ustica a Piazza della Loggia al Mostro di Firenze, si riscontra sempre, inevitabilmente, con una precisione quasi chirurgica, la morte di tutti i testimoni chiave, degli investigatori, ecc. Sono morti per incidenti, per malori improvvisi, ecc., ma – come abbiamo trattato diffusamente in molti articoli del nostro blog – si tratta di morti effettuate con la stessa tecnica, con le stesse modalità, con la stessa tempistica, addirittura con identici simbolismi; e queste morti non sono attribuibili alla mafia, o alla criminalità organizzata in genere. Tecniche così sofisticate e precise possono essere il frutto unicamente di un lavoro effettuato dai servizi segreti.

. Ricordiamo poi vicende come quella del Generale Santovito, imputato nel traffico d’armi in una vicenda che coinvolgeva OLP e BR, morto prima della sentenza. O quella del generale dei ROS Ganzer, condannato a 14 anni per traffico di stupefacenti; poi i depistaggi dei servizi nella vicenda Toni e De Palo, ecc. L’elenco è infinito e potrebbe continuare a lungo.

- i funzionari dei servizi corrotti, o implicati in qualche scandalo, sono stati non arrestati e degradati, come dovrebbe essere, ma addirittura promossi o collocati in posti di prestigio. Ricordiamo ad esempio il caso del generale Mori che, messo sotto inchiesta per la mancata perquisizione al covo di Riina, è stato prima nominato capo della sicurezza del Porto di Gioia Tauro, e poi capo della sicurezza del Comune di Roma, da Alemanno.

Il genersale Miceli, capo del SID, arrestato per cospirazione contro lo stato, e sospettato di essere coinvolto in attentati, stragi, nel Golpe Borghese e delitti vari (in quanto faceva parte dell'organizzazione Rosa dei venti), coinvolto nella P2, fu assolto e promosso a generale d'armata. E, giusto per non farsi mancare niente, come ulteriore premio fu eletto deputato nell'MSI.

A questi dati ne dobbiamo aggiungere un altro:

- I vertici dei servizi, per anni, sono stati anche membri della P2 o della massoneria. Nella lista della P2 c'erano 22 generali dell'esercito e 12 generali dei Caraninieri. Nonchè tutti i vertici dei servizi segreti, Miceli, Santovito, Pelosi, Allavena, Grassini, La Bruna.

Che significa questo?
Significa che è fortissimo il legame tra servizi segreti e massoneria. Per dirla tutta, e con parole chiare, il sospetto è che i servizi segreti dipendano in realtà non dal ministro in carica, ma dai vertici della massoneria. E che cariche, compiti, fini, siano decisi non a livello politico ma massonico.

I risultati pratici ed operativi di questa situazione possono essere riassunti con alcuni esempi.

Si deve far saltare la poltrona su cui siede Marrazzo? Ecco confezionato ad hoc lo scandalo dei trans. La firma dei servizi è inequivocabile, non solo per la tecnica usata, ma anche perché il luogo dello scandalo era quella famosa via Gradoli, dove dicono fu tenuto Moro prigioniero, che altro non è se non uno stabile di proprietà dei servizi segreti.

Si deve mandare un pesante avvertimento ad Andreotti? Ecco lì belli e pronti alcuni falsi pentiti che dichiarano pure di aver visto Andreotti baciarsi con Riina.
Beninteso: non sto dicendo che le accuse mosse ad Andreotti fossero false. Sto solo dicendo che ad essere falso era in realtà il processo, perché i sospetti sulla collusioni di Andreotti con la mafia (per non dire le certezze) esistevano da molto tempo (dai tempi in cui Nando Dalla Chiesa scrisse “Delitto imperfetto”). Il punto è che le accuse sono emerse solo dopo molto tempo, e solo quando si trattava di punire Andreotti per ben altri motivi; motivi tutti interni alla massoneria internazionale, e che nulla hanno a che vedere con ragioni come legalità e giustizia.

Stessa cosa è stata fatta per Berlusconi. Le accuse di collusioni con la mafia ci sono da anni; sono note le vicende di Mangano, la condanna di Dell’Utri per associazione a delinquere di stampo mafioso, ecc., ma la notizia delle collusioni tra mafia e Forza Italia è stata sparata su tutti i giornali e sulle stesse TV di Berlusconi solo al momento giusto, quando cioè si trattava di dare un ulteriore colpo a Berlusconi, per affossarne la leadership. C’è poco da dubitare che le dichiarazioni del pentito Spatuzza (irrilevanti a livello giuridico, come abbiamo detto in un altro nostro articolo) siano un’operazione ben congegnata dei servizi.

Si deve mandare un messaggio trasversale, un ricatto, una minaccia? Ecco pronto il dossier sull’acquisto irregolare di una casa per Fini, per D’Alema, e per chiunque, detto in parole povere, rompa i coglioni.

E' nata un'organizzazione politica che si impegna troppo nel sociale? E' stato creato un centro sociale che potrebbe attivarsi troppo per far capire alla gente come funziona il sistema?
Ecco inviati un bel po' di infiltrati dei servizi, che in poco tempo distruggono l'organizzazione, o la rendono innocua uccidendo o mettendo fuori gioco i membri più pericolosi. Qualche esempio pratico? Eccolo.

Forza Nuova ha un programma troppo smaccatamente antisistema e troppo pericoloso? Ecco belli pronti e confezionati degli articoli di giornale che li presentano come razzisti e fascisti; ecco confezionato qualche bell'incidente che coinvolga i Forzanovisti, magari con qualche morto (come quello di Nicola Tommasoli) in modo che la gente associ il nome di Forza Nuova a quello di razzisti assassini. Non a caso Forza Nuova è l'unico movimento che si batte avendo tra i 9 punti del suo programma ufficiale l'abolizione dei servizi segreti.

Il centro sociale Leoncavallo è troppo attivo? Ecco qui belli e pronti incidenti stradali per i più pericolosi:
- un bel suicidio per l'avvocato del leoncavallo Lucio Iassa;
- una morte tra le fiamme, per Betty Altomare,
- un assassinio per Fausto e Iaio (ovviamente attribuito ai fascisti) ecc.
- Se poi qualche giornalista, come Mauro Brutto, inizia a sospettare che dietro ai due omicidi non ci sono i fascisti, ma i servizi segreti, no problem: lo si fa investire da una Simca 1100 che toglie di mezzo il rompicoglioni.

Delle morti sospette nei centri sociali ne abbiamo parlato più diffusamente qui.:

http://paolofranceschetti.blogspot.com/2009/01/lettere-da-una-lettrice-sui-centri.html

L’immenso potere dei servizi spiega, ad esempio, come possa essere eletto parlamentare un politico come D’Elia, che si è fatto venti anni di galera per aver ucciso a sangue freddo un poliziotto; non perché – come ha detto il prode difensore dei deboli Bertinotti – è un uomo che ha pagato il suo debito con la giustizia, ma perché era un uomo dei servizi, che ha agito sotto copertura, e che poi è stato premiato per il “servizio” reso ai “servizi”.

4. Il vero potere dello Stato. Il potere economico.

A questo punto però c’è da rispondere ad una domanda fondamentale.
A chi rispondono i servizi?
Se è vero infatti che sono questi l’organo più potente dello Stato, è anche vero che essi non hanno finalità proprie, ma dipendono a loro volta da altri poteri.
Per rispondere occorre conoscere la storia, il diritto, e la cronaca giudiziaria, per capire che sono tre gli enti cui fanno realmente capo i servizi, ma nessuno di essi è un organo regolare.
Andiamo con ordine.

Dal punto di vista giuridico, occorre leggere la nostra costituzione e alcune leggi che riguardano gli organi statali più importanti, e allora è facile individuare la prima risposta: le banche. Senza leggere teorie complottiste o autori notoriamente antisistema, è sufficiente leggere la legge con cui viene regolato il funzionamento della Banca D’Italia e della BCE, per capire che sono le banche i veri padroni del sistema in cui viviamo (capisaldi di questa legislazione delirante sono: le immunità di cui godono gli amministratori della BCE, la completa indipendenza da parlamenti e governi, e il totale assoggettamento delle banche centrali al potere delle banche private anche estere).

Dal punto di vista storico, un’analisi dei rapporti tra il nostro Stato e gli USA ci fa capire che noi siamo uno Stato a sovranità limitata, nel senso che dipendiamo sia economicamente sia dal punto di vista militare dagli USA, quindi dalla CIA. Lo dimostrano, a tacer d’altro, le innumerevoli basi NATO sparse sul territorio nazionale, che sarebbero impensabili in uno Stato veramente sovrano.

Infine, la cronaca giudiziaria – che ha dimostrato come i vertici dei servizi per decenni fossero tutti scelti all’interno della P2 – ha dimostrato che l’ente più potente, che comanda direttamente i servizi segreti, è un ente non statale: la massoneria.

Massoneria, banche e servizi segreti costituiscono quindi un connubio indissolubile, e sono portatori di interessi unitari; interessi che vengono perseguiti tramite i servizi segreti, che sono quindi un organo non al servizio del nostro governo (spesso i ministri in carica non sanno neanche come funzionano nella pratica, i servizi) ma al servizio del potere economico internazionale.
A tal proposito mi ricordo un colloquio che ebbi con l’onorevole Falco Accame, tempo fa, il quale mi disse che all’epoca in cui fu nominato sottosegretario alla Difesa, passando per gli uffici della Difesa notava degli uffici con scritto “Ufficio SB”; racconta che con alcuni suoi amici, non sapendo di cosa si trattasse, e non riuscendo a capire quali funzioni avessero questi uffici, ironizzava su di essi e li chiamavano “uffici servizi bassi”. Solo dopo molto tempo capì che era “ufficio Stay Behind”: Gladio, insomma.

5. Ricadute giuridiche di questa situazione.

In altre parole, e concludendo, viviamo in un paese ove l’organo più delicato e potente dello Stato non ha alcuna garanzia costituzionale e opera fuori da ogni controllo e al soldo di poteri che non sono affatto previsti dalla Costituzione.
Le ricadute di questa situazione dal punto di vista giuridico sono molteplici.

Primo. La sovranità non appartiene al popolo, ma al potere economico. Non a caso la sovranità monetaria, una delle più importanti forme di sovranità statale, è in mano alle banche private.
Se ne va a farsi benedire quindi l’articolo 1 della Costituzione.

Secondo. Il diritto all’informazione è una vana chimera. La verità è che le informazioni sono filtrate, manipolate, condizionate dai servizi segreti. Talvolta le notizie non sono semplicemente manipolate: sono addirittura create ad hoc (si pensi al falso dossier sulle famigerate armi chimiche inesistenti di Saddam Hussein, preparato dal nostro governo, che fu – ufficialmente – la scintilla che fece scoppiare la guerra in Iraq).
Viene vanificato cioè l’articolo 21 della Costituzione.

Terzo. Il diritto alla giustizia è, nei casi più gravi, nulla più che una chimera. I processi più importanti sono manipolati in modo da lasciare impuniti i colpevoli, in quanto la giustizia viene condizionata in vario modo, dall’uccisione dei testimoni alla corruzione dei magistrati, fino all’eliminazione fisica di magistrati, poliziotti o carabinieri che conducono seriamente le indagini.
Come abbiamo detto, è da spiegare nell’intervento costante dei servizi segreti in ogni strage italiana, nonché nei delitti più importanti, il motivo della mancata assicurazione alla giustizia dei responsabili.
In poche parole, viene reso come carta straccia tutto il titolo IV della Costituzione, dedicato alla magistratura.

Quarto. Una chimera senza fondamento è l’articolo 28, secondo cui i funzionari dello Stato sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. La recente legge sui servizi segreti, infatti, la L. 124/2007 ha addirittura rafforzato la possibilità per i dipendenti di questi organi, la possibilità di commettere reati e l’impunità per la loro commissione.
Quindi la verità è che ad essere responsabili saranno tutt’al più alcuni dipendenti pubblici in settori non vitali della Repubblica; ma i funzionari che ricoprono incarichi più delicati potranno fare quello che vogliono, sicuri della totale immunità.

6. Conclusioni e prospettive di riforma.

La situazione che abbiamo delineato sembrerebbe drammatica ma non lo è così tanto, sol che si pensi che la nostra nazione è diventata democratica da poco più di un secolo; e la monarchia è scomparsa definitivamente solo dal ’47 in poi.

Poco più di sessanta anni non possono garantire un passaggio da millenni di stato assoluto ad uno stato democratico. Per far questo ci vorranno ancora molti decenni, molto sangue, molte ingiustizie.
Presa coscienza del problema, i primi progetti politici seri dovranno essere quelli di una riforma dei servizi in senso democratico, dando a questo organo delle garanzie costituzionali; riforma non disgiunta da una completa revisione della Costituzione, in modo che siano veramente assicurati i diritto fondamentali ad ogni individuo.

In particolare, sarà necessario adeguare sempre di più i servizi al quel principio di trasparenza che, in teoria, dovrebbe permeare tutto il sistema amministrativo italiano, ricordandoci che anche tali organi sono pur sempre organi amministrativi, soggetti alle regole del diritto costituzionale e amministrativo.

Per ora, noi cittadini dobbiamo accontentarci di capire il sistema, sperando che sensibilizzando un numero maggiore di persone, venga presto il giorno in cui saranno in molti a chiedere una riforma dei servizi segreti, per trasformarli in un organo realmente a difesa del cittadino.
Tale trasformazione dovrebbe essere chiesta anche dagli appartenenti ai servizi stessi, perché i primi a pagare il prezzo di questo sistema sono i dipendenti dei servizi stessi, che – vivendo nell’illegalità e nell’ombra – possono essere uccisi da un momento all’altro quando giudicati scomodi per qualche motivo, o quando siano portatori di segreti troppo pericolosi.
Per esemplificare la drammatica situazione in cui vivono i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, il cui padre era un funzionario dei servizi segreti. All’età di dodici anni gli uccisero il padre, e la cosa – manco a dirlo – fu fatta passare per suicidio. In quello stesso periodo si “suicidarono” altri due funzionari dei servizi nel paese in cui viveva, Bracciano.

7. Una storia finale.

Per esemplificare la drammatica situazione in cui hanno sempre vissuto i dipendenti dei servizi stessi, concludo con il racconto di un mio amico di infanzia, che per comodità potremmo chiamare Giulio, Adriano o Cesare.
Il padre era un funzionario dei servizi segreti durante gli “anni di piombo”.
All’età di dodici anni perse il padre, secondo quella che definirei una “moda intramontabile”, ovvero il suicidio. Naturalmente, con il passare del tempo e l’aumento di queste morti a dir poco sospette, la storia ufficiale ha riconosciuto, con un abile gioco di parole, che non “si suicidarono” ma “furono suicidati”. D’altronde - mi racconta Giulio - era in corso una vera e propria guerra, nella quale era difficile comprendere quali fazioni fossero al servizio dello Stato e quali invece fossero “deviate”, tanto che fin troppo spesso questa verità era ignota anche agli stessi agenti.
Il trasferimento da un nuovo incarico, anche di maggior prestigio, non rappresentava quasi mai una promozione, ma solo la morte di un collega: per questo, appena giunta la notizia del richiamo in patria, il padre di Giulio comprese immediatamente la situazione. Sapeva che sarebbe morto e ne rese partecipe la famiglia, cercando di prepararla alle difficili situazioni che sarebbero seguite.
Purtroppo al peggio non c’è limite e neanche il momento di maggior dolore è in grado di allontanare la “guerra” dai superstiti, i familiari, vittime anch’essi di questi giochi di potere. La storia delle famiglie di almeno un’ottantina di fedeli servitori dello Stato è stata sempre la stessa:
- sequestro dei corpi ed esami autoptici condotti da medici legali “autorizzati”;

- perquisizioni effettuate tra i parenti in lacrime, finalizzate alla ricerca di armi, documenti ed effetti personali;

- funerali blindati, ai quali non è mai intervenuta nessuna autorità, né collega;

- blocco dei conti bancari noti ed insabbiamento delle pratiche pensionistiche, qualora una famiglia osi chiedere il riconoscimento della morte in servizio o per cause inerenti il servizio: in questo caso, nell’ottica che infangare è più semplice che premiare (ovvero spiegare al popolo fatti oggettivamente scomodi), sono stati versati fiumi di veleno che giustificassero quanto avvenuto. Il padre di Giulio, come gli altri, fu descritto come uno che aveva avuto relazioni extraconiugali, debiti, che amava la bella vita, le auto di lusso e le donne: al tempo stesso però, la sera era sempre rientrato a casa, giocava con i figli e non litigava mai con la moglie. Aveva un orticello dove coltivava la terra e trascorreva le poche giornate libere con la famiglia e gli amici e Giulio non vide mai queste belle donne e queste macchine.

Fortunatamente però le giornate duravano solo 24 ore anche per gli agenti dei servizi segreti, e quindi Giulio non credette mai a quanto veniva riportato dai giornali. Sua madre, una donna dal carattere molto forte e legata al marito da un amore indissolubile, gli ricordò quanto aveva detto suo padre ed intraprese la strada più difficile, passando attraverso tutte le tappe, tra ricatti, difficoltà economiche e minacce di morte.

Ad ogni loro mossa venivano avvicinati da uno sconosciuto che gli consigliava di salutarsi, perché magari Giulio non sarebbe tornato da scuola o non avrebbe trovato la madre al suo ritorno. Ogni mattina Giulio trovava sul cammino da casa a scuola uno sconosciuto che gli diceva "Bambino, saluta tua madre, perchè non sai se la rivedrai al tuo ritorno". Con questo stato d’animo Giulio veniva a scuola senza raccontare a nessuno quel che gli succedeva, perché non avrebbero capito. In questa situazione hanno vissuto e vivono tuttora molte famiglie di persone che sono morte credendo di fare qualcosa di buono per lo stato; credendo che il loro lavoro servisse per un fine più nobile di uno sporco gioco di potere.

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A Giulio che ho rincontrato dopo oltre venti anni e che è rimasto come allora.
Quando eravamo adolescenti dicevo spesso “mi sta molto simpatico ma nasconde qualcosa. Ride troppo e scherza troppo”.
Oggi ho capito cosa nascondeva.
Che il sacrificio di tuo padre in futuro si trasformi in energia positiva e possa essere un piccolo contributo per un miglioramento futuro della nostra società.
E che questa carneficina possa finire un giorno.

di Paolo Franceschetti