04 marzo 2013

Il futuro a 5 stelle






 
Parecchi mesi fa chiedevo a Grillo di puntare a quel 57% del popolo italiano, riflessivo e positivo, che per interessi materiali e principi etici si era manifestato nel voto referendario per l’acqua pubblica, contro il nucleare, contro il legittimo impedimento del vero cancro della nostra democrazia Silvio B.
La vittoria ci fu, malgrado PDL e PD puntassero apertamente alla mancanza  del “quorum” perché la politica è meglio che non esca dai palazzi del potere, visto mai che i cittadini prendano gusto alla democrazia diretta. Fu quello il primo segnale che qualche cosa stava cambiando nella testa degli italiani.
Oggi, ad elezioni avvenute, con la dimostrazione matematica che si può fare politica anche senza soldi, rileggendo i primi 20 punti del programma del Movimento, una vera lama di luce verso una autentica democrazia attenta agli ultimi ma anche alla piccola e media impresa, bisogna concludere che il 25% dei voti, con la maglia rosa di primo partito, è molto poco, specialmente se ci confrontiamo con il NULLA proposto dagli altri partiti.
Nel rifiutare ogni alleanza con PD o PDL non bisogna perdere l’occasione di ribadire che la crisi economica è in gran parte frutto di una situazione politiche che da almeno 20 anni è di tipo consociativo, spartitorio (vedi RAI, BANCHE), in cui non esistono più né destra né sinistra, non vi è stato un vero ruolo di opposizione e di controllo, fino allo scandalo conclamato del governo Monti, sostenuto da PDL e PD.
Il teatrino della politica ci vuol far credere che B. e Bersani sono avversari, uno di destra, l’altro di sinistra, ma in realtà sono due partiti di CENTRO, in perenne lotta tra loro per spartirsi potere, affari, mantenimento dei privilegi di CASTA, diretti e pieni responsabili di una crisi che non hanno saputo né individuare, né governare.
A fronte di questi “esperti della politica”, professionisti da decenni, in realtà cialtroni e incapaci, con un’Italia ormai fallita e commissariata dall’Europa e dalle banche, gli italiani perbene dovrebbero premiare più pesantemente una organizzazione di incensurati, che promettono di andarsene dopo due legislature, che si autoriducono lo stipendio, che propongono un reddito di cittadinanza a tutti i disoccupati, da pagare con i soldi che dovremmo buttare per i bombardieri F35, che propongono di abolire le Province, di rientrare da tutte le avventure militari, che propongono l’abolizione del finanziamento ai partiti e all’editoria, e con questi risparmi finanziare massicciamente piccole e medie imprese, industriali, artigiane, agricole, che sono la spina dorsale della nostra economia.
E’ urgente che quel 57% di materializzi di nuovo alle prossime elezioni, poiché dai D’Alema, Bersani, Berlusconi verranno solo guai, paralisi, disoccupazione, precarietà, inganni, e anche se si metteranno d’accordo per un nuovo governo, non hanno la più pallida idea di come uscire dalla crisi, se non continuando
Oggi già si vede la linea contro il M5S da cui il PD“pretende” la fiducia, mentre sottobanco cerca di comprarsi qualche senatore, come ha fatto B. con Sergio De Gregorio dell’IDV, cercando di appiccicare al Movimento l’etichetta di irresponsabilità per il governo del paese.
Con Pd e PDL non c’è da prendere nemmeno un caffè. Loro hanno creato la crisi, devono riconoscere questa evidente verità e provare a tirarcene fuori. Se non sono in grado di farlo, gli elettori lo capiranno e daranno al M5S la maggioranza assoluta per governare senza limiti e ricatti.
di Paolo De Gregorio 

03 marzo 2013


http://www.wlaciccia.it/famosi/images/grillo.jpgScommetto sull'onestà di Beppe Grillo. Lo faccio perché scommetto sull'entusiasmo dei suoi sostenitori. Capisco che avranno, lui e loro, molti problemi difficili da risolvere, ed è ovvio quindi che faranno degli errori. Ma non credo che faranno dei crimini. È molto facile precipitare dagli altari nei quali si trovano, irti di spine, nella polvere, e quindi non credo che sarà così. Leggo sui giornali dei commenti di molti che si aspettano che molti di loro saranno comprati. Forse, qualcuno. Ma io penso che coloro che scrivono queste cose sui giornali e le dicono in televisione misurano la realtà con il loro metro da schiavi.
E per fortuna la realtà non è tutta composta di schiavi o di servi, come il voto ha dimostrato. E però certo si può star sicuri che per ognuno degli oltre centosessanta deputati e senatori dell'opposizione si stanno già compilando i dossier.
I servizi segreti sono lì per quello, non penseremo mica che se ne staranno con le mani in mano. Si scava e si scaverà nelle loro vite, si cercheranno le loro magagne, per poi "spenderle" prima o dopo nella melma degli intrighi di Palazzo. La nostra fortuna è che saranno dei dossier poveri e "giovani" e quindi conteranno poco, perché questo non è un personale ricattabile.
I problemi saranno più grandi e difficili. Si dovranno prendere decisioni di portata nazionale, europea, internazionale. E lo si dovrà fare stando sotto la mira di cecchini impietosi e feroci, i cosiddetti "Mercati", cioè i grandi banchieri del Superclan mafioso-massonico europeo e mondiale. Non sarà facile anche per questo.
E dunque io penso che senza una squadra Grillo non potrà reggere a lungo. Si pone il problema di una squadra che lo protegga, e che protegga questi centosessanta parlamentari. Perché un esercito che rimane a lungo senza ordini chiari e senza una guida non può che disperdersi. I vecchi marpioni del Palazzo già cominciano con le loro lusinghe, e tutti i giornali titolano "Bersani apre a Grillo", "Bersani sfida Grillo". O... "Bersani si inginocchia davanti a Grillo", "Bersani chiede a Grillo".
Fino all'altro ieri non se n'erano accorti, adesso capiscono che non possono evitare, e ci provano.
E io so che non serviranno a catturare né Grillo né i suoi. Lo so, perché Grillo ha costruito una macchina che non lo consente. E coloro che gli fanno delle proposte più o meno sconce continuano a ragionare come se non ci fosse Grillo, ma Grillo c'è, e il Movimento Cinque Stelle c'è.
Purtroppo non ci sono soltanto le lusinghe, che si possono respingere.
Ci sono invece questioni che non si possono aggirare: le grandi questioni sociali, come quella del lavoro; e c'è un paese in ginocchio che implora, che esige una tregua dopo questa rapina che ha subito con il consenso di tutti quelli che sono stati battuti, non per caso, in queste elezioni.
Bisogna stare attenti, perché sarà facile per il Palazzo, in nome della ingovernabilità del Paese, rovesciare sul Movimento Cinque Stelle responsabilità che non sono sue.
Dunque occorre prepararsi.
Per questo credo che Grillo e il M5S abbiano bisogno di un forte sostegno nel Paese, molto più ampio di quel 25 per cento straordinario che è stato raggiunto. Serve una forte e organizzata opposizione sociale che muova dalle aziende, dalle fabbriche, dalla scuola, dall'università, dalle categorie colpite, dalla società civile. Questa deve essere ancora costruita.
Il 25 per cento è opera di Beppe Grillo. Il resto sarà opera di tutti noi, insieme al Movimento Cinque Stelle.
È inutile dunque che io ripeta che la situazione è difficile e piena di trabocchetti, ma la spallata è stata forte e possente.
Il Partito Democratico esce clamorosamente sconfitto, e adesso implora.
E la destra? Due parole sulla destra bisogna dirle: la destra festeggia non si sa perché, forse festeggia soltanto lo scampato pericolo della sua sparizione, ma le cifre lo dicono: dai 17 milioni di voti che aveva nel 2008, è scesa a 8 milioni. Meno della metà. Un tracollo: sono stati dimezzati. Questo ci dice una cosa importante: che la narrazione di questa Italia berlusconiana è inesistente. Non è più così. Hanno perduto 8 milioni e mezzo di voti. L'Italia è cambiata, e non solo perché Beppe Grillo ha vinto. È cambiata perché è cambiato l'intero panorama. Quindi la destra ha poco da festeggiare.
Della sinistra, quella che già una volta ho definito "falcemartellata e girotondina", è meglio non parlare: addio! Addio per sempre! La riscossa è venuta da un'altra parte. Ed è giusto che sia così, perché la Storia non fa sconti a nessuno. E buona fortuna a tutti.
Fonte: http://www.megachip.info/rubriche/34-giulietto-chiesa-cronache-marxziane/9868-giulietto-chiesa-qmi-fido-dellonesta-di-grillo.html

02 marzo 2013

La verità sul debito pubblico



Sul debito pubblico è ora che sia fatta chiarezza. È un fardello pesantissimo per le finanze pubbliche, e consuma ingenti risorse che, altrimenti, potrebbero essere utilizzate per i servizi utili al cittadino, ed è per questo motivo che dobbiamo pretendere di saperne di più.
Tanto per cominciare, ho provato a mettere a confronto i dati relativi al debito pubblico anno per anno (forniti da Banca d’Italia) con i vari governi che si sono succeduti dal 1970 ad oggi(disponibili su Wikipedia). Negli anni in cui si sono succeduti più Presidenti del Consiglio l’incremento annuale è stato diviso proporzionalmente su base mensile. Il grafico sottostante indica, in miliardi di euro, i risultati relativi ai primi 5 classificati sulla base del debito pubblico attribuibile al/ai governi da essi presieduti.
Debito pubblico per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi572
Andreotti285
Craxi213
Prodi154
Amato125
I dati sopra illustrati rendono palese il fatto che il debito pubblico è imputabile sia ai governi della Prima che della Seconda repubblica, a quelli di destra e anche a quelli di sinistra. Persino ai governi tecnici come quelli del presidente Amato (Ciampi, Dini e Monti sono rispettivamente in 6, 7 e 8 posizione) sono attribuibili importanti quote del debito pubblico.
Tuttavia, gli esecutivi che si distinguono, e di gran lunga, per aver prodotto la maggiore porzione di debito sono quelli del Presidente Silvio Berlusconi. Questo primato non viene scalfito nemmeno se, ai dati a valori nominali, sostituiamo quelli a valori corretti con l’inflazione (dall’anno di formazione ad oggi).
Debito pubblico (a valori reali) per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi675
Andreotti551
Craxi434
Prodi192
Amato184
A valori nominali, pertanto, ai governi del Presidente Berlusconi è attribuibile quasi il 30% del debito pubblico complessivo.
% di debito pubblico attribuibile a ogni Presidente
Berlusconi29%
Andreotti14%
Craxi11%
Prodi8%
Amato6%
tutti gli altri insieme32%
Negli anni duemila, l’Italia ha mantenuto il parametro del disavanzo primario entro limiti previsti dai trattati europei e questo ha permesso all’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, di dire che i conti pubblici erano a posto. Purtroppo però, tale indicatore tiene conto della differenza fra entrate e uscite, senza però includere il costo degli interessi sul debito pubblico, che in Italia rappresentano circa il 20% di tutte le uscite (vedi bilancio pubblico 2011) e ammontano a più di 80 miliardi.
Se allo scadere di una quota di titoli del debito pubblico, il governo rifinanzia il tutto (compreso gli interessi) con l’emissione di nuovo debito pubblico, gli interessi producono a loro volta altro debito entrando così un circolo vizioso senza fine.
Durante tutti i governi Berlusconi, il primo comandamento è sempre stato quello di non aumentare le imposte, fa niente che così il debito pubblico cresceva, tanto il tasso d’interesse non era mai stato così basso dall’introduzione dell’euro, fino alla crisi dello spread che ha fatto cadere tutto il castello di ipotesi che stava probabilmente alla base di quella condotta.
Non mi dilungherei sui governi Andreotti e Craxi, anni nei quali a tutti è chiaro che si sia fatto un uso spropositato della spesa pubblica (assistenzialismo, baby pensioni, ecc).
che hanno prodotto molto debito pubblico. Tuttavia, egli ha avuto almeno l’accortezza di tenere sotto controllo il rapporto debito/PIL, portandolo dal 121% dell’ultimo governo Dini (1995), al 115% (1998), trend che poi è continuato fino ai primi anni dei governi Berlusconi (2004) arrivando fino a quota 104%. Anche il secondo governo Prodi è stato attento a questo parametro, riportandolo al 104% dopo un peggioramento avvenuto tra il 2005 e i 2006.
I governi Amato, soprattutto quello del '92-'93 hanno prodotto un significativo ammontare di debito pubblico, nonostante le privatizzazioni, avvenute in quegli anni, che portarono nelle casse dello Stato diversi miliardi di euro. Come sono stati spesi quei soldi, e perché non sono stati utilizzati per abbattere il debito?
Sempre a proposito di governi tecnici, non si può dire che abbiano fatto molta attenzione a non far crescere il debito pubblico. Il prossimo grafico mostra l’incremento del debito pubblico per mese di governo. Si osservi come nelle prime posizioni troviamo tutti i tecnici: Ciampi, Monti, Dini e Amato. L’unica eccezione è De Mita. Ad onor del vero, sul governo del Presidente Monti bisogna dire che hanno pesato le emissioni di debito pubblico per il trasferimento al fondo salva stati europeo che valgono una trentina di miliardi, ma anche tenendo conto di questo, rimarrebbe comunque nella top ten. L’illustrissimo Senatore Carlo Azeglio Ciampi (presidente prima dalla Banca d’Italia, poi del Consiglio dei Ministri e infine della Repubblica) in soli 12 mesi di governo, tra il 1993 e il 1994 è riuscito a mantenere una media d’incremento del debito pubblico superiore a tutti gli altri governi della storia.
Incremento teorico del debito pubblico, su base mensile, in miliardi di euro (primi 10 Presidenti)
Ciampi9,1
Monti6,7
Dini6,3
De Mita5,3
Amato5,2
Berlusconi5,2
Goria5,0
Craxi4,7
Fanfani4,3
Andreotti3,3
Concludendo, sarei favorevole ad una commissione che ricostruisca le cause e le responsabilità che hanno portato alla formazione di un debito pubblico così abnorme, in modo da consegnare questo documento, come monito, ai futuri governi che, si spera, adotteranno politiche più lungimiranti dei precedenti.

Nell’attesa che questo avvenga, sarei molto felice di vedere qualche giornalista italiano organizzare una trasmissione televisiva sull’argomento. Si potrebbero invitare come ospiti molti dei presidenti sopracitati che avranno sicuramente molte cose da raccontarci in merito.

04 marzo 2013

Il futuro a 5 stelle






 
Parecchi mesi fa chiedevo a Grillo di puntare a quel 57% del popolo italiano, riflessivo e positivo, che per interessi materiali e principi etici si era manifestato nel voto referendario per l’acqua pubblica, contro il nucleare, contro il legittimo impedimento del vero cancro della nostra democrazia Silvio B.
La vittoria ci fu, malgrado PDL e PD puntassero apertamente alla mancanza  del “quorum” perché la politica è meglio che non esca dai palazzi del potere, visto mai che i cittadini prendano gusto alla democrazia diretta. Fu quello il primo segnale che qualche cosa stava cambiando nella testa degli italiani.
Oggi, ad elezioni avvenute, con la dimostrazione matematica che si può fare politica anche senza soldi, rileggendo i primi 20 punti del programma del Movimento, una vera lama di luce verso una autentica democrazia attenta agli ultimi ma anche alla piccola e media impresa, bisogna concludere che il 25% dei voti, con la maglia rosa di primo partito, è molto poco, specialmente se ci confrontiamo con il NULLA proposto dagli altri partiti.
Nel rifiutare ogni alleanza con PD o PDL non bisogna perdere l’occasione di ribadire che la crisi economica è in gran parte frutto di una situazione politiche che da almeno 20 anni è di tipo consociativo, spartitorio (vedi RAI, BANCHE), in cui non esistono più né destra né sinistra, non vi è stato un vero ruolo di opposizione e di controllo, fino allo scandalo conclamato del governo Monti, sostenuto da PDL e PD.
Il teatrino della politica ci vuol far credere che B. e Bersani sono avversari, uno di destra, l’altro di sinistra, ma in realtà sono due partiti di CENTRO, in perenne lotta tra loro per spartirsi potere, affari, mantenimento dei privilegi di CASTA, diretti e pieni responsabili di una crisi che non hanno saputo né individuare, né governare.
A fronte di questi “esperti della politica”, professionisti da decenni, in realtà cialtroni e incapaci, con un’Italia ormai fallita e commissariata dall’Europa e dalle banche, gli italiani perbene dovrebbero premiare più pesantemente una organizzazione di incensurati, che promettono di andarsene dopo due legislature, che si autoriducono lo stipendio, che propongono un reddito di cittadinanza a tutti i disoccupati, da pagare con i soldi che dovremmo buttare per i bombardieri F35, che propongono di abolire le Province, di rientrare da tutte le avventure militari, che propongono l’abolizione del finanziamento ai partiti e all’editoria, e con questi risparmi finanziare massicciamente piccole e medie imprese, industriali, artigiane, agricole, che sono la spina dorsale della nostra economia.
E’ urgente che quel 57% di materializzi di nuovo alle prossime elezioni, poiché dai D’Alema, Bersani, Berlusconi verranno solo guai, paralisi, disoccupazione, precarietà, inganni, e anche se si metteranno d’accordo per un nuovo governo, non hanno la più pallida idea di come uscire dalla crisi, se non continuando
Oggi già si vede la linea contro il M5S da cui il PD“pretende” la fiducia, mentre sottobanco cerca di comprarsi qualche senatore, come ha fatto B. con Sergio De Gregorio dell’IDV, cercando di appiccicare al Movimento l’etichetta di irresponsabilità per il governo del paese.
Con Pd e PDL non c’è da prendere nemmeno un caffè. Loro hanno creato la crisi, devono riconoscere questa evidente verità e provare a tirarcene fuori. Se non sono in grado di farlo, gli elettori lo capiranno e daranno al M5S la maggioranza assoluta per governare senza limiti e ricatti.
di Paolo De Gregorio 

03 marzo 2013


http://www.wlaciccia.it/famosi/images/grillo.jpgScommetto sull'onestà di Beppe Grillo. Lo faccio perché scommetto sull'entusiasmo dei suoi sostenitori. Capisco che avranno, lui e loro, molti problemi difficili da risolvere, ed è ovvio quindi che faranno degli errori. Ma non credo che faranno dei crimini. È molto facile precipitare dagli altari nei quali si trovano, irti di spine, nella polvere, e quindi non credo che sarà così. Leggo sui giornali dei commenti di molti che si aspettano che molti di loro saranno comprati. Forse, qualcuno. Ma io penso che coloro che scrivono queste cose sui giornali e le dicono in televisione misurano la realtà con il loro metro da schiavi.
E per fortuna la realtà non è tutta composta di schiavi o di servi, come il voto ha dimostrato. E però certo si può star sicuri che per ognuno degli oltre centosessanta deputati e senatori dell'opposizione si stanno già compilando i dossier.
I servizi segreti sono lì per quello, non penseremo mica che se ne staranno con le mani in mano. Si scava e si scaverà nelle loro vite, si cercheranno le loro magagne, per poi "spenderle" prima o dopo nella melma degli intrighi di Palazzo. La nostra fortuna è che saranno dei dossier poveri e "giovani" e quindi conteranno poco, perché questo non è un personale ricattabile.
I problemi saranno più grandi e difficili. Si dovranno prendere decisioni di portata nazionale, europea, internazionale. E lo si dovrà fare stando sotto la mira di cecchini impietosi e feroci, i cosiddetti "Mercati", cioè i grandi banchieri del Superclan mafioso-massonico europeo e mondiale. Non sarà facile anche per questo.
E dunque io penso che senza una squadra Grillo non potrà reggere a lungo. Si pone il problema di una squadra che lo protegga, e che protegga questi centosessanta parlamentari. Perché un esercito che rimane a lungo senza ordini chiari e senza una guida non può che disperdersi. I vecchi marpioni del Palazzo già cominciano con le loro lusinghe, e tutti i giornali titolano "Bersani apre a Grillo", "Bersani sfida Grillo". O... "Bersani si inginocchia davanti a Grillo", "Bersani chiede a Grillo".
Fino all'altro ieri non se n'erano accorti, adesso capiscono che non possono evitare, e ci provano.
E io so che non serviranno a catturare né Grillo né i suoi. Lo so, perché Grillo ha costruito una macchina che non lo consente. E coloro che gli fanno delle proposte più o meno sconce continuano a ragionare come se non ci fosse Grillo, ma Grillo c'è, e il Movimento Cinque Stelle c'è.
Purtroppo non ci sono soltanto le lusinghe, che si possono respingere.
Ci sono invece questioni che non si possono aggirare: le grandi questioni sociali, come quella del lavoro; e c'è un paese in ginocchio che implora, che esige una tregua dopo questa rapina che ha subito con il consenso di tutti quelli che sono stati battuti, non per caso, in queste elezioni.
Bisogna stare attenti, perché sarà facile per il Palazzo, in nome della ingovernabilità del Paese, rovesciare sul Movimento Cinque Stelle responsabilità che non sono sue.
Dunque occorre prepararsi.
Per questo credo che Grillo e il M5S abbiano bisogno di un forte sostegno nel Paese, molto più ampio di quel 25 per cento straordinario che è stato raggiunto. Serve una forte e organizzata opposizione sociale che muova dalle aziende, dalle fabbriche, dalla scuola, dall'università, dalle categorie colpite, dalla società civile. Questa deve essere ancora costruita.
Il 25 per cento è opera di Beppe Grillo. Il resto sarà opera di tutti noi, insieme al Movimento Cinque Stelle.
È inutile dunque che io ripeta che la situazione è difficile e piena di trabocchetti, ma la spallata è stata forte e possente.
Il Partito Democratico esce clamorosamente sconfitto, e adesso implora.
E la destra? Due parole sulla destra bisogna dirle: la destra festeggia non si sa perché, forse festeggia soltanto lo scampato pericolo della sua sparizione, ma le cifre lo dicono: dai 17 milioni di voti che aveva nel 2008, è scesa a 8 milioni. Meno della metà. Un tracollo: sono stati dimezzati. Questo ci dice una cosa importante: che la narrazione di questa Italia berlusconiana è inesistente. Non è più così. Hanno perduto 8 milioni e mezzo di voti. L'Italia è cambiata, e non solo perché Beppe Grillo ha vinto. È cambiata perché è cambiato l'intero panorama. Quindi la destra ha poco da festeggiare.
Della sinistra, quella che già una volta ho definito "falcemartellata e girotondina", è meglio non parlare: addio! Addio per sempre! La riscossa è venuta da un'altra parte. Ed è giusto che sia così, perché la Storia non fa sconti a nessuno. E buona fortuna a tutti.
Fonte: http://www.megachip.info/rubriche/34-giulietto-chiesa-cronache-marxziane/9868-giulietto-chiesa-qmi-fido-dellonesta-di-grillo.html

02 marzo 2013

La verità sul debito pubblico



Sul debito pubblico è ora che sia fatta chiarezza. È un fardello pesantissimo per le finanze pubbliche, e consuma ingenti risorse che, altrimenti, potrebbero essere utilizzate per i servizi utili al cittadino, ed è per questo motivo che dobbiamo pretendere di saperne di più.
Tanto per cominciare, ho provato a mettere a confronto i dati relativi al debito pubblico anno per anno (forniti da Banca d’Italia) con i vari governi che si sono succeduti dal 1970 ad oggi(disponibili su Wikipedia). Negli anni in cui si sono succeduti più Presidenti del Consiglio l’incremento annuale è stato diviso proporzionalmente su base mensile. Il grafico sottostante indica, in miliardi di euro, i risultati relativi ai primi 5 classificati sulla base del debito pubblico attribuibile al/ai governi da essi presieduti.
Debito pubblico per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi572
Andreotti285
Craxi213
Prodi154
Amato125
I dati sopra illustrati rendono palese il fatto che il debito pubblico è imputabile sia ai governi della Prima che della Seconda repubblica, a quelli di destra e anche a quelli di sinistra. Persino ai governi tecnici come quelli del presidente Amato (Ciampi, Dini e Monti sono rispettivamente in 6, 7 e 8 posizione) sono attribuibili importanti quote del debito pubblico.
Tuttavia, gli esecutivi che si distinguono, e di gran lunga, per aver prodotto la maggiore porzione di debito sono quelli del Presidente Silvio Berlusconi. Questo primato non viene scalfito nemmeno se, ai dati a valori nominali, sostituiamo quelli a valori corretti con l’inflazione (dall’anno di formazione ad oggi).
Debito pubblico (a valori reali) per Presidente del Consiglio dal 1970 a oggi in miliardi di euro (primi 5 classificati)
Berlusconi675
Andreotti551
Craxi434
Prodi192
Amato184
A valori nominali, pertanto, ai governi del Presidente Berlusconi è attribuibile quasi il 30% del debito pubblico complessivo.
% di debito pubblico attribuibile a ogni Presidente
Berlusconi29%
Andreotti14%
Craxi11%
Prodi8%
Amato6%
tutti gli altri insieme32%
Negli anni duemila, l’Italia ha mantenuto il parametro del disavanzo primario entro limiti previsti dai trattati europei e questo ha permesso all’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, di dire che i conti pubblici erano a posto. Purtroppo però, tale indicatore tiene conto della differenza fra entrate e uscite, senza però includere il costo degli interessi sul debito pubblico, che in Italia rappresentano circa il 20% di tutte le uscite (vedi bilancio pubblico 2011) e ammontano a più di 80 miliardi.
Se allo scadere di una quota di titoli del debito pubblico, il governo rifinanzia il tutto (compreso gli interessi) con l’emissione di nuovo debito pubblico, gli interessi producono a loro volta altro debito entrando così un circolo vizioso senza fine.
Durante tutti i governi Berlusconi, il primo comandamento è sempre stato quello di non aumentare le imposte, fa niente che così il debito pubblico cresceva, tanto il tasso d’interesse non era mai stato così basso dall’introduzione dell’euro, fino alla crisi dello spread che ha fatto cadere tutto il castello di ipotesi che stava probabilmente alla base di quella condotta.
Non mi dilungherei sui governi Andreotti e Craxi, anni nei quali a tutti è chiaro che si sia fatto un uso spropositato della spesa pubblica (assistenzialismo, baby pensioni, ecc).
che hanno prodotto molto debito pubblico. Tuttavia, egli ha avuto almeno l’accortezza di tenere sotto controllo il rapporto debito/PIL, portandolo dal 121% dell’ultimo governo Dini (1995), al 115% (1998), trend che poi è continuato fino ai primi anni dei governi Berlusconi (2004) arrivando fino a quota 104%. Anche il secondo governo Prodi è stato attento a questo parametro, riportandolo al 104% dopo un peggioramento avvenuto tra il 2005 e i 2006.
I governi Amato, soprattutto quello del '92-'93 hanno prodotto un significativo ammontare di debito pubblico, nonostante le privatizzazioni, avvenute in quegli anni, che portarono nelle casse dello Stato diversi miliardi di euro. Come sono stati spesi quei soldi, e perché non sono stati utilizzati per abbattere il debito?
Sempre a proposito di governi tecnici, non si può dire che abbiano fatto molta attenzione a non far crescere il debito pubblico. Il prossimo grafico mostra l’incremento del debito pubblico per mese di governo. Si osservi come nelle prime posizioni troviamo tutti i tecnici: Ciampi, Monti, Dini e Amato. L’unica eccezione è De Mita. Ad onor del vero, sul governo del Presidente Monti bisogna dire che hanno pesato le emissioni di debito pubblico per il trasferimento al fondo salva stati europeo che valgono una trentina di miliardi, ma anche tenendo conto di questo, rimarrebbe comunque nella top ten. L’illustrissimo Senatore Carlo Azeglio Ciampi (presidente prima dalla Banca d’Italia, poi del Consiglio dei Ministri e infine della Repubblica) in soli 12 mesi di governo, tra il 1993 e il 1994 è riuscito a mantenere una media d’incremento del debito pubblico superiore a tutti gli altri governi della storia.
Incremento teorico del debito pubblico, su base mensile, in miliardi di euro (primi 10 Presidenti)
Ciampi9,1
Monti6,7
Dini6,3
De Mita5,3
Amato5,2
Berlusconi5,2
Goria5,0
Craxi4,7
Fanfani4,3
Andreotti3,3
Concludendo, sarei favorevole ad una commissione che ricostruisca le cause e le responsabilità che hanno portato alla formazione di un debito pubblico così abnorme, in modo da consegnare questo documento, come monito, ai futuri governi che, si spera, adotteranno politiche più lungimiranti dei precedenti.

Nell’attesa che questo avvenga, sarei molto felice di vedere qualche giornalista italiano organizzare una trasmissione televisiva sull’argomento. Si potrebbero invitare come ospiti molti dei presidenti sopracitati che avranno sicuramente molte cose da raccontarci in merito.