27 giugno 2011

Dove vengono prese le decisioni internazionali determinanti?



Mentre l’élite occidentali si riunivano nella pittoresca St. Moritz per decidere sulla crisi mondiale, gli outsider si sono incontrati nelle steppe desolate dell’Asia Centrale.

La scorsa settimana il decimo summit della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) nella capitale kazaka, Astana, ha evidenziato come i più grandi rivali dell’impero, guidati da Russia e Cina, stanno cercando di plasmare un’alternativa all’egemonia degli Stati Uniti.


La SCO è l’unica grande organizzazione internazionale che non ha tra i suoi membri gli USA o uno qualsiasi dei suoi stretti alleati, e la sua influenza è sempre più forte in tutta l’Eurasia. I leader degli stati membri, Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan si sono incontrati con i leader dei paesi osservatori, Iran, Pakistan, India, Afghanistan e Mongolia. La Bielorussia e lo Sri Lanka sono stati ammessi come partner al dialogo e prima del suo arrivo a Astana per frequentare la riunione, il Presidente cinese, Hu Jintao, ha visitato l’Ucraina.

Con un’ampollosità tipicamente cinese, la Dichiarazione di Astana ha sottolineato gli sforzi per combattere le "tre forze" del "terrorismo, dell’estremismo e del separatismo". Il summit si è dichiarato a favore di un Afghanistan "neutrale” (ossia, senza base permanenti USA), cosa sostenuta anche dal Presidente afgano Hamid Karzai, anche se gli Stati Uniti stanno proprio in questo momento discutendo con lui per un accordo di collaborazione strategica dopo il 2014. l’eventualità di basi militari permanenti in Afghanistan sta alla base delle odierne tensioni tra USA e Pakistan. L’India ha dichiarato la sua avversione alle tensioni di una "nuova guerra fredda" che sono comparse nella regione.

La Russia e la Cina temono che il progetto statunitense sia quello di installare basi permanenti in Afghanistan e di sviluppare i componenti del suo sistema di difesa missilistico. La riunione della SCO ha condiviso le critiche della Russia sul progetto dello scudo missilistico della NATO che si è già avviato in Europa. Questo progetto, voluto da "una nazione o di un piccolo gruppo di paesi che, unilateralmente e senza alcuna restrizione, per sviluppare un sistema antimissile, potrebbe minacciare la stabilità strategica e la sicurezza internazionale ".

Il summit ha anche richiesto ai vicini dell’Afghanistan di svolgere un ruolo primario nel migliorare la sicurezza e per aiutare a ricostruire l’Afghanistan, rifiutando così una soluzione esclusivamente militare. “È possibile che la SCO si assumerà la responsabilità per molti questioni in Afghanistan dopo il ritiro della coalizione delle forze nel 2014", ha detto il Presidente kazako, Nurusultan Nazarbayev, facendo eco alla richiesta del Presidente russo, Dmitri Medvedev, "per una più intensa e profonda cooperazione tra la SCO e l’Afghanistan".

Sia Pechino che Mosca stanno ripristinando la propria influenza nella zona,la Cina nel settore minerario e tutti e due i paesi nei progetti per le infrastrutture e per la cooperazione con le forze occidentali per combattere il traffico di droga. "L’Afghanistan è stata la ragione principale per cui fu creata dieci anni fa la SCO, ancor prima che l’11 settembre forzasse gli americani a comprenderne la minaccia", ha detto il delegato della Duma, Sergei Markov. "La minaccia di un islamismo radicale esportato nella nostra regione è qualcosa a cui siamo molto familiari. E un risorgere di quella minaccia deve essere una delle preoccupazioni più rilevanti."

Durante la conferenza, l’Ufficio della Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC) ha firmato un accordo con la SCO per promuovere la cooperazione nel combattere il traffico degli stupefacenti, il crimine organizzato, il traffico degli umani e il terrorismo internazionale. Il direttore esecutivo dell’UNODC, Yury Fedotov, ha detto che "le nazioni come il Kazakistan sono sulla linea del fronte del flusso dell’eroina afgana che è diretta in occidente. Le operazioni per contrastare il crimine organizzato e il traffico della droga si stanno sempre più indirizzando verso un approccio cooperativo." L’argomento più urgente è il traffico dell’eroina dall’Afghanistan verso il Tajikistan che si è sviluppato con l’invasione degli Stati Uniti nel 2001.

Il rafforzamento della cooperazione e lo sviluppo economico sono state considerate le "due ruote" della SCO dal Segretario Generale, Zhang Deguang. Il Giornale del Popolo cinese ha evidenziato che "tra le altre mosse concrete da intraprendere c’è la costruzione di una ferrovia, di un’autostrada e di una rete di condotte che colleghino i paesi dell’Asia Centrale senza sbocco sul mare e le sue ricche risorse naturali all’economia globale." Al momento, è ancora in costruzione un sistema di condotte per il gas naturale che poi metterà in comunicazione Iran, Pakistan, India e Cina, aiutando a superare i contrasti tra India e Pakistan e a integrare tutta la regione sulle premesse di interessi condivisi, attentamente supervisionati dalla Cina.

L’Asia Centrale e l’Asia del Sud sono inseparabili e le proposte per l’adesione di India e Pakistan sono state a lungo discusse. Il Presidente del Pakistan, Ali Zardari, si è ripromesso di lavorare con i membri della SCO per raggiungere la pace regionale. Zardari ha affermato che il Pakistan fa parte della regione della SCO e che è intenzionato a cooperare con le altre nazioni per finanziare joint venture nel settore energetico, nelle infrastrutture, nell’educazione, nella scienza e la tecnologia. Ha fatto menzione della nuova apertura del porto a Gwadar, a cui la Cina ha destinato molti finanziamenti come di un utile centro di smistamento per tutta la regione.

La SCO ha rafforzato la cooperazione tra i suoi membri, con le esercitazioni di guerra tra Russia e Cina e, all’inizio di aprile di quest’anno, gli incontri dei capi militari dei paesi membri. Comunque, la SCO è ancora lontana dall’essere un’alleanza militarmente coesa come la NATO. L’ammissione del Pakistan e dell’India, nemici di lunga data, complicherà certamente la cooperazione militare, con il protettore dell’India, la Russia, opposto a quello del Pakistan, la Cina.

La Cina è chiaramente la forza che sta alle spalle della SCO, il polmone che nella regione è economicamente molto più importante di quanto non sia la Russia, ma la volontà comune di tenere lontani gli Stati Uniti è per tutti un sogno. Quale modo migliore per alleggerire le tensioni tra tutti questi rivali se non con le esercitazioni della SCO per rafforzare l’interazione tra le forze armate e i corpi legislativi? Secondo l’opinione di M.K. Bhadrakumar, renderà la "NATO (e la Pax Americana) semplicemente irrilevante per un’enorme estensione di territorio ".

I discorsi prolissi sulla pace, sulla sicurezza e la cooperazione regionale erano indirizzata alla stampa (e a Obama). A porte chiuse, i leader hanno espresso le loro preoccupazioni sull’impatto che la Primavera Araba può avere in tutta la regione, particolarmente negli stati più popolosi dell’Asia Centrale e nella dittatura più aspra, l’Uzbekistan. Il summit della SCO è uno dei pochi eventi internazionali dove il suo leader, Islam Karimov, è ancora un benvenuto.

Un altro argomento della riunione trattato riguarda il modo di unire gli sforzi nella direzione di una moneta unica mondiale, non creata dai banchieri mondiali agli incontri segreti del Bilderberg, ma in modo aperto dalle nazioni centri più popolose e più ricche di risorse che sono presenti nella SCO. Nazarbayev ha sottolineato il bisogno di una forte moneta sovranazionale e ha raccomandato un ritorno a una qualche forma di gold standard. "La SCO lo può fare. Le operazioni swap che abbiamo avviato sono il primo passo. Tutto ciò è necessario per una cooperazione egualitaria all’interno della SCO."

Il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmedinejad, ha dato un po’ di colore al tono dimesso dell’incontro grazie al richiamo rivolto alla SCO di farsi maggiormente carico di un ruolo attivo per contrastare il sistema globale, guidato dagli USA, degli "schiavisti e dei colonizzatori" per poi sostituirlo con uno che sia più giusto. "Chi fra noi [ha avuto un ruolo] nell’età oscura della schiavitù o nella distruzione di centinaia di milioni di esseri umani? Io credo che insieme potremo riformare il modo in cui il mondo è gestito. Potremo restituire la tranquillità al mondo intero."

Il meeting della SCO è arrivato pochi giorni dopo la chiusura della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera, a cui quest’anno ha partecipato il Ministro per gli Affari Esteri, Fu Ying, un riconoscimento del fatto che senza l’approvazione della Cina niente è più possibile nel mondo della finanza. Come la SCO, la sua agenda si dice abbia analizzato quali azioni intraprendere in reazione alla Primavera Araba, ma anche, in modo più sinistro, progetti per censurare Internet, chi scegliere perché diventi il nuovo direttore del FMI, gli ulteriori salvataggi dell’euro e i prezzi in crescita del petrolio.

La Cina, la Russia, il Pakistan e l’India, per non far menzione dell’Iran: la SCO riunisce tutte le più serie minacce ai progetti dell’impero in un unico organismo. Ad eccezione forse della Cina, Bush non ha mai preso sul serio nessuno di questi paesi. Obama sì. Ma finora la SCO ha molto abbaiato, ma non ha di certo morso. Se, nel corso di quest’anno, anche l’India e il Pakistan verranno ammessi e se gli swaps denominati non in dollari raggiungeranno una massa critica, il Bilderberg farà bene a mettere la SCO e cosa farne in cima al prossimo ordine del giorno.

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Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25359

di Eric Walberg

26 giugno 2011

Il mercato non ci sta dicendo la verità






Recentemente sul sito del prestigioso Worldwatch Institute, nella sua parte specifica dedicata ai "Vital Signs. Global Trends that Shape Our Future" (ricordo che il Worldwatch, oltre al famoso rapporto annuale "State of the World", pubblica anche il rapporto annuale sui "Vital Signs" I trend globali che modellano il nostro futuro, vedasi http://vitalsigns.worldwatch.org) è apparsa la notizia che le persone in sovrappeso nel mondo hanno raggiunto, nel 2010, la cifra di un miliardo e 934 milioni (mentre nel 2002 erano un miliardo e 454 milioni). Circa il 23% del dato del 2002 era attribuibile a individui di età intorno ai 15 anni o poco più mentre questo dato, nel 2010, ha raggiunto la percentuale del 38%. L'incremento per gli adulti in questi ultimi otto anni è stato invece dell'11%.

Si tratta di un ulteriore dato sconcertante di questo mondo francamente sempre più indescrivibile con il buon senso. Sappiamo contestualmente, dai dati Fao nei rapporti sullo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo, che il numero di denutriti sulla Terra si aggira, da qualche anno, intorno al miliardo di persone, e potrebbe risultare nuovamente in incremento nel 2010 a causa soprattutto degli effetti provocati degli sbalzi dei prezzi delle commodities alimentari di base sui mercati internazionali.

I decisori politici ed economici continuano imperterriti a ragionare con una vecchia visione di semplice relazioni causa-effetto e quindi con la solita litania del tipo "siccome si incrementa la domanda di beni di consumo, perché vi è incremento di popolazione e di consumi, ergo bisogna incrementare l'offerta". Ancora nel World Food Summit 2009 la Fao dichiarava la necessità di incrementare la produzione alimentare mondiale per fare fronte alle esigenze di una popolazione in crescita, alle esigenze dei denutriti del pianeta ed alla crescita dei consumi. Fortunatamente quest'anno la Fao stessa ha commissionato un ottimo studio sulla perdita di cibo nelle filiere alimentari mondiali e sul cibo letteralmente "buttato via" da noi abitanti dei paesi ricchi e ne è uscito fuori un dato terribile.

Ogni anno nel mondo si perdono un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi buttano via una quantità di cibo, stimato in 222 milioni di tonnellate comparabile all'intera produzione alimentare dell'Africa sub-sahariana, calcolata in 230 milioni di tonnellate (il documento "Global Food Losses and Food Waste" è rintracciabile sul sito della FAO, www.fao.org ).

Come ci hanno indicato gli studi di Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell'Università di Bologna, inventore del Last Minute Market, e del suo gruppo (vedasi il sito www.lastminutemarket.it) in Italia si buttano via oltre 20 milioni di tonnellate di cibo l'anno.

Il perverso meccanismo della crescita economica materiale e quantitativa è realmente giunto al capolinea. Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute, creatore degli Stati of the World e dei Vital Signs, fondatore e presidente dell'Earth Policy Institute, uno dei più noti analisti interdisciplinari della sostenibilità, ha scritto nel suo ultimo libro "World on the Edge" riflessioni molto interessanti in proposito. Sto curando l'edizione italiana di questo volume che uscirà tra qualche mese pubblicato dalle Edizioni Ambiente.

Brown scrive: «Nessuna civiltà del passato è sopravvissuta alla costante distruzione dei propri supporti naturali, né potrà sopravvivervi la nostra, ma nonostante ciò gli economisti guardano al futuro in modo diverso. Basandosi su dati esclusivamente economici per misurare il progresso, essi concepiscono la crescita di quasi dieci volte dell'economia mondiale dal 1950 ad oggi e il conseguente miglioramento degli standard di vita come il risultato più alto della nostra civiltà moderna. In questo arco di tempo il reddito medio pro capite nel mondo è aumentato di circa 4 volte, portando i nostri standard di vita a livelli prima d'ora inimmaginabili. Un secolo fa la crescita annuale dell'economia mondiale si misurava in miliardi di dollari; ora si misura in migliaia di miliardi. Agli occhi degli economisti tradizionali il mondo non ha solamente un illustre passato economico, ma ha anche davanti a sé un futuro promettente».

Brown sottolinea come : «Gli economisti tradizionali vedono la recessione economica globale del 2008-09 e il quasi collasso del sistema finanziario internazionale come un ostacolo lungo il cammino, seppure un ostacolo di dimensioni fuori dal comune, a cui seguirà un ritorno alla crescita abituale. Le previsioni per la crescita economica, che siano quelle della Banca Mondiale, della Goldman Sachs o della Deutsche Bank parlano di una crescita dell'economia globale di circa il 3% annuo; di questo passo le dimensioni dell'economia del 2010 potrebbero facilmente raddoppiare entro il 2035. Secondo queste previsioni la crescita economica nei decenni a venire sarà più o meno un'estrapolazione della crescita dei decenni recenti. Ma come siamo finiti in questo pasticcio? La nostra economia globale di mercato così come è attualmente gestita si trova in difficoltà. Il mercato sa fare bene molte cose e ripartisce le risorse con un'efficienza che nessun tipo di pianificazione centralizzata potrebbe immaginare, e tantomeno raggiungere. Ma mentre nel corso dell'ultimo secolo l'economia mondiale cresceva di almeno 20 volte, ne è venuto alla luce un difetto: un difetto così importante che porterà alla fine della civiltà così come la conosciamo se non riusciremo a correggerlo in tempo».

Qui Lester Brown solleva un problema ben noto a tutti coloro che da anni si occupano delle problematiche della sostenibilità. Il mercato, che determina i prezzi, purtroppo non ci sta dicendo la verità. Sta omettendo i costi indiretti, che in alcuni casi sono attualmente di gran lunga superiori ai costi diretti. Anche in questo volume come nei suoi recenti "Piani B" (tre dei quattro "Piani B" sono stati pubblicati sempre da Edizioni Ambiente) Brown fa l'esempio della benzina. Estrarre il petrolio, raffinarlo per trasformarlo in benzina e consegnarlo alle stazioni di servizio americane può costare all'incirca 3 dollari al gallone (un gallone equivale a 3,79 litri). I costi indiretti, che includono i cambiamenti climatici, il trattamento delle malattie respiratorie, le perdite degli oleodotti, la presenza militare statunitense in Medio Oriente per assicurare l'accesso al petrolio, portano a un totale di 12 dollari al gallone. Calcoli simili possono essere fatti per il carbone e per tante altre risorse utilizzate indiscriminatamente.

Ecco quindi il punto centrale: con i nostri sistemi di contabilità inganniamo noi stessi. Non tenere conto di costi così elevati è una ricetta per arrivare alla bancarotta. I trend ambientali sono i principali indicatori che possono dirci quale sarà il futuro dell'economia e in'ultima analisi della società stessa. L'abbassamento del livello delle falde acquifere di oggi ci avverte dell'aumento dei prezzi del cibo di domani. La riduzione delle calotte polari è il preludio al crollo del valore delle proprietà immobiliari lungo le coste.

Oltre a ciò, ricorda ancora Brown, gli economisti tradizionali prestano poca attenzione al limite della produzione dei sistemi naturali del pianeta. Il pensiero economico moderno e la politica hanno creato un sistema economico che è così poco in sintonia con gli ecosistemi dai quali dipende che si sta avvicinando al collasso. Come possiamo dare per scontato che la crescita di un sistema economico che sta distruggendo le foreste della terra, ne sta erodendo il suo suolo, esaurendo le risorse idriche, portando al collasso le risorse ittiche, aumentando la temperatura e fondendo le calotte glaciali possa semplicemente venire proiettata sul futuro a lungo termine? Qual è il processo intellettuale che sta alla base di queste estrapolazioni?

Lester Brown fa poi una considerazione molto interessante che ha più volte ricordato nei suoi interessanti volumi. A suo parere oggi nell'economia stiamo affrontando una situazione simile a quella dell'astronomia quando Copernico arrivò sulla scena, quando si credeva che il sole ruotasse intorno alla terra. Così come Copernico dovette formulare una nuova visione astronomica del mondo dopo molti decenni di osservazione del cielo e di calcoli matematici, anche noi dobbiamo formulare una nuova visione economica del mondo basata su molti decenni di osservazioni e analisi ambientali.

I resoconti archeologici indicano che il collasso di una civiltà non arriva in modo improvviso; gli archeologi che hanno analizzato le civiltà del passato parlano di uno scenario di declino e collasso, in cui il collasso economico e sociale fu quasi sempre preceduto da un periodo di declino ambientale. Abbiamo bisogno veramente di cambiare rotta e prima siamo in grado di farlo meglio è.

di Gianfranco Bologna

25 giugno 2011

Le porno mamme





Speravamo che almeno questo ci sarebbe stato risparmiato: lo sfruttamento pornografico della maternità; e invece no, bisogna bere l’amaro calice sino alla feccia.
Eravamo ormai abituati a tutto: a qualsiasi esibizionismo, a qualsiasi narcisismo, a qualsiasi sfrontatezza: pur di conquistare un angolino di visibilità, pur di fare soldi, le persone ormai non hanno più vergogna di niente, non c’è niente che non farebbero.
Le neo mamme, in particolare, ci avevano abituati - ammesso che a certe cose si possa fare davvero l’abitudine -, complici gli stilisti e i soliti giornalisti mondani, alla loro smania di farsi immortalare dallo scatto della macchina fotografica; dalla loro fregola di non rinunciare alle prime pagine dei rotocalchi mondani, nemmeno per quei pochi mesi in cui la gravidanza è ben visibile e le donne d’un tempo se ne stavano un poco in disparte, avvolgendosi in un alone di pudore e di mistero che tutti, istintivamente, sentivano come fosse giusto rispettare.
Anche lo sfruttamento dei propri bambini piccoli, per strappare l’attenzione del fotografo dei vip e conquistare una copertina sul settimanale di grande tiratura, era divenuto un fatto ormai quasi normale; e tanto valeva rassegnarvisi, sia pure con molte perplessità.
Ma adesso è caduta anche l’ultima frontiera: quella della pancia.
La pancia di una donna al sesto mese di gravidanza, al settimo, all’ottavo, dovrebbe avere qualcosa di sacro; qualcosa che va preservato dalla curiosità altrui, perché appartiene a una dimensione talmente intima, talmente delicata, talmente misteriosa, che solo un barbaro potrebbe considerare solo e unicamente dal punto di vista fisiologico o, peggio, estetico.
Eppure no; anche quest’ultimo passo è stato fatto.
Ed è stato fatto proprio da loro, dalle donne incinte, fiere e contente di poter esibire il proprio pancione, ovviamente nudo e scoperto, altrimenti che gusto ci sarebbe: per épater les bourgeois, a che cosa servirebbe un pancione debitamente vestito e coperto?
E allora via, su la maglietta, giù i calzoni; oppure, meglio ancora, via tutti i vestiti e al mare di corsa, in costume da bagno, in bikini, si capisce: tanto più se, come la bella trentatreenne Alena Seredova, oltre che modelle famose, si è pure stiliste di moda e si tratta di reclamizzare, in giro per il mondo, la propria linea di costumi da bagno, usando se stesse e il proprio pancione come arma vincente per sbaragliare la concorrenza.
Se, poi, si è delle cantanti ormai un po’ stagionate, come la cinquantaquattrenne Gianna Nannini, ma pur sempre avide di notorietà e di successo, si può sempre esibire il pancione sulla copertina di «Vanity Fair» o, meglio ancora, sulla copertina del proprio ultimo disco, dedicato, chi l’avrebbe detto, al dolce bebé che sta per venire al mondo: che cosa c’è di male a mostrare il pancione, se è un fatto così naturale? Strano, pare abbia dichiarato l’ineffabile regina del rock italico, sarebbe tenerlo nascosto, facendo finta che non ci fosse.
E allora, giacca di pelle e pancione al vento, alé, il gioco è fatto: la piccola Penelope vuol venire al mondo e, nel frattempo, che male c’è a farsi un po’ di réclame, sfruttando la “dolce attesa”? L’importante è difendere il sacro diritto alla libertà, parola magica che agisce come un infallibile passe-partout e che dischiude ogni porta, anche quella più ben difesa, nella cittadella della cultura contemporanea.
Infatti, intervistata dal settimanale «Tv Sorrisi e canzoni», l’artista senese ha reagito alle critiche relative alla sua maternità in età avanzata, affermando spavaldamente: «All’improvviso tutti si sono dimenticati della libertà e del diritto che ha ciascuno di noi di fare quello che vuole, quando e con chi vuole».
Giusto; anche se non si sa chi sia il padre; anche se la persona in questione si è sempre vantata della sua doppia identità sessuale; anche se si sono allegramente passati i cinquant’anni e c’è chi dice che sono almeno cinquantasei: abbiamo combattuto per la libertà, sì o no?
Come del resto ha fatto l’ultrasessantenne Elton John, il quale, omosessuale dichiarato com’è, e pure lui alquanto stagionato, non ha voluto negarsi le gioie della paternità, ordinando un figlio in provetta, insieme al suo compagno David Furnish: perché, come dice la nostra Gianna nazionale, «dove c’è amore, c’è famiglia, non importa come essa sia composta».
Buono a sapersi, ne prendiamo nota: c’è sempre qualcosa da imparare.
Intanto, pecunia non olet, perché non pensare un poco anche al portafoglio e unire l’utile al dilettevole, costruendoci sopra un bel disco intitolato, ovviamente, «Io e te»; si capisce, col pancione scoperto, perché sia ben chiaro chi sia il “te”?
Ora, la cosa che dà da pensare non è tanto che personaggi del mondo dello spettacolo sfruttino a più non posso la ghiotta occasione della maternità, che fa tanta tenerezza e rende tutti più buoni, per sparare sul mercato i loro prodotti, siano essi costumi da bagno o canzoni; ma il fatto che la tendenza è passata dai vip alle persone comuni, alle mamme qualunque, invadendo, per così dire, l’immaginario collettivo e trasformando in pornografia di massa ciò che, prima, era “soltanto” pornografia d’élite.
Questo non è più soltanto un fatto di rilevanza sociologica: è indice di una vera e propria mutazione antropologica e segna, forse, un punto di non ritorno.
Le ragioni di tale mutazione sono diverse, ma due spiccano su tutte le altre: il principio d’imitazione, tipico della società dell’apparire; e il democraticismo d’accatto, per cui tutti si ritengono uguali a tutti e in diritto di fare le stesse idiozie, in alto come in basso nella piramide sociale (finché si tratta di cose che non turbino l’ordine costituito).
Questa seconda ragione, poi, si sposa con il radicalismo e il libertarismo esasperato e con quella punta di esibizionismo che giace in fondo ad ognuno di noi e che, nella società di massa, trova le condizioni ideali per venir fuori e scandalizzare il prossimo, senza però scandalizzarlo troppo, perché in una società scandalistica, dove ciascuno si sforza di scandalizzare tutti, va a finire che non si scandalizza più nessuno.
Il che è tranquillizzante, per il piccolo borghese meschino che dorme, anch’esso, nelle profondità della nostra anima: perché si vuole, sì, scandalizzare gli altri, ma insomma senza compromettersi troppo; si vuole essere originali, ma senza scostarsi troppo dai binari precostituiti; si vuole essere eccezionali, ma «adelante Pedro, con juicio», non troppo eccezionali, diciamo degli eccezionali di massa, come lo sono un poco tutti gli altri, se appena ne hanno il desiderio.
Ed ecco, tra i numerosi altri che appartengono alla stessa radice socioculturale, il nuovo fenomeno antropologico delle porno mamme.
Si tratta, probabilmente, del punto più basso toccato dalla volgarità di questa deriva post-moderna, che ha visto il naufragio irrimediabile di tutti i valori, di tutte le certezze e, oltre che del comune senso del pudore, anche del puro e semplice buon gusto; qualcosa di molto simile alla blasfemia, al sacrilegio.
Perché ci stavamo abituando a tutto, anche alle porno mogli: quelle simpatiche donne sposate che se ne vanno attorno, sotto lo sguardo compiaciuto dei mariti, a provocare i maschi a destra e a manca, esibendo un abbigliamento minuscolo e, più ancora, un modo di fare che non la cede in nulla a quello delle battone professioniste che infestano i nostri viali di periferia, dal tramonto sino alle prime luci dell’alba.
Ma la maternità… quella, è un’altra cosa.
Perché la maternità è un mistero sacro: e chi non lo sente istintivamente, come lo hanno sentito migliaia di generazioni umane, dai primordi ad oggi, vuol dire che è un barbaro, un alieno, un individuo non del tutto umano.
Ci sono cose sulle quali è lecito scherzare, nelle quali è lecito esagerare, rispetto alle quali è lecito fare dell’ironia; ed altre, poche altre, in verità, che non ammettono nessuna di queste cose, perché hanno in se stesse un elemento sacro e trascendente.
La maternità è una di queste ultime; e, prima che la pazzia femminista incominciasse a soffiare sul mondo, sia le donne che gli uomini ne erano perfettamente consapevoli, né le prime pensavano che tale sacralità fosse un’astuzia escogitata dai secondi, per tenerle imprigionate nel ruolo subalterno di figlie-mogli-madri, con la comoda scusante del mistero.
No: nelle società pre-moderne, ove non tutto è quantificabile, manipolabile, commercializzabile, la maternità era un evento sacro e misterioso, perché non era un evento puramente umano, pianificato (orribile verbo) in vista di una programmazione familiare, ma sovrumano, anzi, divino: era un dire sì alla vita, di cui non siamo noi gli artefici, ma i semplici esecutori; non i padroni assoluti, ma dei volonterosi operai.
Poi è venuto l’orgoglio dell’ego, la nevrosi della potenza e del dominio, l’arroganza dell’uomo che si fa Dio di se stesso, che vuol essere misura di tutte le cose e artefice sommo e insindacabile di qualsiasi manipolazione, di qualsiasi stravolgimento dell’ordine naturale.
Da quando gli uomini moderni hanno cominciato a dire “io”, separando tale concetto da Dio e dal mondo, si sono create le premesse per tutti gli abusi, per tutti gli eccessi, per tutte le degenerazioni del potere individuale e (letteralmente) egoistico: l’espressione «la vita è mia, e ne faccio quel che voglio io», ne è la logica e inevitabile conseguenza.
Una ulteriore conseguenza è che «nessuno mi può giudicare»: sto esercitando un mio diritto, il diritto alla libertà; e chi pretende di porvi dei limiti, dei paletti, dei confini, non può essere che un reazionario, un fascista, un razzista.
L’uomo moderno non pensa più, da Francesco Bacone in poi, che vi siano delle cose fattibili, ma non meritevoli di essere fatte: tutto ciò che si può fare, beninteso per ottenere un vantaggio materiale, va messo in pratica “ipso facto”, seduta stante, senza stare tanto a pensarci sopra; e bando agli scrupoli, ai ritegni, alle remore morali di qualsiasi genere.
Nel Medioevo, per esempio, la dissezione dei cadaveri era una pratica inammissibile e, dunque, severamente interdetta: e non perché le conoscenze anatomiche dell’epoca fossero così rudimentali da renderla troppo difficoltosa, ma per una ragione completamente diversa, e cioè perché tale pratica sarebbe stata considerata un sacrilegio.
Poi, a partire dalla cosiddetta Rivoluzione scientifica del XVII secolo, le frontiere tra lecito e illecito si sono sempre più allargate, fino al punto che oggi, in pratica, non esistono più: si possono clonare piante, animali ed esseri umani; si possono prenotare bambini in provetta, scegliendone i caratteri somatici; si possono creare esseri mostruosi in laboratorio, mescolando il patrimonio genetico di specie diverse: e lo si sta realmente facendo.
Le radici della follia, della bruttezza e della volgarità oggi imperanti, sono tutte qui: per cui, se ci spostiamo dal terreno delicatissimo della bio-ingegneria a quello, in confronto assai frivolo, del ventre femminile gravido esibito nella sua nudità e sbattuto sulle copertine dei giornali, ci rendiamo conto che entrambi i fenomeni hanno una stessa origine.
Del resto, non andavano predicando le militanti femministe, nei loro cortei di qualche decennio fa, che «l’utero è mio e ne faccio quello che voglio io», alludendo esplicitamente alla piena e incondizionata libertà di abortire?
E non accompagnavano forse questo slogan con il gesto, intollerabilmente osceno e sfrontato, di alzare le braccia e di unire le dita delle mani, in modo da simulare la forma dei genitali esterni femminili?
Se il presente è figlio del passato, noi siamo figli e nipoti di quella generazione e non c’è nulla, oggi, di cui ci si dovrebbe meravigliare, nella esibizione del pancione scoperto da parte di tante donne in avanzato stato di gravidanza; nel frattempo, le case di abbigliamento si sono attrezzate e hanno trovato il modo di fare un bel mucchio di quattrini, come sempre, anche su quest’ultimo vezzo pseudo libertario delle aspiranti genitrici.
«O liberté, que de crimes on commet en ton nom!» («Libertà, quanti crimini si commettono in tuo nome!»), esclamò Madame Roland mentre, nel 1793, si apprestava a salire i gradini della ghigliottina, nel cui canestro avrebbe lasciato la testa.
Ma si potrebbe anche aggiungere, meno drammaticamente, però con altrettanta verità: «Libertà, quante sciocchezze e quante volgarità si compiono nel tuo nome»; e lo si potrebbe dire, crediamo, con pieno diritto, specialmente in questi nostri giorni di tranquilla, ordinaria follia.
di Francesco Lamendola

27 giugno 2011

Dove vengono prese le decisioni internazionali determinanti?



Mentre l’élite occidentali si riunivano nella pittoresca St. Moritz per decidere sulla crisi mondiale, gli outsider si sono incontrati nelle steppe desolate dell’Asia Centrale.

La scorsa settimana il decimo summit della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) nella capitale kazaka, Astana, ha evidenziato come i più grandi rivali dell’impero, guidati da Russia e Cina, stanno cercando di plasmare un’alternativa all’egemonia degli Stati Uniti.


La SCO è l’unica grande organizzazione internazionale che non ha tra i suoi membri gli USA o uno qualsiasi dei suoi stretti alleati, e la sua influenza è sempre più forte in tutta l’Eurasia. I leader degli stati membri, Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan si sono incontrati con i leader dei paesi osservatori, Iran, Pakistan, India, Afghanistan e Mongolia. La Bielorussia e lo Sri Lanka sono stati ammessi come partner al dialogo e prima del suo arrivo a Astana per frequentare la riunione, il Presidente cinese, Hu Jintao, ha visitato l’Ucraina.

Con un’ampollosità tipicamente cinese, la Dichiarazione di Astana ha sottolineato gli sforzi per combattere le "tre forze" del "terrorismo, dell’estremismo e del separatismo". Il summit si è dichiarato a favore di un Afghanistan "neutrale” (ossia, senza base permanenti USA), cosa sostenuta anche dal Presidente afgano Hamid Karzai, anche se gli Stati Uniti stanno proprio in questo momento discutendo con lui per un accordo di collaborazione strategica dopo il 2014. l’eventualità di basi militari permanenti in Afghanistan sta alla base delle odierne tensioni tra USA e Pakistan. L’India ha dichiarato la sua avversione alle tensioni di una "nuova guerra fredda" che sono comparse nella regione.

La Russia e la Cina temono che il progetto statunitense sia quello di installare basi permanenti in Afghanistan e di sviluppare i componenti del suo sistema di difesa missilistico. La riunione della SCO ha condiviso le critiche della Russia sul progetto dello scudo missilistico della NATO che si è già avviato in Europa. Questo progetto, voluto da "una nazione o di un piccolo gruppo di paesi che, unilateralmente e senza alcuna restrizione, per sviluppare un sistema antimissile, potrebbe minacciare la stabilità strategica e la sicurezza internazionale ".

Il summit ha anche richiesto ai vicini dell’Afghanistan di svolgere un ruolo primario nel migliorare la sicurezza e per aiutare a ricostruire l’Afghanistan, rifiutando così una soluzione esclusivamente militare. “È possibile che la SCO si assumerà la responsabilità per molti questioni in Afghanistan dopo il ritiro della coalizione delle forze nel 2014", ha detto il Presidente kazako, Nurusultan Nazarbayev, facendo eco alla richiesta del Presidente russo, Dmitri Medvedev, "per una più intensa e profonda cooperazione tra la SCO e l’Afghanistan".

Sia Pechino che Mosca stanno ripristinando la propria influenza nella zona,la Cina nel settore minerario e tutti e due i paesi nei progetti per le infrastrutture e per la cooperazione con le forze occidentali per combattere il traffico di droga. "L’Afghanistan è stata la ragione principale per cui fu creata dieci anni fa la SCO, ancor prima che l’11 settembre forzasse gli americani a comprenderne la minaccia", ha detto il delegato della Duma, Sergei Markov. "La minaccia di un islamismo radicale esportato nella nostra regione è qualcosa a cui siamo molto familiari. E un risorgere di quella minaccia deve essere una delle preoccupazioni più rilevanti."

Durante la conferenza, l’Ufficio della Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC) ha firmato un accordo con la SCO per promuovere la cooperazione nel combattere il traffico degli stupefacenti, il crimine organizzato, il traffico degli umani e il terrorismo internazionale. Il direttore esecutivo dell’UNODC, Yury Fedotov, ha detto che "le nazioni come il Kazakistan sono sulla linea del fronte del flusso dell’eroina afgana che è diretta in occidente. Le operazioni per contrastare il crimine organizzato e il traffico della droga si stanno sempre più indirizzando verso un approccio cooperativo." L’argomento più urgente è il traffico dell’eroina dall’Afghanistan verso il Tajikistan che si è sviluppato con l’invasione degli Stati Uniti nel 2001.

Il rafforzamento della cooperazione e lo sviluppo economico sono state considerate le "due ruote" della SCO dal Segretario Generale, Zhang Deguang. Il Giornale del Popolo cinese ha evidenziato che "tra le altre mosse concrete da intraprendere c’è la costruzione di una ferrovia, di un’autostrada e di una rete di condotte che colleghino i paesi dell’Asia Centrale senza sbocco sul mare e le sue ricche risorse naturali all’economia globale." Al momento, è ancora in costruzione un sistema di condotte per il gas naturale che poi metterà in comunicazione Iran, Pakistan, India e Cina, aiutando a superare i contrasti tra India e Pakistan e a integrare tutta la regione sulle premesse di interessi condivisi, attentamente supervisionati dalla Cina.

L’Asia Centrale e l’Asia del Sud sono inseparabili e le proposte per l’adesione di India e Pakistan sono state a lungo discusse. Il Presidente del Pakistan, Ali Zardari, si è ripromesso di lavorare con i membri della SCO per raggiungere la pace regionale. Zardari ha affermato che il Pakistan fa parte della regione della SCO e che è intenzionato a cooperare con le altre nazioni per finanziare joint venture nel settore energetico, nelle infrastrutture, nell’educazione, nella scienza e la tecnologia. Ha fatto menzione della nuova apertura del porto a Gwadar, a cui la Cina ha destinato molti finanziamenti come di un utile centro di smistamento per tutta la regione.

La SCO ha rafforzato la cooperazione tra i suoi membri, con le esercitazioni di guerra tra Russia e Cina e, all’inizio di aprile di quest’anno, gli incontri dei capi militari dei paesi membri. Comunque, la SCO è ancora lontana dall’essere un’alleanza militarmente coesa come la NATO. L’ammissione del Pakistan e dell’India, nemici di lunga data, complicherà certamente la cooperazione militare, con il protettore dell’India, la Russia, opposto a quello del Pakistan, la Cina.

La Cina è chiaramente la forza che sta alle spalle della SCO, il polmone che nella regione è economicamente molto più importante di quanto non sia la Russia, ma la volontà comune di tenere lontani gli Stati Uniti è per tutti un sogno. Quale modo migliore per alleggerire le tensioni tra tutti questi rivali se non con le esercitazioni della SCO per rafforzare l’interazione tra le forze armate e i corpi legislativi? Secondo l’opinione di M.K. Bhadrakumar, renderà la "NATO (e la Pax Americana) semplicemente irrilevante per un’enorme estensione di territorio ".

I discorsi prolissi sulla pace, sulla sicurezza e la cooperazione regionale erano indirizzata alla stampa (e a Obama). A porte chiuse, i leader hanno espresso le loro preoccupazioni sull’impatto che la Primavera Araba può avere in tutta la regione, particolarmente negli stati più popolosi dell’Asia Centrale e nella dittatura più aspra, l’Uzbekistan. Il summit della SCO è uno dei pochi eventi internazionali dove il suo leader, Islam Karimov, è ancora un benvenuto.

Un altro argomento della riunione trattato riguarda il modo di unire gli sforzi nella direzione di una moneta unica mondiale, non creata dai banchieri mondiali agli incontri segreti del Bilderberg, ma in modo aperto dalle nazioni centri più popolose e più ricche di risorse che sono presenti nella SCO. Nazarbayev ha sottolineato il bisogno di una forte moneta sovranazionale e ha raccomandato un ritorno a una qualche forma di gold standard. "La SCO lo può fare. Le operazioni swap che abbiamo avviato sono il primo passo. Tutto ciò è necessario per una cooperazione egualitaria all’interno della SCO."

Il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmedinejad, ha dato un po’ di colore al tono dimesso dell’incontro grazie al richiamo rivolto alla SCO di farsi maggiormente carico di un ruolo attivo per contrastare il sistema globale, guidato dagli USA, degli "schiavisti e dei colonizzatori" per poi sostituirlo con uno che sia più giusto. "Chi fra noi [ha avuto un ruolo] nell’età oscura della schiavitù o nella distruzione di centinaia di milioni di esseri umani? Io credo che insieme potremo riformare il modo in cui il mondo è gestito. Potremo restituire la tranquillità al mondo intero."

Il meeting della SCO è arrivato pochi giorni dopo la chiusura della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera, a cui quest’anno ha partecipato il Ministro per gli Affari Esteri, Fu Ying, un riconoscimento del fatto che senza l’approvazione della Cina niente è più possibile nel mondo della finanza. Come la SCO, la sua agenda si dice abbia analizzato quali azioni intraprendere in reazione alla Primavera Araba, ma anche, in modo più sinistro, progetti per censurare Internet, chi scegliere perché diventi il nuovo direttore del FMI, gli ulteriori salvataggi dell’euro e i prezzi in crescita del petrolio.

La Cina, la Russia, il Pakistan e l’India, per non far menzione dell’Iran: la SCO riunisce tutte le più serie minacce ai progetti dell’impero in un unico organismo. Ad eccezione forse della Cina, Bush non ha mai preso sul serio nessuno di questi paesi. Obama sì. Ma finora la SCO ha molto abbaiato, ma non ha di certo morso. Se, nel corso di quest’anno, anche l’India e il Pakistan verranno ammessi e se gli swaps denominati non in dollari raggiungeranno una massa critica, il Bilderberg farà bene a mettere la SCO e cosa farne in cima al prossimo ordine del giorno.

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Fonte: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25359

di Eric Walberg

26 giugno 2011

Il mercato non ci sta dicendo la verità






Recentemente sul sito del prestigioso Worldwatch Institute, nella sua parte specifica dedicata ai "Vital Signs. Global Trends that Shape Our Future" (ricordo che il Worldwatch, oltre al famoso rapporto annuale "State of the World", pubblica anche il rapporto annuale sui "Vital Signs" I trend globali che modellano il nostro futuro, vedasi http://vitalsigns.worldwatch.org) è apparsa la notizia che le persone in sovrappeso nel mondo hanno raggiunto, nel 2010, la cifra di un miliardo e 934 milioni (mentre nel 2002 erano un miliardo e 454 milioni). Circa il 23% del dato del 2002 era attribuibile a individui di età intorno ai 15 anni o poco più mentre questo dato, nel 2010, ha raggiunto la percentuale del 38%. L'incremento per gli adulti in questi ultimi otto anni è stato invece dell'11%.

Si tratta di un ulteriore dato sconcertante di questo mondo francamente sempre più indescrivibile con il buon senso. Sappiamo contestualmente, dai dati Fao nei rapporti sullo stato dell'insicurezza alimentare nel mondo, che il numero di denutriti sulla Terra si aggira, da qualche anno, intorno al miliardo di persone, e potrebbe risultare nuovamente in incremento nel 2010 a causa soprattutto degli effetti provocati degli sbalzi dei prezzi delle commodities alimentari di base sui mercati internazionali.

I decisori politici ed economici continuano imperterriti a ragionare con una vecchia visione di semplice relazioni causa-effetto e quindi con la solita litania del tipo "siccome si incrementa la domanda di beni di consumo, perché vi è incremento di popolazione e di consumi, ergo bisogna incrementare l'offerta". Ancora nel World Food Summit 2009 la Fao dichiarava la necessità di incrementare la produzione alimentare mondiale per fare fronte alle esigenze di una popolazione in crescita, alle esigenze dei denutriti del pianeta ed alla crescita dei consumi. Fortunatamente quest'anno la Fao stessa ha commissionato un ottimo studio sulla perdita di cibo nelle filiere alimentari mondiali e sul cibo letteralmente "buttato via" da noi abitanti dei paesi ricchi e ne è uscito fuori un dato terribile.

Ogni anno nel mondo si perdono un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi buttano via una quantità di cibo, stimato in 222 milioni di tonnellate comparabile all'intera produzione alimentare dell'Africa sub-sahariana, calcolata in 230 milioni di tonnellate (il documento "Global Food Losses and Food Waste" è rintracciabile sul sito della FAO, www.fao.org ).

Come ci hanno indicato gli studi di Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell'Università di Bologna, inventore del Last Minute Market, e del suo gruppo (vedasi il sito www.lastminutemarket.it) in Italia si buttano via oltre 20 milioni di tonnellate di cibo l'anno.

Il perverso meccanismo della crescita economica materiale e quantitativa è realmente giunto al capolinea. Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute, creatore degli Stati of the World e dei Vital Signs, fondatore e presidente dell'Earth Policy Institute, uno dei più noti analisti interdisciplinari della sostenibilità, ha scritto nel suo ultimo libro "World on the Edge" riflessioni molto interessanti in proposito. Sto curando l'edizione italiana di questo volume che uscirà tra qualche mese pubblicato dalle Edizioni Ambiente.

Brown scrive: «Nessuna civiltà del passato è sopravvissuta alla costante distruzione dei propri supporti naturali, né potrà sopravvivervi la nostra, ma nonostante ciò gli economisti guardano al futuro in modo diverso. Basandosi su dati esclusivamente economici per misurare il progresso, essi concepiscono la crescita di quasi dieci volte dell'economia mondiale dal 1950 ad oggi e il conseguente miglioramento degli standard di vita come il risultato più alto della nostra civiltà moderna. In questo arco di tempo il reddito medio pro capite nel mondo è aumentato di circa 4 volte, portando i nostri standard di vita a livelli prima d'ora inimmaginabili. Un secolo fa la crescita annuale dell'economia mondiale si misurava in miliardi di dollari; ora si misura in migliaia di miliardi. Agli occhi degli economisti tradizionali il mondo non ha solamente un illustre passato economico, ma ha anche davanti a sé un futuro promettente».

Brown sottolinea come : «Gli economisti tradizionali vedono la recessione economica globale del 2008-09 e il quasi collasso del sistema finanziario internazionale come un ostacolo lungo il cammino, seppure un ostacolo di dimensioni fuori dal comune, a cui seguirà un ritorno alla crescita abituale. Le previsioni per la crescita economica, che siano quelle della Banca Mondiale, della Goldman Sachs o della Deutsche Bank parlano di una crescita dell'economia globale di circa il 3% annuo; di questo passo le dimensioni dell'economia del 2010 potrebbero facilmente raddoppiare entro il 2035. Secondo queste previsioni la crescita economica nei decenni a venire sarà più o meno un'estrapolazione della crescita dei decenni recenti. Ma come siamo finiti in questo pasticcio? La nostra economia globale di mercato così come è attualmente gestita si trova in difficoltà. Il mercato sa fare bene molte cose e ripartisce le risorse con un'efficienza che nessun tipo di pianificazione centralizzata potrebbe immaginare, e tantomeno raggiungere. Ma mentre nel corso dell'ultimo secolo l'economia mondiale cresceva di almeno 20 volte, ne è venuto alla luce un difetto: un difetto così importante che porterà alla fine della civiltà così come la conosciamo se non riusciremo a correggerlo in tempo».

Qui Lester Brown solleva un problema ben noto a tutti coloro che da anni si occupano delle problematiche della sostenibilità. Il mercato, che determina i prezzi, purtroppo non ci sta dicendo la verità. Sta omettendo i costi indiretti, che in alcuni casi sono attualmente di gran lunga superiori ai costi diretti. Anche in questo volume come nei suoi recenti "Piani B" (tre dei quattro "Piani B" sono stati pubblicati sempre da Edizioni Ambiente) Brown fa l'esempio della benzina. Estrarre il petrolio, raffinarlo per trasformarlo in benzina e consegnarlo alle stazioni di servizio americane può costare all'incirca 3 dollari al gallone (un gallone equivale a 3,79 litri). I costi indiretti, che includono i cambiamenti climatici, il trattamento delle malattie respiratorie, le perdite degli oleodotti, la presenza militare statunitense in Medio Oriente per assicurare l'accesso al petrolio, portano a un totale di 12 dollari al gallone. Calcoli simili possono essere fatti per il carbone e per tante altre risorse utilizzate indiscriminatamente.

Ecco quindi il punto centrale: con i nostri sistemi di contabilità inganniamo noi stessi. Non tenere conto di costi così elevati è una ricetta per arrivare alla bancarotta. I trend ambientali sono i principali indicatori che possono dirci quale sarà il futuro dell'economia e in'ultima analisi della società stessa. L'abbassamento del livello delle falde acquifere di oggi ci avverte dell'aumento dei prezzi del cibo di domani. La riduzione delle calotte polari è il preludio al crollo del valore delle proprietà immobiliari lungo le coste.

Oltre a ciò, ricorda ancora Brown, gli economisti tradizionali prestano poca attenzione al limite della produzione dei sistemi naturali del pianeta. Il pensiero economico moderno e la politica hanno creato un sistema economico che è così poco in sintonia con gli ecosistemi dai quali dipende che si sta avvicinando al collasso. Come possiamo dare per scontato che la crescita di un sistema economico che sta distruggendo le foreste della terra, ne sta erodendo il suo suolo, esaurendo le risorse idriche, portando al collasso le risorse ittiche, aumentando la temperatura e fondendo le calotte glaciali possa semplicemente venire proiettata sul futuro a lungo termine? Qual è il processo intellettuale che sta alla base di queste estrapolazioni?

Lester Brown fa poi una considerazione molto interessante che ha più volte ricordato nei suoi interessanti volumi. A suo parere oggi nell'economia stiamo affrontando una situazione simile a quella dell'astronomia quando Copernico arrivò sulla scena, quando si credeva che il sole ruotasse intorno alla terra. Così come Copernico dovette formulare una nuova visione astronomica del mondo dopo molti decenni di osservazione del cielo e di calcoli matematici, anche noi dobbiamo formulare una nuova visione economica del mondo basata su molti decenni di osservazioni e analisi ambientali.

I resoconti archeologici indicano che il collasso di una civiltà non arriva in modo improvviso; gli archeologi che hanno analizzato le civiltà del passato parlano di uno scenario di declino e collasso, in cui il collasso economico e sociale fu quasi sempre preceduto da un periodo di declino ambientale. Abbiamo bisogno veramente di cambiare rotta e prima siamo in grado di farlo meglio è.

di Gianfranco Bologna

25 giugno 2011

Le porno mamme





Speravamo che almeno questo ci sarebbe stato risparmiato: lo sfruttamento pornografico della maternità; e invece no, bisogna bere l’amaro calice sino alla feccia.
Eravamo ormai abituati a tutto: a qualsiasi esibizionismo, a qualsiasi narcisismo, a qualsiasi sfrontatezza: pur di conquistare un angolino di visibilità, pur di fare soldi, le persone ormai non hanno più vergogna di niente, non c’è niente che non farebbero.
Le neo mamme, in particolare, ci avevano abituati - ammesso che a certe cose si possa fare davvero l’abitudine -, complici gli stilisti e i soliti giornalisti mondani, alla loro smania di farsi immortalare dallo scatto della macchina fotografica; dalla loro fregola di non rinunciare alle prime pagine dei rotocalchi mondani, nemmeno per quei pochi mesi in cui la gravidanza è ben visibile e le donne d’un tempo se ne stavano un poco in disparte, avvolgendosi in un alone di pudore e di mistero che tutti, istintivamente, sentivano come fosse giusto rispettare.
Anche lo sfruttamento dei propri bambini piccoli, per strappare l’attenzione del fotografo dei vip e conquistare una copertina sul settimanale di grande tiratura, era divenuto un fatto ormai quasi normale; e tanto valeva rassegnarvisi, sia pure con molte perplessità.
Ma adesso è caduta anche l’ultima frontiera: quella della pancia.
La pancia di una donna al sesto mese di gravidanza, al settimo, all’ottavo, dovrebbe avere qualcosa di sacro; qualcosa che va preservato dalla curiosità altrui, perché appartiene a una dimensione talmente intima, talmente delicata, talmente misteriosa, che solo un barbaro potrebbe considerare solo e unicamente dal punto di vista fisiologico o, peggio, estetico.
Eppure no; anche quest’ultimo passo è stato fatto.
Ed è stato fatto proprio da loro, dalle donne incinte, fiere e contente di poter esibire il proprio pancione, ovviamente nudo e scoperto, altrimenti che gusto ci sarebbe: per épater les bourgeois, a che cosa servirebbe un pancione debitamente vestito e coperto?
E allora via, su la maglietta, giù i calzoni; oppure, meglio ancora, via tutti i vestiti e al mare di corsa, in costume da bagno, in bikini, si capisce: tanto più se, come la bella trentatreenne Alena Seredova, oltre che modelle famose, si è pure stiliste di moda e si tratta di reclamizzare, in giro per il mondo, la propria linea di costumi da bagno, usando se stesse e il proprio pancione come arma vincente per sbaragliare la concorrenza.
Se, poi, si è delle cantanti ormai un po’ stagionate, come la cinquantaquattrenne Gianna Nannini, ma pur sempre avide di notorietà e di successo, si può sempre esibire il pancione sulla copertina di «Vanity Fair» o, meglio ancora, sulla copertina del proprio ultimo disco, dedicato, chi l’avrebbe detto, al dolce bebé che sta per venire al mondo: che cosa c’è di male a mostrare il pancione, se è un fatto così naturale? Strano, pare abbia dichiarato l’ineffabile regina del rock italico, sarebbe tenerlo nascosto, facendo finta che non ci fosse.
E allora, giacca di pelle e pancione al vento, alé, il gioco è fatto: la piccola Penelope vuol venire al mondo e, nel frattempo, che male c’è a farsi un po’ di réclame, sfruttando la “dolce attesa”? L’importante è difendere il sacro diritto alla libertà, parola magica che agisce come un infallibile passe-partout e che dischiude ogni porta, anche quella più ben difesa, nella cittadella della cultura contemporanea.
Infatti, intervistata dal settimanale «Tv Sorrisi e canzoni», l’artista senese ha reagito alle critiche relative alla sua maternità in età avanzata, affermando spavaldamente: «All’improvviso tutti si sono dimenticati della libertà e del diritto che ha ciascuno di noi di fare quello che vuole, quando e con chi vuole».
Giusto; anche se non si sa chi sia il padre; anche se la persona in questione si è sempre vantata della sua doppia identità sessuale; anche se si sono allegramente passati i cinquant’anni e c’è chi dice che sono almeno cinquantasei: abbiamo combattuto per la libertà, sì o no?
Come del resto ha fatto l’ultrasessantenne Elton John, il quale, omosessuale dichiarato com’è, e pure lui alquanto stagionato, non ha voluto negarsi le gioie della paternità, ordinando un figlio in provetta, insieme al suo compagno David Furnish: perché, come dice la nostra Gianna nazionale, «dove c’è amore, c’è famiglia, non importa come essa sia composta».
Buono a sapersi, ne prendiamo nota: c’è sempre qualcosa da imparare.
Intanto, pecunia non olet, perché non pensare un poco anche al portafoglio e unire l’utile al dilettevole, costruendoci sopra un bel disco intitolato, ovviamente, «Io e te»; si capisce, col pancione scoperto, perché sia ben chiaro chi sia il “te”?
Ora, la cosa che dà da pensare non è tanto che personaggi del mondo dello spettacolo sfruttino a più non posso la ghiotta occasione della maternità, che fa tanta tenerezza e rende tutti più buoni, per sparare sul mercato i loro prodotti, siano essi costumi da bagno o canzoni; ma il fatto che la tendenza è passata dai vip alle persone comuni, alle mamme qualunque, invadendo, per così dire, l’immaginario collettivo e trasformando in pornografia di massa ciò che, prima, era “soltanto” pornografia d’élite.
Questo non è più soltanto un fatto di rilevanza sociologica: è indice di una vera e propria mutazione antropologica e segna, forse, un punto di non ritorno.
Le ragioni di tale mutazione sono diverse, ma due spiccano su tutte le altre: il principio d’imitazione, tipico della società dell’apparire; e il democraticismo d’accatto, per cui tutti si ritengono uguali a tutti e in diritto di fare le stesse idiozie, in alto come in basso nella piramide sociale (finché si tratta di cose che non turbino l’ordine costituito).
Questa seconda ragione, poi, si sposa con il radicalismo e il libertarismo esasperato e con quella punta di esibizionismo che giace in fondo ad ognuno di noi e che, nella società di massa, trova le condizioni ideali per venir fuori e scandalizzare il prossimo, senza però scandalizzarlo troppo, perché in una società scandalistica, dove ciascuno si sforza di scandalizzare tutti, va a finire che non si scandalizza più nessuno.
Il che è tranquillizzante, per il piccolo borghese meschino che dorme, anch’esso, nelle profondità della nostra anima: perché si vuole, sì, scandalizzare gli altri, ma insomma senza compromettersi troppo; si vuole essere originali, ma senza scostarsi troppo dai binari precostituiti; si vuole essere eccezionali, ma «adelante Pedro, con juicio», non troppo eccezionali, diciamo degli eccezionali di massa, come lo sono un poco tutti gli altri, se appena ne hanno il desiderio.
Ed ecco, tra i numerosi altri che appartengono alla stessa radice socioculturale, il nuovo fenomeno antropologico delle porno mamme.
Si tratta, probabilmente, del punto più basso toccato dalla volgarità di questa deriva post-moderna, che ha visto il naufragio irrimediabile di tutti i valori, di tutte le certezze e, oltre che del comune senso del pudore, anche del puro e semplice buon gusto; qualcosa di molto simile alla blasfemia, al sacrilegio.
Perché ci stavamo abituando a tutto, anche alle porno mogli: quelle simpatiche donne sposate che se ne vanno attorno, sotto lo sguardo compiaciuto dei mariti, a provocare i maschi a destra e a manca, esibendo un abbigliamento minuscolo e, più ancora, un modo di fare che non la cede in nulla a quello delle battone professioniste che infestano i nostri viali di periferia, dal tramonto sino alle prime luci dell’alba.
Ma la maternità… quella, è un’altra cosa.
Perché la maternità è un mistero sacro: e chi non lo sente istintivamente, come lo hanno sentito migliaia di generazioni umane, dai primordi ad oggi, vuol dire che è un barbaro, un alieno, un individuo non del tutto umano.
Ci sono cose sulle quali è lecito scherzare, nelle quali è lecito esagerare, rispetto alle quali è lecito fare dell’ironia; ed altre, poche altre, in verità, che non ammettono nessuna di queste cose, perché hanno in se stesse un elemento sacro e trascendente.
La maternità è una di queste ultime; e, prima che la pazzia femminista incominciasse a soffiare sul mondo, sia le donne che gli uomini ne erano perfettamente consapevoli, né le prime pensavano che tale sacralità fosse un’astuzia escogitata dai secondi, per tenerle imprigionate nel ruolo subalterno di figlie-mogli-madri, con la comoda scusante del mistero.
No: nelle società pre-moderne, ove non tutto è quantificabile, manipolabile, commercializzabile, la maternità era un evento sacro e misterioso, perché non era un evento puramente umano, pianificato (orribile verbo) in vista di una programmazione familiare, ma sovrumano, anzi, divino: era un dire sì alla vita, di cui non siamo noi gli artefici, ma i semplici esecutori; non i padroni assoluti, ma dei volonterosi operai.
Poi è venuto l’orgoglio dell’ego, la nevrosi della potenza e del dominio, l’arroganza dell’uomo che si fa Dio di se stesso, che vuol essere misura di tutte le cose e artefice sommo e insindacabile di qualsiasi manipolazione, di qualsiasi stravolgimento dell’ordine naturale.
Da quando gli uomini moderni hanno cominciato a dire “io”, separando tale concetto da Dio e dal mondo, si sono create le premesse per tutti gli abusi, per tutti gli eccessi, per tutte le degenerazioni del potere individuale e (letteralmente) egoistico: l’espressione «la vita è mia, e ne faccio quel che voglio io», ne è la logica e inevitabile conseguenza.
Una ulteriore conseguenza è che «nessuno mi può giudicare»: sto esercitando un mio diritto, il diritto alla libertà; e chi pretende di porvi dei limiti, dei paletti, dei confini, non può essere che un reazionario, un fascista, un razzista.
L’uomo moderno non pensa più, da Francesco Bacone in poi, che vi siano delle cose fattibili, ma non meritevoli di essere fatte: tutto ciò che si può fare, beninteso per ottenere un vantaggio materiale, va messo in pratica “ipso facto”, seduta stante, senza stare tanto a pensarci sopra; e bando agli scrupoli, ai ritegni, alle remore morali di qualsiasi genere.
Nel Medioevo, per esempio, la dissezione dei cadaveri era una pratica inammissibile e, dunque, severamente interdetta: e non perché le conoscenze anatomiche dell’epoca fossero così rudimentali da renderla troppo difficoltosa, ma per una ragione completamente diversa, e cioè perché tale pratica sarebbe stata considerata un sacrilegio.
Poi, a partire dalla cosiddetta Rivoluzione scientifica del XVII secolo, le frontiere tra lecito e illecito si sono sempre più allargate, fino al punto che oggi, in pratica, non esistono più: si possono clonare piante, animali ed esseri umani; si possono prenotare bambini in provetta, scegliendone i caratteri somatici; si possono creare esseri mostruosi in laboratorio, mescolando il patrimonio genetico di specie diverse: e lo si sta realmente facendo.
Le radici della follia, della bruttezza e della volgarità oggi imperanti, sono tutte qui: per cui, se ci spostiamo dal terreno delicatissimo della bio-ingegneria a quello, in confronto assai frivolo, del ventre femminile gravido esibito nella sua nudità e sbattuto sulle copertine dei giornali, ci rendiamo conto che entrambi i fenomeni hanno una stessa origine.
Del resto, non andavano predicando le militanti femministe, nei loro cortei di qualche decennio fa, che «l’utero è mio e ne faccio quello che voglio io», alludendo esplicitamente alla piena e incondizionata libertà di abortire?
E non accompagnavano forse questo slogan con il gesto, intollerabilmente osceno e sfrontato, di alzare le braccia e di unire le dita delle mani, in modo da simulare la forma dei genitali esterni femminili?
Se il presente è figlio del passato, noi siamo figli e nipoti di quella generazione e non c’è nulla, oggi, di cui ci si dovrebbe meravigliare, nella esibizione del pancione scoperto da parte di tante donne in avanzato stato di gravidanza; nel frattempo, le case di abbigliamento si sono attrezzate e hanno trovato il modo di fare un bel mucchio di quattrini, come sempre, anche su quest’ultimo vezzo pseudo libertario delle aspiranti genitrici.
«O liberté, que de crimes on commet en ton nom!» («Libertà, quanti crimini si commettono in tuo nome!»), esclamò Madame Roland mentre, nel 1793, si apprestava a salire i gradini della ghigliottina, nel cui canestro avrebbe lasciato la testa.
Ma si potrebbe anche aggiungere, meno drammaticamente, però con altrettanta verità: «Libertà, quante sciocchezze e quante volgarità si compiono nel tuo nome»; e lo si potrebbe dire, crediamo, con pieno diritto, specialmente in questi nostri giorni di tranquilla, ordinaria follia.
di Francesco Lamendola