19 febbraio 2011

Italia atlantica

Dalla cooperazione militare con “Israele” alla missione anti-pirateria nell’Oceano Indiano: fenomenologia aggiornata di una sudditanza rigorosamente bipartisan

Venerdì 10 Dicembre si è conclusa l’esercitazione Vega 2010 che ha visto la partecipazione di assetti italiani, israeliani e della NATO. La seconda fase, caratterizzata da missioni di tipo “air to round” ha visto impegnati
i cacciabombardieri Tornado ECR di Piacenza e IDS (“interdiction strike”) del 6° stormo di Ghedi. In Israele le missioni dei velivoli italiani consistevano nell’eliminare od eludere con i Tornado ECR lo sbarramento difensivo costituito dalle difese contraeree e dai caccia in volo e permettere ai Tornado IDS di arrivare sull’obbiettivo con lo sgancio di armamento di precisione.
Ovda è una località a nord di Eilat, a 40 miglia dal confine con l’Egitto. Alla periferia della città, in pieno deserto, c’è un aerostazione per uso passeggeri e, decentrate, infrastrutture, rifugi corazzati, radar e piste di volo da dove decollano e atterrano cacciabombardieri con la stella di Davide F-15 e F-16.
Cosa ci facevano i (nostri) Tornado Panavia con le insegne della NATO in “Israele” a meno di due mesi dalla defenestrazione di Mubarak?
Si esercitavano alla guerra “preventiva” contro il Paese delle Piramidi.
C’è in vigore un memorandum di intesa tra la Repubblica Italiana e lo Stato sionista in materia di cooperazione militare firmato a Parigi dal Ministro della Difesa Martino e dal Generale Shaoul Mofaz il 16 Giugno 2003, rinnovato nel 2008. In forza di questo trattato non sono previste missioni dell’Aereonautica Militare Italiana in “Israele”. Il documento parla chiaro.
L’intesa tra i contraenti in uno dei dieci articoli contempla altresì l’inserimento di clausole segrete. Facile capire che ce ne devono essere state.
Perchè fu scelta la capitale transalpina per firmare quel patto?
Per marcare la differenza con la politica “araba” del Presidente Chirac, eletto per due mandati consecutivi alla guida della Francia, dal Maggio 1995 al Maggio 2007. Chirac farà curare il leader dell’ANP Arafat all’Ospedale Militare di Percy e gli farà tributare, alla morte, nel Novembre del 2004, solenni funerali militari.
I governi del Bel Paese, all’opposto, hanno sempre avuto un debole per la “sicurezza” di “Israele”, strafregandosene della Palestina. Che non sia quella di Abu Mazen e di Erekat tirata fuori da Al-Jazeera.
Non dimentichiamoci di un particolare di per sè ampiamente significativo. Sia gli esecutivi Berlusconi che Prodi hanno sempre avuto Ministri degli Esteri e della Difesa o molto, ma molto vicini, a “Gerusalemme” o adeguatamente solidali.
La collocazione geografica dell’”air base” di Ovda e la data scelta congiuntamente da La Russa e Barak sono state intenzionali in previsione di un “cambio della guardia” in Egitto?
La risposta è sì.
Non è affatto vero, come si è sostenuto, che la rivolta partita da piazza Tahir abbia colto di sorpresa l’intera l’Amministrazione USA, la NATO e l’Europa.
Chi crede che le manifestazioni popolari siano state la spinta decisiva del “change” nella Terra del Nilo è semplicemente fuori strada. E’ da tempo che il seme di un “golpe” cova nel ventre dell’Egitto.
La frattura generazionale nelle strutture centrali e perferiche delle forze armate egiziane mandava da tempo segnali preoccupanti per l’Occidente.
Il Maresciallo Tantawi, liquidando Mubarak ed il suo intero apparato di potere, prendendo le redini del “nuovo Egitto” ha semplicemente evitato, almeno per ora, la totale emarginazione delle gerarchie militari di alto grado che hanno assecondato per oltre 30 anni la politica della “vacca che ride”.
Una politica, è bene ricordarlo, che ha trasformato Esercito, Marina, Aviazione e Difesa Aerea in strumenti da parata militare.
Abbiamo sfogliato l’Almanacco dell’Egitto pagina per pagina. Ne siamo rimasti sinceramente sorpresi, amareggiati. Il Paese del Nilo come forza combattente non esiste più al di là dei numeri e delle dotazioni.
Niente che possa davvero impensierire al momento e per i prossimi 10 anni “Israele”, ammesso che si trovi un solido ancoraggio con attori internazionali nel settore degli armamenti come Russia e Cina ed i finanziamenti necessari per attuare una completa ristrutturzione militare e, ancor prima, le risorse necessarie per dare avvio nel Paese ad un nuovo indirizzo economico e sociale. Uscire da decine di anni di “dipendenza” dall’Occidente è un affare da far tremare i polsi. I meccanismi del dialogo euromediterraneo, i prestiti del FMI, di USA ed Europa, la dipendenza dal turismo occidentale, le monoculture, le massiccie importazioni di granaglie hanno fatto il resto.
A livello di “comunità internazionale” si farà di tutto per mantenere l’Egitto in stato di costante precarietà economica senza farlo precipitare nel caos.
Torniano a Eilat.
Per la “missione” ad Ovda, La Russa ha lavorato da sguattero di USA e NATO per mandare oltre il canale di Suez precisi segnali finalizzati al rispetto ed alla continuità degli accordi di pace firmati nel ’76 da Begin e Sadat ed al mantenimento della “sicurezza” per Gerusalemme.
Non era mai successo che l’A.M.I., come rappresentante della NATO, partecipasse ad un azione simulata di guerra nello spazio aereo di “Israele” intenzionalmente diretta ad intimidire, a minacciare, un Paese del Medio
Oriente.
L’uso di vettori per la guerra elettronica (ECR) e da attacco al suolo (IDS), decollati da una base dell’aviazione ad un tiro di sputo dalla linea C del Sinai egiziano, non può non assumere un preciso significato politico e militare nei rapporti che, prevedibilmente, intercorreranno tra Roma ed il Cairo dopo l’uscita di cena di Mubarak e più estesamente tra l’Italia ed i Paesi dell’intera area.
Il decollo dei Tornado da una striscia di terra che va dal Golfo di ‘Aqaba al Mediterraneo, e segna per 260 km il confine tra i due Stati, non potrà non essere interpretato da ampi settori di opinione pubblica e dalle organizzazioni politiche egiziane che escono da protagoniste dalla rivolta del 25 Gennaio come un gesto ostile.
A tempi medio-lunghi ne potrebbero risentire pesantemente anche i rapporti commerciali tra le due sponde del Mediterraneo. L’intera costa mediterranea del Paese del Nilo potrebbe trasformarsi, come effetto indesiderato, in punti di raccolta e di imbarco per l’esodo sempre più massiccio che dal Maghreb all’Africa Subsahariana si riversa ormai da anni sulle coste della Repubblica delle Banane.
“Israele” non ha mai restituito all’Egitto dal ’67, nonostante gli accordi di pace perfezionati nel ’78, prima del ritiro di “Gerusalemme” dal resto della penisola araba nell”82, la fascia D del Sinai.
In questo corridoio l’I.D.F. mantiene pattuglie di perlustrazione, blindate, per un totale di 400 militari.
Osserviamo nel fratempo come tv e giornali nel Bel Paese si stiano dando un gran daffare in questi giorni per addolcire la liquidazione coatta di Mubarak, di Suleyman e dell’intero governo del “rais”, cavalcando la barzelletta della caduta di un nuovo muro di Berlino. Il nesso appare più che forzato, incredibilmente ridicolo.
Ma così è se… vi pare.
Sono arrivati al punto di mandare sui telegiornali delle vecchie riprese del maresciallo Tantawi a colloquio con Barak quando comandava il sarcofago ambulante del Cairo per mettere al sicuro, in cassaforte, la continuità, anche in un prossimo futuro, degli “accordi” di Camp David.

E ora un altro “mistero” che riguarda il solito on. Ignazio La Russa, tornato a corteggiare a Torino l’avvicinato dalla CIA Giuliano Ferrrara detto Cicciopotamo ed altre compagnie, passate e recenti, di egual prestigio al ritorno da un viaggio in Afghanistan. Dalla Terra delle Montagne… all’Oceano Indiano.
Mercoledì 19 Gennaio Daniele Mastrogiacomo, corrispondente de La Repubblicadal 1992, con abbondanti trascorsi al percolato, firma a pag. 16 del quotidiano di Ezio Mauro un articolo sul sequestro della petroliera italiana Savina Kaylyn nell’Oceano Indiano, a 880 miglia nautiche dalle coste somale.
La Savina Kaylyn, che ha una stazza di 105.000 tonnellate ed una lunghezza di 226 mt, proveniva dal porto di Bashayer in Sudan, dove aveva caricato greggio ed era diretta a Pasir Gudang in Malaysia. Il Sudan è nella lista nera di USA ed Unione Europea, la Malaysia né è fuori ma tenuta egualmente sotto tiro come Paese “amico” del presidente Bashir.
E’ una delle 40 navi della flotta napoletana dei Fratelli d’Amato. A bordo ci sono 22 uomini di equipaggio, 5 tra cui il comandante sono italiani, e 17 indiani.
Secondo un comunicato del Comando Eunavfor (missione Atalanta), la supertank Kaylyn, a quanto scrive Mastrogiacomo, sarebbe stata assaltata da una barca a vela di due metri che arrancava, durante la notte, in mezzo all’Oceano.
Una barchetta – scriverà – elude i radar ed è difficile vederla ad occhio nudo. Cinque pirati si sono avvicinati (continuiamo la riportare la sua narrazione) nascondendosi sotto la fiancata della nave e l’hanno abbordata.
Solo in quel momento è scattato l’allarme. La Savina ha iniziato ad accelerare ed a rallentare, a cambiare rotta con improvvise virate. L’equipaggio ha azionato gli idranti di bordo, ha cercato di investire con i getti d’acqua i tre uomini che si arrampicavano lungo la fiancata (resa viscida dalla salsedine sugli strati di vernice, alta in perpendicolare dagli 8 ai 10 mt anche a pieno carico…), gli altri due sparavano colpi di pistola all’indirizzo della nave.
Risparmiamo il resto del “pezzo”, è il caso di dirlo, ai Lettori per non offenderne l’intelligenza sulle modalità dell’abbordaggio e della “conquista” della plancia comando della Kaylyn.
Questa è ormai la qualità dell’”informazione” che circola sul quotidiano più letto nella Repubblica delle Banane. Azionista di riferimento un certo Carlo De Benedetti.
Mastrogiacomo senza vergognarsene nemmeno un po’ ridicolizza nei fatti il “sequestro”, riporta intenzionalmente la pagliaccesca versione – a suo dire – raccolta al Comando Eunavfor nel quadro dell’operazione Atalanta.
Una “missione” che costa alle tasche degli Italiani 25 milioni di euro all’anno dal Dicembre 2008 ed altri 10-12 agli armatori nazionali per allungare le rotte ed evitare “attacchi pirati”, più altre maxi elargizioni che vanno perennemente a buon fine e non lasciano tracce (sono in contanti) per il rilascio di ogni nave da trasporto, o rimorchiatore con pontoni, sequestrato.
Per conto di chi “scrive” Mastrogiacomo che sta più in alto del direttore e del padre-padrone de La Repubblica?
Cosa c’è dietro? Solo sfacciata, ributtante “disinformazione” per cloroformizzare, per annullare, la curiosità di chi legge?
Le navi madri dei “pirati” del Somaliland e del Puntland seguono una rotta di avvicinamento al “target” con comunicazione satellitare.
Un segnale che non può essere captato dai centri di ascolto appartenenti a “Stati canaglia” od a Paesi come Cina, Russia, Pakistan, India, basati su piattaforme navali.
Un rilevamento che fornisce in successione una rotta di avvicinamento, per poi lasciare alla nave madre la scoperta radar del target nelle ultime 20-50 miglia.
Per capire chi sia dietro a questa nuova pirateria basta e avanza conoscere il numero dei mercantili di proprietà USA sequestrati dai “nuovi corsari” con Rpg-7 ed AK-47, dotati, si fa per dire, di imbarcazioni il più delle volte di approntamento fluviale, senza carena, di 5-7 metri spinte da motori dai 25 ai 50 cv, mancanti di scalette di abbordaggio, ramponi lanciati da cariche esplosive e scorte di benzina, che intercettano, senza apparente difficoltà, il naviglio in transito lungo le coste che vanno dal Corno d’Africa all’Oceano Indiano a centinaia di km dalle coste dell’Africa e dell’Asia.
La risposta, a quanto ne sappiamo, è zero ad eccezione di un assalto ad una porta-contenitori liberata dall’intervento di un’unità da guerra della US Navy, finito con l’uccisione di tre sequestratori colpiti da tiratori scelti a bordo di un gommone da salvataggio.
Una storia che faceva acqua da tutte le parti.
Dal Dicembre 2008 nessuna altra unità a stelle e strisce risulta abbordata e sequestrata dai nuovi abbronzantissimi Capitan Uncino.
Operazioni che consentono tra l’altro accurate ispezioni ai carichi trasportati che possano risultare sospetti come materiali “dual-use” partenti da “Stati canaglia” e destinati ad altri Paesi inclusi nella lista di Paesi giudicati avversari o potenziali nemici dell’Occidente.
Ritorniamo alla Savina Kaylyn, dopo che l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri ha lanciato l’allarme, arrivato alla Farnesina dal telefono satellitare in dotazione ai “pirati” (sic).
L’allerta arriva al Ministero della Difesa. Parte la comunicazione alla fregata Zeffiro di intercettare la Kaylyn, la nave della Marina Militare è a due giorni d navigazione.
Dal quel momento in poi nessun altra notizia, nemmeno di agenzia, arriverà a conoscenza dell’opinione pubblica del Bel Paese. Il silenzio dal giorno 20 Gennaio ad oggi è inspiegabilmente totale.
Vuoi vedere che la Zeffiro si è arresa a 5 pirati dopo aver alzato sul pennone di dritta una bella bandiera bianca e ci faranno trovare a tempo scaduto la Savrina Kaylyn ancorata a 500-700 km da un villaggio di pescatori filibustieri del Puntland o del Somaliland? Ma davvero l’ex colonia italiana è divisa in tre pezzettoni?
E’ l’Onu e Ban Ki Moon che fanno stampare le nuove carte geografiche del Corno d’Africa? O chi altro?
Frattini e La Russa riescono davvero a calarsi le mutande anche davanti a qualche delinquente morto di fame o si vuole finanziare al “nero” i pirati?
Non apriamo bocca per fare fiato e non mettiamo punti interrogativi a casaccio.
Gli armatori italiani hanno richiesto da almeno due anni al Ministro della Difesa Ignazio La Russa, che i mercantili battenti la nostra bandiera abbiano a bordo un nucleo di Fucilieri del Battaglione S. Marco.
Ad avanzare la proposta alla Marina Militare è stato Stefano Messina, uno degli armatori più danneggiati dai sequestri in pieno Oceano. Sarebbero sufficienti, a suo giudizio, 5 marò per nave mercantile.
Il costo della scorta armata sarebbe stato a carico di Confitarma, l’associazione di categoria.
E’ a rischio – ha sostenuto più volte – anche incolumità del nostro personale navigante. L’Ammiraglio Fabio Caffio dello S.M della Marina Militare ha dato la sua approvazione.
La Russa ha risposto picche per un problema – sentite, sentite – di competenze e di “prestigio”. Quale?
“I militari non possono essere posti sotto il comando di un pur bravo capitano di lungo corso della marina mercantile”.
Vi viene voglia di ridere preso atto che il Ministro della Difesa manda il Genio Militare a togliere centinaia di tonnellate di spazzatura dalle strade di Napoli, svende immobili, fari, arsenali, privatizza le Forze Armate, licenzia, precarizza e blocca gli stipendi del personale dipendente? Non lo fate.
Il titolare di Palazzo Baracchini non vuole che si sappia in giro, da fonte attendibile, cosa succede davvero da Bab el-Mandeb al Golfo Persico e più in là in pieno Oceano Indiano, fino allo Stretto di Malacca.
In alternativa avrebbe proposto, senza andare poi a fondo della faccenduola, per liberarsi dal pressing di Messina, di affidare la sicurezza delle navi degli armatori italiani ad un agenzia di “contractors” a stelle e strisce. Non stiamo scherzando.
Mesi fa, un cacciatorpediniere dell’India ha fatto fuoco e colato a picco una “nave madre” lungo le coste del Kenia.
Appena 72 ore più tardi Mumbai è stata scossa da quel colossale attentato terroristico che ricorderete.
La Russia di “navi madri” ne ha affondate, per quanto ne sappiamo, una dozzina, con mitragliatrici singole da 14.7 mm e cannoni a canne ruotanti da 30 mm, pagando il prezzo della libertà di navigazione commerciale con l’intensificazione di attentati a Mosca e nel Caucaso.
Se si vuole, si può liquidare il tutto come coincidenze fortuite o fantasie che corrono a ruota libera.

di Giancarlo Chetoni

Superare la crisi



L'ultima lettera inviata da Berlusconi al Corriere della Sera per il rilancio dell'economia, conferma quanto da sempre pronosticato e sostenuto: «le cause ed il perdurare della crisi economica dipendono essenzialmente dalla violenta demonetizzazione del mercato, avvenuta in campo nazionale ed internazionale, determinata, realizzata e pilotata dall'apparato bancario-monetario, nell'indifferenza, ed in alcuni casi anche con la connivenza di alcune forze politiche.». Sempre di connivenza si tratta anche quando, nell'ambito dell'azione e della attività politica, è sufficiente essere a conoscenza delle tecniche perverse e delle malefatte messe in atto dalla congrega bancaria-monetaria, senza porre nulla in essere per bloccare questi sciagurati accadimenti. Dando per saputo e scontato come tutto ciò si sia potuto verificare e con quali dinamiche (ce ne siamo occupati a lungo anche nel recente passato), ciò che importa ora in maniera sempre più pressante, è come uscirne e come poter rilanciare l'economia e l'occupazione nazionale, in primis quella giovanile, prima del verificarsi d'intolleranze del tutto prevedibili.

L'asfittica circolazione monetaria sul mercato interno e la drastica riduzione delle linee creditizie hanno causato il crollo dei consumi, la sofferenza di centinaia di migliaia di piccole e medie imprese (85 % del sistema produttivo nazionale) causando in moltissimi casi il fallimento o la loro chiusura con la conseguente espulsione delle relative maestranze dal sistema produttivo. La contrazione di liquidità verificatasi sui mercati esteri ha penalizzato tutta l'attività manifatturiera nazionale finalizzata all'esportazione, provocando anche la drastica contrazione delle correnti turistiche estere. Allo status quo, pertanto, tutta l'economia è in grave sofferenza. Gran parte della liquidità interna era già stata razziata molti anni prima dello scoppio ufficiale dell'ultima crisi economica, dalle solite banche mediante il piazzamento dei bond farlocchi, subito dopo volatilizzati, di Cirio, Parmalat, Banca 121, Argentina, ecc. fatti sottoscrivere ai vari soggetti ed amministrazioni, pubbliche e private, utilizzando spesso espedienti e raggiri nei confronti degli ignari sottoscrittori.

Alle perverse attività bancarie si sono aggiunte anche quelle della politica, tenute a battesimo dal governo G. Amato (dott. Sottile) con il prelevamento forzoso su tutti i conti correnti e depositi dell'8 per mille e la serie delle patrimoniali, iniziate nel 1992, mediante le qualisono state sottratte ai cittadini ed all'intero mercato cifre ingenti, non più ritornate in circolazione sul territorio sotto la voce di spesa per servizi resi alla collettività (solo nel primo anno è stata prosciugata la bella cifra di 92 miliardi di lire). Di queste e di altre malefatte bancarie nei confronti del mercato se ne sta occupando per alcuni aspetti la magistratura ordinaria con esiti alquanto deludenti: il sistema bancario ha sempre brigato per varare commissioni con propri rappresentanti, per dirimere le vertenze dei propri clienti in via stragiudiziaria.

Anche nei casi giunti a sentenza, con condanna delle banche al ristoro dei danni, questi sono quasi sempre sottostimati ed i relativi pagamenti procrastinati nei tempi futuri. L'annunciato ed auspicato colpo di frusta da parte dell'Esecutivo, per far ripartire produzione, occupazione e consumi interni, mal si concilia con le pretese europee di ridurre il debito pubblico all'80%, in ottemperanza ai vincoli comunitari ed al trattato di Maastricht, mediante il reperimento sul mercato nazionale di ben 600 miliardi di Euro da versare drasticamente nelle casse dei banchieri, con conseguente pregiudizio al poter programmare, o solo immaginare, qualsiasi possibilità di ripresa economica nazionale. Il forte debito pubblico esistente ci impedisce d'indebitarci ulteriormente per ottenere le risorse necessarie per reinnescare i processi produttivi in tempi brevi e quindi il colpo di frusta enunciato ed auspicato resterà nel cassetto delle buone intenzioni. Quand'anche riuscissimo a poterci ulteriormente indebitare, finiremmo per incrementare ancor più la mastodontica esposizione pubblica con i conseguenti gravosissimi interessi passivi che stanno già sbarrando qualsiasi possibilità di rilancio reale.

Occorre convincersi definitivamente che senza nuove risorse è impensabile immaginare qualsiasi tipo di ripresa ed ancor meno realizzare gli annunciati schiocchi di frusta per far ritornare il cavallo a bere. Perciò diventa sempre più indispensabile approntare nuove risorse economiche-monetarie senza sottostare allo strangolamento da debito inventato ed imposto dalla cupola bancaria-monetaria. Fortunatamente disponiamo della capacità, della cultura e dell'esperienza per far fronte ed eliminare definitivamente queste procurate disfunzioni. E' solo necessario che i politici, diversamente da quanto preteso dai banchieri, (come se l'economia fosse loro prerogativa esclusiva) ritornino ad occuparsi della vera politica economia nazionale che non può essere disgiunta da quella monetaria, acquisendone le opportune conoscenze culturali, con il convincimento che la legittimità a svolgere l'azione politica deriva solo dal perseguimento del bene comune in favore dei cittadini e dei propri elettori. Occorre riacquisire autonomia di giudizio e capacità di discernere con la propria testa per non essere inconsapevolmente plagiati dai numerosi infiltrati a tutti i livelli al servizio dei banchieri e finanzieri. Ovviamente occorre disporre anche gli attributi necessari per poter bordeggiare "almeno inizialmente" contro vento, senza avventurarsi su rotte sconosciute e mai battute. Basta ripercorrere ed attuare ciò che è stato felicemente realizzato in oltre cento anni dai vari e diversi Governi che si sono succeduti.

Lo Stato deve ritornare a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini; acquisirne il signoraggio e quindi la moneta emessa a titolo originario ed impiegarla per rilanciare economia, occupazione e ricerca. Lo Stato italiano ha battuto moneta in prima persona e monetizzato il proprio territorio dal 1874 al 1975. Ciò ha consentito, subito dopo l'unità d'Italia di realizzare tutte le infrastrutture necessarie ad un nuovo stato, compreso i famosi palazzi e quartieri "umbertini", ancora esistenti, senza imporre tasse e senza indebitarsi. Successivamente utilizzando sempre la moneta emessa da parte dello Stato si sono costruite le opere dell'Italia moderna: strade, autostrade, ponti, ferrovie, porti, aeroporti, centrali elettriche, ospedali, sanatori, colonie, le grandi bonifiche, intere città, i grandi complessi industriali, gli Istituti Assistenziali, le scuole, le università, tutte contraddistinte dalle inconfondibili linee architettoniche ispirate dal Piacentini. Anche tutte queste opere furono realizzate senza aumentare le tasse ai cittadini e senza aumentare il debito pubblico che anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d'Italia) per passare al 25% nel 1945 a guerre finita. Successivamente si continuò a battere moneta da parte dello Stato, gli introiti così incamerati hanno contribuito in maniera significativa alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dall'invasione nemica (all'inizio degli anni 70 il debito pubblico era sceso al 20 %). Tutto ciò ad ulteriore conferma e dimostrazione che il debito pubblico è generato dall'emissione monetaria da parte delle banche d'emissione private.

All'inizio del Governo Berlusconi si cercò di fronteggiare questa situazione. Il Ministro Tremonti ebbe a sostenere la necessità di una moneta parallela, senza debito, per rilanciare l'economia e l'anemico mercato, iniziativa subito frustrata dal gruppo della destra economica annidata nel parlamento al servizio della funzione monetaria e finanziaria. Il ruolo di questi soggetti si è definitivamente appalesato quando Fini ha impedito di conferire ai prefetti i poteri necessari per sindacare il comportamento delle banche verso privati ed aziende e quando partendo con l'acqua è cominciata la campagna delle privatizzazioni, cedendo ai banchieri i beni dello Stato a fronte dei pseudi debiti creati con l'emissione monetaria. Come riporta il Corriere della Sera, non sussiste grande differenza sostanziale tra quanto sostiene il cattolico banchiere Bazoli d'istituire la tassa patrimoniale e l'establishment finanziario alternativo che chiede la vendita del patrimonio pubblico insieme alle liberalizzazioni dei servizi pubblici, entrambi, con l'obiettivo finale di chiudere il ciclo berlusconiano. Mentre la crisi economica trova difficili sbocchi, la cosa più raccapricciante di questo sciagurato periodo è il silenzio assordante della sinistra e di buona parte dei sindacati appiattiti sulle posizioni monetarie-finanziarie, ed a protezione dei manovratori, per sviare le attenzioni, si sono ridotti a guardare per il buco della serratura, suggellando la fine indecorosa dell'apparato a difesa della classe operaia, dei meno abbienti e degli oppressi. Coraggio Presidente Berlusconi, ormai non ha più nulla da perdere, è arrivato il momento di parlare chiaro, più di quello che le hanno fatto è impossibile immaginare altro, le quinte colonne sono uscite dalla maggioranza, il momento è oltremodo propizio per dimostrare che aldilà di tutte le chiacchiere e le diatribe dei vari gruppi ideologici, ormai decotti, di fatto sulla scena politica esistono due soli schieramenti: il primo che in ossequio al mandato ricevuto dai cittadini si adopera per il conseguimento del bene comune di tutta la popolazione, ed il secondo al servizio del sistema bancario-monetario e dell'alta finanza. Poiché queste due posizioni si stanno delineando con sempre maggiore precisione, è opportuno, quanto prima possibile, formare, informare e spiegare la vera occulta strategia in atto, dopo di che vediamo quante persone sono disponibili a scendere in piazza a difesa dei banchieri della BCE e per Maastricht. Riappropriamoci della nostra sovranità monetaria per bloccare le nefaste conseguenze delle crisi come quelle imposte a Islanda, Irlanda, Grecia, poiché dopo Portogallo e Spagna siamo i primi della lista. Recuperiamo la nostra autonomia politica e congiuntamente il ruolo riappacificante che ci compete nel bacino del Mediterraneo e nel mondo. Riuniamo rapidamente la miriade di gruppi, associazioni e comitati sorti a sostegno di queste posizioni. Sicuramente non mancheranno immediati appoggi e consensi da parte di tutti i cittadini e da parte degli Stati che, per convenzioni bilaterali stipulate tra loro, hanno stabilito di scambiarsi beni e risorse utilizzando la propria moneta nazionale; la nostra produzione è ricercata e complementare a moltissime di queste. All'immancabile starnazzare delle solite sacre vestali a difesa del sistema, assicuriamo la nostra presenza in qualsiasi pubblico dibattito.
di Savino Frigiola

17 febbraio 2011

Confronto Fiat - VolksWagen. Incredibile

Chi scrive ed esprime pubblicamente le sue opinioni è, legittimamente, soggetto alla critica di coloro che leggono, i quali possono essere, del tutto o in parte, in disaccordo con quelle opinioni.

La "dialettica" tra uno e gli altri è costruttiva se e quando le opinioni sono supportate da fatti certi, numeri e statistiche di tale pregnanza da arricchire entrambi, rifuggendo la sterile polemica in cui si rifugiano le persone di poco talento e senza argomenti.

Discuto con tutti di fatti e argomenti supportati da prove quantomeno plausibili, ma mi rifiuto di perdere tempo con chi non ha argomenti e ripete slogan di nessuna rilevanza.

Se, per chiarire, di fronte ad un argomento che poggia su fatti concreti, mi si oppongono (a difesa della tesi avversa) gli slogan: ... sei un ex-comunista ... oppure ... sei un ex-democristiano ... beh la discussione non ha senso alcuno giacché, dal mio punto di vista, non c'è alcun arricchimento culturale nell'ascoltare o dibattere quelle minchiate da bambini scimuniti.

Se devo discutere con qualcuno, pretendo di "apprendere cose che non so", esattamente come l'altro deve pretendere la stessa cosa da me. Ripetere idiozie con il solo scopo di "avere ragione", è esercizio da imbecilli che hanno tempo da perdere.

Sto dicendo che, quando elenco degli argomenti "contro" Berlusconi, invece di essere contraddetto sui numero e sui fatti (cosa che implica un ragionamento e una certa capacità di organizzare pensieri e numeri), mi si oppone (spesse volte) lo slogan "sei un ex-comunista" che, com'è ovvio, non ha bisogno di essere articolato o elaborato in una serie di passi razionali e conseguenti, ma può essere benissimo frutto di una mente sterile ed improduttiva. Di un cretino, insomma.

Capita lo stesso quando elenco degli argomenti contro i Bersani o i D'Alema ... anche qui la risposta è affidata ad uno slogan altrettanto idiota: "sei un ex-democristiano fanfaniano" (significa DC di destra, quasi sinonimo di fascista).

Ora, fatemi ripetere una cosa ormai risaputa: nella mia "carriera" di elettore votante (carriera conclusa nel 1996) ha votato quasi tutti i partiti, dal MSI di Almirante al PSI di Craxi, passando per PLI, PRI, PSDI, Radicali, Verdi ... con la sola esclusione di PCI e DC. Poi, nella cosiddetta seconda repubblica, votai Berlusconi nel 1994 e Prodi nel 1996 e, quindi, dopo 27 anni di assidua partecipazione elettorale, mi accorsi che l'unica cosa seria era "non votare" ... e smisi.

L'accusa di essere un ex-comunista o un ex-democristiano, non solo è una prova evidente di inconsistenza culturale, ma è anche una stupidaggine storica (PCI e DC sono stati gli unici due partiti che non ho mai votato).

Dove nasce la necessità di questa precisazione?

... se Bersani, D'Alema, etc... non riescono a vincere contro un avversario così, debbono necessariamente essere o da lui pagati (quindi corrotti) oppure completamente incompetenti ...

Chi s'è sentito "toccato", non ha trovato di meglio che rispondermi in quella maniera ... "sei un ex-democristiano fanfaniano", e ciò dà miserevole conto di cosa sia diventata la dialettica ... la discussione tra parti che si suppongono intelligenti ed in buona fede.

Nella fattispecie, l'inadeguatezza degli attuali leader del PD, si dimostra negli atti politici di cui si fanno interpreti e, tanto per venire ad un esempio recentissimo, al famoso referendum di Mirafiori, in cui il PD ha appoggiato le ragioni di Marchionne contro la Fiom.

La Fiat chiedeva più flessibilità, rispetto delle regole, meno pause ... etc ... e l'obiettivo che dichiarava di perseguire, era di voler "chiudere" il gap competitivo con gli altri produttori di autovetture.

Il CLUP (Costo del Lavoro per Unità di Prodotto), si diceva, negli stabilimenti italiani è sensibilmente maggiore che altrove e, dunque, non si riesce a vendere le macchine a prezzi competitivi.

Discorso serio, importante e di notevole rilevanza strategica, a cui il PD ha dato la sua benedizione. Sbagliando clamorosamente, almeno secondo me.

Vediamo i numeri confrontando Mirafiori (la più grande fabbrica italiana di Fiat) con Wolfsburg, la maggiore fabbrica tedesca del leader europeo del settore (VolksWagen).


Wolfsburg



Auto prodotte

740000


Dipendenti

55000


Salario netto per dipendente

2500 euro/mese


Clup (Euro/macchina)

2415



Mirafiori

120000

5500

1200 euro/mese

715

Il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) è già nettamente più alto (3.4 volte) a Wolfsburg (nella ricca e potente Germania) di quanto sia a Mirafiori.

In altri termini: Fiat ha già un notevole vantaggio competitivo sulla Volkswagen, perché paga molto meno i suoi dipendenti (meno della metà) i quali, per sovrappiù, producono molto più dei tedeschi (21.8 autovetture per dipendente a Mirafiori e 13.5 autovetture per dipendente a Wolfsburg).

Quindi, giovinotti, ma di che cazzo stiamo parlando?

Il vero tema qui in questione è un altro, ovvero: perché nonostante quel netto vantaggio di costo, Fiat non riesce a competere efficacemente conVolksWagen?

Mi spiegate, adesso, in che maniera si dimostra che, esponendo quattro semplicissimi numeri, i quali evidenziano una verità lapalissiana, si possa essere comunisti o democristiani? Capite cosa intendo quando dico: opporre slogan imbecilli a fatti concreti?

Nel merito della questione: spiegatemi come può un partito di sinistra "avallare" quell'argomento che non sta in piedi, "contro" gli stessi operai che in quello stabilimento ci lavorano e sono stati minacciati di perdere il loro posto di lavoro se non avessero votato le richieste dell'azienda (che significano altrettante rinunce ai loro diritti acquisiti)?

Posso capire (anche se i numeri sono chiari per chiunque) che la destra di Berlusconi sostenga le ragioni dell'azienda; ma come cazzo fa un partito di sinistra a sostenerle?

E' ovvio che perda una valanga di voti, anche un bambino scimunito lo capirebbe ... tant'è che, in pieno scandalo bunga-bunga, il PDL perde voti, ma il PD ne perde altrettanti. Berlusconi li perde su Ruby, e Bersani li perde su Marchionne.

... E, diciamoci la verità, perdere voti a letto con Ruby è molto più "eccitante" che perderli in Tv, appoggiando Marchionne.

Resta il problema che poi è il tema più importante di questa questione: come può Fiat perdere mercato rispetto ad un concorrente che ha costi più alti e, dunque, è costretto a praticare prezzi di vendita più cari (i prezzi di una Golf, 14950 euro, ed una Grande Punto, 11900 euro, presentano una differenza intorno al 25%)?

La versione che si tende ad "avvalorare" è che produrre qui in Italia è "troppo caro e inefficiente" ... ed abbiamo visto che, in questo caso, è una solenne cazzata ... Si vorrebbero spremere ancora di più gli operai anche quando, se pur gli dimezzasse il salario a parità di produttività, l'azienda conseguirebbe un risparmio di 360 euro, ovvero solo il 15% del vantaggio di prezzo che ha già.

Si vorrebbe far credere che VolksWagen riesce a vendere oggi le sue macchine con un differenziale di prezzo di oltre 3000 euro ... e che per metterla in difficoltà, occorrerebbero altri 360 euro di differenza?

E allora perché non 715, perché non farli lavorare gratis?

Ma capite quanto è cretino 'sto ragionamento?

I tedeschi vendono di più (ed a prezzi molto più cari), perché producono macchine migliori ed hanno una strategia di marketing nettamente superiore agli italiani. Il punto è tutto qui.

E invece di dire "chapeuax, sono più bravi ... cerchiamo di imparare da loro", si inseguono ancora i vecchi "nemici": la Fiom, la classe operaia, l'assenteismo, Marx ... etc ... in classico stile berlusconiano che, dal 1994, è sempre riuscito a trovare un colpevole per la sua inconcludenza (Fini, Casini, Bossi nel 1994, i comunisti, la Magistratura, Santoro, i giornali ... etc.. etc..).

Quelli, i tedeschi, le cose le fanno, i problemi li risolvono e poi ne godono i benefici. Gli italiani, invece, le cose le annunciano in diretta televisiva, non le fanno, e partono subito alla ricerca del colpevole. Non è un'opinione, ma un fatto documentato.

E non è tutto: trovate ragionevole che un operaio italiano che produce oltre il 60% in più di un tedesco (21.8 autovetture contro 13.5) prenda meno della metà in termini di stipendio netto (1200 euro contro 2500)?

Un partito realmente di sinistra (come il PD dice di essere) pone questo tema al dibattito nazionale, non appoggia la mozione dell'azienda che vorrebbe ancora inseguire ulteriori vantaggi di costo sulla pelle dei suoi già scorticati operai.

Mostrare questi numeri e tirare queste ovvie conclusioni significa essere comunista (o democristiano) ... o significa, finalmente, parlare di fatti concreti in un paese di parolai inconcludenti??

di G. Migliorino

19 febbraio 2011

Italia atlantica

Dalla cooperazione militare con “Israele” alla missione anti-pirateria nell’Oceano Indiano: fenomenologia aggiornata di una sudditanza rigorosamente bipartisan

Venerdì 10 Dicembre si è conclusa l’esercitazione Vega 2010 che ha visto la partecipazione di assetti italiani, israeliani e della NATO. La seconda fase, caratterizzata da missioni di tipo “air to round” ha visto impegnati
i cacciabombardieri Tornado ECR di Piacenza e IDS (“interdiction strike”) del 6° stormo di Ghedi. In Israele le missioni dei velivoli italiani consistevano nell’eliminare od eludere con i Tornado ECR lo sbarramento difensivo costituito dalle difese contraeree e dai caccia in volo e permettere ai Tornado IDS di arrivare sull’obbiettivo con lo sgancio di armamento di precisione.
Ovda è una località a nord di Eilat, a 40 miglia dal confine con l’Egitto. Alla periferia della città, in pieno deserto, c’è un aerostazione per uso passeggeri e, decentrate, infrastrutture, rifugi corazzati, radar e piste di volo da dove decollano e atterrano cacciabombardieri con la stella di Davide F-15 e F-16.
Cosa ci facevano i (nostri) Tornado Panavia con le insegne della NATO in “Israele” a meno di due mesi dalla defenestrazione di Mubarak?
Si esercitavano alla guerra “preventiva” contro il Paese delle Piramidi.
C’è in vigore un memorandum di intesa tra la Repubblica Italiana e lo Stato sionista in materia di cooperazione militare firmato a Parigi dal Ministro della Difesa Martino e dal Generale Shaoul Mofaz il 16 Giugno 2003, rinnovato nel 2008. In forza di questo trattato non sono previste missioni dell’Aereonautica Militare Italiana in “Israele”. Il documento parla chiaro.
L’intesa tra i contraenti in uno dei dieci articoli contempla altresì l’inserimento di clausole segrete. Facile capire che ce ne devono essere state.
Perchè fu scelta la capitale transalpina per firmare quel patto?
Per marcare la differenza con la politica “araba” del Presidente Chirac, eletto per due mandati consecutivi alla guida della Francia, dal Maggio 1995 al Maggio 2007. Chirac farà curare il leader dell’ANP Arafat all’Ospedale Militare di Percy e gli farà tributare, alla morte, nel Novembre del 2004, solenni funerali militari.
I governi del Bel Paese, all’opposto, hanno sempre avuto un debole per la “sicurezza” di “Israele”, strafregandosene della Palestina. Che non sia quella di Abu Mazen e di Erekat tirata fuori da Al-Jazeera.
Non dimentichiamoci di un particolare di per sè ampiamente significativo. Sia gli esecutivi Berlusconi che Prodi hanno sempre avuto Ministri degli Esteri e della Difesa o molto, ma molto vicini, a “Gerusalemme” o adeguatamente solidali.
La collocazione geografica dell’”air base” di Ovda e la data scelta congiuntamente da La Russa e Barak sono state intenzionali in previsione di un “cambio della guardia” in Egitto?
La risposta è sì.
Non è affatto vero, come si è sostenuto, che la rivolta partita da piazza Tahir abbia colto di sorpresa l’intera l’Amministrazione USA, la NATO e l’Europa.
Chi crede che le manifestazioni popolari siano state la spinta decisiva del “change” nella Terra del Nilo è semplicemente fuori strada. E’ da tempo che il seme di un “golpe” cova nel ventre dell’Egitto.
La frattura generazionale nelle strutture centrali e perferiche delle forze armate egiziane mandava da tempo segnali preoccupanti per l’Occidente.
Il Maresciallo Tantawi, liquidando Mubarak ed il suo intero apparato di potere, prendendo le redini del “nuovo Egitto” ha semplicemente evitato, almeno per ora, la totale emarginazione delle gerarchie militari di alto grado che hanno assecondato per oltre 30 anni la politica della “vacca che ride”.
Una politica, è bene ricordarlo, che ha trasformato Esercito, Marina, Aviazione e Difesa Aerea in strumenti da parata militare.
Abbiamo sfogliato l’Almanacco dell’Egitto pagina per pagina. Ne siamo rimasti sinceramente sorpresi, amareggiati. Il Paese del Nilo come forza combattente non esiste più al di là dei numeri e delle dotazioni.
Niente che possa davvero impensierire al momento e per i prossimi 10 anni “Israele”, ammesso che si trovi un solido ancoraggio con attori internazionali nel settore degli armamenti come Russia e Cina ed i finanziamenti necessari per attuare una completa ristrutturzione militare e, ancor prima, le risorse necessarie per dare avvio nel Paese ad un nuovo indirizzo economico e sociale. Uscire da decine di anni di “dipendenza” dall’Occidente è un affare da far tremare i polsi. I meccanismi del dialogo euromediterraneo, i prestiti del FMI, di USA ed Europa, la dipendenza dal turismo occidentale, le monoculture, le massiccie importazioni di granaglie hanno fatto il resto.
A livello di “comunità internazionale” si farà di tutto per mantenere l’Egitto in stato di costante precarietà economica senza farlo precipitare nel caos.
Torniano a Eilat.
Per la “missione” ad Ovda, La Russa ha lavorato da sguattero di USA e NATO per mandare oltre il canale di Suez precisi segnali finalizzati al rispetto ed alla continuità degli accordi di pace firmati nel ’76 da Begin e Sadat ed al mantenimento della “sicurezza” per Gerusalemme.
Non era mai successo che l’A.M.I., come rappresentante della NATO, partecipasse ad un azione simulata di guerra nello spazio aereo di “Israele” intenzionalmente diretta ad intimidire, a minacciare, un Paese del Medio
Oriente.
L’uso di vettori per la guerra elettronica (ECR) e da attacco al suolo (IDS), decollati da una base dell’aviazione ad un tiro di sputo dalla linea C del Sinai egiziano, non può non assumere un preciso significato politico e militare nei rapporti che, prevedibilmente, intercorreranno tra Roma ed il Cairo dopo l’uscita di cena di Mubarak e più estesamente tra l’Italia ed i Paesi dell’intera area.
Il decollo dei Tornado da una striscia di terra che va dal Golfo di ‘Aqaba al Mediterraneo, e segna per 260 km il confine tra i due Stati, non potrà non essere interpretato da ampi settori di opinione pubblica e dalle organizzazioni politiche egiziane che escono da protagoniste dalla rivolta del 25 Gennaio come un gesto ostile.
A tempi medio-lunghi ne potrebbero risentire pesantemente anche i rapporti commerciali tra le due sponde del Mediterraneo. L’intera costa mediterranea del Paese del Nilo potrebbe trasformarsi, come effetto indesiderato, in punti di raccolta e di imbarco per l’esodo sempre più massiccio che dal Maghreb all’Africa Subsahariana si riversa ormai da anni sulle coste della Repubblica delle Banane.
“Israele” non ha mai restituito all’Egitto dal ’67, nonostante gli accordi di pace perfezionati nel ’78, prima del ritiro di “Gerusalemme” dal resto della penisola araba nell”82, la fascia D del Sinai.
In questo corridoio l’I.D.F. mantiene pattuglie di perlustrazione, blindate, per un totale di 400 militari.
Osserviamo nel fratempo come tv e giornali nel Bel Paese si stiano dando un gran daffare in questi giorni per addolcire la liquidazione coatta di Mubarak, di Suleyman e dell’intero governo del “rais”, cavalcando la barzelletta della caduta di un nuovo muro di Berlino. Il nesso appare più che forzato, incredibilmente ridicolo.
Ma così è se… vi pare.
Sono arrivati al punto di mandare sui telegiornali delle vecchie riprese del maresciallo Tantawi a colloquio con Barak quando comandava il sarcofago ambulante del Cairo per mettere al sicuro, in cassaforte, la continuità, anche in un prossimo futuro, degli “accordi” di Camp David.

E ora un altro “mistero” che riguarda il solito on. Ignazio La Russa, tornato a corteggiare a Torino l’avvicinato dalla CIA Giuliano Ferrrara detto Cicciopotamo ed altre compagnie, passate e recenti, di egual prestigio al ritorno da un viaggio in Afghanistan. Dalla Terra delle Montagne… all’Oceano Indiano.
Mercoledì 19 Gennaio Daniele Mastrogiacomo, corrispondente de La Repubblicadal 1992, con abbondanti trascorsi al percolato, firma a pag. 16 del quotidiano di Ezio Mauro un articolo sul sequestro della petroliera italiana Savina Kaylyn nell’Oceano Indiano, a 880 miglia nautiche dalle coste somale.
La Savina Kaylyn, che ha una stazza di 105.000 tonnellate ed una lunghezza di 226 mt, proveniva dal porto di Bashayer in Sudan, dove aveva caricato greggio ed era diretta a Pasir Gudang in Malaysia. Il Sudan è nella lista nera di USA ed Unione Europea, la Malaysia né è fuori ma tenuta egualmente sotto tiro come Paese “amico” del presidente Bashir.
E’ una delle 40 navi della flotta napoletana dei Fratelli d’Amato. A bordo ci sono 22 uomini di equipaggio, 5 tra cui il comandante sono italiani, e 17 indiani.
Secondo un comunicato del Comando Eunavfor (missione Atalanta), la supertank Kaylyn, a quanto scrive Mastrogiacomo, sarebbe stata assaltata da una barca a vela di due metri che arrancava, durante la notte, in mezzo all’Oceano.
Una barchetta – scriverà – elude i radar ed è difficile vederla ad occhio nudo. Cinque pirati si sono avvicinati (continuiamo la riportare la sua narrazione) nascondendosi sotto la fiancata della nave e l’hanno abbordata.
Solo in quel momento è scattato l’allarme. La Savina ha iniziato ad accelerare ed a rallentare, a cambiare rotta con improvvise virate. L’equipaggio ha azionato gli idranti di bordo, ha cercato di investire con i getti d’acqua i tre uomini che si arrampicavano lungo la fiancata (resa viscida dalla salsedine sugli strati di vernice, alta in perpendicolare dagli 8 ai 10 mt anche a pieno carico…), gli altri due sparavano colpi di pistola all’indirizzo della nave.
Risparmiamo il resto del “pezzo”, è il caso di dirlo, ai Lettori per non offenderne l’intelligenza sulle modalità dell’abbordaggio e della “conquista” della plancia comando della Kaylyn.
Questa è ormai la qualità dell’”informazione” che circola sul quotidiano più letto nella Repubblica delle Banane. Azionista di riferimento un certo Carlo De Benedetti.
Mastrogiacomo senza vergognarsene nemmeno un po’ ridicolizza nei fatti il “sequestro”, riporta intenzionalmente la pagliaccesca versione – a suo dire – raccolta al Comando Eunavfor nel quadro dell’operazione Atalanta.
Una “missione” che costa alle tasche degli Italiani 25 milioni di euro all’anno dal Dicembre 2008 ed altri 10-12 agli armatori nazionali per allungare le rotte ed evitare “attacchi pirati”, più altre maxi elargizioni che vanno perennemente a buon fine e non lasciano tracce (sono in contanti) per il rilascio di ogni nave da trasporto, o rimorchiatore con pontoni, sequestrato.
Per conto di chi “scrive” Mastrogiacomo che sta più in alto del direttore e del padre-padrone de La Repubblica?
Cosa c’è dietro? Solo sfacciata, ributtante “disinformazione” per cloroformizzare, per annullare, la curiosità di chi legge?
Le navi madri dei “pirati” del Somaliland e del Puntland seguono una rotta di avvicinamento al “target” con comunicazione satellitare.
Un segnale che non può essere captato dai centri di ascolto appartenenti a “Stati canaglia” od a Paesi come Cina, Russia, Pakistan, India, basati su piattaforme navali.
Un rilevamento che fornisce in successione una rotta di avvicinamento, per poi lasciare alla nave madre la scoperta radar del target nelle ultime 20-50 miglia.
Per capire chi sia dietro a questa nuova pirateria basta e avanza conoscere il numero dei mercantili di proprietà USA sequestrati dai “nuovi corsari” con Rpg-7 ed AK-47, dotati, si fa per dire, di imbarcazioni il più delle volte di approntamento fluviale, senza carena, di 5-7 metri spinte da motori dai 25 ai 50 cv, mancanti di scalette di abbordaggio, ramponi lanciati da cariche esplosive e scorte di benzina, che intercettano, senza apparente difficoltà, il naviglio in transito lungo le coste che vanno dal Corno d’Africa all’Oceano Indiano a centinaia di km dalle coste dell’Africa e dell’Asia.
La risposta, a quanto ne sappiamo, è zero ad eccezione di un assalto ad una porta-contenitori liberata dall’intervento di un’unità da guerra della US Navy, finito con l’uccisione di tre sequestratori colpiti da tiratori scelti a bordo di un gommone da salvataggio.
Una storia che faceva acqua da tutte le parti.
Dal Dicembre 2008 nessuna altra unità a stelle e strisce risulta abbordata e sequestrata dai nuovi abbronzantissimi Capitan Uncino.
Operazioni che consentono tra l’altro accurate ispezioni ai carichi trasportati che possano risultare sospetti come materiali “dual-use” partenti da “Stati canaglia” e destinati ad altri Paesi inclusi nella lista di Paesi giudicati avversari o potenziali nemici dell’Occidente.
Ritorniamo alla Savina Kaylyn, dopo che l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri ha lanciato l’allarme, arrivato alla Farnesina dal telefono satellitare in dotazione ai “pirati” (sic).
L’allerta arriva al Ministero della Difesa. Parte la comunicazione alla fregata Zeffiro di intercettare la Kaylyn, la nave della Marina Militare è a due giorni d navigazione.
Dal quel momento in poi nessun altra notizia, nemmeno di agenzia, arriverà a conoscenza dell’opinione pubblica del Bel Paese. Il silenzio dal giorno 20 Gennaio ad oggi è inspiegabilmente totale.
Vuoi vedere che la Zeffiro si è arresa a 5 pirati dopo aver alzato sul pennone di dritta una bella bandiera bianca e ci faranno trovare a tempo scaduto la Savrina Kaylyn ancorata a 500-700 km da un villaggio di pescatori filibustieri del Puntland o del Somaliland? Ma davvero l’ex colonia italiana è divisa in tre pezzettoni?
E’ l’Onu e Ban Ki Moon che fanno stampare le nuove carte geografiche del Corno d’Africa? O chi altro?
Frattini e La Russa riescono davvero a calarsi le mutande anche davanti a qualche delinquente morto di fame o si vuole finanziare al “nero” i pirati?
Non apriamo bocca per fare fiato e non mettiamo punti interrogativi a casaccio.
Gli armatori italiani hanno richiesto da almeno due anni al Ministro della Difesa Ignazio La Russa, che i mercantili battenti la nostra bandiera abbiano a bordo un nucleo di Fucilieri del Battaglione S. Marco.
Ad avanzare la proposta alla Marina Militare è stato Stefano Messina, uno degli armatori più danneggiati dai sequestri in pieno Oceano. Sarebbero sufficienti, a suo giudizio, 5 marò per nave mercantile.
Il costo della scorta armata sarebbe stato a carico di Confitarma, l’associazione di categoria.
E’ a rischio – ha sostenuto più volte – anche incolumità del nostro personale navigante. L’Ammiraglio Fabio Caffio dello S.M della Marina Militare ha dato la sua approvazione.
La Russa ha risposto picche per un problema – sentite, sentite – di competenze e di “prestigio”. Quale?
“I militari non possono essere posti sotto il comando di un pur bravo capitano di lungo corso della marina mercantile”.
Vi viene voglia di ridere preso atto che il Ministro della Difesa manda il Genio Militare a togliere centinaia di tonnellate di spazzatura dalle strade di Napoli, svende immobili, fari, arsenali, privatizza le Forze Armate, licenzia, precarizza e blocca gli stipendi del personale dipendente? Non lo fate.
Il titolare di Palazzo Baracchini non vuole che si sappia in giro, da fonte attendibile, cosa succede davvero da Bab el-Mandeb al Golfo Persico e più in là in pieno Oceano Indiano, fino allo Stretto di Malacca.
In alternativa avrebbe proposto, senza andare poi a fondo della faccenduola, per liberarsi dal pressing di Messina, di affidare la sicurezza delle navi degli armatori italiani ad un agenzia di “contractors” a stelle e strisce. Non stiamo scherzando.
Mesi fa, un cacciatorpediniere dell’India ha fatto fuoco e colato a picco una “nave madre” lungo le coste del Kenia.
Appena 72 ore più tardi Mumbai è stata scossa da quel colossale attentato terroristico che ricorderete.
La Russia di “navi madri” ne ha affondate, per quanto ne sappiamo, una dozzina, con mitragliatrici singole da 14.7 mm e cannoni a canne ruotanti da 30 mm, pagando il prezzo della libertà di navigazione commerciale con l’intensificazione di attentati a Mosca e nel Caucaso.
Se si vuole, si può liquidare il tutto come coincidenze fortuite o fantasie che corrono a ruota libera.

di Giancarlo Chetoni

Superare la crisi



L'ultima lettera inviata da Berlusconi al Corriere della Sera per il rilancio dell'economia, conferma quanto da sempre pronosticato e sostenuto: «le cause ed il perdurare della crisi economica dipendono essenzialmente dalla violenta demonetizzazione del mercato, avvenuta in campo nazionale ed internazionale, determinata, realizzata e pilotata dall'apparato bancario-monetario, nell'indifferenza, ed in alcuni casi anche con la connivenza di alcune forze politiche.». Sempre di connivenza si tratta anche quando, nell'ambito dell'azione e della attività politica, è sufficiente essere a conoscenza delle tecniche perverse e delle malefatte messe in atto dalla congrega bancaria-monetaria, senza porre nulla in essere per bloccare questi sciagurati accadimenti. Dando per saputo e scontato come tutto ciò si sia potuto verificare e con quali dinamiche (ce ne siamo occupati a lungo anche nel recente passato), ciò che importa ora in maniera sempre più pressante, è come uscirne e come poter rilanciare l'economia e l'occupazione nazionale, in primis quella giovanile, prima del verificarsi d'intolleranze del tutto prevedibili.

L'asfittica circolazione monetaria sul mercato interno e la drastica riduzione delle linee creditizie hanno causato il crollo dei consumi, la sofferenza di centinaia di migliaia di piccole e medie imprese (85 % del sistema produttivo nazionale) causando in moltissimi casi il fallimento o la loro chiusura con la conseguente espulsione delle relative maestranze dal sistema produttivo. La contrazione di liquidità verificatasi sui mercati esteri ha penalizzato tutta l'attività manifatturiera nazionale finalizzata all'esportazione, provocando anche la drastica contrazione delle correnti turistiche estere. Allo status quo, pertanto, tutta l'economia è in grave sofferenza. Gran parte della liquidità interna era già stata razziata molti anni prima dello scoppio ufficiale dell'ultima crisi economica, dalle solite banche mediante il piazzamento dei bond farlocchi, subito dopo volatilizzati, di Cirio, Parmalat, Banca 121, Argentina, ecc. fatti sottoscrivere ai vari soggetti ed amministrazioni, pubbliche e private, utilizzando spesso espedienti e raggiri nei confronti degli ignari sottoscrittori.

Alle perverse attività bancarie si sono aggiunte anche quelle della politica, tenute a battesimo dal governo G. Amato (dott. Sottile) con il prelevamento forzoso su tutti i conti correnti e depositi dell'8 per mille e la serie delle patrimoniali, iniziate nel 1992, mediante le qualisono state sottratte ai cittadini ed all'intero mercato cifre ingenti, non più ritornate in circolazione sul territorio sotto la voce di spesa per servizi resi alla collettività (solo nel primo anno è stata prosciugata la bella cifra di 92 miliardi di lire). Di queste e di altre malefatte bancarie nei confronti del mercato se ne sta occupando per alcuni aspetti la magistratura ordinaria con esiti alquanto deludenti: il sistema bancario ha sempre brigato per varare commissioni con propri rappresentanti, per dirimere le vertenze dei propri clienti in via stragiudiziaria.

Anche nei casi giunti a sentenza, con condanna delle banche al ristoro dei danni, questi sono quasi sempre sottostimati ed i relativi pagamenti procrastinati nei tempi futuri. L'annunciato ed auspicato colpo di frusta da parte dell'Esecutivo, per far ripartire produzione, occupazione e consumi interni, mal si concilia con le pretese europee di ridurre il debito pubblico all'80%, in ottemperanza ai vincoli comunitari ed al trattato di Maastricht, mediante il reperimento sul mercato nazionale di ben 600 miliardi di Euro da versare drasticamente nelle casse dei banchieri, con conseguente pregiudizio al poter programmare, o solo immaginare, qualsiasi possibilità di ripresa economica nazionale. Il forte debito pubblico esistente ci impedisce d'indebitarci ulteriormente per ottenere le risorse necessarie per reinnescare i processi produttivi in tempi brevi e quindi il colpo di frusta enunciato ed auspicato resterà nel cassetto delle buone intenzioni. Quand'anche riuscissimo a poterci ulteriormente indebitare, finiremmo per incrementare ancor più la mastodontica esposizione pubblica con i conseguenti gravosissimi interessi passivi che stanno già sbarrando qualsiasi possibilità di rilancio reale.

Occorre convincersi definitivamente che senza nuove risorse è impensabile immaginare qualsiasi tipo di ripresa ed ancor meno realizzare gli annunciati schiocchi di frusta per far ritornare il cavallo a bere. Perciò diventa sempre più indispensabile approntare nuove risorse economiche-monetarie senza sottostare allo strangolamento da debito inventato ed imposto dalla cupola bancaria-monetaria. Fortunatamente disponiamo della capacità, della cultura e dell'esperienza per far fronte ed eliminare definitivamente queste procurate disfunzioni. E' solo necessario che i politici, diversamente da quanto preteso dai banchieri, (come se l'economia fosse loro prerogativa esclusiva) ritornino ad occuparsi della vera politica economia nazionale che non può essere disgiunta da quella monetaria, acquisendone le opportune conoscenze culturali, con il convincimento che la legittimità a svolgere l'azione politica deriva solo dal perseguimento del bene comune in favore dei cittadini e dei propri elettori. Occorre riacquisire autonomia di giudizio e capacità di discernere con la propria testa per non essere inconsapevolmente plagiati dai numerosi infiltrati a tutti i livelli al servizio dei banchieri e finanzieri. Ovviamente occorre disporre anche gli attributi necessari per poter bordeggiare "almeno inizialmente" contro vento, senza avventurarsi su rotte sconosciute e mai battute. Basta ripercorrere ed attuare ciò che è stato felicemente realizzato in oltre cento anni dai vari e diversi Governi che si sono succeduti.

Lo Stato deve ritornare a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini; acquisirne il signoraggio e quindi la moneta emessa a titolo originario ed impiegarla per rilanciare economia, occupazione e ricerca. Lo Stato italiano ha battuto moneta in prima persona e monetizzato il proprio territorio dal 1874 al 1975. Ciò ha consentito, subito dopo l'unità d'Italia di realizzare tutte le infrastrutture necessarie ad un nuovo stato, compreso i famosi palazzi e quartieri "umbertini", ancora esistenti, senza imporre tasse e senza indebitarsi. Successivamente utilizzando sempre la moneta emessa da parte dello Stato si sono costruite le opere dell'Italia moderna: strade, autostrade, ponti, ferrovie, porti, aeroporti, centrali elettriche, ospedali, sanatori, colonie, le grandi bonifiche, intere città, i grandi complessi industriali, gli Istituti Assistenziali, le scuole, le università, tutte contraddistinte dalle inconfondibili linee architettoniche ispirate dal Piacentini. Anche tutte queste opere furono realizzate senza aumentare le tasse ai cittadini e senza aumentare il debito pubblico che anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d'Italia) per passare al 25% nel 1945 a guerre finita. Successivamente si continuò a battere moneta da parte dello Stato, gli introiti così incamerati hanno contribuito in maniera significativa alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dall'invasione nemica (all'inizio degli anni 70 il debito pubblico era sceso al 20 %). Tutto ciò ad ulteriore conferma e dimostrazione che il debito pubblico è generato dall'emissione monetaria da parte delle banche d'emissione private.

All'inizio del Governo Berlusconi si cercò di fronteggiare questa situazione. Il Ministro Tremonti ebbe a sostenere la necessità di una moneta parallela, senza debito, per rilanciare l'economia e l'anemico mercato, iniziativa subito frustrata dal gruppo della destra economica annidata nel parlamento al servizio della funzione monetaria e finanziaria. Il ruolo di questi soggetti si è definitivamente appalesato quando Fini ha impedito di conferire ai prefetti i poteri necessari per sindacare il comportamento delle banche verso privati ed aziende e quando partendo con l'acqua è cominciata la campagna delle privatizzazioni, cedendo ai banchieri i beni dello Stato a fronte dei pseudi debiti creati con l'emissione monetaria. Come riporta il Corriere della Sera, non sussiste grande differenza sostanziale tra quanto sostiene il cattolico banchiere Bazoli d'istituire la tassa patrimoniale e l'establishment finanziario alternativo che chiede la vendita del patrimonio pubblico insieme alle liberalizzazioni dei servizi pubblici, entrambi, con l'obiettivo finale di chiudere il ciclo berlusconiano. Mentre la crisi economica trova difficili sbocchi, la cosa più raccapricciante di questo sciagurato periodo è il silenzio assordante della sinistra e di buona parte dei sindacati appiattiti sulle posizioni monetarie-finanziarie, ed a protezione dei manovratori, per sviare le attenzioni, si sono ridotti a guardare per il buco della serratura, suggellando la fine indecorosa dell'apparato a difesa della classe operaia, dei meno abbienti e degli oppressi. Coraggio Presidente Berlusconi, ormai non ha più nulla da perdere, è arrivato il momento di parlare chiaro, più di quello che le hanno fatto è impossibile immaginare altro, le quinte colonne sono uscite dalla maggioranza, il momento è oltremodo propizio per dimostrare che aldilà di tutte le chiacchiere e le diatribe dei vari gruppi ideologici, ormai decotti, di fatto sulla scena politica esistono due soli schieramenti: il primo che in ossequio al mandato ricevuto dai cittadini si adopera per il conseguimento del bene comune di tutta la popolazione, ed il secondo al servizio del sistema bancario-monetario e dell'alta finanza. Poiché queste due posizioni si stanno delineando con sempre maggiore precisione, è opportuno, quanto prima possibile, formare, informare e spiegare la vera occulta strategia in atto, dopo di che vediamo quante persone sono disponibili a scendere in piazza a difesa dei banchieri della BCE e per Maastricht. Riappropriamoci della nostra sovranità monetaria per bloccare le nefaste conseguenze delle crisi come quelle imposte a Islanda, Irlanda, Grecia, poiché dopo Portogallo e Spagna siamo i primi della lista. Recuperiamo la nostra autonomia politica e congiuntamente il ruolo riappacificante che ci compete nel bacino del Mediterraneo e nel mondo. Riuniamo rapidamente la miriade di gruppi, associazioni e comitati sorti a sostegno di queste posizioni. Sicuramente non mancheranno immediati appoggi e consensi da parte di tutti i cittadini e da parte degli Stati che, per convenzioni bilaterali stipulate tra loro, hanno stabilito di scambiarsi beni e risorse utilizzando la propria moneta nazionale; la nostra produzione è ricercata e complementare a moltissime di queste. All'immancabile starnazzare delle solite sacre vestali a difesa del sistema, assicuriamo la nostra presenza in qualsiasi pubblico dibattito.
di Savino Frigiola

17 febbraio 2011

Confronto Fiat - VolksWagen. Incredibile

Chi scrive ed esprime pubblicamente le sue opinioni è, legittimamente, soggetto alla critica di coloro che leggono, i quali possono essere, del tutto o in parte, in disaccordo con quelle opinioni.

La "dialettica" tra uno e gli altri è costruttiva se e quando le opinioni sono supportate da fatti certi, numeri e statistiche di tale pregnanza da arricchire entrambi, rifuggendo la sterile polemica in cui si rifugiano le persone di poco talento e senza argomenti.

Discuto con tutti di fatti e argomenti supportati da prove quantomeno plausibili, ma mi rifiuto di perdere tempo con chi non ha argomenti e ripete slogan di nessuna rilevanza.

Se, per chiarire, di fronte ad un argomento che poggia su fatti concreti, mi si oppongono (a difesa della tesi avversa) gli slogan: ... sei un ex-comunista ... oppure ... sei un ex-democristiano ... beh la discussione non ha senso alcuno giacché, dal mio punto di vista, non c'è alcun arricchimento culturale nell'ascoltare o dibattere quelle minchiate da bambini scimuniti.

Se devo discutere con qualcuno, pretendo di "apprendere cose che non so", esattamente come l'altro deve pretendere la stessa cosa da me. Ripetere idiozie con il solo scopo di "avere ragione", è esercizio da imbecilli che hanno tempo da perdere.

Sto dicendo che, quando elenco degli argomenti "contro" Berlusconi, invece di essere contraddetto sui numero e sui fatti (cosa che implica un ragionamento e una certa capacità di organizzare pensieri e numeri), mi si oppone (spesse volte) lo slogan "sei un ex-comunista" che, com'è ovvio, non ha bisogno di essere articolato o elaborato in una serie di passi razionali e conseguenti, ma può essere benissimo frutto di una mente sterile ed improduttiva. Di un cretino, insomma.

Capita lo stesso quando elenco degli argomenti contro i Bersani o i D'Alema ... anche qui la risposta è affidata ad uno slogan altrettanto idiota: "sei un ex-democristiano fanfaniano" (significa DC di destra, quasi sinonimo di fascista).

Ora, fatemi ripetere una cosa ormai risaputa: nella mia "carriera" di elettore votante (carriera conclusa nel 1996) ha votato quasi tutti i partiti, dal MSI di Almirante al PSI di Craxi, passando per PLI, PRI, PSDI, Radicali, Verdi ... con la sola esclusione di PCI e DC. Poi, nella cosiddetta seconda repubblica, votai Berlusconi nel 1994 e Prodi nel 1996 e, quindi, dopo 27 anni di assidua partecipazione elettorale, mi accorsi che l'unica cosa seria era "non votare" ... e smisi.

L'accusa di essere un ex-comunista o un ex-democristiano, non solo è una prova evidente di inconsistenza culturale, ma è anche una stupidaggine storica (PCI e DC sono stati gli unici due partiti che non ho mai votato).

Dove nasce la necessità di questa precisazione?

... se Bersani, D'Alema, etc... non riescono a vincere contro un avversario così, debbono necessariamente essere o da lui pagati (quindi corrotti) oppure completamente incompetenti ...

Chi s'è sentito "toccato", non ha trovato di meglio che rispondermi in quella maniera ... "sei un ex-democristiano fanfaniano", e ciò dà miserevole conto di cosa sia diventata la dialettica ... la discussione tra parti che si suppongono intelligenti ed in buona fede.

Nella fattispecie, l'inadeguatezza degli attuali leader del PD, si dimostra negli atti politici di cui si fanno interpreti e, tanto per venire ad un esempio recentissimo, al famoso referendum di Mirafiori, in cui il PD ha appoggiato le ragioni di Marchionne contro la Fiom.

La Fiat chiedeva più flessibilità, rispetto delle regole, meno pause ... etc ... e l'obiettivo che dichiarava di perseguire, era di voler "chiudere" il gap competitivo con gli altri produttori di autovetture.

Il CLUP (Costo del Lavoro per Unità di Prodotto), si diceva, negli stabilimenti italiani è sensibilmente maggiore che altrove e, dunque, non si riesce a vendere le macchine a prezzi competitivi.

Discorso serio, importante e di notevole rilevanza strategica, a cui il PD ha dato la sua benedizione. Sbagliando clamorosamente, almeno secondo me.

Vediamo i numeri confrontando Mirafiori (la più grande fabbrica italiana di Fiat) con Wolfsburg, la maggiore fabbrica tedesca del leader europeo del settore (VolksWagen).


Wolfsburg



Auto prodotte

740000


Dipendenti

55000


Salario netto per dipendente

2500 euro/mese


Clup (Euro/macchina)

2415



Mirafiori

120000

5500

1200 euro/mese

715

Il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) è già nettamente più alto (3.4 volte) a Wolfsburg (nella ricca e potente Germania) di quanto sia a Mirafiori.

In altri termini: Fiat ha già un notevole vantaggio competitivo sulla Volkswagen, perché paga molto meno i suoi dipendenti (meno della metà) i quali, per sovrappiù, producono molto più dei tedeschi (21.8 autovetture per dipendente a Mirafiori e 13.5 autovetture per dipendente a Wolfsburg).

Quindi, giovinotti, ma di che cazzo stiamo parlando?

Il vero tema qui in questione è un altro, ovvero: perché nonostante quel netto vantaggio di costo, Fiat non riesce a competere efficacemente conVolksWagen?

Mi spiegate, adesso, in che maniera si dimostra che, esponendo quattro semplicissimi numeri, i quali evidenziano una verità lapalissiana, si possa essere comunisti o democristiani? Capite cosa intendo quando dico: opporre slogan imbecilli a fatti concreti?

Nel merito della questione: spiegatemi come può un partito di sinistra "avallare" quell'argomento che non sta in piedi, "contro" gli stessi operai che in quello stabilimento ci lavorano e sono stati minacciati di perdere il loro posto di lavoro se non avessero votato le richieste dell'azienda (che significano altrettante rinunce ai loro diritti acquisiti)?

Posso capire (anche se i numeri sono chiari per chiunque) che la destra di Berlusconi sostenga le ragioni dell'azienda; ma come cazzo fa un partito di sinistra a sostenerle?

E' ovvio che perda una valanga di voti, anche un bambino scimunito lo capirebbe ... tant'è che, in pieno scandalo bunga-bunga, il PDL perde voti, ma il PD ne perde altrettanti. Berlusconi li perde su Ruby, e Bersani li perde su Marchionne.

... E, diciamoci la verità, perdere voti a letto con Ruby è molto più "eccitante" che perderli in Tv, appoggiando Marchionne.

Resta il problema che poi è il tema più importante di questa questione: come può Fiat perdere mercato rispetto ad un concorrente che ha costi più alti e, dunque, è costretto a praticare prezzi di vendita più cari (i prezzi di una Golf, 14950 euro, ed una Grande Punto, 11900 euro, presentano una differenza intorno al 25%)?

La versione che si tende ad "avvalorare" è che produrre qui in Italia è "troppo caro e inefficiente" ... ed abbiamo visto che, in questo caso, è una solenne cazzata ... Si vorrebbero spremere ancora di più gli operai anche quando, se pur gli dimezzasse il salario a parità di produttività, l'azienda conseguirebbe un risparmio di 360 euro, ovvero solo il 15% del vantaggio di prezzo che ha già.

Si vorrebbe far credere che VolksWagen riesce a vendere oggi le sue macchine con un differenziale di prezzo di oltre 3000 euro ... e che per metterla in difficoltà, occorrerebbero altri 360 euro di differenza?

E allora perché non 715, perché non farli lavorare gratis?

Ma capite quanto è cretino 'sto ragionamento?

I tedeschi vendono di più (ed a prezzi molto più cari), perché producono macchine migliori ed hanno una strategia di marketing nettamente superiore agli italiani. Il punto è tutto qui.

E invece di dire "chapeuax, sono più bravi ... cerchiamo di imparare da loro", si inseguono ancora i vecchi "nemici": la Fiom, la classe operaia, l'assenteismo, Marx ... etc ... in classico stile berlusconiano che, dal 1994, è sempre riuscito a trovare un colpevole per la sua inconcludenza (Fini, Casini, Bossi nel 1994, i comunisti, la Magistratura, Santoro, i giornali ... etc.. etc..).

Quelli, i tedeschi, le cose le fanno, i problemi li risolvono e poi ne godono i benefici. Gli italiani, invece, le cose le annunciano in diretta televisiva, non le fanno, e partono subito alla ricerca del colpevole. Non è un'opinione, ma un fatto documentato.

E non è tutto: trovate ragionevole che un operaio italiano che produce oltre il 60% in più di un tedesco (21.8 autovetture contro 13.5) prenda meno della metà in termini di stipendio netto (1200 euro contro 2500)?

Un partito realmente di sinistra (come il PD dice di essere) pone questo tema al dibattito nazionale, non appoggia la mozione dell'azienda che vorrebbe ancora inseguire ulteriori vantaggi di costo sulla pelle dei suoi già scorticati operai.

Mostrare questi numeri e tirare queste ovvie conclusioni significa essere comunista (o democristiano) ... o significa, finalmente, parlare di fatti concreti in un paese di parolai inconcludenti??

di G. Migliorino