13 giugno 2013

Se la FED si "compra" l'Europa




La notizia è uscita molto in sordina qualche giorno addietro, e l'abbiamo commentata immediatamente in trasmissione su Raz24: la Fed, Banca Centrale Usa, starebbe pensando seriamente di intervenire sui mercati per acquistare dei titoli di Stato dei Paesi europei in difficoltà. 

Mentre in Europa si discute a non finire sull'operato della Banca Centrale Europea in merito agli "aiuti" indiretti agli Stati per calmierare l'ascesa dei tassi di interesse, proprio mediante l'acquisto di parte del debito pubblico dei vari Paesi, ora parrebbe che anche la Fed stia per intervenire in "nostro" soccorso.

Tutto parte, e per ora finisce, da una frase pronunciata da Ben Bernanke un po' di tempo addietro. Questa: «La Fed ha l'autorità per acquistare sia debito pubblico nazionale sia debito pubblico straniero»
In Italia è stata riportata pochissimo a suo tempo, ma ora iniziano alcune timide analisi in concomitanza con le turbolenze europee proprio su questo tema. Al di là della possibilità o meno che tale operazione possa avere inizio in grande stile, visto che è difficile che la Fed, una volta presa la decisione, lo faccia con interventi a basso profilo, è però tema che va analizzato a fondo. Perché nel caso le implicazioni per i Paesi europei sarebbero enormi.
Intanto chiariamo un punto: al momento, noi, non abbiamo ulteriori conferme dell'operazione, dunque invece di dare la cosa per certa salvo poi fare finta di nulla ove il tutto non dovesse concretizzarsi, preferiamo invece dedicarci ad alcune supposizioni in punta di logica. Anche perché queste, da sole, come vedremo sono più che sufficienti per avvalorare la tesi e le parole di Bernanke.
La cosa ha più di qualche reale possibilità, chiariamolo. Intanto perché la Federal Reserve, oltre alle operazioni monstre interne, cioè l'immissione di enormi masse di liquidità in Usa, già è attiva e praticamente da sempre sui mercati esteri. Poi perché, come cercheremo di spiegare, l'operazione rientra in una logica cristallina. 
Già a suo tempo la Fed intervenne in Europa concedendo denaro a varie Banche in difficoltà. Ma il passaggio ipotizzato verso un intervento anche sui titoli di Stato apre diversi altri scenari. Un conto è intervenire per acquistare parte delle Banche, un conto differente, come si intuisce, è invece andare ad acquistare parte dei debiti sovrani degli Stati. Questi ultimi, tra i quali il nostro, si troverebbero di fatto a essere "posseduti", quota parte, proprio dalla Fed. Nel momento in cui firmiamo delle cambiali, cioè, nello specifico, dei titoli di Stato, diventiamo debitori verso qualcuno, il che di fatto ha enorme influenza su di noi.
Prima sintesi parziale: se la Fed acquista il nostro debito pubblico, a meno che un giorno, o prima o poi, per un verso o per un altro, con un meccanismo o un altro, non decidiamo di ripudiarlo (cosa assai improbabile, vista la classe politica che ci governa e la cittadinanza che la vota) ciò significa che diveniamo in quota parte proprietà degli Stati Uniti d'America, attraverso la Banca Centrale Usa. Basta questo per far capire l'importanza di questa indiscrezione?
Detto dell'urgenza del tema, resta ora da capire, ma non è difficile farlo, il motivo per il quale la Federal Reserve sarebbe ben pronta a intervenire in Europa. Una volta snocciolati i vari motivi per i quali sarebbe in procinto di farlo non ci si stupirà più nel prendere tale indiscrezione come, in realtà, una operazione ormai già messa in cantiere.
Che motivi e benefici avrebbe dunque la Fed ad acquistare debito pubblico europeo? 
Tanti. Differenti. Importanti. E alla fine dei conti, decisivi.
Intanto per fare spese da noi dovrebbe acquistare Euro, visto che non potrebbe comperare direttamente in Dollari. Questo non solo non è un problema per la Fed, visto che può stampare Dollari secondo necessità, ma diventa anche un beneficio diretto. Dopo aver fatto un accordo di swap con la Bce per proseguire con l'operazione, semplicemente stamperebbe denaro per andare ad acquistare Euro che poi userebbe per comperare i titoli di Stato. Il beneficio diretto, sempre per loro, sia chiaro, è quello che così facendo si creerebbe una situazione di ulteriore aumento di circolazione per il Dollaro, peraltro senza creare, in questo caso, problemi inflazionistici. Aumentare la circolazione del Dollaro, ricordiamolo, gli sarebbe utile per evitare che salgano troppo i prezzi delle materie prime e del petrolio, che è un altro problema che al momento si trova a dover fronteggiare. Potrebbe, in tal caso, ridurre un po' il pompaggio interno di liquidità, che enormi pericolosità comunque le ha, e allo stesso tempo mantenere alto il valore di cambio delle altre monete rispetto al Dollaro. Ergo, gli Usa sarebbero, come effetto indiretto, avvantaggiati nelle esportazioni, con i benefici connessi all'economia interna.
Ma c'è anche il lato geopolitico, prima di passare a quello prettamente economico, finanziario e predatorio.
Andiamo per ordine. Gli Usa, soprattutto oggi, hanno assoluto bisogno che l'Europa non collassi economicamente e politicamente. La situazione attuale europea, disastrata dal punto di vista dell'occupazione e dunque della società nel suo complesso, è un problema enorme per gli Usa nel caso in cui essi dovessero intervenire militarmente in tanti scenari di guerra che si stanno aprendo, o che intende aprire per continuare a perseguire interessi da noi e in Medio Oriente. 
Rammentiamo cosa è successo con la Libia, ad esempio, o in Mali, dove complici le situazioni non felici dei Paesi europei ci sono state adesioni piuttosto timide agli interventi di fatto decisi dagli Usa. Ecco, ciò gli Stati Uniti non possono permetterselo. E ancora meno possono permettersi che l'Europa diventi a guida prettamente tedesca come in pratica avviene già da anni.
Per gli Usa l'Europa deve essere in buona salute e stabile, sia per essere utilizzata come mercato di sbocco per i prodotti statunitensi sia per essere usata alla bisogna come alleato strategico per perseguire gli interessi a stelle e strisce nel vecchio continente e ancora più a Oriente.
Dal punto di vista economico e finanziario, inoltre, le cose sono ancora più chiare. E più spietate, ovviamente: in Europa gli Usa possono venire a fare un mucchio di denaro. L'economia statunitense è alla strenua ricerca del rilancio e dell'aumento dell'occupazione. Ora, aprendo e tenendo vivi i mercati europei, sostenendo i debiti pubblici acquistando i titoli di Stato come ventilato da Bernanke, gli Usa beneficerebbero di milioni di nuovi posti di lavoro in patria. Da loro si produce di più, e si crea occupazione, perché l'Europa può iniziare nuovamente ad acquistare. Chiaro, no?
Ma non solo. Il punto dirimente, e pericoloso, è un altro. Questo: se la Fed "ci compera", allora la finanza statunitense può attivarsi ancora di più nella gestione delle nostre economie. Ribadiamolo: se il nostro debito pubblico è in loro mani, sono quelle mani che ci inizieranno a guidare sempre più direttamente. Da noi c'è da fare enormi affari a prezzi di saldo: le sofferenze bancarie e quelle immobiliari, ad esempio, sono note. E su queste si avventerebbero ancora di più gli Usa. Ma ancora: entrando a gamba tesa nel nostro continente, e facendolo forti dell'aiuto concessoci con l'acquisto dei titoli di Stato, gli Usa avrebbero gioco facile a imporsi presso di noi rispetto la deriva del momento. Spieghiamo: al momento tra Fondi sovrani arabi e investitori cinesi e russi, l'Europa sta finendo spacchettata nelle mani orientali. Gli Usa non solo non vogliono permetterlo, ma vogliono partecipare alla spartizione e fare fuori gli altri il più possibile.
Tradotto in parole semplici: gli Usa, mediante la Fed, userebbero come moneta di scambio, o meglio come ricatto, il fatto di sostenerci con l'acquisto dei titoli di Stato dei Paesi di difficoltà. E noi ci caleremmo le braghe su tutto il fronte.
Altro aspetto, anzi due, collegati all'operazione. Il primo: se si realizzasse questo scenario, tutto il rigore tedesco andrebbe a farsi benedire e la Germania sarebbe fatta fuori, dal punto di vista politico ed economico, rispetto allo scenario europeo che invece adesso domina. Resteranno calmi, dalle parti del Bundestag? Difficile crederlo. Il secondo: potrebbe innescarsi una "corsa all'aiuto". Perché mai, di fronte alle spese della Fed, dovrebbero rimanere ferme invece la Cina o il Giappone? E che effetti avrebbe una nuova corsa a sostenerci sull'economia interna?
Facile: tornerebbe una sorta di euforia e gli europei tornerebbero a fare acquisti felici, contenti e soprattutto ignari. Inconsapevoli di aver subito un nuovo piano Marshall, magari a doppia tenaglia - Usa e Cina - e questa volta con effetti definitivi sulla propria sovranità.
Ultima cosa, en passant. Non perdiamo di vista un punto cardine: la Fed starebbe per venire a fare acquisti in Europa con una operazione estremamente semplice e indolore per gli Usa e invece molto dolorosa per noi. Loro ci comprerebbero semplicemente stampando moneta dal nulla. Come le banconote del Monopoli, mentre noi saremmo legati a quel punto mani e piedi molto di più rispetto a quanto già non siamo adesso, dopo l'invasione europea della seconda guerra mondiale.

12 giugno 2013

La fine della sovranità






 

La fine del mondo c'è stata, eccome! Non è avvenuta in un giorni preciso, ma si è spalmata su più decenni. Il mondo che è scomparso era un mondo in cui la maggior parte dei bambini sapevano leggere e scrivere. In cui si ammiravano gli eroi invece delle vittime. In cui gli apparati politici non si erano ancora trasformati in macchine per stritolare le anime. In cui si avevano a disposizione più modelli che diritti. Era un mondo nel quale si poteva capire che cosa intendeva dire Pascal quando sosteneva che il divertimento ci distrae dall'essere veramente uomini. Era un mondo nel quale le frontiere garantivano a coloro che vivevano al loro un interno un modo di essere e di vivere che era di loro specifica pertinenza. Era un mondo che aveva anche i suoi difetti e che talvolta è stato addirittura orribile, ma dove la vita quotidiana del maggior numero di persone era quantomeno garantita da dispositivi di senso capaci di dispensare punti di riferimento. Attraverso i ricordi, quel mondo rimane familiare a molti. Taluni lo rimpiangono. Ma non tornerà.
Il nuovo mondo è liquido. Al suo interno, lo spazio e il tempo sono aboliti. Liberata dalle sue tradizionali mediazioni, la società è diventata sempre più fluida e sempre più segmentata, il che ne facilita la mercantilizzazione. Vi si vive secondo il modo dello zapping. Con la scomparsa di fatto dei grandi progetti collettivi, in altre epoche portatori di visioni del mondo differenti, la religione dell'io — un io fondato sul desiderio narcisistico di libertà incondizionata, un io produttore di sé a partire dal niente — è sfociata in una "detradizionalizzazione" generalizzata, che va di pari passo con la liquidazione dei punti di riferimento e dei punti fissi, rendendo l'individuo più malleabile e più condizionabile, più precario e più nomade. Da un mezzo secolo, l'«osmosi finanziaria della destra finanziaria e della sinistra multiculturale», come ha scritto Mathieu Bock-Coté, si è sforzata, con il pretesto della "modernizzazione" emancipatrice, di far confluire liberalismo economico e liberalismo societario, sistema di mercato e cultura marginale, grazie soprattutto alla strumentalizzazione mercantile dell'ideologia del desiderio, capitalizzando così sulla decomposizione delle forme sociali tradizionali. L'obiettivo generale è eliminare le comunità di senso che non funzionano secondo la logica del mercato. Parallelamente, sono all'opera vere e proprie trasformazioni antropologiche. Toccano il rapporto con se stessi, il rapporto con l'altro, il rapporto con il corpo, il rapporto con la tecniche. E domani giungeranno sino alla fusione programmatica fra l'elettronico e il vivente. Quando il desiderio di profitto si impone
come unica motivazione a detrimento di tutte le altre, il suo effetto performativo è di generalizzare lo spirito mercantile, che decompone la popolazione in semplici clientele. In questo contesto, il "politicamente corretto" non è una semplice moda un po' ridicola, ma un mezzo forte per trasformare il pensiero, per restringere ulteriormente uno spazio comune generatore di obbligazioni reciproche, per rendere impossibile la riabilitazione di un universo di senso oggi scomparso.
Stiamo infine assistendo all'istituirsi della governane, una sorta di cesarismo finanziario che consiste nel governare i popoli tenendoli in disparte. Lo Stato terapeutico e gestionale, dispensatore di ingegneria sociale e Grande Sorvegliante, si impegna, dal canto suo, a sopprimere la barriera esistente tra l'ordine e il caos. Esso basa il proprio potere sulla costituzione assolutamente volontaria di una situazione subcaotica, sullo sfondo di una fuga in avanti e di una illimitatezza generalizzate, creando in tal modo una situazione di guerra civile fredda. Lo stesso concetto di classe sociale viene congedato da una sociologia vittimistica che al suo posto colloca la denuncia dell'"esclusione" e la "lotta contro le discriminazioni", e da una "scienza" economica che guarda al concetto di popolo come ad una categoria residuale, nel momento stesso in cui la lotta di classe è più che mai in auge.
Sotto l'effetto delle politiche di "austerità", l'Europa sta scivolando nella recessione, quando non nella depressione. La disoccupazione di massa continua ad estendersi, lo smantellamento dei servizi pubblici comporta la riduzione dei beni sociali e il potere d'acquisto crolla. Un quarto della popolazione europea (120 milioni di persone) è sotto la minaccia della povertà. In passato, si sono fatte rivoluzioni per meno di questo. Oggi, non accade niente di simile. Delocalizzazioni, licenziamenti e piani sociali provocano, certo, proteste — ma non assistiamo a nessuno sciopero di solidarietà, e meno che mai a scioperi generali: la lotta per il mantenimento del posto di lavoro non ha prospettive al di là di se stessa. Perché la crisi viene subita così passivamente? Perché i popoli sono sfiniti, sbalorditi, sgomenti? Perché hanno interiorizzato l'idea che non esistano alternative? I popoli vivono sotto l'orizzonte della fatalità. Attendono che questo accada. Ma non accadrà, perché il capitalismo si scontra oggettivamente con limiti storici assoluti.
Viviamo una crisi di un'ampiezza assolutamente inedita, che tocca il sistema capitalista ad un livello di accumulazione e di produttività ancora mai raggiunto. Le crisi del XIX secolo avevano potuto essere superate perché la Forma-Capitale non si era ancora impadronita di tutta la riproduzione sociale. Quella del 1929 lo è stata grazie al fordismo, alla regolazione keynesiana e alla guerra. La crisi attuale, che interviene sullo sfondo della terza rivoluzione industriale, è una crisi strutturale, contrassegnata
dalla completa emancipazione della finanza di mercato rispetto all'economia reale e dall'indebitamento generalizzato. Uno dei suoi effetti diretti è consistito nell'affidare il potere politico ai rappresentanti di Goldman Sachs e di Lehman Brothers. Ma nessuno di loro risolverà il problema, perché non esiste un meccanismo che consenta di aver ragione della crisi. Le bolle finanziarie, il credito di Stato e la macchina che stampa banconote, vale a dire la creazione di capitale-denaro fittizio, non possono più risolvere il problema della desostanzializzazione generalizzata del Capitale. Sia che ci si diriga verso un'inflazione incontrollabile in assenza di qualsiasi reale valorizzazione — trattando l'attuale crisi di solvibilità come una crisi di liquidità — sia che si vada verso un generalizzato default nei pagamenti, tutto ciò non può che finire con un terremoto.
In un'epoca come la nostra, ci sono solo quattro tipi di uomini. Ci sono coloro che, del tutto consapevolmente, vogliono che ci si infili sempre più lontano nel caos e nella notte. Ci sono quelli che, volontariamente o no, sono sempre pronti a subire. Ci sono i diplodochi reazionari, che vivono la situazione attuale sul registro della deplorazione. Fra geremiadi e commemorazioni, credono di poter far tornare il vecchio ordine, ragion per cui non fanno altro che registrare sconfitte. Infine, ci sono coloro che vogliono un nuovo inizio. Quelli che vivono nella notte ma non sono della notte, poiché vogliono ritrovare la luce. Quelli che sanno che al di sopra del reale c'è il possibile. A loro piace citare George Orwell: «In un'epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario».

[Diorama letterario, n 314, primavera 2013]
di Alain de Benoist 

10 giugno 2013

La «Costituzione più Bella del Mondo»? È la Tedesca





german court EU La «Costituzione più Bella del Mondo»? È la Tedesca (di Maurizio Blondet)
Nota di Rischio Calcolato: questo post è tratto dalla rivista on-line EffediEffe sito di informazione a cui consigliamo caldamente un abbonamento (50€ spesi benissimo). Consiglio la lettura di questo articolo a tutti quelli che: “è colpa dei tedeschi”. Hanno ragione è colpa dei tedeschi se loro, i tedeschi si sono ben guardati dal mettere i trattati europei davanti alla “loro” costituzione.  Noi invece siamo tanto ligi e affidabili europei. Eh si, “colpa dei tedeschi”, come no.


La data a lungo rimandata ormai è qui: in settimana, la Corte Costituzionale tedesca si riunisce a Karlsruhe per emanare una sentenza che può essere fatale per l’euro, per l’eurozona o per Italia e Spagna, secondo come sarà modulata.
Lo ricorda sul Telegraph l’ottimo Ambrose Evans-Pritchard che ha intervistato il giurista germanico Udo di Fabio, che fino all’anno scorso è stato membro della Corte tedesca specializzato sull’euro, il quale ha scritto: «Nella misura in cui la Banca Centrale Europea continua ad agire “ultra vires” (oltre il suo mandato: in Germania s’insegna ancora il latino, ndr) , e queste violazioni sono prolungate e gravi, la Corte deve decidere se la Germania può, in base alla sua costituzione, restare un membro della unione monetaria». 
Se la posizione dell’ex membro Di Fabio è condivisa da 5 degli 8 togati di Karlsruhe, sarebbe una dichiarazione di illegalità del macchinario di salvataggio della moneta unica messo in atto da Mario Draghi, precisamente lo ESM (European Stability Mechanism) da 500 miliardi di euro di fondi di salvataggio, usati per comprare tonnellate di titoli di debito pubblico italiano e spagnolo, o l’Outright Monetary Transactions (OMT) che un anno fa ha calmato la crescita stratosferica dello spread sui nostri Bot e Btp, e sui bonos ispanici, calmando i «mercati» (di fatto scavalcati) e riducendo il rischio di una frattura nell’eurozona.
Secondo 37 mila cittadini tedeschi, fra cui esponenti politici, docenti universitari ed economisti euroscettici, che hanno presentato denuncia alla Corte, la BCE ha superato il suo mandato finanziando i deficit di Stati fallimentari.
Di Fabio, in un suo discorso alla Fondazione Tedesca delle Imprese Familiari, ha spiegato che la Corte non ha gli strumenti «procedurali» per obbligare la BCE a cambiare strada; può però emettere una «dichiarazione» con sapore di ultimatum: se la BCE insiste a comprare buoni del tesoro del Club Med, allora la Corte ha il potere di vietare alla Bundesbank, la Banca Centrale tedesca, di contribuire al salvataggio. Sarebbe la fine dell’euro, con (l’auspicabile) uscita della Germania.
La Bundesbank, con il suo capo Jens Weidmann, non aspetta altro. Weidmann già a dicembre ha inviato alla corte di Karlsruhe una relazione che accusa Draghi, e la sua promessa di fare «tutto il necessario», come una violazione dell’indipendenza della BCE e dei principii fondamentali su cui è stata fondata la Banca. La quale, ha scritto testualmente Weidmann, «non ha il mandato legale per mantenere l’attuale composizione della unione monetaria». 
Ma lo farà la Corte di Karlsruhe? Lo stesso Di Fabio ha ammesso che gli otto giudici non premeranno «il pulsante d’uscita», perché sono «a favore dell’integrazione»; ma può bloccare l’acquisto di buoni del tesoro di Spagna e Italia ed altri «periferici», il che otterrebbe lo stesso risultato: di colpo lo spread risalirebbe alle stelle, la crisi dell’eurozona si arroventerebbe all’istante e Italia e Spagna, costrette a mendicare fondi ai «liberi mercati», tornerebbero ad essere in virtuale bancarotta, e sullo scivolo d’uscita dall’euro: uscita caotica, disordinata e catastrofica. È solo l’OMT che ci tiene nell’euro, a prezzo della nostra miseria crescente collettiva.
Questo atteggiamento rivela l’ambiguità fondamentale che cova nella superpotenza germanica: tentata di uscire dall’euro, ma dandone la colpa agli altri; e ben conscia che è il solo Paese a godere i vantaggi dell’euro, finché non sia chiamata a pagare il conto della perdita di competitività, e del conseguente declino, che ha inflitto ai Paesi periferici. 
Evans-Pritchard ricorda giustamente che nel 2009, con una storica pronuncia, la Corte Costituzionale tedesca ha sancito la sovranità germanica sopra l’Unione Europea: l’ha fatto accettando sì il Trattato di Lisbona ossia ratificandolo nel proprio diritto nazionale, ma sancendo nello stesso tempo che sono gli Stati membri ad essere «Padroni dei Trattati», e non i trattati europei padroni degli Stati. Sono infatti i parlamenti democraticamente eletti la autorità legittima. Il che significa, per quanto riguarda la Germania, che essa ha il dovere di «rigettare ulteriori partecipazioni all’Unione Europea» se il macchinismo eurocratico mina e minaccia i poteri del Bundestag, il parlamento eletto. (Chi vuol saperne di più veda Karlsruhe Constitutional Judgment on the Lisbon Treaty
Tutti gli altri Stati europei hanno accettato Lisbona senza questa condizione. La sola è stata la Germania, che da questo momento è diventata il solo Stato sovrano rimasto, e «padrone» della UE, visto che ha dichiarato la supremazia della sua Costituzione (Grundgesetz) sulle leggi europoidi che gli altri devono accettare, essendosi legati le mani. 
È qualcosa che andrebbe continuamente ricordato ai nostri politici che giurano amore immutabile alla «Costituzione più bella del mondo», e l’hanno svenduta – e continuano a demolirla – assoggettandola all’eurocrazia che nessuno ha eletto, ed obbedendo a tutte le cervellotiche ingiunzioni dei Barroso, Rehn e comesischiamano. 
Potevano almeno, i nostri politici tanto europeisti, far notare che la Germania, la sola ad accettare il trattato di Lisbona sub condicione, si era resa lo Stato «più uguale degli altri», e di fatto il padrone di tutti gli altri? E che la Unione Europea era divenuta la orwelliana «Fattoria degli animali», dove tutti sono uguali ma – appunto – i maiali un po’ di più? Potevano obiettare che questo era ormai un mostro giuridico, e difendere la Costituzione-più-bella-del mondo? 
Potevano. Non l’hanno fatto. Sicché siamo appesi al filo della Corte di Karlsruhe, che deciderà il nostro destino. 
Il peggio è che siamo appesi alla perdurante ambiguità tedesca, che ci vuole «dentro» l’euro ma in punizione perpetua, fino al giorno in cui deciderà che non le conviene più restarci. Già nel settembre scorso i suoi giudici costituzionali hanno ripetuto il loro «sì, ma però» con una sentenza dello scorso settembre : rigettò una richiesta di suoi cittadini che volevano far dichiarare illegale lo ESM di Draghi, ma nello stesso tempo hanno limitato la contribuzione tedesca allo ESM a 190 miliardi di euro. Vietò al Bundestag, il solo parlamento eletto e quindi democraticamente sovrano, di «accettare passività derivate da decisioni di altri Stati». 
Una decisione di grande buonsenso giuridico, che tutti dovremmo invidiare : ma di fatto, ha silurato ogni speranza di emissione di eurobond, di messa in comune del debito e di unione di bilancio, ossia tutte le cose in cui vacuamente sperano i politicanti italioti. 
A settembre la Corte di Karlsruhe ha sancito che il Bundestag non può alienare all’organismo UE i suoi poteri di tassare e spendere, perché con ciò minerebbe la democrazia tedesca. Il suo presidente Andreas Vosskuhle sentenziò, in quell’occasione, che la Germania ha raggiunto il limite dell’integrazione UE, e che ogni altro passo verso una più stretta integrazione richiederebbe «una nuova costituzione», che a sua volta dovrebbe essere approvata da referendum.
Decisamente, i nostri politicanti, quando esaltano la Costituzione più bella del mondo, dovrebbero precisare che non è quella di Benigni, ma intendono quella della Repubblica Federale Tedesca. Avessimo noi dei giudici costituzionali così…
BUONSENSO A LONDRA – Il ministro alla Giustizia Chris Grayling , ha esplicitamente dichiarato «folli» le politiche sul lavoro messe in atto dalla Commissione Europea, che sta affondando milioni di posti di lavoro ed ogni prospettiva d crescita. «Molta gente importante a Bruxelles non vive nel mondo reale», ha detto il ministro britannico, «sono prigioniere di un dogma, secondo cui la sola soluzione ad ogni problema è ancor più regolazione europea». Questo, in un periodo di enorme disoccupazione di massa nella zona, rischia di scatenare estremismi di ogni sorta. 
Ricordiamo: la disoccupazione è del 27% in Grecia, del 26,8 in Spagna, sta fulmineamente salendo agli stessi livelli in Italia (grazie al tecnico Monti che ha accelerato il collasso), dove la disoccupazione dei giovani è sul 38%; mentre in Gran Bretagna – che come fondamentali è messa male quanto la Spagna – è del 7,8%. Non occorre indovinare qual è la moneta che fa la differenza. 
«La mancanza di credito è quella che impedisce la ripresa in Europa»: l’ha detto António Borges, un ex direttore europeo del Fondo Monetario Internazionale, attualmente docente di Economia a Lisbona: secondo Borges, litigare sull’austerità distoglie l’attenzione da un altro punto: le banche in rovina non fanno prestiti, perché non sono in grado di farli.
Il perché l’ha spiegato Klaas Knot, il presidente della Banca centrale Olandese. Sostanzialmente: A differenza degli Stati Uniti, l’Europa non ha voluto ricapitalizzare le sua grandi banche in seguito alla crisi finanziaria del 2007-09. Invece, i politici scommesso che la ripresa economica avrebbe sollevato la redditività delle istituzioni finanziarie, consentendo loro di aumentare le proprie riserve di capitale nel corso del tempo. È ormai chiaro che questa strategia è fallita. Per questo la zona euro è in una nuova recessione (aggravata da austerità imposta e – per l’Italia, iper-tassazione e parassitismo pubblico di massa). (Europe’s banks must be recapitalized)
Secondo Knot, le quotazioni depresse di molte banche segnalano quanto siano malate. In media, il valore di mercato rispetto al valore di libro delle banche europee ora è di circa 0,50. Questo indica che le banche hanno notevoli perdite occulte sui loro libri. Klaas Knot ha rilevato che il ripristino di bilanci delle banche è un requisito fondamentale per la ripresa economica. Per facilitare questo processo, ha detto, è essenziale per creare la trasparenza circa le perdite del settore bancario e di avere una risoluzione ordinata delle attività in perdita. Senza questo, le banche rimarranno restrittive nel fare nuovi prestiti. 
Invece in Europa, i politici – in combutta con i capi delle grandi banche – hanno nascosto la rumenta sotto il tappeto: più precisamente, hanno sì fatto che le banche venissero ricapitalizzate, ma ciò non è avvenuto mediante l’emissione di nuove azioni, bensì versando il patrimonio. L’emissione di nuove azioni avrebbe fatto infatti perdere il controllo ai caporioni-azionisti che hanno nel libro-paga i politicanti; un pericolo che hanno voluto evitare ad ogni costo. Hanno dato alle banche soldi dei contribuenti, e Draghi (il capo dei capi) ha fornito l’enorme fiumana di soldi – il famoso trilione – alle banche, le quali però comprano Bot e Bund tedeschi («sicuri», ancorché a interessi sotto lo zero) anziché finanziare le imprese private. 
Ne consegue che tutte le politiche «per il lavoro» del governo Letta – defiscalizzazione per le imprese che «assumono giovani» (le voglio vedere), miserabili detrazioni per chi compra cucine e rifà il bagno – sono pannicelli caldi. Tutto inutile finché le banche non fanno credito, sedute sulle loro perdite occultate per non perdere il potere. Il credit crunch non fa che aggravarsi, mentre le sofferenze bancarie non fanno che aumentare (+22% ad aprile!). E chi volete che assuma «i giovani» se la banca non gli fa i fidi? La soluzione è quella che indica il centro studi «Scenari Economici Feed», che mi limito a riportare:
«Ricapitalizzare il sistema bancario – Fare trasparenza sui bilanci delle banche, facendo emergere le perdite e passività reali nei bilanci. Ridurre il peso delle banche sul sistema finanziario, ed incentivata l’azione delle imprese a raccogliere fondi da emissioni obbligazionarie – Eliminare le demenziali tassazioni sulle transazioni finanziarie (la Tobin Tax, applicata in questo moment di denaro scarso e mercati fermi, è infatti semplicemente folle).
di Maurizio Blondet 

13 giugno 2013

Se la FED si "compra" l'Europa




La notizia è uscita molto in sordina qualche giorno addietro, e l'abbiamo commentata immediatamente in trasmissione su Raz24: la Fed, Banca Centrale Usa, starebbe pensando seriamente di intervenire sui mercati per acquistare dei titoli di Stato dei Paesi europei in difficoltà. 

Mentre in Europa si discute a non finire sull'operato della Banca Centrale Europea in merito agli "aiuti" indiretti agli Stati per calmierare l'ascesa dei tassi di interesse, proprio mediante l'acquisto di parte del debito pubblico dei vari Paesi, ora parrebbe che anche la Fed stia per intervenire in "nostro" soccorso.

Tutto parte, e per ora finisce, da una frase pronunciata da Ben Bernanke un po' di tempo addietro. Questa: «La Fed ha l'autorità per acquistare sia debito pubblico nazionale sia debito pubblico straniero»
In Italia è stata riportata pochissimo a suo tempo, ma ora iniziano alcune timide analisi in concomitanza con le turbolenze europee proprio su questo tema. Al di là della possibilità o meno che tale operazione possa avere inizio in grande stile, visto che è difficile che la Fed, una volta presa la decisione, lo faccia con interventi a basso profilo, è però tema che va analizzato a fondo. Perché nel caso le implicazioni per i Paesi europei sarebbero enormi.
Intanto chiariamo un punto: al momento, noi, non abbiamo ulteriori conferme dell'operazione, dunque invece di dare la cosa per certa salvo poi fare finta di nulla ove il tutto non dovesse concretizzarsi, preferiamo invece dedicarci ad alcune supposizioni in punta di logica. Anche perché queste, da sole, come vedremo sono più che sufficienti per avvalorare la tesi e le parole di Bernanke.
La cosa ha più di qualche reale possibilità, chiariamolo. Intanto perché la Federal Reserve, oltre alle operazioni monstre interne, cioè l'immissione di enormi masse di liquidità in Usa, già è attiva e praticamente da sempre sui mercati esteri. Poi perché, come cercheremo di spiegare, l'operazione rientra in una logica cristallina. 
Già a suo tempo la Fed intervenne in Europa concedendo denaro a varie Banche in difficoltà. Ma il passaggio ipotizzato verso un intervento anche sui titoli di Stato apre diversi altri scenari. Un conto è intervenire per acquistare parte delle Banche, un conto differente, come si intuisce, è invece andare ad acquistare parte dei debiti sovrani degli Stati. Questi ultimi, tra i quali il nostro, si troverebbero di fatto a essere "posseduti", quota parte, proprio dalla Fed. Nel momento in cui firmiamo delle cambiali, cioè, nello specifico, dei titoli di Stato, diventiamo debitori verso qualcuno, il che di fatto ha enorme influenza su di noi.
Prima sintesi parziale: se la Fed acquista il nostro debito pubblico, a meno che un giorno, o prima o poi, per un verso o per un altro, con un meccanismo o un altro, non decidiamo di ripudiarlo (cosa assai improbabile, vista la classe politica che ci governa e la cittadinanza che la vota) ciò significa che diveniamo in quota parte proprietà degli Stati Uniti d'America, attraverso la Banca Centrale Usa. Basta questo per far capire l'importanza di questa indiscrezione?
Detto dell'urgenza del tema, resta ora da capire, ma non è difficile farlo, il motivo per il quale la Federal Reserve sarebbe ben pronta a intervenire in Europa. Una volta snocciolati i vari motivi per i quali sarebbe in procinto di farlo non ci si stupirà più nel prendere tale indiscrezione come, in realtà, una operazione ormai già messa in cantiere.
Che motivi e benefici avrebbe dunque la Fed ad acquistare debito pubblico europeo? 
Tanti. Differenti. Importanti. E alla fine dei conti, decisivi.
Intanto per fare spese da noi dovrebbe acquistare Euro, visto che non potrebbe comperare direttamente in Dollari. Questo non solo non è un problema per la Fed, visto che può stampare Dollari secondo necessità, ma diventa anche un beneficio diretto. Dopo aver fatto un accordo di swap con la Bce per proseguire con l'operazione, semplicemente stamperebbe denaro per andare ad acquistare Euro che poi userebbe per comperare i titoli di Stato. Il beneficio diretto, sempre per loro, sia chiaro, è quello che così facendo si creerebbe una situazione di ulteriore aumento di circolazione per il Dollaro, peraltro senza creare, in questo caso, problemi inflazionistici. Aumentare la circolazione del Dollaro, ricordiamolo, gli sarebbe utile per evitare che salgano troppo i prezzi delle materie prime e del petrolio, che è un altro problema che al momento si trova a dover fronteggiare. Potrebbe, in tal caso, ridurre un po' il pompaggio interno di liquidità, che enormi pericolosità comunque le ha, e allo stesso tempo mantenere alto il valore di cambio delle altre monete rispetto al Dollaro. Ergo, gli Usa sarebbero, come effetto indiretto, avvantaggiati nelle esportazioni, con i benefici connessi all'economia interna.
Ma c'è anche il lato geopolitico, prima di passare a quello prettamente economico, finanziario e predatorio.
Andiamo per ordine. Gli Usa, soprattutto oggi, hanno assoluto bisogno che l'Europa non collassi economicamente e politicamente. La situazione attuale europea, disastrata dal punto di vista dell'occupazione e dunque della società nel suo complesso, è un problema enorme per gli Usa nel caso in cui essi dovessero intervenire militarmente in tanti scenari di guerra che si stanno aprendo, o che intende aprire per continuare a perseguire interessi da noi e in Medio Oriente. 
Rammentiamo cosa è successo con la Libia, ad esempio, o in Mali, dove complici le situazioni non felici dei Paesi europei ci sono state adesioni piuttosto timide agli interventi di fatto decisi dagli Usa. Ecco, ciò gli Stati Uniti non possono permetterselo. E ancora meno possono permettersi che l'Europa diventi a guida prettamente tedesca come in pratica avviene già da anni.
Per gli Usa l'Europa deve essere in buona salute e stabile, sia per essere utilizzata come mercato di sbocco per i prodotti statunitensi sia per essere usata alla bisogna come alleato strategico per perseguire gli interessi a stelle e strisce nel vecchio continente e ancora più a Oriente.
Dal punto di vista economico e finanziario, inoltre, le cose sono ancora più chiare. E più spietate, ovviamente: in Europa gli Usa possono venire a fare un mucchio di denaro. L'economia statunitense è alla strenua ricerca del rilancio e dell'aumento dell'occupazione. Ora, aprendo e tenendo vivi i mercati europei, sostenendo i debiti pubblici acquistando i titoli di Stato come ventilato da Bernanke, gli Usa beneficerebbero di milioni di nuovi posti di lavoro in patria. Da loro si produce di più, e si crea occupazione, perché l'Europa può iniziare nuovamente ad acquistare. Chiaro, no?
Ma non solo. Il punto dirimente, e pericoloso, è un altro. Questo: se la Fed "ci compera", allora la finanza statunitense può attivarsi ancora di più nella gestione delle nostre economie. Ribadiamolo: se il nostro debito pubblico è in loro mani, sono quelle mani che ci inizieranno a guidare sempre più direttamente. Da noi c'è da fare enormi affari a prezzi di saldo: le sofferenze bancarie e quelle immobiliari, ad esempio, sono note. E su queste si avventerebbero ancora di più gli Usa. Ma ancora: entrando a gamba tesa nel nostro continente, e facendolo forti dell'aiuto concessoci con l'acquisto dei titoli di Stato, gli Usa avrebbero gioco facile a imporsi presso di noi rispetto la deriva del momento. Spieghiamo: al momento tra Fondi sovrani arabi e investitori cinesi e russi, l'Europa sta finendo spacchettata nelle mani orientali. Gli Usa non solo non vogliono permetterlo, ma vogliono partecipare alla spartizione e fare fuori gli altri il più possibile.
Tradotto in parole semplici: gli Usa, mediante la Fed, userebbero come moneta di scambio, o meglio come ricatto, il fatto di sostenerci con l'acquisto dei titoli di Stato dei Paesi di difficoltà. E noi ci caleremmo le braghe su tutto il fronte.
Altro aspetto, anzi due, collegati all'operazione. Il primo: se si realizzasse questo scenario, tutto il rigore tedesco andrebbe a farsi benedire e la Germania sarebbe fatta fuori, dal punto di vista politico ed economico, rispetto allo scenario europeo che invece adesso domina. Resteranno calmi, dalle parti del Bundestag? Difficile crederlo. Il secondo: potrebbe innescarsi una "corsa all'aiuto". Perché mai, di fronte alle spese della Fed, dovrebbero rimanere ferme invece la Cina o il Giappone? E che effetti avrebbe una nuova corsa a sostenerci sull'economia interna?
Facile: tornerebbe una sorta di euforia e gli europei tornerebbero a fare acquisti felici, contenti e soprattutto ignari. Inconsapevoli di aver subito un nuovo piano Marshall, magari a doppia tenaglia - Usa e Cina - e questa volta con effetti definitivi sulla propria sovranità.
Ultima cosa, en passant. Non perdiamo di vista un punto cardine: la Fed starebbe per venire a fare acquisti in Europa con una operazione estremamente semplice e indolore per gli Usa e invece molto dolorosa per noi. Loro ci comprerebbero semplicemente stampando moneta dal nulla. Come le banconote del Monopoli, mentre noi saremmo legati a quel punto mani e piedi molto di più rispetto a quanto già non siamo adesso, dopo l'invasione europea della seconda guerra mondiale.

12 giugno 2013

La fine della sovranità






 

La fine del mondo c'è stata, eccome! Non è avvenuta in un giorni preciso, ma si è spalmata su più decenni. Il mondo che è scomparso era un mondo in cui la maggior parte dei bambini sapevano leggere e scrivere. In cui si ammiravano gli eroi invece delle vittime. In cui gli apparati politici non si erano ancora trasformati in macchine per stritolare le anime. In cui si avevano a disposizione più modelli che diritti. Era un mondo nel quale si poteva capire che cosa intendeva dire Pascal quando sosteneva che il divertimento ci distrae dall'essere veramente uomini. Era un mondo nel quale le frontiere garantivano a coloro che vivevano al loro un interno un modo di essere e di vivere che era di loro specifica pertinenza. Era un mondo che aveva anche i suoi difetti e che talvolta è stato addirittura orribile, ma dove la vita quotidiana del maggior numero di persone era quantomeno garantita da dispositivi di senso capaci di dispensare punti di riferimento. Attraverso i ricordi, quel mondo rimane familiare a molti. Taluni lo rimpiangono. Ma non tornerà.
Il nuovo mondo è liquido. Al suo interno, lo spazio e il tempo sono aboliti. Liberata dalle sue tradizionali mediazioni, la società è diventata sempre più fluida e sempre più segmentata, il che ne facilita la mercantilizzazione. Vi si vive secondo il modo dello zapping. Con la scomparsa di fatto dei grandi progetti collettivi, in altre epoche portatori di visioni del mondo differenti, la religione dell'io — un io fondato sul desiderio narcisistico di libertà incondizionata, un io produttore di sé a partire dal niente — è sfociata in una "detradizionalizzazione" generalizzata, che va di pari passo con la liquidazione dei punti di riferimento e dei punti fissi, rendendo l'individuo più malleabile e più condizionabile, più precario e più nomade. Da un mezzo secolo, l'«osmosi finanziaria della destra finanziaria e della sinistra multiculturale», come ha scritto Mathieu Bock-Coté, si è sforzata, con il pretesto della "modernizzazione" emancipatrice, di far confluire liberalismo economico e liberalismo societario, sistema di mercato e cultura marginale, grazie soprattutto alla strumentalizzazione mercantile dell'ideologia del desiderio, capitalizzando così sulla decomposizione delle forme sociali tradizionali. L'obiettivo generale è eliminare le comunità di senso che non funzionano secondo la logica del mercato. Parallelamente, sono all'opera vere e proprie trasformazioni antropologiche. Toccano il rapporto con se stessi, il rapporto con l'altro, il rapporto con il corpo, il rapporto con la tecniche. E domani giungeranno sino alla fusione programmatica fra l'elettronico e il vivente. Quando il desiderio di profitto si impone
come unica motivazione a detrimento di tutte le altre, il suo effetto performativo è di generalizzare lo spirito mercantile, che decompone la popolazione in semplici clientele. In questo contesto, il "politicamente corretto" non è una semplice moda un po' ridicola, ma un mezzo forte per trasformare il pensiero, per restringere ulteriormente uno spazio comune generatore di obbligazioni reciproche, per rendere impossibile la riabilitazione di un universo di senso oggi scomparso.
Stiamo infine assistendo all'istituirsi della governane, una sorta di cesarismo finanziario che consiste nel governare i popoli tenendoli in disparte. Lo Stato terapeutico e gestionale, dispensatore di ingegneria sociale e Grande Sorvegliante, si impegna, dal canto suo, a sopprimere la barriera esistente tra l'ordine e il caos. Esso basa il proprio potere sulla costituzione assolutamente volontaria di una situazione subcaotica, sullo sfondo di una fuga in avanti e di una illimitatezza generalizzate, creando in tal modo una situazione di guerra civile fredda. Lo stesso concetto di classe sociale viene congedato da una sociologia vittimistica che al suo posto colloca la denuncia dell'"esclusione" e la "lotta contro le discriminazioni", e da una "scienza" economica che guarda al concetto di popolo come ad una categoria residuale, nel momento stesso in cui la lotta di classe è più che mai in auge.
Sotto l'effetto delle politiche di "austerità", l'Europa sta scivolando nella recessione, quando non nella depressione. La disoccupazione di massa continua ad estendersi, lo smantellamento dei servizi pubblici comporta la riduzione dei beni sociali e il potere d'acquisto crolla. Un quarto della popolazione europea (120 milioni di persone) è sotto la minaccia della povertà. In passato, si sono fatte rivoluzioni per meno di questo. Oggi, non accade niente di simile. Delocalizzazioni, licenziamenti e piani sociali provocano, certo, proteste — ma non assistiamo a nessuno sciopero di solidarietà, e meno che mai a scioperi generali: la lotta per il mantenimento del posto di lavoro non ha prospettive al di là di se stessa. Perché la crisi viene subita così passivamente? Perché i popoli sono sfiniti, sbalorditi, sgomenti? Perché hanno interiorizzato l'idea che non esistano alternative? I popoli vivono sotto l'orizzonte della fatalità. Attendono che questo accada. Ma non accadrà, perché il capitalismo si scontra oggettivamente con limiti storici assoluti.
Viviamo una crisi di un'ampiezza assolutamente inedita, che tocca il sistema capitalista ad un livello di accumulazione e di produttività ancora mai raggiunto. Le crisi del XIX secolo avevano potuto essere superate perché la Forma-Capitale non si era ancora impadronita di tutta la riproduzione sociale. Quella del 1929 lo è stata grazie al fordismo, alla regolazione keynesiana e alla guerra. La crisi attuale, che interviene sullo sfondo della terza rivoluzione industriale, è una crisi strutturale, contrassegnata
dalla completa emancipazione della finanza di mercato rispetto all'economia reale e dall'indebitamento generalizzato. Uno dei suoi effetti diretti è consistito nell'affidare il potere politico ai rappresentanti di Goldman Sachs e di Lehman Brothers. Ma nessuno di loro risolverà il problema, perché non esiste un meccanismo che consenta di aver ragione della crisi. Le bolle finanziarie, il credito di Stato e la macchina che stampa banconote, vale a dire la creazione di capitale-denaro fittizio, non possono più risolvere il problema della desostanzializzazione generalizzata del Capitale. Sia che ci si diriga verso un'inflazione incontrollabile in assenza di qualsiasi reale valorizzazione — trattando l'attuale crisi di solvibilità come una crisi di liquidità — sia che si vada verso un generalizzato default nei pagamenti, tutto ciò non può che finire con un terremoto.
In un'epoca come la nostra, ci sono solo quattro tipi di uomini. Ci sono coloro che, del tutto consapevolmente, vogliono che ci si infili sempre più lontano nel caos e nella notte. Ci sono quelli che, volontariamente o no, sono sempre pronti a subire. Ci sono i diplodochi reazionari, che vivono la situazione attuale sul registro della deplorazione. Fra geremiadi e commemorazioni, credono di poter far tornare il vecchio ordine, ragion per cui non fanno altro che registrare sconfitte. Infine, ci sono coloro che vogliono un nuovo inizio. Quelli che vivono nella notte ma non sono della notte, poiché vogliono ritrovare la luce. Quelli che sanno che al di sopra del reale c'è il possibile. A loro piace citare George Orwell: «In un'epoca di universale disonestà, dire la verità è un atto rivoluzionario».

[Diorama letterario, n 314, primavera 2013]
di Alain de Benoist 

10 giugno 2013

La «Costituzione più Bella del Mondo»? È la Tedesca





german court EU La «Costituzione più Bella del Mondo»? È la Tedesca (di Maurizio Blondet)
Nota di Rischio Calcolato: questo post è tratto dalla rivista on-line EffediEffe sito di informazione a cui consigliamo caldamente un abbonamento (50€ spesi benissimo). Consiglio la lettura di questo articolo a tutti quelli che: “è colpa dei tedeschi”. Hanno ragione è colpa dei tedeschi se loro, i tedeschi si sono ben guardati dal mettere i trattati europei davanti alla “loro” costituzione.  Noi invece siamo tanto ligi e affidabili europei. Eh si, “colpa dei tedeschi”, come no.


La data a lungo rimandata ormai è qui: in settimana, la Corte Costituzionale tedesca si riunisce a Karlsruhe per emanare una sentenza che può essere fatale per l’euro, per l’eurozona o per Italia e Spagna, secondo come sarà modulata.
Lo ricorda sul Telegraph l’ottimo Ambrose Evans-Pritchard che ha intervistato il giurista germanico Udo di Fabio, che fino all’anno scorso è stato membro della Corte tedesca specializzato sull’euro, il quale ha scritto: «Nella misura in cui la Banca Centrale Europea continua ad agire “ultra vires” (oltre il suo mandato: in Germania s’insegna ancora il latino, ndr) , e queste violazioni sono prolungate e gravi, la Corte deve decidere se la Germania può, in base alla sua costituzione, restare un membro della unione monetaria». 
Se la posizione dell’ex membro Di Fabio è condivisa da 5 degli 8 togati di Karlsruhe, sarebbe una dichiarazione di illegalità del macchinario di salvataggio della moneta unica messo in atto da Mario Draghi, precisamente lo ESM (European Stability Mechanism) da 500 miliardi di euro di fondi di salvataggio, usati per comprare tonnellate di titoli di debito pubblico italiano e spagnolo, o l’Outright Monetary Transactions (OMT) che un anno fa ha calmato la crescita stratosferica dello spread sui nostri Bot e Btp, e sui bonos ispanici, calmando i «mercati» (di fatto scavalcati) e riducendo il rischio di una frattura nell’eurozona.
Secondo 37 mila cittadini tedeschi, fra cui esponenti politici, docenti universitari ed economisti euroscettici, che hanno presentato denuncia alla Corte, la BCE ha superato il suo mandato finanziando i deficit di Stati fallimentari.
Di Fabio, in un suo discorso alla Fondazione Tedesca delle Imprese Familiari, ha spiegato che la Corte non ha gli strumenti «procedurali» per obbligare la BCE a cambiare strada; può però emettere una «dichiarazione» con sapore di ultimatum: se la BCE insiste a comprare buoni del tesoro del Club Med, allora la Corte ha il potere di vietare alla Bundesbank, la Banca Centrale tedesca, di contribuire al salvataggio. Sarebbe la fine dell’euro, con (l’auspicabile) uscita della Germania.
La Bundesbank, con il suo capo Jens Weidmann, non aspetta altro. Weidmann già a dicembre ha inviato alla corte di Karlsruhe una relazione che accusa Draghi, e la sua promessa di fare «tutto il necessario», come una violazione dell’indipendenza della BCE e dei principii fondamentali su cui è stata fondata la Banca. La quale, ha scritto testualmente Weidmann, «non ha il mandato legale per mantenere l’attuale composizione della unione monetaria». 
Ma lo farà la Corte di Karlsruhe? Lo stesso Di Fabio ha ammesso che gli otto giudici non premeranno «il pulsante d’uscita», perché sono «a favore dell’integrazione»; ma può bloccare l’acquisto di buoni del tesoro di Spagna e Italia ed altri «periferici», il che otterrebbe lo stesso risultato: di colpo lo spread risalirebbe alle stelle, la crisi dell’eurozona si arroventerebbe all’istante e Italia e Spagna, costrette a mendicare fondi ai «liberi mercati», tornerebbero ad essere in virtuale bancarotta, e sullo scivolo d’uscita dall’euro: uscita caotica, disordinata e catastrofica. È solo l’OMT che ci tiene nell’euro, a prezzo della nostra miseria crescente collettiva.
Questo atteggiamento rivela l’ambiguità fondamentale che cova nella superpotenza germanica: tentata di uscire dall’euro, ma dandone la colpa agli altri; e ben conscia che è il solo Paese a godere i vantaggi dell’euro, finché non sia chiamata a pagare il conto della perdita di competitività, e del conseguente declino, che ha inflitto ai Paesi periferici. 
Evans-Pritchard ricorda giustamente che nel 2009, con una storica pronuncia, la Corte Costituzionale tedesca ha sancito la sovranità germanica sopra l’Unione Europea: l’ha fatto accettando sì il Trattato di Lisbona ossia ratificandolo nel proprio diritto nazionale, ma sancendo nello stesso tempo che sono gli Stati membri ad essere «Padroni dei Trattati», e non i trattati europei padroni degli Stati. Sono infatti i parlamenti democraticamente eletti la autorità legittima. Il che significa, per quanto riguarda la Germania, che essa ha il dovere di «rigettare ulteriori partecipazioni all’Unione Europea» se il macchinismo eurocratico mina e minaccia i poteri del Bundestag, il parlamento eletto. (Chi vuol saperne di più veda Karlsruhe Constitutional Judgment on the Lisbon Treaty
Tutti gli altri Stati europei hanno accettato Lisbona senza questa condizione. La sola è stata la Germania, che da questo momento è diventata il solo Stato sovrano rimasto, e «padrone» della UE, visto che ha dichiarato la supremazia della sua Costituzione (Grundgesetz) sulle leggi europoidi che gli altri devono accettare, essendosi legati le mani. 
È qualcosa che andrebbe continuamente ricordato ai nostri politici che giurano amore immutabile alla «Costituzione più bella del mondo», e l’hanno svenduta – e continuano a demolirla – assoggettandola all’eurocrazia che nessuno ha eletto, ed obbedendo a tutte le cervellotiche ingiunzioni dei Barroso, Rehn e comesischiamano. 
Potevano almeno, i nostri politici tanto europeisti, far notare che la Germania, la sola ad accettare il trattato di Lisbona sub condicione, si era resa lo Stato «più uguale degli altri», e di fatto il padrone di tutti gli altri? E che la Unione Europea era divenuta la orwelliana «Fattoria degli animali», dove tutti sono uguali ma – appunto – i maiali un po’ di più? Potevano obiettare che questo era ormai un mostro giuridico, e difendere la Costituzione-più-bella-del mondo? 
Potevano. Non l’hanno fatto. Sicché siamo appesi al filo della Corte di Karlsruhe, che deciderà il nostro destino. 
Il peggio è che siamo appesi alla perdurante ambiguità tedesca, che ci vuole «dentro» l’euro ma in punizione perpetua, fino al giorno in cui deciderà che non le conviene più restarci. Già nel settembre scorso i suoi giudici costituzionali hanno ripetuto il loro «sì, ma però» con una sentenza dello scorso settembre : rigettò una richiesta di suoi cittadini che volevano far dichiarare illegale lo ESM di Draghi, ma nello stesso tempo hanno limitato la contribuzione tedesca allo ESM a 190 miliardi di euro. Vietò al Bundestag, il solo parlamento eletto e quindi democraticamente sovrano, di «accettare passività derivate da decisioni di altri Stati». 
Una decisione di grande buonsenso giuridico, che tutti dovremmo invidiare : ma di fatto, ha silurato ogni speranza di emissione di eurobond, di messa in comune del debito e di unione di bilancio, ossia tutte le cose in cui vacuamente sperano i politicanti italioti. 
A settembre la Corte di Karlsruhe ha sancito che il Bundestag non può alienare all’organismo UE i suoi poteri di tassare e spendere, perché con ciò minerebbe la democrazia tedesca. Il suo presidente Andreas Vosskuhle sentenziò, in quell’occasione, che la Germania ha raggiunto il limite dell’integrazione UE, e che ogni altro passo verso una più stretta integrazione richiederebbe «una nuova costituzione», che a sua volta dovrebbe essere approvata da referendum.
Decisamente, i nostri politicanti, quando esaltano la Costituzione più bella del mondo, dovrebbero precisare che non è quella di Benigni, ma intendono quella della Repubblica Federale Tedesca. Avessimo noi dei giudici costituzionali così…
BUONSENSO A LONDRA – Il ministro alla Giustizia Chris Grayling , ha esplicitamente dichiarato «folli» le politiche sul lavoro messe in atto dalla Commissione Europea, che sta affondando milioni di posti di lavoro ed ogni prospettiva d crescita. «Molta gente importante a Bruxelles non vive nel mondo reale», ha detto il ministro britannico, «sono prigioniere di un dogma, secondo cui la sola soluzione ad ogni problema è ancor più regolazione europea». Questo, in un periodo di enorme disoccupazione di massa nella zona, rischia di scatenare estremismi di ogni sorta. 
Ricordiamo: la disoccupazione è del 27% in Grecia, del 26,8 in Spagna, sta fulmineamente salendo agli stessi livelli in Italia (grazie al tecnico Monti che ha accelerato il collasso), dove la disoccupazione dei giovani è sul 38%; mentre in Gran Bretagna – che come fondamentali è messa male quanto la Spagna – è del 7,8%. Non occorre indovinare qual è la moneta che fa la differenza. 
«La mancanza di credito è quella che impedisce la ripresa in Europa»: l’ha detto António Borges, un ex direttore europeo del Fondo Monetario Internazionale, attualmente docente di Economia a Lisbona: secondo Borges, litigare sull’austerità distoglie l’attenzione da un altro punto: le banche in rovina non fanno prestiti, perché non sono in grado di farli.
Il perché l’ha spiegato Klaas Knot, il presidente della Banca centrale Olandese. Sostanzialmente: A differenza degli Stati Uniti, l’Europa non ha voluto ricapitalizzare le sua grandi banche in seguito alla crisi finanziaria del 2007-09. Invece, i politici scommesso che la ripresa economica avrebbe sollevato la redditività delle istituzioni finanziarie, consentendo loro di aumentare le proprie riserve di capitale nel corso del tempo. È ormai chiaro che questa strategia è fallita. Per questo la zona euro è in una nuova recessione (aggravata da austerità imposta e – per l’Italia, iper-tassazione e parassitismo pubblico di massa). (Europe’s banks must be recapitalized)
Secondo Knot, le quotazioni depresse di molte banche segnalano quanto siano malate. In media, il valore di mercato rispetto al valore di libro delle banche europee ora è di circa 0,50. Questo indica che le banche hanno notevoli perdite occulte sui loro libri. Klaas Knot ha rilevato che il ripristino di bilanci delle banche è un requisito fondamentale per la ripresa economica. Per facilitare questo processo, ha detto, è essenziale per creare la trasparenza circa le perdite del settore bancario e di avere una risoluzione ordinata delle attività in perdita. Senza questo, le banche rimarranno restrittive nel fare nuovi prestiti. 
Invece in Europa, i politici – in combutta con i capi delle grandi banche – hanno nascosto la rumenta sotto il tappeto: più precisamente, hanno sì fatto che le banche venissero ricapitalizzate, ma ciò non è avvenuto mediante l’emissione di nuove azioni, bensì versando il patrimonio. L’emissione di nuove azioni avrebbe fatto infatti perdere il controllo ai caporioni-azionisti che hanno nel libro-paga i politicanti; un pericolo che hanno voluto evitare ad ogni costo. Hanno dato alle banche soldi dei contribuenti, e Draghi (il capo dei capi) ha fornito l’enorme fiumana di soldi – il famoso trilione – alle banche, le quali però comprano Bot e Bund tedeschi («sicuri», ancorché a interessi sotto lo zero) anziché finanziare le imprese private. 
Ne consegue che tutte le politiche «per il lavoro» del governo Letta – defiscalizzazione per le imprese che «assumono giovani» (le voglio vedere), miserabili detrazioni per chi compra cucine e rifà il bagno – sono pannicelli caldi. Tutto inutile finché le banche non fanno credito, sedute sulle loro perdite occultate per non perdere il potere. Il credit crunch non fa che aggravarsi, mentre le sofferenze bancarie non fanno che aumentare (+22% ad aprile!). E chi volete che assuma «i giovani» se la banca non gli fa i fidi? La soluzione è quella che indica il centro studi «Scenari Economici Feed», che mi limito a riportare:
«Ricapitalizzare il sistema bancario – Fare trasparenza sui bilanci delle banche, facendo emergere le perdite e passività reali nei bilanci. Ridurre il peso delle banche sul sistema finanziario, ed incentivata l’azione delle imprese a raccogliere fondi da emissioni obbligazionarie – Eliminare le demenziali tassazioni sulle transazioni finanziarie (la Tobin Tax, applicata in questo moment di denaro scarso e mercati fermi, è infatti semplicemente folle).
di Maurizio Blondet