05 febbraio 2012

Posto fisso? Imitate Monti, lui se ne intende

Ma perchè Monti è così noioso? Forse perché ha sempre avuto il posto fisso? Il nostro presidente del Consiglio, che dà sapienti lezioni ai giovani sulle virtù dell’instabilità occupazionale, non è propriamente un modello di coerenza. Già perchè se scorri il suo curriculum che lui rischi non ne ha mai corsi. Notevole carriera, la sua. Non proprio trasparente ma bellissima. E soprattutto percorsa sapendo che sotto la passerella su cui camminava c’era sempre una rete di salvataggio; talvolta addirittura due.

Dal suo curriculum scopriamo che dal 1970 al 1985 ha insegnato economia all’Università di Torino. Esperienza traumatizzante e piena di incognite. Nel 1985 è passato alla Bocconi, dove è rimasto per ben 26 anni ricoprendo le cariche di professore, rettore e poi presidente. Nel frattempo (immagino beneficiando dell’aspettativa) anche commissario europeo e consigliere di Coca Cola, Moody’s, Goldman Sachs. E ha intrapreso attività pericolosissime e trasparenti assumendo la presidenza della Trilaterale, diventando membro del comitato direttivo di Bilderberg, uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council e fondando il think tank Breugel.

Un percorso esemplare, di un uomo che ha sempre saputo affrontare i rischi, soprattutto imprenditoriali, e che ora orgogliosamente può affermare: mi sono fatto da me. Ragazzi, accettate i suoi sermoncini e imitatelo. Se ne intende…

di Marcello Foa

04 febbraio 2012

Giulio Sapelli: "Le riforme fatte da Monti sono superficiali, le strade per ripartire sono altre"

http://www.cmc.milano.it/Archivio/2010/Foto/Giulio%20Sapelli%20(Custom).JPG

Il governo Monti ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 18 novembre dell’anno scorso. In poco più di due mesi ha messo a posto i conti pubblici (decreto Salva Italia), ha varato le liberalizzazioni (decreto Cresci Italia) e dato il via libera al provvedimento sulle semplificazioni. Adesso è la volta della riforma del mercato del lavoro che si annuncia profonda e radicale. Dopo anni e anni di stallo politico e amministrativo il nostro Paese ha finalmente cambiato registro? Siamo davvero di fronte alla rivoluzione che ci farà uscire dalla crisi economica? Lo abbiamo chiesto ad uno degli storici dell’economia più autorevoli in Italia, Giulio Sapelli, torinese di nascita ma docente alla Statale di Milano.

Professore, le riforme dell’attuale Esecutivo quanto profondamente stanno cambiando l’Italia?

“Si tratta di cambiamenti superficiali, di profondi non ne ha fatto. Prendiamo per esempio il decreto sulle semplificazioni. E’ vero che sono state abolite tante farraginose pratiche burocratiche per le imprese ma l’abolizione del valore legale della laurea non è arrivato e ci sono diverse ingenuità spaventose come l’accentramento informatico presso authorities e agenzie che denota una povertà di cultura economica da parte di Monti”.

In che senso “povertà di cultura economica”? Monti è considerato uno dei più importanti economisti italiani.

“E’ diventato rapidamente ordinario di economia, ha fatto il commissario europeo ma a livello scientifico non è un grande economista. Non ha dato contributi importanti alla teoria economica, le sue pubblicazioni, tranne piccole eccezioni, sono raccolte della sua attività pubblicistica sui quotidiani. Monti è salito al governo solamente perché il vecchio gruppo di potere raccolto attorno a Berlusconi ormai non aveva più credito a livello internazionale. L’oligopolio finanziario mondiale non tollerava più i comportamenti in Europa dell’ex premier, la spaccatura con Giulio Tremonti e l’incertezza che tutto questo generava. Il rischio ora è che anche attorno a questo nuovo esecutivo si crei un clima populistico. Già si sente parlare di tassi di crescita del Pil nei prossimi anni del 10% e queste sono cose assurde, è una forma di peronismo”.

Vuole dire che il decreto sulle liberalizzazioni ovvero il “Cresci Italia” non l’ha convinta?
“Assolutamente no. Le liberalizzazioni sono inesistenti. Si è creata l’illusione che il destino dell’Italia dipenda dalle farmacie e dai tassisti e questa è una cosa ignobile. Le riforme vere e necessarie non sono state fatte. Non è stato riformato il sistema bancario, non è stata liberalizzata la rete ferroviaria che avrebbe interessato milioni di pendolari. Anche la separazione di Snam da Eni, uno degli aspetti più rilevanti dell’intero provvedimento, è in realtà una cosa inutile. Il prezzo del gas naturale in Italia è già il più basso d’Europa dopo quello dell’Inghilterra. L’elevato costo energetico nel nostro Paese non deriva dal gas ma dal fatto che l’elettricità ha scarsi contenuti di produzione da carbone e dal nucleare. La separazione alla fine favorirà Eni che venderà Snam a prezzi di mercato e incasserà una somma economica importante per fare nuovi investimenti all’estero”.

Sta entrando nel vivo la riforma del mercato del lavoro. Quali rischi vede profilarsi all’orizzonte?

“Le anticipazioni che si sentono fanno rabbrividire. Nel momento in cui ci sono 200 milioni di disoccupati nell’area Ocse in Italia si vuole abolire la cassa integrazione straordinaria e mettere in discussione l’articolo 18. Di queste modifiche si può ovviamente discutere ma solamente dopo la creazione di un welfare davvero efficiente e dopo l’eliminazione delle 40 diverse tipologie di contratto a termine esistenti”.

L’Italia già nel 1993 ebbe un governo tecnico per affrontare un grave crisi economica e finanziaria. Quella di oggi è una cosa diversa o fondamentalmente è il proseguimento della stessa crisi?

“Fondamentalmente è la stessa cosa, però allora c’era il vantaggio di non avere l’euro che oggi purtroppo è una camicia di forza. Bisogna poi aggiungere che la crisi di oggi è certamente mondiale ma noi paghiamo anche gli errori fatti da Ciampi e da Prodi che svendendo il patrimonio industriale italiano di fatto l’hanno distrutto. Sarebbe meglio che almeno questo governo non ripetesse quegli errori”.

Come può uscire l’Italia da questa lunga crisi?

“In primo luogo il nostro Paese deve battersi a livello europeo per cambiare il trattato di Maastricht e per cambiare lo statuto della Bce affinché possa agire da prestatore di ultima istanza esattamente come fa la Federal Reserve. Bisogna sperare che la Merkel e Sarkozy vengano sconfitti nelle rispettive elezioni perché questo faciliterebbe le cose. A livello interno bisogna rafforzare l’industria manifatturiera e i servizi avanzati alle imprese per posizionarci nei settori anticiclici che saranno risparmiati dalla crisi economica mondiale. Per fare questo serve un nuovo intervento pubblico nell’economia capendo però che il problema non è il debito ma l’assenza di crescita economica”.

Nell’attuale schieramento politico vede qualcuno in grado di applicare le riforme da lei suggerite
?
“Ne vedo pochi. Mi piace Fassina che ha capito che le 'stupidità' liberiste alla Giavazzi o all’Alesina ci porteranno verso il disastro ma temo che lo 'faranno fuori' in fretta. Bisogna perciò sperare che riparta un movimento sociale importante. Qualche segnale c’è, gli operai si stanno lentamente svegliando dal torpore in cui sono caduti negli ultimi 20 anni. I lavoratori dovrebbero riprendersi in mano il loro destino".

A livello personale invece cosa si può fare?

“Mettere in moto le nostre straordinarie capacità personali e capire però che la crisi non si affronta da soli ma riscoprendo il senso della comunità. In che modo? Ci sono diverse possibilità, di sicuro una è data dalle cooperative. L’impresa capitalistica non è l’unica strada possibile per la creazione di lavoro”.

Michael Pontrelli

03 febbraio 2012

Ladri di Margherita. I partiti, perfino quelli defunti, che navigano nell’oro a spese nostre




http://www.voceditalia.it/public/foto/19441.jpg


La favola del tesoriere Lusi, che fugge con la cassa (13 milioni) all’insaputa dei vertici Dl, fa ridere. Ma il guaio serio sono i partiti, perfino quelli defunti, che navigano nell’oro a spese nostre


Come si fa a non fidarsi di uno scout? Questo almeno è quel che sostengono i dirigenti dell’ex Margherita quando parlano del loro tesoriere, Luigi Lusi. Solo lui aveva in mano le chiavi del forziere del partito, poteva accedervi, prelevare soldi, decidere come spenderli. L’unico col potere di firma sui conti, assieme al presidente Francesco Rutelli. Chi se non lui, scout di rigorosa osservanza fino all’età adulta? In realtà le spiegazioni dei vertici ex Dl finora non hanno convinto la magistratura che sta indagando sull’ammanco di 13 milioni: “Il potere amministrativo, in base allo Statuto, era interamente nelle mani del senatore Luigi Lusi – hanno scritto Rutelli, Enzo Bianco (presidente dell’Assemblea federale) e Gianpiero Bocci (alla guida del Comitato di controllo sulla tesoreria) ieri dopo una riunione urgente – persona da tutti stimata, che aveva iniziato la propria attività, in quanto Direttore Generale degli Scout, apprezzato dal Sindaco Rutelli e quindi eletto due volte come amministratore del partito”. Rutelli è stato sentito dalla Procura il 16 gennaio, dopodiché ha informato i vertici dell’ex partito e chiesto le dimissioni di Lusi da tesoriere, arrivate mercoledì scorso. Nessuna rinuncia finora per la poltrona a Palazzo Madama e per il ruolo di tesoriere del Pd europeo di cui Rutelli è copresidente. L’inchiesta è partita da venti bonifici. Quelli che Lusi giustificava come “prestazioni di consulenza” e che dalle casse della Margherita sono finiti in quelle della Ttt srl, una società riconducibile proprio all’ex tesoriere. È da questi movimenti sospetti che Bankitalia ha iniziato a indagare, finché ne ha scoperti altri 70.
Quelle “voci opache”
In totale, secondo i pm romani Alberto Caperna e Stefano Pesci, Lusi si sarebbe appropriato indebitamente di circa 13 milioni di euro, dirottati su società italiane e estere di cui 5 milioni destinati al pagamento di “tasse”. Si tratta di tutti soldi pubblici, perché provenienti dagli ultimi rimborsi elettorali. Che i conti non tornassero se n’erano già accorti alcuni dirigenti della Margherita che avevano denunciato “voci opache e rissuntive” nel bilancio 2010. Il 21 giugno 2011, nell’assemblea federale in cui si dovevano decidere le sorti dei 20 milioni in attivo, ci fu la minaccia del ricorso al tribunale, che Rutelli apostrofò come “una cazzata”. E invece Enzo Carra, Renzo Lusetti, Rino Piscitello e Gaspare Nuccio una denuncia la sporsero davvero perché non coinvolti nelle decisioni in quanto transitati verso altri partiti. La giustificazione dell’esclusione è che non perseguivano più gli interessi della Margherita che ha scelto il centrosinistra. Eppure chi, come Lusetti e Carra, ha aderito all’Udc, rivendica di militare nel terzo Polo esattamente come l’Api di Rutelli che invece ha ancora diritto di parola sui finanziamenti dell’ex partito. Certo è che in molti sembrano sorpresi dagli interessi personali che Lusi ha fatto con i soldi pubblici, ma non si spiegano come abbia potuto agire da solo: “Il caso Lusi non sarà un altro Schettino ma poco ci manca. Che tutto un partito abbia subito inerte le decisioni solitarie del suo amministratore ha dell’inverosimile” dice Carra. E il leader della Destra, Francesco Storace, commenta sarcastico: “Si vede che frodava Rutelli a sua insaputa... ”. Con quel denaro è stato acquistato un immobile in pieno centro a Roma, in via Monserrato, pagato 1 milione e 900 mila euro; poi sono stati fatti due bonifici in due distinte occasioni, uno di 1 milione 863 mila e un altro di 2 milioni 815 mila euro alla “Paradiso Immobiliare”. E ancora.
Risultati degli accertamenti
La Ttt ha bonificato 272 mila euro alla Luigia Ltd., società di diritto canadese, anche questa riconducibile all’ex tesoriere. Inoltre secondo gli accertamenti di Bankitalia una parte del denaro sarebbe confluito sia sul conto personale di Lusi, circa 49 mila euro, che su quello del suo studio legale a titolo di “fondo spese”, 60 mila euro. Altri 5 milioni e 100mila euro sarebbero stati utilizzati per pagare le imposte. E non mancano neanche i soldi per la consorte: 119 mila euro sarebbero stati destinati ad uno studio di architettura di Toronto, “Giannone-Petricone”, dove lavora Pina Petricone, moglie di Lusi. Ma a non convincere i magistrati, oltre l’utilizzo del denaro, è proprio il comportamento del resto del partito. Come mai in tre anni, dal gennaio del 2008 all’estate del 2011, nessuno si sia accorto che i soldi sparivano? Anche perché Rutelli aveva, e ha ancora tutt’oggi, delega ad operare e il legame con Lusi è talmente solido, dai tempi del Comune di Roma in cui gli assegnò una consulenza per la quale poi Lusi fu giudicato non abbastanza qualificato, che appare improbabile che non abbia mai controllato l’operato del suo uomo. Ma l’ex presidente ai pm ha dichiarato di non sapere nulla della gestione Lusi.
“Solo il mio dovere”
Da parte sua Lusi ha ammesso l’appropriazione indebita ma ha poi dichiarato ai giornali “di aver fatto solo il suo dovere”, lasciando intravedere l’ombra di qualche ipotetico mandante. L’ammanco è sfuggito anche al comitato di controllo sulla tesoreria, del quale facevano parte numerosi esponenti del partito, da Bocci a Vaccaro, da Mantini a Strizzolo fino a Tanoni. Ma non a Parisi che chiese più volte verifiche sul bilancio. Con la confessione di Lusi, l’inchiesta potrebbe dirsi chiusa, ma la procura vuole capire se ci sono altri dirigenti che hanno fatto buon viso a cattivo gioco.

di Pacelli e Perniconi -

05 febbraio 2012

Posto fisso? Imitate Monti, lui se ne intende

Ma perchè Monti è così noioso? Forse perché ha sempre avuto il posto fisso? Il nostro presidente del Consiglio, che dà sapienti lezioni ai giovani sulle virtù dell’instabilità occupazionale, non è propriamente un modello di coerenza. Già perchè se scorri il suo curriculum che lui rischi non ne ha mai corsi. Notevole carriera, la sua. Non proprio trasparente ma bellissima. E soprattutto percorsa sapendo che sotto la passerella su cui camminava c’era sempre una rete di salvataggio; talvolta addirittura due.

Dal suo curriculum scopriamo che dal 1970 al 1985 ha insegnato economia all’Università di Torino. Esperienza traumatizzante e piena di incognite. Nel 1985 è passato alla Bocconi, dove è rimasto per ben 26 anni ricoprendo le cariche di professore, rettore e poi presidente. Nel frattempo (immagino beneficiando dell’aspettativa) anche commissario europeo e consigliere di Coca Cola, Moody’s, Goldman Sachs. E ha intrapreso attività pericolosissime e trasparenti assumendo la presidenza della Trilaterale, diventando membro del comitato direttivo di Bilderberg, uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council e fondando il think tank Breugel.

Un percorso esemplare, di un uomo che ha sempre saputo affrontare i rischi, soprattutto imprenditoriali, e che ora orgogliosamente può affermare: mi sono fatto da me. Ragazzi, accettate i suoi sermoncini e imitatelo. Se ne intende…

di Marcello Foa

04 febbraio 2012

Giulio Sapelli: "Le riforme fatte da Monti sono superficiali, le strade per ripartire sono altre"

http://www.cmc.milano.it/Archivio/2010/Foto/Giulio%20Sapelli%20(Custom).JPG

Il governo Monti ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 18 novembre dell’anno scorso. In poco più di due mesi ha messo a posto i conti pubblici (decreto Salva Italia), ha varato le liberalizzazioni (decreto Cresci Italia) e dato il via libera al provvedimento sulle semplificazioni. Adesso è la volta della riforma del mercato del lavoro che si annuncia profonda e radicale. Dopo anni e anni di stallo politico e amministrativo il nostro Paese ha finalmente cambiato registro? Siamo davvero di fronte alla rivoluzione che ci farà uscire dalla crisi economica? Lo abbiamo chiesto ad uno degli storici dell’economia più autorevoli in Italia, Giulio Sapelli, torinese di nascita ma docente alla Statale di Milano.

Professore, le riforme dell’attuale Esecutivo quanto profondamente stanno cambiando l’Italia?

“Si tratta di cambiamenti superficiali, di profondi non ne ha fatto. Prendiamo per esempio il decreto sulle semplificazioni. E’ vero che sono state abolite tante farraginose pratiche burocratiche per le imprese ma l’abolizione del valore legale della laurea non è arrivato e ci sono diverse ingenuità spaventose come l’accentramento informatico presso authorities e agenzie che denota una povertà di cultura economica da parte di Monti”.

In che senso “povertà di cultura economica”? Monti è considerato uno dei più importanti economisti italiani.

“E’ diventato rapidamente ordinario di economia, ha fatto il commissario europeo ma a livello scientifico non è un grande economista. Non ha dato contributi importanti alla teoria economica, le sue pubblicazioni, tranne piccole eccezioni, sono raccolte della sua attività pubblicistica sui quotidiani. Monti è salito al governo solamente perché il vecchio gruppo di potere raccolto attorno a Berlusconi ormai non aveva più credito a livello internazionale. L’oligopolio finanziario mondiale non tollerava più i comportamenti in Europa dell’ex premier, la spaccatura con Giulio Tremonti e l’incertezza che tutto questo generava. Il rischio ora è che anche attorno a questo nuovo esecutivo si crei un clima populistico. Già si sente parlare di tassi di crescita del Pil nei prossimi anni del 10% e queste sono cose assurde, è una forma di peronismo”.

Vuole dire che il decreto sulle liberalizzazioni ovvero il “Cresci Italia” non l’ha convinta?
“Assolutamente no. Le liberalizzazioni sono inesistenti. Si è creata l’illusione che il destino dell’Italia dipenda dalle farmacie e dai tassisti e questa è una cosa ignobile. Le riforme vere e necessarie non sono state fatte. Non è stato riformato il sistema bancario, non è stata liberalizzata la rete ferroviaria che avrebbe interessato milioni di pendolari. Anche la separazione di Snam da Eni, uno degli aspetti più rilevanti dell’intero provvedimento, è in realtà una cosa inutile. Il prezzo del gas naturale in Italia è già il più basso d’Europa dopo quello dell’Inghilterra. L’elevato costo energetico nel nostro Paese non deriva dal gas ma dal fatto che l’elettricità ha scarsi contenuti di produzione da carbone e dal nucleare. La separazione alla fine favorirà Eni che venderà Snam a prezzi di mercato e incasserà una somma economica importante per fare nuovi investimenti all’estero”.

Sta entrando nel vivo la riforma del mercato del lavoro. Quali rischi vede profilarsi all’orizzonte?

“Le anticipazioni che si sentono fanno rabbrividire. Nel momento in cui ci sono 200 milioni di disoccupati nell’area Ocse in Italia si vuole abolire la cassa integrazione straordinaria e mettere in discussione l’articolo 18. Di queste modifiche si può ovviamente discutere ma solamente dopo la creazione di un welfare davvero efficiente e dopo l’eliminazione delle 40 diverse tipologie di contratto a termine esistenti”.

L’Italia già nel 1993 ebbe un governo tecnico per affrontare un grave crisi economica e finanziaria. Quella di oggi è una cosa diversa o fondamentalmente è il proseguimento della stessa crisi?

“Fondamentalmente è la stessa cosa, però allora c’era il vantaggio di non avere l’euro che oggi purtroppo è una camicia di forza. Bisogna poi aggiungere che la crisi di oggi è certamente mondiale ma noi paghiamo anche gli errori fatti da Ciampi e da Prodi che svendendo il patrimonio industriale italiano di fatto l’hanno distrutto. Sarebbe meglio che almeno questo governo non ripetesse quegli errori”.

Come può uscire l’Italia da questa lunga crisi?

“In primo luogo il nostro Paese deve battersi a livello europeo per cambiare il trattato di Maastricht e per cambiare lo statuto della Bce affinché possa agire da prestatore di ultima istanza esattamente come fa la Federal Reserve. Bisogna sperare che la Merkel e Sarkozy vengano sconfitti nelle rispettive elezioni perché questo faciliterebbe le cose. A livello interno bisogna rafforzare l’industria manifatturiera e i servizi avanzati alle imprese per posizionarci nei settori anticiclici che saranno risparmiati dalla crisi economica mondiale. Per fare questo serve un nuovo intervento pubblico nell’economia capendo però che il problema non è il debito ma l’assenza di crescita economica”.

Nell’attuale schieramento politico vede qualcuno in grado di applicare le riforme da lei suggerite
?
“Ne vedo pochi. Mi piace Fassina che ha capito che le 'stupidità' liberiste alla Giavazzi o all’Alesina ci porteranno verso il disastro ma temo che lo 'faranno fuori' in fretta. Bisogna perciò sperare che riparta un movimento sociale importante. Qualche segnale c’è, gli operai si stanno lentamente svegliando dal torpore in cui sono caduti negli ultimi 20 anni. I lavoratori dovrebbero riprendersi in mano il loro destino".

A livello personale invece cosa si può fare?

“Mettere in moto le nostre straordinarie capacità personali e capire però che la crisi non si affronta da soli ma riscoprendo il senso della comunità. In che modo? Ci sono diverse possibilità, di sicuro una è data dalle cooperative. L’impresa capitalistica non è l’unica strada possibile per la creazione di lavoro”.

Michael Pontrelli

03 febbraio 2012

Ladri di Margherita. I partiti, perfino quelli defunti, che navigano nell’oro a spese nostre




http://www.voceditalia.it/public/foto/19441.jpg


La favola del tesoriere Lusi, che fugge con la cassa (13 milioni) all’insaputa dei vertici Dl, fa ridere. Ma il guaio serio sono i partiti, perfino quelli defunti, che navigano nell’oro a spese nostre


Come si fa a non fidarsi di uno scout? Questo almeno è quel che sostengono i dirigenti dell’ex Margherita quando parlano del loro tesoriere, Luigi Lusi. Solo lui aveva in mano le chiavi del forziere del partito, poteva accedervi, prelevare soldi, decidere come spenderli. L’unico col potere di firma sui conti, assieme al presidente Francesco Rutelli. Chi se non lui, scout di rigorosa osservanza fino all’età adulta? In realtà le spiegazioni dei vertici ex Dl finora non hanno convinto la magistratura che sta indagando sull’ammanco di 13 milioni: “Il potere amministrativo, in base allo Statuto, era interamente nelle mani del senatore Luigi Lusi – hanno scritto Rutelli, Enzo Bianco (presidente dell’Assemblea federale) e Gianpiero Bocci (alla guida del Comitato di controllo sulla tesoreria) ieri dopo una riunione urgente – persona da tutti stimata, che aveva iniziato la propria attività, in quanto Direttore Generale degli Scout, apprezzato dal Sindaco Rutelli e quindi eletto due volte come amministratore del partito”. Rutelli è stato sentito dalla Procura il 16 gennaio, dopodiché ha informato i vertici dell’ex partito e chiesto le dimissioni di Lusi da tesoriere, arrivate mercoledì scorso. Nessuna rinuncia finora per la poltrona a Palazzo Madama e per il ruolo di tesoriere del Pd europeo di cui Rutelli è copresidente. L’inchiesta è partita da venti bonifici. Quelli che Lusi giustificava come “prestazioni di consulenza” e che dalle casse della Margherita sono finiti in quelle della Ttt srl, una società riconducibile proprio all’ex tesoriere. È da questi movimenti sospetti che Bankitalia ha iniziato a indagare, finché ne ha scoperti altri 70.
Quelle “voci opache”
In totale, secondo i pm romani Alberto Caperna e Stefano Pesci, Lusi si sarebbe appropriato indebitamente di circa 13 milioni di euro, dirottati su società italiane e estere di cui 5 milioni destinati al pagamento di “tasse”. Si tratta di tutti soldi pubblici, perché provenienti dagli ultimi rimborsi elettorali. Che i conti non tornassero se n’erano già accorti alcuni dirigenti della Margherita che avevano denunciato “voci opache e rissuntive” nel bilancio 2010. Il 21 giugno 2011, nell’assemblea federale in cui si dovevano decidere le sorti dei 20 milioni in attivo, ci fu la minaccia del ricorso al tribunale, che Rutelli apostrofò come “una cazzata”. E invece Enzo Carra, Renzo Lusetti, Rino Piscitello e Gaspare Nuccio una denuncia la sporsero davvero perché non coinvolti nelle decisioni in quanto transitati verso altri partiti. La giustificazione dell’esclusione è che non perseguivano più gli interessi della Margherita che ha scelto il centrosinistra. Eppure chi, come Lusetti e Carra, ha aderito all’Udc, rivendica di militare nel terzo Polo esattamente come l’Api di Rutelli che invece ha ancora diritto di parola sui finanziamenti dell’ex partito. Certo è che in molti sembrano sorpresi dagli interessi personali che Lusi ha fatto con i soldi pubblici, ma non si spiegano come abbia potuto agire da solo: “Il caso Lusi non sarà un altro Schettino ma poco ci manca. Che tutto un partito abbia subito inerte le decisioni solitarie del suo amministratore ha dell’inverosimile” dice Carra. E il leader della Destra, Francesco Storace, commenta sarcastico: “Si vede che frodava Rutelli a sua insaputa... ”. Con quel denaro è stato acquistato un immobile in pieno centro a Roma, in via Monserrato, pagato 1 milione e 900 mila euro; poi sono stati fatti due bonifici in due distinte occasioni, uno di 1 milione 863 mila e un altro di 2 milioni 815 mila euro alla “Paradiso Immobiliare”. E ancora.
Risultati degli accertamenti
La Ttt ha bonificato 272 mila euro alla Luigia Ltd., società di diritto canadese, anche questa riconducibile all’ex tesoriere. Inoltre secondo gli accertamenti di Bankitalia una parte del denaro sarebbe confluito sia sul conto personale di Lusi, circa 49 mila euro, che su quello del suo studio legale a titolo di “fondo spese”, 60 mila euro. Altri 5 milioni e 100mila euro sarebbero stati utilizzati per pagare le imposte. E non mancano neanche i soldi per la consorte: 119 mila euro sarebbero stati destinati ad uno studio di architettura di Toronto, “Giannone-Petricone”, dove lavora Pina Petricone, moglie di Lusi. Ma a non convincere i magistrati, oltre l’utilizzo del denaro, è proprio il comportamento del resto del partito. Come mai in tre anni, dal gennaio del 2008 all’estate del 2011, nessuno si sia accorto che i soldi sparivano? Anche perché Rutelli aveva, e ha ancora tutt’oggi, delega ad operare e il legame con Lusi è talmente solido, dai tempi del Comune di Roma in cui gli assegnò una consulenza per la quale poi Lusi fu giudicato non abbastanza qualificato, che appare improbabile che non abbia mai controllato l’operato del suo uomo. Ma l’ex presidente ai pm ha dichiarato di non sapere nulla della gestione Lusi.
“Solo il mio dovere”
Da parte sua Lusi ha ammesso l’appropriazione indebita ma ha poi dichiarato ai giornali “di aver fatto solo il suo dovere”, lasciando intravedere l’ombra di qualche ipotetico mandante. L’ammanco è sfuggito anche al comitato di controllo sulla tesoreria, del quale facevano parte numerosi esponenti del partito, da Bocci a Vaccaro, da Mantini a Strizzolo fino a Tanoni. Ma non a Parisi che chiese più volte verifiche sul bilancio. Con la confessione di Lusi, l’inchiesta potrebbe dirsi chiusa, ma la procura vuole capire se ci sono altri dirigenti che hanno fatto buon viso a cattivo gioco.

di Pacelli e Perniconi -