Il mio articolo di sabato 7 maggio 2011 “La leggenda degli americani che volevano catturare Mussolini vivo”, pubblicato anche in importanti Siti.
Con tale articolo, in pratica, ho cercato di dimostrare, nei limiti del possibile, visto che ogni documentazione giace negli archivi segreti statunitensi e in quelli del Vaticano (da non confondere con quegli pseudo Archivi che a distanza di tempo vengono desecretati e resi pubblici a uso e consumo di ricercatori di professione pronti a pubblicarci poi qualche edizione in linea con la “vulgata”), come la strategia americana verso Mussolini, in quegli ultimi giorni di aprile 1945, viaggiava su un doppio binario: una veste ufficiale per la quale gli americani reclamavano dal governo del Sud rappresentato al nord dal CLNAI con il suo braccio armato, cioè il CVL, la consegna del Duce, presumibilmente per processarlo con uno di quegli spettacoli farsa tipo “Norimberga”, ed un’altra veste, segretissima, concretizzatasi proprio nelle ultime ore con ordini arrivati dal quartier generale dell’OSS che era in Svizzera, per i quali si doveva lasciar catturare Mussolini dai partigiani.
Fino ad oggi le fonti storiche hanno voluto registrare solo il primo aspetto, direi folcloristico, quello per il quale gli americani volevano Mussolini vivo, mentre si è quasi del tutto evitato di indagare per svelare le vere volontà, indirettamente omicide, di costoro. Una versione di comodo, solo apparentemente veritiera, che non crea disagi, e va incontro a quell’immagine “buonista”, ma falsa, delle truppe americane, così come venne creata a Hollywood e tranquillizza anche la coscienza di quegli ex neofascisti o destristi che dir si voglia i quali, vendendosi agli atlantici fin dal primo dopoguerra, e qualcuno anche a guerra in corso, ne traggono un motivo di sollievo al pensiero che forse, se Mussolini lo avessero preso gli americani, si sarebbe salvato (beati loro). Tra i dubbi e le precisazioni su alcuni mie passaggi nell’articolo in questione, che mi sono pervenute, mi preme puntualizzarne almeno tre: il fatto che Leo Valiani era colluso con il Soe, l’Intelligence britannica; quindi il problema di Enrico Fermi e la strategia di Roosevelt intento non solo a scatenare un conflitto mondiale, ma dalla seconda metà degli anni ’30, anche a sviluppare l’energia atomica a fini bellici ed infine la famosa conversazione intercontinentale del 29 luglio 1943 con la quale Roosevelt e Churchill si trovarono d’accordo nel desiderare che Mussolini non arrivasse vivo ad un eventuale processo. Leo Valiani. L’informazione che Leo Valiani, alias l’ebreo Leo Weiczen, già comunista e poi passato con gli azionisti dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939, fosse stato in servizio presso il SOE britannico è oramai pubblica (tra le altre agenzie l’ha riportata anche RaiNews24(http://212.162.68.20/it/news.php?newsid=142490).
Valiani entrò a far parte del SOE, conosciuto in Italia come Number 1 Special Force, nel giugno 1943, quando si trovava rifugiato a Città del Messico. A reclutarlo fu Max Salvadori (nel 1945 agente di collegamento inglese con il CLNAI). La scheda personale di Valiani è depositata negli archivi del Public Record Office di Kew Garden a Londra.
Specificato questo mi preme sottolineare una coincidenza veramente interessante: Non appena si venne a sapere della cattura di Mussolini, questo agente inglese, Max Salvadori, notoriamente anche vicino ad ambienti azionisti, fece presente ai ciellenisti che potevano disporre di Mussolini solo fino all’arrivo delle truppe alleate e l’installarsi della loro amministrazione (AMG), in pratica, come congetturò Renzo De Felice, una specie di sottile e indiretto consiglio a eliminarlo sbrigativamente.
La coincidenza sta nel fatto che, mentre accadeva tutto questo, Valiani a suo tempo arruolato nel SOE da Salvadori, era membro del Comitato Insurrezionale antifascista, proprio quel Comitato che più spinse per fucilare il Duce.
Fermi – Roosevelt e l’energia atomica. A proposito di un accenno che ho fatto circa quell’Enrico Fermi che fuggì in america, non certo per problemi razziali della moglie, come si vuol far credere, ma dietro cui c’era una lunga e complicata storia di lucrosi contratti firmati con gli americani, una strategia rooseveltiana mirante a accelerare la ricerca atomica ai soli fini bellici, la scomparsa di Majorana e altre vicende in parte segrete che videro Mussolini negli anni ’30 perseguire sondaggi con l’amministrazione americana al fine di trovare appoggi e fare da contrappeso all’ingerenza britannica nel Mediterraneo, oltre a ingenti prestiti che erano stati accesi con le banche americane, in particolare la Morgan, posso solo dire che trattasi di ricerche che meritano seriamente di essere approfondite.
Ma di questi argomenti, come già scrissi in un altro articolo su queste stesse pagine del 1 luglio 2010, per la serietà dello studioso e per la gran messe di notizie, aneddoti e informazioni di cui è in possesso, la voce più autorevole è quella dello scrittore, saggista e presidente dell’Istituto di studi poundiani, professor Antonio Pantano. Rimando tutti, pertanto, a quell’eccezionale libro, scritto da Pantano, che è “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, Ed. Pagine, 2009. Conversazione intercontinentale Roosevelt – Churchill.
Le intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi, tra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943 sono state messe a disposizione dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non è vero che venne preso dai sovietici, ma finì negli Usa collaborando con la Cia dal 1948 al 1952. La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. Ecco alcuni stralci: Churchill era stato da poco avvertito che Mussolini era prigioniero al quartier generale della Polizia a Roma. Dopo i preamboli, e ritenendo che gli italiani difficilmente avrebbero mollato il prigioniero, Roosevelt in merito ad un possibile processo al Duce, dice: “Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani, qui, sono almeno suoi segreti ammiratori (letterale). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che lui (Mussolini, ndr) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese... Churchill: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.
Churchill: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di corte marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.
Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia (...), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo (...). ... Io avevo in mente che, dopo che noi stessi trovassimo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana ndr). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione, ndr) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan.
Su queste basi, alla fine i due campioni di umanità democratica, si troveranno concordi.
Altre informazioni, anche su questa telefonata, si possono trovare nella monumentale opera dello storico Alessandro De Felice, acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.
di: Maurizio Barozzi
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17 maggio 2011
La consegna del Duce: quando la storia diventa farsa
Il mio articolo di sabato 7 maggio 2011 “La leggenda degli americani che volevano catturare Mussolini vivo”, pubblicato anche in importanti Siti.
Con tale articolo, in pratica, ho cercato di dimostrare, nei limiti del possibile, visto che ogni documentazione giace negli archivi segreti statunitensi e in quelli del Vaticano (da non confondere con quegli pseudo Archivi che a distanza di tempo vengono desecretati e resi pubblici a uso e consumo di ricercatori di professione pronti a pubblicarci poi qualche edizione in linea con la “vulgata”), come la strategia americana verso Mussolini, in quegli ultimi giorni di aprile 1945, viaggiava su un doppio binario: una veste ufficiale per la quale gli americani reclamavano dal governo del Sud rappresentato al nord dal CLNAI con il suo braccio armato, cioè il CVL, la consegna del Duce, presumibilmente per processarlo con uno di quegli spettacoli farsa tipo “Norimberga”, ed un’altra veste, segretissima, concretizzatasi proprio nelle ultime ore con ordini arrivati dal quartier generale dell’OSS che era in Svizzera, per i quali si doveva lasciar catturare Mussolini dai partigiani.
Fino ad oggi le fonti storiche hanno voluto registrare solo il primo aspetto, direi folcloristico, quello per il quale gli americani volevano Mussolini vivo, mentre si è quasi del tutto evitato di indagare per svelare le vere volontà, indirettamente omicide, di costoro. Una versione di comodo, solo apparentemente veritiera, che non crea disagi, e va incontro a quell’immagine “buonista”, ma falsa, delle truppe americane, così come venne creata a Hollywood e tranquillizza anche la coscienza di quegli ex neofascisti o destristi che dir si voglia i quali, vendendosi agli atlantici fin dal primo dopoguerra, e qualcuno anche a guerra in corso, ne traggono un motivo di sollievo al pensiero che forse, se Mussolini lo avessero preso gli americani, si sarebbe salvato (beati loro). Tra i dubbi e le precisazioni su alcuni mie passaggi nell’articolo in questione, che mi sono pervenute, mi preme puntualizzarne almeno tre: il fatto che Leo Valiani era colluso con il Soe, l’Intelligence britannica; quindi il problema di Enrico Fermi e la strategia di Roosevelt intento non solo a scatenare un conflitto mondiale, ma dalla seconda metà degli anni ’30, anche a sviluppare l’energia atomica a fini bellici ed infine la famosa conversazione intercontinentale del 29 luglio 1943 con la quale Roosevelt e Churchill si trovarono d’accordo nel desiderare che Mussolini non arrivasse vivo ad un eventuale processo. Leo Valiani. L’informazione che Leo Valiani, alias l’ebreo Leo Weiczen, già comunista e poi passato con gli azionisti dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939, fosse stato in servizio presso il SOE britannico è oramai pubblica (tra le altre agenzie l’ha riportata anche RaiNews24(http://212.162.68.20/it/news.php?newsid=142490).
Valiani entrò a far parte del SOE, conosciuto in Italia come Number 1 Special Force, nel giugno 1943, quando si trovava rifugiato a Città del Messico. A reclutarlo fu Max Salvadori (nel 1945 agente di collegamento inglese con il CLNAI). La scheda personale di Valiani è depositata negli archivi del Public Record Office di Kew Garden a Londra.
Specificato questo mi preme sottolineare una coincidenza veramente interessante: Non appena si venne a sapere della cattura di Mussolini, questo agente inglese, Max Salvadori, notoriamente anche vicino ad ambienti azionisti, fece presente ai ciellenisti che potevano disporre di Mussolini solo fino all’arrivo delle truppe alleate e l’installarsi della loro amministrazione (AMG), in pratica, come congetturò Renzo De Felice, una specie di sottile e indiretto consiglio a eliminarlo sbrigativamente.
La coincidenza sta nel fatto che, mentre accadeva tutto questo, Valiani a suo tempo arruolato nel SOE da Salvadori, era membro del Comitato Insurrezionale antifascista, proprio quel Comitato che più spinse per fucilare il Duce.
Fermi – Roosevelt e l’energia atomica. A proposito di un accenno che ho fatto circa quell’Enrico Fermi che fuggì in america, non certo per problemi razziali della moglie, come si vuol far credere, ma dietro cui c’era una lunga e complicata storia di lucrosi contratti firmati con gli americani, una strategia rooseveltiana mirante a accelerare la ricerca atomica ai soli fini bellici, la scomparsa di Majorana e altre vicende in parte segrete che videro Mussolini negli anni ’30 perseguire sondaggi con l’amministrazione americana al fine di trovare appoggi e fare da contrappeso all’ingerenza britannica nel Mediterraneo, oltre a ingenti prestiti che erano stati accesi con le banche americane, in particolare la Morgan, posso solo dire che trattasi di ricerche che meritano seriamente di essere approfondite.
Ma di questi argomenti, come già scrissi in un altro articolo su queste stesse pagine del 1 luglio 2010, per la serietà dello studioso e per la gran messe di notizie, aneddoti e informazioni di cui è in possesso, la voce più autorevole è quella dello scrittore, saggista e presidente dell’Istituto di studi poundiani, professor Antonio Pantano. Rimando tutti, pertanto, a quell’eccezionale libro, scritto da Pantano, che è “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, Ed. Pagine, 2009. Conversazione intercontinentale Roosevelt – Churchill.
Le intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi, tra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943 sono state messe a disposizione dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non è vero che venne preso dai sovietici, ma finì negli Usa collaborando con la Cia dal 1948 al 1952. La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. Ecco alcuni stralci: Churchill era stato da poco avvertito che Mussolini era prigioniero al quartier generale della Polizia a Roma. Dopo i preamboli, e ritenendo che gli italiani difficilmente avrebbero mollato il prigioniero, Roosevelt in merito ad un possibile processo al Duce, dice: “Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani, qui, sono almeno suoi segreti ammiratori (letterale). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che lui (Mussolini, ndr) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese... Churchill: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.
Churchill: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di corte marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.
Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia (...), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo (...). ... Io avevo in mente che, dopo che noi stessi trovassimo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana ndr). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione, ndr) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan.
Su queste basi, alla fine i due campioni di umanità democratica, si troveranno concordi.
Altre informazioni, anche su questa telefonata, si possono trovare nella monumentale opera dello storico Alessandro De Felice, acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.
di: Maurizio Barozzi
Con tale articolo, in pratica, ho cercato di dimostrare, nei limiti del possibile, visto che ogni documentazione giace negli archivi segreti statunitensi e in quelli del Vaticano (da non confondere con quegli pseudo Archivi che a distanza di tempo vengono desecretati e resi pubblici a uso e consumo di ricercatori di professione pronti a pubblicarci poi qualche edizione in linea con la “vulgata”), come la strategia americana verso Mussolini, in quegli ultimi giorni di aprile 1945, viaggiava su un doppio binario: una veste ufficiale per la quale gli americani reclamavano dal governo del Sud rappresentato al nord dal CLNAI con il suo braccio armato, cioè il CVL, la consegna del Duce, presumibilmente per processarlo con uno di quegli spettacoli farsa tipo “Norimberga”, ed un’altra veste, segretissima, concretizzatasi proprio nelle ultime ore con ordini arrivati dal quartier generale dell’OSS che era in Svizzera, per i quali si doveva lasciar catturare Mussolini dai partigiani.
Fino ad oggi le fonti storiche hanno voluto registrare solo il primo aspetto, direi folcloristico, quello per il quale gli americani volevano Mussolini vivo, mentre si è quasi del tutto evitato di indagare per svelare le vere volontà, indirettamente omicide, di costoro. Una versione di comodo, solo apparentemente veritiera, che non crea disagi, e va incontro a quell’immagine “buonista”, ma falsa, delle truppe americane, così come venne creata a Hollywood e tranquillizza anche la coscienza di quegli ex neofascisti o destristi che dir si voglia i quali, vendendosi agli atlantici fin dal primo dopoguerra, e qualcuno anche a guerra in corso, ne traggono un motivo di sollievo al pensiero che forse, se Mussolini lo avessero preso gli americani, si sarebbe salvato (beati loro). Tra i dubbi e le precisazioni su alcuni mie passaggi nell’articolo in questione, che mi sono pervenute, mi preme puntualizzarne almeno tre: il fatto che Leo Valiani era colluso con il Soe, l’Intelligence britannica; quindi il problema di Enrico Fermi e la strategia di Roosevelt intento non solo a scatenare un conflitto mondiale, ma dalla seconda metà degli anni ’30, anche a sviluppare l’energia atomica a fini bellici ed infine la famosa conversazione intercontinentale del 29 luglio 1943 con la quale Roosevelt e Churchill si trovarono d’accordo nel desiderare che Mussolini non arrivasse vivo ad un eventuale processo. Leo Valiani. L’informazione che Leo Valiani, alias l’ebreo Leo Weiczen, già comunista e poi passato con gli azionisti dopo gli accordi Hitler-Stalin del 1939, fosse stato in servizio presso il SOE britannico è oramai pubblica (tra le altre agenzie l’ha riportata anche RaiNews24(http://212.162.68.20/it/news.php?newsid=142490).
Valiani entrò a far parte del SOE, conosciuto in Italia come Number 1 Special Force, nel giugno 1943, quando si trovava rifugiato a Città del Messico. A reclutarlo fu Max Salvadori (nel 1945 agente di collegamento inglese con il CLNAI). La scheda personale di Valiani è depositata negli archivi del Public Record Office di Kew Garden a Londra.
Specificato questo mi preme sottolineare una coincidenza veramente interessante: Non appena si venne a sapere della cattura di Mussolini, questo agente inglese, Max Salvadori, notoriamente anche vicino ad ambienti azionisti, fece presente ai ciellenisti che potevano disporre di Mussolini solo fino all’arrivo delle truppe alleate e l’installarsi della loro amministrazione (AMG), in pratica, come congetturò Renzo De Felice, una specie di sottile e indiretto consiglio a eliminarlo sbrigativamente.
La coincidenza sta nel fatto che, mentre accadeva tutto questo, Valiani a suo tempo arruolato nel SOE da Salvadori, era membro del Comitato Insurrezionale antifascista, proprio quel Comitato che più spinse per fucilare il Duce.
Fermi – Roosevelt e l’energia atomica. A proposito di un accenno che ho fatto circa quell’Enrico Fermi che fuggì in america, non certo per problemi razziali della moglie, come si vuol far credere, ma dietro cui c’era una lunga e complicata storia di lucrosi contratti firmati con gli americani, una strategia rooseveltiana mirante a accelerare la ricerca atomica ai soli fini bellici, la scomparsa di Majorana e altre vicende in parte segrete che videro Mussolini negli anni ’30 perseguire sondaggi con l’amministrazione americana al fine di trovare appoggi e fare da contrappeso all’ingerenza britannica nel Mediterraneo, oltre a ingenti prestiti che erano stati accesi con le banche americane, in particolare la Morgan, posso solo dire che trattasi di ricerche che meritano seriamente di essere approfondite.
Ma di questi argomenti, come già scrissi in un altro articolo su queste stesse pagine del 1 luglio 2010, per la serietà dello studioso e per la gran messe di notizie, aneddoti e informazioni di cui è in possesso, la voce più autorevole è quella dello scrittore, saggista e presidente dell’Istituto di studi poundiani, professor Antonio Pantano. Rimando tutti, pertanto, a quell’eccezionale libro, scritto da Pantano, che è “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, Ed. Pagine, 2009. Conversazione intercontinentale Roosevelt – Churchill.
Le intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi, tra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943 sono state messe a disposizione dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non è vero che venne preso dai sovietici, ma finì negli Usa collaborando con la Cia dal 1948 al 1952. La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. Ecco alcuni stralci: Churchill era stato da poco avvertito che Mussolini era prigioniero al quartier generale della Polizia a Roma. Dopo i preamboli, e ritenendo che gli italiani difficilmente avrebbero mollato il prigioniero, Roosevelt in merito ad un possibile processo al Duce, dice: “Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani, qui, sono almeno suoi segreti ammiratori (letterale). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che lui (Mussolini, ndr) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese... Churchill: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento, adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. Roosevelt: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.
Churchill: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di corte marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani.
Roosevelt: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia (...), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo (...). ... Io avevo in mente che, dopo che noi stessi trovassimo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana ndr). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione, ndr) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan.
Su queste basi, alla fine i due campioni di umanità democratica, si troveranno concordi.
Altre informazioni, anche su questa telefonata, si possono trovare nella monumentale opera dello storico Alessandro De Felice, acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.
di: Maurizio Barozzi
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