12 maggio 2011

Lupi e agnelli

Si dice che in Italia il Governo non ci sia e che quando finalmente si fa notare è soltanto per peggiorare le cose. In un certo senso non si può negare questa situazione che fino a qualche tempo fa era almeno attenuata da una politica estera saggia e coraggiosa, miseramente smarritasi nel deserto libico, tra le dune iraniane e nella steppa russa. Da Tripoli ci stanno cacciando a pedate francesi e inglesi, da Teheran siamo scappati alle prime minacce degli americani e con Mosca ci siamo evirati da soli dopo le giravolte sul South Stream.Ma se è vero che il Belpaese va alla deriva senza timonieri occorre ugualmente dire che l’ammutinamento dei partiti di centro-sinistra nei luoghi della dialettica democratica non facilita l’inversione della rotta. Oggi tutto è riposto nelle mani di vertici istituzionali che utilizzano impropriamente la loro carica per smentire od ostacolare qualsiasi decisione prendano il Premier ed il suo Gabinetto. Tra i rimbrotti di un Presidente della Camera bello, abbronzato e con la stessa passione obamiana per i fondali marini e le reprimende di un Presidente della Repubblica che parla un ottimo inglese e si muove con una sospetta ed umbertina regalità atlantica, si stanno esaurendo le speranze peninsulari di evitare il decisivo assalto piratesco alla sua sovranità nazionale. I due reggenti di Montecitorio e del Quirinale stanno sopperendo allo scoordinamento dell’opposizione, incapace di formare un’unica massa d’urto contro l’odiato caimano nano (tale specie esiste davvero in natura e non soltanto in politica), utilizzando le loro esclusive prerogative istituzionali come una trappola per topi adattata ai rettili. Non c’è più quella storica sinergia tra organi dello Stato, indispensabile a tenere unita la nazione in fasi storiche delicate come quella in corso, perché esso è stato svuotato della sua identità per essere riconvertito in una agenzia di disbrigo degli affari stranieri. Inoltre, tanto Fini che Napolitano devono supplire all’immobilismo e alla mancanza di idee del principale partito della coalizione, lasciato nelle mani di un dipendente della premiata tortellineria Giovanni Rana, il quale si scuoce nel brodo delle sue correnti e si fa cucinare da un ex Pm con la vocazione per le cene segrete e i minestroni giustizialisti. Bersani, nel tentativo di tenere insieme le disiecta membra dell’alleanza, sta pure snaturando le sue qualità. Messi da parte gli studi ha preso a bighellonare sui tetti e nelle piazze come un qualunque debosciato fuori corso. Il risultato è ovviamente pessimo. Egli si atteggia a manifestante esperto ma si muove meccanicamente come un grigio burocrate di partito nel bel mezzo di un rave party. Dopo un po’ il trucco si vede e così partono bordate di fischi contro il suo mascheramento posticcio. Se B. regge ancora, nonostante la tempesta che investe lui e la sua maggioranza, lo deve pertanto all’incapacità dei suoi nemici che pure con l’aiuto di ambienti internazionali e con l’appoggio di una magistratura "persecutoria" non sono in grado di speronarlo definitivamente. Nel frattempo però a finire fuori carreggiata è il Paese che sbanda sui dossi della crisi e si avvicina pericolosamente alla scarpata. Sulla via del multipolarismo ci sono tanti crocicchi e prima ancora di giungere ai bivi dell'Epoca si deve sapere almeno dove si sta andando per non ritrovarsi al punto di partenza o persino ancora più indietro rispetto allo start. Il percorso può essere modificato strada facendo ma senza dimenticare la meta finale. Veniamo dai fasti dei secoli passati e vogliamo giungere dove il futuro riserverà all’Italia il posto che le spetta. Marciamo in cattiva compagnia e con guide corrotte che ci sviano nelle selve oscure per farci sbranare dai lupi. Non possiamo pertanto assecondare chi vuol fare di noi agnellini da banchetto che finiscono immancabilmente o sacrificati o divorati. Questo nelle storielle, figurarsi nella Storia con la S maiuscola. L'Italia merita tutt'altro finale della favola.

di Gianni Petrosillo

11 maggio 2011

Ecco come si inganna

Ho detto a più riprese che sulle storie cosiddette “complottiste” sarei tornato con calma. Ma questa volta non posso dilazionare perché vi voglio dimostrare coi fatti quale sia la condotta di Paolo Attivissimo. Il detto signore ha pronunciato questa frase nella puntata di Matrix del 5 maggio 2001:

«Un dato di fatto che chiunque da casa può controllare. In realtà quello che ha detto Giulietto Chiesa sull’assenza del World Trade Center 7 dal rapporto della Commissione Ufficiale è purtroppo un errore. Non ha studiato adeguatamente, perché basta leggere il rapporto per sapere che il World Trade Center 7 è citato con il suo nome dell’epoca, il Solomon Building. Questo è quello che fa un buon ricercatore, verifica i fatti. Evidentemente Giulietto Chiesa in questo caso ha preso una cantonata».

Sottolineo alcuni punti: ha detto che “chiunque da casa può controllare”. Primo trucco: lui sa che quasi nessuno andrà a controllare. Io l’ho fatto. Chiunque, del resto, può farlo andando sul Rapporto Ufficiale della Commissione sull’11 settembre 2001. Non si troverà traccia di alcun “Solomon Building”. Chi andasse a rivedersi il filmato della trasmissione noterà il tono sussiegoso con cui Attivissimo ha fatto la sua lezione. Ex cathedra, come se lui avesse in mano la situazione e potesse dare i voti. Come un vero maestrino annuncia che io non ho “studiato adeguatamente”. Che non sono un buon ricercatore e ho “preso una cantonata”.

Poi qualcuno gli ha fatto notare la balla e lui ha dovuto ammettere, sul suo sito, che quel “Solomon Building” non c’è. Ma, per intorbidire le acque, ha aggiunto che certo che se ne parla del famoso Wtc-7, addirittura in quattro pagine distinte. Sarebbero, anzi sono, le pagine 284, 293, 302, 305. Ahimè, questo secondo, maldestro tentativo di nascondere le tracce si rivela peggiore del primo. Ma forse lui conta, di nuovo, che nessuno vada a verificare. Io sono andato di nuovo a verificare (così vi risparmio la fatica). La questione è: come se ne parla? Tutte e quattro le volte che l’edificio Wtc-7 viene nominato è in quanto sede del Quartier generale dell’Oem (Office for Emergency Management). Non vi è cenno alcuno ai danni subiti dall’edificio. Non c’è nemmeno una riga sul fatto che l’edificio è crollato circa alle 17:20 di quelllo stesso giorno!

So per esperienza che la gran parte delle persone credono di sapere che l’11 dicembre 2001 sono crollate le due torri, ma quasi nessuno sa che le torri crollate sono tre e una delle tre non è stata colpita da nessun aereo. Lo credo bene: in questi dieci anni questo “dettaglio” è stato oscurato da tutti i media. Chi vuole capire perchè cerchi una risposta. Qui non c’è spazio per darla. Ma lo spazio è sufficiente per far notare che Attivissimo ha tentato di ingannare il pubblico di Matrix e di calunniarmi. Lui non ha fatto nessun errore: ha truccato le carte, come fa sempre.

Giulietto Chiesa

Sulla parola







Le contraddizioni e le omissioni della versione ufficiale sull'uccisione di bin Laden inducono al dubbio. Dal black-out di venti minuti durante la diretta del blitz ai nuovi video trovati nel computer dello sceicco identici a quelli del 2007

Il presidente Obama sembra avere fretta di calare il sipario sull'uccisione di bin Laden: una vicenda che con il passare dei giorni, invece di chiarirsi, si va sempre più confondendo sotto il peso di omissioni, contraddizioni, dubbi e sospetti. Non possiamo mostrare le prove, ma fidatevi della nostra parola, dice in sostanza l'amministrazione Usa.

La stessa amministrazione che aveva detto che durante il blitz bin Laden aveva sparato ai Navy Seals facendosi scudo della moglie. Poi invece è venuto fuori che lo sceicco era disarmato.
La stessa amministrazione che aveva affermato di aver sepolto in mare il suo cadavere nel rispetto della tradizione islamica. Poi è emerso che questa pratica è contraria alla religione musulmana.

La stessa amministrazione che aveva dichiarato di aver seguito in diretta da Washington ''minuto per minuto'' il blitz di Abbottabad. Poi si è scoperto, per ammissione dello stesso capo della Cia, che né lui né il presidente né i suoi collaboratori immortalati nella famosa foto della Situation room della Casa Bianca hanno ''visto'' l'uccisione di bin Laden per un imprevisto black-out della diretta avvenuto proprio al momento dell'irruzione e durato oltre venti minuti.

La stessa amministrazione che, nei giorni scorsi, ha reso pubblici cinque nuovi video ''trovati'' nel computer di bin Laden, presentandoli come prova definitiva della versione ufficiale dei fatti di Abbottabad. Ma anche questi video hanno suscitato perplessità.

Se le immagini di un vecchio bin Laden 'privato' che si riguarda compiaciuto alla tv convincono poco per l'inquadratura di spalle che non mostra il volto (ma solo un mezzo profilo che qualcuno giudica un falso), dubbi ancor maggiori sorgono sugli altri quattro filmati in cui un Osama 'pubblico', truccato e con la barba tinta, prova diversi set per un videomessaggio mai pubblicato.

Lo sceicco immortalato in questi ultimi video, che secondo il Pentagono sarebbero stati girati ''tra il 9 ottobre e il 5 novembre 2010'', risulta infatti inspiegabilmente identico a quello apparso in un vecchio video del 7 settembre 2007: cambia solo il colore dello sfondo e il mantello dorato slacciato. Per il resto, sembrano girati nello stesso periodo, non a più di tre anni l'uno dall'altro.

Un filmato, quello diffuso alla vigilia del sesto anniversario dell'11 settembre, che già all'epoca aveva suscitato forti dubbi sulla sua autenticità, come del resto tutti i video di bin Laden successivi a quelli di fine 2001 resi pubblici dal Site Institute o dall'Intel Center: agenzie private al servizio del governo Usa, ufficialmente dedite al monitoraggio professionale dei siti jihadisti.

Il video del 2007, infatti, oltre a a presentare sospetti tagli di montaggio e a mostrare per la prima volta un bin Laden incredibilmente ringiovanito rispetto ai video del 2001 grazie a tinte e trucchi (lasciando stupito chi immaginava che la sindrome di Peter Pan colpisse solo dittatori turkmeni e premier italiani) era stato ''scoperto'' dal Site Institute prima che venisse postato sui siti qaedisti.

I video di bin Laden, i nuovi come i vecchi, sarebbero dunque dei falsi fabbricati dallo stesso governo Usa? Per quanto bizzarra sembri questa ipotesi, un anno fa ex agenti della Cia hanno raccontato al Washington Post che in passato l'Ufficio servizi tecnici dell'agenzia ha fatto proprio questo.

Dunque, fidarsi o no del governo degli Stati Uniti? Le bufale propagandistiche del salvataggio della soldatessa Jessica Lynch o dell'eroica morte della star del football Pat Tillmam – per non parlare di falsi storici accertati come l'operazione Northwoods o l'incidente del Golfo del Tonchino – dimostrano che la mistificazione della realtà non è sconosciuta ai governanti americani.


di Enrico Piovesana

12 maggio 2011

Lupi e agnelli

Si dice che in Italia il Governo non ci sia e che quando finalmente si fa notare è soltanto per peggiorare le cose. In un certo senso non si può negare questa situazione che fino a qualche tempo fa era almeno attenuata da una politica estera saggia e coraggiosa, miseramente smarritasi nel deserto libico, tra le dune iraniane e nella steppa russa. Da Tripoli ci stanno cacciando a pedate francesi e inglesi, da Teheran siamo scappati alle prime minacce degli americani e con Mosca ci siamo evirati da soli dopo le giravolte sul South Stream.Ma se è vero che il Belpaese va alla deriva senza timonieri occorre ugualmente dire che l’ammutinamento dei partiti di centro-sinistra nei luoghi della dialettica democratica non facilita l’inversione della rotta. Oggi tutto è riposto nelle mani di vertici istituzionali che utilizzano impropriamente la loro carica per smentire od ostacolare qualsiasi decisione prendano il Premier ed il suo Gabinetto. Tra i rimbrotti di un Presidente della Camera bello, abbronzato e con la stessa passione obamiana per i fondali marini e le reprimende di un Presidente della Repubblica che parla un ottimo inglese e si muove con una sospetta ed umbertina regalità atlantica, si stanno esaurendo le speranze peninsulari di evitare il decisivo assalto piratesco alla sua sovranità nazionale. I due reggenti di Montecitorio e del Quirinale stanno sopperendo allo scoordinamento dell’opposizione, incapace di formare un’unica massa d’urto contro l’odiato caimano nano (tale specie esiste davvero in natura e non soltanto in politica), utilizzando le loro esclusive prerogative istituzionali come una trappola per topi adattata ai rettili. Non c’è più quella storica sinergia tra organi dello Stato, indispensabile a tenere unita la nazione in fasi storiche delicate come quella in corso, perché esso è stato svuotato della sua identità per essere riconvertito in una agenzia di disbrigo degli affari stranieri. Inoltre, tanto Fini che Napolitano devono supplire all’immobilismo e alla mancanza di idee del principale partito della coalizione, lasciato nelle mani di un dipendente della premiata tortellineria Giovanni Rana, il quale si scuoce nel brodo delle sue correnti e si fa cucinare da un ex Pm con la vocazione per le cene segrete e i minestroni giustizialisti. Bersani, nel tentativo di tenere insieme le disiecta membra dell’alleanza, sta pure snaturando le sue qualità. Messi da parte gli studi ha preso a bighellonare sui tetti e nelle piazze come un qualunque debosciato fuori corso. Il risultato è ovviamente pessimo. Egli si atteggia a manifestante esperto ma si muove meccanicamente come un grigio burocrate di partito nel bel mezzo di un rave party. Dopo un po’ il trucco si vede e così partono bordate di fischi contro il suo mascheramento posticcio. Se B. regge ancora, nonostante la tempesta che investe lui e la sua maggioranza, lo deve pertanto all’incapacità dei suoi nemici che pure con l’aiuto di ambienti internazionali e con l’appoggio di una magistratura "persecutoria" non sono in grado di speronarlo definitivamente. Nel frattempo però a finire fuori carreggiata è il Paese che sbanda sui dossi della crisi e si avvicina pericolosamente alla scarpata. Sulla via del multipolarismo ci sono tanti crocicchi e prima ancora di giungere ai bivi dell'Epoca si deve sapere almeno dove si sta andando per non ritrovarsi al punto di partenza o persino ancora più indietro rispetto allo start. Il percorso può essere modificato strada facendo ma senza dimenticare la meta finale. Veniamo dai fasti dei secoli passati e vogliamo giungere dove il futuro riserverà all’Italia il posto che le spetta. Marciamo in cattiva compagnia e con guide corrotte che ci sviano nelle selve oscure per farci sbranare dai lupi. Non possiamo pertanto assecondare chi vuol fare di noi agnellini da banchetto che finiscono immancabilmente o sacrificati o divorati. Questo nelle storielle, figurarsi nella Storia con la S maiuscola. L'Italia merita tutt'altro finale della favola.

di Gianni Petrosillo

11 maggio 2011

Ecco come si inganna

Ho detto a più riprese che sulle storie cosiddette “complottiste” sarei tornato con calma. Ma questa volta non posso dilazionare perché vi voglio dimostrare coi fatti quale sia la condotta di Paolo Attivissimo. Il detto signore ha pronunciato questa frase nella puntata di Matrix del 5 maggio 2001:

«Un dato di fatto che chiunque da casa può controllare. In realtà quello che ha detto Giulietto Chiesa sull’assenza del World Trade Center 7 dal rapporto della Commissione Ufficiale è purtroppo un errore. Non ha studiato adeguatamente, perché basta leggere il rapporto per sapere che il World Trade Center 7 è citato con il suo nome dell’epoca, il Solomon Building. Questo è quello che fa un buon ricercatore, verifica i fatti. Evidentemente Giulietto Chiesa in questo caso ha preso una cantonata».

Sottolineo alcuni punti: ha detto che “chiunque da casa può controllare”. Primo trucco: lui sa che quasi nessuno andrà a controllare. Io l’ho fatto. Chiunque, del resto, può farlo andando sul Rapporto Ufficiale della Commissione sull’11 settembre 2001. Non si troverà traccia di alcun “Solomon Building”. Chi andasse a rivedersi il filmato della trasmissione noterà il tono sussiegoso con cui Attivissimo ha fatto la sua lezione. Ex cathedra, come se lui avesse in mano la situazione e potesse dare i voti. Come un vero maestrino annuncia che io non ho “studiato adeguatamente”. Che non sono un buon ricercatore e ho “preso una cantonata”.

Poi qualcuno gli ha fatto notare la balla e lui ha dovuto ammettere, sul suo sito, che quel “Solomon Building” non c’è. Ma, per intorbidire le acque, ha aggiunto che certo che se ne parla del famoso Wtc-7, addirittura in quattro pagine distinte. Sarebbero, anzi sono, le pagine 284, 293, 302, 305. Ahimè, questo secondo, maldestro tentativo di nascondere le tracce si rivela peggiore del primo. Ma forse lui conta, di nuovo, che nessuno vada a verificare. Io sono andato di nuovo a verificare (così vi risparmio la fatica). La questione è: come se ne parla? Tutte e quattro le volte che l’edificio Wtc-7 viene nominato è in quanto sede del Quartier generale dell’Oem (Office for Emergency Management). Non vi è cenno alcuno ai danni subiti dall’edificio. Non c’è nemmeno una riga sul fatto che l’edificio è crollato circa alle 17:20 di quelllo stesso giorno!

So per esperienza che la gran parte delle persone credono di sapere che l’11 dicembre 2001 sono crollate le due torri, ma quasi nessuno sa che le torri crollate sono tre e una delle tre non è stata colpita da nessun aereo. Lo credo bene: in questi dieci anni questo “dettaglio” è stato oscurato da tutti i media. Chi vuole capire perchè cerchi una risposta. Qui non c’è spazio per darla. Ma lo spazio è sufficiente per far notare che Attivissimo ha tentato di ingannare il pubblico di Matrix e di calunniarmi. Lui non ha fatto nessun errore: ha truccato le carte, come fa sempre.

Giulietto Chiesa

Sulla parola







Le contraddizioni e le omissioni della versione ufficiale sull'uccisione di bin Laden inducono al dubbio. Dal black-out di venti minuti durante la diretta del blitz ai nuovi video trovati nel computer dello sceicco identici a quelli del 2007

Il presidente Obama sembra avere fretta di calare il sipario sull'uccisione di bin Laden: una vicenda che con il passare dei giorni, invece di chiarirsi, si va sempre più confondendo sotto il peso di omissioni, contraddizioni, dubbi e sospetti. Non possiamo mostrare le prove, ma fidatevi della nostra parola, dice in sostanza l'amministrazione Usa.

La stessa amministrazione che aveva detto che durante il blitz bin Laden aveva sparato ai Navy Seals facendosi scudo della moglie. Poi invece è venuto fuori che lo sceicco era disarmato.
La stessa amministrazione che aveva affermato di aver sepolto in mare il suo cadavere nel rispetto della tradizione islamica. Poi è emerso che questa pratica è contraria alla religione musulmana.

La stessa amministrazione che aveva dichiarato di aver seguito in diretta da Washington ''minuto per minuto'' il blitz di Abbottabad. Poi si è scoperto, per ammissione dello stesso capo della Cia, che né lui né il presidente né i suoi collaboratori immortalati nella famosa foto della Situation room della Casa Bianca hanno ''visto'' l'uccisione di bin Laden per un imprevisto black-out della diretta avvenuto proprio al momento dell'irruzione e durato oltre venti minuti.

La stessa amministrazione che, nei giorni scorsi, ha reso pubblici cinque nuovi video ''trovati'' nel computer di bin Laden, presentandoli come prova definitiva della versione ufficiale dei fatti di Abbottabad. Ma anche questi video hanno suscitato perplessità.

Se le immagini di un vecchio bin Laden 'privato' che si riguarda compiaciuto alla tv convincono poco per l'inquadratura di spalle che non mostra il volto (ma solo un mezzo profilo che qualcuno giudica un falso), dubbi ancor maggiori sorgono sugli altri quattro filmati in cui un Osama 'pubblico', truccato e con la barba tinta, prova diversi set per un videomessaggio mai pubblicato.

Lo sceicco immortalato in questi ultimi video, che secondo il Pentagono sarebbero stati girati ''tra il 9 ottobre e il 5 novembre 2010'', risulta infatti inspiegabilmente identico a quello apparso in un vecchio video del 7 settembre 2007: cambia solo il colore dello sfondo e il mantello dorato slacciato. Per il resto, sembrano girati nello stesso periodo, non a più di tre anni l'uno dall'altro.

Un filmato, quello diffuso alla vigilia del sesto anniversario dell'11 settembre, che già all'epoca aveva suscitato forti dubbi sulla sua autenticità, come del resto tutti i video di bin Laden successivi a quelli di fine 2001 resi pubblici dal Site Institute o dall'Intel Center: agenzie private al servizio del governo Usa, ufficialmente dedite al monitoraggio professionale dei siti jihadisti.

Il video del 2007, infatti, oltre a a presentare sospetti tagli di montaggio e a mostrare per la prima volta un bin Laden incredibilmente ringiovanito rispetto ai video del 2001 grazie a tinte e trucchi (lasciando stupito chi immaginava che la sindrome di Peter Pan colpisse solo dittatori turkmeni e premier italiani) era stato ''scoperto'' dal Site Institute prima che venisse postato sui siti qaedisti.

I video di bin Laden, i nuovi come i vecchi, sarebbero dunque dei falsi fabbricati dallo stesso governo Usa? Per quanto bizzarra sembri questa ipotesi, un anno fa ex agenti della Cia hanno raccontato al Washington Post che in passato l'Ufficio servizi tecnici dell'agenzia ha fatto proprio questo.

Dunque, fidarsi o no del governo degli Stati Uniti? Le bufale propagandistiche del salvataggio della soldatessa Jessica Lynch o dell'eroica morte della star del football Pat Tillmam – per non parlare di falsi storici accertati come l'operazione Northwoods o l'incidente del Golfo del Tonchino – dimostrano che la mistificazione della realtà non è sconosciuta ai governanti americani.


di Enrico Piovesana