18 maggio 2011

Al Qaeda: il database





Poco prima della sua morte prematura, l’ex Ministro degli Esteri Robin Cook disse alla House of Commons che ‘Al Qaeda’ non è in realtà un gruppo terroristico ma un database internazionale di mujaheddin e di trafficanti d’armi usati dalla CIA e dai Sauditi per fornire guerriglieri, armi e soldi nell’Afghanistan occupato dai Sovietici.
Grazie alla concessione di World Affairs, un giornale con sede a Nuova New Delhi, vi posso presentare un importante estratto da un articolo di Pierre-Henry Bunel nel numero Aprile-Giugno 2004, un ex agente dell’intelligence militare francese.
Wayne Madsen Report
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Sentii per la prima volta parlare di Al Qaida quando stavo frequentando il corso Command and Staff in Giordania. All’epoca ero un ufficiale francese e le forze armate francesi avevano contatti frequenti e stavano cooperando con la Giordania […].

Due dei miei colleghi giordani erano esperti di computer. Erano ufficiali di difesa aerea. Usando lo slang del linguaggio del computer, mi raccontarono una serie di barzellette sulle punizioni agli studenti.

Ad esempio, quando uno di noi era in ritardo alla fermata dell’autobus per lasciare lo Staff College, i due ufficiali dicevano sempre: “Sarai segnato nel ‘Q eidat il-Maaloomaat”, che voleva dire “Sarai registrato nell’archivio delle informazioni”. Con il significato: “Riceverai un avvertimento”. Se il caso era ancora più grave, parlavano quasi sempre di “Q eidat i-Taaleemaat”, che voleva dire ‘l’archivio delle iniziative’. Che voleva dire ‘che saresti stato punito’. Per i casi peggiori parlavano sempre di registrazione in ‘Al Qaida’.

Nei primi anni ’80 la Banca Islamica per lo Sviluppo (IBD), che è situata a Jeddah in Arabia Saudita, come il Segretariato Permanente dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un nuovo sistema computerizzato per far fronte alle richieste di elaborazione e di elaborazione. Al tempo il sistema era più sofisticato di quanto fosse realmente necessario.

Fu deciso di usare una parte della memoria del sistema per ospitare il database della Conferenza Islamica. Era possibile per i paesi coinvolti accedere al database via telefono: un Intranet, in linguaggio moderno. I governi dei paesi membri così come alcune delle ambasciate nel mondo erano connesse a quella rete

[Secondo quanto riferito da un maggiore pakistano] il database era diviso in due parti, i file delle informazioni da cui i partecipanti alle riunioni potevano prelevare e inviare i dati richiesti, e i file delle iniziative dove le decisioni prese nelle precedenti sessioni venivano registrate e immagazzinate. In arabo questi file erano chiamati ‘Q eidat il-Maaloomaat’ e ‘Q eidat i-Taaleemaat’. Questi due file erano a sua volta all’interno di un altro file chiamato in arabo ‘Q eidat ilmu’ti’aat’, che è l’esatta traduzione della parola inglese ‘database’. Ma gli arabi usano comunemente la parola ‘Al Qaida’ che in arabo significa “la base”. La base aerea militare di Riad in Arabia Saudita è chiamata ‘q eidat’ riyadh al ‘askariya’. ‘Q eida’ significa ‘una base’ e “Al Qaida” significa ‘la base’.

Nella metà degli anni ’80 Al Qaida era un database presente nei computer dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica.

Nei primi anni ’90, ero un ufficiale dell’intelligence militare al Quartier Generale delle Forze di Pronto Intervento francesi. A causa della mia conoscenza nell’arabo il mio lavoro era quello di tradurre molti fax e lettere sequestrate o intercettate dai nostri servizi segreti […].

Abbiamo spesso intercettato materiale spedito da network islamici che operava nel Regno Unito o in Belgio.

Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi armati islamici in Algeria o in Francia. I messaggi citavano dichiarazioni che potevano essere usate nella redazione di opuscoli o depliant o per essere inseriti in video o nastri da spedire ai media. Le fonti più frequentemente citate erano le Nazioni Unite, le nazioni non allineate, l’UNHCR e… Al Qaida.

Al Qaida rimaneva l’archivio della Conferenza Islamica. Non tutti i paesi membri della Conferenza sono ‘stati canaglia e molti gruppi islamici possono prelevare informazione dai database. Era perfettamente normale per Osama Bin Laden essere collegato a questo network. Egli è il membro di un’importante famiglia nel mondo bancario e degli affari.

A causa della presenza degli ‘stati canaglia’, divenne semplice per i gruppi terroristi usare le e-mail dell’archivio. A questo proposito l’e-mail di Al Qaida fu usata, con qualche interfaccia di sistema che garantiva la segretezza, dalle famiglie dei mujaheddin per tenere attivi i collegamenti con i loro figli che venivano addestrati in Afghanistan o in Libia o nella valle della Beqa’ in Libano. Oppure ovunque in azione nei campi di battaglia dove gli estremisti sponsorizzati da tutti gli ‘stati canaglia’ combattevano. E gli ‘stati canaglia comprendevano l’Arabia Saudita. Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’Intranet di Al Qaida era un buon sistema di comunicazione che usava messaggi coperti o in codice.

Incontrare ‘Al Qaeda’

Al Qaida non era un gruppo terrorista e neppure una proprietà privata di Osama bin Laden… Le azioni dei terroristi in Turchia nel 2003 furono compiute da turchi e le motivazioni erano locali e non internazionali, unificate o condivise. Questi crimini misero il governo turco in una posizione complicata di fronte ai britannici e a Israele. Ma gli attacchi avevano certamente l’intenzione di ‘punire’ il Primo Ministro Erdogan per essere un politico islamico all’acqua di rose.

[…] Nel Terzo Mondo l’opinione comune è che le nazioni che usano armi di distruzione di massa per scopi economici al servizio dell’imperialismo sono a tutti gli effetti ‘stati canaglia’, in particolar modo gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO.

Qualche lobby economica islamica sta ingaggiando una lotta con le lobby economiche ‘liberali’. Usano i gruppi di terroristi locali che dichiarano di operare per Al Qaida. D’altra parte, gli eserciti nazionali invadono le nazioni indipendenti sotto l’egida del Consiglio delle Nazioni Unite e combattono guerre preventive. E i veri sostenitori di queste guerre non sono i governi, ma le lobby che si nascondono dietro di loro.

La verità è che non esiste alcun esercito o gruppo terrorista islamico chiamato Al Qaida. E un qualsiasi servizio d’intelligence informato lo sa. Ma esiste una campagna di propaganda per far credere al pubblico di essere in presenza di un’entità ben definita che rappresenta il ‘diavolo’ solo per portare lo ‘spettatore televisivo’ a accettare una leadership internazionale unificata per una guerra al terrorismo. La nazione dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti e i lobbisti per la guerra USA contro il terrorismo sono solo interessati a fare soldi.”

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In un altro esempio di quello che succede a quelli che sfidano il sistema, nel dicembre del 2001 il maggiore Pierre-Henri Bunel è stato condannato da una corte militare francese segreta per aver passato documenti riservati che identificavano gli obbiettivi potenziali dei bombardamenti NATO in Serbia a un agente serbo durante la guerra del Kossovo nel 1998. Il caso di Bunel fu trasferito a una corte civile per tenere i dettagli della causa anch’essi riservati. Conoscendo il carattere e la psicologia di Bunel, il sistema “gliel’ha fatta pagare” per aver detto la verità su Al Qaeda e su chi c’era effettivamente dietro gli attacchi terroristi che vengono comunemente attribuiti a quel gruppo. È degno di nota il fatto che il governo jugoslavo, con cui il governo francese asserisce che Bunel abbia condiviso le informazioni, ha dichiarato che i guerriglieri albanesi e bosniaci nei Balcani erano spalleggiate da elementi di ‘Al Qaeda’. Noi sappiamo che questi guerriglieri erano spalleggiati dai soldi forniti dal Bosnian Defense Fund, un’entità costituita da un fondo speciale alla Riggs Bank, influenzata da Bush, e diretta da Richard Perle e da Douglas Feith.

Il maggiore francese Pierre-Henri Bunel, che sapeva la verità su ‘Al Qaeda’, un altro obbiettivo dei neo-con.

di Pierre-Henry Bunel

Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24738

La ricchezza e il debito pubblico


Si torna a parlare, secondo me a sproposito, di sovranità monetaria, debito pubblico, e questioni monetarie, in relazione a quanto sta accadendo e probabilmente accadrà. Parlo del default o della ristrutturazione ( che poi è un default mascherato) del debito sovrano greco, ed eventualmente portoghese, delle imposizioni del FMI e della BCE ai paesi deboli dell’area Euro, ecc… Adesso su questo argomento vorrei mettere dei punti fermi, sui quali non tornare più a discutere altrimenti ci ripetiamo le stesse cose come dischi rotti.

Debito Pubblico. In un ambiente di moneta Fiat (creata e imprestata) in cui la moneta è quindi un MEZZO di scambio, e lo Stato è un utente di tale mezzo, esso è tenuto, come ogni altra entità economica a fare dei bilanci in nero. Il che vuol dire che quanto spende per dare servizi e anche investimenti, al popolo, deve esser pareggiato dalle entrate, solitamente chiamate TASSE. Se è vero che lo stato è costituito da POPOLO, TERRITORIO, e ORGANIZZAZIONE, il popolo, che è l’unica entità a creare ricchezza, è tenuto a supportare, mantenere, l’organizzazione. Quando le entrate sono inferiori alle uscite, come per qualsiasi altra entità, lo Stato chiede dei prestiti, e rilascia dei certificati di credito (BOT, CCT, BPT, ecc ….). Un debitore onesto, cosa fa normalmente, quando chiede un prestito ? alle scadenze lo rimborsa, interessi compresi. Cosa fa invece uno Stato che ha speso più delle entrate prima, e poi per non irritare la popolazione, non raccoglie abbastanza per ripagare i debiti ? fa altri debiti per ripagare i precedenti, e così il debito, di anno in anno aumenta, fino a che gli interessi richiesti, che coprono anche il rischio di insolvenza, diventano tanto alti da pareggiare le entrate dello stato. A quel punto è matematicamente impossibile ripagare, non solo i debiti, ma nemmeno gli interessi. E a quel punto vengono richieste manovre lacrime e sangue. Ma vediamo , in questa situazione di capirci qualcosa. Uno Stato crea debito quando quanto raccoglie in tasse non copre le spese che fa, ma se questo avviene è perché tali tasse non compensano i benefici che vengono dati alla popolazione. Già. Ma non a tutta la popolazione, e questo è il punto. Una parte di essa, grazie alle regole lassiste aumenta le proprie ricchezze, ed il resto, forse raccoglie piccoli vantaggi. Quando vi sono greci come Spiro Latsis la cui ricchezza è valutata in oltre 11 miliardi di dollari, allora viene il forte dubbio, anzi la certezza, che lo Stato potrebbe trovare i soldi per non creare debito, ma semplicemente non voglia farlo. Perché se lo Stato spende, qualcuno incassa, o comunque quei soldi spesi, vengono requisiti da qualcuno ma non tornano tutti allo stato. Che poi in alcuni momenti vi siano distribuzioni “a pioggia” per creare consenso politico, per cui a incassare sia tutta la popolazione, non lo nego, ma è anche evidente il fatto che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, e a ripagare i debiti, vengano chiamati tutti. Questo fatto crea quella disparità di trattamento che scaturisce poi nelle rivolte sociali. Ricordando che ad ogni debito di qualcuno corrisponde un credito di qualcun altro, allora il problema non è tanto l’entità del debito, quanto la ricerca di dove prendere la ricchezza per ripagarlo. Ed a questo punto è importante avere le idee chiare. Se io possiedo 100.000 € e mi compero un monolocale, quei 100.000€ torneranno al mercato, al vecchio proprietario o a chi ha costruito quell’immobile, che a loro volta li spenderanno per acquistare altri beni. Io non avrò più 100.000 € ma avrò il monolocale. Il quale, avendo comunque un valore commerciale, rappresenta una ricchezza, anche se non è denaro. Quindi quando parlo di ricchezza, intendo solo marginalmente il possesso di denaro, quanto invece la proprietà dei beni. E se ho fatto l’esempio del monolocale, ad esso potrei aggiungere migliaia di oggetti di valore, ma anche valori immateriali, che però hanno un mercato. Se , quanto spende lo Stato viene immediatamente o dopo alcuni passaggi, acquisito da persone che investono tale denaro in beni, non è correndo dietro al denaro che si arriva a chi dovrebbe contribuire maggiormente al mantenimento dello Stato stesso, ma semplicemente andando a cercare chi possiede la ricchezza, che senz’altro è stata acquisita con quei soldi. Questo è cosa fanno i paesi nordici,e, seppur gli USA non tassino la ricchezza in generale, tassano gli immobili e soprattutto i passaggi ereditari. Come ho detto, l’errore grossolano, che porta poi a spremere chi i soldi li riceve, a prescindere dalla quantità di ricchezza che possiede, viene fatto perché si punta l’attenzione sul denaro, e non sulla ricchezza. Visto che la ricchezza, in un certo momento storico, è stata acquisita, significa che colui che l’ha acquisita ha avuto una disponibilità di denaro del quale però una parte corretta ed equa ( in riferimento alle possibilità) non è stata prelevata dallo Stato. Equa non solo in relazione al guadagno contingente, ma al guadagno sommato alla ricchezza già posseduta. La stessa cifra guadagnata da colui che non ha altro, e guadagnata da chi è già ricco, non ha lo stesso significato ne personale ne sociale. Quindi un prelievo troppo leggero, porta a un certo punto lo Stato che spende più di quanto incassato, a imporre sacrifici ben più consistenti a TUTTI, e non solo a chi avrebbe potuto pagare, senza peraltro fare eccessivi sacrifici. Quando poi,il debito è stato creato e i titoli di tale credito sono posseduti da molti, compresa la nonnina che vi ha investito i suoi risparmi, pensare ad una ristrutturazione o a un default, vuol dire far pagare la cattiva gestione a tutti i possessori di tali titoli, indiscriminatamente, mentre solo pochi hanno tratto beneficio al tempo della creazione del debito. Quindi, se è pensabile che una maggior efficienza degli individui possa essere ripagata dalla società con una maggiore disponibilità, e quindi ricchezza, nel momento in cui è necessario contribuire al mantenimento di quello Stato che comprende tutta indistintamente la popolazione, è proprio dove ci sia maggiore ricchezza, che occorre prelevare risorse: primo perché nessuno può dare ciò che non ha; secondo perché troppa ricchezza significa anche che il denaro che l’ha generata non è stato sufficientemente tassato quando incassato. E questo non vuol dire mettere sul lastrico nessuno, ma evitare anche che si formino ricchezze tali da generare a loro volta distorsioni sociali, mediante corruzione, centri di potere occulto, malversazioni varie, ecc…. Sicuramente, così come il fisco non deve mettere nessuno sul lastrico, anche una ristrutturazione del debito o un default non dovrebbe andare a colpire chi , nei titoli di stato, ha messo i suoi pochi risparmi di una vita. Alla fin fine cosa affermo, è che se le manovre monetarie, di qualsiasi tipo, vanno a colpire eventualmente solo i movimenti di denaro, e non le proprietà, i default o ristrutturazioni, colpiscono indiscriminatamente tutti i possessori di titoli di quello Stato , che con un fisco più efficiente e selettivo, potrebbe invece essere ben più equo nel richiedere i sacrifici non in modo proporzionale ma progressivo.

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Settimana all’insegna della paura. L’incertezza sul dollaro sta portando a forti realizzi della speculazione sulle materie prime, unita alle voci dello Spiegel circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Euro, che ha provocato una forte oscillazione dello stesso. Dollaro , dicevo molto contrastato grazie all’effetto dei dati dal mondo del lavoro, dove il guadagno in occupazione di marzo è stato subito compensato con un calo in aprile. Inoltre una continua crescita di coloro che per mangiare ricorrono ai food stamp governativi (132 dollari a MESE), si associa bene alla diminuzione complessiva delle ore lavorate. Nel Regno Unito deve aver fatto breccia una nuova teoria economica in quanto i governanti sostengono che l’aumento delle tasse e il taglio ai servizi, servirà a “sostenere la crescita” oppure hanno fatto confusione tra crescita dell’economia e quella dei debiti delle famiglie.

di Mensa Andrea

17 maggio 2011

La consegna del Duce: quando la storia diventa farsa

Il mio articolo di sabato 7 maggio 2011 “La leggenda degli americani che volevano catturare Mussolini vivo”, pubblicato anche in importanti Siti.
Con tale articolo, in pratica, ho cercato di dimostrare, nei limiti del possibile, visto che ogni documentazione giace negli archivi segreti statunitensi e in quelli del Vaticano (da non confondere con quegli pseudo Archivi che a distanza di tempo vengono desecretati e resi pubblici a uso e consumo di ricercatori di professione pronti a pubblicarci poi qualche edizione in linea con la “vulgata”), come la strategia americana verso Mussolini, in quegli ultimi giorni di aprile 1945, viaggiava su un doppio binario: una veste ufficiale per la quale gli americani reclamavano dal governo del Sud rappresentato al nord dal CLNAI con il suo braccio armato, cioè il CVL, la consegna del Duce, presumibilmente per processarlo con uno di quegli spettacoli farsa tipo “Norimberga”, ed un’altra veste, segretissima, concretizzatasi proprio nelle ultime ore con ordini arrivati dal quartier generale dell’OSS che era in Svizzera, per i quali si doveva lasciar catturare Mussolini dai partigiani.
Fino ad oggi le fonti storiche hanno voluto registrare solo il primo aspetto, direi folcloristico, quello per il quale gli americani volevano Mussolini vivo, mentre si è quasi del tutto evitato di indagare per svelare le vere volontà, indirettamente omicide, di costoro. Una versione di comodo, solo apparentemente veritiera, che non crea disagi, e va incontro a quell’immagine “buonista”, ma falsa, delle truppe americane, così come venne creata a Hollywood e tranquillizza anche la coscienza di quegli ex neofascisti o destristi che dir si voglia i quali, vendendosi agli atlantici fin dal primo dopoguerra, e qualcuno anche a guerra in corso, ne traggono un motivo di sollievo al pensiero che forse, se Mussolini lo avessero preso gli americani, si sarebbe salvato (beati loro). Tra i dubbi e le precisazioni su alcuni mie passaggi nell’articolo in questione, che mi sono pervenute, mi preme puntualizzarne almeno tre: il fatto che Leo Valiani era colluso con il Soe, l’Intelligence britannica; quindi il problema di Enrico Fermi e la strategia di Roosevelt intento non solo a scatenare un conflitto mondiale, ma dalla seconda metà degli anni ’30, anche a sviluppare l’energia atomica a fini bellici ed infine la famosa conversazione intercontinentale del 29 luglio 1943 con la quale Roosevelt e Churchill si trovarono d’accordo nel desiderare che Mussolini non arrivasse vivo ad un eventuale processo. Leo Valiani. L’informazione che Leo Valiani, alias l’ebreo Leo Weiczen, già comunista e poi passato con gli azionisti dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939, fosse stato in servizio presso il SOE britannico è oramai pubblica (tra le altre agenzie l’ha riportata anche RaiNews24(http://212.162.68.20/it/news.php?newsid=142490).
Valiani entrò a far parte del SOE, conosciuto in Italia come Number 1 Special Force, nel giugno 1943, quando si trovava rifugiato a Città del Messico. A reclutarlo fu Max Salvadori (nel 1945 agente di collegamento inglese con il CLNAI). La scheda personale di Valiani è depositata negli archivi del Public Record Office di Kew Garden a Londra.
Specificato questo mi preme sottolineare una coincidenza veramente interessante: Non appena si venne a sapere della cattura di Mussolini, questo agente inglese, Max Salvadori, notoriamente anche vicino ad ambienti azionisti, fece presente ai ciellenisti che potevano disporre di Mussolini solo fino all’arrivo delle truppe alleate e l’installarsi della loro amministrazione (AMG), in pratica, come congetturò Renzo De Felice, una specie di sottile e indiretto consiglio a eliminarlo sbrigativamente.
La coincidenza sta nel fatto che, mentre accadeva tutto questo, Valiani a suo tempo arruolato nel SOE da Salvadori, era membro del Comitato Insurrezionale antifascista, proprio quel Comitato che più spinse per fucilare il Duce.
Fermi – Roosevelt e l’energia atomica. A proposito di un accenno che ho fatto circa quell’Enrico Fermi che fuggì in america, non certo per problemi razziali della moglie, come si vuol far credere, ma dietro cui c’era una lunga e complicata storia di lucrosi contratti firmati con gli americani, una strategia rooseveltiana mirante a accelerare la ricerca atomica ai soli fini bellici, la scomparsa di Majorana e altre vicende in parte segrete che videro Mussolini negli anni ’30 perseguire sondaggi con l’amministrazione americana al fine di trovare appoggi e fare da contrappeso all’ingerenza britannica nel Mediterraneo, oltre a ingenti prestiti che erano stati accesi con le banche americane, in particolare la Morgan, posso solo dire che trattasi di ricerche che meritano seriamente di essere approfondite.
Ma di questi argomenti, come già scrissi in un altro articolo su queste stesse pagine del 1 luglio 2010, per la serietà dello studioso e per la gran messe di notizie, aneddoti e informazioni di cui è in possesso, la voce più autorevole è quella dello scrittore, saggista e presidente dell’Istituto di studi poundiani, professor Antonio Pantano. Rimando tutti, pertanto, a quell’eccezionale libro, scritto da Pantano, che è “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, Ed. Pagine, 2009. Conversazione intercontinentale Roosevelt – Churchill.
Le intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi, tra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943 sono state messe a disposizione dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non è vero che venne preso dai sovietici, ma finì negli Usa collaborando con la Cia dal 1948 al 1952. La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. Ecco alcuni stralci: Churchill era stato da poco avvertito che Mussolini era prigioniero al quartier generale della Polizia a Roma. Dopo i preamboli, e ritenendo che gli italiani difficilmente avrebbero mollato il prigioniero, Roosevelt in merito ad un possibile processo al Duce, dice: “Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani, qui, sono almeno suoi segreti ammiratori (letterale). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che lui (Mussolini, ndr) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese... Churchill: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.
Churchill: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di corte marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.
Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia (...), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo (...). ... Io avevo in mente che, dopo che noi stessi trovassimo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana ndr). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione, ndr) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan.
Su queste basi, alla fine i due campioni di umanità democratica, si troveranno concordi.
Altre informazioni, anche su questa telefonata, si possono trovare nella monumentale opera dello storico Alessandro De Felice, acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.
di: Maurizio Barozzi

18 maggio 2011

Al Qaeda: il database





Poco prima della sua morte prematura, l’ex Ministro degli Esteri Robin Cook disse alla House of Commons che ‘Al Qaeda’ non è in realtà un gruppo terroristico ma un database internazionale di mujaheddin e di trafficanti d’armi usati dalla CIA e dai Sauditi per fornire guerriglieri, armi e soldi nell’Afghanistan occupato dai Sovietici.
Grazie alla concessione di World Affairs, un giornale con sede a Nuova New Delhi, vi posso presentare un importante estratto da un articolo di Pierre-Henry Bunel nel numero Aprile-Giugno 2004, un ex agente dell’intelligence militare francese.
Wayne Madsen Report
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Sentii per la prima volta parlare di Al Qaida quando stavo frequentando il corso Command and Staff in Giordania. All’epoca ero un ufficiale francese e le forze armate francesi avevano contatti frequenti e stavano cooperando con la Giordania […].

Due dei miei colleghi giordani erano esperti di computer. Erano ufficiali di difesa aerea. Usando lo slang del linguaggio del computer, mi raccontarono una serie di barzellette sulle punizioni agli studenti.

Ad esempio, quando uno di noi era in ritardo alla fermata dell’autobus per lasciare lo Staff College, i due ufficiali dicevano sempre: “Sarai segnato nel ‘Q eidat il-Maaloomaat”, che voleva dire “Sarai registrato nell’archivio delle informazioni”. Con il significato: “Riceverai un avvertimento”. Se il caso era ancora più grave, parlavano quasi sempre di “Q eidat i-Taaleemaat”, che voleva dire ‘l’archivio delle iniziative’. Che voleva dire ‘che saresti stato punito’. Per i casi peggiori parlavano sempre di registrazione in ‘Al Qaida’.

Nei primi anni ’80 la Banca Islamica per lo Sviluppo (IBD), che è situata a Jeddah in Arabia Saudita, come il Segretariato Permanente dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un nuovo sistema computerizzato per far fronte alle richieste di elaborazione e di elaborazione. Al tempo il sistema era più sofisticato di quanto fosse realmente necessario.

Fu deciso di usare una parte della memoria del sistema per ospitare il database della Conferenza Islamica. Era possibile per i paesi coinvolti accedere al database via telefono: un Intranet, in linguaggio moderno. I governi dei paesi membri così come alcune delle ambasciate nel mondo erano connesse a quella rete

[Secondo quanto riferito da un maggiore pakistano] il database era diviso in due parti, i file delle informazioni da cui i partecipanti alle riunioni potevano prelevare e inviare i dati richiesti, e i file delle iniziative dove le decisioni prese nelle precedenti sessioni venivano registrate e immagazzinate. In arabo questi file erano chiamati ‘Q eidat il-Maaloomaat’ e ‘Q eidat i-Taaleemaat’. Questi due file erano a sua volta all’interno di un altro file chiamato in arabo ‘Q eidat ilmu’ti’aat’, che è l’esatta traduzione della parola inglese ‘database’. Ma gli arabi usano comunemente la parola ‘Al Qaida’ che in arabo significa “la base”. La base aerea militare di Riad in Arabia Saudita è chiamata ‘q eidat’ riyadh al ‘askariya’. ‘Q eida’ significa ‘una base’ e “Al Qaida” significa ‘la base’.

Nella metà degli anni ’80 Al Qaida era un database presente nei computer dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica.

Nei primi anni ’90, ero un ufficiale dell’intelligence militare al Quartier Generale delle Forze di Pronto Intervento francesi. A causa della mia conoscenza nell’arabo il mio lavoro era quello di tradurre molti fax e lettere sequestrate o intercettate dai nostri servizi segreti […].

Abbiamo spesso intercettato materiale spedito da network islamici che operava nel Regno Unito o in Belgio.

Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi armati islamici in Algeria o in Francia. I messaggi citavano dichiarazioni che potevano essere usate nella redazione di opuscoli o depliant o per essere inseriti in video o nastri da spedire ai media. Le fonti più frequentemente citate erano le Nazioni Unite, le nazioni non allineate, l’UNHCR e… Al Qaida.

Al Qaida rimaneva l’archivio della Conferenza Islamica. Non tutti i paesi membri della Conferenza sono ‘stati canaglia e molti gruppi islamici possono prelevare informazione dai database. Era perfettamente normale per Osama Bin Laden essere collegato a questo network. Egli è il membro di un’importante famiglia nel mondo bancario e degli affari.

A causa della presenza degli ‘stati canaglia’, divenne semplice per i gruppi terroristi usare le e-mail dell’archivio. A questo proposito l’e-mail di Al Qaida fu usata, con qualche interfaccia di sistema che garantiva la segretezza, dalle famiglie dei mujaheddin per tenere attivi i collegamenti con i loro figli che venivano addestrati in Afghanistan o in Libia o nella valle della Beqa’ in Libano. Oppure ovunque in azione nei campi di battaglia dove gli estremisti sponsorizzati da tutti gli ‘stati canaglia’ combattevano. E gli ‘stati canaglia comprendevano l’Arabia Saudita. Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’Intranet di Al Qaida era un buon sistema di comunicazione che usava messaggi coperti o in codice.

Incontrare ‘Al Qaeda’

Al Qaida non era un gruppo terrorista e neppure una proprietà privata di Osama bin Laden… Le azioni dei terroristi in Turchia nel 2003 furono compiute da turchi e le motivazioni erano locali e non internazionali, unificate o condivise. Questi crimini misero il governo turco in una posizione complicata di fronte ai britannici e a Israele. Ma gli attacchi avevano certamente l’intenzione di ‘punire’ il Primo Ministro Erdogan per essere un politico islamico all’acqua di rose.

[…] Nel Terzo Mondo l’opinione comune è che le nazioni che usano armi di distruzione di massa per scopi economici al servizio dell’imperialismo sono a tutti gli effetti ‘stati canaglia’, in particolar modo gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO.

Qualche lobby economica islamica sta ingaggiando una lotta con le lobby economiche ‘liberali’. Usano i gruppi di terroristi locali che dichiarano di operare per Al Qaida. D’altra parte, gli eserciti nazionali invadono le nazioni indipendenti sotto l’egida del Consiglio delle Nazioni Unite e combattono guerre preventive. E i veri sostenitori di queste guerre non sono i governi, ma le lobby che si nascondono dietro di loro.

La verità è che non esiste alcun esercito o gruppo terrorista islamico chiamato Al Qaida. E un qualsiasi servizio d’intelligence informato lo sa. Ma esiste una campagna di propaganda per far credere al pubblico di essere in presenza di un’entità ben definita che rappresenta il ‘diavolo’ solo per portare lo ‘spettatore televisivo’ a accettare una leadership internazionale unificata per una guerra al terrorismo. La nazione dietro questa propaganda sono gli Stati Uniti e i lobbisti per la guerra USA contro il terrorismo sono solo interessati a fare soldi.”

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In un altro esempio di quello che succede a quelli che sfidano il sistema, nel dicembre del 2001 il maggiore Pierre-Henri Bunel è stato condannato da una corte militare francese segreta per aver passato documenti riservati che identificavano gli obbiettivi potenziali dei bombardamenti NATO in Serbia a un agente serbo durante la guerra del Kossovo nel 1998. Il caso di Bunel fu trasferito a una corte civile per tenere i dettagli della causa anch’essi riservati. Conoscendo il carattere e la psicologia di Bunel, il sistema “gliel’ha fatta pagare” per aver detto la verità su Al Qaeda e su chi c’era effettivamente dietro gli attacchi terroristi che vengono comunemente attribuiti a quel gruppo. È degno di nota il fatto che il governo jugoslavo, con cui il governo francese asserisce che Bunel abbia condiviso le informazioni, ha dichiarato che i guerriglieri albanesi e bosniaci nei Balcani erano spalleggiate da elementi di ‘Al Qaeda’. Noi sappiamo che questi guerriglieri erano spalleggiati dai soldi forniti dal Bosnian Defense Fund, un’entità costituita da un fondo speciale alla Riggs Bank, influenzata da Bush, e diretta da Richard Perle e da Douglas Feith.

Il maggiore francese Pierre-Henri Bunel, che sapeva la verità su ‘Al Qaeda’, un altro obbiettivo dei neo-con.

di Pierre-Henry Bunel

Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24738

La ricchezza e il debito pubblico


Si torna a parlare, secondo me a sproposito, di sovranità monetaria, debito pubblico, e questioni monetarie, in relazione a quanto sta accadendo e probabilmente accadrà. Parlo del default o della ristrutturazione ( che poi è un default mascherato) del debito sovrano greco, ed eventualmente portoghese, delle imposizioni del FMI e della BCE ai paesi deboli dell’area Euro, ecc… Adesso su questo argomento vorrei mettere dei punti fermi, sui quali non tornare più a discutere altrimenti ci ripetiamo le stesse cose come dischi rotti.

Debito Pubblico. In un ambiente di moneta Fiat (creata e imprestata) in cui la moneta è quindi un MEZZO di scambio, e lo Stato è un utente di tale mezzo, esso è tenuto, come ogni altra entità economica a fare dei bilanci in nero. Il che vuol dire che quanto spende per dare servizi e anche investimenti, al popolo, deve esser pareggiato dalle entrate, solitamente chiamate TASSE. Se è vero che lo stato è costituito da POPOLO, TERRITORIO, e ORGANIZZAZIONE, il popolo, che è l’unica entità a creare ricchezza, è tenuto a supportare, mantenere, l’organizzazione. Quando le entrate sono inferiori alle uscite, come per qualsiasi altra entità, lo Stato chiede dei prestiti, e rilascia dei certificati di credito (BOT, CCT, BPT, ecc ….). Un debitore onesto, cosa fa normalmente, quando chiede un prestito ? alle scadenze lo rimborsa, interessi compresi. Cosa fa invece uno Stato che ha speso più delle entrate prima, e poi per non irritare la popolazione, non raccoglie abbastanza per ripagare i debiti ? fa altri debiti per ripagare i precedenti, e così il debito, di anno in anno aumenta, fino a che gli interessi richiesti, che coprono anche il rischio di insolvenza, diventano tanto alti da pareggiare le entrate dello stato. A quel punto è matematicamente impossibile ripagare, non solo i debiti, ma nemmeno gli interessi. E a quel punto vengono richieste manovre lacrime e sangue. Ma vediamo , in questa situazione di capirci qualcosa. Uno Stato crea debito quando quanto raccoglie in tasse non copre le spese che fa, ma se questo avviene è perché tali tasse non compensano i benefici che vengono dati alla popolazione. Già. Ma non a tutta la popolazione, e questo è il punto. Una parte di essa, grazie alle regole lassiste aumenta le proprie ricchezze, ed il resto, forse raccoglie piccoli vantaggi. Quando vi sono greci come Spiro Latsis la cui ricchezza è valutata in oltre 11 miliardi di dollari, allora viene il forte dubbio, anzi la certezza, che lo Stato potrebbe trovare i soldi per non creare debito, ma semplicemente non voglia farlo. Perché se lo Stato spende, qualcuno incassa, o comunque quei soldi spesi, vengono requisiti da qualcuno ma non tornano tutti allo stato. Che poi in alcuni momenti vi siano distribuzioni “a pioggia” per creare consenso politico, per cui a incassare sia tutta la popolazione, non lo nego, ma è anche evidente il fatto che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, e a ripagare i debiti, vengano chiamati tutti. Questo fatto crea quella disparità di trattamento che scaturisce poi nelle rivolte sociali. Ricordando che ad ogni debito di qualcuno corrisponde un credito di qualcun altro, allora il problema non è tanto l’entità del debito, quanto la ricerca di dove prendere la ricchezza per ripagarlo. Ed a questo punto è importante avere le idee chiare. Se io possiedo 100.000 € e mi compero un monolocale, quei 100.000€ torneranno al mercato, al vecchio proprietario o a chi ha costruito quell’immobile, che a loro volta li spenderanno per acquistare altri beni. Io non avrò più 100.000 € ma avrò il monolocale. Il quale, avendo comunque un valore commerciale, rappresenta una ricchezza, anche se non è denaro. Quindi quando parlo di ricchezza, intendo solo marginalmente il possesso di denaro, quanto invece la proprietà dei beni. E se ho fatto l’esempio del monolocale, ad esso potrei aggiungere migliaia di oggetti di valore, ma anche valori immateriali, che però hanno un mercato. Se , quanto spende lo Stato viene immediatamente o dopo alcuni passaggi, acquisito da persone che investono tale denaro in beni, non è correndo dietro al denaro che si arriva a chi dovrebbe contribuire maggiormente al mantenimento dello Stato stesso, ma semplicemente andando a cercare chi possiede la ricchezza, che senz’altro è stata acquisita con quei soldi. Questo è cosa fanno i paesi nordici,e, seppur gli USA non tassino la ricchezza in generale, tassano gli immobili e soprattutto i passaggi ereditari. Come ho detto, l’errore grossolano, che porta poi a spremere chi i soldi li riceve, a prescindere dalla quantità di ricchezza che possiede, viene fatto perché si punta l’attenzione sul denaro, e non sulla ricchezza. Visto che la ricchezza, in un certo momento storico, è stata acquisita, significa che colui che l’ha acquisita ha avuto una disponibilità di denaro del quale però una parte corretta ed equa ( in riferimento alle possibilità) non è stata prelevata dallo Stato. Equa non solo in relazione al guadagno contingente, ma al guadagno sommato alla ricchezza già posseduta. La stessa cifra guadagnata da colui che non ha altro, e guadagnata da chi è già ricco, non ha lo stesso significato ne personale ne sociale. Quindi un prelievo troppo leggero, porta a un certo punto lo Stato che spende più di quanto incassato, a imporre sacrifici ben più consistenti a TUTTI, e non solo a chi avrebbe potuto pagare, senza peraltro fare eccessivi sacrifici. Quando poi,il debito è stato creato e i titoli di tale credito sono posseduti da molti, compresa la nonnina che vi ha investito i suoi risparmi, pensare ad una ristrutturazione o a un default, vuol dire far pagare la cattiva gestione a tutti i possessori di tali titoli, indiscriminatamente, mentre solo pochi hanno tratto beneficio al tempo della creazione del debito. Quindi, se è pensabile che una maggior efficienza degli individui possa essere ripagata dalla società con una maggiore disponibilità, e quindi ricchezza, nel momento in cui è necessario contribuire al mantenimento di quello Stato che comprende tutta indistintamente la popolazione, è proprio dove ci sia maggiore ricchezza, che occorre prelevare risorse: primo perché nessuno può dare ciò che non ha; secondo perché troppa ricchezza significa anche che il denaro che l’ha generata non è stato sufficientemente tassato quando incassato. E questo non vuol dire mettere sul lastrico nessuno, ma evitare anche che si formino ricchezze tali da generare a loro volta distorsioni sociali, mediante corruzione, centri di potere occulto, malversazioni varie, ecc…. Sicuramente, così come il fisco non deve mettere nessuno sul lastrico, anche una ristrutturazione del debito o un default non dovrebbe andare a colpire chi , nei titoli di stato, ha messo i suoi pochi risparmi di una vita. Alla fin fine cosa affermo, è che se le manovre monetarie, di qualsiasi tipo, vanno a colpire eventualmente solo i movimenti di denaro, e non le proprietà, i default o ristrutturazioni, colpiscono indiscriminatamente tutti i possessori di titoli di quello Stato , che con un fisco più efficiente e selettivo, potrebbe invece essere ben più equo nel richiedere i sacrifici non in modo proporzionale ma progressivo.

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Settimana all’insegna della paura. L’incertezza sul dollaro sta portando a forti realizzi della speculazione sulle materie prime, unita alle voci dello Spiegel circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Euro, che ha provocato una forte oscillazione dello stesso. Dollaro , dicevo molto contrastato grazie all’effetto dei dati dal mondo del lavoro, dove il guadagno in occupazione di marzo è stato subito compensato con un calo in aprile. Inoltre una continua crescita di coloro che per mangiare ricorrono ai food stamp governativi (132 dollari a MESE), si associa bene alla diminuzione complessiva delle ore lavorate. Nel Regno Unito deve aver fatto breccia una nuova teoria economica in quanto i governanti sostengono che l’aumento delle tasse e il taglio ai servizi, servirà a “sostenere la crescita” oppure hanno fatto confusione tra crescita dell’economia e quella dei debiti delle famiglie.

di Mensa Andrea

17 maggio 2011

La consegna del Duce: quando la storia diventa farsa

Il mio articolo di sabato 7 maggio 2011 “La leggenda degli americani che volevano catturare Mussolini vivo”, pubblicato anche in importanti Siti.
Con tale articolo, in pratica, ho cercato di dimostrare, nei limiti del possibile, visto che ogni documentazione giace negli archivi segreti statunitensi e in quelli del Vaticano (da non confondere con quegli pseudo Archivi che a distanza di tempo vengono desecretati e resi pubblici a uso e consumo di ricercatori di professione pronti a pubblicarci poi qualche edizione in linea con la “vulgata”), come la strategia americana verso Mussolini, in quegli ultimi giorni di aprile 1945, viaggiava su un doppio binario: una veste ufficiale per la quale gli americani reclamavano dal governo del Sud rappresentato al nord dal CLNAI con il suo braccio armato, cioè il CVL, la consegna del Duce, presumibilmente per processarlo con uno di quegli spettacoli farsa tipo “Norimberga”, ed un’altra veste, segretissima, concretizzatasi proprio nelle ultime ore con ordini arrivati dal quartier generale dell’OSS che era in Svizzera, per i quali si doveva lasciar catturare Mussolini dai partigiani.
Fino ad oggi le fonti storiche hanno voluto registrare solo il primo aspetto, direi folcloristico, quello per il quale gli americani volevano Mussolini vivo, mentre si è quasi del tutto evitato di indagare per svelare le vere volontà, indirettamente omicide, di costoro. Una versione di comodo, solo apparentemente veritiera, che non crea disagi, e va incontro a quell’immagine “buonista”, ma falsa, delle truppe americane, così come venne creata a Hollywood e tranquillizza anche la coscienza di quegli ex neofascisti o destristi che dir si voglia i quali, vendendosi agli atlantici fin dal primo dopoguerra, e qualcuno anche a guerra in corso, ne traggono un motivo di sollievo al pensiero che forse, se Mussolini lo avessero preso gli americani, si sarebbe salvato (beati loro). Tra i dubbi e le precisazioni su alcuni mie passaggi nell’articolo in questione, che mi sono pervenute, mi preme puntualizzarne almeno tre: il fatto che Leo Valiani era colluso con il Soe, l’Intelligence britannica; quindi il problema di Enrico Fermi e la strategia di Roosevelt intento non solo a scatenare un conflitto mondiale, ma dalla seconda metà degli anni ’30, anche a sviluppare l’energia atomica a fini bellici ed infine la famosa conversazione intercontinentale del 29 luglio 1943 con la quale Roosevelt e Churchill si trovarono d’accordo nel desiderare che Mussolini non arrivasse vivo ad un eventuale processo. Leo Valiani. L’informazione che Leo Valiani, alias l’ebreo Leo Weiczen, già comunista e poi passato con gli azionisti dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939, fosse stato in servizio presso il SOE britannico è oramai pubblica (tra le altre agenzie l’ha riportata anche RaiNews24(http://212.162.68.20/it/news.php?newsid=142490).
Valiani entrò a far parte del SOE, conosciuto in Italia come Number 1 Special Force, nel giugno 1943, quando si trovava rifugiato a Città del Messico. A reclutarlo fu Max Salvadori (nel 1945 agente di collegamento inglese con il CLNAI). La scheda personale di Valiani è depositata negli archivi del Public Record Office di Kew Garden a Londra.
Specificato questo mi preme sottolineare una coincidenza veramente interessante: Non appena si venne a sapere della cattura di Mussolini, questo agente inglese, Max Salvadori, notoriamente anche vicino ad ambienti azionisti, fece presente ai ciellenisti che potevano disporre di Mussolini solo fino all’arrivo delle truppe alleate e l’installarsi della loro amministrazione (AMG), in pratica, come congetturò Renzo De Felice, una specie di sottile e indiretto consiglio a eliminarlo sbrigativamente.
La coincidenza sta nel fatto che, mentre accadeva tutto questo, Valiani a suo tempo arruolato nel SOE da Salvadori, era membro del Comitato Insurrezionale antifascista, proprio quel Comitato che più spinse per fucilare il Duce.
Fermi – Roosevelt e l’energia atomica. A proposito di un accenno che ho fatto circa quell’Enrico Fermi che fuggì in america, non certo per problemi razziali della moglie, come si vuol far credere, ma dietro cui c’era una lunga e complicata storia di lucrosi contratti firmati con gli americani, una strategia rooseveltiana mirante a accelerare la ricerca atomica ai soli fini bellici, la scomparsa di Majorana e altre vicende in parte segrete che videro Mussolini negli anni ’30 perseguire sondaggi con l’amministrazione americana al fine di trovare appoggi e fare da contrappeso all’ingerenza britannica nel Mediterraneo, oltre a ingenti prestiti che erano stati accesi con le banche americane, in particolare la Morgan, posso solo dire che trattasi di ricerche che meritano seriamente di essere approfondite.
Ma di questi argomenti, come già scrissi in un altro articolo su queste stesse pagine del 1 luglio 2010, per la serietà dello studioso e per la gran messe di notizie, aneddoti e informazioni di cui è in possesso, la voce più autorevole è quella dello scrittore, saggista e presidente dell’Istituto di studi poundiani, professor Antonio Pantano. Rimando tutti, pertanto, a quell’eccezionale libro, scritto da Pantano, che è “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, Ed. Pagine, 2009. Conversazione intercontinentale Roosevelt – Churchill.
Le intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi, tra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943 sono state messe a disposizione dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non è vero che venne preso dai sovietici, ma finì negli Usa collaborando con la Cia dal 1948 al 1952. La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. Ecco alcuni stralci: Churchill era stato da poco avvertito che Mussolini era prigioniero al quartier generale della Polizia a Roma. Dopo i preamboli, e ritenendo che gli italiani difficilmente avrebbero mollato il prigioniero, Roosevelt in merito ad un possibile processo al Duce, dice: “Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani, qui, sono almeno suoi segreti ammiratori (letterale). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che lui (Mussolini, ndr) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese... Churchill: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.
Churchill: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di corte marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.
Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia (...), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo (...). ... Io avevo in mente che, dopo che noi stessi trovassimo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana ndr). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione, ndr) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan.
Su queste basi, alla fine i due campioni di umanità democratica, si troveranno concordi.
Altre informazioni, anche su questa telefonata, si possono trovare nella monumentale opera dello storico Alessandro De Felice, acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.
di: Maurizio Barozzi