04 maggio 2011

Come la TV danneggia le facoltà mentali

tv-subliminal-hypnosis

Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (familaire, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games.

Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).

Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293).

I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.

Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288).

Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza.

Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307).

La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di computer in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuhan. Il medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.”

Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media.

È la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto.

La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi. La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di orientamento senza recupero.

Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310).

In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento.

Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.

Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione.

di Marco Della Luna

03 maggio 2011

Il cadavere di Bin Laden è stato nel ghiaccio per circa un decennio


Una moltitudine di fonti diverse, sia pubbliche che private, incluse quella di un individuo che ha lavorato personalmente con Bin Laden, ci ha riferito in prima persona che il cadavere di Osama è rimasto nel ghiaccio per almeno un decennio e che la sua ‘morte’ sarebbe stata annunciata nel momento politico più propizio.

L’ora è scoccata con
la presentazione di una foto falsa vecchia di cinque anni come la sola prova della presunta uccisione avvenuta ieri, mentre il corpo di Bin Laden sarebbe stato precipitosamente buttato in mare per prevenire a chiunque di scoprire quando sarebbe effettivamente morto.

Nell’aprile del 2002, il membro del Consiglio delle Relazioni Estere, Steve R. Pieczenik, che ha ricoperto l’incarico di Assistente Segretario di Stato sotto Henry Kissinger, Cyrus Vance e James Bake, ha detto all’Alex Jones Show che Bin Laden era già “morto da mesi”.

Pieczenik è sicuramente nella posizione per conoscere queste informazioni, avendo lavorato direttamente con Bin Laden quando gli Stati Uniti stava armando e finanziando il supremo terrorista nel tentativo di espellere i Sovietici dall’Afghanistan alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80 (un fatto storico documentato che i pappagalli nei media stanno negando oggi in vista degli ultimi sviluppi).

“Ho lavorato con Osama bin Laden nel ’78 e nell’81”, sono le parole di Pieczenik, che ha aggiunto che poi venne trasformato in un terrorista da cacciare nelle seguenti amministrazioni.

Pieczenik ha riferito a Jones durante l’intervista del 24 aprile del 2002: “Avevo scoperto attraverso le mie fonti che aveva una malattia ai reni. E, come medico, sapevo che aveva due macchine per la dialisi e che stava morendo.”

“E questo lo si può vedere nei filmati, queste foto truccate che ci vengono spedite non si sa da dove. Io dico che, improvvisamente, si potrebbe vedere un video di bin Laden che viene fuori dal nulla e ci diranno che ce l’hanno mandato in modo anonimo, di modo che qualcuno nel governo, nel nostro governo, riesca a tenere il morale alto, e dirci ancora che hanno rintracciato il tizio quando, in realtà, era morto da mesi ", aggiunse Pieczenik.

Pieczenik ha poi affermato che il videotape di un grasso Bin Laden, dove si prende la ‘responsabilità’ per l’11 settembre e che fu realizzato nel dicembre del 2001, era “un imbroglio assoluto”, realizzato per “manipolare” la gente nel periodo di grande emotività che seguì l’11 settembre.

La guerra successiva in Afghanistan che ha seguito l’11 settembre fu orchestrata “con l’accordo della famiglia di bin Laden, sapendo perfettamente che sarebbe comunque morto”, sono le parole di Pieczenik. “E io credo che Musharraf, il Presidente del Pakistan, ha invontariamente spifferato il tutto tre mesi fa quando disse che Bin Laden era già morto perché le macchine che gli servivano per la dialisi furono distrutte nell’Est Afghanistan.”

In aggiunta a Pieczenik, così come riportato nell’agosto 2002, Alex Jones fu informato da una fonte di alto livello interna al Partito Repubblicano sul fatto che Bin Laden fosse morto e che il suo cadavere veniva tenuto ‘sotto ghiaccio’ fino al momento in cui la sua morte potesse essere annunciata al “momento politicamente più propizio”.

Quando Jones chiese alla sua fonte se questa dichiarazione fosse solo una speculazione o se fosse vera, la fonte stessa reiterò il fatto che era morto sul serio e che il corpo di Bin Laden era “fisicamente nel ghiaccio” in attesa di essere tirato fuori per il pubblico consumo al momento più opportuno.

Molti si aspettavano che il momento fosse prima delle elezioni del 2004, ma, dopo che i Democratici iniziarono a pensare a questa possibilità, i Repubblicani realizzarono un falso videotape di Osama che fu fatto uscire alla vigilia delle elezioni e, in base alle parole sia di George W. Bush che di John Kerry, fu il fattore decisivo per la lotta tanto ravvicinata che avvenne in quelle elezioni.

Il conduttore televisivo di lungo corso Walter Cronkite ha etichettato tutta questa farsa come un allestimento orchestrato da Karl Rove.

In aggiunta a ciò, c'è un profluvio di altre fonti, sia dell’amministrazione statale che di agenti professionisti d’intelligence registrate negli ultimi nove anni, che suggeriscono l'idea secondo la quale Bin Laden fosse molto probabilmente già morto e che era lampante che la salute del leader di Al-Qaeda fosse in rapido declino a causa della malattia ai reni già dalla fine del 2001. Tra questi possiamo includere:

- l’ex ufficiale della CIA, rispettatissimo esperto di intelligence e di politica estera, Robert Baer, che nel 2008 quando gli fu chiesto di Bin Laden da un conduttore radiofonico, rispose: “Ma certo che è morto”;

- il 26 dicembre del 2001, Fox News, citando una storia del Pakistan Observer, ha riportato che i Talegani afgani avevano dichiarato che Bin Laden era morto e che lo avevano sepolto in una fossa non segnalata;

- il 18 gennaio del 2002 il presidente pakistano Pervez Musharraf annunciò: “Io credo che, francamente, sia morto”;

- il 17 luglio del 2002 l’allora capo dell’antiterrorismo all’FBI, Dale Watson, riferì a una conferenza di funzionari per l’inasprimento delle leggi: “Personalmente credo che egli [Bin Laden] non è probabilmente più con noi”;

- nell’ottobre del 2002 il presidente afghano Hamid Karzai disse alla CNN: “Sono arrivato a credere che [Bin Laden] probabilmente è morto”;

- nel 2003 l’ex Segretario di Stato Madeleine Albright disse all’analista di Fox News Channel, Morton Kondracke, di sospettare che Bush sapeva dove si trovasse Osama Bin Laden e che stesse aspettando il momento politicamente più propizio per annunciarne la cattura;

- nel novembre del 2005 il Senatore Harry Reid rivelò che gli era stato riferito che Osama poteva esser deceduto nel terremoto avvenuto in Pakistan nell’ottobre di quell’anno;

-
nel febbraio del 2007 il professor Bruce Lawrence, direttore del programmi di Studi Religiosi alla Duke University, affermò che il video e i nastri che riprendevano Bin Laden erano falsi e che probabilmente era già morto.

- il 2 novembre del 2007, l’ex Primo Ministro pakistano Benazir Bhutto disse a David Frost di Al Jazeera che Omar Sheikh aveva ucciso Osama Bin Laden.

- nel marzo del 2009, l’ex dirigente dei servizi segreti esteri degli USA e professore di relazioni internazionali alla Boston University Angelo Codevilla affermò: “Tutte le prove suggeriscono che Elvis Presley sia più vivo di quanto non sia Osama Bin Laden.”

- nel maggio del 2009,
il presidente pakistano Asif Ali Zardari confermò che la sua ‘controparte’ nell’agenzia d’intelligence USA non aveva avuto alcuna notizia di Bin Laden negli ultimi sette anni e ripeté: “Non credo che sia vivo”.

In un certo modo, l’establishment era praticamente obbligato a annunciare la morte di qualcuno la cui fumosa esistenza si è rivelata molto utile per mantenere in uno stato di paura e di incertezza la popolazione statunitense e quella di tutto il mondo.

Il fatto è che il mito dietro Al Qaeda è stato completamente demolito visto che il gruppo, in base a una miriade di rivelazioni, tra cui quella della visita al Pentagono di Anwar Al-Alawki dopo l’11 settembre, è oramai considerato una creazione dell’intelligence USA e, ora che Al Qaeda verrà nascosta sottoil tappeto, sarà necessario inventarsi un nuovo nemico per legittimare il proseguimento del dominio delle forze armate USA su tutto il globo.
di Paul Joseph Watson

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Paul Joseph Watson è l’editore e scrive su Prison Planet.com. È l’autore di “Order Out Of Chaos”. Watson è un frequente ospite dell’Alex Jones Show.

02 maggio 2011

Una brutta favola










E’ bastata una telefonata del Presidente più giovane, abbronzato e convincente che ci sia per far cambiare idea al Premier più basso, tarchiato ed incompetente che l’Italia abbia mai avuto. Il cigno nero ha tramortito il brutto anatroccolo che non ha più alcuna speranza di crescere politicamente. Il mezzo Cavaliere con la mascherina da sodomita dopo aver dichiarato alla stampa di mezzo mondo che il nostro Paese mai avrebbe bombardato la Libia per non rinfocolare un passato infame di colonialismo ai danni del popolo nordafricano - col quale avevamo anche firmato un contratto di “risarcimento danni imperiali” al fine di accontentare il beduino della Sirte affamato di consenso e i belluini capitalisti nostrani affamati di commesse - si è rimangiato tutto associandosi ai 12 Stati che in questo momento stanno portando la democrazia a Tripoli col piombo e col sangue.

Adesso i bravi ragazzi della civiltà sono finalmente 13, come gli apostoli muniti di traditore. Il bacio della modernità seppellirà per sempre la Libia e la politica mediterranea del Belpaese a favore di statunitensi, francesi ed inglesi. Ma B. pare lo stesso accontentarsi ed invece di far sentire le saette all’altro nanetto di Parigi che crede di essere il Principe Azzurro o l’Angelo castigatore di ex modelle, magari ostacolando l’acquisto francese della Parmalat (non perché quest’ultima sia azienda strategica ma solo per far loro capire che non siamo la cenerentola del continente), gioca a vestire i panni della Bella addormentata nel bosco. Sembra una fiaba per bambini innestata su parabole bibliche, tra folletti, cavalieri, principi, fanciulle in abito da sposa e iscarioti pagati in dollari ma è invece un brutto incubo che porterà la nazione alla sfacelo in campo internazionale. Persino un re Travicello avrebbe fatto meno danni di questi presunti statisti di destra e di sinistra che si sentono eroi ma non hanno fegato né cervello. E come in ogni fiaba che si rispetti non poteva mancare nemmeno il Drago, anzi il Draghi. Il nostro presidente di Bankitalia è stato accreditato anche dai francesi, dopo aver ricevuto l’imprimatur dei Tedeschi, a guidare la BCE. Un buon affare, non per noi ovviamente visto che Draghi è solo la traduzione italiana dell’americano Dragons, creatura mitico-leggendaria partorita nel caveau della newyorkese Goldman Sachs. Un mostro che non sputa fuoco ma sentenze di morte sull’economia nazionale, una creatura serpentina che anziché volare preferisce farsi trasportare sui panfili reali come il Britannia per svendere le fortune statali. Così invece di farci un piacere la Francia ci dà il colpo di grazia. C’era una volta l’Italia libera e bella, più bella che libera a dir la verità, ed oggi non c’è più nemmeno quella. Qui ormai vivono tutti infelici e scontenti.
di Gianni Petrosillo

04 maggio 2011

Come la TV danneggia le facoltà mentali

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Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (familaire, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games.

Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).

Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293).

I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.

Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288).

Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza.

Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307).

La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di computer in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuhan. Il medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.”

Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media.

È la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto.

La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi. La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di orientamento senza recupero.

Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310).

In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento.

Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.

Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione.

di Marco Della Luna

03 maggio 2011

Il cadavere di Bin Laden è stato nel ghiaccio per circa un decennio


Una moltitudine di fonti diverse, sia pubbliche che private, incluse quella di un individuo che ha lavorato personalmente con Bin Laden, ci ha riferito in prima persona che il cadavere di Osama è rimasto nel ghiaccio per almeno un decennio e che la sua ‘morte’ sarebbe stata annunciata nel momento politico più propizio.

L’ora è scoccata con
la presentazione di una foto falsa vecchia di cinque anni come la sola prova della presunta uccisione avvenuta ieri, mentre il corpo di Bin Laden sarebbe stato precipitosamente buttato in mare per prevenire a chiunque di scoprire quando sarebbe effettivamente morto.

Nell’aprile del 2002, il membro del Consiglio delle Relazioni Estere, Steve R. Pieczenik, che ha ricoperto l’incarico di Assistente Segretario di Stato sotto Henry Kissinger, Cyrus Vance e James Bake, ha detto all’Alex Jones Show che Bin Laden era già “morto da mesi”.

Pieczenik è sicuramente nella posizione per conoscere queste informazioni, avendo lavorato direttamente con Bin Laden quando gli Stati Uniti stava armando e finanziando il supremo terrorista nel tentativo di espellere i Sovietici dall’Afghanistan alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80 (un fatto storico documentato che i pappagalli nei media stanno negando oggi in vista degli ultimi sviluppi).

“Ho lavorato con Osama bin Laden nel ’78 e nell’81”, sono le parole di Pieczenik, che ha aggiunto che poi venne trasformato in un terrorista da cacciare nelle seguenti amministrazioni.

Pieczenik ha riferito a Jones durante l’intervista del 24 aprile del 2002: “Avevo scoperto attraverso le mie fonti che aveva una malattia ai reni. E, come medico, sapevo che aveva due macchine per la dialisi e che stava morendo.”

“E questo lo si può vedere nei filmati, queste foto truccate che ci vengono spedite non si sa da dove. Io dico che, improvvisamente, si potrebbe vedere un video di bin Laden che viene fuori dal nulla e ci diranno che ce l’hanno mandato in modo anonimo, di modo che qualcuno nel governo, nel nostro governo, riesca a tenere il morale alto, e dirci ancora che hanno rintracciato il tizio quando, in realtà, era morto da mesi ", aggiunse Pieczenik.

Pieczenik ha poi affermato che il videotape di un grasso Bin Laden, dove si prende la ‘responsabilità’ per l’11 settembre e che fu realizzato nel dicembre del 2001, era “un imbroglio assoluto”, realizzato per “manipolare” la gente nel periodo di grande emotività che seguì l’11 settembre.

La guerra successiva in Afghanistan che ha seguito l’11 settembre fu orchestrata “con l’accordo della famiglia di bin Laden, sapendo perfettamente che sarebbe comunque morto”, sono le parole di Pieczenik. “E io credo che Musharraf, il Presidente del Pakistan, ha invontariamente spifferato il tutto tre mesi fa quando disse che Bin Laden era già morto perché le macchine che gli servivano per la dialisi furono distrutte nell’Est Afghanistan.”

In aggiunta a Pieczenik, così come riportato nell’agosto 2002, Alex Jones fu informato da una fonte di alto livello interna al Partito Repubblicano sul fatto che Bin Laden fosse morto e che il suo cadavere veniva tenuto ‘sotto ghiaccio’ fino al momento in cui la sua morte potesse essere annunciata al “momento politicamente più propizio”.

Quando Jones chiese alla sua fonte se questa dichiarazione fosse solo una speculazione o se fosse vera, la fonte stessa reiterò il fatto che era morto sul serio e che il corpo di Bin Laden era “fisicamente nel ghiaccio” in attesa di essere tirato fuori per il pubblico consumo al momento più opportuno.

Molti si aspettavano che il momento fosse prima delle elezioni del 2004, ma, dopo che i Democratici iniziarono a pensare a questa possibilità, i Repubblicani realizzarono un falso videotape di Osama che fu fatto uscire alla vigilia delle elezioni e, in base alle parole sia di George W. Bush che di John Kerry, fu il fattore decisivo per la lotta tanto ravvicinata che avvenne in quelle elezioni.

Il conduttore televisivo di lungo corso Walter Cronkite ha etichettato tutta questa farsa come un allestimento orchestrato da Karl Rove.

In aggiunta a ciò, c'è un profluvio di altre fonti, sia dell’amministrazione statale che di agenti professionisti d’intelligence registrate negli ultimi nove anni, che suggeriscono l'idea secondo la quale Bin Laden fosse molto probabilmente già morto e che era lampante che la salute del leader di Al-Qaeda fosse in rapido declino a causa della malattia ai reni già dalla fine del 2001. Tra questi possiamo includere:

- l’ex ufficiale della CIA, rispettatissimo esperto di intelligence e di politica estera, Robert Baer, che nel 2008 quando gli fu chiesto di Bin Laden da un conduttore radiofonico, rispose: “Ma certo che è morto”;

- il 26 dicembre del 2001, Fox News, citando una storia del Pakistan Observer, ha riportato che i Talegani afgani avevano dichiarato che Bin Laden era morto e che lo avevano sepolto in una fossa non segnalata;

- il 18 gennaio del 2002 il presidente pakistano Pervez Musharraf annunciò: “Io credo che, francamente, sia morto”;

- il 17 luglio del 2002 l’allora capo dell’antiterrorismo all’FBI, Dale Watson, riferì a una conferenza di funzionari per l’inasprimento delle leggi: “Personalmente credo che egli [Bin Laden] non è probabilmente più con noi”;

- nell’ottobre del 2002 il presidente afghano Hamid Karzai disse alla CNN: “Sono arrivato a credere che [Bin Laden] probabilmente è morto”;

- nel 2003 l’ex Segretario di Stato Madeleine Albright disse all’analista di Fox News Channel, Morton Kondracke, di sospettare che Bush sapeva dove si trovasse Osama Bin Laden e che stesse aspettando il momento politicamente più propizio per annunciarne la cattura;

- nel novembre del 2005 il Senatore Harry Reid rivelò che gli era stato riferito che Osama poteva esser deceduto nel terremoto avvenuto in Pakistan nell’ottobre di quell’anno;

-
nel febbraio del 2007 il professor Bruce Lawrence, direttore del programmi di Studi Religiosi alla Duke University, affermò che il video e i nastri che riprendevano Bin Laden erano falsi e che probabilmente era già morto.

- il 2 novembre del 2007, l’ex Primo Ministro pakistano Benazir Bhutto disse a David Frost di Al Jazeera che Omar Sheikh aveva ucciso Osama Bin Laden.

- nel marzo del 2009, l’ex dirigente dei servizi segreti esteri degli USA e professore di relazioni internazionali alla Boston University Angelo Codevilla affermò: “Tutte le prove suggeriscono che Elvis Presley sia più vivo di quanto non sia Osama Bin Laden.”

- nel maggio del 2009,
il presidente pakistano Asif Ali Zardari confermò che la sua ‘controparte’ nell’agenzia d’intelligence USA non aveva avuto alcuna notizia di Bin Laden negli ultimi sette anni e ripeté: “Non credo che sia vivo”.

In un certo modo, l’establishment era praticamente obbligato a annunciare la morte di qualcuno la cui fumosa esistenza si è rivelata molto utile per mantenere in uno stato di paura e di incertezza la popolazione statunitense e quella di tutto il mondo.

Il fatto è che il mito dietro Al Qaeda è stato completamente demolito visto che il gruppo, in base a una miriade di rivelazioni, tra cui quella della visita al Pentagono di Anwar Al-Alawki dopo l’11 settembre, è oramai considerato una creazione dell’intelligence USA e, ora che Al Qaeda verrà nascosta sottoil tappeto, sarà necessario inventarsi un nuovo nemico per legittimare il proseguimento del dominio delle forze armate USA su tutto il globo.
di Paul Joseph Watson

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Paul Joseph Watson è l’editore e scrive su Prison Planet.com. È l’autore di “Order Out Of Chaos”. Watson è un frequente ospite dell’Alex Jones Show.

02 maggio 2011

Una brutta favola










E’ bastata una telefonata del Presidente più giovane, abbronzato e convincente che ci sia per far cambiare idea al Premier più basso, tarchiato ed incompetente che l’Italia abbia mai avuto. Il cigno nero ha tramortito il brutto anatroccolo che non ha più alcuna speranza di crescere politicamente. Il mezzo Cavaliere con la mascherina da sodomita dopo aver dichiarato alla stampa di mezzo mondo che il nostro Paese mai avrebbe bombardato la Libia per non rinfocolare un passato infame di colonialismo ai danni del popolo nordafricano - col quale avevamo anche firmato un contratto di “risarcimento danni imperiali” al fine di accontentare il beduino della Sirte affamato di consenso e i belluini capitalisti nostrani affamati di commesse - si è rimangiato tutto associandosi ai 12 Stati che in questo momento stanno portando la democrazia a Tripoli col piombo e col sangue.

Adesso i bravi ragazzi della civiltà sono finalmente 13, come gli apostoli muniti di traditore. Il bacio della modernità seppellirà per sempre la Libia e la politica mediterranea del Belpaese a favore di statunitensi, francesi ed inglesi. Ma B. pare lo stesso accontentarsi ed invece di far sentire le saette all’altro nanetto di Parigi che crede di essere il Principe Azzurro o l’Angelo castigatore di ex modelle, magari ostacolando l’acquisto francese della Parmalat (non perché quest’ultima sia azienda strategica ma solo per far loro capire che non siamo la cenerentola del continente), gioca a vestire i panni della Bella addormentata nel bosco. Sembra una fiaba per bambini innestata su parabole bibliche, tra folletti, cavalieri, principi, fanciulle in abito da sposa e iscarioti pagati in dollari ma è invece un brutto incubo che porterà la nazione alla sfacelo in campo internazionale. Persino un re Travicello avrebbe fatto meno danni di questi presunti statisti di destra e di sinistra che si sentono eroi ma non hanno fegato né cervello. E come in ogni fiaba che si rispetti non poteva mancare nemmeno il Drago, anzi il Draghi. Il nostro presidente di Bankitalia è stato accreditato anche dai francesi, dopo aver ricevuto l’imprimatur dei Tedeschi, a guidare la BCE. Un buon affare, non per noi ovviamente visto che Draghi è solo la traduzione italiana dell’americano Dragons, creatura mitico-leggendaria partorita nel caveau della newyorkese Goldman Sachs. Un mostro che non sputa fuoco ma sentenze di morte sull’economia nazionale, una creatura serpentina che anziché volare preferisce farsi trasportare sui panfili reali come il Britannia per svendere le fortune statali. Così invece di farci un piacere la Francia ci dà il colpo di grazia. C’era una volta l’Italia libera e bella, più bella che libera a dir la verità, ed oggi non c’è più nemmeno quella. Qui ormai vivono tutti infelici e scontenti.
di Gianni Petrosillo