30 settembre 2010

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

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30 settembre 2010

Rifiuti campani: la politica delle pezze


Tutto secondo copione, poco più di due anni dopo una campagna elettorale in cui l'emergenza rifiuti in Campania era stato il tema centrale dello scontro politico ed il terreno su cui si era giocato lo spostamento di milioni di voti: nei telegiornali sono tornate le immagini dei cassonetti campani stracolmi di rifiuti, della polizia in tenuta antisommossa a presidiare le discariche, dei cittadini inferociti, per i quali ci sono sempre le due solite etichette, "fiancheggiatori della camorra" oppure "pochi isolati dell'area dell'antagonismo". Niente di nuovo sotto il sole del Golfo.

Ancora una volta, si tratta di un'emergenza che viene sovraesposta mediaticamente per un solo aspetto, quello dei rifiuti urbani. Ma è solo l'ennesima falsa emergenza, presentata da una sola angolazione. Infatti, non è certo questo che preoccupa. A dare pensieri seri a chi è competente in materia, é semmai la totale assenza di una progettualità, di una seppure vaga idea di un ciclo integrato dei rifiuti. Certo, qui la camorra non c'entra molto, anzi quasi nulla: la storia della mancata risoluzione del problema dei rifiuti campano (e di tante altre regioni italiane) è una storia di mala politica, di mala amministrazione, piuttosto che di malavita.

In Campania la produzione di rifiuti è nota e ben misurata. Attualmente, la regione produce in un anno 2.8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben 4.5 milioni di rifiuti speciali di provenienza industriale, e la Campania non è certo una delle regioni più industrializzate d'Italia. Da altre parti, spesso e volentieri i rifiuti speciali sono oltre il doppio di quelli urbani, e solo per questo dovrebbe risultare alquanto sospetto che un'emergenza rifiuti riguardi i soli rifiuti solidi provenienti dalle utenze domestiche. I sospetti aumentano se si nota che in Campania non esiste né un ciclo integrato per i rifiuti urbani né uno per i rifiuti speciali, anche se di questi ultimi si tende fin troppo spesso a non parlare. Ed è proprio in questo settore, invece, che la malavita s’innesta alla perfezione.

In questo quadro, quel che trova spazio nel panorama informativo italiano sono gli attacchi con vetri rotti ai mezzi di trasporto, gli scontri con la polizia. Cioè solo ad alcuni effetti del problema, ma non certo al problema stesso. Anche quando si parla dei rifiuti, si parla solo dello stadio finale, dello smaltimento. Come se aprire una discarica, che prima o poi si esaurirà, o un inceneritore - che chiederà maggiori quantità di rifiuti e prima o poi non basterà più - possa essere la soluzione. Sarebbe certamente più serio e costruttivo parlare di politica dei processi industriali, di come modificarli affinché generino minori quantità di scarti e scorie, di politica dei materiali e tutto il resto. Ma in Italia, si sa, si preferisce alla politica la mala politica e soprattutto si preferisce fare cose che permettano spese ingenti di capitali pubblici e che facciano girare i soldi. Soldi che oggi girano per aprire una nuova discarica a Terzigno, domani da qualche altra parte.

Nel caso particolare di questi giorni, l'attuale maggioranza di governo del Paese attribuisce la responsabilità della situazione alle aziende municipalizzate: sarebbe quindi un problema organizzativo delle singole realtà municipali. Per l'opposizione, l'Esecutivo non ha fatto altro che illudere i cittadini, non fornendo un ciclo completo e virtuoso per lo smaltimento dei rifiuti. I cittadini, in realtà, per ora si chiedono dove sia la verità; anzi, a dire il vero, sono 16 anni che se lo chiedono.

Nella Campania reduce da una gestione commissariale straordinaria che dura dal febbraio 1994, la famosa "soluzione" sbandierata da Berlusconi all'indomani della vittoria elettorale del 2008 è stata quella di mettere qualche "toppa" qua e là, costituita da qualche discarica poco capiente, spesso e volentieri di rifiuti indifferenziati. Esaurita la discarica, se n’é aperta un'altra, poi un'altra ancora, sempre con spirito "emergenziale". Facendo sempre attenzione a rimuovere bene i rifiuti dal centro-salotto del capoluogo, visitato dai turisti e a limitare la circolazione di stampa e telecamere nelle periferie. In pratica, volendo fare un paragone con una partita a scacchi, si è scelto di giocare senza un piano. E giocare a scacchi senza un piano, è sempre una strada perdente.

Lo si vede in questi giorni a Terzigno: questo continuo andare a risolvere con delle toppe messe qua e la, poteva al massimo far tardare di qualche mese la venuta dei nodi al pettine e fa emergere in modo inconfutabile la mancanza di un vero e proprio ciclo integrato dei rifiuti. Questa è la situazione di oggi in Campania: una vera soluzione non è mai stata adottata, anzi addirittura neanche pensata. Si è preferito applicare delle pezze successive. In nome della situazione di emergenza, le discariche sono state imposte con la forza in luoghi dove non dovrebbero essere situate, come a ridosso di centri abitati o all'interno di un parco nazionale. Tutto è stato fatto nel nome dell'emergenza e del "fare presto", sacrificando quindi continuamente il "fare bene" e, in fin dei conti, la legge stessa.

Anche per quanto riguarda la permeabilità del sistema dei rifiuti dalla criminalità organizzata, delle vere e proprie misure non sono mai state prese. Per tutta l'epoca commissariale si è agito, ancora una volta per "emergenza", senza fare delle gare di appalto regolari, senza svolgere regolari controlli antimafia. Il risultato è che il ciclo criminale dei rifiuti speciali, compresi quelli tossico nocivi, ancora oggi (contrariamente a quel che sbandiera chi si ostina a negare) gode di ottima salute e si sovrappone non solo al ciclo del cemento, come avviene da trent’anni, ma sta invadendo in pieno il ciclo agricolo, facendo finire i rifiuti anche sulle nostre tavole.

Eppure le soluzioni esistono, ma tutte le buone soluzioni non possono certo essere imposte dall'alto da questo o quel prefetto, vanno invece concertate con tutta la società civile. Peccato che proprio la concertazione è venuta a mancare in Campania da almeno otto anni, provocando una gravissima frattura, tuttora non sanata, nella democrazia della regione. Sono le conseguenze di questa frattura democratica, quelle che ci fanno vedere nei TG, non certo le conseguenze di "fiancheggiatori della camorra", che di solito si guardano bene dall'andare a fare tafferugli con la polizia fuori le discariche. Sono i segni della frattura democratica causata dal fatto che fino ad oggi si è sempre cercato di imporre dall'alto certi determinati modelli di soluzione al problema dei rifiuti, sempre limitatamente a quelli urbani. Ma sono modelli che non sono né accettati né ben visti dalla società civile e neanche dai tecnici, che di ciclo dei rifiuti ne capiscono.

Intanto, se oggi tocca alla Campania e alla Sicilia, si vedrà domani a chi toccherà: la Campania e la Sicilia non sono le uniche regioni italiane ad essere in emergenza rifiuti, sono in compagnia di Calabria, Puglia e Lazio e, prima o poi, toccherà anche ad altre regioni. D'altronde, in un'Italia che sembra aver perso ogni forma di memoria, sia storica sia a breve termine, pare che nessuno ricordi più dei primi anni '90, quando l'emergenza rifiuti era in Lombardia e Milano era ricoperta di rifiuti. All'epoca il problema venne risolto da qualcuno che poi è andato a ricoprire un ruolo di primo piano anche nell'emergenza campana: lo fece circondando la città di inceneritori, che al passare degli anni non bastano più, perché hanno spinto tutta la società ad incrementare la mole dei rifiuti prodotti, ad usare prodotti usa e getta.

Tornando alla Campania, dove le cose sono molto più gravi che nella Lombardia di 15 anni fa, il territorio è martoriato da migliaia di discariche abusive, alcune delle quali hanno un'età talmente elevata da essere prossime al maturare una pensione INPS. Mai bonificate, con un traffico di rifiuti speciali e tossico-nocivi di provenienza extra-regionale mai terminato e che oggi si cerca addirittura di negare. Non esiste alcuna forma di gestione dei rifiuti, qualunque essi siano, ma si preferisce far notare che qualcuno va a fare a botte con la polizia, cercando di sdoganare il messaggio che la cittadinanza si oppone alla soluzione del problema ed alla rimozione dei rifiuti dalle strade.

Ottima scelta per fuorviare chi in Campania non ci vive, ma il vero risultato che si cerca di perseguire è duplice: nascondere l'incapacità, come la mancanza di volontà, di gestire seriamente il ciclo dei rifiuti urbani, magari con meno sprechi monetari, e soprattutto mantenere sotto silenzio e lontano dall'opinione pubblica quel che succede in tutta Italia con i rifiuti di provenienza industriale. Peccato che ancora una volta sia la politica del "metterci una pezza dopo l'altra". Politica pericolosa e che non sempre paga.

di Alessandro Iacuelli

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