È  difficile pensare di architettare la più grande truffa del secolo e   sperare di farla franca. A maggior ragione pensare che, una volta   scoperta la truffa, si riuscirà a non pagarne per intero il conto.   Difficile ma non impossibile per Bernard Madoff e per quanti fanno della   frode uno stile di vita. Chissà in quanti si ricorderanno della   maxi-truffa da 50/70 miliardi di dollari (l’entità precisa dei   mancamenti è quasi impossibile da calcolare vista la recente volatilità   dei mercati), messa a segno dal finanziere Berny Madoff, fino allora   considerato il guru della finanza newyorkese, che gli costò una condanna   a 150 anni di carcere.
 Dopo la condanna e il recente suicidio  del figlio, Mark Madoff, che  sabato scorso si è tolto la vita  impiccandosi nella propria casa a  Manhattan, la truffa del secolo non  ha, infatti, rinunciato all’ennesimo  colpo di coda.
 Considerata  la più grande truffa finanziaria della storia, rischia  ora di costare  caro anche al gruppo bancario italiano Unicredit. Il 10  dicembre Irving  Picard, il liquidatore della società di Madoff, ha  presentato istanza  presso il tribunale fallimentare di New York per  recuperare 19,6  miliardi di dollari (14,8 miliardi di euro) dal «Sistema  Medici», una  complessa associazione guidata dalla banchiera austriaca  Sonja Kohn,  nota per aver fondato la viennese Banca Medici, e che  include almeno  sei membri della sua famiglia. Cosa c’entra l’Unicredit  in tutto  questo? Il colosso bancario di piazza Cordusio, attraverso Bank   Austria, possiede il 25% di Banca Medici oltre ad una serie di trust   sparsi a New York, in Austria e in Italia.
 Nei documenti  presentati al tribunale, Picard accusa la Kohn di aver  svolto un ruolo  centrale nella più grande truffa della storia di Wall  Street. «In Sonja  Kohn - scrive il liquidatore Picard - Madoff ha  trovato un’anima  gemella criminale, la cui avidità e disonesta fantasia  erano pari alle  sue». La “Medici Enterprise”, secondo i documenti,  rappresentava uno  dei ”mattoni portanti” dello schema Ponzi (il  meccanismo di pagare  interessi ai vecchi investitori con i soldi dei  nuovi investitori,  inventato da un italo-americano nel secolo scorso)  messo in piedi da  Madoff, senza il quale l’intero castello della truffa  non sarebbe stato  in piedi.
 Un’associazione di fatto, gestita dalla Kohn che con  l’aiuto di Bank  Austria aveva messo in piedi Bank Medici «come un  meccanismo per cercare  investitori per lo schema Ponzi». Secondo la  ricostruzione, oltre nove  miliardi del capitale sparito nella truffa di  Madoff sono direttamente  attribuibili alla «Medici Enterprise». Per il  principale istituto  finanziario italiano tira dunque una brutta aria.
  Il   ruolo di Bank Austria, e dunque di Unicredit, secondo i legali dello   studio Baker Hosteler di New York, è infatti stato centrale nel tessere   la tela della truffa del secolo. Bank Medici, formalmente un’entità   autonoma partecipata al 25%, «è di fatto una branch di Bank Austria, che   opera sotto il nome di Medici mentre conti e portafoglio sono detenuti  e  gestiti da Bank Austria». Inoltre, «il personale di Bank Medici è   fornito da Bank Austria». Banca Medici sarebbe dunque uno specchio, una   mera propaggine priva di qualsiasi autonomia patrimoniale e gestionale,   il che ovviamente complica ulteriormente la possibilità di immaginare   una solida difesa per l’Unicredit.
Il   ruolo di Bank Austria, e dunque di Unicredit, secondo i legali dello   studio Baker Hosteler di New York, è infatti stato centrale nel tessere   la tela della truffa del secolo. Bank Medici, formalmente un’entità   autonoma partecipata al 25%, «è di fatto una branch di Bank Austria, che   opera sotto il nome di Medici mentre conti e portafoglio sono detenuti  e  gestiti da Bank Austria». Inoltre, «il personale di Bank Medici è   fornito da Bank Austria». Banca Medici sarebbe dunque uno specchio, una   mera propaggine priva di qualsiasi autonomia patrimoniale e gestionale,   il che ovviamente complica ulteriormente la possibilità di immaginare   una solida difesa per l’Unicredit.
 Bank Austria avrebbe dunque  fornito un «imprimatur di legittimità»  all’operato della Kohn per  cercare e «pompare» denaro dentro i fondi  legati al sistema di Madoff.  Un’attività che avrebbe procurato alla Kohn  e alle banche coinvolte  «centinaia di milioni di dollari» in  commissioni, retrocessioni di  denaro, profitti fittizi e altro. «I  nostri legali - fanno sapere da  Unicredit - stanno riesaminando la  questione che verrà gestita  attraverso le ordinarie procedure legali. È  nostra intenzione portare  avanti la nostra difesa in modo determinato». A  testimoniare la natura  fraudolenta del rapporto, da ultimo, la Kohn  avrebbe anche cercato di  occultare prove e utili del suo «lavoro» per  Madoff nei giorni  successivi al crac. Tentativo che per fortuna degli  investitori è  fallito.
 Ora lungi dal voler speculare sulle disgrazie di un uomo  distrutto  dalla propria avidità, quello che interessa qui sottolineare  è la natura  intrinsecamente fraudolenta di un sistema, quello  monetario e  finanziario globale, che favorisce il ripetersi di questi  comportamenti  antigiuridici, antieconomici e soprattutto antisociali.  Berny Madoff e  la sua criminale anima gemella Kohn altro non sono,  infatti, se non  pedine di un sistema di cui hanno compreso  profondamente le leggi  fondamentali. E non sono i soli ad aver  acquisito questa consapevolezza.
 Il texano Rod Cameron Stringer  millantava che la sua strategia  d'investimento garantisse un guadagno  del 61% l'anno. Gli investitori,  ben felici, gli diedero 45 milioni di  dollari. Joseph Forte dalla  Pennsylvania ha invece raccolto 50 milioni,  assicurando ogni anno  performance tra il 18% e il 37%. La Biltmore  Financial giurava che i  suoi fondi non avrebbero mai perso: «Mai sotto  lo 0%» era lo slogan.  Peccato che fossero tutte frottole. Truffe.  Quelle che gli americani  chiamano schema Ponzi. Il texano Stringer ha  investito solo il 20% dei  soldi che gli investitori avevano puntato su  di lui: il resto l'ha usato  - scrivono gli sceriffi del mercato Usa -  per mantenere il suo stile di  vita «mondano».
 La Sec, la polizia  federale per la finanza, tra il 2008 e il 2009 ha  scoperto quasi 30  frodi di questo tipo per un danno superiore ai 60  miliardi di dollari.  Madoff ha realizzato quella più eclatante. Robert  Allen Stanford la più  recente. Ma esistono decine di casi simili. Dopo  anni di mercati  euforici in cui c'erano guadagni per tutti - truffatori e  truffati  inclusi - la crisi delle Borse sembra avere per corollario  un'impennata  delle frodi. E con la fiducia dei risparmiatori al minimo  storico, la  lotta ai crimini dei colletti bianchi è destinata a  diventare per il  Presidente Obama una sfida prioritaria quanto la crisi  del credito.
  Già,   la fiducia degli investitori: il grande totem cui sacrificare misure   tampone, leggi inutili e discorsi ammalianti. Il tutto per nascondere la   polvere sotto il tappeto e tornare ad avere l’illusione della pulizia.   Fino a un anno fa, infatti, sembrava che le truffe fossero sempre più   limitate. Secondo i dati del Dipartimento di Giustizia Usa, le frodi   finanziarie sono diminuite del 48% dal 2000 al 2007, le truffe   assicurative sono calate del 75% e quelle legate a titoli del 17%.
Già,   la fiducia degli investitori: il grande totem cui sacrificare misure   tampone, leggi inutili e discorsi ammalianti. Il tutto per nascondere la   polvere sotto il tappeto e tornare ad avere l’illusione della pulizia.   Fino a un anno fa, infatti, sembrava che le truffe fossero sempre più   limitate. Secondo i dati del Dipartimento di Giustizia Usa, le frodi   finanziarie sono diminuite del 48% dal 2000 al 2007, le truffe   assicurative sono calate del 75% e quelle legate a titoli del 17%.
 I  dati della Syracuse University, riportati recentemente dal New York   Times, sono simili: tra il 2000 e il 2007 i crimini dei "colletti   bianchi" si sono dimezzati. Si pensi poi che la Sec tra il 2000 e il   2004 ha scoperto solo 51 frodi relative a hedge fund, con danni stimati   ad appena 1,1 miliardi. La riduzione, però, era un'illusione data dal   boom della Borsa. Il 2008 e il 2009 hanno infatti invertito la rotta.
 Ben  inteso: le truffe capitano ovunque. In Francia c'è stato il caso   Kerviel e persino in Svezia i giornali locali parlano di "boom" di frodi   finanziarie. Ma è difficile quantificarle. Solo negli Usa ci sono  tanti  dati aggregati: per questo "effetto ottico" sembra che  oltreoceano ci  sia un numero maggiore di truffe rispetto all'Europa.  Eppure, pur in  mancanza di dati comparabili, probabilmente è così:  secondo gli esperti,  gli Stati Uniti sono effettivamente un terreno più  fertile per certi  tipi di frodi. Il motivo è banale: oltreoceano vige  una minore vigilanza  sugli hedge fund rispetto all'Europa.
 Se  nel Vecchio continente le società di gestione sono tutte  sottoposte  alla vigilanza delle Autorità di ogni Paese (anche se poi  materialmente  gli hedge fund vengono domiciliati nei vari paradisi  fiscali), negli  Stati Uniti non è così. Oltreoceano - spiega un esperto -  gli hedge  fund sono obbligati a comunicare alla Sec le loro posizioni  in acquisto  di titoli, ma non esiste un controllo strutturato su questi  fondi.
 Qualche  anno fa la Sec emanò un regolamento che le permetteva di  ispezionare  ovunque nel mondo qualunque hedge fund che coinvolgesse  investitori  americani, ma uno di questi fondi fece causa in Tribunale. E  vinse.  Così il regolamento, e la vigilanza,si spensero insieme. Ecco  dunque  che motti come “la legge è uguale per tutti” ovvero “la giustizia  è  amministrata nel nome del popolo” perdono qualsiasi valore cogente.  La  legge non è uguale per tutti: è semplicemente lo strumento attraverso   il quale si struttura una società e in ogni società ci sono valori,   interessi, classi sociali più importanti di altri. Nel sistema in cui   noi oggi viviamo sono questi personaggi a sedere sul ponte di comando.
  Un   sistema formato da singoli investitori spietati, avidi ed egoisti,  resi  ancora più pericolosi dal convincimento di operare per il bene  della  collettività. Si tratta di persone sinceramente convinte, dopo  anni  passati tra le migliori e più blasonate facoltà di economia e  finanza  del mondo, che fare il proprio esclusivo interesse,  massimizzare i  propri profitti, porti alla lunga benefici per tutti  coloro che  partecipano al comune mercato globale. Dopo  l’internazionalizzazione  delle borse valori, dopo l’abbattimento delle  barriere doganali, dopo  l’istituzione del WTO i benefici coleranno  dall’alto della piramide giù  fino a toccare anche la base popolare, le  masse dell’intero pianeta.
Un   sistema formato da singoli investitori spietati, avidi ed egoisti,  resi  ancora più pericolosi dal convincimento di operare per il bene  della  collettività. Si tratta di persone sinceramente convinte, dopo  anni  passati tra le migliori e più blasonate facoltà di economia e  finanza  del mondo, che fare il proprio esclusivo interesse,  massimizzare i  propri profitti, porti alla lunga benefici per tutti  coloro che  partecipano al comune mercato globale. Dopo  l’internazionalizzazione  delle borse valori, dopo l’abbattimento delle  barriere doganali, dopo  l’istituzione del WTO i benefici coleranno  dall’alto della piramide giù  fino a toccare anche la base popolare, le  masse dell’intero pianeta.
 Ora, se da una parte si potrebbe  discutere molto sulla superiorità  ontologica che l’attuale società  contemporanea tributa ai valori  dell’individualismo, della  competizione, dell’accumulazione delle  ricchezze rispetto ad una  dimensione più sociale e partecipativa tanto  della politica quanto  dell’economia, dall’altra, ciò che non può essere  taciuto è come anche  un sistema fondato sulla capacità d’iniziativa del  singolo, mosso  unicamente dalla prospettiva del profitto, non può che  collassare su se  stesso se non adeguatamente regolato.
 I valori non esprimono,  infatti, un dovere giuridico, ma  rappresentano entità dinamiche che  esigono una concretizzazione.  Possiedono un’intrinseca connotazione  teleologica e tendono  inevitabilmente alla propria realizzazione. Sono,  per riprendere  un’efficace immagine del giurista tedesco Carl Schmitt,  entità  tiranniche, ciascuna delle quali esige di affermarsi anche a  dispetto  delle altre entità del medesimo tipo. Se dunque viene a  mancare un  organismo terzo (che deve necessariamente avere una qualche   legittimazione popolare), un’istituzione, cioè, chiamata a regolare e   disciplinare il concreto esercizio dei diritti individuali all’interno   di una cornice equilibrata e ponderata di opposti valori (ad esempio   libertà e uguaglianza, ovvero iniziativa economica privata e ruolo   sociale dell’impresa) la qualità della democrazia di un popolo non potrà   che scadere.
di Ilvio Pannullo