23 dicembre 2011

Bilderberg Group, regista del mondo



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Mario Monti vanta lunghi studi all'estero. Trascorre un anno presso la prestigiosa Università di Yale, dove diventa allievo di James Tobin, premio Nobel per l'Economia nel 1981. Non abbiamo prove di una sua affiliazione alla Skull and Bones, la celeberrima e potente società segreta di ispirazione mondialista che dal 1832 ha sede presso quel prestigioso ateneo statunitense. Abbiamo però la prova che il professore varesino rappresenti un autentico apostolo del pensiero mondialista. Alcune inequivocabili circostanze lo attestano.

Mario Monti era membro del Bilderberg Group. La notizia è passata sui media con una certa nonchalance. Istituito nel 1954 presso il castello olandese di Bilderberg, questo esclusivissimo club si ritrova segretamente ogni anno per decidere del futuro dell'umanità. Si tratta dei 130 uomini più potenti e influenti del mondo riuniti in una stessa stanza, che guardie armate tengono lontana da occhi indiscreti. In più di cinquant'anni d'incontri è sempre stata vietata la presenza della stampa, non sono mai state rilasciate dichiarazioni sulle conclusioni degli intervenuti, e non è mai stato svelato l'ordine del giorno.

A prescindere da cosa realmente accada in quel segreto consesso, il solo fatto di come si svolga e di chi lo componga non risponde certo a una logica di democrazia e trasparenza. Fino all'ultimo momento resta occulto il luogo degli incontri e si interviene solo su espresso invito, che non può essere pubblicamente divulgato, pena la mancata partecipazione.


Per comprendere meglio di cosa si tratti è sufficiente leggere quanto sul tema ha scritto William Vincent Shannon, non esattamente un paranoico complottista, ma un prestigioso giornalista, redattore del New York Times e ambasciatore degli Stati Uniti in Irlanda durante la presidenza Carter (1977-1981): «I membri del Bilderberg stanno costruendo l'era del post nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali.

Sarebbe a dire, un'economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderberger si concentrano su di un "approccio maggiormente tecnico" e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale». Del resto, lo stesso fondatore del Bilderberg Group, il principe Bernardo d'Olanda, sul punto era stato chiaro: «È difficile rieducare gente allevata al nazionalismo all'idea di rinunciare a parte della loro egemonia a favore di un potere sovranazionale ».


Onesto, a suo modo, è stato pure David Rockefeller - altro Bilderberg di razza - il quale ha lasciato scritto nelle sue Memorie (2002): «Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definendo me e la mia famiglia come "internazionalisti", e di cospirare con altri nel mondo per costruire una più integrata struttura politico-economica globale, un nuovo mondo, se volete. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole, e sono orgoglioso di esserlo».

Il Times, che non può certo definirsi un foglio complottista, nel 1977 descrisse i membri del Bilderberg Group come «una congrega dei più ricchi, dei più economicamente e politicamente potenti e influenti uomini nel mondo occidentale, che si incontrano segretamente per pianificare eventi che poi sembrano accadere per caso». A conferma, si possono elencare alcune singolari coincidenze (per citare i casi più noti e più recenti) dovute a fatti accaduti dopo gli incontri del Bilderberg. Bill Clinton partecipa al meeting del 1991; vince le primarie del Partito democratico, e da oscuro governatore dell'Arkansas diventa presidente degli Stati Uniti nel 1992. Tony Blair partecipa al meeting del 1993; diventa il leader del Partito laburista nel luglio del 1994, e viene eletto primo ministro nel maggio del 1997.

George Robertson partecipa al meeting del 1998; viene nominato segretario generale della Nato nell'agosto del 1999. Romano Prodi partecipa al meeting del 1999; riceve l'incarico di presidente dell'Unione europea nel settembre del 1999, ricoprendo tale incarico fino a gennaio 2005; nel 2006 viene eletto presidente del Consiglio italiano. Sembra confermata ancora una volta la saggia conclusione del barone Denis Winston Healey, ex ministro britannico della Difesa (1964-1970) e delle Finanze (1974- 1979): «Quel che accade nel mondo non avviene per caso; si tratta di eventi fatti succedere, sia che abbiano a che fare con questioni nazionali o commerciali, e la maggioranza di questi eventi sono inscenati da quelli che maneggiano la finanza».

Per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura di un ottimo testo intitolato The True Story of the Bilderberg Group, di Daniel Estulin, un libro di 340 pagine, corredato da una preziosa documentazione, che raccoglie i risultati di una indagine durata anni sull'intoccabile gruppo elitario di cui la stampa ufficiale appare sempre reticente. La seconda prova della propensione mondialista del professor Monti risiede nel fatto che egli faccia anche parte della Trilateral Commission.

aAnzi, per essere precisi, ricopre la carica di presidente per l'Europa nel triennio 2010-2012. Chi ha l'avventura di accedere al sito ufficiale di quella istituzione (www.trilateral.org), troverà, infatti, una lettera di presentazione sottoscritta da Mario Monti, quale European Chair, da Joseph S. Nye, Jr., quale North American Chair, e da Yotaro Kobayashi, quale Pacific Asian Chair, con tanto di fotografia.

Ufficialmente si tratta di un think-tank fondato nel 1973 da David Rockefeller con forte impronta mondialista. Il professor Piergiorgio Odifreddi ha invece liquidato il prestigioso pensatoio internazionale definendolo, su Repubblica (9 novembre 2011), «una specie di massoneria ultraliberista statunitense, europea e nipponica ispirata da David Rockefeller e Henry Kissinger». Quella di Odifreddi non rappresenta, ovviamente, l'unica voce critica nei confronti della Trilateral.

Nel 1979 l'ex governatore repubblicano Barry Goldwater la descriveva come «un abile e coordinato sforzo per prendere il controllo e consolidare i quattro centri di potere: politico, monetario, intellettuale ed ecclesiastico grazie alla creazione di una potenza economica mondiale superiore ai governi politici degli stati coinvolti».

Lo scrittore francese Jacques Bordiot sosteneva, inoltre, che per far parte della Trilateral, era necessario che i candidati fossero «giudicati in grado di comprendere il grande disegno mondiale dell'organizzazione e di lavorare utilmente alla sua realizzazione », e precisava che il vero obiettivo della Trilateral fosse quello «di esercitare una pressione politica concertata sui governi delle nazioni industrializzate, per portarle a sottomettersi alla loro strategia globale».

Il canadese Gilbert Larochelle, professore di filosofia politica presso l'Università del Québec, nel suo interessante saggio L'imaginaire technocratique, pubblicato a Montréal nel 1990, ha definito, più semplicemente, la Trilateral come una privilegiata élite tecnocratica: «La cittadella trilaterale è un luogo protetto dove la téchne è legge e dove sentinelle, dalle torri di guardia, vegliano e sorvegliano. Ricorrere alla competenza non è affatto un lusso, ma offre la possibilità di mettere la società di fronte a se stessa. Il maggiore benessere deriva solo dai migliori che, nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso».

Il connotato resta sempre il medesimo: poca democrazia e poca trasparenza. Piccolo inciso legato all'attualità della cronaca politica: un altro italiano membro della Trilateral è l'onorevole Enrico Letta, al centro di una polemica per uno strano biglietto inviato al consociato professor Monti. La terza prova della visione mondialista di Mario Monti sta nel fatto di essere un uomo Goldman Sachs. Per comprendere la reale natura di tale istituzione non occorre addentrarsi nei siti complottisti.

È sufficiente leggere sul Monde del 16 novembre 2011 (giorno dell'investitura di Monti) l'articolo di Marc Roche, corrispondente da Londra, dal titolo sintomatico: «La "franc-maçonnerie" européenne de Goldman Sachs». Si tratta di una vera e propria requisitoria contro la potente banca d'affari. Per il Monde, Goldman Sachs funziona come la massoneria, in cui ex dirigenti, consiglieri ma anche trader della banca d'affari americana si ritrovano oggi al potere nei paesi europei chiave per la gestione della crisi finanziaria. In Europa, Goldman Sachs si è fatta fautrice di una forma di «capitalismo delle relazioni », e punta a piazzare i suoi uomini.

Può sembrare esagerato il giudizio del Monde, ma forse non lo è se si pensa a un'altra singolare coincidenza. Si tratta del fatto che l'omologo greco di Mario Monti, il professor Lucas Papademos (anch'egli studi statunitensi), già vicepresidente della Bce (dal 2002 al 2010), e ora tecnocrate mandato a commissariare il governo ellenico, è un altro uomo Goldman Sachs. Oltre che - guarda caso - membro anche lui della Trilateral Commission. Il panorama si fa ancora più inquietante se si considera che l'uomo Goldman Sachs più potente in Europa è Mario Draghi.

Nonostante tutte queste sinistre coincidenze, faccio ancora fatica a cedere alle suggestioni complottiste. Confesso, però, che quando ho letto sul quotidiano economico Milano Finanza che è stata proprio Goldman Sachs a innescare l'ondata di vendite di Btp il 10 novembre scorso, un pensiero cattivo mi ha attraversato la mente. Sarà forse perché il giorno prima, il 9 novembre, Mario Monti è stato nominato senatore a vita dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Una settimana dopo sarebbe diventato premier sull'onda degli spread. Coincidenze, ne sono certo.

di Gianfranco Amato

22 dicembre 2011

I derivati Otc hanno rotto gli argini. Rischi di nuova crisi finanziaria


La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea nel suo ultimo rapporto trimestrale conferma l’impazzimento della finanza globale. I derivati finanziari Over the counter (Otc), cioè quelli negoziati fuori dai mercati regolamentati e tenuti fuori bilancio, nel primo semestre del 2011 sono aumentati in modo stratosferico.

Alla fine di giugno il valore nozionale totale degli Otc ha raggiunto 708 trilioni di dollari con un aumento del 18% rispetto ai livelli calcolati a fine dicembre 2010!

In sei mesi, quindi, le operazioni in derivati sono aumentate di 107 trilioni, cioè di 107.000 miliardi di dollari! Sono stati superati tutti i record.

Si ricordi che alla vigilia della grande crisi, a giugno 2008, il totale Otc aveva raggiunto la vetta di 673 trilioni di dollari.

La straordinaria crescita di tali titoli è avvenuta nonostante i tanti ottimistici impegni a riformare il sistema finanziario globale assunti dal mondo politico nei vari meeting internazionali dopo il crollo della Lehman Brothers.

Ora, mentre il Fmi paventa una recessione nel mondo cosiddetto avanzato, la Bce la dà per certa in Europa e l’Ocse parla di gravi rischi di una “crescita negativa”, le grandi banche internazionali, in primis quelle americane ed inglesi, ed il sistema bancario ombra da loro controllato, hanno dato una accelerata senza precedenti ai prodotti derivati.

La finanza speculativa si allarga a dismisura e l’economia reale e produttiva si contrae! C’è il rischio di un’altra crisi molto più devastante di quella che stiamo ancora vivendo

La Bri rivela che l’esplosione dei contratti Otc è determinata quasi totalmente dalla crescita dei derivati accesi sul rischio dei tassi di interesse. Da soli essi coprono 554 trilioni. In questo campo le operazioni sono aumentate del 19% in 6 mesi. Sono contratti fatti un po’ in tutte le principali monete.

Un altro aspetto preoccupante è che la maggior parte dei contratti suddetti ha una scadenza sempre più breve. Quelli con scadenza oltre i 5 anni si sono ridotti del 6%, assestandosi intorno a 130 trilioni di dollari, mentre quelli con scadenza a meno di un anno sono aumentati del 30% raggiungendo i 247 trilioni di dollari.

Ciò è sintomo di alta instabilità e di grande volatilità che, nel momento in cui gli Otc entrassero in fibrillazione, potrebbero provocare un devastante “effetto valanga” soprattutto sulle economie più deboli. Potrebbero esserci effetti negativi anche sulle monete in cui i contratti sono stati sottoscritti.

Certamente questa nuova ondata speculativa soddisfa gli operatori e gli speculatori della City e di Wall Street. Secondo l’Office of the Comptroller of the Currency (Occ), l’agenzia che regola e controlla il sistema bancario americano, nel terzo trimestre del 2011 le banche Usa hanno infatti registrato dei profitti enormi: 13, 1 miliardi di dollari con un aumento del 78% rispetto al trimestre precedente.

L’Occ tra l’altro dimostra che i derivati creati dalle banche americane sono poco meno di 250 trilioni di dollari, di cui l’87% in prodotti strutturati sui tassi di interesse.

Si ripropone la grande questione delle banche “too big to fail”, quelle troppo grandi per lasciarle fallire, che di fatto hanno determinato il sistema economico e finanziario e hanno ricattato il mondo politico. Nel frattempo esse hanno accelerato il loro processo di concentrazione e di controllo del potere finanziario.

Infatti, se nel 2009 le cinque maggiori banche americane detenevano l’80% di tutti i derivati emessi negli Usa, oggi 4 banche soltanto, la JP Morgan Chase, la City Group, la Bank of America e la Goldman Sachs, ne detengono il 94% del totale.

Dai preoccupanti dati esposti emerge con forza la necessità per l’Italia e per l’Europa non solo di adottare con celerità le decisioni di propria competenza, ma anche soprattutto di giocare un ruolo più attivo in sede di G20 dove, purtroppo, finora non si è mai deciso nulla di realmente efficace contro lo strapotere del sistema bancario finanziario speculativo.

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

*Sottosegretario dell'Economia nel governo Prodi **Economista

21 dicembre 2011

Lo stato italiano, Berlusconi e l’ONU denunciati per una colossale truffa internazionale

La Repubblica Italiana, l’ex-premier Silvio Berlusconi, la nostra Guardia di Finanza, le Nazioni Unite ed il suo segretario Ban-Ki-Moon, l’ambasciatore italiano all’ONU Ragaglini, l’ambasciatrice italiana a Ginevra Laura Mirachian, il World Economic Forum (Davos), l’Office of International Treasury Control, ed altri personaggi più o meno conosciuti, collegati a “società segrete” di vario tipo, sono stati citati in giudizio da un cittadino americano per aver partecipato ad un complotto internazionale allo scopo di impossessarsi illegalmente di un pacchetto di Buoni del Tesoro, quasi tutti americani, per il valore nominale di 145,5 miliardi di dollari, con un valore attuale di mercato stimato intorno a 1 bilione (1000 miliardi) di dollari. Lira più lira meno.

La citazione in giudizio è stata depositata il 23 novembre scorso presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti dallo studio legale Bleakley Platt & Schmidt, che ha sede nello stato di New York, a nome di Neal F. Keenan, un cittadino americano residente in Bulgaria, che compare sia a titolo personale che in rappresentanza di un “gruppo di famiglie asiatiche” non meglio identificate, definite con il nome fittizio di “Dragon Family”.

La querela compare negli elenchi ufficiali di PACER (Public Access to Court Electronic Records), l’archivio elettronico dove è possibile consultare tutte le cause depositate presso le Corti Distrettuali e le Corti d’Appello degli Stati Uniti, ...


... che si possono anche scaricare al costo di 8 centesimi a pagina. (David Wilcock, personaggio noto a chi si occupa di esopolitica, ha già svolto questa operazione, ed ha messo a disposizione la citazione completa in formato PDF, dopo aver dato la notizia alla radio americana e sulla rete).

Il sito Courthouse News, che si occupa di questioni di tipo legale, ha commentato il fatto con un articolo del 5 dicembre intitolato “Bizzarra querela da un bilione di dollari”, nel quale ne riassume sommariamente il contenuto, decisamente complesso e intricato, anche perchè riguarda eventi storici che risalgono a quasi un secolo fa.

Secondo Keenan [da qui in poi raccontiamo ciò che viene sostenuto nella querela, per cui evitiamo ogni volta di usare il condizionale o di dire “Keenen sostiene”], nel 2009 la Dragon Family gli affidò la gestione di un pacchetto di “strumenti finanziari” che comprendevano a) 249 titoli da 500 milioni di dollari ciascuno, emessi nel 1934 dalla Federal Reserve, per un valore nominale complessivo di 124,5 miliardi di dollari; b) due serie di titoli del governo giapponese, emesse nel 1983, per un valore di oltre 9,5 miliardi di dollari ciascuna, e c) un titolo unico da 1 miliardo di dollari, chiamato “Kennedy Bond”, emesso dal governo americano nel 1998.

Da cui il totale, appunto, di 145,5 miliardi di dollari. Questi strumenti finanziari erano stati affidati a Keenan dalla Dragon Family perchè facesse investimenti internazionali di vario tipo, finalizzati ad interventi di tipo umanitario su grande scala.

Naturalmente è il pacchetto di titoli della Fed del 1934 che richiama subito l’attenzione, non solo perchè rivela una storia veramente complessa alle sue spalle, ma perchè è sulla base del valore originale (125 miliardi di dollari) che vengono calcolati gli interessi accumulati fino ad oggi, che sono stimati in 968.000.000.000 (novecentosessantottomila) miliardi di dollari. Quasi un bilione, appunto.

Questi titoli furono emessi dalla Fed come ricevuta per le ingenti quantità di oro ed altri metalli preziosi che la Dragon Family aveva trasferito negli USA come misura precauzionale, temendo una invasione militare della Cina da parte del Giappone (cosa che poi è avvenuta, nel 1937).

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la Dragon Family chiese la restituzione dell’oro consegnato alla Fed, ma si trovarono di fronte ad una lunga serie di “intoppi legali” che di fatto gli impedirono di rientrare in possesso del prezioso metallo.

Cominciano così le peripezie di questo pacchetto di titoli, che ci avrebbero portato fino ad oggi.

Dal 1946 in poi, infatti, la storia si complica enormemente, introducendo una vera e propria ragnatela di collegamenti, fra dozzine di personaggi e di organizzazioni di livello mondiale, che è molto difficile da riassumere, e ancora più difficile da verificare.

Notiamo solo che fra queste organizzazioni compare anche il misterioso OTIC (Office of International Treasury Control), che è considerato una delle più grandi organizzazioni finanziarie nel mondo, e che sostiene di esser affiliato all’ONU e alla Fed, ma con cui sia l’ONU che la Fed negano ufficialmente di aver mai avuto a che fare.

Teniamo presente che non stiamo parlando della scomparsa di qualche dozzina di euro dal conto corrente di nostra cugina, ma di un sistema mondiale di finanza occulta che parte dal presunto trafugamento di tutte le riserve auree costodite ufficialmente a Fort Knox (c’era forse anche l’oro della Dragon Family?), e che coinvolge oggi bene o male tutte le più importanti organizzazioni finanziarie mondiali, all’interno di un “universo parallelo” in cui il traffico e il riciclaggio di titoli di stato “duplicati” – cioè sostanzialmente falsi – sarebbe all’ordine del giorno.

In ogni caso, riprendiamo la vicenda dal 2009, perchè è in quell’anno che i famosi titoli della Fed ricompaiono nella mani di Keenan per essere investiti in “operazioni su grande scala di tipo umanitario”.

Per svolgere questo compito Keenan era affiancato da un emissario di fiducia della Dragon Family, Akihiro Yamaguchi, che era già fisicamente in possesso dei titoli a partire dal 2006, e che aveva presentato lo stesso Keenan alla Dragon Family.

Yamaguchi e Keenan passarono alcuni mesi in Svizzera, valutando le diverse possibilità di investimento che gli venivano proposte dalle banche locali per conto dei loro clienti in tutto il mondo.

Verso la fine di maggio sembrava che finalmente si stesse per concludere un accordo con un gruppo finanziario che viene definito nella querela come “il gruppo dei turchi”. Ma il 3 di giugno accadde un fatto imprevisto: due cittadini giapponesi furono arrestati al confine di Chiasso dalla Guardia di Finanza, mentre cercavano di trasferire in Svizzera un pacchetto di titoli di stato americani nascosti nel doppiofondo della valigia.

Curiosamente, il pacchetto conteneva 249 titoli della Federal Reserve del 1934 da mezzo miliardo di dollari ciascuno, e 10 “Kennedy Bonds” da 1 miliardo ciascuno, per un valore nominale complessivo di 134,5 miliardi di dollari.

La notizia clamorosa stava per rimbalzare sulle testate di tutto il mondo, ma gli americani si affrettarono a far sapere che quei titoli erano falsi, e la cosa si spense sul nascere. I due giapponesi furono rilasciati, e i loro nomi non furono mai comunicati ufficialmente (Keenan sostiene che uno dei due fosse proprio Yamaguchi).

Diversi tentativi fatti da giornalisti americani per saperne qualcosa di più finirono nel nulla: l’ambasciata giapponese non dava nessuna conferma del fatto, la Guardia di Finanza non aveva informazioni aggiuntive da offrire, e il tesoro americano minimizzava la cosa, confermando che i titoli fossero “sicuramente falsi”.

Naturalmente, ci credettero soltanto Topolino e i Sette Nani, ma questo fu sufficiente a tranquillizzare il pubblico americano, mentre la vera storia riprendeva a dipanarsi dietro le quinte.

Lo stato italiano, “tramite Berlusconi”, contattò il governo cinese, offrendo la restituzione dei titoli in cambio del 40% del loro valore nominale, cioè la cifra corrispondente alla penale da pagare in caso di esportazione clandestina di denaro. Ma la trattativa si arenò quando i cinesi pretesero in cambio che l’Italia saldasse il suo debito complessivo contratto fino a quel giorno con la nazione cinese, che naturalmente ammontava ad una cifra ben superiore a quella che stavano trattando.

Nel frattempo Keenan veniva avvicinato da Leo Zagami, un noto massone italiano che si presentò come membro dei “Vatican Illuminati” e come leader di una “fazione secessionista” dei Massoni con sede a Montecarlo, il quale gli disse di avere informazioni utili per rientrare in possesso dei titoli rubati. Zagami presentò a Keenan un certo Daniele Dal Bosco, che diceva di agire a nome dell’OITC. Dal Bosco disse a Keenan che i titoli sarebbero stati investiti in un modo decisamente più efficace attraverso certe organizzazioni umanitarie dell’ONU a cui erano collegati, e suggerì che la loro tutela venisse trasferita temporaneamente al “suo gruppo”, per maggiore sicurezza (fino a quel momento il titolare unico era Keenan).

Dal Bosco informò anche Keenan che la Guardia di Finanza Italiana era disposta a restituire i titoli per il 10% del valore nominale, ma Keenan rispose che la Dragon Family non era interessata a pagare un solo centesimo per qualcosa che già possedeva legalmente da oltre 70 anni.

Nelle settimane seguenti il “gruppo” di Dal Bosco cominciò a materializzarsi intorno a Keenan, e qui la faccenda si complica ulteriormente, con l’entrata in scena di diversi personaggi, che vanno da agenti dei servizi segreti bulgari ad un certo Giancarlo Bruno, direttore delle operazione finanziarie del World Economic Forum di Davos, che diceva di essere anche un “consigliere finanziario del Vaticano” e “tesoriere dei Massoni”. Bruno sosteneva che il buon fine dell’operazione fosse garantito fin dall’inizio, in quanto avevano già stipulato gli accordi preliminari con i loro contatti alle Nazioni Unite. Le ultime perplessità di Keenan scomparvero dopo una telefonata da parte di Laura Mirachian, la rappresentante permanente per l’Italia alle Organizzazioni Internazionali di Ginevra, che confermava che ”siamo tutti protetti dall’alto”, che “nessuno, compreso Keenan, ha motivo di temere ripercussioni di alcun tipo”, e che “la nostra gente a New York ha già avuto l’approvazione da parte di Ban-Ki-Moon, anche se ovviamente negheranno tutto se interpellati al riguardo”.

Insomma, per farla breve, Keenan si convinse di essere in ottime mani, e firmò la cessione temporanea dei titoli a Dal Bosco, il quale si impegnava alla restituzione incondizionata dei medesimi in qualunque momento. Inutile dire che da quel giorno in poi dei titoli non si è mai più saputo nulla.

Dopo aver cercato inutilmente di rientrarne in possesso, Keenan avrebbe quindi deciso di presentare la sua querela contro tutte le entità coinvolte, “per aver cospirato nella sottrazione illegale dei titoli di proprietà della Dragon Family di cui era il responsabile”.

Qui ovviamente si apre un tale ventaglio di ipotesi e di possibilità, per spiegare cosa possa essere realmente accaduto, a cui solo la fantasia può mettere un limite. Oltretutto, non possiamo nemmeno stabilire fino a che punto le accuse da parte di Keenan siano sostanziate e fino a che punto possano essere il frutto di una sua invenzione.

Di fatto, sappiamo solo che la querela esiste, e che i suoi contenuti sono sostanzialmente quelli che abbiamo descritto. A ben altri l’onere eventuale di accertare cosa ci sia di vero e cosa no in tutta questa faccenda.

Noi possiamo solo concludere notando un fatto curioso: mentre centinaia di miliardi di dollari sembrano muoversi disinvoltamente nell’oscurità, a nostra totale insaputa, gli italiani sono impegnati a litigare fra loro come galline impazzite per decidere se sia meglio ridurre le pensioni di un altro milione di euro all’anno, oppure tagliare lo stesso milione di euro dai salari della classe operaia.

Se la sensazione di venire perennemente fregati non arrivasse direttamente dal “giallo di Chiasso”, arriva certamente da questo genere di considerazioni.

Massimo Mazzucco

Nota: La querela che sta al centro di questo articolo è di pubblico dominio, e come tale Luogocomune si riserva il diritto di citarne i contenuti, senza necessariamente implicare che i fatti descritti siano avvenuti veramente, nè che i personaggi e le organizzazioni citate siano stati effettivamente coinvolti nella vicenda descritta.

23 dicembre 2011

Bilderberg Group, regista del mondo



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Mario Monti vanta lunghi studi all'estero. Trascorre un anno presso la prestigiosa Università di Yale, dove diventa allievo di James Tobin, premio Nobel per l'Economia nel 1981. Non abbiamo prove di una sua affiliazione alla Skull and Bones, la celeberrima e potente società segreta di ispirazione mondialista che dal 1832 ha sede presso quel prestigioso ateneo statunitense. Abbiamo però la prova che il professore varesino rappresenti un autentico apostolo del pensiero mondialista. Alcune inequivocabili circostanze lo attestano.

Mario Monti era membro del Bilderberg Group. La notizia è passata sui media con una certa nonchalance. Istituito nel 1954 presso il castello olandese di Bilderberg, questo esclusivissimo club si ritrova segretamente ogni anno per decidere del futuro dell'umanità. Si tratta dei 130 uomini più potenti e influenti del mondo riuniti in una stessa stanza, che guardie armate tengono lontana da occhi indiscreti. In più di cinquant'anni d'incontri è sempre stata vietata la presenza della stampa, non sono mai state rilasciate dichiarazioni sulle conclusioni degli intervenuti, e non è mai stato svelato l'ordine del giorno.

A prescindere da cosa realmente accada in quel segreto consesso, il solo fatto di come si svolga e di chi lo componga non risponde certo a una logica di democrazia e trasparenza. Fino all'ultimo momento resta occulto il luogo degli incontri e si interviene solo su espresso invito, che non può essere pubblicamente divulgato, pena la mancata partecipazione.


Per comprendere meglio di cosa si tratti è sufficiente leggere quanto sul tema ha scritto William Vincent Shannon, non esattamente un paranoico complottista, ma un prestigioso giornalista, redattore del New York Times e ambasciatore degli Stati Uniti in Irlanda durante la presidenza Carter (1977-1981): «I membri del Bilderberg stanno costruendo l'era del post nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali.

Sarebbe a dire, un'economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderberger si concentrano su di un "approccio maggiormente tecnico" e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale». Del resto, lo stesso fondatore del Bilderberg Group, il principe Bernardo d'Olanda, sul punto era stato chiaro: «È difficile rieducare gente allevata al nazionalismo all'idea di rinunciare a parte della loro egemonia a favore di un potere sovranazionale ».


Onesto, a suo modo, è stato pure David Rockefeller - altro Bilderberg di razza - il quale ha lasciato scritto nelle sue Memorie (2002): «Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definendo me e la mia famiglia come "internazionalisti", e di cospirare con altri nel mondo per costruire una più integrata struttura politico-economica globale, un nuovo mondo, se volete. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole, e sono orgoglioso di esserlo».

Il Times, che non può certo definirsi un foglio complottista, nel 1977 descrisse i membri del Bilderberg Group come «una congrega dei più ricchi, dei più economicamente e politicamente potenti e influenti uomini nel mondo occidentale, che si incontrano segretamente per pianificare eventi che poi sembrano accadere per caso». A conferma, si possono elencare alcune singolari coincidenze (per citare i casi più noti e più recenti) dovute a fatti accaduti dopo gli incontri del Bilderberg. Bill Clinton partecipa al meeting del 1991; vince le primarie del Partito democratico, e da oscuro governatore dell'Arkansas diventa presidente degli Stati Uniti nel 1992. Tony Blair partecipa al meeting del 1993; diventa il leader del Partito laburista nel luglio del 1994, e viene eletto primo ministro nel maggio del 1997.

George Robertson partecipa al meeting del 1998; viene nominato segretario generale della Nato nell'agosto del 1999. Romano Prodi partecipa al meeting del 1999; riceve l'incarico di presidente dell'Unione europea nel settembre del 1999, ricoprendo tale incarico fino a gennaio 2005; nel 2006 viene eletto presidente del Consiglio italiano. Sembra confermata ancora una volta la saggia conclusione del barone Denis Winston Healey, ex ministro britannico della Difesa (1964-1970) e delle Finanze (1974- 1979): «Quel che accade nel mondo non avviene per caso; si tratta di eventi fatti succedere, sia che abbiano a che fare con questioni nazionali o commerciali, e la maggioranza di questi eventi sono inscenati da quelli che maneggiano la finanza».

Per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura di un ottimo testo intitolato The True Story of the Bilderberg Group, di Daniel Estulin, un libro di 340 pagine, corredato da una preziosa documentazione, che raccoglie i risultati di una indagine durata anni sull'intoccabile gruppo elitario di cui la stampa ufficiale appare sempre reticente. La seconda prova della propensione mondialista del professor Monti risiede nel fatto che egli faccia anche parte della Trilateral Commission.

aAnzi, per essere precisi, ricopre la carica di presidente per l'Europa nel triennio 2010-2012. Chi ha l'avventura di accedere al sito ufficiale di quella istituzione (www.trilateral.org), troverà, infatti, una lettera di presentazione sottoscritta da Mario Monti, quale European Chair, da Joseph S. Nye, Jr., quale North American Chair, e da Yotaro Kobayashi, quale Pacific Asian Chair, con tanto di fotografia.

Ufficialmente si tratta di un think-tank fondato nel 1973 da David Rockefeller con forte impronta mondialista. Il professor Piergiorgio Odifreddi ha invece liquidato il prestigioso pensatoio internazionale definendolo, su Repubblica (9 novembre 2011), «una specie di massoneria ultraliberista statunitense, europea e nipponica ispirata da David Rockefeller e Henry Kissinger». Quella di Odifreddi non rappresenta, ovviamente, l'unica voce critica nei confronti della Trilateral.

Nel 1979 l'ex governatore repubblicano Barry Goldwater la descriveva come «un abile e coordinato sforzo per prendere il controllo e consolidare i quattro centri di potere: politico, monetario, intellettuale ed ecclesiastico grazie alla creazione di una potenza economica mondiale superiore ai governi politici degli stati coinvolti».

Lo scrittore francese Jacques Bordiot sosteneva, inoltre, che per far parte della Trilateral, era necessario che i candidati fossero «giudicati in grado di comprendere il grande disegno mondiale dell'organizzazione e di lavorare utilmente alla sua realizzazione », e precisava che il vero obiettivo della Trilateral fosse quello «di esercitare una pressione politica concertata sui governi delle nazioni industrializzate, per portarle a sottomettersi alla loro strategia globale».

Il canadese Gilbert Larochelle, professore di filosofia politica presso l'Università del Québec, nel suo interessante saggio L'imaginaire technocratique, pubblicato a Montréal nel 1990, ha definito, più semplicemente, la Trilateral come una privilegiata élite tecnocratica: «La cittadella trilaterale è un luogo protetto dove la téchne è legge e dove sentinelle, dalle torri di guardia, vegliano e sorvegliano. Ricorrere alla competenza non è affatto un lusso, ma offre la possibilità di mettere la società di fronte a se stessa. Il maggiore benessere deriva solo dai migliori che, nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso».

Il connotato resta sempre il medesimo: poca democrazia e poca trasparenza. Piccolo inciso legato all'attualità della cronaca politica: un altro italiano membro della Trilateral è l'onorevole Enrico Letta, al centro di una polemica per uno strano biglietto inviato al consociato professor Monti. La terza prova della visione mondialista di Mario Monti sta nel fatto di essere un uomo Goldman Sachs. Per comprendere la reale natura di tale istituzione non occorre addentrarsi nei siti complottisti.

È sufficiente leggere sul Monde del 16 novembre 2011 (giorno dell'investitura di Monti) l'articolo di Marc Roche, corrispondente da Londra, dal titolo sintomatico: «La "franc-maçonnerie" européenne de Goldman Sachs». Si tratta di una vera e propria requisitoria contro la potente banca d'affari. Per il Monde, Goldman Sachs funziona come la massoneria, in cui ex dirigenti, consiglieri ma anche trader della banca d'affari americana si ritrovano oggi al potere nei paesi europei chiave per la gestione della crisi finanziaria. In Europa, Goldman Sachs si è fatta fautrice di una forma di «capitalismo delle relazioni », e punta a piazzare i suoi uomini.

Può sembrare esagerato il giudizio del Monde, ma forse non lo è se si pensa a un'altra singolare coincidenza. Si tratta del fatto che l'omologo greco di Mario Monti, il professor Lucas Papademos (anch'egli studi statunitensi), già vicepresidente della Bce (dal 2002 al 2010), e ora tecnocrate mandato a commissariare il governo ellenico, è un altro uomo Goldman Sachs. Oltre che - guarda caso - membro anche lui della Trilateral Commission. Il panorama si fa ancora più inquietante se si considera che l'uomo Goldman Sachs più potente in Europa è Mario Draghi.

Nonostante tutte queste sinistre coincidenze, faccio ancora fatica a cedere alle suggestioni complottiste. Confesso, però, che quando ho letto sul quotidiano economico Milano Finanza che è stata proprio Goldman Sachs a innescare l'ondata di vendite di Btp il 10 novembre scorso, un pensiero cattivo mi ha attraversato la mente. Sarà forse perché il giorno prima, il 9 novembre, Mario Monti è stato nominato senatore a vita dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Una settimana dopo sarebbe diventato premier sull'onda degli spread. Coincidenze, ne sono certo.

di Gianfranco Amato

22 dicembre 2011

I derivati Otc hanno rotto gli argini. Rischi di nuova crisi finanziaria


La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea nel suo ultimo rapporto trimestrale conferma l’impazzimento della finanza globale. I derivati finanziari Over the counter (Otc), cioè quelli negoziati fuori dai mercati regolamentati e tenuti fuori bilancio, nel primo semestre del 2011 sono aumentati in modo stratosferico.

Alla fine di giugno il valore nozionale totale degli Otc ha raggiunto 708 trilioni di dollari con un aumento del 18% rispetto ai livelli calcolati a fine dicembre 2010!

In sei mesi, quindi, le operazioni in derivati sono aumentate di 107 trilioni, cioè di 107.000 miliardi di dollari! Sono stati superati tutti i record.

Si ricordi che alla vigilia della grande crisi, a giugno 2008, il totale Otc aveva raggiunto la vetta di 673 trilioni di dollari.

La straordinaria crescita di tali titoli è avvenuta nonostante i tanti ottimistici impegni a riformare il sistema finanziario globale assunti dal mondo politico nei vari meeting internazionali dopo il crollo della Lehman Brothers.

Ora, mentre il Fmi paventa una recessione nel mondo cosiddetto avanzato, la Bce la dà per certa in Europa e l’Ocse parla di gravi rischi di una “crescita negativa”, le grandi banche internazionali, in primis quelle americane ed inglesi, ed il sistema bancario ombra da loro controllato, hanno dato una accelerata senza precedenti ai prodotti derivati.

La finanza speculativa si allarga a dismisura e l’economia reale e produttiva si contrae! C’è il rischio di un’altra crisi molto più devastante di quella che stiamo ancora vivendo

La Bri rivela che l’esplosione dei contratti Otc è determinata quasi totalmente dalla crescita dei derivati accesi sul rischio dei tassi di interesse. Da soli essi coprono 554 trilioni. In questo campo le operazioni sono aumentate del 19% in 6 mesi. Sono contratti fatti un po’ in tutte le principali monete.

Un altro aspetto preoccupante è che la maggior parte dei contratti suddetti ha una scadenza sempre più breve. Quelli con scadenza oltre i 5 anni si sono ridotti del 6%, assestandosi intorno a 130 trilioni di dollari, mentre quelli con scadenza a meno di un anno sono aumentati del 30% raggiungendo i 247 trilioni di dollari.

Ciò è sintomo di alta instabilità e di grande volatilità che, nel momento in cui gli Otc entrassero in fibrillazione, potrebbero provocare un devastante “effetto valanga” soprattutto sulle economie più deboli. Potrebbero esserci effetti negativi anche sulle monete in cui i contratti sono stati sottoscritti.

Certamente questa nuova ondata speculativa soddisfa gli operatori e gli speculatori della City e di Wall Street. Secondo l’Office of the Comptroller of the Currency (Occ), l’agenzia che regola e controlla il sistema bancario americano, nel terzo trimestre del 2011 le banche Usa hanno infatti registrato dei profitti enormi: 13, 1 miliardi di dollari con un aumento del 78% rispetto al trimestre precedente.

L’Occ tra l’altro dimostra che i derivati creati dalle banche americane sono poco meno di 250 trilioni di dollari, di cui l’87% in prodotti strutturati sui tassi di interesse.

Si ripropone la grande questione delle banche “too big to fail”, quelle troppo grandi per lasciarle fallire, che di fatto hanno determinato il sistema economico e finanziario e hanno ricattato il mondo politico. Nel frattempo esse hanno accelerato il loro processo di concentrazione e di controllo del potere finanziario.

Infatti, se nel 2009 le cinque maggiori banche americane detenevano l’80% di tutti i derivati emessi negli Usa, oggi 4 banche soltanto, la JP Morgan Chase, la City Group, la Bank of America e la Goldman Sachs, ne detengono il 94% del totale.

Dai preoccupanti dati esposti emerge con forza la necessità per l’Italia e per l’Europa non solo di adottare con celerità le decisioni di propria competenza, ma anche soprattutto di giocare un ruolo più attivo in sede di G20 dove, purtroppo, finora non si è mai deciso nulla di realmente efficace contro lo strapotere del sistema bancario finanziario speculativo.

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

*Sottosegretario dell'Economia nel governo Prodi **Economista

21 dicembre 2011

Lo stato italiano, Berlusconi e l’ONU denunciati per una colossale truffa internazionale

La Repubblica Italiana, l’ex-premier Silvio Berlusconi, la nostra Guardia di Finanza, le Nazioni Unite ed il suo segretario Ban-Ki-Moon, l’ambasciatore italiano all’ONU Ragaglini, l’ambasciatrice italiana a Ginevra Laura Mirachian, il World Economic Forum (Davos), l’Office of International Treasury Control, ed altri personaggi più o meno conosciuti, collegati a “società segrete” di vario tipo, sono stati citati in giudizio da un cittadino americano per aver partecipato ad un complotto internazionale allo scopo di impossessarsi illegalmente di un pacchetto di Buoni del Tesoro, quasi tutti americani, per il valore nominale di 145,5 miliardi di dollari, con un valore attuale di mercato stimato intorno a 1 bilione (1000 miliardi) di dollari. Lira più lira meno.

La citazione in giudizio è stata depositata il 23 novembre scorso presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti dallo studio legale Bleakley Platt & Schmidt, che ha sede nello stato di New York, a nome di Neal F. Keenan, un cittadino americano residente in Bulgaria, che compare sia a titolo personale che in rappresentanza di un “gruppo di famiglie asiatiche” non meglio identificate, definite con il nome fittizio di “Dragon Family”.

La querela compare negli elenchi ufficiali di PACER (Public Access to Court Electronic Records), l’archivio elettronico dove è possibile consultare tutte le cause depositate presso le Corti Distrettuali e le Corti d’Appello degli Stati Uniti, ...


... che si possono anche scaricare al costo di 8 centesimi a pagina. (David Wilcock, personaggio noto a chi si occupa di esopolitica, ha già svolto questa operazione, ed ha messo a disposizione la citazione completa in formato PDF, dopo aver dato la notizia alla radio americana e sulla rete).

Il sito Courthouse News, che si occupa di questioni di tipo legale, ha commentato il fatto con un articolo del 5 dicembre intitolato “Bizzarra querela da un bilione di dollari”, nel quale ne riassume sommariamente il contenuto, decisamente complesso e intricato, anche perchè riguarda eventi storici che risalgono a quasi un secolo fa.

Secondo Keenan [da qui in poi raccontiamo ciò che viene sostenuto nella querela, per cui evitiamo ogni volta di usare il condizionale o di dire “Keenen sostiene”], nel 2009 la Dragon Family gli affidò la gestione di un pacchetto di “strumenti finanziari” che comprendevano a) 249 titoli da 500 milioni di dollari ciascuno, emessi nel 1934 dalla Federal Reserve, per un valore nominale complessivo di 124,5 miliardi di dollari; b) due serie di titoli del governo giapponese, emesse nel 1983, per un valore di oltre 9,5 miliardi di dollari ciascuna, e c) un titolo unico da 1 miliardo di dollari, chiamato “Kennedy Bond”, emesso dal governo americano nel 1998.

Da cui il totale, appunto, di 145,5 miliardi di dollari. Questi strumenti finanziari erano stati affidati a Keenan dalla Dragon Family perchè facesse investimenti internazionali di vario tipo, finalizzati ad interventi di tipo umanitario su grande scala.

Naturalmente è il pacchetto di titoli della Fed del 1934 che richiama subito l’attenzione, non solo perchè rivela una storia veramente complessa alle sue spalle, ma perchè è sulla base del valore originale (125 miliardi di dollari) che vengono calcolati gli interessi accumulati fino ad oggi, che sono stimati in 968.000.000.000 (novecentosessantottomila) miliardi di dollari. Quasi un bilione, appunto.

Questi titoli furono emessi dalla Fed come ricevuta per le ingenti quantità di oro ed altri metalli preziosi che la Dragon Family aveva trasferito negli USA come misura precauzionale, temendo una invasione militare della Cina da parte del Giappone (cosa che poi è avvenuta, nel 1937).

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la Dragon Family chiese la restituzione dell’oro consegnato alla Fed, ma si trovarono di fronte ad una lunga serie di “intoppi legali” che di fatto gli impedirono di rientrare in possesso del prezioso metallo.

Cominciano così le peripezie di questo pacchetto di titoli, che ci avrebbero portato fino ad oggi.

Dal 1946 in poi, infatti, la storia si complica enormemente, introducendo una vera e propria ragnatela di collegamenti, fra dozzine di personaggi e di organizzazioni di livello mondiale, che è molto difficile da riassumere, e ancora più difficile da verificare.

Notiamo solo che fra queste organizzazioni compare anche il misterioso OTIC (Office of International Treasury Control), che è considerato una delle più grandi organizzazioni finanziarie nel mondo, e che sostiene di esser affiliato all’ONU e alla Fed, ma con cui sia l’ONU che la Fed negano ufficialmente di aver mai avuto a che fare.

Teniamo presente che non stiamo parlando della scomparsa di qualche dozzina di euro dal conto corrente di nostra cugina, ma di un sistema mondiale di finanza occulta che parte dal presunto trafugamento di tutte le riserve auree costodite ufficialmente a Fort Knox (c’era forse anche l’oro della Dragon Family?), e che coinvolge oggi bene o male tutte le più importanti organizzazioni finanziarie mondiali, all’interno di un “universo parallelo” in cui il traffico e il riciclaggio di titoli di stato “duplicati” – cioè sostanzialmente falsi – sarebbe all’ordine del giorno.

In ogni caso, riprendiamo la vicenda dal 2009, perchè è in quell’anno che i famosi titoli della Fed ricompaiono nella mani di Keenan per essere investiti in “operazioni su grande scala di tipo umanitario”.

Per svolgere questo compito Keenan era affiancato da un emissario di fiducia della Dragon Family, Akihiro Yamaguchi, che era già fisicamente in possesso dei titoli a partire dal 2006, e che aveva presentato lo stesso Keenan alla Dragon Family.

Yamaguchi e Keenan passarono alcuni mesi in Svizzera, valutando le diverse possibilità di investimento che gli venivano proposte dalle banche locali per conto dei loro clienti in tutto il mondo.

Verso la fine di maggio sembrava che finalmente si stesse per concludere un accordo con un gruppo finanziario che viene definito nella querela come “il gruppo dei turchi”. Ma il 3 di giugno accadde un fatto imprevisto: due cittadini giapponesi furono arrestati al confine di Chiasso dalla Guardia di Finanza, mentre cercavano di trasferire in Svizzera un pacchetto di titoli di stato americani nascosti nel doppiofondo della valigia.

Curiosamente, il pacchetto conteneva 249 titoli della Federal Reserve del 1934 da mezzo miliardo di dollari ciascuno, e 10 “Kennedy Bonds” da 1 miliardo ciascuno, per un valore nominale complessivo di 134,5 miliardi di dollari.

La notizia clamorosa stava per rimbalzare sulle testate di tutto il mondo, ma gli americani si affrettarono a far sapere che quei titoli erano falsi, e la cosa si spense sul nascere. I due giapponesi furono rilasciati, e i loro nomi non furono mai comunicati ufficialmente (Keenan sostiene che uno dei due fosse proprio Yamaguchi).

Diversi tentativi fatti da giornalisti americani per saperne qualcosa di più finirono nel nulla: l’ambasciata giapponese non dava nessuna conferma del fatto, la Guardia di Finanza non aveva informazioni aggiuntive da offrire, e il tesoro americano minimizzava la cosa, confermando che i titoli fossero “sicuramente falsi”.

Naturalmente, ci credettero soltanto Topolino e i Sette Nani, ma questo fu sufficiente a tranquillizzare il pubblico americano, mentre la vera storia riprendeva a dipanarsi dietro le quinte.

Lo stato italiano, “tramite Berlusconi”, contattò il governo cinese, offrendo la restituzione dei titoli in cambio del 40% del loro valore nominale, cioè la cifra corrispondente alla penale da pagare in caso di esportazione clandestina di denaro. Ma la trattativa si arenò quando i cinesi pretesero in cambio che l’Italia saldasse il suo debito complessivo contratto fino a quel giorno con la nazione cinese, che naturalmente ammontava ad una cifra ben superiore a quella che stavano trattando.

Nel frattempo Keenan veniva avvicinato da Leo Zagami, un noto massone italiano che si presentò come membro dei “Vatican Illuminati” e come leader di una “fazione secessionista” dei Massoni con sede a Montecarlo, il quale gli disse di avere informazioni utili per rientrare in possesso dei titoli rubati. Zagami presentò a Keenan un certo Daniele Dal Bosco, che diceva di agire a nome dell’OITC. Dal Bosco disse a Keenan che i titoli sarebbero stati investiti in un modo decisamente più efficace attraverso certe organizzazioni umanitarie dell’ONU a cui erano collegati, e suggerì che la loro tutela venisse trasferita temporaneamente al “suo gruppo”, per maggiore sicurezza (fino a quel momento il titolare unico era Keenan).

Dal Bosco informò anche Keenan che la Guardia di Finanza Italiana era disposta a restituire i titoli per il 10% del valore nominale, ma Keenan rispose che la Dragon Family non era interessata a pagare un solo centesimo per qualcosa che già possedeva legalmente da oltre 70 anni.

Nelle settimane seguenti il “gruppo” di Dal Bosco cominciò a materializzarsi intorno a Keenan, e qui la faccenda si complica ulteriormente, con l’entrata in scena di diversi personaggi, che vanno da agenti dei servizi segreti bulgari ad un certo Giancarlo Bruno, direttore delle operazione finanziarie del World Economic Forum di Davos, che diceva di essere anche un “consigliere finanziario del Vaticano” e “tesoriere dei Massoni”. Bruno sosteneva che il buon fine dell’operazione fosse garantito fin dall’inizio, in quanto avevano già stipulato gli accordi preliminari con i loro contatti alle Nazioni Unite. Le ultime perplessità di Keenan scomparvero dopo una telefonata da parte di Laura Mirachian, la rappresentante permanente per l’Italia alle Organizzazioni Internazionali di Ginevra, che confermava che ”siamo tutti protetti dall’alto”, che “nessuno, compreso Keenan, ha motivo di temere ripercussioni di alcun tipo”, e che “la nostra gente a New York ha già avuto l’approvazione da parte di Ban-Ki-Moon, anche se ovviamente negheranno tutto se interpellati al riguardo”.

Insomma, per farla breve, Keenan si convinse di essere in ottime mani, e firmò la cessione temporanea dei titoli a Dal Bosco, il quale si impegnava alla restituzione incondizionata dei medesimi in qualunque momento. Inutile dire che da quel giorno in poi dei titoli non si è mai più saputo nulla.

Dopo aver cercato inutilmente di rientrarne in possesso, Keenan avrebbe quindi deciso di presentare la sua querela contro tutte le entità coinvolte, “per aver cospirato nella sottrazione illegale dei titoli di proprietà della Dragon Family di cui era il responsabile”.

Qui ovviamente si apre un tale ventaglio di ipotesi e di possibilità, per spiegare cosa possa essere realmente accaduto, a cui solo la fantasia può mettere un limite. Oltretutto, non possiamo nemmeno stabilire fino a che punto le accuse da parte di Keenan siano sostanziate e fino a che punto possano essere il frutto di una sua invenzione.

Di fatto, sappiamo solo che la querela esiste, e che i suoi contenuti sono sostanzialmente quelli che abbiamo descritto. A ben altri l’onere eventuale di accertare cosa ci sia di vero e cosa no in tutta questa faccenda.

Noi possiamo solo concludere notando un fatto curioso: mentre centinaia di miliardi di dollari sembrano muoversi disinvoltamente nell’oscurità, a nostra totale insaputa, gli italiani sono impegnati a litigare fra loro come galline impazzite per decidere se sia meglio ridurre le pensioni di un altro milione di euro all’anno, oppure tagliare lo stesso milione di euro dai salari della classe operaia.

Se la sensazione di venire perennemente fregati non arrivasse direttamente dal “giallo di Chiasso”, arriva certamente da questo genere di considerazioni.

Massimo Mazzucco

Nota: La querela che sta al centro di questo articolo è di pubblico dominio, e come tale Luogocomune si riserva il diritto di citarne i contenuti, senza necessariamente implicare che i fatti descritti siano avvenuti veramente, nè che i personaggi e le organizzazioni citate siano stati effettivamente coinvolti nella vicenda descritta.