01 luglio 2013

Accelera la spinta per la separazione bancaria negli Stati Uniti e in Europa


Prosegue negli Stati Uniti il dibattito sul ripristino della legge Glass-Steagall, con 67 cofirmatari del disegno di legge HR 129 alla Camera, lo stesso disegno di legge anche al Senato, e mozioni che esortano il Congresso ad approvarlo presentate in 22 stati. Una dimostrazione inattesa di quanto questo dibattito sia temuto dalle banche di Wall Street è emersa il 20 giugno al Senato dello stato del Delaware, durante un’audizione della Commissione Bancaria per discutere una mozione a sostegno della legge HR 129, che era già stata appoggiata da 10 dei 21 senatori dello stato.
Dopo che il Senatore Ennis aveva presentato i motivi per cui bisogna ripristinare la separazione bancaria, sostenuto da un attivista in rappresentanza dei cittadini, sono iniziati i fuochi d’artificio. Un rappresentante della Mid-Atlantic Financial Services Association ha dichiarato ai senatori che sarebbe "poco saggio" approvare la mozione, citando il ruolo importante svolto dai servizi finanziari nell’economia del Delaware.
A quel punto si è fatto avanti un lobbista della JP Morgan Chase, dicendo ai senatori che "è assolutamente sconsigliabile, proprio per uno stato come il Delaware, approvare un mozione del genere in questo momento". Ha aggiunto che la JP Morgan Chase ha dato grandi contributi all’economia del Delaware, indicando che lui (e la sua banca d’affari) seguono con attenzione le mozioni per la separazione bancaria.
Sei lobbisti di varie banche hanno partecipato all’audizione, anche se non era previsto il voto, e nessuno di loro ha confutato le giuste argomentazioni del Sen. Ennis sul pericolo del prelievo forzoso sui conti correnti per salvare le banche (il cosiddetto bail-in)!
Appello di una nuova organizzazione in Svizzera: l’organizzazione svizzera www.impulswelle.ch sta facendo circolare un appello dal titolo "come la FINMA pianifica di salvare le banche in Svizzera e perché abbiamo bisogno urgentemente della separazione bancaria".
L’appello indica chiaramente il motivo dell’urgenza: "Il 1 novembre 2012 la FINMA(l’ente di vigilanza) ha emesso nuove disposizioni che obbligano i cittadini svizzeri a rifinanziare una grossa banca che rischia la bancarotta secondo il modello cipriota, il che indica chiaramente che cosa ci aspetta.
"Verranno utilizzati i nostri risparmi, i nostri fondi pensione ed il capitale d’esercizio delle nostre imprese depositato in quella banca. Se qualcuno non riesce più a pagare il mutuo a causa di ciò, perderà la casa che gli verrà confiscata. E’ molto improbabile che i depositi sotto i 100.000 franchi siano sicuri in questa emergenza. I depositi dei clienti verranno trasformati in capitale netto della banca (bail-in), il che implica l’esproprio dei nostri fondi e la fine del nostro invidiato sistema sociale".
"L’attuale sistema finanziario va verso il collasso internazionale. Chiediamo che a correre i rischi siano i responsabili di questo collasso, senza costringere la popolazione a pagare per le loro perdite. Le due principali banche in Svizzera (UBS e Crédit Suisse) ed i giganti assicurativi (Swiss Re e Zurich) sono troppo grandi per poter essere salvati quando scoppierà la prossima bolla speculativa".
Qual è l’alternativa a questo diktat, si chiedono? "La nostra proposta è di introdurre una separazione bancaria netta". L’appello prosegue spiegando che cosa fece la legge Glass-Steagall originale, e parla dei disegni di legge presentati per il suo ripristino.
Terzo disegno di legge presentato al Parlamento italiano: Sono tre i disegni di legge per la separazione bancaria depositati al Parlamento italiano, e tutti e tre si riferiscono esplicitamente al modello della Glass-Steagall. Avevamo già riferito dei ddl presentati da Caparini e altri alla Camera (C. 762) e da Giulio Tremonti al Senato (S. 717). Tra i due si è inserito un terzo disegno di legge, presentato dall'on. Marco di Lello e sottoscritto dai colleghi Di Gioia, Locatelli e Pastorelli, tutti del PSI ed eletti nelle liste del PD.
Il ddl Di Lello (C. 762) presenta somiglianze con "la madre di tutti i ddl" per la separazione bancaria, e cioè il ddl Peterlini (S.3112) presentato al Senato nella scorsa legislatura, e anche con il ddl Tremonti presentato alla Camera nella stessa legislatura. Come abbiamo già riferito, Tremonti ha ripresentato lo stesso ddl al Senato, sottoscritto da sei membri di vari gruppi: Naccarato, Compagnone e Scavone (GAL); Tarquinio e Villari (PDL); Scalia (PD) e Calderoli (LN-Aut).
Il ddl C.762 parte dalle raccomandazioni del Gruppo Liikanen, per poi affermare: "La separazione fra le attività bancarie di retail e trading non costituisce peraltro una novità. Negli Stati Uniti del New Deal una riforma in tal senso (la legge Glass-Steagall Act del 1933 che prevedeva la netta separazione tra banche commerciali e banche d'affari) era stata adottata come risposta alla grande crisi del 1929 ed era rimasta in vigore per circa 70 anni. In seguito è stata soppressa nel 1999 durante la presidenza Clinton (Gramm-Leach-Bliley Act) e tale intervento è stato considerato al tempo stesso causa e moltiplicatore di quel processo di finanziarizzazione dell'economia che, insieme alla mancanza di controlli adeguati, ha determinato gli squilibri che sono alla base dell’attuale crisi.
"In Italia la legge elaborata da Donato Menichella nel 1936, oltre a stabilire una analoga separazione, poneva dei limiti molto stretti tra attività bancarie a breve e quella a medio lungo termine. Alle banche commerciali era poi proibito detenere quote di partecipazione (ancora meno di controllo) nelle aziende non bancarie ed era altresì vietata qualsiasi attività di “trading” su titoli e valute. Nel 1993 è stato approvato il decreto legislativo n. 385 che ha rivoluzionato l'intera struttura del sistema bancario, eliminando la distinzione introdotta nel 1936: da una regolamentazione rigorosa si passava alla "banca universale", a cui erano lasciati enormi margini di azione".
Dopo aver fatto riferimento alla "Volcker rule" e altre proposte di "separazione in casa" delle attività bancarie, il ddl afferma decisamente che "Dal punto di vista normativo, prevedere la semplice separazione delle attività fra le banche commerciali e quelle d’affari non è tuttavia sufficiente, posto che non supera la criticità di un unico soggetto che esercita seppur con limitazioni la duplice attività. Occorre quindi intervenire in modo incisivo distinguendo e separando i soggetti che operano sul mercato, a tal fine modificando il Testo Unico bancario (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385)".

Consiglio comunale francese: il 13 giugno il consiglio comunale di Créancey, in Borgogna, ha approvato all’unanimità una mozione che chiede al Parlamento francese di adottare il disegno di legge sulla separazione bancaria stilato da Solidarité et Progrès in maggio. Decine di sindaci e cittadini francesi si stanno mobilitando per far approvare la stessa mozione dal proprio consiglio comunale. Il fatto che verrà presto approvata la riforma bancaria del ministro delle Finanze Pierre Moscovici, che non prevede tale netta separazione, rende ancora più urgenti queste iniziative degli enti locali.
La mozione approvata a Créancey sottolinea che la riforma bancaria del governo "non separa un bel niente" e non impedirà il crac finanziario. "Anzi, se le banche saranno in difficoltà, continueranno a godere delle garanzie pubbliche, e le autorità pubbliche faranno sì che siano gli azionisti, i clienti ed i correntisti a pagare le loro perdite sui mercati in una situazione critica, esattamente come è accaduto a Cipro".
Sottolineando il pericolo, la mozione afferma: "Gli attivi di BNP Paribas, Société Générale, Crédit Agricole, e della BPCE [Banque Popular et Caisse d'Epargne], equivalevano nel 2009 al 344% del PIL francese, paragonati al 95% del 1990. I quasi 5.000 miliardi di Euro di aiuti europei alle banche tra il 2008 ed il 2012 si sono limitati a rinviare la scadenza, gonfiando la bolla speculativa ed imponendo pesanti misure di austerità alla popolazione.
A questo vanno aggiunti i prestiti tossici imposti agli enti locali, che si sono dovuti rivolgere direttamente ai mercati finanziari in cerca di finanziamenti, in mancanza di fondi dallo stato.
La mozione, approvata all’unanimità, chiede all’Assemblea Nazionale ed al Senato di approvare il disegno di legge per la separazione bancaria, che viene allegato alla mozione e sta circolando ampiamente in tutta la Francia.
Gruppo anonimo di imprenditori francesi: un collettivo che si autodefinisce "siamo l’1%" ha acquistato una pagina su Le Monde il 16 giugno chiedendo ai leader mondiali di adottare leggi "che favoriscano la creazione di ricchezza reale" invece di imporre austerità ed aggiungere debito al debito. Il gruppo è composto da banchieri, investitori, industriali e imprenditori che appartengono all’"1%" della popolazione che guadagna molto in Francia, ma che chiede ugualmente giustizia sociale con un'attività economica che vada a vantaggio del "bene comune". Significativa è la netta distinzione fatta tra gli investimenti che creano un valore fisico e quelli puramente speculativi che andrebbero penalizzati.
Il fatto che i membri del collettivo abbiano deciso di restare anonimi dice molto sul regno del terrore imposto alle élite francesi dalle cinque banche sistemiche.
Tra le proposte dell'appello, c’è anche quella di "separare le attività di deposito da quelle d’affari" anche se non viene menzionata espressamente la legge Glass-Steagall. In questo modo "saranno i banchieri più ricchi a subire le perdite e perdere il lavoro, invece di prendersela con i conti correnti o il debito sovrano".
Un'altra proposta chiede di aumentare le tasse su varie forme di speculazione finanziaria inutile, inclusi i derivati.
L’articolo conclude con un avvertimento: "Dunque, nessun nuovo Roosevelt o nuovo de Gaulle ha osato farsi avanti per fare (o rifare?) il lavoro [prendere le misure necessarie], ma è ora che si faccia, prima che arrivi un nuovo Hitler".

by (MoviSol)

30 giugno 2013

L'inganno dell'Euroamerica, che non porterà affatto più libero scambio





Nella distrazione generale, soprattutto della pubblica opinione, prosegue il lavorio internazionale, di Usa ed Europa, per la creazione di un’area di libero scambio tra le due unioni che non sarà né libera né paritaria. Si era detto che con la globalizzazione i confini fra gli Stati si sarebbero dissolti, poiché laddove circolano le merci depongono le armi gli eserciti, la civiltà dell’integrazione economica e sociale si estende determinando la nascita di un superiore modello culturale di partecipazione e di solidarietà mondiale, finalizzato alla prosperità generale. Ma, allora, come mai si rende necessario creare dei cortili di esclusività ristretta per rendere la libertà sempre più libera?

E’ un bel paradosso, in quanto un accordo di tale specie include alcuni ed esclude altri, oppure, per essere più chiari, può servire sia per imprigionare una parte di quelli che vi aderiscono, in primis le nazioni più deboli convinte di ricevere tutele subendo, invece, gravi condizionamenti, che per circondare ed isolare i nemici più forti. Dunque, per attivare forme subdole di protezionismo, che nascondono precisi piani politici, non c’è nulla di meglio che creare un’area circoscritta di privilegio e chiamarla free-trade talks, un dominio apparentemente aperto ma surrettiziamente coercitivo dove vige la legge del più prepotente.

Gli Stati Uniti, non a caso, stanno promuovendo dette intese in quelle zone del pianeta dove operano superpotenze che mettono a repentaglio la sua egemonia. In Europa si temono i russi e nel Pacifico i cinesi. Ed voilà che nascono spazi di commercio e di canali diplomatici facilitati per frenare l’avanzata degli Stati emergenti e riemergenti, i quali non si piegano a determinate prescrizioni geopolitiche unipolari.

Noi italiani, che siamo doppiamente autolesionisti, siamo entusiasti dell’iniziativa. Siamo da sempre un popolo di camerieri e servire è la nostra massima aspirazione. Non c’è bastata l’Ue che ha destabilizzato affari e sovranità nazionale, vogliamo proprio toccare il fondo per stare tranquilli e facciamo i salti di gioia per questa nuova opportunità nella quale daremo, sicuramente, il peggio di noi stessi.

Perché dico questo? Ho le prove del masochismo nostrano. Sentite un po’ cosa dice il sottosegretario allo sviluppo economico,  Carlo Calenda, ribattezzato per l’occasione segretario al sottosviluppo. Costui, dopo il tentativo francese di porre dei limiti all’audiovisivo per non perdere la partita con l'industria cinematografica Usa, teme ritorsioni da parte di Washington che potrebbe escludere dall’accordo alcuni ambiti chiave, danneggiando l’Italia. E quali sarebbero questi ambiti fondamentali? “...il tessile, l’oreficeria, la pelletteria…” dopodiché il viceministro è convinto dell’utilità di introdurre dazi sui prodotti cinesi, e chiede pure all’UE di sposare una linea condivisa e coerente su queste tematiche. Quindi il problema sarebbero i gialli che ci fanno neri in comparti industriali di precedenti ondate tecnologiche e non tutti quei tramatori alle nostre spalle, compresi i sedicenti partner più stretti, che vorrebbero smantellare i nostri asset strategici, a compartecipazione pubblica, nei settori di punta, dall’aerospaziale all’energetico.

I più grandi economisti euroamericani sono convinti che, grazie alla creazione dell’area di libero-scambio transatlantica, si aumenteranno i volumi di commercio internazionale di circa 100 mld annui. Può essere, ma occorre vedere come si distribuiranno i vantaggi tra i compartecipanti. Inoltre, trattandosi degli stessi dottori laureati che, appena qualche anno fa, non avevano previsto nessuna crisi sistemica, blaterando di piccole recessioni ricorsive, non c’è da stare troppo a sentirli. Più che la scienza triste l’economia è diventata la religione delle balle dove vince e fa carriera chi le spara più grosse.

Diciamo, pertanto, come stanno davvero le questioni. Questo patto, al quale gli statunitensi non credevano, difatti J. W. Bush lo aveva fatto naufragare poiché distante dalla sua visione strategica, è stato ripescato da Obama che teme l’estendersi dell’ascendente russo su determinati membri europei in difficoltà (ma non solo, si pensi agli affari del gas tra Berlino e Mosca e a quelli, purtroppo quasi naufragati, con l’Italia), e che vuole, al contempo, penetrare ancor più pesantemente nel vecchio continente per farne un punto d’osservazione e di controllo di teatri vicini, dove regna l’instabilità e l’incertezza.

Che la reale preoccupazione della Casa Bianca sia il Cremlino lo segnala anche il giornalista di Libero Carlo Pelanda il quale così ripercorre gli avvenimenti: “Nell’autunno del 2006 la Russia costrinse la Germania a definire confini certi della Ue affinché la loro estensione ad est non destabilizzasse la Federazione russa e sia Ucraina sia Bielorussia (nonché Georgia) ne restassero fuori per essere riassorbiti nel futuro dalla Russia stessa. Tale pressione fu fatta ricattando la Germania sul piano delle forniture di gas. Per inciso, Romania e Bulgaria furono incluse a razzo nella Ue, ma come segnale di fine dell’espansione europea. Una sorta di nuova Yalta. Questa storia è poco nota e penso mai sia apparsa sui giornali per nascondere una sconfitta storica della Ue a conduzione tedesca. Berlino cercò la sponda americana per segnalare ai russi che poteva contro-dissuadere ed alla fine Mosca e Berlino si accordarono. La mossa fu strumentale e lasciò freddi gli americani. Ora, appunto, è diverso: l’America è apertissima all’idea e la ha proposta…Perseguire l’Euroamerica significa creare l’organo di governo mondiale, basato sul criterio occidentale e non asiatico, del futuro. Ed anche dare un senso all’Europa fin qui fatta”.

Visto? Non c’è nulla di meglio dell'ideologia del libero-scambio per innalzare cortine di ferro e predisporsi, senza farsi notare, alla guerra. Il povero Frédéric Bastiat non aveva capito nulla



di Gianni Petrosillo 

29 giugno 2013

Josefa Imu


Siccome molto opportunamente e molto tardivamente la ministra delle Pari Opportunità, Josefa Idem (Pd), ha parlato alla stampa (senza domande, però) sugli scandali che la vedono coinvolta per tasse non pagate e una palestra abusiva, è giusto esaminare con cura le sue parole prima di trarne le conclusioni.
“Ero un’atleta, non ho studiato da commercialista. Ho delegato le questioni fiscali ed edili dando indicazione di fare tutto a regola d’arte”. Ma nessun contribuente ha studiato da commercialista, a parte i commercialisti. Se tutti i non commercialisti non pagassero le tasse staremmo freschi, o meglio ancor più freschi di quanto già non stiamo.
E comunque l’ignoranza delle leggi non può valere per scusare chi le viola: l’evasore a sua insaputa non ha né deve avere alcuna attenuante.
“Ho vinto 30 medaglie per l’Italia, ho partecipato a 8 Olimpiadi, ho fatto 2 figli, mi sono data alla politica per promuovere i diritti delle donne e difendere lo sport”. Con tutto il rispetto, chi se ne frega. Altrimenti chiunque abbia successo nel lavoro potrebbe
dire altrettanto. Le medaglie non sono detraibili dal 740.
“Non è vero che il ministro non ha pagato Ici e Imu – dice il suo avvocato-: c’è stato un ravvedimento operoso con l’Agenzia delle Entrate. Dunque le accuse sono inconsistenti e non c’è reato”. Ma il ravvedimento operoso lo fa chi non ha pagato le tasse,
dunque le accuse sono consistenti. Può darsi che non ci sia reato, ma solo perché in Italia gli evasori, per finire nel penale, devono superare soglie altissime, quasi insuperabili.
“Nei lavori edili – dice la Idem – ci sono stati irregolarità e ritardi”. Ma il problema della palestra “Jajo Gym” di Ravenna non è solo di lavori edili (abusivi, altrimenti perché la sanatoria?): spacciata per luogo di allenamento privato, la struttura ha agito per anni senza agibilità, non era segnalata alle autorità, eppure era aperta al pubblico, gestita da un’associazione sportiva con dipendenti
(pagati come?) che raccoglieva soci e quote d’iscrizione, citata nella lista degl’impianti comunali.
“Me ne scuso pubblicamente e sanerò quello che c’è da sanare. Come qualunque cittadino. Non sono infallibile, ma sono onesta e non permetto a nessuno di dubitarne”. Dipende dal concetto di onestà, piuttosto elastico in Italia. Non basta non commettere reati per essere onesti, anche perché non tutte le leggi prevedono sanzioni penali per chi le viola. E non è vero che “tutti i cittadini” siano costretti a sanare ex post, quando vengono beccati, le irregolarità commesse: c’è anche chi non ha nulla da sanare o chi non ha bisogno di finire sui giornali per correggere gli errori. La Idem, poi, non è un qualunque cittadino: è ministro di un governo che parla ogni giorno di Imu e tasse.
Con che faccia Letta & C. parleranno d’ora in poi di fisco, lotta all’evasione e all’abusivismo edilizio, avendo in squadra una signora che ha confessato di aver violato la legge?
“Non voglio darla vinta a questa montatura mediatica”.
Ma i fatti, come confermano la Idem e il suo legale, sono tutti veri. E non c’è stata alcuna montatura mediatica. A parte il Fatto e Libero , primi quotidiani nazionali a rivelare la notizia mercoledì, la stampa di destra e di sinistra che veglia sul governo-inciucio l’ha tenuta bassa o addirittura l’ha nascosta (la solita Unità).
“In Germania nessuno si sarebbe dimesso per una cosa simile”. In Germania s’è dimesso il presidente della Repubblica per una gaffe sull’Afghanistan e un ministro per aver copiato dal web parte della tesi di dottorato: figurarsi un ministro pizzicato per tasse non pagate e lavori abusivi.
Lasci stare la sua Germania, ministra Idem.
In Germania un ministro che dice “mi scuso e mi assumo tutte le responsabilità” si dimette un istante dopo. In Italia, un istante dopo, aggiunge: “Resto per non tradire i miei elettori e per il bene dell’Italia”. Da tedesca che era, la Idem è diventata una perfetta italiana alla velocità della luce. Roba da record. Anzi da medaglia d’oro. La trentunesima
 

di Marco Travaglio 

01 luglio 2013

Accelera la spinta per la separazione bancaria negli Stati Uniti e in Europa


Prosegue negli Stati Uniti il dibattito sul ripristino della legge Glass-Steagall, con 67 cofirmatari del disegno di legge HR 129 alla Camera, lo stesso disegno di legge anche al Senato, e mozioni che esortano il Congresso ad approvarlo presentate in 22 stati. Una dimostrazione inattesa di quanto questo dibattito sia temuto dalle banche di Wall Street è emersa il 20 giugno al Senato dello stato del Delaware, durante un’audizione della Commissione Bancaria per discutere una mozione a sostegno della legge HR 129, che era già stata appoggiata da 10 dei 21 senatori dello stato.
Dopo che il Senatore Ennis aveva presentato i motivi per cui bisogna ripristinare la separazione bancaria, sostenuto da un attivista in rappresentanza dei cittadini, sono iniziati i fuochi d’artificio. Un rappresentante della Mid-Atlantic Financial Services Association ha dichiarato ai senatori che sarebbe "poco saggio" approvare la mozione, citando il ruolo importante svolto dai servizi finanziari nell’economia del Delaware.
A quel punto si è fatto avanti un lobbista della JP Morgan Chase, dicendo ai senatori che "è assolutamente sconsigliabile, proprio per uno stato come il Delaware, approvare un mozione del genere in questo momento". Ha aggiunto che la JP Morgan Chase ha dato grandi contributi all’economia del Delaware, indicando che lui (e la sua banca d’affari) seguono con attenzione le mozioni per la separazione bancaria.
Sei lobbisti di varie banche hanno partecipato all’audizione, anche se non era previsto il voto, e nessuno di loro ha confutato le giuste argomentazioni del Sen. Ennis sul pericolo del prelievo forzoso sui conti correnti per salvare le banche (il cosiddetto bail-in)!
Appello di una nuova organizzazione in Svizzera: l’organizzazione svizzera www.impulswelle.ch sta facendo circolare un appello dal titolo "come la FINMA pianifica di salvare le banche in Svizzera e perché abbiamo bisogno urgentemente della separazione bancaria".
L’appello indica chiaramente il motivo dell’urgenza: "Il 1 novembre 2012 la FINMA(l’ente di vigilanza) ha emesso nuove disposizioni che obbligano i cittadini svizzeri a rifinanziare una grossa banca che rischia la bancarotta secondo il modello cipriota, il che indica chiaramente che cosa ci aspetta.
"Verranno utilizzati i nostri risparmi, i nostri fondi pensione ed il capitale d’esercizio delle nostre imprese depositato in quella banca. Se qualcuno non riesce più a pagare il mutuo a causa di ciò, perderà la casa che gli verrà confiscata. E’ molto improbabile che i depositi sotto i 100.000 franchi siano sicuri in questa emergenza. I depositi dei clienti verranno trasformati in capitale netto della banca (bail-in), il che implica l’esproprio dei nostri fondi e la fine del nostro invidiato sistema sociale".
"L’attuale sistema finanziario va verso il collasso internazionale. Chiediamo che a correre i rischi siano i responsabili di questo collasso, senza costringere la popolazione a pagare per le loro perdite. Le due principali banche in Svizzera (UBS e Crédit Suisse) ed i giganti assicurativi (Swiss Re e Zurich) sono troppo grandi per poter essere salvati quando scoppierà la prossima bolla speculativa".
Qual è l’alternativa a questo diktat, si chiedono? "La nostra proposta è di introdurre una separazione bancaria netta". L’appello prosegue spiegando che cosa fece la legge Glass-Steagall originale, e parla dei disegni di legge presentati per il suo ripristino.
Terzo disegno di legge presentato al Parlamento italiano: Sono tre i disegni di legge per la separazione bancaria depositati al Parlamento italiano, e tutti e tre si riferiscono esplicitamente al modello della Glass-Steagall. Avevamo già riferito dei ddl presentati da Caparini e altri alla Camera (C. 762) e da Giulio Tremonti al Senato (S. 717). Tra i due si è inserito un terzo disegno di legge, presentato dall'on. Marco di Lello e sottoscritto dai colleghi Di Gioia, Locatelli e Pastorelli, tutti del PSI ed eletti nelle liste del PD.
Il ddl Di Lello (C. 762) presenta somiglianze con "la madre di tutti i ddl" per la separazione bancaria, e cioè il ddl Peterlini (S.3112) presentato al Senato nella scorsa legislatura, e anche con il ddl Tremonti presentato alla Camera nella stessa legislatura. Come abbiamo già riferito, Tremonti ha ripresentato lo stesso ddl al Senato, sottoscritto da sei membri di vari gruppi: Naccarato, Compagnone e Scavone (GAL); Tarquinio e Villari (PDL); Scalia (PD) e Calderoli (LN-Aut).
Il ddl C.762 parte dalle raccomandazioni del Gruppo Liikanen, per poi affermare: "La separazione fra le attività bancarie di retail e trading non costituisce peraltro una novità. Negli Stati Uniti del New Deal una riforma in tal senso (la legge Glass-Steagall Act del 1933 che prevedeva la netta separazione tra banche commerciali e banche d'affari) era stata adottata come risposta alla grande crisi del 1929 ed era rimasta in vigore per circa 70 anni. In seguito è stata soppressa nel 1999 durante la presidenza Clinton (Gramm-Leach-Bliley Act) e tale intervento è stato considerato al tempo stesso causa e moltiplicatore di quel processo di finanziarizzazione dell'economia che, insieme alla mancanza di controlli adeguati, ha determinato gli squilibri che sono alla base dell’attuale crisi.
"In Italia la legge elaborata da Donato Menichella nel 1936, oltre a stabilire una analoga separazione, poneva dei limiti molto stretti tra attività bancarie a breve e quella a medio lungo termine. Alle banche commerciali era poi proibito detenere quote di partecipazione (ancora meno di controllo) nelle aziende non bancarie ed era altresì vietata qualsiasi attività di “trading” su titoli e valute. Nel 1993 è stato approvato il decreto legislativo n. 385 che ha rivoluzionato l'intera struttura del sistema bancario, eliminando la distinzione introdotta nel 1936: da una regolamentazione rigorosa si passava alla "banca universale", a cui erano lasciati enormi margini di azione".
Dopo aver fatto riferimento alla "Volcker rule" e altre proposte di "separazione in casa" delle attività bancarie, il ddl afferma decisamente che "Dal punto di vista normativo, prevedere la semplice separazione delle attività fra le banche commerciali e quelle d’affari non è tuttavia sufficiente, posto che non supera la criticità di un unico soggetto che esercita seppur con limitazioni la duplice attività. Occorre quindi intervenire in modo incisivo distinguendo e separando i soggetti che operano sul mercato, a tal fine modificando il Testo Unico bancario (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385)".

Consiglio comunale francese: il 13 giugno il consiglio comunale di Créancey, in Borgogna, ha approvato all’unanimità una mozione che chiede al Parlamento francese di adottare il disegno di legge sulla separazione bancaria stilato da Solidarité et Progrès in maggio. Decine di sindaci e cittadini francesi si stanno mobilitando per far approvare la stessa mozione dal proprio consiglio comunale. Il fatto che verrà presto approvata la riforma bancaria del ministro delle Finanze Pierre Moscovici, che non prevede tale netta separazione, rende ancora più urgenti queste iniziative degli enti locali.
La mozione approvata a Créancey sottolinea che la riforma bancaria del governo "non separa un bel niente" e non impedirà il crac finanziario. "Anzi, se le banche saranno in difficoltà, continueranno a godere delle garanzie pubbliche, e le autorità pubbliche faranno sì che siano gli azionisti, i clienti ed i correntisti a pagare le loro perdite sui mercati in una situazione critica, esattamente come è accaduto a Cipro".
Sottolineando il pericolo, la mozione afferma: "Gli attivi di BNP Paribas, Société Générale, Crédit Agricole, e della BPCE [Banque Popular et Caisse d'Epargne], equivalevano nel 2009 al 344% del PIL francese, paragonati al 95% del 1990. I quasi 5.000 miliardi di Euro di aiuti europei alle banche tra il 2008 ed il 2012 si sono limitati a rinviare la scadenza, gonfiando la bolla speculativa ed imponendo pesanti misure di austerità alla popolazione.
A questo vanno aggiunti i prestiti tossici imposti agli enti locali, che si sono dovuti rivolgere direttamente ai mercati finanziari in cerca di finanziamenti, in mancanza di fondi dallo stato.
La mozione, approvata all’unanimità, chiede all’Assemblea Nazionale ed al Senato di approvare il disegno di legge per la separazione bancaria, che viene allegato alla mozione e sta circolando ampiamente in tutta la Francia.
Gruppo anonimo di imprenditori francesi: un collettivo che si autodefinisce "siamo l’1%" ha acquistato una pagina su Le Monde il 16 giugno chiedendo ai leader mondiali di adottare leggi "che favoriscano la creazione di ricchezza reale" invece di imporre austerità ed aggiungere debito al debito. Il gruppo è composto da banchieri, investitori, industriali e imprenditori che appartengono all’"1%" della popolazione che guadagna molto in Francia, ma che chiede ugualmente giustizia sociale con un'attività economica che vada a vantaggio del "bene comune". Significativa è la netta distinzione fatta tra gli investimenti che creano un valore fisico e quelli puramente speculativi che andrebbero penalizzati.
Il fatto che i membri del collettivo abbiano deciso di restare anonimi dice molto sul regno del terrore imposto alle élite francesi dalle cinque banche sistemiche.
Tra le proposte dell'appello, c’è anche quella di "separare le attività di deposito da quelle d’affari" anche se non viene menzionata espressamente la legge Glass-Steagall. In questo modo "saranno i banchieri più ricchi a subire le perdite e perdere il lavoro, invece di prendersela con i conti correnti o il debito sovrano".
Un'altra proposta chiede di aumentare le tasse su varie forme di speculazione finanziaria inutile, inclusi i derivati.
L’articolo conclude con un avvertimento: "Dunque, nessun nuovo Roosevelt o nuovo de Gaulle ha osato farsi avanti per fare (o rifare?) il lavoro [prendere le misure necessarie], ma è ora che si faccia, prima che arrivi un nuovo Hitler".

by (MoviSol)

30 giugno 2013

L'inganno dell'Euroamerica, che non porterà affatto più libero scambio





Nella distrazione generale, soprattutto della pubblica opinione, prosegue il lavorio internazionale, di Usa ed Europa, per la creazione di un’area di libero scambio tra le due unioni che non sarà né libera né paritaria. Si era detto che con la globalizzazione i confini fra gli Stati si sarebbero dissolti, poiché laddove circolano le merci depongono le armi gli eserciti, la civiltà dell’integrazione economica e sociale si estende determinando la nascita di un superiore modello culturale di partecipazione e di solidarietà mondiale, finalizzato alla prosperità generale. Ma, allora, come mai si rende necessario creare dei cortili di esclusività ristretta per rendere la libertà sempre più libera?

E’ un bel paradosso, in quanto un accordo di tale specie include alcuni ed esclude altri, oppure, per essere più chiari, può servire sia per imprigionare una parte di quelli che vi aderiscono, in primis le nazioni più deboli convinte di ricevere tutele subendo, invece, gravi condizionamenti, che per circondare ed isolare i nemici più forti. Dunque, per attivare forme subdole di protezionismo, che nascondono precisi piani politici, non c’è nulla di meglio che creare un’area circoscritta di privilegio e chiamarla free-trade talks, un dominio apparentemente aperto ma surrettiziamente coercitivo dove vige la legge del più prepotente.

Gli Stati Uniti, non a caso, stanno promuovendo dette intese in quelle zone del pianeta dove operano superpotenze che mettono a repentaglio la sua egemonia. In Europa si temono i russi e nel Pacifico i cinesi. Ed voilà che nascono spazi di commercio e di canali diplomatici facilitati per frenare l’avanzata degli Stati emergenti e riemergenti, i quali non si piegano a determinate prescrizioni geopolitiche unipolari.

Noi italiani, che siamo doppiamente autolesionisti, siamo entusiasti dell’iniziativa. Siamo da sempre un popolo di camerieri e servire è la nostra massima aspirazione. Non c’è bastata l’Ue che ha destabilizzato affari e sovranità nazionale, vogliamo proprio toccare il fondo per stare tranquilli e facciamo i salti di gioia per questa nuova opportunità nella quale daremo, sicuramente, il peggio di noi stessi.

Perché dico questo? Ho le prove del masochismo nostrano. Sentite un po’ cosa dice il sottosegretario allo sviluppo economico,  Carlo Calenda, ribattezzato per l’occasione segretario al sottosviluppo. Costui, dopo il tentativo francese di porre dei limiti all’audiovisivo per non perdere la partita con l'industria cinematografica Usa, teme ritorsioni da parte di Washington che potrebbe escludere dall’accordo alcuni ambiti chiave, danneggiando l’Italia. E quali sarebbero questi ambiti fondamentali? “...il tessile, l’oreficeria, la pelletteria…” dopodiché il viceministro è convinto dell’utilità di introdurre dazi sui prodotti cinesi, e chiede pure all’UE di sposare una linea condivisa e coerente su queste tematiche. Quindi il problema sarebbero i gialli che ci fanno neri in comparti industriali di precedenti ondate tecnologiche e non tutti quei tramatori alle nostre spalle, compresi i sedicenti partner più stretti, che vorrebbero smantellare i nostri asset strategici, a compartecipazione pubblica, nei settori di punta, dall’aerospaziale all’energetico.

I più grandi economisti euroamericani sono convinti che, grazie alla creazione dell’area di libero-scambio transatlantica, si aumenteranno i volumi di commercio internazionale di circa 100 mld annui. Può essere, ma occorre vedere come si distribuiranno i vantaggi tra i compartecipanti. Inoltre, trattandosi degli stessi dottori laureati che, appena qualche anno fa, non avevano previsto nessuna crisi sistemica, blaterando di piccole recessioni ricorsive, non c’è da stare troppo a sentirli. Più che la scienza triste l’economia è diventata la religione delle balle dove vince e fa carriera chi le spara più grosse.

Diciamo, pertanto, come stanno davvero le questioni. Questo patto, al quale gli statunitensi non credevano, difatti J. W. Bush lo aveva fatto naufragare poiché distante dalla sua visione strategica, è stato ripescato da Obama che teme l’estendersi dell’ascendente russo su determinati membri europei in difficoltà (ma non solo, si pensi agli affari del gas tra Berlino e Mosca e a quelli, purtroppo quasi naufragati, con l’Italia), e che vuole, al contempo, penetrare ancor più pesantemente nel vecchio continente per farne un punto d’osservazione e di controllo di teatri vicini, dove regna l’instabilità e l’incertezza.

Che la reale preoccupazione della Casa Bianca sia il Cremlino lo segnala anche il giornalista di Libero Carlo Pelanda il quale così ripercorre gli avvenimenti: “Nell’autunno del 2006 la Russia costrinse la Germania a definire confini certi della Ue affinché la loro estensione ad est non destabilizzasse la Federazione russa e sia Ucraina sia Bielorussia (nonché Georgia) ne restassero fuori per essere riassorbiti nel futuro dalla Russia stessa. Tale pressione fu fatta ricattando la Germania sul piano delle forniture di gas. Per inciso, Romania e Bulgaria furono incluse a razzo nella Ue, ma come segnale di fine dell’espansione europea. Una sorta di nuova Yalta. Questa storia è poco nota e penso mai sia apparsa sui giornali per nascondere una sconfitta storica della Ue a conduzione tedesca. Berlino cercò la sponda americana per segnalare ai russi che poteva contro-dissuadere ed alla fine Mosca e Berlino si accordarono. La mossa fu strumentale e lasciò freddi gli americani. Ora, appunto, è diverso: l’America è apertissima all’idea e la ha proposta…Perseguire l’Euroamerica significa creare l’organo di governo mondiale, basato sul criterio occidentale e non asiatico, del futuro. Ed anche dare un senso all’Europa fin qui fatta”.

Visto? Non c’è nulla di meglio dell'ideologia del libero-scambio per innalzare cortine di ferro e predisporsi, senza farsi notare, alla guerra. Il povero Frédéric Bastiat non aveva capito nulla



di Gianni Petrosillo 

29 giugno 2013

Josefa Imu


Siccome molto opportunamente e molto tardivamente la ministra delle Pari Opportunità, Josefa Idem (Pd), ha parlato alla stampa (senza domande, però) sugli scandali che la vedono coinvolta per tasse non pagate e una palestra abusiva, è giusto esaminare con cura le sue parole prima di trarne le conclusioni.
“Ero un’atleta, non ho studiato da commercialista. Ho delegato le questioni fiscali ed edili dando indicazione di fare tutto a regola d’arte”. Ma nessun contribuente ha studiato da commercialista, a parte i commercialisti. Se tutti i non commercialisti non pagassero le tasse staremmo freschi, o meglio ancor più freschi di quanto già non stiamo.
E comunque l’ignoranza delle leggi non può valere per scusare chi le viola: l’evasore a sua insaputa non ha né deve avere alcuna attenuante.
“Ho vinto 30 medaglie per l’Italia, ho partecipato a 8 Olimpiadi, ho fatto 2 figli, mi sono data alla politica per promuovere i diritti delle donne e difendere lo sport”. Con tutto il rispetto, chi se ne frega. Altrimenti chiunque abbia successo nel lavoro potrebbe
dire altrettanto. Le medaglie non sono detraibili dal 740.
“Non è vero che il ministro non ha pagato Ici e Imu – dice il suo avvocato-: c’è stato un ravvedimento operoso con l’Agenzia delle Entrate. Dunque le accuse sono inconsistenti e non c’è reato”. Ma il ravvedimento operoso lo fa chi non ha pagato le tasse,
dunque le accuse sono consistenti. Può darsi che non ci sia reato, ma solo perché in Italia gli evasori, per finire nel penale, devono superare soglie altissime, quasi insuperabili.
“Nei lavori edili – dice la Idem – ci sono stati irregolarità e ritardi”. Ma il problema della palestra “Jajo Gym” di Ravenna non è solo di lavori edili (abusivi, altrimenti perché la sanatoria?): spacciata per luogo di allenamento privato, la struttura ha agito per anni senza agibilità, non era segnalata alle autorità, eppure era aperta al pubblico, gestita da un’associazione sportiva con dipendenti
(pagati come?) che raccoglieva soci e quote d’iscrizione, citata nella lista degl’impianti comunali.
“Me ne scuso pubblicamente e sanerò quello che c’è da sanare. Come qualunque cittadino. Non sono infallibile, ma sono onesta e non permetto a nessuno di dubitarne”. Dipende dal concetto di onestà, piuttosto elastico in Italia. Non basta non commettere reati per essere onesti, anche perché non tutte le leggi prevedono sanzioni penali per chi le viola. E non è vero che “tutti i cittadini” siano costretti a sanare ex post, quando vengono beccati, le irregolarità commesse: c’è anche chi non ha nulla da sanare o chi non ha bisogno di finire sui giornali per correggere gli errori. La Idem, poi, non è un qualunque cittadino: è ministro di un governo che parla ogni giorno di Imu e tasse.
Con che faccia Letta & C. parleranno d’ora in poi di fisco, lotta all’evasione e all’abusivismo edilizio, avendo in squadra una signora che ha confessato di aver violato la legge?
“Non voglio darla vinta a questa montatura mediatica”.
Ma i fatti, come confermano la Idem e il suo legale, sono tutti veri. E non c’è stata alcuna montatura mediatica. A parte il Fatto e Libero , primi quotidiani nazionali a rivelare la notizia mercoledì, la stampa di destra e di sinistra che veglia sul governo-inciucio l’ha tenuta bassa o addirittura l’ha nascosta (la solita Unità).
“In Germania nessuno si sarebbe dimesso per una cosa simile”. In Germania s’è dimesso il presidente della Repubblica per una gaffe sull’Afghanistan e un ministro per aver copiato dal web parte della tesi di dottorato: figurarsi un ministro pizzicato per tasse non pagate e lavori abusivi.
Lasci stare la sua Germania, ministra Idem.
In Germania un ministro che dice “mi scuso e mi assumo tutte le responsabilità” si dimette un istante dopo. In Italia, un istante dopo, aggiunge: “Resto per non tradire i miei elettori e per il bene dell’Italia”. Da tedesca che era, la Idem è diventata una perfetta italiana alla velocità della luce. Roba da record. Anzi da medaglia d’oro. La trentunesima
 

di Marco Travaglio